Accursi

Accursio, o Accorso, al principiare del secolo XIII venne da Firenze ad abitar Bologna, ove rimasero e rimangano i suoi discendenti. Colà ebbe i natali, qui la scienza delle leggi e la rinomanza. Scolaro d'Azzone, il quale non sdegnò di consultare il discepolo, e forse di Roffredo Beneventano, fu detto il Glossatore per le glosse da lui raccolte, commentate ed aggiunte, onde cessarono gli screzii fra i giureconsulti del suo tempo. Insegnò pel corso di quarant' anni emergendo sopra i competitori ed accomulando ricchezze, sì ch'ebbe una magnifica casa in città, di cui rimangono avanzi, ed una villa signorile con molte terre alla Riccardina. Morì quasi ottuagenario circa il 1260, e parte del suo sepolcro piramidale si vede sotto il portico del già convento di san Francesco (1). Vi è vicino il sepolcro di Odofredo, vi era quello di Rolandino Romanzi, onde il luogo ispirava reverenza ed orgoglio, poichè i nomi di questi tre contemporanei basterebbero a dar fama, non che al tempo loro ai molti secoli dello studio bolognese.

Tre figli d' Accursio, cioè Francesco, Guglielmo, e Cervotto appresero le leggi sotto la disciplina di lui, poi le insegnarono pubblicamente. Francesco superò di molto i fratelli, e, dopo la morte del padre e di Odofredo, tenne il primato nello studio, cui abbandonò nel 1273 per andare in Inghilterra, invitatovi dal re Edoardo che se ne valse per consigli e per missioni; frattanto lesse in Tolosa per compiacere a que' scolari.

La proscrizione della parte lambertazza nel 1274 colpì gli Accursi in Bologna ed anche Francesco, benchè lontano, sì ch'egli chiamò presso di sè la moglie ed i figli. Ma, dopo ott'anni di assenza, carico di ricchezze e con una pensione di 40 lire sterlinghe che tenevalo addetto al re Edoardo tornò a Bologna, dando sigurtà a papa Martino IV di staccarsi dalla fazione lambertazza. Morì nel 1293, assolto in un col padre da replicate usure, per lettere di Niccolò II. Dante lo condannò insieme con Brunetto Latini.

« E letterati grandi e di gran fama

D'un medesmo peccato al mondo lerci.

Priscian sen va con quella turba grama

E Francesco d' Accorso anco » (2).

Cervotto fu addottorato di diciasett' anni per privilegio, in ossequio del padre, ma con invidia, con mormorazione e senza che ne avvantaggiasse il suo ingegno mediocre. Andò pretore a Ripatransone nel 1265, fu deposto con danno ed ottenne dal nostro comune le rappresaglie. Dallo studio bolognese passò indebitato a leggere nel padovano e frattanto fu bandito con tutta la sua famiglia e la sua fazione. Quando potè tornare fu presto ricacciato non solo per la seconda proscrizione de' lambertazzi, ma qual ribelle condannato nel capo, spogliato degli averi e la sua casa diroccata. Prodigo, oppostamente al fratello, finì suoi giorni in strettezze e in esiglio (3).

Guglielmo, terzo e degno figlio del Glossatore, partecipò alle vicende de' suoi, insegnò con plauso il gius civile, ebbe moglie e figli, poi passò allo stato clericale e conseguì prebende e dignità in Spagna. La fama del suo sapere mosse gli scolari del nostro studio ad invocare il ritorno di lui, il quale resistette da prima, perchè non volle piegarsi a giurare parte geremea, o guelfa; poi, assoltone, nuovamente richiesto venne a leggere il digesto nuovo, in luogo di Dino da Mugello. Fu chiamato a Roma da Benedetto XI, al quale ed a Clemente V fu molto accetto. Visse oltre l'anno 1312, senza più tornare a Bologna. Tra i suoi scritti è celebre la quistione intorno al testamento del prigioniero re Enzo (4).

Appresso, gli, Accursi si oscurarono e si ridussero a vita campestre nella propria villa alla Riccardina (5). Dal 1540 al 1627 si trovano però anziani.

Accursio il Glossatore possedeva sulla piazza maggiore di Bologna un' ampia casa torrita, di gran valore, nella quale insegnava a numerosi discepoli e di cui sussiste una parte; la torre è quella ora detta dell'orologio. Per un errore inesplicabile il Ghirardacci (6) e l' Alidosi (7) attribuirono questa casa e questa torre ai Lambertazzi e trassero altri in un errore ch'è divenuto popolare. I documenti chiariscono il vero, ma la tradizione erronea perdurerà nondimeno tra 'l volgo.

In seguito a divisione fatta del pingue patrimonio d' Accursio e di successive convenzioni che s' intravedono in un compromesso rinnovato nel 1271 in Cervotto, in Guglielmo ed in Bonaventura detto Paperone, da Francesco e da Accursino o Cursino quarto figlio di Accursio (8), erano pervenuti a Francesco tre quarti della casa e della torre sopraddette. Cursino aveva avuto l' altro quarto, cui vendette ad un Martino di Merolina. Ora avvenne che il comune, il quale reggevasi a parte geremea o guelfa, deliberò di ampliare il palazzo della biada situato dicontro all'attuale fontana del Nettuno e che, ampliato, fu detto il palazzo nuovo, e servì e serve di residenza al comune.

Tra le compere fatte a tal uopo una è quella della casa e torre di Accursio, in parocchia di s. Tecla, che nelle indicate proporzioni appartenevano al figlio Francesco ed a Martino di Merolina, dai quali furono cedute nel 1287 al sindaco e procuratore della parte ed università de geremei della città di Bologna ( ossia al comune ) per la somma egregia di 3700 bolognini grossi (9): onde appare che la casa del Glossatore doveva essere una delle più ragguardevoli di que' tempi. Giova di riferirne i confini, che escludono ogni dubbio sull'identità di essa e della parte del palazzo del comune presso all'angolo nord-est, cioè: dal lato anteriore la piazza maggiore; dal lato inferiore o aquilonare la casa e la torre di Nevo Ranieri ( ossia dei Guezzi, che altri documenti ci mostrano allato a quella degli Accursi parimente sulla piazza ) ; da mezzodì o dal lato superiore la strada pubblica che va in Portanova, ossia che si dice di Portanova; dal lato posteriore o occidentale alcune case della chiesa di s. Tecla di Portanova (10).

Queste ultime case furono cedute per permuta allo stesso scopo sopraddetto l' anno 1293, dal paroco di s. Tecla de' Guezzi (ovvero di Portanova) agli ufficiali della biada pel comune e soprastanti alta fabbrica del palazzo, che si faceva allora di nuovo. Ciò serve a stabilire che in tale anno si continuava quella fabbrica. Ed a conferma dell' anteriore documento questo ha ch'esse case di s. Tecla confinavano con quelle di parte geremea, già state di Francesco d'Accursio e dei Guezzi (11).

Della grande casa e scuole del Glossatore rimane tuttavia parte della facciata e la porta ogivale, che vedonsi percorrendo l' androne a manca dell' ingresso del palazzo comunale. In fondo e a destra sussiste ancora una lunghissima scala senza svolte, ma interrotta da ripiani, i cui primitivi gradini di gesso furono rivoltati perchè logori nel 1604 al tempo dell' Alidosi (12).

Il suddetto androne forse fu costrutto quando la casa d' Accursio venne ridotta a sede della parte geremea ed occuperà in circa l'area nella quale sorgeva il portico d'Accursio, ricordato in un atto del 1293 (13). E si deve intendere in questa guisa l'Alidosi (14) dove dice che « del 1293 ai beccari fu concesso il portico del casamento dei Lambertazzi ( avrebbe dovuto dire degli Accursi ) in piazza, che hora è quell' andito che è a mano manca nell' entrare in Palazzo dei Superiori per farvi le banche».

La torre d' Accursio rimane anch'essa in gran parte, ed è quella detta dell'orologio perchè da molto tempo ve ne sta uno a comodo pubblico, succeduto al primo, ch'era nella torre del capitano, già de' Lambertini. È larga metri 10,39 per 8,44 con muri grossi met. 0,97 da basso e 0,74 in cima. Attualmente è alta met. 36,20. Dal lato di via Portanova, o Asse, la parete scende scoperta nella strada.

Si fu nel 1444 che gli anziani commisero a mastro Giovanni d' Evangelista da Piacenza ed a Bartolommeo di Gnudolo Rusticani, orefici, di costruire un orologio con intorno grandi figure, con altre che dovevano apparire ad ogni ora per rendere omaggio processionalmente ad un' immagine della Madonna. Così portava comunemente il gusto di que' tempi, onde l'apparizione sopraddetta non aveva la singolarità che ha oggidì quella del gallo dibattente le ali e intonando il suo canto poco melodioso ad ogni ora, nell'orologio pubblico di Berna, con grande soddisfazione della cittadinanza orsofila.

Agli stessi artefici soprannominati fu commesso di far costruire sulla torre di Accursio una torricciuola merlata alta 25 piedi, nella quale dovevasi allogare l'orologio. Il contratto di questo lavoro, che importò la spesa di 1800 lire di picchioni, fu pubblicato dal cav. Podestà con particolareggiate notizie (15).

Ma la torricciuola dovett' essere costrutta o con poco accorgimento o con poca saldezza, imperciocchè dopo trent'anni occorse farvi non piccole riparazioni eseguite da mastro Giacomo delle Balestre per 50 lire (16). Ed anzi dopo altri quattordici anni la torricciuola minacciava di rovinare, sicchè i XVI riformatori ordinarono vi si provvedesse e assegnarono lire 310 (17). Intanto per festeggiare l' assunzione al papato di Roderigo Borgia, divenuto Alessandro VI, furono fatti fuochi di gioia sulla torre dell' orologio ( 1492 ), che ne incendiarono e guastarono la cima, onde occorse riparare ai danni cagionati da una gioia fallace e manifestata in stolida maniera. Mastro Egidio Montanari condusse il ristauro ed il comune pagò 490 lire (18).

Gli Accursi avevano eziandio un'altra torre poco distante dall'anzidetta, ma però situata in altra parocchia. Nella parocchia, cioè di s. Martino de' Caccianemici (quindi nei dintorni della piazzetta dell' Aurora ) presso gli eredi d'Ubaldo Frenari, ossia d'Alberto d'Odofredo, e di altre case rimaste agli eredi di Francesco d' Accursio glossatore. Questa torre e la casa contigua erano passate in Giovanni del già Accursino d' Accursio, il quale le affittò nel 1297, per 50 lire annue, a Beccaro Pavanesi (19).

(1) Sarti. De claris archig. v. 1, pag. 175.

(2) Inf. e. 15, v. 117. Sarti, De claris archig. v. 1, pag. 176. Fantuzzi, Notiz., dagli scrittori bologn. v. 1, pag. 141.

(3) Sarti, De clar. archig. v. 1, pag. 185. Fantuzzi, Notiz. degli seriti, bol. v. 1 pag. 38.

(4) Sarti, De clar. archig. v. 1, pag. 188. Fantuzzi, Notiz. v. 1, pag. 46.

(5) Fantuzzi, Notiz. v. 1, pag. 41.

(6) Historia di Bologna, v. 2, pag. 127.

(7) Instruttione delle cose notabili di Bologna, pag. 115.

(8) Docum. n. 75.

(9) Nel 1236 si cominciò a battere il bolognino grosso, ch' era d'argento e del valore di 12 denari ossia di 12 bolognini piccoli. (Zanetti, Zecca di Bologna, pag.36).

(10) Docum. n. 156.

(11) Docum. n. 196.

(12) Instrut. pag. 115.

(13) — « Ex instrumento Johannis qd. Carbonis not. hodie facto Bon. sub porlicu domus heredùm qd. D. Francisci Accursii que nunc est comunis Bon. » ( Lib. memor. n. 85, Rolandi Bonaventura Falchoni, lui. 58).

(14) Instrut. pag. 5.

(15) I primi oriuoli pubblici in Bologna nei secoli XIV e XV (negli Atti e Me morie della R. Deputazione di stor. patr. per le Romagne anno VIII ).

(16) Docum. n. 231.

(17) Docum. n. 238.

(18) Docum. n. 239.

(19) Docum. n. 212.