Albari o Alberii

Ebbero l'origine comune con i Gabriozzi e co' Perticoni da quelli da Castello, dinasti antichissimi (1). E probabilmente son essi i conti di Castel dell' Alboro, o de Albario, situato non lungi da Castelsanpietro, uno dei quali conti, Lotario, fece la sua dedizione a Bologna nel 1178 (2). Certo è che gli Albari rinvengonsi fra' testimonii illustri per dignità ecclesiastiche e per milizia in carte del 1154 (3). Nel 1228 erano nobili di parte geremea, ed allorchè questa venne a contrasto e alle armi con l'avversaria, per le castella fortificate da' Modenesi di qua dal Panaro (1271) gli Albari si segnalarono. Invano e con la peggio si frapposero ai combattenti le società delle arti e delle armi, ed anzi il gonfaloniere della società della Branca fu ucciso da Soldano Albari. Il quale salvò poscia il capo, celandosi, ma ebbe diroccate le case a tenor delle leggi. Era però in Bologna nel 1274, e, confidando soverchiamente negli avversari, andò a parlamentare con loro in palazzo, allorchè prevalenti stavano per impossessarsi del potere, e fu distenuto (4).

I suoi consorti avevano in prima disputata la vittoria ai geremei ed eran venuti a conflitto specialmente co' Liazari e co' Prendiparte. Convennero poscia con i capi di parte lambertazza nelle case de' Carbonesi per decidere o di ricominciare la lotta o di esulare (5).

Nel 1279 indotte a pace le fazioni, giuraronla anche gli Albari. Dopo nuove discordie, lotte e proscrizioni, i lambertazzi fuorusciti, e Pietro Albari fra loro, adunaronsi in Imola nel 1298 ed elessero ad arbitri per comporre col comune di Bologna, Alberto della Scala signore di Verona, e Matteo Visconti signore di Milano e vicario imperiale. Ma i fuorusciti riammessi non tardarono a tumultuare e fra i riottosi distinguevasi Nicola di Facciolo Albari. Cercò di accalappiarlo chi aveva in cura la quiete pubblica, ma l' Albari, più sollecito, si mise in salvo (6).

Nel secolo XIII, fin dal principio, e in parte nel XIV, gli Albari maneggiarono gli affari di stato. Chè Bonaccorso fu uno dei due consoli di giustizia i quali nel 1203 raccolsero il giuramento del pretore di Reggio, Isacco da Dovara, per la lega di quel comune col bolognese. Lo stesso Bonaccorso nel 1219 manifestò il malcontento di codesto comune verso gl'Imolesi, in piena adunanza del loro consiglio, perchè liberati dall'assedio de' Faentini e de' Bolognesi avevano mancato ai patti. Due anni dopo fu procuratore del comune (7).

Ubaldino giurò con altri Bolognesi l' accordo fatto co' Modenesi nel 1248, per interposizione de' Parmigiani, circa il Frignano. Rambalduccio andò pretore a Faenza nel 1261; Soldano a Imola due anni appresso. Andrea fu degli ambasciatori che, ad istigazione della fazione geremea prevalente, andarono per ispirito di parte ad offrire il dominio di Bologna a papa Bonifazio VIII. Gli Albari si trovano undici volte tra gli anziani dal 1351 al 1359 e da ultimo nel consiglio dei seicento nel 1387 (8).

E qui da costoro comincerò a notare il numero dei servi di ciascuna famiglia, affrancati nel 1257. Imperocchè il comune di Bologna, come ho detto, precedendo in ciò di sei secoli gli Stati Uniti d' America, di cui sono vantate le istituzioni liberali, completò nell'anno sopraddetto l'emancipazione e liberazione dei servi della gleba, abolendo il servaggio sotto pena capitale. E ciò senza pubbliche commozioni, non che senza suscitar guerre accanite. Laonde 5807 servi, ch' eran divisi fra 403 padroni, furono riscattati dal comune al prezzo di lire 10 per ciascun adulto, e di lire 8 pei minori di 14 anni, parificando le femmine ai maschi, con quelle vedute filosofiche che noi vantiamo come portato dei tempi nostri. Il ruolo dei manomessi, preceduto da un'assai bella prefazione improntata di filosofico misticismo, ha il nome di Paradiso e si conserva nell'archivio notarile. Gli Albari possedevano un gran numero di questi servi cioè 137 (9).

Ebbero parecchie torri contemporaneamente, due delle quali nella loro parocchia gentilizia di s. Nicolò degli Albari. E non v'è a dubitare che fossero due, perchè diverso era il padrone d'una da quello dell'altra, e differenti erano i confinanti. Una di queste torri sorgeva nella loro casa avita situata presso la chiesa suddetta, in via Cavaliera. E Iacopo, del già Nicolò Albari, con due atti del 1280 e del 1283 donò e ridonò alla propria madre, Agnese Corradi vedova Albari, questa casa e questa torre che confinavano con proprietà di Micheluccio Albari e di Scannabecco Bavosi, non che con due strade (10). Ma l' Agnese rinunziò alla donazione nel 1286 dichiarando ch'era fittizia e simulata (11). E troveremo molte altre volte prove o indizii di siffatte simulazioni, alle quali probabilmente si ricorreva per evitare le frequenti confische.

La casa sopraddetta, segnata del n. 1616, benchè assoggettata a molti cambiamenti, anche di recente per ridurla a locanda, manifesta tuttavia l'antica sua costruzione nei muri assai grossi: ma della torre non rimane vestigio.

L' altra torre originariamente dei Cavazza situata nella stessa parocchia di s. Nicolò degli Albari, doveva essere poco lontana stante la piccola estensione delle parocchie gentilizie, alcune delle quali comprendevano soltanto poche case, di che durano gli esempii a Genova (12). Aveva contiguo un cassero, cioè un edificio fortificato forse di quella sorta che secondo gli statuti del 1252 non poteva aver scale fisse al di sopra di quindici ponti, corrispondenti a una ventina di metri. Questa torre e il cassero confinavano con gli eredi di Soldano Albari, con quelli di Gerardo Bandini, con gli altri dei Medici, con Pietro Perni, con Diaterno Boncompagni e con due strade, e furono vendute da Ubaldino del già Lamberto Albari suddetto al Diaterno Boncompagni, che sborsò 32 lire di caparra; ma poi insorti contrasti sulle condizioni della vendita, fu convenuto di annullarla nel 1287 e Matelda Liazari moglie del venditore Ubaldino Albari prestò il suo assenso (13). Due anni appresso il medesimo Ubaldino vendette torre e cassero per 30 lire a Pietro Bianchetti, ed anche questa volta Matelda moglie di lui consentì (14).

Un' altra torre degli Albari innalzavasi pressogli eredi di Facio nella parocchia di s. Maria di Porta di Castello, il che vuol dire non discosto dalla casa antica tuttavia sussistente de' Castelli, appo la quale era la sede della piccola parocchia sopraddetta. Ugolino e Niccolò, del già Bonaparte Albari, possedevano questa torre o tuvata con altri edificii e adiacenze e ne fecero divisione nel 1286. La casa grande, la torre o tuvata, con campo marzo, toccarono ad Ugolino (15).

Il vocabolo tuata che qui si affaccia cadrà sott'occhio molte altre volte nei successivi documenti. Manca nel glossario delle voci della bassa latinità e n'è varia la significazione, benchè riguardi costantemente qualche sorta di edificii. Più spesso si legge tubata e raramente tuata. La qual ultima forma richiama la tuata che concordemente si fa corrispondere dai nostri cronisti a cantina sotterranea, la cui prima costruzione in Bologna si attribuisce ad un tale nel 1243 (16), il quale per ciò sarebbe stato detto, in un co' discendenti, dalle Tuate (17). La voce tuata, o tubata, è però più antica, imperciocchè la si trova in un documento del 1177 (18). Talvolta in vero è adoperata nel significato di cantina: tubata sive canipas (19), in tubata seu penu (20); più spesso come sinonimo di casa o di casamento; tubatam sive domum (21), domum cum casamenti sive unius tubate (22) ed anche come sinonimo di torre: tubata seu turri (23), turris seu tuvata alta (24) e perciò non è a meravigliare che qualcuna fosse munita di merli; tuvata cum merlis (25) A volte la tubata non è torre, ma accosto ad una torre: tubatam positam juxta turem (26): a volte la torre è nella tubata: medietatcm tubate in qua est turris (27). La tubata è anche un edificio notabile diverso dalla casa e dalla torre: una tubata et turri et domo (28); talvolta è grande: tubatam suam magnam cum portione turris (29); talvolta è alta: unam domum et quamdam tubatam altam (30); oppure è nel solaio: domum unam cum tubata in solario (31).

Dunque la voce tubata, o tuvata, o tuata, fu adoperata a significare diverse sorta di edificii ed ho stimato opportuno di recarne gli esempii non sapendo che altri vi abbia posto mente.

Mi rimane a dire della quarta torre degli Albari che doveva essere poco distante dal serraglio di via Poggiale, ossia dalla porta urbana del penultimo recinto, la quale sussiste ancora sulla via sopraddetta. Questa torre è accennata in una carta del 1289 (32) che ci fa conoscere come, sul parere del giurisperito Nicola Zovenzoni, venisse pronunziata una sentenza dal giudice ed assessore del podestà Antonio da Fussiraga, non che dai presidenti dell' ufficio de' procuratori, con la quale s'attribuiva alla chiesa di s. Maria Maggiore certo terreno che il comune reputava suo e ch'era frapposto al serraglio del Poggiale ed alla torre degli Albari; ma che il consiglio generale giudicò e risolvette che quel terreno era e doveva rimanere di spettanza del comune. Maniera in vero semplicissima e comodissima di definire le quistioni. E dunque molto probabile che questa torre degli Albari, presa per uno dei limiti del terreno conteso, fosse poco lontano all' altro limite cioè alla porta urbana del Poggiale, ma dal lato della vicina chiesa di s. Maria Maggiore, la quale stimava di sua proprietà quel terreno.

(1) Savioli, Ann. v. 3, pag. 15.

(2) Savioli, Ann. v. 3, pag. 81. Calindri, Dizionar. corograf. dell'Italia v. 1, pag. 36.

(3) Savioli, Ann. v. 1, pag. 304.

(4) Savioli, Ann. v. 5, pag. 444, 445, 482.

(5) Savioli, Ann. v. 5, pag. 481, 485.

(6) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 248, 360, 361, 413.

(7) Savioli, Ann. v. 3, pag. 263, 383, v. 5, pag. 5.

(8) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 178. 347, v. 2, pag. 412. Savioli, Ann. v. 5, 311, 367.

(9) Vedasi Savioli (Ann. v. 3, pag. 309) e Cibrario (Della schiavitù, del servaggio e specialmente dei servi agricoltori ).

(10) Docum. n. 109 e 124.

(11) Docum. n. 152.

(12) Ora la città di Bologna è divisa in ventiquattro parocchie, ma nel secolo XIII ve n'erano novantaquattro come risulta da una matricola di quel tempo. E si noti che non erano sparse adequatamele nell' area della città, ma che in tutta la parte aggregata in quel secolo stesso se ne contavano pochissime e che la massima quantità era racchiusa dentro il penultimo recinto, o nella Bologna antica. Quindi tutte le parocchie, o come dicevasi cappelle, della città antica erano poco estese, soprattutto le gentilizie, accennate in diversi documenti. E basti dire che la parochia di s. Colombano nel 1595 aveva soggette soltanto ventitre case. Dieci ne aveva nel 1596 la parecchia di s. Luca di Castello. Quella di s. Maria in Solaro nel 1279 comprendeva pochissime case, e l' altra di s. Lorenzo dei Guarini nel 1305 estendevasi forse a poche case oltre quelle dei Guarini. (Masina Bologna perlustrata (ricorretta) t. 1, parte 2, pag. 62, 110, 120).

Alquante delle antiche parocchie scomparvero per la fabbrica dei palazzi del comune e della chiesa di s. Petronio. Molte ne soppresse l'arcivescovo Gabriele Paleotti nel secolo XVI, ma tuttavolta alla rivoluzione del 1796 ne rimanevano ancora cinquantaquattro. ( Diario bologn. eccles. e civile pel 1767, pag. 209. )

(13) Docum. n. 161.

(14) Docum. n. 175.

(15) Docum. n. 144.

(16) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 117.

(17) Nel documento che produco col n. 122 vedesi fra i confinanti Filippo de Tubata.

(18) Docum. n. 1.

(19) Docum. n. 117.

(20) Lib. 90 memorial. 1295 Fabiani Octavini, fol. 97.

(21) Lib. 19 memorial. 1272 Antonii Retesie, fol. 76. — Lib. 44 mem. 1281 Jacobi Berlini, fol. 46. — Lib. 45 mem. 1281 Bolognicti Bonaventure, fol. 12, v. — Lib. 48 mem. 1282 Bolognicti Bonaventure, fol. 127, v. — Lib. 49 mem. 1282 Bonafidei de Curionibus, fol. 78, v. — Lib. 77 mem. 1290 Johanis de Napariis. fol. 43. — Lib. 78 mem. 1290 Balduini Bonfigli, fol. 51, v. — Lib. 87 mem. 1294 Ugolini Fabri, fol. 21. — Lib. 88 mem. 1294 Gerardis Dentani fol. 7, v. — Docum. n. 127 e n. 213 ecc.

(22) Lib. 12 memorial. 1270 Alberti Fabri, fol. 101.

(23) Lib. 85 mem. 1293 Bonfantini de Malpighi, fol. 16. — Docum. n. 35 e n. 96.

(24) Docum. n. 71.

(25) Lib 49 memorial. 1282 Bonafidei de Curionibus, fol. 18.

(26) Docum. n. 116.

(27) Docum. n. 69.

(28) Docum. n. 54, 69, 86, 189.

(29) Lib. 40 memorial. 1280 Bonacosse Casalini, fol. 171 e Docum. n . 36.

(30) Lib. 22 memorial. 1273 Jeremie Angelelli, fol. 28.

(31) Lib. 85 memorial. 1293 Bonfantini Malpighi, fol. 118.

(32) Docum. n. 171.