Ristretto di fatti rimarchevoli della Storia di Bologna

Ristretto di fatti rimarchevoli della Storia di Bologna.

Che Bologna fosse fondata da Felsino Re d'Etruria, e detta Felsina, poi da Bono Re successore, detta Bononia, lo dice Carlo Sigonio sulla fede che prestò ai fragmenti di Catone, e C. Sempronio , divulgati da F. Annio da Viterbo, ma che tutti gli uomini dotti ritennero da lui falsati , e supposti. L'Agucchi pure lo comprova con molti tradizionali e svariati argomenti. Bologna fu sotto la potestà di tre chiarissime Nazioni, e cioè degli Etruschi, dei Galli, e dei Romani. È indubitato che obbedì agli Etruschi, abitanti l'Etruria di qua dall'Appenino. Soggiogati questi dai Galli Boi, i conquistatori vi posero stanza, onde si vuole che fosse detta Boionia, poi Bononia , lo che accadde 557 anni avanti la venuta di Gesù Cristo.

Scacciati i Galli nel 190 avanti Cristo fu dominata dai Romani, che mandaronvi una colonia. Fino al 490 di Cristo obbedì ai Romani, od il loro impero, quando poi in proseguimento di tempo passò sotto il dominio di Teodorico Re de' Goti, ossia d' Italia, che teneva la sua residenza in Ravenna. Teja ultimo di quei Re fu vinto, ed ucciso in battaglia da Narsete generale di Giustiniano Imperatore d' Oriente l' anno di Cristo 553, ed allora Bologna obbedì agli Esarchi che per l' Impero Orientale risiedevano in Ravenna.

Nel 732 Luitprando Re Longobardo, e nel 749 Astolfo Re della stessa nazione s' impadronirono di Bologna dopo aver cacciato gli Esarchi da Ravenna, e dall'Italia.

Carlo Magno Re di Francia conquistò il Regno de' Longobardi stabilito in Italia, e s' impadroni di Bologna circa il 780. Fu egli eletto Imperatore d'Occidente, e mori del 814. Tanto esso, che l' Imperatore Lodovico I suo figlio detto il Pio , donarono alla Santa Sede l'Esarcato, nel quale si credette compresa ancora Bologna. Morto Lodovico , nella divisione fatta fra i di lui figli , toccò l' Italia a Lotario , che poi fu del pari Imperatore, onde Bologna ubbidì a lui, ed ai suoi successori, poco però curando i dominanti, e i dominati, la fatta e rettificata nazione.

Nel 970 Ottone Duca di Sassonia sposò Adelaide erede del Regno di Lombardia, ed eletto Imperatore Romano Germanico scese in Italia, ove stabilì la sua giurisdizione, ma per essere i di lui successori Re di Lombardia, e del pari Imperatori Romano-Germanici se ne confusero le ragioni, e cosi l'Impero impose i pretesi suoi diritti a gran parte dell'Italia, come inerenti all' Impero , quando invece avrebbero dovuto essere accidentali , e conseguiti per la sola unione del Regno di Lombardia, da cui era dipendente. Il suddetto Ottone meritassi il nomo di grande, e per mantenere l'Italia in rispetto, ed obbedienza al l'Impero quando ne fu assente, permise alle città potersi governare coi propri Magistrati sotto forma di Repubblica dipendente però dalla sovranità dell'Impero a cui pagavano tributo. Quindi è, che Bologna circa il 973 cominciò anch'essa a governarsi coi propri magistrati sotto il reggimento di un giudice, e rappresentante Imperiale, ma col volger degli anni divenuti costoro tiranni, ed i Bolognesi cresciuti di forze , si valsero dell' assenza degli Imperatori, cagionata dalle guerre ferventi in Germania onde cacciarne nel 1113 il Governatore e la guarnigione Imperiale, ed essere così liberi ed indipendenti.

Stabilirono essi forma di governo popolare, e democratico, creando un Consiglio che rappresentava il popolo, e Comune di Bologna, eleggendo Consoli per l' amministrazione della giustizia, poi col tempo i Podestà.

Sopravennero le fazioni dei Guelfi, e Ghibellini, che fomentarono le guerre fra il Papa , e l' Imperatore, nelle quali i Bolognesi per difendersi dagli Imperatori , che pretendevano aver ragione sopra Bologna, per lo più aderirono ad esser collegati al Papa. In tal epoca ne venne l' ingrandimento della città, e vi fiorì lo studio pubblico , ed in particolar guisa le arti della seta , della lana , e della canepa.

Sostennero i Bolognesi molte guerre, mercè le quali procacciaronsi maggior estensione di territorio , impadronendosi ancora di gran parte della Romagna ; ma tale stato di prosperità venne meno in conseguenza tanto delle fazioni Lambertazza, e Geremea che per le loro intemperanze stremavano le forze della Repubblica, quanto per l'accordo stabilito fra Nicolò III Papa, e Ridolfo I Imperatore, mediante il quale questi riconobbe le ragioni della S. Sede sopra i paesi a quella donati da Lodovico Pio , facendone al Papa solenne cessione nel 1278, confirmata dalla Dieta di Worms e dagli Stati dell'impero. Nicolò III sotto l'egida di queste ragioni intimò ai Bolognesi di riconoscere la sovranità della S. Sede, mandò un Legato a ricevere giuramento di fedeltà, confermando la forma di Governo che avevano, ma permise che proseguissero ad eleggere, e governarsi coi propri Magistrati, sotto però la sovranità e dipendenza della S. Sede. Continuò così la città a reggersi in forma di libertà, soggetta più di nome , che di fatto alla S. Sede non vi risiedendo in quella nè Legato, nè Governatore, che anzi essendosi per le guerre contro gli Imperatori tedeschi ritirato il Sommo Pontefice d'Italia in Francia, e stabilita la sua residenza in Avignone, i Bolognesi ben poco e nulla riconobbero la sovranità della S. Sede.

Ma Papa Giovanni XXII mandò con poderose forze in Italia il suo Legato Cardinale Bertrando per opporsi ali' Imperatore Lodovico il Bavaro scismatico, e scomunicato ; a queste non poterono resistere i Bolognesi, e Bertrando entrò in Bologna nel 1327, dove dispoticamente dispose di tutto, e per tenerli vieppiù al dovere fabbricò una forte Rocca alla porta Galliera munendola di grosso presidio. Tanto dispotismo esacerbò i Bolognesi in guisa, che sollevatisi scacciarono Bertrando e tutti gli uffiziali del Papa , spianarono il castello di Galliera, elessero un Podestà , venti Anziani, ed il Consiglio generale di Governo. Questi fatti ebbero luogo nel 1334.

Ottenuta i Bolognesi libertà assoluta non seppero per difetto di concordia conservarne il benefico possesso, dacchè alcuni potenti aspirando ciascuno al dominio, o almeno alla somma autorità, fecero nascere le due fazioni Scacchese, cioè dei Pepoli, e Maltraversa unita ai Gozzadini. Prevalsero gli Scacchesi, e Taddeo di Romeo Pepoli chiamato volgarmente Signore di Bologna, benchè di fatto non lo fosse perchè soltanto posto alla reggenza degli affari ebbe da Benedetto XI PP. intimazione di censure e minaccia di essere scacciato da Bologna. Difettando il Papa delle necessarie forze per mettere in atto simile deliberazione pensò di conservare almeno l' autorità della S. Sede in Bologna col mezzo di Taddeo medesimo, aprendo con lui trattative , che riuscirono riconciliarlo alla Chiesa, e di chiararlo — Amministratore dei diritti della Santa Sede in Bologna per un determinato tempo, permettendo che la città si governasse coi propri Magistrati, giurando però fedeltà e dipendenza alla S. Sede. — È dunque falso che fosse investito del dominio e del vicariato di Bologna, come da molti volgarmente credesi, Questa convenzione seguì nel 1340. Taddeo in questa qualità si mantenne con somma prudenza e tolleranza, favorendo sempre il partito della Chiesa fino alla sua morte che segui l'anno 1347. Lasciò due figliuoli, Giovanni e Jacopo, i quali da PP. Clemente VI furono investiti e confermati nella medesima qualità goduta dal padre. Trovandosi eglino nel 1350 invidiati da alcuni cittadini , che cominciarono a sollecitare il Papa perchè revocasse la fatta concessione, ed essendo travagliati da nemici interni ed esterni , dubitando perciò non potersi reggere in Bologna determinarono di cedere e vendere il dominio di Bologna a Giovanni Visconti Arcivescovo di Milano, e nemico del Papa, per 80,000 fiorini d'oro, riservandosi alcune Castella, e il dominio di Castiglione, Sparvo, e Baragazza, che Taddeo loro padre avea comprato dall' Alberti Conte di Mangone in Toscana, che ne era stato con la sua posterità mascolina nata di legittimo matrimonio investito, siccome di feudo Imperiale, da Carlo IV Imperatore.

Presero possesso di Bologna i Visconti con grave indignazione del Papa, che dichiarò i Pepoli scomunicati, ribelli, e rei di lesa maestà. Fulminò pure Monitorio di scomunica contro l'Arcivescovo di Milano, e si dispose scacciarlo con l'armi dalla città assieme a' suoi alleati, ma essendo poderose le sue forze , credette Papa Clemente VI proseguire sino a miglior opportunità, nel proposito di conservare la sovranità alla S. Sede coll'accordare nel 1352, previa la consegna di Bologna in mano del Legato del Papa , l' investitura a lui ed a' suoi nipoti a nome del Papa e della S. Sede per anni 12 della detta città e suo territorio, con obbligo di pagare ogni anno 12,000 ducati d'oro alla Camera Apostolica in ricognizione del sovrano dominio della S. Sede. Il Duca di Milano vi pose Giovanni Visconti da Oleggio per Governatore. Nel 1360 il Cardinale Albornoz Legato del Papa ricuperò Bologna, dove la sovranità Pontificia vi dominò fino al 1376, nel qual' anno sollevatisi i Bolognesi scacciarono il Legato, rimettendovi i loro Magistrati. Gregorio XI venne a trattative e deputò Giovanni da Lignano per ricevere giuramento di fedeltà alla S. Sede. Urbano VI concesse ai Bolognesi di governarsi coi propri Magistrati, che Bonifacio IX nel 1392 investì del carattere di Vicarì. Li 27 febbraio 1401 Giovanni di Toniolo Bentivogli detto il Primo usurpò il dominio, che rimase in di lui mani per breve tempo, poichè nel 1402 odiato dal popolo, e dalla fazione dei nobili fu trucidato, e fatta introdurre in città la truppa del Duca di Milano. Nel successivo anno una nuova sommossa restituì il dominio alla Chiesa, e per essa al Legato Baldassarre Cossa, ma nell'assunzione di questo al Pontificato si sollevò il popolo , che scacciò di bel nuovo gli ufficiali di Santa Chiesa.

Questo cambiamento fu però di breve durata, mentre per opera di Jacopo Isolani fu restituito il dominio alla Chiesa. Turbolenti i Bolognesi, e sempre pronti alle sommosse perchè ora eccitate dal popolo, ed ora dai nobili, conosciutasi nel 1410 la deposizione di Giovanni XXIII fatta dal Concilio di Costanza, determinò la nobiltà di eleggere dei Magistrati fra loro, ponendo a capo del governo Antonio Galeazzo figlio di Giovanni I Bentivoglio che dispose della città a suo talento. Al Consiglio Generale del popolo fu sostituito il Magistrato dei XVI Riformatori, oltre il Gonfaloniere, più gli Anziani, che a tutto attendevano. Il Pontefice Martino V spedì grosso esercito contro Bologna ed obbligò Antonio Galeazzo Bentivogli a venire a patti. Questi cedette il governo di Bologna, e n'ebbe in ricambio la Signoria di Castel Bolognese. Il papa cosi potè allontanarlo siccome era suo intendimento, permettendo però alla città di eleggersi un Gonfaloniere, gli Anziani, i Collegi, ed i Massari delle arti, subordinandoli alla podestà di un Cardinal Legato investito della dignità governativa.

I Canetoli nel 1428 divenuti potenti oltre ogni dire aspirarono al dominio, por cui mediante la loro influenza sollevato il popolo ne scacciarono il Legato ponendosi a capo del governo, e della cosa pubblica, eleggendo magistrati a lor voglia.

Questa violenza dei Canetoli produsse di conseguenza l'allontanamento di molti, quali volontari , quali forzati, che riunironsi nel 1431 alle forze Pontificie capitanate da Antonio Bentivoglio che ricuperò al Pontefice il perduto dominio convenendo con esso di nominare un Gonfaloniere, e conferire a 20 Consiglieri la dignità che prima apparteneva a 16 Riformatori. Rimpatriato Antonio Galleazzo colle sue fazioni in Bologna ingenerò pel suo contegno gravi sospetti perchè potesse conciliarsi coi Canetoli per poi esautorare il Papa dalla riconquistata potestà, per cui fu improvvisamente arrestato, e decapitato. Il Legato per viemaggiormente garantirsi o tenere in rispetto la città, rifabbricò la fortezza di Galliera.

Gli amici del sacrificato Bentivogli, a vendicarne la repentina morte, unironsi al Duca di Milano, ed introducendo in Bologna le di lui truppe nel 1438 ne lo acclamarono Signore. Cresciuto in età Annibale figlio di Antonio Galeazzo, amato oltre ogni dire da tutta la fazione Bentivolesca, svegliò invidia tale nell'animo degli Ufficiali del Duca di Milano che fecerlo arrestare e tradurre coi Malvezzi nella Rocca di Varano d'onde fu tratto pel valore e strenuo coraggio di Galeazzo e fratelli Marescotti poi introdotto in Bologna, ove alla testa de' suoi riuscì cacciarne i Milanesi. Per quella fazione che la storia ci ricorda per una delle più gloriose, ne venne ancora la rovina del Castello di Galliera.

Nel 1443 Annibale Bentivogli era riverito qual Signore di Bologna, perchè sibbene il Governo fosse nelle mani dei magistrati non per questo disponeva meno della cosa pubblica. I Caneloli ed i Ghisilieri invidiando al costui benessere, e prosperità , segretamente iniziarono secreti accordi col Duca di Milano, onde impadronirsi della città. Riuscì loro cosi di ucciderlo a tradimento ma non d'impadronirsi della città, perché essendo amatissimo e riverito dal popolo, questo sollevossi ad un sol grido, trucidò parto dei Canetoli e dei Ghisilieri, parte ne bandi spianando le case loro e confiscandone i beni (Vedi Cronaca di Galeazzo Marescotti, ristampala pei Tipi Merlani). La città desiderando avere a capo ,del governo un Bentivogli chiamò da Firenze, Sante cugino del defunto Annibale e gli affidò la cura del Governo, e del piccolo Giovanni II Bentivogli figlio di Annibale.

Nel frattanto morì Eugenio IV Papa il di cui governo non aggradiva punto ai Bolognesi, e lo sostituì il Cardinale Tommaso da Sarzana col nome di Nicolò V, già Vescovo di Bologna ed universalmente amato. Questa circostanza come ben anco la sagacia e prudenza di Sante provocò la volontaria sommissione dei Bolognesi alla Santa Sede, e cosi li 21 agosto 1447 .si stipularono i memorandi Capitoli di Nicolo V.

Credendosi i Legati sopraffatti dalla molta autorità di Sante Bentivogli, deliberarono non più risiedere in Bologna, sostituendovici dei Luogotenenti che in poco o niun conto eran tenuti dal Governo, dappoiché tutto deliberavasi subordinatamente al solo volere di Sante e non altrimenti.

Nel 1450 per poter pur ridonare ai rappresentanti della Santa Sede quel prestigio di autorità che del tutto erasi perduta, Nicolò V determinò mandar Legato il Cardinal Bessarione Greco, che vi risiedette fino al 1455.

Nel 1460 fu deliberato che i Magistrali degli Anziani, dei Collegi, e dei Massari si facessero mediante im bossulazione, ed estrazione, eccetto il Gonfaloniere di Giustizia che doveva essere uno dei XVI Riformatori eletti dal popolo.

La cassa di queste imbossulazioni di Magistrati, e di Uffici utili fu consegnata ai PP. di S. Domenico, e depositata nella loro Sacrestia. Mancato ai vivi Sante Bentivogli nel 1462 fu esso sepolto con istraordinaria pompa nella Chiesa di S. Giacomo. Aveva in moglie Ginevra Sforza figlia del Signore di Pesaro, e fu desso che cominciò il magnifico palazzo in strada S. Donato.

Paolo II con Decreto del 19 giugno 1466 portò a XXI, ed a vita, i suddetti Riformatori, concedendone a Giovanni lI Bentivogli la supremazia e la presidenza col titolo specioso di Priore, che fu presto commutato nell' altro di Gonfaloniere di Giustizia. Volle inoltre che gli altri venti individui del magistrato, divisi in due sezioni, alternativamente e semestralmente si succedessero nel reggimento della città e del contado, proseguendo però (quasi per antonomasia) a denominarsi i XVI Riformatori. Tolti i seicento, e rimasta facoltà solamente ne' ventuno di nominare ai posti vacanti chi loro piacesse, il magistrato veniva tutto a comporsi di Bentivoleschi, ai quali bastava, per assidersi negli scanni della reggenza, l'aver compiuta l'età di 30 anni.

Un tale tratto di pontificia autorità diede l'ultimo crollo a siffatta specie di reggimento costituzionale bolognese, da quest'anno 1466 in poi si trova dato ne' libri pubblici il titolo di Senatore ai membri di un tanto magistrato; quantunque non di rado, anche in antecedenza, avessero usato lo stesso titolo, il Ghirardacci, il Negri, il Ghiselli nelle storie e nelle cronache loro.

Mancava un solo passo a stabilire in Bologna un governo assolutamente oligarchico; e questo passo fu dato nel 1468, quando si escluse dalla suprema carica di Gonfaloniere di Giustizia, qualunque cittadino che non fosse del numero de' Riformatori. Quest' ordine di cose continuò senz' interruzione sino al 2 di novembre del 1506, giorno in cui Giovanni II Bentivogli abbandonò Bologna per non rivederla mai più. Quest' uomo di bell' ingegno e di somma affabilità , meritava una fine migliore. Ma le azioni di lui non potendo andar disgiunte da quelle di una moglie altera, e da quelle inoltre de' fìgli scostumati e sanguinari, venne così precipitato, con tutta la famiglia, dal sommo della grandezza al compassionevole stato di esule , essendo cacciato dalla città a furor di popolo, e dovendo morire d'affanno lontano da un paese che aveva adorno di monumenti e di memorie imperiture.

II popolo tumultuante, usciti appena i Bentivogli dalla città e dal contado, dichiarò decaduto il magistrato dei ventuno, e nominò venti Riformatori della parte antibentivolesca, il quale atto fu l'ultimo d'autorità popolare esercitato dai cittadini di Bologna. I nuovi eletti rimasero in carica sino al 18 di novembre, nel qual giorno furono dimessi da Giulio II della Rovere, ch'era entrato trionfalmente in Bologna; essendo egli un tal Papa (come disse con Michelangelo) che più della croce e del pastorale sapeva trattare la spada.

Sottomessa per tal modo la città al dominio del Pontefice, non trascurò l'astuto Giulio di mettere in opera tutti i mezzi per render meno dispiacevole il nuovo ordine di cose, sapendo egli che i guinzagli conviene infiorarli. Non isfuggì dunque alla sua politica l'opportunità di conservare gli antichi magistrati, ma limitati siffattamente nell'autorità , che ormai lo erano di nome anzichè di fatto. E perchè la novità illudesse non solo ma pur anco tranquillizzasse il popolo, compose un Senato di 40 nobili, permanente a vita, succedendosi in carica per turno; e tale istituzione ebbe luogo il 18 novembre 1506, e, addì 22, i quaranta prestarono il giuramento, inchinati innanzi al Pontefice.

Se il nuovo magistrato era devoto a Papa Giulio, non lo era cosi il fiore della città, che anteponeva una signoria concittadina a un'altra di fuori, benchè fosse morto Giovanni II Bentivogli a Milano il 14 febbraio 1508, e molto meno gli amici di lui che sebbene vigilati e spiati in ogni lor passo, tuttavia non anelavano che il momento di poter rovesciare il nuovo ordine di cose, e ricondurre al potere nella città Annibale di Giovanni Bentivoglio. Infatti, malgrado la vigilanza de' governanti pontifici, e malgrado le persecuzioni, le proscrizioni, le morti, non valse il reggimento bolognese ad impedire un sì forte tentativo della parte bentivolesca, che il 23 di maggio del 1511 rovesciò il Governo pontificio, atterrò e trascinò pel fango una statua di Giulio II opera in bronzo del sommo e celebrato Michelangelo Buonarrotti. Sventure deplorevoli che avvengono in ogni furor di popolo, il quale non potendo insultare alle persone, insulta ai monumenti che le ricordano.

Protetti dunque i bentivoleschi dai francesi, fecero impeto contro Bologna, e vi entrarono scacciandone il partito pontificio: il perchè Annibale II fu dichiarato successore del padre, e presidente del governo. Egli accettò umiliando i suoi nemici, cacciandoli in bando, deprimendoli, indi aboliti i quaranta, ristabili il governo dei Riformatori, i quali furono trentuno. Essendo però continuamente alle prese fra loro due partiti avversari prevalse ancora quello della Chiesa, che il 24 giugno del 1512 espulse tutti i Bentivogli ed anche i suoi partigiani.

Era intanto creato Pontefice Giovanni de' Medici, che si chiamò Leone X, il quale riformò il Senato bolognese, sostituendovene un altro detto dei trentanove cui diede un Preside, e così da quell' epoca furono detti i Quaranta, nome che durò nella bocca del popolo, sebbene che Sisto V per sua politica disposizione avesse portato a cinquanta il numero de' Senatori, per cui cinquanta famiglie bolognesi godettero il privilegio del patriziato.

Ma parlando ancora delle vicende bolognesi è a dirsi come il Legato Francesco Alidosio perseguitasse accanitamente il partito de' Bentivogli non solo, ma ben anco molti suoi aderenti scacciandoli da Bologna ed altri facendoli uccidere fra i quali furonvi i Ringhieri, i Castelli, i Guidotti, i Magnani che proditoriamente fece strangolare. Di ciò fremette il popolo e più ancora la nobiltà, che cacciò l'Alidosio, nè ebbe pace fino a tanto che non fu morto Papa Giulio, perché essendovi zuffe a quando a quando fra lui e i Bentivogli, con alternata fortuna, fu fatto campo di battaglia Bologna stessa, che ebbe a soffrire non poco per le inflitte persecuzioni alla parte soccombente, sicchè una metà de' cittadini era fatta segno all'ira dell'altra.

Dal 1530 al 1796 Bologna non andò soggetta a grandi cambiamenti salvo quelli di Governanti o di Legati, salvo il mutare Uditori criminali, che commettevano estorsioni a lor piacere, salvo le feste dei Gonfalonieri ed un qualche spettacolo straordinario di giostre nella piazza pubblica del quale il popolo si teneva contento non curando nè l'intelletto, nè sè medesimo.

Venne poi Benedetto XIV quel famoso Papa Lamberfini che riempiè del suo nome la terra, ed illustrò la sua Bologna mentre questa in quell' epoca seppe rendersi superiore a molt' altre per scienze e lettere.

Nel 1789 scoppiò quella terribile rivoluzione che scosse l' Europa tutta cambiandone affatto la faccia col to gliere lo scettro ai coronati per darlo ai popoli, poi rimettendolo a' coronati di altra schiatta.

Finalmente l'anno 1796 fu l'ultimo dell' era antica di Bologna, ed il primo della nuova, perchè Bonaparte vincitore ovunque, stese le sue milizie per la gran Valle del Po e per l' Emilia. Ferrara, e Bologna si risentirono cosi della potenza rivoluzionaria ed il suo governo si costituì in democratico.

Formossi la Repubblica Cispadana, ed i Francesi giunsero in Bologna il 10 giugno commettendo atti non certamente degni di una grande nazione. Di qui ne venne spavento e terrore nell'animo de' vecchi, ed esultanza in quello de' giovani, che sebbene di principi affatto opposti non vennero per questo alle mani fra loro, solo vidersi dall'una parte tridui e novene, dall'altra gioia e tripudi, inviti sacri, esortazioni paterne, Te Deum ed atti di sommissione, poi editti del Legato Vincenzi, che ammonivano i cittadini di rispettare le truppe Francesi, sotto pena di morte. Filippo Hercolani, che trovavasi Gonfaloniere di Giustizia, partito il Legato, pubblicò la volontà del Bonaparte. In tal modo Bologna senza pianto e senza sangue si vide per la forza degli eventi pienamente trasformata, e cedendo alla forza delle armi francesi aggregata colla Lombardia e col resto dell'Emilia alla Repubblica Cisalpina, poscia all' Italiana nel mentre che il Bonaparte, non più Generale, ma primo Console, vinta la battaglia di Marengo otteneva il Consolato a vita. Procedendo esso di vittoria in vittoria, ambì ed ottenne l' imperiale dignità, e ricorrendogli alla mente il passato, s' impose al mondo qual successore di quel gran monarca che chiamossi Carlomagno, volendo come pur egli ricevere dalle mani del Pontefice, l'imperiale diadema e la corona di ferro ; e cosi prese titolo di Imperatore de' Francesi, e Re d'Italia nel 1807. L'antica Città del piccol Reno rimase attonita per le audaci imprese del novello Alessandro, ed estatica ammirò il nuovo sistema d'amministrazione da lui introdotto. Passiva però sempre, tenne dietro al corso di quella valanga, e quando tutta Europa si collegò contro il colosso, vide invadersi e dentro le mura, e nel suo territorio da napoletani, ed austriaci, sloggiarne i francesi, rimettersi le Romagne al Pontefice, salutare Pio VII senza dolersi per la disfatta del Regno Italico e senza rallegrarsi della Signoria ecclesiastica. Nel 1820 commovendosi Napoli ed agitandosi la Sicilia vide gli austriaci che passato il Po traggittavano per essa correndo a puntellare colle loro baionette il trono Borbonico.

Nel frattanto le nuove idee di li bertà e d'indipendenza impossessavansi a mano a mano dell' animo del popolo per tutta .quanta l' Emilia , ed in guisa tale che nel 1831 essendo vuoto il seggio del Vaticano, Parma, Modena, e Bologna sorsero ad un tempo il 3 ed il 4 di febbraio costituendosi a governo popolare condannando il papato. Ma Gregorio XVI impugnato appena lo scettro temporale invocò l'aiuto dell'Austria, ed ebbe l'aquila bicipite come sempre pronta a' suoi cenni. Potè Bologna svincolarsi da quegli artigli, per ancora sottomettervisi nel 1832 e non liberarsene per molti anni. Si tacque minacciosa infino a che Pio IX salita la cattedra di Pietro sembrò un angelo disceso in terra per rallegrare e sollevare dal fango non solo lo Stato della Chiesa ma ben anco l'Italia tutta. Bologna aveva esultato di gran cuore per le gesta gloriose di un tanto Sovrano, ed emula de' padri suoi fugò l'otto agosto 1848 dalle sue porte e dalle alture della Montagnola le soldatesche austriache capitanate dal Velden. Poscia l'otto maggio 1849 dopo avere aderito alla Repubblica Romana, mentre il Papa stavasene in Gaeta, vedendo ancora presentarsi le truppe austriache per occupare le Romagne, seppe sostenere un assedio di otto giorni con soli cinque pezzi di artiglieria e pochi militi urbani. Non un soldato di linea, non un esperto capitano guidò l' imperterrito popolo; pure, solo il nono giorno dopo inauditi ma inutili sforzi cedette, e lasciò che il croato piantasse nella sua Bologna un Governo militare, e civile che dichiarò restaurato il sommo Pontefice. Quando poi suonò la squilla di guerra nel 1859, e l'Austria passò il Ticino, molti giovani Bolognesi corsero volontari ad unirsi al Leone di Caprera, e seco passarono sui campi .Lombardi, e precisamente a Sesto Calende. Varcato da essi il confine, dovette l'Austria retrocedere avendo il nemico alle spalle, e poi che fu battuta a Montebello, a Varese, a Como, a Palestro, a Magenta, a Malegnano, poichè Milano fu libera, poi tutta la Lombardia per le sconfitte toccategli a Solferino, e a San Martino il 24 giugno, Bologna fatta già libera dodici giorni prima dal giogo straniero, esultò colle altre città d' Italia, ed ebbe com'esse in dispetto l' inopinata pace di Villafranca , animata più che mai dal vivissimo desiderio non solo della libertà, ma dell'unità d'Italia tutta.