Famiglia Caprara

Quando s'imprese la pubblicazione di quest'opera, si era determinati attenersi rigorosamente al testo. Per renderla però più interessante si è creduto far cosa grata agli studiosi ed amatori di storia patria illustrarla con note che riguardano le famiglle bolognesi, le quali fanno parte di un lavoro separato che l'autore aveva compilato. Così quelle poche famiglie che non furono ricordate sul principio della nostra pubblicazione, cercheremo all'opportunità di riportarle come ora facciamo circa la famiglia Caprara, il di cui maggior palazzo fu già descritto nella via delle Asse.

Crediamo che i proprietari di questa casa siano dl quello stipite, siccome vedremo in appresso.

Parecchi storici li dicono oriundi da Reggio, altri da Caprara, o S. Martino di Caprara castello del Bolognese, e che si chiamassero della Madalena. Le linee mascoline sono terminate. Il ramo dei Fusari si estinse nel Cardinal Alessandro morto nel 1711, e fu suo erede testamentario il senator conte Nicolò Caprara del ramo senatorio da S. Salvatore, il quale pure morì senza discendenza maschile. La contessa Vittoria, unica sua figlia, sposò il marchese Francesco Montecucoli, che assunse il cognome Caprara, per cui la casa Montecucoli fu inserta nella Caprara. Ebbero capella e sepoltura in S. Francesco.

Nel 1545 Giacomo ed Alessandro fratelli Caprara erano mercanti.

Ebbero la signoria distinta di Siklos in Ungaria, ottenuta dal maresciallo conte Enea, ma poi la perdettero. Fu pure principe di Warasdin.

Questa famiglia ebbe il senatorato nel 1616.

Il Cardinal Alessandro istituì la prelatura Caprara, ebbe la contea di Pantano nel Reggiano nel secolo XVII.

Enea Antonio del conte Nicolò, e di Vittoria Piccolomini, fu generale di cavalleria al servizio di Leopoldo I Imperatore, sotto gli ordini del generale Montecucoli nel 1673, sul Reno contro Turrena.

Nel 1674 respinse il conte Bonvisi general francese, dal Palatinato fino a Lindau, con grave perdita, fu comandato, di conserva col duca di Lorena, di socorrere l' Elettor Palatino contro Turrena, e fu alla battaglia di Stulzheim li 6 giugno 1674. Respinse il Turrena, che aveva attaccato a Malhausen i posti degli alleati, colla morte di 800 francesi, essendo allora generale di campo.

Fu in Ungheria alla presa di Nevehausd, espugnò Eperies Carchau. e distrusse quei ribelli; difese il campo imperiale da lui comandato a Peter-Varedino colle navi sul Danubio attaccato dai turchi nel settembre del 1694, per cui dovettero ritirarsi.

Nel 1697 ridusse al dovere i Vallachi, che tramavano di ribellarsi, poi fu maresciallo di campo dell'Imperatore. Ebbe il supremo comando in Ungheria nel 1685, nel qual anno espugnò Nevhausd, Tokai, Kulò, Kassovia, e nel 1688 prese Illok e Peter-Varadino. Fu cavalier del toson d'oro. Nel 1683, prima dell' assedio di Vienna, introdussevi della fanteria per soccorrerla, e restò ferito nella liberazione della medesima.

Si trovò all'assedio di Buda, ove impedi ai Turchi il passaggio del fiume Sevrte. Fu cameriere dell' Imperatore ed ultimo suo consigliere di Stato e di guerra, vice presidente delle medesime, colonello di un reggimento di corazzieri, general perpetuo di Varardino in Croazia, e dei confini di Schiavonia e Petrinia, infine maresciallo comandante in Italia.

li 13 gennaio 1694 consegnò il suo testamento secreto, nel quale aveva istituito erede il conte Lodovico Girolamo suo fratello, con fidecomesso di primogenitura in primogenitura, con obbligo di assumere armi, cognome e di abitare nel palazzo di Bologna, rogito di Alessandro Giuseppe Trombetti. Morì in Vienna li 3 febbraio 1701.

Il cadavere fu trasportato a Bologna, e consegnato soltanto li 22 settembre 1725 ai Padri di S. Francesco. Aperta la piccola cassa confezionata a guisa di un baule, ne fu trovato il cadavere con le coscie piegate all' insù, le gambe tagliate, ed imbalsamato il suo corpo soltanto per metà, la testa intiera, e vestito con abito ossia cappa di saglia nera. Rinchiusa la cassa fu messo nell' arca dei Caprara.

Conte Carlo Francesco del conte Nicolò senator II si sposò con Olimpia del marchese Bernardino Naro, romana; militò in Germania sotto gli ordini del generale Piccolomini. Nella giovanile età di 22 anni intervenne al consiglio di guerra, in cui fu stabilito dovesse recarsi in soccorso di Lilla.

Nel settembre del 1634 era stato fatto senatore da Urbano VIII, in luogo di suo padre, sebbene non avesse che 12 anni, e ciò in contemplazione dell' Arcivescovo di Siena suo zio materno, siccome da Breve dello stesso Ponteflce.

Li 13 aprile 1635 fu rinnovata a lui ed a' suoi fratelli l'investitura della contea di Pantano dal Duca di Modena. Rogito di Paolo Favolotti notaio di Modena.

Fu uomo distinto, di tratti cortesi, e politico esperimentatisslmo. Morì li 13 maggio 1697 essendo Gonfaloniere. Il pubblico non volle che avesser luogo i solenni funerali in S. Petronio, siccome gli competevano per la carica di cui era insignito, e ciò per esser morto prima di esserne entrato in possesso. Gli furono però fatti con tutta la pompa possibile dalla sua famiglia.

Conte Francesco del marchese Gio. Battista Montecucoli modenese, chiamato alla primogenitura Caprara, senator IV, sposò Vittoria figlia ed erede del conte Nicolò Caprara e ne assunse il cognome.

Fu cavaliere del toson d'oro, testò li 24 gennaio 1770, e morì li 30 maggio dello stesso anno ad ore 19 3/4, e fu sepolto nel Corpus Domini.

Conte Nicolò di Francesco, senator I, sposò Vittoria Picolomini d'Aragona. Nel 1612 arrivò da Siena colla moglie che gli aveva portato in dote scudi 30000, e nel 1616 fu fatto senatore in luogo di Marcantonio Seccadenari morto li 30 novembre dello stesso anno.

Fu uomo d' animo generoso e di maniere gentili, versatissimo nell'arte cavalleresca, giostrante esperto e rinomato maneggiatore di cavalli. Fu esso pure, come i suoi fratelli, fatto conte di Pantano dal Duca di Modena. Fu cavaliere di S.Iago. La contea l'ebbe li 24 aprile 1608, a rogito di Francesco Paniga notaio di Modena, e Cancelliere della Camera Ducale II Breve di senatore è delli 3 dicembre 1616 di Paolo V.

Pantano è villaggio dell'Appennino contado Reggiano. Ne furono investiti per loro e suoi discendenti maschi di leggittimo matrimonio, col disborso di 12000 ducatoni da soldi 85 l'uno moneta bolognese, con obbligo di pagare ogni anno alla Camera del Duca nel giorno di Pasqua di Risurrezione un paio di guanti del valore di un ducatone. Mancando la linea mascolina di leggittimo matrimonio, o non pagando lo scudo per due anni consecutivi, fu convenuto che dovesse tornare alla Camera.