Via di San Pietro Martire, dal IV volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Anticamente: Borgo S. Stefano - poi Borgo degli Arruffati - in seguito Borgo Arruffato - e per un tratto Via Nuova del Baraccano, nome ch’ ebbe breve durata.

La Via di S. Pietro Martire comincia al quadrivio ove con essa hanno capo la Via degli Angeli, la Via detta Borgo Orfeo (della quale si può dire questa il seguito), e la Via del Pozzo Rosso che propriamente parlando non è che il seguito di Via de’ Coltelli; e termina al Piazzale o Prato del Baraccano.

Prima del 1547 questa Via non giungeva che al punto ove si vede lo sbocco della Via detta Borgo Locco. In origine, e ancora del 1258, come si può asserire per memorie che se ne hanno, appellavasi Borgo di S. Stefano. Del 1332 la troviamo aver la denominazione di Borgo degli Arruffati, convertitasi del 1400 in quella di Borgo Arruffato. Non s’hanno dati per asserire se tali denominazioni possano esserle provenute dall‘abitarvi qualche famiglia che venisse appellata Degli Arruffati, come par supponibile.

Negli anni 1546 e 1547 fu prolungata questa Via, in retta linea dal suo punto d’incontro con Borgo Locco fino al Prato o Piazzale erboso che sta dinanzi alla chiesa della Madonna detta del Baraccano. A codesto nuovo tratto però venne dato il nome di Via Nuova del Baraccano, ma tale denominazione non attecchì; e fu generalmente appellato anche questo tratto col nome di Via di S. Pietro Martire, titolo del precedente tratto di Via.

Circa il suaccennato prolungamento, si sa che addì 29 ottobre 1546 il Senato decretò si pagassero alle Suore di S. Omobono L. 300, a titolo di compenso per una Tornatura, circa, di terreno di loro proprietà presso la Chiesa del Baraccano, occorrente per aprirvi una pubblica Via, che dal Prato della Chiesa stessa mettesse alla Chiesa di S. Pietro Martire, donde per la Via esistentevi potevasi raggiungere Via Castiglione. E sembra che dette L. 300 venissero pagate con denaro proveniente dalle rendite dell’Abbazia di S. Felice.

Via. di S. Pietro Martire - Lato destro, per chi vi entra dal Quadrivio ove termina Borgo Orfeo.

N. 145-144-143-142-141- 140 - Chiesa, Convento ed Orto delle Monache Domenicane dette di S. Pietro Martire.

Alcune Suore Domenicane, fuggite da Parma nel 1252, quando vi fervea la guerra importatavi dall’imperatore Federico II, ritiraronsi a Bologna ove come Suore di S. Domenico erano conosciute, e si stabilirono in luogo detto Le Vigne dei Racorgitti o Racorgeti. Era questa un’antica famiglia di benestanti cittadini bolognesi, della quale sappiamo che erano viventi nel 1300 i fratelli Maso e Pietro, di Benne - ciò risultando da un rogito di Francesco di Bongiovanni Zamboni, datato 21 novembre di detto anno, nonchè dall’Atto di Divisione dei loro beni paterni che aveva avuto luogo il 12 febbraio 1299, dal quale emerge che a Maso toccò la Casa posseduta da suo padre in Via Castiglione e situata sotto la parrocchia di S. Giovanni in Monte, mentre a Pietro toccò l’altra paterna Casa situata in parrocchia di S. Stefano. Nel Registro del Comune riscontrasi pure indicazione delle Vigne de’Racorgeti, citatevi nella designazione de' confini d'una cerchia della Città di Bologna.

Quanto all'esserci qui venute da Parma le suaccennate Suore, n’ abbiamo prova nel testamento di Baruffaldino Geremei, fatto nel 1252, nel quale, egli statuiva un legato: Ecclesiae S. Dominici de Parma, scilicet Sororibus de Parma quae morantur in Vineis Racorqeti rel Racorgipti. -- Così nel Libro di Memoriali.

L’Archivio di questo Convento conserva una Bolla di papa Alessandro IV, fatta nel 1255, nella quale son nominate le "Suore di S. Pietro Martire" - Santo il cui martirio era avvenuto il 6 aprile 1252, e la canonizzazione il 22 marzo 1253 per opera di papa Innocenzo IV.

Nello Statuto Comunale del 1258, ove sono enumerate le elemosine che il Comune prestabiliva di fare ogni anno, trovasi un articolo così espresso: Dominabus S. Dominici, in Burgo S. Stefani commorantibus super loco Jacobini Racorgepti, pro constructione Ecclesiae S. Petri Martyris. Ecco dunque che abbiamo la data certa della erezione di questa Chiesa, la prima forse che venisse dedicata a detto Santo.

Una Memoria, posteriore alle precitate epoche, dice: Terrenum in quo sita est Ecclesia S. Petri Martyris erat illorum de Recorgictis et Mansii Doctoris.

Abbiamo altra Memoria posteriore ancora, lasciataci da Uberto vescovo di Bologna, in data della prima domenica di luglio del 1309, la quale nomina la Chiesa di S. Pietro Martire in Suburbiis di Bologna, e c’ informa che vi stavano "Suore vestite di bianco, sotto la regola di S. Agostino, che avevano Cimitero e Chiesa con due altari, uno dedicato a Maria Vergine e l‘ altro a S. Pietro Martire".

Nel 1592 la Chiesa stessa fu rinnovata di pianta, a quanto sembra, in tale occasione avendo l’Ufficio dell’ Ornato concesso a quelle Suore una zona di suolo pubblico, lunga Piedi 8, su oncie 26 di larghezza, per la fabbrica della Chiesa di S. Pietro Martire. - Tale concessione trovandosi datata dal 12 agosto del preaccennato anno 1592.

Nel 1599, addì 28 giugno, il Senato permetteva alle Suore di S. Pietro Martire di far erigere un loro muro di clausura, a patto che la Via vi rimanesse larga almeno Piedi 22.

Nel 1333, addì 20 maggio, le Suore di S. Pietro Martire diedero in enfiteusi a certe persone, per 29 anni, una pezza di terra aratoria dell’ estensione di Tornature 5, confinata "dal Convento a sera, di sotto dalla Via, e dalla ripa della Cerchia del Comune di Bologna".

Nel 1634 l’Ufflcìo Comunale dell’Ornato concedeva a quelle Suore l‘occupazione d’una nuova zona di suolo pubblico, per una lunghezza di Piedi 35 su Piedi 8 di larghezza - "verso il Vecchio Muro" - ed altra zona di Piedi 3 ed Oncie 6 "verso il Campanile, per ampliare la loro Clausura".

Questo Convento fu soppresso il 19 giugno 1798 e le Monache vennero ripartite fra i monasteri di S. Giovanni Battista, di S. Mattia, di S. Maria Nuova e di S. Agnese: monasteri tutti dello stesso Ordine Domenicano. In questo locale però si fecero passare per qualche tempo le Suore Gesuate della SS. Trinità, che poco però vi rimasero, essendo state colpite da soppressione; per il che questo Monastero - il 6 maggio 1799 , come da rogito Baciati - fu venduto ai fratelli Andrea e Carlo Costa che in gran parte lo atterrarono, e addì 27 settembre 1800 ne fecero cessione a Luigi Rizzi - come da rogito Ferlini - il quale nel 1819 lo vendette a Giovanni Battista Fabbri.

L’Orto di questo Convento è di Tornature 6 di estensione.

Della Chiesa ora non resta che la cappella maggiore, conservata al culto, ma chiusa essa pure il 16 agosto 1806 benchè riaperta in seguito.

Il Campanile non ha più la sua antica elevatezza, chè del 1819 ne fu or dirîato l’abbassamento fino al tetto della detta cappella conservata; e ciò perchè da esso dominavasi collo sguardo il vicino Orto del Monastero delle Suore Scalze di S. Omobono.

Via. di S. Pietro Martire - Lato sinistro, per chi vi entra dal Quadrivio sovraccennato.

N. 161 - Piccola Cappella o Chiesuola situata sul canto fra questa Via e quella de‘ Coltelli (ossia quel tratto della medesima stortamente segnato da lapide con la denominazione di Via del Pozzo Rosso - come si disse parlando di Via de‘ Coltelli). Questa Cappella era dedicata a S. Gregorio Taumaturgo, ed eravi la Residenza dell’Arte o Compagnia de’ Cappellari, essendovi anche una stanza annessa alla Chiesuola.

L’ Arte de' Cappellari anticamente non aveva una speciale e distinta Società o Compagnia, ma faceva parte, come suddivisione o membro, della Compagnia de’ Manifattori di Lana, malgradochè avesse il suo particolare Statuto, stampato fin dal 1580. I Merciai poi ed i Tintori pretendevano dai Cappellari obbedienza... che da questi fu loro sempre ricusata. Il suaccennato Statuto, d’altronde, era stato approvato dal Reggimento fin dal 28 aprile, giorno di giovedì, del 1580.

Il 12 giugno 1784,i Cappellari unendosi coi Tessitori, co’ Cimatori e con i Sgardassini (Scardassatori) di Lana, riuscirono ad erigersi in Arte o Compagnia speciale, prendendo questa Residenza già di ragione de’ Tessitori. Circa ai quali Tessitori è d’uopo sapere che avevano originariamente Residenza nella Chiesa vecchia di S. Lucia ove tenevano loro adunanza per affari spirituali non meno che materiali; ma ne dovettero sloggiare nel 1630, trasferendosi in Borgo dell‘Oro ov‘ aprirono una chiesuola dedicata a S. Paolo Convertito, che pure lasciarono nel 1646 per portare qui la Residenza loro.

L’Arte de’ Cappellari, ed altri suaccennati artigiani, aveva qui una sola stanza avente ingresso non solo da questa Cappella ma anche dalla adiacente Casa segnata col N. 162 e prospiciente verso la Via de’Coltelli (o del Pozzo Rosso), di proprietà di Domenico Tosarelli-Brighenti.

Il 14 gennaio 1798, questa corporazione artigiana, al pari di altre consorelle, fu colpita da soppressione.

Un rogito del notaio Carlo Manzini, in data 12 ottobre 1802, contiene queste parole: "Domenico Tosarelli-Brighenti, proprietario della Cappella dedicata a S. Gregorio Taumaturgo, con sua Sagrestia, situata al piano inferiore di una Casa posta nella Via di S. Pietro Martire, per vendita a lui fatta da .... .. Fiori qual Mandatario delli già Massaro e Uomini dell’Arte de’Cappellari, ecc.".

N. 160-159-158-157-156-155 e154 - Case che facevano parte del Convento delle Suore della SS.Trinità, o Monastero detto delle Povere di Lodato Cristo, ed alcune anche della loro antica Chiesa, che venne soppressa e chiusa allorquando fu aperta quella nuova della SS. Trinità, in Via Santo Stefano. - Vedasi N. 113 e 114 in Via Santo Stefano.

N. 153-152 e 151- Orto delle suddette Suore della SS.Trinità, che era dell’estensione di superficiali tavole 151.

Si oltrepassa lo sbocco di Via de’ Buttieri o de’ Boattieri.

Arrivando al canto della Via detta Borgo Locco, vedevasi in codesta località un Orto, anteriormente Cimitero degli Ebrei, scacciati i quali da Bologna, in numero di circa 800, il 26 maggio 1569 per ordine del papa S. Pio V , il loro Cimitero fu concesso alle Monache di S. Pietro Martire, le quali ne fecero un Orto, procurandovi accesso dal loro Convento mediante corridoio che sotterraneo traversava la Via. Tale concessione del 29 novembre, dello stesso anno suaccennato, venne loro fatta per Breve dal medesimo Pontefice persecutore degli Ebrei.

Nel 1799, addì 1 marzo, codesto terreno fu acquistato da Alfonso Manzini, impiegato al Senato col titolo d’Ajutante di Segreteria, il quale vi edificò una Casa avente ingresso da Borgo Locco, ed ivi non ancora segnata con alcun numero, ma che, per non interrompere la serie ivi stabilita, dovrebbe portare il N. 139 bis.

Si oltrepassa lo sbocco della Via detta Borgo Locco.

Qui terminava prima del 1546 la Via di S. Pietro Martire, anticamente detta Borgo di S. Stefano, e qui cominciava la Via Nuova del Baraccano aperta nel detto anno 1546, cui però l’aver data tale denominazione non valse a farla accettare dal pubblico che preferì darle il nome stesso della Via di cui non era di fatto che il proseguimento.

È provato che il suolo della medesima Via Nuova del Baraccano era in gran parte dell’Orto delle Monache di S. Omobono, alle quali, come si notò superiormente, il Senato faceva pagare un indennità di L. 300 a tal uopo. Ma è necessario osservare che anteriormente a detta epoca, come risulta da’ nostri storici e cronisti, esisteva di fronte al Monastero di S. Pietro Martire un Monastero di S. Giovanni Gerosolimitano, (che soltanto verso il 1501 fu unito al sud detto di S. Omobono). Sembra dunque probabile che il terreno espropriato per il proseguimento della Via fino al Prato del Baracano fosse parte di quello dell’antico Orto del Monastero di S. Giovanni Gerosolimitano.

Il Masini dice che S. Giovanni Gerosolimitano era del 1127 un Convento di Monache e che la sua Chiesa non fu unita a S. Omobono che del 1503.