Strada San Donato, dal II volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Strada S. Donato comincia dalla porta della città, e termina alla piazza di porta Ravegnana.

La sua lunghezza è di pertiche 233, 3 e la sua superficie di pertiche 476, 2 non compresa la piazza del teatro nuovo che è di pertiche 89, 74, 6, e la piazzetta di S. Donato che è di pertiche 35, 58.

Nel 1256 si pubblicavano i bandi in Strada S. Donato davanti la casa di Bualello di Grogno di Pasquale drappiere, in capo ali' androna dei Bagnaroli.

Nel 1289 pubblicavansi presso la casa dei Pelli davanti la chiesa della Maddalena, e sopra il ponte della Savonella Secca.

Nel 1492 furono levati.i portici di legno a levante, dall'imboccatura di Strada S. Donato in porta Ravegnana fino alle case di Riniero Bianchetti, per allargare la strada che appena bastava per il passaggio di un carro di fieno.

Strada S. Donato a destra cominciando dalla porta della città e terminando alla piazza di porta Ravegnana;

NN. 2541, 2542. Stabile con orto di tornature 5, che va dietro la mura, detto l' orto del Murlino. Era nel 1715 di Fabrizio Rinieri, poi di Gio. Tommaso Conti, che fabbricò la casa. Questi Conti pretendevano discendere da quelli di Casalecchio. Si estinsero poi lasciando erede il conte Nicolò Fava.

N. 2550. (Orig. 2250. Errore di cui nemmeno il Breventani si accorse) Stabile dirimpetto all'ospitale Azzolini, con coperto sostenuto da sei colonne di legno. Servi di monastero ad alcune monache venute da Cottignola nel 1552, che si dissero dello Spirito Santo, e che per breve di Pio V delli 23 ottobre 1566 furon soppresse, e in numero di 18 distribuite nei conventi di S. Gio. Battista, di Sant' Omobono, e la maggior parte in S. Vitale. Nel 1715 apparteneva a Carlantonio e fratelli Dall' Oglio.

Si passa la Braina di Strada S. Donato.

N. 2559. Casa che fu dell' incisore Buffagnotti, poi dei Padri di S. Michele in Bosco, e di Giacomo Monterumesi.

NN. 2570, 2571. Case che furono dei Cazzani, poi Sforza.

N. 2572. Stabile dei Mosca, poi del Noviziato dei Gesuiti in S. Ignazio, ultimamente del patrimonio gesuitico condotto in enfiteusi dal marchese Raffaele Gnudi.

Si passa il Borgo della Paglia.

N. 2573. Casa di Antonio Manfredi che fu assegnata in L. 600 in conto di legato di L. 1200 per esso fatto a Lucrezia Manfredi moglie di Lancellotto di Cesare Guglielmi alias Velli, la qual casa si dice essere sotto la parrocchia della Maddalena, sull'angolo delle strade del Borgo della Paglia e di Strada S. Donato, e in confine dei Padri di S. Giacomo. Rogito Bartolomeo Scudieri delli 29 ottobre 1517.

Questa famiglia Manfredi discendeva d'orìgine comune con quella dei Pico, dei Pio, dei Pedocca, e dei Manfredi di Faenza. Nel 1464 Girolamo era detto ancora dall'Astrologo. Bartolomeo dottor in legge, sacerdote e lettor pubblico fu il secondo presidente della Biblioteca Vaticana nel 1481. L' ultimo fu Valerio di Costanzo notaro, morto miseramente nell' ospedale della Vita li 22 maggio 1703, e sepolto in quella chiesa siccome confratello.

1525, 26 giugno. Cesare dai Velli la vendette ad Annibale del fu Napoleone Malvasia per L. 1290. Rogito Baldo Baldi.

Alla predetta casa ne furono unite due nel Borgo della Paglia, enfiteutiche dei Padri di S. Giacomo, che li 29 dicembre 1591 eran condotte da Floriano Sivieri alias Maddalena, e li 26 febbraio 1661 furon concesse a Carlo di Lorenzo Fongarini divenuto proprietario della casa suddetta già Manfredi. I Fongarini erano mercanti di seta, e cedettero tutto questo stabile ai Pederzani per L. 14000 nel 1732, indi fu venduto da Antonio Pederzani, a Lorenzo Conti di Castel S. Pietro per L. 15000. Appartenne poi ai figli del perito Vittorio di Marco Conti, il qual Marco fu medico, lettor, pubblico e anatomico, morto giovane per la grande applicazione allo studio.

N. 2580. Casa dei Balduini, che del 1659 era degli Argelati suoi successori, e del 1715 del Reggimento, poi di Antonio di Francesco Cappi. Questi Balduini non discendevano dagli antichi, ma vennero da Milano, e fu un Gio. Battista che piantò casa in Bologna dove sposò Chiara Ghisilieri, e morì nel 1585. Terminarono in Giuseppe, che del 1628 fu direttore del torneo — Amore prigioniero in Delo — e abitava questa casa.

NN. 2581, 2582. Due case che furono dei Desideri nel 1603. La prima dicesi che anticamente fosse stata dei Dal Pratello. I Desideri la vendettero ai Rota, o Dalle Rote, della qual famiglia fu Bartolomeo di Galeazzo, poi frate Domenico carmelitano della congregazione di Mantova e Vescovo di Sidonia in partibus, morto in Roma li 14 maggio 1630. Dai Rota passò alle monache della Maddalena quali eredi di suor Lodovica Rota, le quali li 27 gennaio 1659 la vendettero a D. Giovanni e fratelli Pradelli per L. 5300. Rogito Carlo Vanotti. Si dice casa grande, sotto la parrocchia della Maddalena. Confina Strada S. Donato, Gregorio Gulinelli di dietro, gli Allè da un lato e gli Argelati successori Balduini dall' altro. Passò al dottor medico Paolo Mini, o di Mino. L' ultimo di questa famiglia fu D. Dionigio Mini canonico di S. Petronio morto li 14 giugno del 1767, del quale fu erede la sorella moglie del dottor medico Domenico Maria Gusmano Galeazzi, che l'abitò, la rimodernò e vi morì li 30 luglio 1775 d'anni 89 meno cinque giorni. Furono eredi tre figlie che la vendettero a Giuseppe di Giulio Bersani.

La seconda era pure dei Desideri, venduta da Marcantonio e fratelli del fu Enea Desideri a Paolo Emilio del fu Nicolò Alè per L. 4000, e confinava coi Ghezzi di sopra, coi Rota di sotto, e coi venditori di dietro. Rogito Antonio Malisardi delli 22 novembre 1603.

Terminarono gli Alè, alias Borghesani circa il 1650, in Nicolò dottor in leggi, e in Filippo arciprete di S. Petronio. Il dott. Nicolò, morto in dicembre del 1680, lasciò la sua eredità ai Gesuiti, ma il fidecomesso istituito da Paolo Emilio con testamento delli 3 marzo 1606, rogito Antonio Malisardi, passò al capitolo o fabbrica di S. Petronio che possedeva questa casa nel 1715, e Paolo Emilio di Nicolò fu istitutore dell' arcipretura di S. Petronio li 12 luglio 1607, e fu primo arciprete. Era orefice, andò a Roma sul principio del pontificato di Gregorio XIII, chiamato da Iacopo Boncompagni, del quale era gioielliere. Colà, datosi alla carriera ecclesiastica, fu fatto canonico di S. Celso e Giuliano in Banchi. Permutò quel canonicato con Francesco dei Poli in questo di S. Petronio.

La suddetta casa fu poi venduta li 4 agosto 1783 a Giuseppe di Giulio Bersani per L. 4000. Rogito Antonio Gualandi. Il predetto Bersani le vendette ambedue al l' avvocato Placci faentino, il cui figlio l'alienò all'avv. Camillo Bolognesi della Riccardina.

N. 2583. Casa degli Angeli venduta da Gio. Giulio e Carlo del fu Alberto Angeli a Lorenzo del fu Francesco Ghezzi per L. 9000. Rogito Galeazzo Bucchi e Lodovico Chiocca delli 5 marzo 1591. È designata per essere in Strada S. Donato in faccia al palazzo Poggi. Confina altri beni Poggi, i Beliossi e i Desideri.

I Ghezzi, o Guezzi, famiglia antica, del 1262 coprì le primarie magistrature, alcuni di essi nel 1480 si chiamarono Ghezzi Piacentini, poi si estinsero sul finire del secolo XVII, e pare che l'ultimo fosse Ottavio morto di anni 82 li 18 settembre 1680.

1643, 9 ottobre. Compra Gregorio del fu Cristoforo Gulinelli da Ottavio Ghezzi una casa sotto la Maddalena in Strada S. Donato. Confina i Beliossi, i Desideri, e gli Alè, forse successori Poggi, per L. 7800. Rogito Antonio Maria Beliossi.

Questa casa passò ai Morandi del torresotto in Strada Castiglione.

N. 2584. Casa di quei dalla Maddalena nel 1322, poi detti Begliossi, Belliossi, o Beliossi, e siccome nel 1637 ebbero il fidecomesso di Gio. Battista Remondini, adottarono il detto nome e cognome. Antonio Maria di Carlo, alias Gio. Battista Remondini, notaro, morto li 6 aprile 1659. lasciò erede Anna Maria unica figlia maritata in Francesco Orsi. Del 1715 questa casa era dei Lorenzini.

NN. 2589, 2590. Stabile composto già di due case, che del 1488 furono vendute da Battista del fu Antonio Sirighelli beccaro a ser Lorenzo del fu Damiano Maltachitti. dal quale li 14 agosto 1489 furono alienate a ser Cristoforo di Antonio Podio cancelliere di Giovanni II Bentivoglio, per L. 1000. Rogito Melchiore Zanetti. L' instrumento dice le suddette due case con corte e orto esser ridotte in una e confinare con Giovanni Bentivoglio. Francesca del fu Pietro Mantovani, moglie di Cristoforo dal Poggio, la vendette li 11 febbraio 1493 a Napoleone Malvasia per L. 909. Rogito Giulio Bottrigari. Sono due case ridotte in una, in Strada S. Donato, sotto Santa Cecilia.

1515, 7 luglio. Antonio Galeazzo del fu Antonio Malvasia vende a Girolamo e Giacomo Ercolani una casa grande con orto, e due casette contigue poste in Strada S. Donato sotto Santa Cecilia. Più una stalla nella parte posteriore che riferisce nella via Borgo Paglia, sotto la Maddalena, per L. 8000. Rogito Ercole Borgognini e Battista de' Buoi.

1517, 17 dicembre. Pagamento di Girolamo del fu Ercolano Ercolani ai figli di Napoleone Malvasia di L. 2000 parte di prezzo di due case vendute ai detti Ercolani ai Malvasia. Rogito Gio. Battista Buoi.

Si trova (al susseguente numero 2591, come da rogito Giacomo Beroaldi), che li 24 luglio 1515 apparteneva a Girolamo e Giacomo del fu Ercolano Ercolani, i quali, sotto la data delli 6 maggio 1516, rogito Gio. Battista Buoi, l' assegnarono per L. 8300 a Ovidio e Antonio Maria del fu Nestore Bargellini, in conto di prezzo della casa numero 87, 88 di Strada Santo Stefano rimpetto al voltone di S. Gio. in Monte, valutata L. 14000. Nel predetto contratto si descrive per una casa con portico e con altra casa annessa posta sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, e più una stalla posteriore che riferisce nel Borgo dellla Paglia.

1516, 5 giugno. Compra il conte Camillo Pepoli da Ovidio e Antonio, fratelli Bargellini, due case e una stalla sotto Santa Cecilia, per L. 8300.

1519, 1 dicembre. Assoluzione di Ovidio e Antonio Maria, fratelli Bargellini, a Isabella del conte Giovanni Pietro de Novellara, vedova del conte Camillo di Guido Pepoli, e madre di altro Camillo figlio postumo di detto Camillo, del prezzo di una casa nobile con altra antica annessa, poste sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, e una stalla nel Borgo della Paglia sotto la Maddalena, il tutto comprato per L. 8400. Rogito Vitale Mantachetti e Battista Buoi. La compra era stata fatta dal defunto Camillo li 5 giugno 1516.

Convien credere che i Pepoli facessero un patto di francare tutto che gravitasse «mesta casa, poichè li 6 agosto 1529 Diomede Grati assegna ad Ippolita Ghisilieri parte di casa grande con orto sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato. Confina Lo dovico Zenzifabri successore Ferraboschi, Vespasiano Pocapena, e gli eredi di Ercole Bentivogli. 1534, 7 aprile. Compra del cav. Bonifacio Piatesi, anche a nome di Claudio di lui nipote, dai conti Alessandro, Filippo e Girolamo del fu Guido Pepoli, di una casa grande con orto e stalla, posta in strada S. Donato e nel Borgo della Paglia, per lire 11000. Rogito Giacomo Carlini.

1542, 11 febbraio. Compra Galeazzo Riario dal conte Bonifazio Piatesi una casa in Strada S. Donato per L. 10000. Rogito Francesco Castagnoli e Ermete dal Buono.

1610, 21 maggio. Compra Ottaviano d'Ippolito Piatesi (1), da Ferdinando di Raffaele Riario, una casa nobile sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, per L. 45000. Rogito Ercole Fontana e Gio. Battista Roffeni. Dall' aumento del prezzo fra il 1542 e il 1610 si ha una prova che i Riari la rifabbricarono.

1738, 23 aprile. Camilla del conte Carlo Nicola Piatesi, moglie del marchese Francesco di Lorenzo Neri Angelelli, unica ed erede Piatesi, vendette questa casa nobile al conte Cesare Alcssandro di Mario Scarselli, per L. 24000. Rogito Giuseppe Antonio Betti.

Il conte Cesare Alessandro del conte Domenico Scarselli, possessore di questo stabile, fu il primo senatore di Bologna dopo la restituzione di questa provincia al Papa.

Francesco di Lorenzo Scarsella ebbe un figlio naturale di nome Andrea, e vivevano li 8 dicembre 1535. Avevano varie navi sul naviglio esercitando il mestiere di paroni.

N. 2591. 1515, 24 luglio. Cecchino del fu Domenico Ferraboschi vende a Lodovico d'altro Lodovico Zenzifabri una casa in Strada S. Donato sotto Santa Cecilia. per L. 1700. Confina gli eredi di Napoleone Malvasia, ultimamente i fratelli Ercolani. e Federico Manfredi da due lati. Rogito Giacomo Beroaldi.

L' ultima dei Zenzifabri fu Teodora di Lodovico moglie del conte Carlo del conte Ottaviano Piatesi, morta li 18 luglio 1673, che lasciò una sola figlia di nome Piccola, maritata nel senatore Alberto Guidotti, erede del suo ramo Piatesi e della madre Zenzifabri, la quale vendette questa casa al canonico di Santa Maria Maggiore e dottor in leggi Gio. Alberto del cav. Lorenzo Piani, che testò li 10 settembre 1699. I discendenti delle eredi di detto canonico la vendettero a Mario d' Alessandro Scarselli.

1592, 17 giugno. La casa dei Zenzifabri in Strada S. Donato fu stimata L. 12000.

N. 2592. Dai confini rilevati dai suddetti rogiti al numero 2590, si è veduto che gli eredi di Ercole Bentivogli e Giovanni II Bentivogli vi confinavano. È certo che Michele di Bente abitava nel 1365 sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, e che la sua casa ne aveva una posteriore in confine del Borgo della Paglia, degli eredi di Panino Bentivogli, e di Nicolò Prandini. Non è quindi fuori di proposito il credere che questa casa, e probabilmente anche l' annessa N. 2593, appartenessero a quell' illustre famiglia, come pure da alcuno si crede aver appartenuto dopo ai Barbadori, ma passando a notizie positive è certo che li 4 febbraio 1622 era di Giulio Fasanini, ed è qualificata per grande, del valore di L. 20000, posta in Strada S. Donato sotto la parrocchia di Santa Cecilia. Rogito Carlo Bosi.

1623, 4 luglio. Compra Bartolomeo del cav. Scipione Bottrigari (2), da Giulio Ascanio e Filippo Maria del fu Aurelio Fasanini, una casa sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, per L. 12000. Confina Lodovico e Fratelli Zenzifabri, Alideo Padovani, i Pollicini di dietro, ed i Piatesi. Rogito Antonio Malisardi.

1640, 10 gennaio. Scipione Bottrigari vende a Giacomo Dal Ferro una casa con orto e stalla in Strada S. Donato sotto Santa Cecilia, per L. 22000. Confina Lodovico Zenzifabri, i Padovani, e di dietro i Policini e Periteo Beliossi. Rogito Costantino Mattioli.

Nonostante la suddetta vendita si trova però posseduta nel 1715 da Scipione di Giulio Bottrigari morto li 14 gennaio 1755, ultimo del suo ramo, che lasciò erede il conte Giovanni del senatore Scipione Fantuzzi. Questo stabile lo aveva però vitalizzato al dott. Bartolomeo Landi sindaco della Mensa, che lo restaurò e ne rimodernò la facciata, poi lo vendette nel 1767 a Tommaso Becchetti sartore, per L. 16500, il quale nel gennaio del 1768 l'alienò per lire 17300 a Savino Savini, che nel 1769 vi pose nella facciata la ringhiera. Bruciò il primo dì di quaresima del 1823.

N. 2593. Casa che aveva colonne di legno, e che si pretende aver appartenuto agli antichi conti di Panico, e probabilmente dopo loro ai Bentivogli.

1579, 5 gennaio. Era di Girolamo del fu Pietro Ghirardelli. Rogito Alessandro Chicca. Passò ai Padovani oriundi da Forlì, trasportati a Bologna nel 1576 da mastro Alideo famosissimo dottor di Filosofia e medicina, morto li 27 gennaio 1576. Francesco, morto li 10 febbraio 1715, instituì un fidecomesso sostituendo Elisabetta sua sorella maritata in Fongarini, e loro portò questa casa. Morto D. Lorenzo Fongarini di lei nipote, nel 1776, l'eredità Padovani passò ai Lambertini famiglia cittadina discendente da Orsola Padovani, poi a Brighenti che la vendette nel 1780 al notaro Pio Colti, e a Clemente Fabbri ministro del negozio Facci, che oltre una somma assunsero di passare annualmente una castellata ai Mendicanti, perchè il fldecomittente obbligava gli eredi ad abitare questa casa, e non abitandola, di pagare la detta castellata. Lodovico del detto Pio Gotti, rimastone padrone assoluto, la risarcì notabilmente e ne fece la facciata. Ultimamente era del dottor curiale Tarutli dai Bagni della Porretta.

N. 2594. Palazzo Paleotti (3). Si crede che qui fossero le case di Antonio e di Annibale I Bentivogli nel 1435.

Dicesi che Sante e Giovanni II in tempo di sua minorità abitassero in Strada San Donato rimpetto ai Paleotti, e cioè alla casa che fece poi parte di quella dell'ospitale Azzolini.

I Paleotti del ramo di Antonio di Bonaventura. notaro, di Lorenzo, che del 1494 abitava sotto la parrocchia di S. Marco, stabilì quivi il suo domicilio. Bernardino di Floriano lo fabbricò nel 1587, e Annibale Bernardino di Carlo, che miseramente fu ucciso li 6 settembre 1662 colla nuora Lanzoni alle Tavernelle, l'avevano ampliato del 1653. La sala è lunga piedi 39 e larga piedi 22.

Nel confine Fongarini vi era un pillastro con capitello, nel quale su tre faccie vi era l'arma dei Bentivogli dominanti, e sopra il detto pillastro dicesi che vi fosse un pezzo d' arco antico ritenuto per un avanzo della casa di Annibale I Bentivogli.

Si passa la via del Guasto.

N. 2595. Teatro Nuovo in oggi detto Comunale, fabbricato su parte del suolo del demolito palazzo Bentivogli.

Questo guasto era largo piedi 194 e lungo piedi 410.

Due rami Bentivogli abitavano in Bologna derivanti da uno stesso ceppo, dei quali si dà qui la loro discendenza tratta dal libro dei Memoriali.

Zambone da Viadagola (4)

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Nicolò da Viadagola

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Bentivoglio 1258

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Ivano 1272

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Francesco Bente

autore dei Bentivogli di Ferrara autore dei Bentivogli abitanti in Bologna

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Bertuccio Michele

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Toniolo Andrea

T. 1374 |

| Bente

Giovanni I Seniore T.1407

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Antonio Galeazzo con Francesca Gozzadini

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Annibale I con Donina Visconti

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Giovanni II

Il ramo di Francesco si disse dei Bentivogli dominanti, e quello di Bente dei Bentivogli non dominanti.

Francesco d' Ivano Bentivogli fu eletto nel 1320 uno dei quattro Sapienti destinati a far lega per la difesa della patria in occasione della venuta in Italia di Filippo e di Carlo di Valois. Questa è la prima circostanza nella quale i Bentivogli cominciano a figurare in Bologna.

Giovanni di Toniolo s'impadronì del governo il lunedì 14 marzo 1401. Egli s'intitolava "Nos Johannes Bentivogli Bononiae Dominus, ac Pacis, et Justitiae conservator". Queste due notizie son tratte dal cartolario Bolognese, che trovasi nella Biblioteca dell' Istituto.

Giovanni I, perduta la battaglia di Casalecchio il lunedì 26 giugno 1402, fu dai suoi concittadini orribilmente trucidato sulla piazza li 29 dello stesso mese, giorno in cui Bologna cambiò per ben tre volte il suo padrone.

Annibale I fu figlio di Antonio Galeazzo del suddetto Giovanni, e di Francesca di Gozzadino Gozzadini, sulla leggittimità del quale piacque al Ghirardacci nel suo terzo tomo, che corre manoscritto, spargere dei dubbi, ripetuti dalla cronaca Seccadenari sotto la data delli 17 marzo 1441, in cui annunzia il matrimonio di Lisabetta, figlia legittima di Antonio Bentivogli, con Romeo Pepoli, ed aggiunge che Annibale era bastardo. Queste asserzioni sono però smentite dai documenti risguardanti la tutela di Giovanni II presa li 8 luglio 1445, a rogito di Cristoforo del fu Antonio Fabri, da Donina di Lancillotto Visconti, affine del Duca di Milano, vedova del detto Annibale, e da Francesca di Gozzadino Gozzadini, avola di Giovanni II. In essi vien provata la legittimità di Annibale, prima perchè le tutrici accettano ut proximiores de jure delatam; poi perchè nell' atto sono più volte nominate mater et avia.

Antonio Galeazzo sposò la Gozzadini in agosto del 1420, e fu bandito per ragione di stato li 20 giugno 1423. Nel bando vi figura per primo il detto Antonio, e Annibale per il secondo, così se fosse stato bastardo non si sarebbe tenuto conto di lui in età sì tenera nel bando stesso, nè vi sarebbe stato nominato di preferenza a tanti altri adulti e di rango rispettabile. La cronaca Bianchetti dice che nel 1438 Annibale aveva 25 anni, e se ciò è non era figlio della Gozzadini, o la Gozzadini era stata sposata prima del 1420. La cronaca Tagliacozzi dice che aveva 30 anni quando fu ucciso; il suo assassinio fu commesso li 24 giugno 1435, e ciò pure non combina col suddetto matrimonio seguito nel 1420, e che pare piuttosto avesse luogo nel 1410, e che quando fu bandito col padre fosse in età d' anni 13.

I Bentivogli dominanti si trovano sempre della parrocchia di Santa Cecilia, e possedendo più case in Strada S. Donato. Innalzata la famiglia al grado di ricchezza e di potere a cui fu portata da Sante tutore di Giovanni II Bentivogli, stabilì di fabbricare un magnifico palazzo in Strada S. Donato sull'angolo della via dei Castagnoli, dove la famiglia aveva già qualche possedimento, mentre fino dalli 3 agosto 1448 a nome di Giovanni Bentivogli fu comprata metà di una casa venduta dai poveri di Cristo, posta sotto la capella di Santa Cecilia, nell' androna dei Castagnoli, in confine del compratore da due lati, di Stazio Paleotti e di Simone Manfredi mediante fossato, pagata L. 70, come da Rogito di Lorenzo Pino. Per eseguire la divisata fabbrica furono acquistate, siccome ne riferiscono gli storici, sedici case, fra le quali quelle degli Avogli e dei Lettacori.

1459, 12 settembre. Concessione, o licenza del Cardinal Reatino Legato, a Matteo Avoglio, o dall' Avoglio, di vendere certe case di Gio. Battista Avoglio, poste sotto la parrocchia di Santa Cecilia, a Sante Bentivoglio, che vuol fabbricare un nuovo palazzo. Le case furono quattro, una delle quali nell' angolo di Strada S. Donato e dei Castagnoli, altra in confine di Bartolomeo d' altro Bartolomeo Dugliolo, e le ultime due confinanti colle suddescritte. Rogito Evangelista di Michele da Sassuno.

L'architetto di questo palazzo fu Pagno, o Pago da Firenze, come dal Borselli autore contemporaneo.

Alcuni hanno preteso che I' architetto fosse Gasparo Nadi Bolognese, ma costui fu muratore, e non architetto, come apparisce dal suo diario del quale ne corrono molte copie.

Comincia questa sua cronaca dal dire:

"Recordo, come a dì due de novembre 1418 nacqui da Filippo di Domenico Nadi Pellacano sotto la capella di S. Vitale ecc". Si applicò all'arte del muratore li 25 aprile 1436; entrò nella compagnia dei muratori li 7 novembre 1456, della quale fu fatto massaro per la prima volta li 24 settembre 1459. Ebbe un figlio di nome Girolamo accettato nella predetta compagnia nel mese di luglio 1488, e morto li 13 dello stesso mese. La sua cronaca termina nel novembre 1493 essendo morto li 9 gennaio di detto anno d' anni 86, mesi 2 e giorni 7, e sepolto nella chiesa di S. Vitale con gran pompa dalla compagnia dei muratori. Fu dettagliatissimo nello scrivere tutto quello che lo riguardava, non tacendo le stesse azioni cattive che commise, ricordando le cadute da lui fatte dai ponti, ecc. ecc., ma non dice mai nè di aver studiato l'architettura, nè di aver fatto disegni per fabbriche, circostanze che sicuramente non avrebbe ommesso di narrare nel suo diario.

Il primo febbraio 1460 in giorno di venerdì si cominciò l' atterramento delle case che dovevano dar posto al palazzo Bentivoglio.

"Li 12 de marzo 1460 recordo (così il Nadi) se comenzò a cavar li fondamenti per fare el ditto palazzo, e a dì 24 aprile se comenzò a murare, e io Guasparo mise la prima preda, e fu in sul cantone sotto el portego verso la casa piccola dei ditti Bentivogli, dopo se fè una crescimonia di trè pile".

1460, 12 novembre. Fu accordato per Senato consulto a Sante Bentivogli l'esenzione dei dazi dei materiali necessari alla fabbrica del di lui palazzo. Il Ghirardacci dice che nel 1460 Sante cominciò il suo palazzo vicino a quello di Annibale.

Sante prevenuto dalla morte il primo ottobre 1462 non potè vedere compita l'opera da lui cominciata, che fu proseguita ed ampliata da Giovanni II, come raccogliesi dai seguenti acquisti. Giova però il sapere quanto in proposito di questo palazzo vien detto nella transazione segnata li 23 febbraio 1475 fra Giovanni ed Ercole Bentivogli sopra l' eredità di Sante, così espressa:

Che il palazzo Bentivogli non finito confinava la Strada S. Donato, la via dei Castagnoll, cert' altra via di dietro, una casa venduta a Sante da Cesare Montianulo, ed altra casa con stalla sotto Santa Cecilia presso il detto palazzo, che confina con strade davanti e di dietro, e anch'essa venduta a Sante dal detto Montianulo.

1479, 27 giugno. Compra Giovanni e Annibale Bentivogli da Battista Bentivogli, ovvero da Floriano e da Aldrovandino Caccialupi (in altro rogito si dice da Aldrovandino Malvezzi e da Lodovico Caccialupi certe case nei Castagnoli per L. 1800) una gran casa nei Castagnoli, in confine di due strada, di altra casa, di Antonio Oraboni, e di un orto. Altra casa annessa alla precitata, in confine di Antonio Pannolini, di due casette antiche ad uso di stalla, e di un guasto presso quello dei Filippini di Granarolo, per L. 1780. Rogito Bonaventura Paleotti.

1479. Giovanni Bentivogli cominciò a fare una fontana facendo venire nel mese di marzo un maestro da Reggio, il quale univa più abeti l'uno all'altro e con un trivello in capo li profondava quanto voleva. Arrivato alla profondità di piedi 162 si ruppe la macchina, e Giovanni non volle che si riprendesse il lavoro.

1480, 12 aprile. Fu concesso a Giovanni Bentivogli di chiudere una strada nella parte posteriore del suo palazzo in Strada S. Donato. Questa è la strada ricordata nella transazione li 23 febbraio 1475.

1487, 30 maggio. Compra il detto Giovanni da Virgilio Lombardi una casa sotto la Maddalena nel Borgo della Paglia, presso altra strada e il compratore di dietro. Più altre due case, mia delle quali confina cogli eredi di Giovanni Guidotti, di Giovanni Beroaldi, e col compratore, per ducati 400 larghi. Rogito Floriano Aldrovandi.

1488, 29 novembre a ore tre di notte. Congiura di Gio. Filippo, di Gio. Girolamo e di Francesco di Battista Malvezzi, che fu causa dell'inimicizia poi fervente fra le due famiglie, e conseguenza della non mai abbastanza compianta rovina di questo magnifico palazzo.

1489, 9 febbraio. Compra Giovanni da Giacomo Cedroni una casa in capella della Maddalena nel Borgo della Paglia, per L. 130. Confina i Guidotti e Tommaso da Milano. Rogito Filippo de' Zanetti.

1490, 12 gennaio. Compra il suddetto da Giacoma degli Azzoni da Quarto, moglie di Sinibaldo Cattaneo, una casa sotto Santa Cecilia in via Castagnoli, per L. 400. Confina Tiberio ed Ercole Bentivogli, la detta via e Strada S. Donato. Rogito Floriano Aldrovandi.

1492, in settembre. Fu finita l' incominciata fontana prendendo acqua dal canale del molino fuori di Porta Castiglione, la qual acqua si depositava prima in una cisterna per depurarsi, poi passava a questo palazzo (vedi Fiaccacollo N. 228).

1497, 27 giugno. Compra Giovanni II da Bernardino da Carpi una casa con bottega, per L. 120, posta nel Borgo della Paglia, in luogo detto le Cento Trasiende. Confina la strada da due lati, e il compratore. Rogito Floriano Aldrovandi.

1497, 13 luglio. Compra Giovanni da Giovanni di Giovanni da Reggio una casa sotto la Maddalena in Strada S. Donato, per L. 320.

1497, in luglio e agosto. Giovanni prese per la sua fontana acqua dai condotti delle sorgive di S. Michele in Bosco, e la fece condurre al suo orto in Strada San Donato.

1498. 2 marzo. Il detto Giovanni fece la permuta con Filippo detto dei Bentivogli, e figlio di Giacomo Balduini da Milano suo segretario, nella quale il Balduini cedette una casa nella via dei Castagnoli, in confine di Filippo e dei fratelli Beroaldi di dietro mediante chiavica, di Giovanni Sabattini mediante certa casa che fu di Giacomo Contaglini di Saliceto, e di Gio. Bentivogli. (Vedi Strada S. Donato N. 2597, e via dei Castagnoli NN. 1296 e 1295).

Sul suolo dei predetti stabili fu fabbricato il palazzo Bentivogli, uno dei principali d' Italia per la sua vastità, per la sua architettura, e per le opere cospicue di Francesco Francia e della sua scuola, che lo adornavano con tanta profusione.

Un cronista assicura che i libri computistici davano una spesa di 150000 ducati d' oro per la fabbrica; di L. 60000 di bolognini per ferro, e di L. 11000 di bolognini per quello impiegato a riparar i danni riportati dal terremoto del 2 gennaio 1505.

Corre fra le mani di molti la pianta e la facciata di questo palazzo, ed un esemplare è conservato nell'archivio Bentivogli di Ferrara, sottoscritto dal perito Bolognese Domenico Viaggi sotto la data delli 8 febbraio 1756, il quale attesta d' averlo copiato da quello del senatore Marsili, che fu copiato dal perito Pellegrino Canali dall'originale posseduto dai Beccadelli.

L'originalità attribuita al disegno Beccadelli è però dubbia per molte considerazioni. Presenta questi una regolarità di angoli e di linee nel suo perimetro, che non si accorda con quelli, e con quelle delle strade e degli stabili che contornavano il palazzo Bentivogli; le misure del disegno non combinano con quelle del guasto; Si può dubitare che il portico sulla Strada di S. Donato fosse architravato perchè forse non era dello stile architettonico del 1459, e perchè un disegno presso i Bentivogli (riputato per quello del fianco dalla parte dei Castagnoli) è di tre piani abitabili, e non ha alcuna somiglianza, nè può avere alcun legamento colla facciata di Strada S. Donato come la presenta l' originale Beccadelli, il quale, per quanto riguarda la pianta, si attiene alla descrizione che hanno fatto gli storici del predetto palazzo, e in quanto alla facciata ha preso per modello la facciata del palazzo degli strazzaroli, perchè si dice che questa fosse un' imitazione di quella.

Non è a meravigliarsi però se si manca di disegni veridici di un edifizio cominciato nel 1460 e distrutto nel 1507, ma è però imperdonabile che nel 1756 si sia trascuràto di rilevare la pianta del palazzo Bentivogli per tutta quella parte almeno che fu scoperta per innalzare nel guasto il Teatro Nuovo. Da questa potevansi verificare tante cose per l' alzato, e segnatamente sull' architettura del portico, della quale, anche per il modo che si esprimono gli storici, si ha gran ragione di dubitare.

Per mancanza di più precisi dati, si darà la descrizione del palazzo medesimo secondo che ci fu trasmessa dai migliori e più accurati nostri autori.

Il palazzo Bentivogli aveva un lato sulla Strada di S. Donato, uno su quella dei Castagnoli, un terzo lungo tutta una via vicinale che cominciava da Strada S. Donato e terminava nel Borgo della Paglia dietro le case dei Paleotti, ed il quarto fronteggiava in parte il Borgo della Paglia, e in parte diversi stabili d'altra ragione corrispondenti al Borgo predetto e alla via dei Castagnoli.

La facciata guardava sulla piazzetta dei Bentivogli in Strada S. Donato. Cominciava essa dal portico costituito da colonne, sormontato da cornice e basamento sul quale poggiavano altrettanti pillastri d'ordine Corinto con ricco cornicione nel cui fregio eranvi distribuite finestre circolari per lume dei granari.

Terminava la facciata una elegante merlatura secondo gli usi di quel tempo. Le finestre sotto il portico erano di figura quadrata, e quelle del piano superiore di stile gotico, la cui luce era divisa da una colonetta, che sosteneva due piccoli archi sotto al principale.

Corrispondeva al quinto arco del portico, a cominciare dalla via Castagnoli, la porta d'ingresso con ornato di marmo, per la quale si passava al primo vestibolo che faceva capo a un cortile quadrilatero contornato da portici. Sopra questo porticato veniva il loggiato del piano nobile i cui archi sul cortile erano doppi di numero degli inferiori.

A capo del primo vestibolo dalla parte dei Castagnoli trovavasi la scala principale del palazzo; e a destra verso i Paleotti si comunicava ad un secondo cortile paralello al primo con loggia da tre lati solamente. Verso la via dei Castagnoli non avea loggiato, e dalle due altre parti di Borgo Paglia e di Strada S. Donato le loggie erano formate di sette archi. Verso la via vicinale in confine Paleotti ed in faccia alla scala primaria trovavasi una seconda scala per servizio dei quartieri superiori verso questa regione.

In seguito del primo cortile, ed in faccia alla porta d'ingresso eravi il secondo vestibolo per cui si passava al terzo cortile con loggiato dalla parte solo della via Castagnoli, sotto del quale stavano le artiglierie, e la porta che introduceva alle tre camere ove si custodivano le armi, le armature, e le munizioni da guerra. In prospetto della porta dell' armario, e verso le case dei Paleotti trovavasi una loggia mediante la quale si comunicava ad un quarto cortile, che chiameremo rustico, privo affatto di portici.

In prospetto sempre della porta d' ingresso e nel muro del cortile delle artiglierìe era aperto un arco nel quale eranvi cinque gradini che discendevano al giardino piccolo. Verso la via dei Castagnoli era praticata una loggia di tre archi vagamente dipinta, e presso la medesima, rimpetto al suo arco di mezzo, era costrutta una fonte con vasca che traeva le acque dal canale di Fiaccacollo.

Da questo piccolo giardino fino al Borgo della Paglia, restringevasi la latitudine del palazzo dalla parte della via Castagnoli in causa di alcuni stabili appartenenti a vari proprietari, i quali facilmente sarebbero stati uniti al palazzo Bentivogli, se le circostanze e i tempi avessero permesso di renderlo perfettamente isolato.

Al piccolo giardino succedeva il grande, fra loro divisi da un muro nel quale era aperto l' arco in faccia sempre alla porta d' ingresso del palazzo. Il piano del giardino grande, era più alto di quello del piccolo di cinque gradini, si vedeva ornato di verdura e di piante d'alto fusto, e terminava al Borgo della Paglia.

Dalla parte del giardino dei Paleotti tanto il piccolo giardino che il grande avevano per lato le stalle di Annibale capaci di 40 cavalli, e al di là di queste, sempre dalla parte stessa, un gran guasto che serviva per deposito di letami, e di altre immondizie, che si esportavano per la via vicinale in confine dei Paleotti, e che ora porta il nome di via del Guasto. Il pian terreno dalla via dei Castagnoli alla porta d' ingresso del palazzo era dedicato alla cancelleria, ai falconieri, e alle guardie, e da detta porta al vicolo vicinale era destinato a quartiere del protonotario, in seguito del quale venivano gli appartamenti ove si alloggiavano i forestieri.

Fra il primo e il secondo cortile continuava il quartiere assegnato al protonotario, che è fama avesse costato più di mille ducati in pitture, e fra il primo, ed il terzo cortile vi erano gli appartamenti di Alessandro.

Giovanni II e madonna Ginevra abitavano il secondo piano dalla parte della via dei Castagnoli, dove ammiravasi il famoso salotto in cui il Francia dipinse il torneo dato da Giovanni li 3 ottobre 1470, più le strade che conducevano dalla piazza al palazzo Bentivogli, e i personaggi che operarono ed assistettero a quel magnifico spettacolo cantato in ottava rima da Giovanni degli Arienti.

La gran sala di rappresentanza, fatta in volto, e a compartimenti dorati, guardava sulla piazzetta, e comunicava colla magnifica capella, e cogli appartamenti di Annibale e della sua famiglia.

Le scale erano moltiplicate in più luoghi, le cantine e i granai estesi, le officine copiose, e ben distribuite.

Alcuni han lasciato scritto che il numero delle camere fosse di 240 da letto, ad altri è piaciuto di portarlo a 350.

Dopo il matrimonio di Annibale con Lucrezia d' Ercole I d' Este, Duca di Ferrara, seguito li 24 gennaio 1487, fu fatta la piazza seliciata di pietra cotta davanti il palazzo, per cui furono atterrate alcune case, e fra queste quella venduta da Astorio, Giulio e Gaspare dei Ghetti, e dai Piacentini, li 19 febbraio 1487. pagata L. 200.

In questa circostanza si fabbricò il portico di detta piazza, che anche oggidì sussiste, coprendo gli sbocchi delle due strade dei Pellacani e dei Vinazzi. Sotto il portico furon stabilite sette botteghe con abitazioni annesse, una banca da macellaro sull'angolo della via dei Pellacani dalla parte di S. Giacomo, e superiormente le stanze pei soldati di guardia di Giovanni II. Il prospetto fu fatto dipingere dai primari maestri della nostra scuola, che vi espressero la storia di Carlo Magno e dei Paladini.

Sul finire del predetto portico della piazzetta verso la porta di Strada S. Donato eranvi le stalle di Giovanni II, acquistate poi dal confinante Paleotti, le quali nel gennaio del 1581 furon messe ad uso di magazzeno di legnami, poi di deposito del Monte della canepa, finalmente di quartiere del presidio pontificio, poi nuovamente di fondaco di legnami, ora appartenente alla famiglia Aria.

Giovanni volle una torre isolata sulla via dei Castagnoli, e cominciossi lo scavo dei fondamenti li 3 novembre 1489, dove oggidì è il portone dei conti Malvezzi Locatelli, e cioè quasi sulla fossa del secondo recinto della città, ove non trovandosi terreno solido alla profondità di piedi 24 convenne palificare. Pietro Alberti e Bartolomeo da Novellara furono i muratori.

Li 18 gennaio 1490 si cominciò a fondar ghiaia. Li 10 marzo furon poste le prime cinque pietre nel muro a mezzodì, ossia verso Strada S. Donato, da Giovanni e dai quattro suoi figli. I fondamenli eran di grossezza piedi 19. La torre aveva di scarpa piedi 4, e sopra questa piedi 28 da un lato e piedi 32 dall' altro. La sua altezza superava il campanile di S. Giacomo e tutte le altre torri di Bologna meno l'Asinelli, e quella dei Baciacomari (5).

Era sormontata da un ballatoio sostenuto da modiglioni e contornato da merli nei quali erano scolpite le armi delle principali famiglie congiunte di sangue ai Bentivogli. Nel mezzo del ballatoio sorgeva una torretta, che fu poi mutata nel 1497 in altra tutta aperta e sostenuta da quattro colonne di macigno. Li 8 agosto 1495 la torre fu finita di murare, li 15 settembre fu compito il coperto, e nell'ottobre si terminò d' intonacarla e di chiudere i colombai dei ponti. L' interno, diviso in varie stanze in volto, comunicava col palazzo per via sotterranea, e per un ponte levatoio che si gettava dal quartiere di Giovanni alla torre medesima sopra la strada dei Castagnoli.

Li 12 luglio 1497 fu posta la campana di libbre 4360, gettata da Mauro Pietro di Giacomo dalle Campane, in Strada S. Vitale in una casa degli Eremitani, e che si ruppe li 18 del mese stesso. Per questo accidente si cambiò forma alla torretta, e li 16 settembre 1497 vi si pose una nuova campana di libbre 4600.

Il terremoto, fra le 9 e 10 ore, del 2 gennaio 1505, produsse immensi danni al palazzo, e alla torre dei Bentivogli, non che a quelle di Rinaldo Ariosti in faccia a San Pietro, di Annibale Sassoni in Strada S. Vitale, a quella a capo delle Giupponerie, e a quella in Strada S. Vitale rimpetto a S. Bartolomeo. Caddero le volte dei cinque primi archi del portico di Strada S. Donato dalla parte dei Castagnoli, soffrirono moltissimo danno quelle degli appartamenti, e specialmente della gran sala; la facciata fu messa in isfacelo, cadde il torricino della torre, e la torre stessa si dovette ridurre all'altezza di soli piedi 150, poi li 30 agosto 1508 fu ridotta ad un basso troncone, demolito anch'esso circa il 1796 al piano della strada in occasione che si costruì la facciata del fianco del palazzo Malvezzi nella via dei Castagnoli.

Nel tempo che si ripararono le rovine prodotte dal detto terremoto, passò Ginevra nel monastero del Corpus Domini, dove erano monache Camilla e Ginevra Bentivogli. Annibale abitò il palazzino della Viola da lui fabbricato nel 1497. Alessandro alloggiò nel palazzo di Astorre Rossi, detto poi la Contea, fuori di porta Santo Stefano, ed Ermete con Giovanni II rimasero soli nelle loro abitazioni.

La notte della domenica venendo al lunedì 2 novembre 1506, Giovanni e tutta la sua famiglia dovette abbandonare Bologna, e cedere l' assoluto dominio al pontefice Giulio II. Alcuni di loro sortirono per porta S. Mamolo, ed altri per quella di S. Donato. Ginevra mori in Busseto li 17 maggio 1507, e Giovanni in Milano li 10 febbraio 1508 d' anni 63.

Li 22 novembre 1506 il Gonfaloniere Giovanni Antonio Gozzadini e gli Anziani vennero ad abitare nei quartieri di sotto, e il Legato in quelli di sopra del palazzo Bentivogli.

I nemici dei Bentivogli immaginarono di rinnovare il vandalismo dei secoli barbari distruggendo questo palazzo che era l' ammirazione degli esteri, e uno dei più ricchi ornamenti della nostra patria. Ercole di Galeazzo Marescotti comunicò questo infame progetto a Camillo Gozzadini, che l'approvò, poscia ne fecero parte al Legato Antonio Ferrerio, dal quale avrebbero dovuto aspettarsi tutt'altro fuori che il suo consenso. Perciò li 3 maggio 1507 il Marescotti si portò a cavallo sulla piazza con un fascio di legna, accompagnato da gran numero di seguaci muniti di mannaie e di materie incendiarie, s' incamminò verso Strada S. Donato, dove incontrato Lucio Malvezzi, fu da questi fervidamente esortato, ma inutilmente, a rinunziare a questa disonorevole ed obbrobriosa impresa.

Dopo un generale saccheggio, Giovanni Pasi per il primo mise fuoco al palazzo, e dove questo non poteva agire, si adoprarono ogni sorta d' utensili ed ordegni atti a rovinare una robustissima fabbrica. Per tutto il mese di maggio non mancò la folla del popolo ad esercitarsi in questo lavoro spinta dalla cupidigia e dall' avidità di trar denaro, specialmente dal ferro che in copia levavasi dalle catene e dalle armature, senza previdenza alcuna però, di modo che nelle giornate 19 e 27 del predetto mese perirono molte persone sotto le rovine dei muri e dei volti abbandonati al loro peso e fuori di centro di gravita. Così fu barbaramente ed iniquamente distrutta questa immensa mole ad eterna vergogna ed infamia di coloro che ne furono gli sciagurati artefici, ed al principiar di giugno non rimanevano che pochi muri isolati e pochi avanzi delle loggie terrene.

I materiali ammonticchiati formarono un' altura detta Guasto dei Bentivogli, nella quale col tempo cresciuta l' erba serviva ai nobili specialmente per esercitarsi nel maneggio dei cavalli.

Assunto al pontificato Leone X, volle fare ripatriare i Bentivogli, ma voleva che a questa misura non fossero contrarie le famiglie principali di Bologna. Cominciò egli dal pubblicare il breve delli 25 maggio 1513 col quale assolveva dalla scomunica, e restituiva ad Annibale, Antonio Galeazzo, e ad Ermete di Gio. Bentivogli tutti i beni loro confiscati.

Li 6 marzo 1514 con altro breve riservò dalla restituzione i beni che spettarono ai Malvezzi ed ai Marescotti, e ordinò che fossero restituiti alle rispettive famiglie. Molte altre pratiche usò il Papa per riescire nel suo progetto, ma furono tutte inefficaci. La gelosia dei nobili vi si oppose ed ottenne di tener lontana e proscritta la più grande, e la più generosa famiglia bolognese, alla quale molto doveva la patria e per innumerevoli titoli e per gloriose azioni.

Li 23 gennaio 1581 Cornelio Bentivogli spedì da Ferrara un suo segretario detto dei Magnanini a perlustrare questo guasto, e specialmente i sotterranei, ma senza riescita di sorta.

Reso indecente il teatro detto della Sala nel palazzo del Podestà, ed abbruciato quello dei Malvezzi da S. Sigismondo il venerdì di quaresima 19 febbraio 1745, fu pubblicata colle stampe di Clemente Maria Sassi, li 4 maggio 1751,. un progetto del Senatore Filippo Carlo Ghisilieri, per fabbricare un nuovo teatro degno di questa città.

Si proposero a tal uopo dai progettisti le seguenti località:

1. Palazzo Dolfi in S. Mamolo.

2. Le stalle Vittori e Rossi in Strada S. Stefano.

3. Il suolo in Strada Castiglione fra le vie di Miola, e di Fregatette in faccia ai Pasi.

4. In Strada Maggiore fra le vie della Pusterla, e di Borgo Nuovo.

5. Nella stessa strada dov' è il palazzo Bianchetti.

6. In Strada S. Mamolo le case dette volgarmente dei Palmieri fra i palazzi Legnani, e Marsili Duglioli.

7. In Strada S. Vitale le case dei Riguzzi, e cioè dalle case Ranuzzi Cospi fino alla Seliciata di Strada Maggiore.

8. Nella predetta strada la casa Orsi assieme alla casa Bibiena.

9. In Porta Ravegnana l' isola dell'eredità di Tarlato Pepoli.

10. In S. Mamolo le case dei Landini e dei Mattasellani.

11. In Strada Sant' Isaia l'orto dei Conventuali posto fra la Nosadella e la clausura delle suore di S. Mattia.

12. In Strada Maggiore il palazzo degli Orsi nell'angolo di Gerusalemme.

13. Nella piazza dei Calderini la casa già Tibaldi e quella dei Bottrigari.

14. L'isola formata dalle strade di S. Mamolo, della via Urbana, di Val d' Aposa e Calcaspinazzi.

15. Nella Seliciata di Strada Maggiore dalla parte della pesa del fieno.

16. Il Guasto Bentivoglio, che fu la preferita, quantunque ben lungi dal centro e scomoda ai due terzi della città.

1756, 12 aprile. Compra del Reggimento di Bologna, da D. Guido Bentivogli di Aragona, del suolo detto Guasto dei Bentivogli per costruirvi un nuovo teatro dietro facoltà ottenuta da Benedetto XIV, per L. 17000 provenienti dal legato del fu conte Vincenzo Ercolani per il premio ai giostranti; inoltre la Camera accorda un palco gratis nel detto teatro al venditore. Rogito Cesare Camillo Faloppia cancelliere di detta Camera.

Fu scelto ad architetto Antonio Bibiena, il quale, oltre il disegno, presentò anche il modello, che stette esposto nella residenza dell' Assuntaria di Munizione per raccogliere il parere del pubblico, e da esibirsi in iscritto nella cassetta degli avvisi secreti esistente nella loggia del pubblico palazzo, all'ingresso delle camere del Gonfaloniere. Li 3 giugno 1756 fu pubblicato l' invito per tutto li 24 giugno a produrre le eccezioni in iscritto sul modello esposto nella residenza della Monizione. Si volevano molti cambiamenti, contro la qual opinione fu presentato al Legato Serbelloni un memoriale sottoscritto da molti nobili, e cittadini, i quali desideravano che il progetto Bibiena rimanesse intatto. Li 13 settembre 1756 una congregazione senatoria tenuta avanti il Legato deliberò che fosse eseguito il progetto suddetto, salve alcune poche modificazioni. Il conte Cesare Malvasia pubblicò alcuni riflessi sul modello, e rispose al memoriale del Bibiena diretto agli assunti di Camera.

Dopo infinite contrarietà, e dopo varie modificazioni fatte al progetto del Bibiena, si mise mano alla fabbrica li 21 aprile 1756 dal capo mastro muratore Michel Angelo Galletti.

A primi sopraintendenti alla fabbrica furono destinati il senatore Teodoro de' Buoi, il conte Luigi Muzzarelli. Antonio Lorenzo Sampieri, e Petronio Francesco Rampionesi, a secondi i senatori Ghisilieri, Fantuzzi e Bolognini, i conti Galeazzo Pepoli, marchese Francesco Angelelli, e Vincenzo Corazza.

Li 9 giugno susseguente fu sospeso il lavoro, poi ripigliato li 26 agosto. Li 24 settembre del 1757 fu aperto il portico di 12 archi sulla via di Strada S. Donato. Li 10 aprile 1758 si cominciò la pittura del gran soffitto della platea. Dal 1758 al 1762 fu abbellito di ornati, di meccanismi, del scenario, e di quant' altro potesse renderlo compito. Li 27 novembre 1762 fu dato conto al Reggimento d' essersi spese L. 156872, 19, 5, somma oggi appena sufficiente per lo spettacolo autunnale.

Il primo custode fu eletto li 28 giugno 1762 nella persona di Giuseppe Venicelli.

I palchi del primo e second' ordine furono venduti per L. 1200, 1100, 1000, 900 e 800, e furon 17 non compreso quello a destra della porta della platea dato gratis a Bentivoglio. I prezzi del terz' ordine erano di L. 1100, 900, 800, 700 e 600, dei quali se ne vendettero 13. Quelli del quarto erano da L. 600, 500 e 400, che nessuno fu comprato.

L' apertura fu fatta li 14 maggio 1763 coll' opera "il Trionfo di Clelia" musica di Gluck. L' ultima recita fu data a benefizio dell' architetto Bibiena, che produsse nette L. 384.

Manca al teatro la sua facciata e varie camere progettate dal Bibiena per il ridotto.

Dopo alcune aggiunte fatte in diversi tempi per corredarlo di comodi necessari, e dopo aver levato il terriccio addossato ai muri presso il palco-scenico, che lo rendevano inarmonico, si diede mano il lunedì 12 luglio 1819 all'alzamento del coperto sopra il palco-scenico per renderlo capace dei tanti meccanismi usati negli spettacoli d' oggigiorno pei balli, a pregiudizio della parte più sostanziale che è il canto, a modo che tutto il diletto è consacrato più alla vista, che all' udito. Si rimodernò la bocca d' opera e i parapetti dei quattro ordini di palchi. Si ricostrusse e si dipinse la volta della platea, il piano del palco-scenico e l'orchestra; finalmente si volle movibile il piano della platea per montarlo al piano del palco-scenico in occasione di feste di ballo. Tutte queste operazioni furon dirette dall' architetto Giuseppe Tubertini, il quale seppe rendere il teatro di Bologna uno dei migliori e più magnifici d' Italia. La riapertura ebbe luogo la sera delli 6 febbraio 1820 con un veglione. (Vedi aggiunte, o appendice).

Si passa la via dei Castagnoli.

NN. 2596,2597. Alberto di Nicola Bianchetti col suo testamento fatto nel 1356, a rogito Pirrino Vinciguerra, lascia una casa a Bianchetto figlio di Tommaso fratello del testatore, posta in Strada S. Donato presso la via pubblica, presso Giacomo Bianchetti dal lato di sotto, presso il voltone dell'antica porta della città che è vicino a Santa Cecilia, e presso il cortile di detta casa grande del testatore, ultimamente condotta da Cleto tintore.

1332, 30 aprile. Giuliano della Virtù compra da Giacomino e Gerardo, fratelli de' Graselli, una casa sotto Santa Cecilia, che confina col fu Bonaventura Paleotti, con Giovanni del fu Bentivoglio Bentivogli, e con Bernardino di Pietro da Quarto notaro, per L. 173. Rogito Pietro Isnardi. Si pone questa notizia per la confinazione dei da Quarto. (Vedi 1425).

I primi acquisti fatti dai Malvezzi Locatelli in questi contorni sono i seguenti:

1420, 28 giugno. Compra Carlo di Giovanni di Paolo di Malvezzi, da Nicolò Castagnoli, una casa sotto la parrocchia di Santa Cecilia, in contrada dei Castagnoli e in confine della strada da due lati, di Gio. Bonifacio Castagnoli, e del fossato dalla parte posteriore, pagata L. 300.

1425, 10 gennaio. Giovanni di Carlo Malvezzi compra da Giovanni Castagnoli una casa sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, per L. 400. Confina con Carlo figlio del compratore, con Pietro Nicolò da Quarto, e con Pietro Crescimbeni nella parte posteriore, e cioè dalla parte del fossato dei Pellacani. L' orto di questa casa era nella via dei Castagnoli presso Pietro da Quarto, la via pubblica e Carlo Malvezzi. Rogito Muzio Sabatini.

1443, 15 maggio. Volendo Carlo del fu Giovanni Malvezzi fabbricare un onorevole edifìzio in Strada S. Donato sotto Santa Cecilia presso la via pubblica davanti, presso un vicolo chiamato la via Fossa, presso gli eredi di Pietro da Quarto, i Sedici concedono di poter fabbricare fino sul suolo di detta via Fossa, purchè questa rimanga larga piedi 12.

1453, 16 ottobre. Carlo del fu Giovanni Malvezzi compra da Battista del fu Giovanni suo fratello la metà di una casa sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, per L. 90. Rogito Matteo Caprara. Confina la via pubblica da due lati, e cioè nella parte anteriore, e posteriore, gli eredi dei da Quarto di sopra, e Carlo Malvezzi.

1462, 4 agosto. Carlo Malvezzi possedendo certo terreno vicino e dietro la sua casa di ragione della Camera di Bologna, e certo fossato ove corre l' acqua dei Pellacani, e vi si portano immondizie e pietriccio, a modo che si riempie il fossato, e l'acqua retrocede sopra la casa di detto Carlo, così vien donato al detto Malvezzi, a con dizione di contornarlo di muro a difesa di detto fossato.

1505, 19 giugno. Ercole del fu Matteo Malvezzi Bentivoglio aveva casa in Strada S. Donato, sotto la parrocchia di Santa Cecilia, in confine di Tiberio Bentivogli, alias Malvezzi.

1518, 3 giugno. Malvezzi Camillo, Giulio e Tiberio d' altro Tiberio, comprano da Galeazzo Serpa un terreno ad uso di corte con muro verso il Fossato, e condotto dei Pellacani, in confine dei Malvezzi, per L. 130. Rogito Gio. Battista Buoi.

1518, 7 luglio. Paolo, Alfonso ed Ercole di altro Ercole del fu Matteo Malvezzi comprano da Galeazzo Serpa metà di una casa sotto Santa Cecilia, per L. 300. Rogito Battista Buoi. Confina a mezzodì con una via vicinale la quale è dopo la casa di detto Galeazzo venditore, col detto compratore dalla parte d' oriente, e cogli eredi di Tiberio Malvezzi a settentrione, e coll'orto di Galeazzo Malvezzi a ponente.

1549, 20 novembre. La casa di Annibale Fava era stata dei Boattieri.

1557, 19 giugno. Consenso dei Padri di S. Giacomo, acciò gli eredi di Viano Viani. clie furono i Sassoni, vendino ad Annibale Fava certe case sotto Santa Cecilia, le quali sono rovinose, con botteghe poste in Strada S. Donato, e certe altre nella via per la quale si va alla via di Mezzo, e nell' angolo della medesima, in confine di Giulio Malvezzi e di Annibale Fava. Rogito Bartolomeo Algardi e Giovanni Francesco Grati.

1568, 9 gennaio. La casa di Ercole d' Alfonso Malvezzi, affittata a Teodoro Pellegrini di Verona, era posta sotto Santa Cecilia, e confinava con Giulio Malvezzi, e colle strade da due lati. Rogito Alessandro Chiocca.

1573, 8 gennaio. Stefano Malvezzi vende a Francesco Cavalchi una metà di piccola casa sotto Santa Cecilia, per L. 450, in confine di Ercole Malvezzi e dei Fava. Rogito Alessandro Chiocca.

1576, 8 marzo. Il cav. Ercole del fu Alfonso Malvezzi, della parrocchia di San Sigismondo, vende, col patto della ricupera, a Bartolomeo di Giovanni da Gesso, una casa grande e una casetta con stalla, poste sotto Santa Cecilia in Strada S. Donato, in confine di uno stradello dalla parte posteriore, di Camillo e fratelli Malvezzi eredi di Giulio Malvezzi, e presso quelli di Annibale Fava e di Laura Bentivoglio, la qual casa era abitata da detto dal Gesso. Rogito Cornelio Berti e Girolamo Caccianemicl.

1581, 30 agosto. Il suddetto Ercole Malvezzi della parrocchia di S. Sigismondo affitta a Lelio Pannolini, per annue L. 210, la casa sopracennata, poscia abitata da Bartolomeo Gessi, che confina con Camillo e Fratelli Malvezzi, coi Fava, con Laura Bentivogli, e di dietro uno stradello.

1588, 1 aprile. Pagamento di Ottaviano di Alessandro Fava a Bonifacio Fantuzzi ed a Francesca Sassoni Rigali, di L. 700, residuo di scudi 600 d' oro dovuto ai predetti per prezzo di un casamento composto di diverse case con botteghe in faccia alla chiesa di Santa Cecilia nell' angolo della via di Mezzo, e di Strada S. Donato. Confina i Fava, e i Malvezzi. Questo casamento era stato venduto da detta Francesca, e da altri eredi di Gregorio Sassoni, ad Alessandro Fava di lui padre. Rogito Nane Costa.

1602, 3 agosto. Gregorio d' Ercole Malvezzi compra da Ippolito del conte Giulio Malvezzi una pezza ortiva lungo la strada dei Castagnoli fino all'orto degli eredi di Laura Bentivogli, posta sotto Santa Cecilia, per L. 954. Rogito Francesco Maladrati.

1606, 15 marzo. Casa dei Fava, detta grande, nella via di Mezzo, sotto Santa Cecilia, in confine di Bartolomeo Dondini, del cav. Gio. Agostino Poggi, e della via dei Facchini. Due case vecchie in Strada S. Donato, in confine di Gregorio Malvezzi, e una stalla di dietro in confine di Lodovico Cortari e degli eredi di Antonio Verardini.

1596, 29 marzo. Il conte Camillo Locatelli ed Ercole, fratelli Malvezzi, per ridurre il muro della loro casa a retta linea, ottengono nella via dei Castagnoli suolo pubblico per piedi 9 da una parte e piedi 120 dall' aitra presso la torricella (torre Bentivogli) demolendo porzione di detta torricella, e cioè da un lato piedi 10 e dal l' altro piedi 5 e oncie 4, così che detta torricella rimanga a retta linea col muro Malvezzi, di modo che dove sono gli avanzi di detta torricella, rimanga la via nella parte inferiore piedi 20 e oncie 4, e nella superiore piedi 21 e oncie 1.

1786, 28 aprile. Suolo pubblico concesso al conte Camillo Malvezzi per la sua fabbrica nella via dei Castagnoli. Il detto conte Camillo fece il portico in Strada San Donato e nella via di Mezzo, e la facciata nei Castagnoli durante gli anni 1786, 1787 e 1788.

Si passa la via di Mezzo di S. Martino.

N. 2598. Palazzo dei Malvezzi Campeggi (6). 1497, 16 settembre. Divisione fra Aurelio e Matteo Bentivogli con Giovanni II Bentivogli di una casa detta la casa nuova, posta sotto Santa Cecilia in Strada S. Do nato, nell' angolo della via di Mezzo. Confina le dette strade, gli Scardoi, e Sebastiano Agocchia.

1498, 2 maggio. Permuta di Giovanni II con Filippo di Giacomo Bentivogli Baiduini da Milano suo segretario, nella quale Giovanni II assegna al Balduini una casa grande con altre case attigue e in parte ruinose, esistenti nella via di Mezzo, congiunte ed incorporate nella detta casa grande. Confina il tutto a mattina la Strada S. Donato, la via di Mezzo di sotto, Sebastiano Agocchi a sera, Lodovico e nipoti Scardui di sopra. La stalla in via di Mezzo confina gli Agocchi a mattina, e Lucia moglie di Matteo Magnani di dietro. Una casetta in Strada S. Donato confina la casa grande di sotto, gli Scardili di sopra verso Porta Ravegnana. Più il Balduini riceve a pareggio 200 ducati. Rogito Francesco Salimbeni ed Alessandro Bottrigari.

Alla casa degli Scardui pare applicabile il contratto seguito li 21 giugno 1429, a rogito di Antonio Ringhiera, col quale Barnaba del fu Giacomo Bombace compra per L. 600, da Bartolomeo del fu Matteo Preti, una casa sotto S. Donato e di Pasio Fantuzzi. Egli è certo che la casa dei Preti, poi Bombace, fu comprata dagli Scardui, e poi rinchiusa o nel palazzo Malvezzi, o compresa entro il palazzo Magnani.

La prima memoria che siasi ottenuta della possidenza dei Malvezzi è tratta dal l' uffizio dell' Ornato per l' atto seguente.

1549, 8 aprile. Concessione a Floriano e fratelli, figli d' Aurelio Malvezzi, che per la direzione del muro nella strada detta via di Mezzo, possa distruggere il portico antico, e condurre detto muro fino alla casa dei Bombaci, e prendere il suolo per piedi 4 da detto lato, e per la lunghezza di piedi 60. Questo decreto prova la compra già seguita della casa dell' Agocchia in via di Mezzo 6 che in detta data erasi cominciata la fabbrica di questo palazzo, in proposito del quale il Lamo dice: "Rimpetto a S. Giacomo vi è il palazzo ove sta il sig. Emilio e Fratelli Malvezzi, di bella architettura di mano del Formigine". I figli di Aurelio Seniore furono Carlo, Emilio, e Floriano, e il predetto Emilio d' Aurelio di Floriano d' Aldrobandino mori in Roma Ambasciatore per il Re di Polonia li 24 agosto 1578.

N. 2599. Palazzo Senatorio Magnani (7). (Vedi aggiunte, anno 1429). 1441, 5 marzo. Pietro di Giorgio di Matteo de' Magnani compra da Ridolfo e da Carlantonio di Francesco di Paso Fantuzzi, e da Lucia di Guglielmo Caccianemici, vedova del predetto Francesco, una casa in Strada S. Donato presso il cimitero di San Giacomo e i Pannolini, per L. 400, pagate alla Caccianemici in conto di restituzione di dote. Rogito Cesare Panzacchia.

Pasio di Rodolfo Fantuzzi la possedeva nel 1416, e lo abitava li 24 gennaio 1439. Rogito Filippo Formaglini.

1455, 24 maggio. Licenza a favore di Carlantonio di Francesco del fu Pasio Fantuzzi di vendere per L. 200 una casa rovinosa al dott. Pietro Magnani, posta in Strada S. Donato, confinata di dietro da Giacomo Pannolini. Rogito Antonio Parisi notaro dei sedici Riformatori.

1494, 2 febbraio. La casa di Matteo di Battista Magnani sotto S. Donato confinava i Pannolini, i Malvezzi, i Bombaci, e gli Agocchi.

1576, 23 agosto. Convenzione fra Lorenzo Magnani, e mastro Mariotto Ubaldini Asinaro, per la sua fabbrica in Strada S. Donato.

1577, 11 gennaio. Licenza data a Lorenzo Magnani di fare due pillastri nel portico della sua casa in Strada S. Donato nuovamente da edificarsi, fra i Malvezzi e i Pannolini. Convien dire che i Malvezzi avessero una casa fra gli Scardui e i Magnani.

Questo palazzo non era ancor finito li 22 maggio 1587, trovandosi memoria che si lavorava dalla parte dei Pannolini. Il detto Lorenzo di Lodovico mori li 28 maggio 1604, o 1624, lasciando il solo figlio Lodovico che mancò senza successione. Vincenzo di Antonio fu quello che fece dipingere i fregi della sala dai Carracci.

1620, 23 aprile. Ersilia del fu Lorenzo Bombaci e Ottaviano di Scipione Zambeccari Iugali vendono al collegio Pannolini, per L. 14000, una casa con stalla sotto Santa Cecilia in via di Mezzo. Confina Lodovico Magnani, il detto collegio, e i Banzi Rogito Giulio Belvisi.

1670, 22 dicembre. Compra il senatore Enea del fu Vincenzo Magnani dal Collegio Pannolini una casa sotto Santa Cecilia, per L. 14000, posta nella via di Mezzo, in confine del compratore, del venditore e dei Banzi. Rogito Gio. Antonio Zanetti e Domenico Maria Boari.

Si estinse la famiglia Magnani nel senatore conte Giacomo d' Adriano, morto li 10 aprile 1797, per cui ebbe luogo la disposizione testamentaria del suddetto senatore Lorenzo di Lodovico, colla quale ordina una primogenitura a favore di un putto non maggiore di anni 10, nato e disceso da famiglia senatoria, nominato da senatori presenti ed assenti, e da estrarsi a sorte previo lo scrutinio di tutti e l'imborsazione di dodici che avessero ottenuto il più bel partito.

Essendo stato accresciuto il Senato li 7 novembre 1796 di 42 membri, nacque il dubbio se i figli e collaterali di questi avessero diritto alla successione Magnani, lo che fu deciso affermativamente, per cui li 23 aprile 1797 furono imborsati:

1. Giacomo Maria di Giuseppe Ghedini senatore aggiunto.

2. Francesco del senatore Annibale Guidotti.

3. Alessandro del senatore Annibale Guidotti.

4. Vincenzo di Giacomo Brasa senatore aggiunto.

5. Luigi Carlo di Giacomo Brasa senatore aggiunto.

6. Gio. Domenico di Giacomo Brasa senatore aggiunto.

7. Giacomo Maria di Gio. Francesco Salaroli senatore aggiunto, ma discendente da Giovanni Filippo, morto li 26 novembre 1488.

8. Domenico del senatore Alamanno Isolani.

9. Petronio del senatore Alamanno Isolani.

10. Fabio di Francesco Fabri nipote del dotto Giuseppe Fabri senatore aggiunto.

11. Francesco del dottor Vincenzo Brunetti senatore aggiunto.

12. Gaetano del dottor Vincenzo Brunetti senatore aggiunto.

L' estrazione fatta dal cardinal arcivescovo D. Andrea Giovanetti favorì Francesco del senatore Annibale Guidotti.

L' ultimo dei Magnani aveva testato a favore Tubertini, che volle sostenere i suoi diritti testamentari contro i fidecomissari che favorivano l'estratto Guidotti. Il Tubertini allegò che il Senato del 1796 non era più quello del 1577, in conseguenza il disposto da Lorenzo non era più attuabile. I tribunali giudicarono diversamente ritenendo che l'aggiunta dei 42 membri non aveva per nulla cambiato la natura e qualità di quel magistrato. Pietro De Luca aveva comprato dal Tubertini questo palazzo che dovette cedere al Guidotti giudicato erede Magnani. Nella sala di questo palazzo nel 1646 fu dato un torneo per la venuta di Carlo Gonzaga.

N. 2600. Casa dei Pannolini.

1384, 18 aprile. Giacomo del fu Bittino Bisilieri, e Michele del fu Palmerio Bisilieri, anche a nome di Palmerio, Agostino Antonio, e Pietro del fu Pietro del detto fu Palmerio Bisilieri, comprano da Testa del fu Alberto da Dugliolo, una casa sotto la parrocchia di S. Donato, per L. 1000. Confina Bartolomeo da Dugliolo, Barnaba da S. Giorgio, Giacomo Zaccagnini, Biagio Ferraresi, le vie di S. Donato e di Valdonica. Più due casette in confine di detto Zaccagnini, di Cafarone Monterenzoli di dietro (ora Banzi), di Giacomo Gragnolini mediante androna comune, e la via Valdonica. Rogito Azzone di Nicolò Bualelli.

1385. 18 aprile. Compra Michele del fu Palmerio, notaro dei Bisilieri, da Giorgio del fu dottor Simone da S. Giorgio, una casa sotto S. Donato, per L. 206. Confina i compratori, il venditore mediante chiavica, Stefano Nobili, e la via Valdonica. Rogito Azzone Bualelli.

1407, 26 luglio. Compra il suddetto da Taddeo del fu Michele, calzolaio, una casa sotto S. Donato, per L. 100. Confina la strada, Placidia d'Andrea lanarolo, e Giacomo Grognolini. Rogito Colla Marzapesci e Lodovico Codagnelli.

Da una memoria delli 10 giugno 1409 pare che qui fosse una casa degli Angelelli, che fu permutata contro un predio di Agostino Pannolini.1416, 22 agosto. Compra Luca del fu Giacomo Pannolini (Bisilieri), da Menino detto Bartolomeo da Dugliolo, una casa sotto S. Donato, per L. 525. in confine di Carlo e fratelli Savi, del compratore e di Pasio Fantuzzi. Rogito Giovanni da Dugliolo.

1432, 12 febbraio. Permuta di Pietro e Andrea Pagliaricci con Luca del fu Giacomo Palmerio Pannolini, al quale i Pagliaricci assegnano una casa sotto S. Donato in via Valdonica. che confina col Pannolini, con Pasio Fantuzzi, colla via pubblica, cogli eredi di Gio. Lodovico Monterenzoli ; e ricevono altra casa sotto la stessa parrocchia, in confine dell'altra sopradescritta, dei Monterenzoli e della via pubblica. Il Pagliericci riceve a pareggio L. 185. Rogito Bonaventura Paleotti.

1454, 11 febbraio. Compra Giacomo del fu Luca Pannolini, da Giovanni del fu Antonio Monterenzoli, un casamento diroccato, per L. 74, posto sotto S. Donato in via Valdonica. Confina il compratore, la via pubblica e una chiavica comune. Rogito Michele da S. Vincenzo.

1434. I Pannolini continuavano a tener bottega di panni e lini.

1546, 15 settembre. Compra Bartolomeo del fu Gio. Pannolini, da Filippo del fu Pier Antonio Latini, una casa con stalla sotto S. Donato, in via Valdonica, per L. 2500. Confina la detta via Valdonica, Lorenzo Banzi, Biagio Rodaldi mediante chiavica. Rogito Bartolomeo Bulgarini.

1584, 23 maggio. Testamento di Francesco del fu Battista Pannolini, col quale lascia eredi universali i di lui figli naturali legittimi da nascergli, e loro discendenti in perpetuo, poi sostituisce Curzio suo figlio naturale legittimato, e mancata la di lui linea, ordina che sia eretto un collegio nella di lui casa sotto S. Donato, dove debbano stare cinque giovani d' anni 10 per lo spazio di anni 15 continui, da mantenersi a tutte spese della sua eredità, la quale sarà amministrata dai governatori dell'ospedale degli Esposti, di S. Bartolomeo di Reno, e di Sant' Onofrio della Mascarella. Gli alunni saranno eletti dal Guardiano dell' Annunziata, dal Priore di S. Giacomo, dai Priori pro tempore dei dottori dell' una e dell' altra Università, dai Rettori degli ospedali degli Esposti, dei Mendicanti, di S. Bartolomeo di Reno, e di Sant' Onofrio, ordinando che sia fabbricata una capella nel detto collegio. Rogito Andrea Martini notaro di Roma.

1585, 1 agosto. Con susseguente testamento vuole che si accettino 20 putti d' anni otto circa, dieci dei quali sieno dell' ospedale dei Bastardini, cinque di quello di San Bartolomeo di Reno, e cinque dell'altro di Sant'Onofrio, da eleggersi come al primo testamento, e da mantenersi per anni 16 continui, e dopo si debbano fare le spese del loro dottorato come forestieri, e presa la laurea possano rimanere anche due mesi nel collegio. Rogito Battista Rossi Romano.

1590, 11 maggio. Adizione all' eredità del fu Francesco Pannolinì, morto ultimamente in Roma, fatta da Curzio di lui figlio. Rogito Alessandro Boschi e Gaspare Masini. Il detto Curzio mori in Roma li 5 aprile 1617 senza successione, testando del libero a favore di Giuseppe Griffoni.

1617, 1 giugno. Prima elezione di putti dell'ospitale degli Esposti ad alunni del collegio Pannolini, i quali li 30 novembre dell' anno predetto uscirono in pubblico con abito di rascia nero, e stola leonata coll' arma del fondatore.

Allievi di questo collegio sono stati i dottori in medicina Garelli, e Paolo Piella, ed il causidico Paolo Pasi. L' Accademia dei Durabili ebbe qui il suo principio, e non cessò che alla soppressione del collegio.

1745, 22 giugno. Moto proprio di Benedetto XIV col quale sopprime il collegio Pannolini. Il primo luglio arrivò il decreto a Bologna, e il mercoldi 7 dello stesso mese fu eseguito. I sei alunni leggittimi passarono nel Seminario, e i sei naturali nell' ospedale di S. Bartolomeo di Reno. Le rendite, valutate circa a L. 10000 annue, furono applicate all' Accademia degli Inquieti, detta poi Benedettina, col patto di pagare all'ospedale degli Esposti la somma di annue L. 600. I beni di campagna, che erano nelle comunità di Fiesso, della Quaderna, di Borgo Panigale, di Vedrana e di Budrio, furon comprati da Gaetano Savini per L. 21300, e la casa del collegio fu acquistata dal senatore Cesare Alberto del conte Cornelio Malvasia per L. 9500. Rogito Filippo Teodozi.

N. 2601. Palazzo della senatoria famiglia Manzoli, nobilissima ed antica (8).

Marchione di Gabrielle Manzoli fabbricò nel 1388 il portico davanti questa sua casa, che era reputata per una delle più belle di Bologna, ed obbligò i di lui eredi ad abitarla.

Li 20 Marzo 1506 Melchiore del fu Giorgio Manzoli comprò una casa antichissima e rovinosa di Riniero Bianchetti in Strada S. Donato dalla parte davanti, presso il compratore a mezzodì, e a sera, e presso Bartolomeo Calderini di sotto, per Lire 2030, 11, 5 d' argento. Rogito Pirro e figlio Zanetti.

Il conte Giorgio fece il giardino e la peschiera, che tuttora sussistono, perchè volle che l' uno e l' altra fossero conservati; così nel suo testamento delli 2 febbraio 1559 ordina l' investimento di L. 1000, che lascia per legato alla compagnia del Piombo col patto di tener purgata la peschiera, di mantenere il giardino, di render conto ogni dieci anni a' suoi eredi, e di scegliere il custode. Rogito Luca Belvisi.

La famiglia Manzoli credesi oriunda da Cremona. La sua potenza si arguisce dall' avere arrichiti i Dall' Armi, i Barbazza e i Ranuzzi, nonostante che sussistesse un ramo Manzoli estinto colla morte del senatore Francesco di Vincenzo, seguita li 23 dicembre 1751, senza testamento, di cui furono eredi Cesare, Agostino e Ferdinando Marsili Duglioli, e in qualche parte, per transazione, il senatore Andrea Barbazza.

Laura di Marcinone Manzoli, moglie di Giovanni Romeo Barbazza, portò ai Barbazza l'eredità e cognome Manzoli nel 1530.

Ginevra di Marchione Manzoli, moglie del conte Francesco Ranuzzi, fu erede come la sorella, e per queste i Ranuzzi si dissero Manzoli. Morto il conte Francesco Ranuzzi iuniore, fu ripartita l' eredità fra i Barbazza e i Manzoli discendenti dal conte Ercole del conte Bartolomeo Manzoli, a tenore del testamento di Marchione Manzoli seniore.

Isotta, naturale legittimata dal conte Giorgio Manzoli, sposò il conte Alessandro Bentivogli, e ne nacque Ulisse che fu adottato dal conte Giorgio suddetto circa il 1560, e quindi fu erede di questo ramo, che anch' esso si disse Bentivogli Manzoli.

Polissena di Filippo di Bartolomeo Manzoli, maritata col conte Iacopo Sforza Attendoli da Cottignola, fu causa che il di lei figlio avesse la ricca eredità dell'avo.

Lavia del marchese Giorgio Manzoli, sposata col marchese Cesare Marsigli Duglioli, fu erede dell' ultimo dei Manzoli.

Il Castello di S. Martino in Soverzano fu venduto dai Caccianemici dell' Orso agli Ariosti, e dagli Ariosti ai Manzoli. Questo palazzo con le sue adiacenze fu comprato dal senatore Cesare Alberto del conte Cornelio Malvasia del ramo di Antonio Galeazzo, per L. 54395. Rogito Filippo Teodori, e Giacomo Gualandi delli 24 luglio 1756.

Nel susseguente anno il compratore venne ad abitarlo, poi imprese a fabbricarlo internamente e farvici la facciata che fu finita nel 1760.

Eravi una casa con due porte fra questo stabile e quello già Pannolini, la quale del 1506 era di Berto Calderini, poi li 18 dicembre 1564 di Flaminio Zambeccari che la locò metà a Girolamo e Evangelista Dall' Armi, e metà a Giovanni del fu Vincenzo Ghisellardi, per annui scudi 90, come da rogito Tommaso Pesci, nel quale si dice che confinava coi Manzoli e coi Pannolini.

Fu poi dei Manzoli, indi degli eredi Marsili, e Filippo Lorenzo Marsili la vendette al senatore Giuseppe di Cesare Malvasia, per Lire 5400. Rogito Zenobio Egidio Teodorì delli 8 gennaio 1776, dicendosi essere due case poste nella parrocchia e Strada di S. Donato.

Si passa la via del Carro.

La piazzetta di S. Donato ebbe principio dall' allargamento della strada rimpetto alla chiesa, atterrando un muro di Bonacursio Scannabecchi nel 1294.

Lodovico di Marchione Manzoli per scoprire il prospetto della sua bella casa fece atterrare la chiesa di S. Donato, che era a linea del detto suo palazzo, e rifabbricarla in pochi mesi più addietro nel luogo dove presentemente si trova. Il giovedì 27 maggio 1454 si cominciò la demolizione, per la quale concorsero nella spesa anche i parocchiani. In quest' occasione la piazzetta prese il nome di piazza dei Manzoli, nella quale, in novembre del 1562, fu dato un torneo pel matrimonio di Giovanni Malvezzi con Antonia Sampierì.

N. 2603. Chiesa parrocchiale di S. Donato. Di questa antica chiesa si hanno poche memorie. Dicesi che abbruciasse nel 1210. Fu restaurata ed abellita nel 1751. La cura d' anime le fu tolta li 24 giugno 1805. Tutto il locale fu comprato da Giovanni Battista Neri, a rogito dott. Serafino Betti delli 17 gennaio 1812, ed ora appartiene ai conti Malvasia, che l'hanno riaperta ed è regolarmente officiata.

Si passa la via Canonica di S. Donato.

N. 2604. Casa dei Crescenzi, famiglia estinta. Camilla di Crescenzio Crescenzi, vedova di Plinio Tomacelli, viveva nel 1606, e sembra esser stata l'ultima di questa antica famiglia. Lodovico Crescenzi fece fare il portico di pietra e la facciata nel 1492.

Li 20 giugno 1518 apparteneva ad Ercole e Girolamo fratelli, e figli del fu Lodovico Crescente Poggi, nella divisione dei quali, seguita sotto la data suindicata, toccò a Girolamo, come da rogito di Gio. Battista Bue, nel quale si descrive per casa grande posta sotto la parrochia di S. Donato, presso Alessandro Albertuzzi a mezzodì, presso una via a settentrione, e presso un' altra via di dietro. Pare che dopo i Crescenzi ne sieno stati proprietari i Boschetti. L' acquetò poi Marsiglio Zaniboni, al quale, li 27 maggio 1636, l'Ornato concesse di far il portico davanti la sua casa in Strada San Donato. Il dottor in legge Giuseppe Maria, nipote ex figlio del suddetto Marsiglio, la vendette li 10 giugno 1675, per L. 25000, al capitano Gio. Battista Zanchetti. Rogito Antonio Bertolotti.

Traslocati i Zanchetti a Ferrara, vendettero questo stabile al generale Enea del senatore Francesco Caprara nel 1784 per L. 30000, il quale spese molto in risarcimenti cominciati in marzo del 1786, e levò il stracantone che era nell' ultimo arco del portico dalla parte della chiesa di S. Donato, pagando all' Ornato L. 50. Morì egli in Roma li 12 settembre 1793 lasciando erede la di lui moglie Paola Zane veneta, che si rimaritò col priore Giuseppe del senatore Ulisse Gozzadini. La detta casa la vendette poi li 18 giugno 1800 al marchese Paolo del senatore Muzio Spada, dalli cui eredi testamentari è oggigiorno posseduta. Nel confine verso Porta vi erano due scudetti con tre fasce per ciascuno.

N. 2605. Casa forse dei Sassoni. Dal suindicato rogito dal Bue si rileva esservi stata qui la casa di Alessandro Albertazzi nel 1518, e che poi passò ai Bolognetti. Camillo e Girolamo Bolognetti la vendettero li 21 febbraio 1645, per L. 5000, a Giovanni Battista Arrigoni, come da rogito di Vincenzo Sabattini. Dicesi nell' istrumento avere due botteghe sotto, ed essere sotto la parrochia di S. Donato, confinando coll' altra, che Arrigo Arrigoni, successore di Francesco Angelelli, cessionario di Marcantonio Zaniboni, retrovendette per L. 3200, poi ricomprò per L. 4000 li 13 marzo 1664. Rogito Giuseppe Lodi.

Li 2 aprile 1667 Arrigo Arrigoni del predetto Gio. Battista, ottenne dal Senato suolo pubblico per la fabbrica della sua casa in Strada S. Donato.

1686, 2 novembre. Carlo di Bernardo Providoni cede a Gio. Battista Arrigoni iuniore le ragioni ad esso spettanti, in vigore del testamento di Bernardo Providoni, sopra una casa sotto S. Donato, e tre botteghe annesse, per L. 5000. Rogito Giovanni Maria Pedini.

Questa famiglia, da non confondersi cogli Arrigoni Ferracieri che avevano casa in Borgo Nuovo, salì a qualche grado di opulenza, ma fu di poca durata, e poi s' estinse nel principio del secolo XVIII. Qnesta casa passò in parte ad Arrigo, nipote ex figlio del suddetto Arrigo che aveva testato li 20 dicembre 1679, a rogito Francesco Boldrini; e in parte ai Diolaiti notari, dei quali Bonifacio di Giovanni fu marito di Elisabetta Maria del predetto Arrigo Arrigoni. Ultimamente apparteneva a Bernardino Lelli.

Si passa un vicolo che va alla via dei Giudei, già detto androna di S. Marco, chiuso per decreto delli 23 dicembre 1660 a favore di Giuseppe Maria e di Antonio Maria Zamboni, coll'obbligo di mettere due portoni agli sbocchi del medesimo, e cioè uno in Strada S. Donato e l' altro in via de' Giudei.

N, 2606. Casa che del 1422 era di Bartolomeo dalle Anelle, e da lui per una sesta parte assegnata in solutum a Giacomo Sanuti. Rogito Tommaso Salaroli. Il resto poi fu venduto da Ruggero dalle Anelle, nel 1433, al detto Sanuti. Rogito Giacomo da Muglio.

Fra i beni dell' eredità Sanuti si descrive questa casa a sinistra del principio di Strada S. Donato, posta sotto S. Marco, avente tre botteghe, e confinante a mattina, a sera ed a settentrione con vie pubbliche, e a mezzodì coi beni dell' arte dei Bisilieri e la chiesa di S. Marco. Rogito Melchiore di Senesio Zanitti.

Nell' inventario dell' eredità di Francesco d' Ippolito Montecalvi, notaro che fioriva nel 1549, fatto a rogito di Costantino Serafini e di Antonio Guidotti, si trova notata una casa in Strada S. Donato, presso S. Marco, presso la casa dei Bisilieri, e presso vie pubbliche da tre lati. Il Montecalvi era però enfiteuta Sanuti, trovandosi dopo che gli eredi di Nicolò Sanuti concedettero questa casa ai dal Buono di un ramo mancato li 27 febbraio 1722 per la morte di Pier Francesco, carmelitano di S. Martino, dei quali furono eredi i Padri dell' Oratorio. Fu poscia acquistata nel 1781 dai vicini Diolaiti.

Nel detto N. 2606 vi sono comprese le due antiche case, che li 15 gennaio 1315 Tommaso di Pietro Garisendi comprò da Egano di Lambertino Lambertini, che si dicono poste in capella S. Marco nella via S. Donato. Confinano a levante la detta strada, altra via pubblica di sotto (forse il vicolo chiuso), e il compratore a ponente, pagate L. 80. Rogito Filippo di Giovanni Alberghini.

Una di queste due case, cioè la più piccola, fu la residenza dell' arte dei Bisilieri, Era essa composta di tre piani, e fra le due finestre aveva lo stemma dell' arte con lapide, nella quale si leggeva: "Biselariorum, lanique panorum ars". Il nuovo Masini dice che l' oratorio dell' arte dei Bisilieri, dedicato a S. Bartolomeo, sia stato, non si sa poi quando, nelle vicinanze dell' attual pescaria nel Mercato di Mezzo. Ridotti i matricolati a soli tre individui, furono uniti all'arte dei drappieri e lana li 5 luglio 1784, o 12 giugno precedente. Questo piccolo stabile fu comprato e unito al N. 2606 dal confinante Diolaiti.

N. 2607. Fianco della casa dei Guastavillani, unita alla soppressa chiesa della fu compagnia di S. Marco, al quale sembra applicabile la seguente memoria delli 7 gennaio 1156: "Albagnolo del fu Giovanni di Martino vende a Giovanni Bono Zanzarello unam tuadam (cantina) prope Tribbo Porte Ravegnane, juxta Ecclesiam S. Marci Evangeliste cum ingressu, et egressu usque via pubblica ab uno latere de subtus, juxta andronam inter ipsam tuadam, et predictam Ecclesiam recipit ped. triginta ab uno capite a sere juxta viam pubblicam, capit pedes decem, et septem ab alio capite a mane juxta stratam S. Donati, centum pedes vigilili unum, etc". Dal detto contratto si raccoglie che fino da quei giorni le cantine dicevansi tuade, e che questa non era sotterranea, ma al pian terreno.

Strada S. Donato a sinistra cominciando dalla porta della città fino a porta Ravegnana.

NN. 2530, 2531. Ospedale di S. Francesco Saverio, alias della Maddalena, instituito per testamento delli 11 novembre 1698 dal senatore Francesco di Cesare Azzolini, rogito Gio. Francesco Galli, morto li 22 novembre 1701.

1704, 11 aprile. Gli eredi fiduciari Azzolini comprarono da Gio. Giuseppe Scarsella una casa in Strada S. Donato sotto la Maddalena, per L. 6000, onde fabbricarvi il detto ospedale. Pare che la detta casa fosse stata della famiglia Levanti terminata in un Bernardo al cominciare del secolo XVII, del quale furono eredi i Calcina, che la vendettero allo Scarsella.

Questo pio istituto fu aperto a comodo dei poveri infermi della parrocchia di Santa Maria Maddalena, li 15 giugno 1705.

1723, 13 aprile. L'ospedale comprò dalla contessa Lodovica Francesca Fasanini, vedova del barone Rinaldo d' Ubrevil d' Ingrando, una casa sotto la Maddalena in con fine di detto ospedale, per L. 2300.

La marchesa Elisabetta Bentivogli Magnani aumentò le rendite lasciate dal fondatore. Fu ampliato di fabbrica. e nel 1760 fu accresciuto di quattro letti. L'Opera di Carità prese possesso de' suoi beni, fece trasportare i malati al grande Ospedale, ed assunse di mantenere in questo locale dodici uomini ed altrettante donne, nel tempo che si davano lezioni agli scuolari dal professore di Clinica della nostra Università.

In seguito prese il nome d' ospedale della Clinica.

N. 2526. Casa d'Angelo Michele Risii, lasciata a suor Angela Lucida Risii, proffessa in S. Bernardino, con suo testamento delli 25 agosto 1530. Rogito Bartolomeo Albertini. Vien detto trovarsi in Strada S. Donato, sotto la parrocchia della Maddalena, con fornace da bicchieri, in confine di Petronio Mazzone e dei Duglioli.

La fabbrica dei vetri fu concessa in privativa li 19 dicembre 1462, dai XVI Riformatori, a Giovanni e fratelli, figli di Musotto Malvezzi, privilegio che fu confermato li 30 maggio 1473 da Sisto IV con Bolla data in Roma, nella quale accorda ai Malvezzi la facoltà di esercizio per due fornaci da bicchieri di vetro in Bologna con proibizione d' inaugurarne altre. Dicemmo già esservi stata un' antica fornace di questo genere nelle Chiavature, che passò poi all'ospedale di S. Giovanni Decollato nella Montagnola, come a suo tempo sarà detto.

Marzio d' Antonio Galeazzo Malvezzi, ultimo dei discendenti di Gio. Battista di Giovanni Malvezzi, donò questa privativa a Pannina di Filippo di lui nipote, maritata al senatore Fulvio Bentivogli. Nel 1660 fu agitata la causa fra detta Pannina e il Reggimento di Bologna che pretendeva spirata la privativa coll' estinzione della discendenza di Battista, ma li 4 settembre 1661 fu data sentenza favorevole alla Pannina ed a suoi eredi. Li 6 maggio 1734 Clemente XII confermò il privilegio a favore di Fulvio Bentivogli, e li 27 marzo 1792 il conte Filippo Bentivogli vendette al Senato il diritto di fabbricare, introdurre e vendere i vetri e cristalli in questa città e suo territorio, per scudi 15000. Rogito del dott. Angelo Maria Garimberti. Le leggi posteriori al 1796 annullarono tutti i privilegi, e con questi anche la privativa della fabbrica dei vetri.

NN. 2523, 2522. 2521. Compagnia di S. Giacomo già ospedale. Dicesi che la compagnia avesse origine nella chiesa di S. Giacomo Maggiore, e che del 1371 erigesse casa ed ospedale per pellegrini in faccia la Seliciata di Strada Maggiore nell' angolo della via dei Pellacani dalla parte del torresotto, Si trova che li li aprile 1462 la Camera accordò L. 50 di sovvenzione a questa società per la compra di certa casa ad uso d' ospedale per i poveri di Cristo.

Pare che questo sussidio si accordasse in occasione del traslocamene dei confratelli dalla Seliciata di Strada Maggiore a Strada S. Donato, dove poi li 13 giugno 1469, a rogito di Nicolò Loiani e Bartolomeo Panzacchia, presero in affitto il claustro, le case e l'orto delle suore di Santa Maria Maddalena di Quarto, valutato L. 1000, e locato per annue L. 40.

1205, 8 marzo. Gherardo Vescovo di Bologna concesse a Verardo Alberto, e Bianco, di fondare la chiesa di Santa Catterina detta del Naviglio, poi di Quarto di sopra, per frati e monache, come da Rogito d' Orabone.

1254. 13 febbraio. Giacomo Boncambi, Vescovo di Bologna, concesse alle suore ed ai frati di Santa Catterina di Quarto, di condir vivande con grasso, invece d' olio, nelle solennità di Pasqua, Ognissanti, Natale e Settuagesima.

Ottaviano Ubaldini, vescovo di Bologna, diede alle suore e frati suddetti la chiesa di Santa Maria Maddalena di Strada S. Donato, come da rogito di Errigo del fu Giacomo, delli 8 gennaio 1291. II vicario del Vescovo, li 9 susseguente Febbraio, permise alle suore la vendita di certi beni che avevano in Bologna, per erogarne il ricavato in acquisti presso la suddetta chiesa, fra i quali beni vengono designate alcune case, ed orti nell'androna di S. Tommaso, presso la via pubblica, presso l'androna di Bigante (forse Begato), presso gli eredi di Giovanni Franzi, di Giovanni Simone strazzarolo, ecc.; più altre case con orti nell' androna di S. Leonardo, presso la via pubblica, Paolo Serragliano, Giacomo Crescenzi, ecc. Rogito Bartolomeo. Ignoratisi le compre qui fatte., ma si sa che abbandonarono, col consenso dei Canonici del Capitolo di S. Pietro, proprietari di Santa Maria Maddalena, questo loro convento li 22 dicembre 1468 per unirsi alle monache di S. Gio. Battista in Sant'Isaia, come da rogito di Graziano Grassi. Questo locale, che lo valutarono L. 1000, fu affittato, e pare nello stesso anno 1468, alla compagnia di S. Giacomo, per annue L. 40.

Dopo dodici anni i confratelli di S. Giacomo acquistarono i beni locatigli, pagando L. 700 al Rettore di Santa Maria Maddalena li 19 gennaio 1481, come da rogito di Gabrielle Malvasia, Galeazzo Accarisi, e Sebastiano Zanotti. Pare che poco dopo fabbricassero l' oratorio, riducendo il resto ad ospedale per pellegrini, che cessò di esserlo nel 1591, e li 6 giugno dello stesso anno fu commutato in orfanatrofio per dodici ragazzi, numero che col tempo fu aumentato. Il Cardinal Arcivescovo Lambertini nel 1736 unì le rendite e gli orfani al collegio del Seminario.

L' oratorio degli orfani, dopo essere rimasto chiuso fino al 1773, fu poi dato ad un' unione d' artisti, particolarmente filatoglieri, che lo dedicarono alla Natività di Maria Vergine, e sembra la stessa congregazione che era sotto il primo arco del portico di Sant'Ignazio nel Borgo della Paglia. Nel 1800 ottenne di passare nell' oratorio della compagnia di S. Sigismondo in via S. Sigismondo.

La compagnia fu soppressa li 30 luglio 1798, e il locale fu acquistato da Claudio Ferrari, come da rogito Luigi Aldini delli 20 maggio 1799.

N. 2519. Dicesi che la chiesa parrochiale e priorale di Santa Maria Maddalena avesse cura d'anime prima del 1274, e che il jus patronato appartenesse al Capitolo della Cattedrale. È probabile, che quando nel 1291 si traslocarono quivi le suore di Santa Caterina di Quarto, col consenso del Capitolo e Canonici di S. Pietro padroni della Maddalena di Strada S. Donato, fabbricassero una chiesa, dove anche oggi vedesi un altare dedicato alla Croce, il quale resta fra l' ospedale di S. Giacomo, e la parrochia della Maddalena, e fa parte di quest'ultima.

Dov' è la chiesa attuale eravi quella finita li 21 luglio 1584 coll'aggiunta di portico sulla Strada di S. Donato, fatta a spese dei parrochiani, che si cominciò a demolire li 3 marzo 1761 per la fabbrica della nuova, della quale fu posta la prima pietra li 28 aprile susseguente, poi aperta li 22 luglio 1763. Il Senato concesse pertiche otto e piedi dieci di suolo pubblico per questa fabbrica. I parrochiani fecero un cotimo col capo mastro muratore Michel Angelo Galletti accordandogli L. 24000 e i materiali della fabbrica vecchia. La giurisdizione parrochiale non è andata soggetta ad alcun cambiamento.

Si passa il Borgo di S. Giacomo.

Li 27 aprile 1573 fu concesso a Cristoforo Poggi di far portico alle sue case in retta linea, dal Borgo di S. Giacomo fino al suo palazzo, le quali case passaron poi a diversi proprietari.

N. 2506. Casa che li 2 marzo 1671 era di suor Orsola Bersanini terziaria delle suore di Santa Monica, dette di S. Giacomo, e che la vendette ad Andrea del fu Gregorio Betti per L. 6300, rogito Domenico Maria Boari, nel qual rogito vien detto confinare colle suore di S. Donato, e del Borgo di S. Giacomo, coi Varotti, e con Giovanni Celesi. Abitarono in questo stabile il celebre Eustachio ed Eraclito di Alfonso Manfredi, ed il loro fratello Emilio, gesuita, morto in Parma li 16 maggio 1742.

Appartennero a quest' illustre e dotta famiglia Teresa e Maddalena, sorelle de suddetti, che diedero alle stampe due traduzioni poetiche in dialetto bolognese.

Presentemente questo stabile appartiene alla R. Università di Bologna.

N. 2505. Palazzo Poggi del ramo del Cardinale, ereditato dai Del Gallo di Pistoia, poi dai Celesi, finalmente dai Banchieri.

1493, 2 febbraio. Assoluzione di Basilio del fu Benino Benini, a Francesca del fu Pietro Mazza, moglie di Cristoforo del Poggio, pel residuo prezzo di una casa in Strada S. Donato sotto la Maddalena, venduta da detto Basilio per L. 3000. Rogito Leonardo Corari.

1542, 25 marzo. Assoluzione di Giovanni del fu Francesco Bovi, a Ginevra del fu Cristoforo Poggi, di L. 2145, residuo di una casa sotto Santa Cecilia, venduta dal detto Bovi al fu Alessandro Poggi. Rogito Antonio Ferrari.

1549, 1 febbraio. Si concede suolo pubblico per il portico di Alessandro Poggi in Strada S. Donato, e cioè oncie 27 in confine di Petronio Calcina.

La cappella fu fondata nel 1718 da Ferdinando Marsili, e dedicata all'Annunziata. Nel 1725 fu abellita, poi nel 1766 impicciolita, e vi si celebrò messa quotidiana fino al 1804, nel qual anno fu ridotta ad ingresso di alcune stanze dell' Università.

Giovanni di Cristoforo Poggi, creato Cardinale da Giulio III li 20 dicembre 1551 mentre era nunzio a Carlo V Imperatore, che testò li 12 settembre 1554, e mori in Bologna li 13 febbraio 1556, cominciò la fabbrica di questo palazzo, che fu proseguita da Lodovica del conte Girolamo Pepoli, moglie di Cristoforo di Alessandro Poggi morto in guerra nel 1572.

Li 12 agosto 1560 Cristoforo Poggi, erede del Cardinale, vendette per scudi 350 da L. 4, ai Padri di S. Giacomo, molte colonne, capitelli, cornici, fregi, balaustre, pillastri ed altri fornimenti lavorati di pietra Veronese di vari colori, e di marmo mandolato di Verona, destinato pel servizio della fabbrica del suo palazzo, del qual denaro se ne servì per perfezionare la fabbrica del palazzo stesso, e segnatamente per finire la sala. Rogito Gio. Francesco Grati.

La famiglia Poggi, o dal Poggio, si crede oriunda da Lucca. Un Giovanni fu uno dei primi maestri, chiamato nel 1363 da Urbano V, a leggere teologia in Bologna, e a fondarvi il collegio dei Teologi.

Questa famiglia si divise in due rami. Dal ramo di Bartolomeo di Nanino derivò il Cardinale, e terminò in Giovanni di Cristoforo iuniore morto ii 9 marzo 1640, del quale furono eredi i Galli, o dal Gallo, di Pistoia, estinti i quali, passò l'eredità ai Celesi, o ai Banchieri di Pistoia.

Dall' altro ramo di Bartolomeo di Nanino discese Gio. Carlo di Alessandro, che lasciò erede' Girolamo Rossi (vedi via di Mezzo di S. Martino).

Li 17 luglio 1624 il conte Francesco Montecucoli comprò da Giovanni e Lodovico, padre e figlio Poggi, questo palazzo per L. 4000. Rogito Silvestro Costa. Confinava di dietro coi Malvezzi, di sopra con Federico e Annibale Agocchi, la via di S. Donato e quella del Borgo di S. Giacomo. Morti i venditori, fu evitto dai Celesi e dai Banchieri per averlo provato appartenente alla primogenitura instituita dal Cardinal Poggi. Nel 1659 fu affittato al senatore Franceso Azzolini, che lo abitò fino alla sua morte seguita nel 1701.

1709, 17 dicembre. Aggregazione dei pittori all'Accademia dell'Istituto. Le tre belle arti furono dichiarate libere per una memoria presentata dagli scolari dei Caracci nel 1685. I primi accademici d' onore Clementini furono nominati li 21 febbraio 1710.

Per l'Accademia Benedettina fu dato l'impulso da Marcantonio Collina Sbarraglia, col progetto di regolamento dell'Accademia delle scienze, presentato a Benedetto XIV li 27 febbraio 1742.

Li 5 dicembre 1711, a rogito di Gio. Domenico Bacialli, gli assunti de' Magistrati e di studio acquistarono in via di permuta, dal cav. Pietro Banchieri, questo palazzo, assegnandogli 62 1/2 luoghi di Monte sussidio, dell' annua rendita di L. 1000.

Li 2 gennaio 1712 furono eletti i Senatori Assunti perpetui dell'Istituto delle Scienze, destinato a risiedere nell' acquistato palazzo, nel quale furono collocati i musei Cospi, Aldrovandi, e Marsili, i libri e i manoscritti di Ulisse Aldrovandi, le biblioteche ,d'Eraclito Manfredi, di Ferdinando Bassi, di Natale Parisini, di Bartolomeo Beccari, di Ubaldo Zanetti, di N. Bonfiglioli, di Benedetto XIV, del cardinal Monti, ecc.

Vi furono stabilite le Accademie Benedettina e Clementina. La prima fu composta dei più celebri uomini di scienza e letteratura. La seconda dei più rinomati cultori di belle arti, i quali elessero a primo principe il celebre Carlo Cignani. L'una teneva le sue adunanze nella sala Benedettina, così detta per il ritratto in mosaico di Papa Lambertini, e pubblicava ne' suoi atti le più dotte dissertazioni de' suoi membri. L' altra si occupava dell' istruzione del nudo in disegno e in plastica, dell'architettura civile, e dell' ornato. Questa scuola cominciava ai primi di novembre, e terminava a Pasqua, e aveva luogo ogni sera feriale, assistita da un Accademico figurista, e da un quadrista, i quali stavano un mese in questa carica, poi ne subentravano de' nuovi che erano nominati dal principe.

I gabinetti di storia naturale, di fisica, astronomia, ostetrica, antiquaria, architettura militare e navale, avevano un professore che in vari giovedì dell' anno dava lezioni nelle rispettive facoltà. Furono soppressi ed applicati all'Istituto per breve delli 16 febbraio 1715 di Clemente XI, le qui sottonotate cariche.

Capitano della porta di patazzo ........................Emolumento L. 553 10 0

Due soprastanti di zecca .............................................836 — 0

Custode della torre Asinelli ..........................................86 07 2

Custode di munizione .................................................120 — 0

Un calcolatore di Camera .............................................281 15 8

Un calcolatore di Camera e notaro dei Calcoli ........................371 07 8

Un soprastante alla condotta dei soldati ..............................64 15 2

Campioniere del dazio pesce ..........................................192 — 0

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Totale L. 2503 56 0

L' assuntaria dell' Istituto era di 75 senatori.

Gli Accademici Benedettini erano in numero di 24, e i Clementini di 40.

La prima fabbrica aggiunta a questo locale fu la torre, che nel 1713 era alzata fin quasi alla metà, poi finita il primo settembre 1725.

Li 9 giugno 1741 fu decretato che si erigesse la libreria, a cui si diè mano nel 1743, e dove fu già una casa dell'arte dei brentatori di piedi 19 di fronte, ed un altra di Giuseppe Dianini di piedi 34. Questa iibreria si vide compita nel 1741, poi aperta li 2 novembre 1756. In progresso di tempo non si cessò di ampliarla e di arrichirla di nuove supelletili, che la resero sempre più degna dell'ammirazione dei dotti e degli stranieri che la visitavano.

Questo santuario d'arti e di scienze andò soggetto a molti cambiamenti dopo il 1796. Le due accademie furono soppresse. La capella dedicata alla Santissima Annunziata, che trovavasi a sinistra dell'ingresso, fu profanata e distrutta nel 1802; tutto ciò che concerneva belle arti fu trasportato in Sant' Ignazio, e qui traslocate le scuole dell' Università, abbandonando l' antico Archiginnasio posto nella piazza del Pavaglione.

L'apertura dell'Università in questo locale ebbe luogo li 25 novembre 1803. Il dottor clinico Testa di Ferrara ne fu il primo rettore.

Clemente XII applicò alla fabbrica della libreria dell'Istituto scudi 1000 dovuti dalla Camera di Bologna, con decreto del primo marzo 1738. Nel 1778 la rendita dell'Istituto ascese a L. 11925, 14, 8, e si spesero L. 11849.

N. 2504. Casa del Cardinal Girolamo, e dell' Arcivescovo Gio. Battista, fratelli, e figli di Gio. Giorgio Agocchi Spagnoli, famiglia estinta nel suddetto arcivescovo d'Amasia, morto li 27 aprile 1605. L'eredità passò al dottor in leggi Francesco di Vincenzo Fioravanti, marito di Elisabetta di Federico Agocchia suo nipote ex fratre.

Un decreto dei XVI Riformatori, emanato li 2 settembre 1474, accorda un compenso di L. 100 a Clemente del fu Tommaso Agocchi, per danni sofferti nella sua casa in causa dell' incendio seguito l' anno avanti nelle stalle di Giovanni Bentivogli contigue alla medesima.

L'erede Fioravanti vendette la suddetta casa al conte Boselli, e il conte Girolamo Boselli la cedette nel 1697 a Gio. Battista Piombini.

Li 15 dicembre 1717 il marchese Lucio Malvezzi la comprò da Giovanni Piatta e dal canonico Lorenzo Piombini, per L. 12000, rogito Luca Fagottini, e per lo stesso prezzo fu venduta li 27 febbraio, con rogito Michele Bonesi, a Gio. Pietro di Francesco Rossi, il quale nel suo testamento secreto, consegnato li 20 aprile 1724, e aperto li 5 maggio susseguente, ordina che siano imborsati tutti i figli maschi legittimi dei con fratelli professi del collegio di Messer Gesù Cristo, e l' estratto lo sostituisce erede deli' unica sua figlia, che lasciò usufruttuaria.

Li 10 marzo 1732 il P. Spirituale del Collegio fece I' estrazione a favore di Petronio Maria di Bernardino Giovanardi, come da rogito di Angelo Michele Bonesi. Questa eredità fu valutata L. 69300, e la casa L. 12000, che fu acquistata dall' Assuntaria dell' Istituto, per abitazione dei Bibliotecari, ove morì l' eruditissimo avv. Lodovico Montefani Caprara li 20 febbraio 1785, lasciando due figlie, Matilde maritata nel dottor medico Predieri, e Marianna nel banchiere Giovanardi. Univa al suo cognome quello Caprara, in causa di Vincenza di Gio. Battista Caprara moglie di Marcantonio Montefani, che fu erede del fratello Gabrielle iuniore causidico, morto li 30 ottobre 1643. Questo stabile serve di aggregato alla vicina Università.

N. 2503. Casa dei Campanazzi.

N. 2502. Casa con altra contigua al N. 3109 di Belmeloro, che Gualterotto del fu Pietro Antonio Bardi da Vernio, vendette li 27 settembre 1547 a Giulio Gesare del fu Pirro Malvezzi, per L. 6800. Rogito Bartolomeo Algardi, Alberto Budrioli, e Cesare Gerardi. Si dicono poste sotto Santa Cecilia, in Strada S. Donato, nell' angolo di due strade, in confine dei Campanazzi e dei Malvezzi. Queste case eran state vendute li 7 luglio 1531, da Antonio de' Campanazzi dottor in leggi, e da Francesco d' Alessandro Campanazzi, al suddetto Bardi, come da rogito di Nicolò Mellini da Casio. Li 23 novembre 1665 il marchese Sigismondo Malvezzi l'assegnò alla di lui figlia Chiara Beatrice, vedova del conte Teodoro Bendasi, in prezzo di L. 17077, 14, ma dopo la di lui morte ritornò alla famiglia senatoria Malvezzi. Il vecchio portico con colonne di macigno canellate, che indicavano il principio di fabbrica cospicua, fu rinnovato che non son molti anni.

Si passa Belmeloro,

N. 2501. È indubitato che questa casa appartenne ai Bentivogli, e pare che vi sia rinchiusa quella ricordata nella divisione fra Sante Bentivogli, ed Azzo e Castellano Bentivogli, dell' eredità di Giacomo di Bentivoglio loro avo, e di Nicolò loro zio, seguita a rogito di Filippo, delli 8 ottobre 1363, che si qualifica per quella toccata a Sante, posta sotto Santa Cecilia, presso la via di Strada S. Donato, in confine di Bertoluzzo Saliotti, degli eredi di Chichino, e di Andalò Michele Bentivogli di sotto, di Pietro Tasceri di sopra, e degli eredi di Manino Bernardini di dietro mediante chiavica.

Nell'inventario legale dei beni di Annibale di Giovanni I Bentivogli si trova descritta una casa sotto la parrochia di Santa Cecilia, in confine di strade da due lati e degli eredi di Secarello Bentivogli. Questo stabile era composto, verso Strada S. Donato, di tre edifizi, che si manifestavano ocularmente colla loro costruzione; il primo sull'angolo di Belmeloro, l'altro sull'angolo della piazzetta, e il terzo a linea delle stalle Bentivogli. Le cronache ci dicono che nel 1386 Silvetto Paleotti comprò una casa da Andalò Bentivogli, e fu quella abitata dalla famiglia senatoria Paleotti.

1481, 16 agosto. Giovanni di Annibale Bentivogli, previa dichiarazione, anche a nome di tutta la sua famiglia, d' infiniti servigi prestati, e moltissimi benefici ricevuti da Filippo di ser Tommaso Salaroli, desiderando di addimostrargli in qualche modo il grato suo animo, fece donazione, vivendo, al detto Salaroli di una casa posta in cappella di Santa Cecilia in Strada S. Donato, presso la via pubblica davanti e ad oriente, presso Vincenzo Palliotti dottor in leggi a occidente, e presso Antonio Agocchi beccaro dalla parte posteriore. Rogito Alessandro di ser Giovanni del fu Cristoforo da Roffeno, Cesare del fu Matteo Nappi, e Andrea del fu Lambertino di Sassuno. Il detto Salaroli fu scelto a pieni voti successore del riformatore Egano di Guidantonio Lambertini li 8 giugno 1487, fu Gonfaloniere di Giustizia nei mesi di novembre e dicembre del l'anno stesso, e morì li 26 novembre 1488. Discendeva egli da Aliotto di Bombarone di Salarolo di Belviso che fu anziano del 1257. Nell' archivio dei Conventuali trovasi un rogito di Confortino di Bonifacio che tratta della donazione fatta da Bualello di Guido Bualelli ad Imelde di Gherardino Salaroli sua futura sposa, delli 28 giugno 1230; ed altro rogito delli 30 marzo 1244 ricorda Gherardino Salarolo figlio di Gomorendo da Pianoro.

I discendenti del suddetto senatore Filippo vendettero, in via di permuta, questo palazzo al senator Galeazzo di Camillo Paleotti, nel 1261, che l'unì alla sua casa già fino dal 1363 appartenente al suo ascendente Bartolomeo alias Bertoluzzo di Gherardo detto Dardo dalle Pallotte, o dalle Paliotte, e che Salvetto di detto Bartolomeo aveva ingrandita nel 1395 colla casa di Andalò di Michele Bentivogli.

Terminò questo ramo Paleotti nel senatore marchese Giuseppe di Camillo, morto li 12 giugno 1690, lasciando col suo testamento, fatto a rogito di Domenico Maria Boari delli 14 maggio 1690, la sua eredità al marchese Filippo Bentivogli figlio di Lisabetta Paleotti zia del testatore, la cui nipote ex tiglio marchesa Elisabetta di Costanzo, moglie del senatore Paolo Magnani, morta li 18 aprile 1767, dispose di questo stabile a favore dei due ospedali Azzolini e Abbandonati.

Si trova che Giovanni II Bentivogli comprò da Lorenzo, e da Enea Paleotto, tre case sotto S. Sigismondo li 7 agosto 1475, ed è probabile che queste servissero per fabbricarvi la sua stalla a tre navate di dodici arcate di piedi 13 ciascuna, venduta dai Bentivogli di Ferrara ai confinanti Paleotti. Il primo giugno 1693 vi fu aperto il monte della canepa, instituito per opera di Andrea Colina, morto nel 1700, che ne fu il primo massaro. Era lunga piedi 156, larga piedi 30 e oncie dieci, e alta piedi 16. Il Monte pagava L. 400 d'affitto.

Il mercoldì 16 maggio 1781 vi prese posto il presidio Pontificio, il primo stabilito in Bologna, e che cessò li 21 giugno 1796 per l'invasione dell' armata Francese. Dopo quell' epoca fu messo ad uso di magazzeno per legnami. Appartenne poi all'Ospedale Azzolini, alias della Maddalena. Il palazzo e sue adiacenze furon stimate da Bernardo Gambarini, li 10 novembre 1769, L. 39280.

Si passa la via dei Vinazzi col d'Oca.

N. 2499. Casa con casetta annessa poste fra le due strade dei Vinazzi col d'Oca e Pellacani, che nel 1604 furon comprate da Paolo di Gabrielle Frizzi, o Frezzi, marescalco, per L. 5450, e che Francesco Frizza vendette a Galeazzo Paleotti per L. 10006. Rogito Bartolomeo Vitali delli 19 gennaio 1635. Passò ai Bentivogli Paleotti, indi alla succitata Elisabetta Bentivogli Magnani. Quando appartenevano al commendatore Filippo Maria Bentivogli Paleotti confinavano con Strada S. Donato, coi Vinazzetti, coi Pellacani, e coll' avvocato Bonaiuti.

Ultimamente appartenevano alla contatrice Festa che le risarcì.

Si passa la via dei Pellacani.

Il portico della piazza del teatro, addossato alla fu chiesa di Santa Cecilia, e che guarda verso la porta di Strada S. Donato, è di fabbrica più moderna dell' altro portico fatto dai Bentivogli in faccia all' altro predetto.

I trattati per farlo si cominciarono li 25 giugno 1585. Li 20 novembre 1586 il Senato permise di costruirlo a spese dei Padri Eremitani, e di altri contribuenti, previo il permesso da riportarsi dai Bentivogli, e a condizione che fosse fabbricato entro tre anni. La riserva del permesso dato dai Bentivogli fa supporre che avessero dei diritti sopra quel suolo. Li 9 dicembre 1589 fu prorogata di altri due anni la costruzione; final mente li 12 novembre 1590 si diede mano ai fondamenti, ma li 6 aprile 1591 non era finito, mentre in detto giorno replicò il Senato un' altra concessione per il medesimo portico a favore del senatore Camilio Paleotti, nonostante la protesta emessa dagli abitanti delle strade di S. Donato, del Borgo della Paglia, e di quello di San Giacomo, di non voler concorrere nella spesa, stante il niun utile e comodo che ne avrebbero ritratto. Non si sa se la protesta sortisse il suo effetto, ma è certo che il portico fu portato al suo termine.

N. 2495. Chiesa parrochiale di Santa Cecilia, che credesi edificata da Santuccia Terrabotti sul finire del secolo XIII presso il serraglio di Strada S. Donato, ove instituì il monastero detto delle Santuccie, che del 1320, o 1323, fu traslocato da Arnaldo Accarisi nella chiesa di Santa Maria, e di Santa Elisabetta Regina d'Ungaria, vicino alla porta di S. Mamolo.

Quando gli Eremitani facevano acquisti per cominciare il loro convento, vi fu quello delle case di Guidozagni, delli 7 aprile 1267, rogito Valdino Raffacani, che diconsi poste sotto Santa Cecilia. È certo che li 3 marzo 1323 i canonici della Cattedrale diedero la chiesa di Santa Cecilia ai frati di S. Giacomo, rogito Guido Quarzi, siccome è certo che quando si fece la detta cessione vi era parroco D. Paolo d'Ivano Bentivogli, che cogli altri di sua famiglia era stato cacciato da Bologna.

Li 15 marzo 1359 il Vescovo di Bologna, col consenso dei Canonici e del Capitolo della Cattedrale, permise di riedificare la chiesa parrochiale di Santa Cecilia in miglior stato di prima, e in altro suolo vicino dov' era prima edificata, intendendosi confermato l' instrumento rogato li 7 marzo 1323 dal notaro Guido Quarzi, col quale fu unita la detta chiesa, e i suoi beni, al convento di S. Giacomo. Rogito Lorenzo Cardani notaro del Vescovo.

Giovanni Uberti nel suo testamento, fatto li 11 ottobre 1389 a rogito di Nicolò Bualelli, instituisce erede Catilina sua figlia, moglie di Prendiparte Castagnoli, e fa un legato di L. 100 da spendersi per la fabbrica del portico di Santa Cecilia sua parrochia.

Rilevasi che questa chiesa fu capovolta nel 1483, e che Gasparo Nadi fece la volta della medesima , siccome dice egli stesso nel suo diario. Pare che in quest' occasione fosse anche accorciata per ampliare la capella Bentivogli in S. Giacomo, come manifesta il muro esterno della chiesa, che si estende a sostenere parte dei tetti della capella. L' antica porta laterale murata, ed in parte sepolta, indica quanto l'antica chiesa fosse più bassa di suolo della moderna, per cui potrebbesi sospettare che l'alzamento fosse stato ordinato per metterla a livello del nuovo portico di San Giacomo, che prima era stato alzato.

La parrocchia di Santa Cecilia fu soppressa li 23 maggio 1806, e poscia profanata. Le belle pitture di Francesco Francia e della sua scuola, cominciate d'ordine di Giovanni II, e non finite per le disavventure sopravvenute alla sua famiglia, sono malauguratamente pressochè tutte perite. Uno storico ha lasciato memoria che nel 1422 Giovanni di Pietro Canossa fabbricò la bellissima sua casa sotto Santa Cecilia. Il lungo e bel portico laterale a questa ed alla vicina chiesa di S. Giacomo, di 35 archivolti e di 36 colonne di macigno canellate, fu innalzato per volontà dei Magistrati e dei potentissimi Giovanni Bentivogli e Virgilio Malvezzi soprastanti a detta fabbrica, e di Carlo Fantuzzi tesoriere. E qui occorre rettificare l' errore del nuovo Masini, che lo dice fatto a spese di Giovanni II in compenso dell'accorciamento fatto alla chiesa di Santa Cecilia per ampliare la sua capella in S. Giacomo. La lapide posta al principio del portico sul cimitero di S. Giacomo porta la data delli 10 ottobre 1478, e dice instauratus a pubbliche spese per cura di Giovanni II Bentivogli e di Virgilio Malvezzi.

Gli atti del Senato del 28 aprile 1478 danno per demolito nei giorni passati il portico di S. Giacomo a fine di rifarlo. Il Nadi dice "Si voltò nel 1478 il portico di S. Giacomo in Strada S. Donato, e ne fu causa Giovanni Bentivogli". Si sospetta che l'antico fosse con colonne di legno. È dunque errore di chi ha lasciato memoria che il nuovo portico si sia cominciato li 4 agosto 1477, ma può esser vero però che fosse finito li 10 ottobre 1478, come dice la lapide sopra il primo arco dalla parte del sagrato di S. Giacomo.

Si spesero per detta ricostruzione L. 3633, 7, 3, somma veramente troppo tenue per un lavoro sì esteso, ma la cronaca Ghiselli dice che dal 1478 al 1500 la Camera di Bologna donò alla fabbrica della chiesa di S. Giacomo L. 600 ogni anno per cui ascenderebbe invece L. 13200.

Nel 1826 e 1827 essendo questo portico in istato rovinoso fu decorosamente risarcito a spese del P. Maria Guasconi già restituito agli eremitani in questo loro convento. In occasione del risarcimento si scopersero nel muro molti archi in un comparto diverso da quello del portico attuale, e che forse facevano parte del portico demolito nel 1478. Questi archi erano di forma e di profondità precisi ai quattro laterali della porta principale delia chiesa, e ciascuno conteneva o lapidi, o sepolcri, o pitture antiche, e in alcuni se ne scorgevano due e anche tre. Erano stati murati con pietre in taglio. Furono levate le iscrizioni e murati di nuovo gli archi, e le dette lapide poi collocate esternamente nelle situazioni in cui trovavansi rinchiuse in precedenza.

Si passa la via dei Bagnaroli.

N. 2492. Palazzo dei Malvezzi discendenti da Aldrobandino, e conosciuti pei Mal vezzi del Portico Buio (9).

Si trova sotto la data delli 25 febbraio 1423 che Camillo di Zano Malvezzi aveva casa in Strada S. Donato in confine dei Ringhiera.

Un rogito di Paolo Orsi delli 7 settembre 1425 tratta di una permuta fra Giovanni Malvezzi e Giacomo Versi (Ursi), colla quale il Malvezzi dà due case contigue con due orti, due corti, e due pozzi, poste sotto la capella di S. Vitale, e riceve una casa con volte di pietra sotto la capella di S. Donato, in confine della via pubblica, e del cimitero, o campo di S. Giacomo.

Per la congiura dei Malvezzi contro i Bentivogli, narrata al N. 3016 della via delle campane, furono confiscati gli stabili che componevano questo palazzo nel 1488, e che furono consegnati li 30 ottobre 1492 a Giorgio Ungaro, al quale, nella supplica data al Papa dai Malvezzi gli 11 febbraio 1508, se gli la debito per fitto d' anni 14, in ragione d'annue L. 90, L. 1300, e per mobili, vino, materiali, e legna, L. 1110, in tutto L. 2410. Nel giorno della qual supplica sì dice che erano occupati da Bonaparte Ghisilieri. Li 20 novembre 1530 Bartolomeo di Giovanni Malvezzi ottenne licenza dal conduttore del dazio delle circole di condurre materiali per la fabbrica della sua casa posta sotto la parrocchia di S. Donato. Rogito Girolamo Lini.

Nel manoscritto Lamo si legge : "E fuori della porta dei Leoni (la porta della chiesa di S. Giacomo è ornata di colonne sostenute da Leoni) a mano sinistra per la detta strada, la signora Paola Malvezzi vedova fa fare un palazzo di buona architettura per mano di Bartolomeo Triachini (1560)".

Infatti frate Serafino de' Bolognini Provinciale degli eremitani , e frate Santo Spisani Priore di S. Giacomo, concedono, li 12 agosto 1559, a Paola d' Antonio Maria Campeggi, vedova di Bartolomeo Malvezzi, e a Giovanni suo figlio, piedi 14 in quadro della piazzetta in faccia alla chiesa di S. Giacomo, affinchè possino riedificare e ridurre in miglior forma una loro casa situata tra le vie di S. Donato, e di S. Vitale, in confine dei Ringhiera, obbligandosi di erogare fra tre mesi scudi 80 d' oro per la provvista d'apparati per la detta chiesa. Rogito Gio. Battista Castellani ed Ermete Accarisi.

Terminò questa discendenza in Giovanni di altro Giovanni morto li 11 dicembre 1590, privando i Malvezzi della sua eredità, che da lui fu divisa in tre parti; una l' assegnò ad Antonia di Lodovico Sampieri di lui moglie, e le altre al senator Cornelio, e a Giulio Cesare Lanibertini suoi nipoti e figli di Lucrezia di lui sorella e moglie di Annibale Lambertini.

1606, 2 giugno. Antonia Sampieri Malvezzi, Giulio Cesare, e il canonico Marcello Lambertini, proprietari di questo palazzo, lo vendono assieme a tutto il materiale di macigno, pietre, ferramenti, legni, ordegni, ed altri oggetti dentro e fuori di detto palazzo, a Aldrovandino, Gio. Battista, e Ottavio, fratelli, e figli di Gio. Malvezzi, per L. 51000, obbligandosi i venditori di redimere il patto di francare fatto cogli Orsi li 11 gennaio 1577. I compratori, cedettero ai venditori, in conto di prezzo, la loro casa sotto Sant'Andrea degli Ansaldi in via Borgo Salamo, N. 1049, compresa la comprata dai Perraccini per L. 26000. Rogito Cesare Branchetta.

La sala di questo palazzo è lunga piedi 60, e larga piedi 31 e oncie 3.

N. 2491. Stabile delle suore di S. Lorenzo.

1423, 25 febbraio. Licenza dei Vicari Generali di Bologna alle suore di S. Lorenzo, succeditrici di Giorgio Seni famiglia che nel 1212 ebbe Bartolomeo Seni soldato valoroso, Podestà d' Imola, e caro al Re Roberto di Sicilia, di poter vendere per lire 500, a Battista del fu Matteo di Fuccio Preti, la metà per indiviso con Giacomo Primirani della casa posta sotto S. Donato, la quale era condotta dal detto Primirani, per L. 30, 10 annue. Confina gli eredi di Andrea Bianchetti, quelli di Camillo di Zano Malvezzi, i succesori di Martino Campani, e dal lato posteriore con androna comune. Questo contratto era però stato stipulato in precedenza li 21 gennaio 1423. Rogito Frigerino Sanvenanzi, e Rolando Castellani.

1425, 2 luglio. Battista del fu Matteo di Fuccio Preti, debitore alle suore di San Lorenzo, deposita presso Battista e Raimondo Guidotti L. 500 a difesa della metà di una casa in strada e parrocchia di S. Donato, venduta dalle suore a detto Preti li 21 gennaio 1423. Rogito Sanvenanzi e Castellani.

1525, 22 novembre. Bartolomeo del fu Vitale Manzini si obbliga di vendere a Vitale dì Battista Buoi una casa in strada e parrochia di S. Donato, per L. 1950. Rogito Filippo Fronti. Confina Cornelia vedova di Filippo Calderini di sopra, Bartolomeo Malvezzi di sotto verso S. Giacomo, e i Campani di dietro mediante androna.

1525, 22 novembre. Compra Vitale di Battista de' Buoi da Vincenzo Bisesti da Carpi una casa in parrochia e strada S. Donato per L. 1450. Rogito Lianoro Lianori. Confina Cornelia vedova di Filippo Calderini, cancelliere, verso Porta Ravegnana, Bartolomeo Malvezzi di sotto, ossia verso la chiesa di S. Giacomo, e i Campana di dietro, (vedi case dei Bianchetti al numero susseguente sotto la data delli 29 maggio 1532) nel qual tempo continuava la detta vedova Calderini ad essere proprietaria dello stabile fra il de' Buoi e i Bianchetti.

1548, 5 giugno. Annibale Ringhiera vende a Celidonia di Gio. Maria Bolognini una casa nella parrochia e Strada S. Donato, per L. 5600. Rogito Matteo Zagnoni, e Alberto Budrioli. Confina Vitale De' Buoi, Achille Bianchetti, la via di Strada S. Vitale a mattina, Antonio Pontelli e Carlo Bianchetti a mezzodì. Da questa confinazione si rileva che la casa venduta, e pare col patto di francare, sia la stessa della Calderini. ignorandosi se per compra o per eredità fosse pervenuta ai Ringhiera, il quale acquistò in seguito la vicina dei De' Buoi, e ne formò una sola, che fu poi la dimora della senatoria famiglia Ringhiera, e che la possedeva nel 1559.

Nel marzo del 1788 i Ringhiera la vendettero al capitano Clò, i cui successori l' alienarono ad Agostino Araldi nel 1820.

Dicesi che in un capitello del portico siavi l'arma dei Bentivogli dominanti; su ciò si rifletta che spesso trovansi armi nei capitelli di colonne qua e là sparsi, che non appartengono alle famiglie proprietarie di quel dato stabile, come succede nel presente caso dell'arma Bentivogli, lo che fa supporre che fabbricando si sieno adoprati capitelli che avessero servito a case rimodernate, o distrutte come per l'appunto può essere accaduto per questa dei Ringhiera certamente costrutta dopo la distruzione del palazzo Bentivogli.

NN. 2490, 2489. Case dei Bianchetti. In una lapide della controloggia si legge: Aedes has Blanchettus III de Blanchettis A. D. MLXXIII emit. Coesar instaurami A. D. MDCCIII.

Il testamento di Giacomo di Ugolino, detto Ghilino, di Tommaso d' Orso Bianchetti, fatto li 29 settembre 1390 a rogito di Duzzolo del fu Guidoncino de Piantavigne, ci apprende che aveva casa con torrazzo in capella e Strada S. Donato, detta anche via da Cà dei Bianchetti, presso la via pubblica, Nicolò del fu Andrea de Ursi, Ghilino e Francesco fratelli Bianchetti, Gio. Filippo del Ferro, e gli eredi di Francolino di Orlandino de Franculo mediante chiavica, o androna.

1428, 6 ottobre. Compra Giovanni del fu Leonardo Anania, da Riniero del fu Francesco Bianchetti, una casa e casetta in parrochia e Strada S. Donato, per L. 1300. Rogito Giacomo Pighini da Massumatico. Confina Damiana moglie del fu Ghilino Bianchetti, e i beni dei Padri di S. Giacomo.

1440, 7 luglio. Il suddetto compra da Andrea del fu Romeo Foscarari una casa in detta strada e parrocchia. Confina i Bianchetti, e la suddetta Damiana vedova di Ghilino Bianchetti.

1454, 8 marzo. Codicillo di Giovanni Anania, nel quale ordina che le di lui case in parrochia S. Donato siano vendute a Giovanni del fu Tommaso Bianchetti. Rogito Frigerino di Comacio da S. Venanzio.

1457. 7 febbraio. Compra Giovanni del fu Tommaso Bianchetti, dall'Opera della chiesa di Santa Maria dei Servi, una casa grande con due case contigue, sotto San Donato per L. 1740 d' argento, le quali case spettano ai detti operai come eredi del l' Arcidiacono Giovanni del fu Leonardo Anania. Confinano i beni dei Padri di San Giacomo, la via di Strada S. Donato, Francesco Anania, la cloaca di dietro, e i Bianchetti. Rogito Lorenzo Sanvenanzi.

Francesco e Alemanno Bianchetti fabbricarono questo palazzo nel 1497, che poi fu rimodernato nel 1703 dal senator Cesare di Giulio, al quale apparteneva tutta la parte con portico del N. 2490, mentre la parte allo scoperto del N. 2489 spettava al conte Giulio Seghizzo di Lorenzo. Probabilmente dov' è il primo arco del portico in confine del N. 2488 vi era lo sbocco del vicolo del quale se ne vedono le vestigia in Strada S. Vitale dov' è il portone delle stalle Malvezzi in confine degli Orsi.

1522, 5 luglio. Compra Lorenzo del fu Tommaso di Giovanni Bianchetti, da Giovanni Battista del fu Petronio Banzi, una casa sotto S. Donato per L. 1330. Rogito Battista Buoi. Confina il compratore a settentrione, Tommaso Mangano strazzarolo a mezzodì, e l'androna di dietro.

I Bianchetti si dissero Gambalunga per testamento del fu Giulio Gambalunga nobile di Rimini fatto li 5 gennaio 1609, rogito Silvestro Boninsegni, col quale lasciò erede un figlio di Armelina sua figlia, moglie del senatore Cesare Bianchetti, coll'obbligo di assumere il suo cognome, e di abitare la sua casa.

Il senatore Cesare del conte Giulio Bianchetti, morto li 30 gennaio 1733, lasciò erede Lorenzo del conte Giulio Seghizzo suo cugino, e finita la linea di detto Lorenzo chiamò eredi i Bianchetti d'Avignone, che pare discendino da Giacomo di Nicola che fioriva circa il 1356. Lorenzo unico rampollo dei Bianchetti, erede del cugino, mori prima del padre, cioè li 14 maggio 1743 in età d'anni 19, e il conte Giulio Seghizzo di Lorenzo morì li 31 agosto 1761, estinguendosi così in lui i Bianchetti di Bologna. Gli Ercolani ereditarono tutto il fidecomesso Bianchetti in causa di Porzia sorelia di detto Giulio Seghizzo, moglie del principe Filippo Francesco del conte Alfonso Ercolani, e per testamento del predetto conte Giulio Seghizzo delli 23 luglio 1760 a rogito Tommaso Lodi; e del libero del suddetto senatore Cesare di Giulio Btanchetti ne fu erede il conte Cesare Bianchetti d' Avignone, che trasportò la sua famiglia in Bologna nel 1763.

Marcantonio Ercolani aggiunse il terzo piano a questi stabili nel 1763, e chiuse una porta in confine dei Ringhiera dov' era il principio di un vicolo che terminava in Strada S. Vitale in faccia a Caldarese.

N 2485. Casa che del 1371 era di Dardo, o Gherardo, di Francesco Paleotti, e probabilmente da loro abitata, stantechè si sa di certo che i detti Paleotti furono anticamente della parrochia di S. Marco. Passò poi alle monache di Sant' Omobono.

N. 2484. Stabile dei Padri di S. Giacomo. Li 18 giugno 1317 Mina Boccaferri, vedova di Monto Sabadini, dona ai frati di S. Giacomo la metà di tre stanzioni posseduti per indiviso con Pietro Parisi, sotto le capelle di S. Marco e di S. Bartolomeo di Porta Ravegnana, in confine di Pietro Borromei, delle strade di S. Donato, e di San Vitale, e della donatrice; più due altri stanzioni, che altra volta erano tre, posti in Strada S. Donato, in confine dei sopradetti primi stanzoni, della casa di detta Mina, e della predetta strada. Rogito Lambertino Battagliani.

1371, 11 febbraio. Comprano i Padri di S. Giacomo, da Bulgaro Negri, quattro parti delle nove di una casa sotto S. Marco, in Strada S. Donato. Confina Giacomo da Budrio, Gerardo Paleotti di sotto, Margarita Lana, e certe stanze dei compratori, per L. 150. Rogito Giacomo Vanuzzi. I detti frati avranno in seguito acquistato le cinque altre parti, poichè questo stabile apparteneva loro per intero anche del 1796.

I detti stanzoni posti nel trivio di Porta Ravegnana furono affittati dai Padri di S. Giacomo, per annue L. 21, a Giorgio di Matteo Sanguinei Pannolini negoziante di pannolini. Rogito Bonaventura Paleotti delli 27 marzo 1421.

Aggiunte

1319. 6 febbraio. Inventario legale dell'eredità di Simone Picigotti: Due case in Strada S. Donato, e una in via Valdonica. Rogito Giacomo Sangiorgi. Confinavano assieme, i Consolini, e i Terrafocoli.

Queste case dovevano far parte, o del palazzo Malvasia, o di quello dei Pannolini.

1560, 27 maggio. Compra Albice Duglioli, dagli eredi di Giacomo Pacchini, due case sotto la Maddalena in Strada S. Donato, per L. 3700. Rogito Leone Masini. Confinavano col compratore, cogli eredi di Pellegrino Vezza, e coll' altra casa acquistate con questo stesso contratto, la quale anch' essa confinava coi Vezzi da due lati.

Nell' inventario dei beni di Annibale di Gio. Seniore Bentivogli, si trova:

Una casa con altra di dietro, sotto Santa Cecilia. Confina cogli eredi di Gaspare Malvezzi, cogli eredi Angelini, colla via pubblica, e il Fossato di dietro.

Potrebbe essere compresa nella casa Malvezzi Locatelli.

Una casa sotto la detta parocchia, in confine di strade da due lati, e degli eredi di Beccarello Bentivogli.

Potrebbe esser quella poi Salaroli.

Una delle indicate due case era detta nel 1476 casa d' Annibale.

1365, 18 gennaio. Bente, forse d'Andrea Bentivogli, aveva casa sotto la parrochia di Santa Cecilia, con altra casetta di dietro, che confinava con due strade, cogli eredi di Pannino Bentivogli, e di Nicolò Prandini.

Potrebbe essere quella poi Salaroli.

1317, 13 luglio. Bente d'Ivano Bentivogli comprò una casa nel Vignazzo, in capella di S. Sigismondo. Rogito Bernardino Compagnoni.

1505, 30 maggio. Donazione di Ercolesse del fu Sante Bentivogli, a Giovanni ed a Ginevra coniugi Bentivogli, di una parte di casa in Strada S. Donato, esclusa una parte dell' orto, e una casetta ad uso di stalla, promessa da detto Ercole ad Ettore Paliotti.

1429, 21 giugno. Barnaba del fu Giacomo Bombace compra da Bartolomeo del fu Matteo Preti una casa sotto S. Donato, per L. 600. Confina Pasio Fantuzzi e la via pubblica di S. Donato. Pasio Fantuzzi aveva casa dove fu poi il palazzo Magnani.

Li 27 marzo 1447 si dice che i Bombaci avevano una casa grande in via di Mezzo, sotto Santa Cecilia, in confine di Giovanni Monterenzoli (ora Banzi), della via pubblica, di Giacomo Pannolini, e di Antonio Fuzzi, valutata L. 600. Più una casa con cammino e abitazione grande a pian terreno dalla parte inferiore, annessa all' orto del l' altra suddetta casa, e tutto il terreno che è dopo detto cammino sino al muro della cucina della casa in via, e parocchia di S. Donato. Confina la via pubblica, Antonio Fuzzi, e gli eredi di Pasio Fantuzzi. Il tutto valutato L. 30.

1352, 21 novembre. Dichiarazione di Vermiglia da Marano, moglie di Achille del fu Bente Benlivogli, colla quale dichiara che Uguzzone de' Uguzzoni è decaduto da ogni sua ragione che ha, o potesse avere, sopra un edifizio posto in contrada Santa Cecilia. Confina Strada S. Donato, e la via del Fossato.

1365, 13 luglio. Compra Bellino de' Reggi, da Antonio, e da altri dei Bentivogli, una casa in Strada S. Donato.

1366, 2 giugno. Divisione di Andalò, Calorio, ed altri dei Bentivogli, di una casa in Bologna.

1374, 23 ottobre. Case di Antonio di Bertolo di Francesco Bentivogli sotto Santa Cecilia.

Spettacoli, opere serie e buffe date in diverse epoche al Teatro Nuovo, oggi Comunale, dalla riapertura fino alla primavera del 1827.

1763. Primavera — Trionfo di Clelia, con balli.

1764. Primavera — Alessandro nelle Indie, con balli

1768. Carnevale — Ezio, con balli.

1770. Primavera — Niteti e l'Armida, con Balli.

Carnevale — Gran Cid e l' Ecuba, con balli.

1771. Primavera — Orfeo e l'Aristo, con balli.

1772. Carnevale — Didone, con balli.

1774. Carnevale — Vologeso, con balli.

1779. Autunno — Scuola dei gelosi e il matrimonio per inganno, con balli.

1788. Carnevale — Il Barone a forza e il trionfo di Bacco, con balli.

1792. Autunno — Zenobia in Palmira, con ballo.

1795. Primavera — Apelle e Campaspe, con balli.

1796. Primavera — Merope e l'Ines de Castro, con ballo.

1797. Primavera — Alzira, con balli.

1799. 10 agosto — Cantata: Il Valore, la Verità, il Marte e la Fortuna.

1802. Autunno — Il nuovo Podestà, con ballo — L'Antigone, con ballo.

1803. Primavera — La vendetta di Nino — La Vergine del Sole, con ballo.

Autunno — La selvaggia nel Messico, con ballo.

1804. Estate — Il conte di Saldagna, con ballo.

1807. Autunno — Giulietta e Romeo — I due Gemelli, con ballo.

1808. Primavera — Il principe di Taranto — Il Re Teodoro, con ballo. Autunno — Ginevra di Scozia, con balli.

1809. Carnevale — Locanda dei vagabondi — Il matrimonio per concorso, con ballo. Estate — Il Sargino, senza balli.

1812. Estate — Adelasia ed Alerano — L' Attila, con ballo.

1814. Estate — Tancredi, con ballo.

1815. Carnevale — Pamela nubile — L' Elisa — La pianella perduta — Le gelosie di Giorgio, senza balli.

1817. Carnevale — Ciato, con balli.

Primavera — Morte di Mitridate — La Vestale, con ballo.

1820. Primavera — Semiramide, col ballo la Vestale. (Primo anno che fu dato dote dalla Comune di Scudi 5000, del teatro gratis, e dei veglioni, con privativa).

1821. Primavera — Arminio — La Maria Stuarda, con ballo.

Autunno — La sposa fedele — Il Barbiere di Siviglia — Emma di Resbusgo, con balli.

1822. Carnevale — La Gazza ladra — L'inganno felice — L' Italiana in Algeri, con ballo.

Primavera — Mosè in Egitto — L' Alzira, con ballo.

Autunno — La donna del lago — Adelaide di Borgogna, con ballo.

1823. Carnevale — Giannina e Bernardone.

Primavera — Annibale in Bittinia — Gli Illinesi, con ballo.

1824. Carnevale — Pietro il Grande — La dama soldato.

1825. Autunno — Elisabetta — Semiramide, con ballo.

1826. Autunno — Il Crociato, con ballo.

1827. Primavera — La Semiramide, di Rossini, senza ballo.

(1). Frate Verio Beccadelli scrisse: I Piatesi discendere in linea diretta da un Platesio tedesco, che Ottone I Imperatore, nel 951 aveva innalzato alla carica di prefetto del Mansionatico, tributo così detto. Altri vogliono che l'origine di questa famiglia fosse molto più remota, e che fabbricasse il castello di S. Venanzio e lo signoreggiasse prima dei tempi di Teodosio II Imperatore. Egli è fuor di dubbio che la sua provenienza è di antichissima data. Crescenzio li fa discendere dalla famiglia dei Platoni conti di Borgo Val di Taro, discendenti dal conte Anghiera, dai quali discendono pure i Visconti. Nel 1297 Bettizzo di Dionigi aveva le sue case sotto la parocchia di S. Iacopo dei Piatesi.

Da Leone X ebbero il titolo di conti di Rauda e Boscoforte, concessione revocata da Clemente VII nel 1572. Avevano beni a Rauda, o Raveda, nei comuni di Galiera e di San Venanzio, alla Padulle e Sala. Nel 1287 in S. Giovanni in Triario. Nel 1582 in Santa Maria di Miserazano. Ebbero sepoltura nell' Annunziata.

La torre dei Piatesi era nelle loro antiche case rìmpetto alla Metropolitana. Quelle case, sotto la parrocchia di Sant'Andrea dei Piatesi nella via di S. Pietro, le possedevano del 1259. Alessandro di Bartolomeo era della parocchia dei Santi Sinesio e Teopompo. Ebbero il senatorato nel 1579 e nel 1590.

L' ultimo dei Piatesi, morto li 4 gennaio 1793, fu il conte Carlo Nicola di Alessandro, il quale fece un censo vitalizio con monsignor Pompeo Aldrovandi di una quantità di terreni che erano sotto acqua, col patto di dare alla sua figlia Camilla scudi 18000 di dote.

(2) Alcuni hanno creduto che derivino da Forlì, ed altri da Bologna. Ebbero capella in S. Francesco fabbricata da Iacopo Bottrigari famoso giureconsulto, con deposito ove esso fu sepolto. Nel 1575 Mario di Ercole ebbe un'eredità Pannolini. Ebbero pure l' eredità Usberti e con questa il padronato del benefizio semplice della Santissima Trinità e di San Teodoro di Minorino e Budrio.

Il ramo dell' abbate Scipione abitava in Strada S. Donato nella casa ora Savini al N. 1740. L'antica casa dei Bottrigari era nel Mercato di Mezzo, e nella chiesa di S. Michele ivi posta vi era un altare da loro eretto fino dal 1440. Ivi abitavaci il ramo di Giovanni Battista e di Casio, e precisamente nel 1560, possedendo due case nella contrada Venezia con due botteghe, ed altre cinque pure nel Mercato di Mezzo. Nel comune di Gesso avevano un palazzo con possessione di tornature 88, e due in Sant'Alberto; in Galiera cinque poderi, una possessione ed un prato; a Castel de' Britti palazzo con peschiera; a Pizzocalvo e Casola Canina tornature 303; in S. Martino in Casola, in S. Lorenzo in Collina ed a Crespellano tornature 241, 0, 1; un prato a Confortino, molti crediti di Monte ed un' annua prestazione di L. 100 dovutagli dall' eredità di Nicolò Sanuti.

Dei Bottrigari di Strada S. Donato sotto la parrocchia di Santa Cecilia fu erede il senatore Giovanni Fantuzzi nel 1740, il qual ramo aveva beni a Liano venduti nel 1621 per L. 18000 ad Ippoiita Tanari vedova Buggeri. Avevano beni a Ganzanigo, che nel 1644 vendettero a Porfirio Linder. La possessione detta Bottrigara nel Medesano passò coll'eredità ai Fantuzzi.

Fino del 1266 avevano case sotto la parocchia di S. Pietro e Marcellino.

(3) Paleotti, famiglia di qualche antichità, ma non dell'origine favolosa riportata dal Campana. Il suo antico cognome era dalle Pallotte, o dalle Paliotte.

Tutti avevano sepoltura in S. Iacopo.

Nel 1453 Vincenzo di Bonaventura esercitava l'arte della strazzaria.

Nel 1497 alcuni dei figli del dottor Vincenzo erano banchieri, e nel 1499 trafficavano in frumento e biade.

Nel 1502 Astorre negoziava in sale, in società con Napoleone Malvasia tesoriere di Bologna.

Le case le ebbero, nel 1546, sotto la parecchia di S. Giorgio in Poggiale.

Nel 1551 Bonaventura di Floriano era della parrocchia di Santa Maria Maggiore.

Nel 1543 Lucrezio di Sigismondo era della parrocchia di S. Felice.

Nel 1569 Giulio era della parocchia di Santa Margherita.

Del 1580 Annibale e Francesco erano della parrocchia di S. Benedetto.

Il casamento, ultimamente di proprietà Benati, sotto la parocchia di Sant' Andrea degli Ansaldi, nel 1584 era dei Paleotti. Nel 1641 fu venduta ad Orazio Montecalvi causidico, per L. 25000.

Palazzo in Strada S. Donato, già senatorio, composto dell' antica casa di Vincenzo Paleotti I. C. e della bella casa già edificata dai Salaroli. Aveva annesse le scuderie di Giovanni II Bentivogli, che furon affittate al Monte della Canepa. Alla morte del senatore marchese Giuseppe, questo palazzo colla sua eredità passò al marchese Filippo Bentivogli. L' unica sua nipote ex figlio erede, la marchesa Lisabetta Bentivogli, vedova, senza figli, del marchese Paolo Magnani, instituì eredi gli ospitali Azzolini ed Abbandonati.

Di dietro al detto palazzo, rimpetto a S. Sigismondo, nella parte contigua al Monte della Canepa, vi abitava il ramo Paleotti di monsignor Alfonso Arcivescovo di Bologna.

Nel 1348 frate Francesco di Bonaventura aveva casa nel Mercato di Mezzo.

Avevano casa e bottega sotto S. Dalmasio de' Scannabecchi, venduta da Baldassare Leti al dott. Vincenzo e Sigismondo Paleotti, per L. 450, nel 1456.

Il ramo di Carlantonio, discendente da Stazio, uno dei figli di Vincenzo I. C. , abitava nel 1616 sotto la parrocchia della Mascarella.

Avevano un casamento sotto la parrocchia di S. Michele dei Leprosetti, che fu poi di Valerio Sampieri.

Nel 1511 Astorre del fu dottor Vincenzo Paleotti comprò da Agnolo di Abramo da Fano, ebreo, che teneva banco d' usura in Bologna sotto la parocchia di Sant' Andrea degli Ansaldi, detto il Banco della Schola, una casa sotto la parocchia de' Leprosetti. Confinava a mezzodì la Strada Maggiore, a settentrione Marcantonio e Annibale Fantuzzi, per L. 3000. Nel 1531 è detto che confinava colla casa di Antonio Galeazzo Malvasia.

Avevano pure un palazzo lungo il Guasto, di proprietà del ramo del marchese Bernardino, che nel 1494 abitava sotto la parocchia di S. Marco.

Il ramo di Sigismondo di Bonaventura abitava nel 1495 sotto S. Colombano.

Il ramo di Antonio di Bonaventura era della parrocchia di Santa Maria di Porta Ravegnana.

Il detto ramo possedeva tre casette contigue con orto e prato sotto la parocchia di Santa Lucia in Pozzo Rosso.

Scipione di Vincenzo nel 1519 abitava sotto S. Martino dell' Avesa.

Possedeva due case nel Borgo delle Ballotte, e Mirasol Grande.

Il ramo senatorio s' estinse nel senatore marchese Giuseppe morto senza figli, e in vigore di testamento la sua eredità passò al marchese Filippo Bentivogli, siccome figlio di Lisabetta Paleotti zia di detto marchese Giuseppe. Il marchese Filippo Bentivogli lasciò erede la sola figlia Lisabetta sua nipote ex filio, che sposò il senatore marchese Paolo Magnani. Costei morì vedova e senza figli nel 1766, e lasciò eredi i due ospedali Azzolini e Abbandonati. Poco dopo seguì una transazione fra i detti due ospedali e il senatore conte Gregorio Casali, sostituito nel testamento del marchese Filippo Bentivogli, nella quale transazione, del patrimonio Paleotti, fu assegnato agli ospedali il palazzo e annessi in Bologna, la tenuta e il palazzo Arienti, e il palazzino col fondo alla Madonna del Monte. Il senatore Casali ebbe la tenuta e il palazzo di S. Marino.

All'altare dell' Annunziata in S. Pietro avevano il padronato di un ricco benefizio.

Avevano pure i benefizi dei SS. Bartolomeo e Biagio, dell' Assunta e di S. Gio. Battista, fondati nella Metropolitana da Felisio Raimondi nel 1401, poi patronato dei Paleotti donatogli nel 1481.

Avevano capella e altare di S. Francesco con arca nel Corpus Domini.

Il senatore Giuseppe Maria obbligò il conte Filippo Bentivogli, suo erede, a terminare ed ornare decentemante questa capella entro un anno dal giorno della sua morte.

Capella dedicata a S. Gio. Battista con sepoltura in S. Iacopo.

Nomina di tre doti da dispensarsi il giorno di S. Pietro nella Metropolitana.

Padronato del benefizio semplice della SS. Annunziata nel 1669.

Nel 1581 D. Pellegrino e Filippo, fratelli Mazzini, cedettero le loro ragioni sopra la loro chiesa rurale di Santa Maria di Miserazano al senatore Camillo Paleotti.

Capella, altare e sepoltura in Santa Cecilia.

Dote annua a una zitella del comune di S. Marino.

Aveva beni ad Anzola, impresa degli Arienti della rendita di L. 9731, 19, 15. Armarolo, Bagnarola, Barisella, Co di Fiume, S. Benedetto, Bisano, Livergnano, S. Giorgio di Montagna, Scanello, Bonconvento, Borgo, Santa Viola, Spirito Santo, Caldarara, Budrio, Casal Fiumìnese, Casalecchio de' Conti, Castagnolo Minore, Funo, Castel S. Pietro, Castenaso, Fiesso, Corticella, Ronchi di Corticella, Crespellano, Calcara, Croce del Biacco, San Donino, Sant' Egidio, Galiera a Rovera, o Sant' Agostino di Galliera, Gaveseto, S. Giorgio di Piano, Longara, Marano, S. Martino in Casola, S. Martino tenuta, Soletto, Santa Maria in Dono. La tenuta di S. Marino era di semina corbe 127. S. Martino in Soverzano, Madonna del Monte, che nel 1564 il senator Camillo comprò da Alfonso Zani, e cioè i miglioramenti di tornature 16 di diretto dominio dei Padri di S. Procolo, Ozzano, Pianoro, Piumazzo, Pizzano, Pizzocalvo, Pradola, Quarto di sotto e di sopra, Sesto nell' Imolese, San Silvestro o Chiesa Nuova, Stiatico, Trebbo, Villafontana, Buda, Medicina, Ganzanigo, Zola Predosa. Non si desuma però una corrispondente ricchezza dal numero delle comunità nominate, poichè sono citate o per causa di contrattazioni, o di piccole pezze di terra possedute dai Paleotti per una lunga serie d' anni, ma in diverse epoche.

Ramo Paleotti superstite, che ultimamente si suddivideva in due rami. L' uno proveniente dal marchese Francesco, primogenito del marchese Andrea e di Felicita Lanzoni mantovana sua prima moglie, per cui ebbero I' eredità Lanzoni, quindi i suoi discendenti abitarono parte dell' anno in Bologna ove avevano un quarto del palazzo e beni nel territorio, e parte in Mantova dove avevano i beni Lanzoni.

L' altro proviene dal marchese Ferdinando, figlio del marchese Andrea e di donna Cristina Dudley dei Duchi di Northumberland sua seconda moglie, e possedeva pure parte del palazzo e beni nel territorio.

Questo ramo abitava da epoca la più remota nel palazzo lungo il Guasto, sotto la parrocchia di Santa Cecilia rimpetto al palazzo senatorio Paleotti , che Bernardino di Floriano rifabbricò nel 1587. Questo ramo è infetto perchè propagato da Carlo figlio naturale di Bernardino di Floriano nel 1587, che fu legittimato da monsignor Gio. Battista Campeggi Vescovo di Maiorica. Furon fatti marchesi nel 1622. Questi Paleotti, cui appartenne Antonio di Bonaventura, nel 1494 abitavano sotto la parrocchia di S. Marco, e nel 1496 Antonio, stipite di questo ramo, con Carlo e Andrea suoi figli sotto quella di Santa Maria di Porta Ravennate, più avevano bottega dell' arte della seta. I loro beni erano a Sant' Agostino, Badalo, Brento, Monterumisi, Scascoli, Vado, Budrio, Casaglia, Tavernelle Villafontana.

Quando cessò il ramo senatorio, il superstite pretese subentrare nelle nomine e nelle onorificenze, ma non ottenne che ben poco o nulla.

Nel 1599 ebbero l' eredità Meratti in causa di Congenua moglie di Carlo Paleotti.

L' arma del ramo senatorio inquartava i gigli di Francia, e tre leopardi d' Inghilterra frammezzando i quarti con tre fascie nere in campo d' oro, che sono del marchesato di Geva. Il ramo superstite porta la sola arma Paleotti.

Alessandro di Vincenzo dottor in leggi senator II fatto nel 1552 in luogo di Annibale suo fratello, morto fino del 1516, fu marito di Gentile della Volta. Morì li 13 settembre 1527, altri dicon li 8 marzo 1527, e il suo senatorato passò a Vincenzo Ercolani. Era lettore del Collegio de' giudici canonico e civile.

Annibale di Vincenzo senator I, marito d' Alessandra Marsili, nel 1512 fu carcerato per cospirazione e condannato a pagare 400 ducati. Nel 1514 fu fatto senatore in luogo di Ercole Felicini. Morì in Roma li 24 novembre 1516. Era notaro del 1500. Alessandra sua moglie si rimaritò con Giulio Bottrigari.

Camillo del senatore Alessandro, senator III, fatto in ottobre del 1541 in luogo di Bonaparte Ghisilieri, fu marito di Leona Leoni. Essendo Gonfaloniere processò gli Ebrei, i quali lo accusarono d' ingiustizia. Fu citato a Roma da Pio IV, dove si giustificò. Fu esso assolto e castigati i calunniatori. Nel 1572 fu ambasciatore a Gregorio XIII per la sua elezione. Nel 1580 fu ambasciatore residente in Roma. Fu poeta elegante. Leona sua moglie era figlia d' Ascanio con dote di scudi 400 d' oro. Per l' affare degli ebrei partì per Roma li 16 aprile, e fu sospeso dal senatorato per anni dieci, ma li 4 maggio 1567 fu rimesso in carica e assolto. Nel 1573 fu uno dei soci della stamperia Bolognese. Egli fece l'orazione a Gregorio XIII. Nel 1576 fu eletto ambasciatore per prestar obbedienza a Sisto V. Testò li 19 aprile 1 588 a rogito Gio. Battista Cevenini.

Marchese Camillo del senator Galeazzo, senator V. In aprile del 1621 sposò Lelia dei marchesi Malaspina. Fu fatto senatore nel 1628 in luogo del padre. Accademico Acerbo armeggiò nel torneo del 1628. Alloggiò in casa sua per alcuni anni l'Infante Maria di Savoia, per cui dal duca fu fatto marchese di Ceva in Piemonte e suo ambasciatore residente in Roma. Era pronipote del cardinal Gabrielle. Fu ambasciatore ordinario di Bologna a Roma dal 1668 al 1675. Morì li 30 marzo 1678.

Galeazzo del senator Camillo, senator IV, fu marito di Lucrezia Pepoli, e cavaliere di S. Iago. Sua moglie era figlia del conte Cornelio. In tempo del Legato Giustiniani diede un pugno in faccia ad un altro senatore in Reggimento. Il Legato volle iniziargli un processo per delitto di lesa maestà e confiscargli i beni, ma egli scrisse a suo zio benemerito del Re di Spagna, che energicamente lo protesse, per cui il Legato fu costretto desistervi tosto. Sua moglie morì li 6 settembre 1623 e fu sepolta nel Corpus Domini. Fu uomo di molto ingegno ed eruditissimo, risiedè ambasciatore in Roma, e fu commissario del Papa. Il cardinal Gabrielle, morto in Roma nel 1537, gli lasciò tutti i suoi manoscritti fra i quali l'originale del Concilio di Trento da custodirsi da esso e da' suoi eredi in perpetuo. Morì lì 10 gennaio 1640, e nel senatorato gli successe Camillo suo figlio.

Marchese Giuseppe Maria del marchese senator Camillo, senator VI, nacque li 21 luglio 1631. Sposò Angela Palazzoli romana, vedova di Pietro Androsilla, la quale morì li 11 febbraio 1702. Fu Gran Croce dell' ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro. Questi fu l' ultimo del suo ramo, e la sua eredità passò al marchese Filippo Maria Bentivogli figlio di Elisabetta Paleotti. Testò li 24 maggio 1690 a rogito Domenico Maria Boari.

(4) I Bentivogli vengono tutti da un Zambone da Viadagola beccaro Costui è l'autore delle famiglie di Bologna, di Ferrara, di Gubbio, e di Sasso Ferrato. Tutte le altre origini che vengono citate dai cronisti sono mere invenzioni.

Il ramo principale è quello dei Bentivogli d' Aragona, ora stabilito in Ferrara. Sono nobili di Venezia e Grandi di Spagna. Massimiliano I Imperatore donò l'aquila dello stemma Bentivogli. Il palazzo di Ferrara fu prima dei Pasini. Nel 1552 l' erede d' Annibale II abitava in Ferrara nella contrada di S. Guglielmo di Terra Nova in piazza nova.

Il Duca di Milano donò in feudo a Giovanni II, Calvi, e Antinago, ossia Antignano.

Nel 1420 Martino l'investì, come vicario di Castel Bolognese, Antonio Galeazzo.

Gragnosco, nel territorio di Novara, fu dato a Donina Visconti, moglie di Annibale I, e suoi figli discendenti nel 1442.

I primogeniti furono marchesi di Gualtieri sul Reggiano, ove avevano terreni e molini; furono conti di Magliano sul Senese, e possedevano molini a Borsello, e a Bezzo.

Gallerate nel Milanese nel 1595 fu dato in feudo da Lodovico Moro a Giovanni II e suoi discendenti.

La Duchessa Bona, tutrice di Giovanni Galeazzo Duca di Milano, investì nel 1480 Giovanni II, e suoi discendenti in perpetuo, di Antignate, Covo, e Passo di Pizzighettone, i quali beni furono poi goduti dai Bentivogli.

A Gualtieri vi è un superbo palazzo fabbricato dal marchese Ippolito nel 1613. La bellissima chiesa dedicata alla B. V. della Neve fu da esso fabbricata. Vi sono sei canonici, una prevostura, e due mansionarie.

In Bologna nel 1374 avevano case ad uso d'osteria sotto S. Bartolo di Porta Ravegnana, ed altre sotto S. Dalmasio.

Nel 1513 Leone X restituì i beni del bolognese ai Bentivogli, che gli furono di nuovo confiscati. Finalmente li ricuperarono nel 1529.

Nel 1374, per eredità Maranesi e per dote di una Maranesi, ebbero beni a Savena, Minerbio, Granarolo ( Orig. Gravanello. ? Breventani), Medicina, Ganzanigo, Castel S. Pietro, Croara e Bagnarola.

Toniolo nel 1374 avea beni a S. Giovanni in Triario e a Barattino.

Annibale II nel 1534 ne aveva a Crespellano.

Nel 1537 Ginevra di Alessandro ne godeva ai Ronchi di Bagnarola.

Avevano il dazio delle carticelle nel 1446.

Il Monte Bentivoglio.

Quando Giovanni fu scacciato da Bologna, i Bentivogli possedevano:

N. 26 case, 7 stalle, 26 botteghe, 4 beccarie, 15475 crediti, 8 palazzi, 17 molini, 3 osterie, 4 cascine, tornature 1785 di prati, 3410 di boschi, 840 di valli, 4700 di valli boscareccie, annue corbe 428 di semina, e tornature 12481 di terreni.

Avevano beni alla Pegola e Malalbergo.

Belpoggio, palazzo fabbricato da Giovanni II, e dato in dote a Lucia sua figlia naturale, moglie di Alessandro Sforza Attendoli Manzoli.

Bentivoglio, o Ponte Polledrano, nel comune di Santa Maria in Dono. Fu già dei Canetoli e dato ad Annibale Bentivogli da Nicolò Picinino Legato in Bologna del Duca di Milano nel 1441. La torre nelle Fosse e il ponte di pietra sul canale, detto ponte Polledrano, erano feudali, ossia enfiteutici, e come tali concessi dalla Camera di Bologna ad Annibale e suoi discendenti.

Palazzo di Foggianova fabbricato da Giovanni II, poi passato ai Bentivogli di Bologna.

Giovannina di Giovanni II bonificò gran parte di paludi e valli fra Crevalcore, San Giovanni e Sant' Agata, e formò l'impresa Giovannina con palazzo o fortilizio.

E siccome accennammo al palazzo Belpoggio fuori Strada Stefano, oggi posseduto dalla famiglia Ercolani, cadrà in acconcio il dare un brano tolto da un codice inedito che porta un opera scritta per Giovanni Sabadino degli Arienti, conservato nel grande Archivio Notarile di Bologna, in fine del quale si legge il seguente capitolo nella sua originale dizione.

OPERA NOMINATA GYNEUERA DE LE CLARE DONNE COMPOSTA PER IOANNE SABADINO DE LI ARIENTI

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Instructione delopera: che se presenti a la mia excelsa Madonna: dove debbe stare perpetuamente.

O mia opera illustrata dal nome eterno de Gyneuera Sforza Bentiuoglia, prima che uadi ad' sua excellentia, non te ornare de auro, ne de argento, se non de fronde di Gyneuero in segno di laetitia, et pace. Poi andrai ad trouarla adcompagnata de fede, de amore, et di speranza fuori de la Cita a Belpogio palazo de non poca iocundita et prestantia, situato sopra uaghi et ameni Colli in la radice del Monte Apenino, la donde in compagnia de molte generose donne cum desiderio te aspecta. Tu entrarai prima nel bel Cortile cinto de alte mura, come de uno Castello; doue trouarai uno Fonte fabricbato, che in alto scaturisse acqua uiua la quale per nutrimento del tempo estiuo rinfresca le uaghe et hodorifere herbe che sono iui cum li uarii fructi, lauri, et bussi, et gyneueri: come de un bel giardino. Poi ascenderai dieci gradi de scala facti in pietra uiua, larga quanto sia el palazo, et peruenirai sotto la logia de quello, firmata sopra octo Colonne de rossa pietra : et se quiui sotto questa logia, ouero sotto la sequente logia, a sinistra mano firmata sopra cinque altre simile Colonne non fusse, ouero a la dextra mano a lato le tre grande finestre de ferro gabbiate non fusse la sapientissima donna uerso quella parte, doue è di fuori pincto uno fiero Hercule, che in una mano tiene superbamente uno Troncho, et ne laltra uno Scudo cum larma bentiuoglia, et diuisa sforcesca; montarai le scale del palazo, et trouarai lei sopra li pogioli de trentasepte Colonnelle de rossa pietra tondi et in octo faccie, dove se uede li fructiferi monti, cum el piano, et tutta la Citate. Se quiui ancora non fusse, ella trouarai o in sala, ouero in una de le adorne Camere sedere in lepidi rasionamenti, rechedendolo el tempo, et la stasone. Come la uedrai, fa a lei reuerentia, et ne le sue mani te poni, dicendoli: che se non sei ornata de quel splendore, che a la sua gran uirtute conuirebbe. Se digni per clementia perdonarmi, che meglio non ho potuto, ma dignate acceptare, la fede, lamore, et la speranza che sono in tua compagnia: le quali uirtute legendoti spesso spesso trouara sincere in loco de la mia ìmpotentia. Son certo che alhora dolcemente ridendo, come costume do sua benigna natura dirà: che sii la benuenuta, et forsi te osculerà molte volte, ponendoti infra li suoi più cari thesori, acio insieme come io possa sempre uiuere contento. Ma se lei, ouero alcuna de quelle preclare donne, che saranno cum lei dicesseno: perche non ho facto memoria, or de questa or de quella altra defunta, et de quella altra uiuente, di bassa, et di alta fortuna, che honestamente, et cum degna uirtù uiueno. Alhora cum reuerente ardire responderai: che de tutte non habiamo possuto sapere; et se io hauesse terminato celebrare le uiuente ne hauerei de ogni stato cum debita laude recordate molte de la nostra Citate, etc.

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E qui seguita l' autore col nominarne brevemente alcune, e termina notando l' anno 1483.

(5) Questa torre, della quale a suo tempo ne parleremo, trovatasi nel palazzo ora appartenente all' illustre prof. Francesco Rizzoli in Strada Maggiore.

(6) I Campeggi discendono da Ugolino nato a Campeggio castello del Bolognese. Questi fu capitano dei Pisani, e il primo della sua famiglia che abitasse in Bologna.

Ugolino fu figlio di Lorenzo uomo facoltoso.

Questa famiglia si estinse nel 1728, e l'eredità passò al marchese Emilio Malvezzi figlio di Francesca Campeggi sorella del marchese Lorenzo ultimo maschio della casa.

Avevano palazzo in Roma donato da Enrico VIII Re d' Inghilterra al cardinal Lorenzo Campeggi, che fu poi venduto al cav. Borghesi per scudi 12000, ed era in Borgo Novo. Il palazzo di Tusculano nel comune di Saliceto, del quale demmo dettagliata descrizione, nel 1602 fu venduto al card. Bevilacqua, di proprietà prima dei Remondini. Ebbero beni a Campeggio, Budrio, Vedrana e a Sant' Agata nel 1280.

Nel 1546 Antonio Maria ebbe dal cardinal Alessandro suo cugino, Vescovo di Bologna, tornature 2800 in enfiteusi, spettanti alla Mensa di Bologna, che furon vendute dal conte Annibale suo figlio nel 1580.

Possedevano valli a Dugliolo, che vendettero al conte Ulisse Bentivoglio per L. 35000.

L' eredità Campeggi avuta dai Malvezzi consistette, oltre al palazzo di Città e il feudo di Dozza, nei beni allodiali a Dozza, nella tenuta detta Brajola presso Castel S. Pietro, coll' osteria del Gallo e palazzo padronale. I Malvezzi vendettero questa tenuta al marchese Paolo Magnani, per L. 80000, impiegate a pagare i debiti dell' eredità. Passò poi al marchese Sigismondo Malvezzi erede Magnani.

Avevano beni a Malalbergo con palazzo, e nel 1583 ne possedevano a Borgo Panigale.

Furon fatti conti di Dozza nel 1528. Ebbero poi il titolo di marchesi di Dozza, essendo prima contea.

Nel 1553 furono signori d' Orsara.

Nel 1530 furono conti di Pescina sul Feltrese.

Fu di loro nomina il Primicerato di S. Pietro. Avevano sepoltura in S. Bernardino e nell' Annunciata.

Il palazzo Campeggi fu fabbricato da Nicolò Sanuti, poi passò in dominio di Annibale Bentivogli II. Giulio II lo donò a Giovanni Gozzadini, che fu poi cardinale; indi passò ai Campeggi, e da questi ai marchesi Malvezzi eredi, che lo vendettero ai conti di Vincenzi. Passò poi per eredità ai Bevilacqua.

Il cardinale Lorenzo Campeggi comprò la casa del collegio Ancarano da S. Paolo per fare il giardino di questo palazzo nel 1532. Dove trovasi questo palazzo vi erano le case con torre dei Feliciani nel 1149. Fu venduto ai de Vincenzi per scudi 8000, prezzo assai tenue rispetto all' ampiezza e sontuosità dell' edifizio, ma che fu creduto congruo stante il cattivo stato in cui era e la necessità di dispendiosi risarcimenti. I Malvezzi ritennero però l'altro casamento, o palazzo antico dei Campeggi, detto il palazzaccio, che è contiguo al predetto sull' angolo quasi della via Urbana. Ritennero pure altri casamenti dalla parte di dietro verso S. Paolo. Questo palazzo, detto anche palazzo vecchio, era l' antica abitazione dei Campeggi prima che comprassero il palazzo Sanuti. Il primo a comprar palazzo in Bologna fu Donato di Ugolino.

I Campeggi avevano il privilegio Pontificio, e Imperiale di legittimare e crear dottori, notari, ecc. Questo privilegio, dato in Colonia li 18 agosto 1512, fu confermato in Vienna l' ultimo ottobre 1517, e riconfermato da Leone X, tertia idus martii 1519, et decima Kal. iulij 1520.

Donato di Ugolino nel 1286 fu fatto, con tutti i suoi discendenti, nobile Pisano. Ebbero il senatorato nel 1506.

Annibale di Antonio Maria, senator IV, sposò in prime nozze Giulia Calderini, che morì li 9 novembre 1573, indi li 17 agosto 1575, anniversario della nascita della sua prima moglie, si rimaritò con Corintia Volta, figlia di Bartolomeo cavaliere e senatore, che gli portò in dote scudi 7000. Fu cavaliere di Cristo di Portogallo e conte di Dozza. Nel 1592 fu uno degli ambasciatori che andarono a prestar obbedienza a Clemente VIII.

Annibale del marchese Antonio, senator VII, primogenito, marito di Francesca Riario, fu colonello di un terzo dell' armata pontificia nella guerra di Urbano VIII.

Antonio Maria di Giovanni, senator II, fu marito di Francesca Gozzadini. Nel 1546 ebbe in enfiteusi dal cardinal Campeggi, Vescovo di Bologna, molti beni della Mensa, cioè tornature 307 in un luogo, e 3500 in un altro. Fu ambasciatore a Clemente VII, e a Paolo III. Da Paolo IV gli fu restituita Dozza già occupata dagli Imolesi. Fu otto volte Gonfaloniere, e dodici volte dei Collegi. Li 1 gennaio 1547 legittimò Angelo di Tommaso Salaroli bastardo, come da rogito Iacopo Borgolocchi. Morì li 16 novembre 1558, e il suo senatorato passò al conte Vincenzo suo figlio.

Marchese Antonio del conte Annibale, senator VI, ebbe in moglie Margarita Crispi Ferrarese. Divenne marchese di Dozza per la morte del conte Giovanni suo cugino. Nel 1606 fu bandito per I' omicidio di Alessandro Dalle Balle. Fu uno degli ambasciatori spediti dalla città ad incontrare D. Orazio Lodovisi fratello di Grogorio XV, che veniva dalla Valtellina. Il suo compagno fu Pier Maria Scappi.

Marchese Antonio Maria Illario del marchese Tommaso, senator IX, Sposò Diana Tanari, dalla quale non ebbe che un figlio maschio che mori d'anni 9 in Roma nel 1700. Questa morte e la lunga infermità sopraggiunta al padre, cagionarono l'estinzione della famiglia. Nel 1700 imprestò la sua sala per farvi commedie, concessione che fu biasimata a cagione delle sessioni che il Concilio di Trento in quella vi avea tenute, per cui gli fu fatta una Pasquinata. Li 20 gennaio 1700 fu tenuto un consulto da vari medici per esaminare lo stato di sua salute coll' intendimento di riunirlo alla moglie Diana Tanari, ma inutilmente poichè essa continuò ad abitare in Roma. Tornò poi nel 1701, ma andò col padre marchese Cesare Tanara. Il Campeggi volle visitarla, e bramava, che non convivendo seco, si ritirasse in un monastero, ma non potè ottenerlo. Nell' agosto del 1702 diede il suo palazzo ad abitare al duca di Modena. Morì li 17 luglio 1726.

Giovanni di Bartolomeo, senator I, marito di Dorotea Tebaldini Mantovana, fu dottor in leggi Colleggiato. Prima che fosse adottorato lesse in Pavia dieci anni. Nel 1483 lesse in Padova cinque anni, e fu successore di Giasone Maino; poi due anni in Bologna, indi altri cinque in Padova, al qual impiego fu confermato per altri cinque anni, e fu accolto con incontro dei magistrati e degli scolari, onore serbato soltanto a gran principi. Lesse in concorrenza di Socino, e di Giasone, collo stipendio di 1000 scudi annuì. Nel 1505 fu chiamato a leggere in Bologna. Nel 1506 fu fatto senatore da Giulio II. Nel 1511 fu deposto dai Bentivogli, poi rimesso in carica da Leone X. Fu ambasciatore al Papa, che si servì di lui nel fare i magistrati e senatori. Nel 1506, assieme al dottor Iacopo dal Bue, fu spedito ambasciatore, a nome dello studio, a Giulio II in Romagna, quando intimò ai Bentivogli d'uscire. Morì in Mantova.

Conte Giovanni del conte Baldassare, senator V, e conte di Dozza. Nel 1594 andò in Ungheria col nipote di Clemente VIII, alla guerra contro i Turchi, dove morì e fu sepolto in Presburgo, mentre Clemente VIII l'aveva eletto senatore in luogo del conte Annibale suo zio, essendogliene stato spedito il Breve.

Marchese Tommaso del marchese Antonio, senator VIII, secondogenito. Nel 1670 sposò Ippolita degli Obizzi Padovana. Fu ambasciatore a Roma dal 1661 al 1666. Sua avola paterna fu Orsina Volta sorella di Antonio Volta, il quale morì lasciando una sola figlia che si fece monaca essendo incinta. Nel testamento diceva che se fosse nato un maschio, lo istituiva erede di tutta la sua sostanza; e se una femmina, l'eredità fosse ripartita con quella già nata, con fidecomesso e obbligo però di restituire l'eredità al primo maschio che fosse nato sì dall' una che dall' altra, ed in tal caso fosse assegnata a loro una congrua dote. A questo maschio sostituì Orsina Volta sua sorella e suoi discendenti. Isotta, sua prima figlia, si fece monaca, e la postuma, che si chiamò Antonia, sposò Antonio Paselli Bianchini, e fu madre di Olimpia, alla quale essa restituì il fidecomesso. Quindi è che il marchese Tommaso Campeggi, nipote di detta Orsina, sostituita in difetto dei maschi delle suddette due figlie di Antonio, nel 1664 intentò un giudizio in Roma contro il detto Paselli Bianchini, che durò lungo tempo e fu poi abbandonato con transazione.

Conte Vincenzo del conte senator Antonio Maria, senator III, secondogenito. Entrò senatore in luogo del padre il primo dicembre 1558, sposò Brigida Malvezzi. Fu conte di Dozza. Nel 1547, da Paolo III fu fatto capitano di 200 fanti alla guardia di Parma, per la morte del Duca Pier Luigi Farnese. Nel 1572 fu ambasciatore a Gregorio XIII per la sua elezione, e ambasciatore residente presso Sisto V. Li 14 novembre 1570 parti per Roma mandato dal Reggimento, e ritornò a Bologna li 5 aprile 1571.

(7) Alcuni credono che il cognome provenga dal serpe Magnano che portano sul cimiero; egli è certo però che è famiglia molto antica.

L'annua entrata dei beni liberi Magnani del marchese senator Paolo Scipione Magnani, tanto urbani che rurali, usufruttuati dalla Marchesa Elisabetta Bentivogli di lui vedova, detratta però l'eredità Lupari, ascendeva all'annua rendita di L. 36000 circa, la proprietà dei quali era del marchese Sigismondo Malvezzi.

Avevano palazzo, orto e giardino nella contrada degli Apostoli presso il Naviglio, che del 1765 dava l'annua rendita di L. 150.

Una parte dei beni li avevano a Casalecchio in luogo detto Braiola, e a Castagnolo, ossia Molini Nuovi, entrati in casa Magnani per eredità Gozzadini, passati poi ai Malvezzi; ed a Cento dì Budrio una possessione di semina corbe 54; la Gaiana, tenuta che fu dei Campeggi, presso il Gallo sulla strada di Castel S. Pietro, fu comprata per L. 80000 dal marchese Paolo Scipione, di semina corbe 215; Lavino, ossia le Tombe, con palazzo; la chiesa di Santa Maria delle Tombe fu fabbricata nel 1358 da Tommaso Magnani. Mezzolara con palazzo, possessione venuta in casa Magnani nel 1603 per eredità Lupari. Pegola, già di ragione dei Varani di Ferrara. Pianoro avuto per eredità Lupari. Prunaro, beni provenienti da eredità Gozzadini.

Nel 1535 ebbera un' eredità Tartagni, e nel 1489 un' eredità Lodovisi.

Avevano, fino dal 1464, il padronato di Gaibola.

Sepoltura in S. Giacomo.

Era pure di loro proprietà il palazzo da S. Giacomo, fabbricato circa il 1583 dal senator Lorenzo, con disegno di Domenico Tibaldi.

Il palazzo del capitano Vincenzo Magnani era in Strada Maggiore ed aveva due facciate, una in detta strada e l' altra nella via del Luzzo. Questo ramo fu erede di quello da S. Giacomo.

Avevano casa nel Mercato di Mezzo fino dal 1374, che fu venduta in detto anno ai Bentivogli.

Il palazzo nel Borgo della Paglia nel 1774 era del conte Adriano. Dopo che questo successe a quello di Lorenzo, per morte del marchese Paolo Scipione, vendettero questo stabile ai Felicori.

Ebbero il senatorato nel 1511. Furono conti di Teri, e marchesi di Camagna fatti dal Duca di Mantova nel 1604.

Conte Adriano del conte Cristoforo, senatore VIII, ebbe in moglie una Tubertini. Marchese Enea del capitano Vincenzo, senator III, marito di Orsina Leoni, poi di Laura Riario. Fu dottor in leggi, lettor pubblico, governatore d' Argenta, Lugo, e S. Severino; ambasciatore residente in Roma, e vice-duca della Mirandofa. Fu il Duca di Mantova che lo fece conte di Teri, marchese di Camagna, e cavaliere del suo ordine. Morì nel 1640, e il suo posto fu dato al marchese Gregorio Spada. La sua prima moglie Leoni morì nel 1615, e fu sepolta in S. Iacopo.

Nel 1600 abitava sotto S. Tommaso di Strada Maggiore.

Fu consigliere e maggiordomo del Duca di Mantova.

Si adottorò li 17 gennaio 1590. Era del collegio dei Giudici, e lesse nella sapienza.

Ebbe l'eredità di Matteo Lupari fratello di Gentile sua madre, con obbligo di assumerne il cognome. Fu fatto senatore li 5 ottobre 1604 in luogo di Lorenzo suo congiunto. Dovendosi, come si è detto, chiamar Lupari, ne fu dispensato dal Papa, col patto però che il primo figlio maschio che da lui fosse nato succedesse nell'eredità o assumesse il cognome Lupari.

Li 16 novembre 1607, essendo nell'anticamera del Legato, venne a parole con Valerio Bolognini cortigiano del Legato, al quale Enea diede uno schiaffo in risposta di una mentita. Per questo fatto si assentò Enea dalla città, ma pochi giorni dopo costituissi prigione nel Torrone per far valere le sue ragioni. Nello stesso giorno si costituì anche il Bolognini, e nel giorno susseguente, interpostosi gentiluomini, parenti e amici, fecero la pace, e il Legato li graziò entrambi.

La cronaca Bianchini racconta questo fatto nel modo seguente:

"Li 9 dicembre 1607 il sig. Enea Magnani e Valerio Bolognini stettero prigioni in segreta, perchè nell' anticamera del Legato fecero i pugni. Essendo venuto il Magnani a palazzo, e avendo salutato alcuni gentiluomini, niente disse al Bolognini, il quale proruppe in alcune parole, che riferito al Magnani dal suo servitore, tornò indietro. Il Magnani stette fuggitivo alcuni giorni per questa causa. Tutti quelli presso cui fu il Magnani in questo frattempo ebbero a soffrire disturbi. Il signor Lorenzo Ratta pagò 100 scudi e stette prigione. Il signor Ippolito Marsili, che gli die da mangiare, stette prigione e pagò 50 scudi. L' arciprete Guastamigli, che condusse il signor Enea alla Carità ove aveva un fratello frate, egli pure pagò e stette prigione. Il signor Enea andò alla Carità, e colà vestissi da frate, e pensava uscire per porta S. Felice, ma dubitando essere preso, tornò indietro col compagno, o andò a casa del dottor Valentini, ove furono gli sbirri che cercaronlo e non lo trovarono, benchè vi fosse. Il dottore andò prigione. Il signor Vincenzo Merighi, per essere stato coll' arciprete alla Carità, dovette costituirsi; insomma per questo fatto furono più di venti persone a Venezia, e il signor Enea, che fu cagione di tutto il rumore, uscì di carcere, dopo esserci stato un mese, senza pagar niente".

Nel 1608. per le nozze di Cosmo figlio del Gran Duca Ferdinando I, si portò a Firenze con magnifico treno.

Li 17 dicembre 1610 fu eletto per tre mesi ambasciatore, poscia confermato in tal carica per un anno.

Li 28 febbraio 1611 Camilla Leoni sua moglie coi figli e la famiglia parti per Roma.

Li 30 maggio 1613 il Senato l'elesse ambasciatore in Roma in luogo di Silvio Albergati, e partì per Roma li 3 novembre 1613.

Nel 1615 fu padrino del marchese Andrea Barbazza nel torneo fatto li 2 maggio nella sala del Podestà.

Nel 1616 andò nelle scuole a difendere il dottor Orazio Giovagnoni contro gli scuolari.

L' ultimo di novembre del 1616 stando un paggio di Enea Magnani sulla porta con una torcia ad aspettare il padrone che tornasse dalla commedia, passò il prete Ariosti, e disse al ragazzo: "Tieni su la torcia" nel frattempo vi si imbattè uno dei Bianchi, e gli disse: "Tienla come vuoi " e mostrò voler battere l' Ariosti ; in quel punto sopraggiunse Enea Magnani, al quale l' Ariosti tirò due colpi di pugnale, ma essendo egli armato, e così pronto alla difesa non restò offeso. L' Ariosti fuggì. Fecero poi la pace, ma il Legato, volle che il Bianchi, che era stato autore della rissa, fosse appiccato.

Nel 1619 in Strada Maggiore, davanti la sua casa, uno degli Argellati fu assalito da quattro individui, fra i quali un fiorentino molto coraggioso, che cacciatosi innanzi, ebbe dall' Argellati una stoccata in un occhio, e cadde morto; mentre l' Argellati difendevasi dagli altri tre, Enea, sentito il rumore, uscì con un'alabarda e mise in fuga gli assalitori.

Marchese Enea Carlo Maria del marchese Vincenzo, senator VI, detto Magnani-Lupari. Ebbe in moglie Giulia Albergati vedova del conte Ercole Aldrovandi. Era figlio d'Artemisia Caprara.

Lorenzo di Lodovico, senator II, marito di Elena Fantuzzi, poi d' Isabella Campeggi. Fu dei dieci aggiunti da Sisto V. Nel 1597 comprò una filza di perle orientali dal conte Filippo Pepoli per L. 10000.

Marchese Paolo Scipione del marchese Enea, senator IV, marito di Fulvia Parati. Fu Ambasciatore residente in Mantova per il Re di Francia. Fece parte del torneo avuto luogo in Bologna nel 1632, detto Amare Dio della vendetta, assieme a Vincenzo suo fratello. Nel 1630 assunto di sanità pel contagio.

Marchese Paolo Scipione del marchese Enea, senator VII, marito di Lisabetta Bentivogli. Ebbe l'eredità Lupari dopo la morte di Vincenzo suo fratello. Sua moglie aveva l'eredità Bentivogli, Paleotti e Coltelli. Fu richissimo e molto stimato. Fu ambasciatore ordinario a Roma dal 1715 al 1724. Nel 1711 accompagnò monsignor Marabottini nella visita delle acque. Li 29 ottobre 1708 fu spedito a Imola per invitare a Bologna D. Alessandro Albani nipote del Papa, e distoglierlo dalle male impressioni che aveva contro Bologna, e vi riuscì.

Li 11 maggio 1702 fu secondo del principe D. Camillo Panfilio quando si battè col conte Emilio Zambeccari.

Li 17 dicembre 1708 partì per Roma, apparentemente pe' suoi affari, ma con istruzioni segrete per far ricorsi al Papa contro il procedere del Legato cardinale Nicolò Grimaldi.

Li 13 giugno 1709 ripatriò senza che alcuno avesse potuto penetrare l'esito della sua missione.

Nel 1710 fu capo lizza nella giostra al rincontro.

Nel 1711 fu sfidato dal general Marsili, ma senza conseguenze di sorta.

Morì egli li 20 aprile 1753. Il suo erede fu il marchese Sigismondo Malvezzi, e usufruttuaria la moglie Bentivogli, che morì all' improvviso li 18 aprile 1767 a ore 24, e fu sepolta ai Capuccini.

Conte Verzuso di Antonio, senator I, marito di Lucrezia Tartagni. Nel 1611 fu dei trentuno dei Bentivogli. Nel 1508 fu accusato di congiura, e pagò 500 ducati. Gli fu saccheggiata la casa per essere di fazione bentivolesca.

Marchese Vincenzo del marchese Enea, senator V, marito di Artemisia Caprera poi di Teresa Grassi. Nel 1653 fece un legato ai Gesuiti di Santa Lucia per fare due torcieri di argento alla capella di S. Francesco Saverio. La suddetta Grassi era vedova del conte Guidantonio Barbazza. Questa morì li 26 gennaio 1701, e fu sepolta negli Scalzi.

(8) I Manzoli anticamente erano detti Mazzoli. Il senatore marchese Bartolomeo, nel suo testamento del 1702, fece un legato alla sua capella in S. Giacomo Maggiore, dedicata a S. Bartolomeo, per festeggiare il giorno di S. Nicolino Mazzoli, che con altri martiri si festeggiavano nella chiesa di Sant' Afra di Brescia. Credonsi oriundi da Cremona. La loro potenza si desume dall' aver arrichite le famiglie Armi, Barbazza, e Ranuzzi, e non per questo venir meno la propria. I suoi eredi ab intestato furono Cesare, Agostino, e Ferdinando Marsili Duglioli, e i conti Filippo, e Antonio Marsili. Il marchese senatore Andrea Barbazza disconobbe questa successione, si venne però a transazione.

L'eredità e beni Manzoli, usciti dalla famiglia, passarono alle seguenti famiglie:

Barbazza — Laura di Marchione Manzoli, moglie di Gio. Romeo Barbazza, portò ai Barbazza l'eredità e cognome Manzoli nel 1525.

Ranuzzi — Ginevra di Marchione Manzoli, moglie del conte Francesco Ranuzzi, portò in casa di questa famiglia l'eredità, per cui diconsi Ranuzzi Manzoli. Dopo la morte del conte Francesco Ranuzzi iuniore, morto senza figli, questa eredità fu ripartita fra i Barbazza e i Manzoli discendenti dal conte Ercole figlio spurio del conte Bartolomeo Manzoli, a tenore del testamento di Marchione seniore.

Bentivogli — Isotta, figlia naturale, leggittimata dal conte Gregorio Manzoli, sposò il conte Alessandro Bentivogli, e da questo matrimonio ne nacque Ulisse, che fu adottato nel 1560 dal conte Giorgio suddetto, onde passò l'eredità a questo ramo, detto poi Bentivogli Manzoli.

Sforza-Attendoli — Polissena di Filippo Manzoli fu moglie del conte Iacopo Sforza Attendoli da Cottignola, onde i suoi discendenti ebbero l'eredità e il cognome Manzoli, e formarono in Bologna il casato Sforza-Attendoli Manzoli.

Per ultimo Marsili eredi ab intestato dopo la morte dell' ultimo Manzoli.

Avevano beni in Anzola, che del 1485 vendettero ai Gandolfi.

Ne possedevano a Basabò nel comune di Barbiano sotto la collina ov'era situato il convento dei capuccini, e dove, nel 1554, il Senato comprò, per scudi 530, parte di questo predio in cima al colle con un casamento per collocarvi i capuccini.

S. Giovanni in Triario era di Ercole figlio adulterino di Bartolomeo Manzoli.

S. Lorenzo in Collina, che del 1495 vendettero ai Gandolfi.

S. Marino in luogo detto Paganello.

S. Martino in Soverzano con Castello.

Nel 1516 furon fatti conti di S. Martino in Soverzano, ma ne furon spogliati nel 1532 da Clemente VII. I Manzoli comprarono la giurisdizione, e il Castello di detto S. Martino, dagli Ariosti, i quali l'avevano comprato dai Caccianemici dell' Orso.

Mezzolara, Molinazzo, o Molino in Fiesso. che nelle antiche scritture è detto bosco, e molino di Castenaso.

S. Nicolò di Villola. Riccardina con palazzo.

Ebbero un' eredità da Giuliana Banzi, moglie del marchese Giorgio Manzoli, nel 1667; e una dai Ghelli in causa di Anna moglie del marchese Vincenzo.

Avevano capella in S. Giacomo dedicata a S. Bartolomeo, con sepoltura. Avevano pure capella e sepoltura nel lato destro dell'altar maggiore di Santa Maria della Misericordia, ove volle esser sepolto Marchione di Giorgio Manzoli, e volle pure vi fosse trasportata Paola sua moglie sepolta prima in S. Giacomo, come si rileva dal suo testamento fatto nel 1525. Il cappello cardinalizio di S. Carlo Borromeo si conservava in casa Manzoli, ed era loro pervenuto per l'eredità Ghelli.

Avevano arca nel claustro di Santo Stefano.

Il palazzo Manzoli in Strada S. Donato fu comprato da Cesare Malvasia per L. 50000 nel 1454.

Lodovico di Marchione Manzoli fece atterrare la chiesa di S. Donato e rifabbricarla più addietro per far la piazza davanti al suo palazzo.

Nel 1388 Marchione di Gabriello fabbricò il portico davanti la sua casa. Al tempo che i Manzoli fabbricarono questo palazzo, ritenevasi come uno dei più belli di Bologna.

Furono conti di S. Martino in Soverzano, e fatti marchesi nel 1623. Ebbero la cittadinanza di Camerino nel 1381, ed il senatorato nel 1506.

Marchese Bartolomeo del marchese Giorgio, senator IV, marito di Silvenia Davia, figlia di Pierantonio, con dote di L. 100000. Li 26 aprile 1704 rinunziò il Senatorato al conte Vincenzo suo fratello. Mori li 23 agosto 1704, e fu sepolto privatamente in S. Giacomo. Fu cavaliere di molto spirito, pratico nei pubblici e privati affari, stimato da molti principi, e particolarmente dalla casa Farnese. Fu inviato del Duca di Parma in Ispagna a Filippo IV per rallegrarsi della nascita di Carlo II. Testò li 30 dicembre 1702 istituendo erede l'opera dei Vergognosi, come da rogito di Valerio Felice Zanatti.

Marchese Francesco del marchese Vincenzo, senator VIII. Li 11 ottobre 1706 si battè alla spada col senatore conte Alamanno Isolani. Era terzogenito, e fu l'ultimo della sua famiglia. Morì li 23 dicembre 1751, senza testamento, e lasciò una sola figlia bastarda, di nome Paola, maritata nel dottor medico Sarti a S. Giovanni in Persiceto, la quale morì vedova nel 1774.

Conte Giorgio di Melchiorre, senator II. Fu secondogenito e entrò senatore li 28 febbraio 1628 in luogo di Marchione suo padre. Nel 1550 fu il primo ambasciatore di Bologna residente in Roma. Morì li 16 maggio 1560. Il suo senatorato passò ad Ercole Bandini. Sua moglie ebbe nome Semiramide, poi Isotta, ed era figlia naturale di Giovanni II Bentivogli. Maritò la figlia Isotta, bastarda legittimata, al conte Alessandro Bentivogli, il di cui figlio Ulisse fu da lui adottato, lo lasciò erede e fece sostituzione a favore dei Manzoli.

Marchese Giorgio del marchese Vincenzo, senator VI. Nel 1707 viveva alla corte di Parma, dove era gentiluomo di Camera, cav. dell' ordine imperiale Costantiniano di San Giorgio. Morì in Piacenza li 26 gennaio 1730.

Marchese Lodovico del marchese Vincenzo, senator VII, marito di Teresa di Francesco Monti. Morì li 15 agosto 1732. Fu secondogenito. Essendo nel collegio di S. Saverio dei Nobili ebbe il canonicato in S. Pietro li 29 aprile 1700, vacato per la morte del conte Alessandro Orsi, ma non ottenne la dispensa dell' età dal Papa, perchè aveva 22 anni, e doveva ordinarsi intra annum, essendo canonicato sacerdotale. Fu poi conferito a Lelio Sega canonico preposito di S. Petronio. Fu capitano di corazze del Reggimento Montecucoli per l'Imperatore.

Marchione, o Melchiorre di Giorgio, fu fatto senatore da Giulio II. Nel 1511 fu ambasciatore al Papa, e deposto dai Bentivogli. Nel 1512 fu carcerato per ribellione, e pagò 1000 ducati. Nel 1513 fu rimesso nel senatorato da Leone X. Sposò in prime nozze Penelope Bentivogli, in seconde Paola Perondelli Ferrarese, e in terze Giulia Vizzani, dalla quale non ebbe figli. Nel 1522, assieme ai figli, combattè valorosamente contro i Sassatelli e le genti di Annibale II venute a sorprendere Bologna. Morì li 30 novembre 1527. Pochi anni prima della sua morte era stato fatto conte di S. Martino in Soverzano. Il suo senatorato passò a Giorgio suo figlio. Nel 1506 fu uno degli ambasciatori spediti a Giulio II fino a Sant'Arcangelo, e nel 1512 a Roma, dopa l'ultima uscita dei Bentivogli, per chieder perdono a Giulio II, e a ricevere l'assoluzione della scomunica.

Conte Marchione del conte Ercole, senator III, marito di Lavinia Calderini, che rimasta vedova si disse fosse avvelenata dai figli. Entrò senatore li 14 marzo 1583 in luogo di Alessandro Gozzadini. Testò nel 1604.

Marchese Vincenzo del marchese Giorgio, senator V. Prese possesso del senatorato li 26 aprile 1704 per rinunzia del fratello. Nel 1711 s'oppose alla nuova fiera di Bagnarola. Fu marito di Anna Ghezzi.

Manzoli-Attendoli, ossia Sforza Attendoli Manzoli. Iacopo, detto Iacomuzzo Attendoli, figlio di Giovanni Attendolo da Cottignola, e di Elisa Perracini, fu poi sopranominato Muzio Sforza, ossia Sforza il Grande, e fu uno dei famosi condottieri d' armi Italiane, e stipite di tutta la casa Sforzesca. Egli ebbe una sorella per nome Margarita Attendoli che fu moglie di Michelotto Ravignani da Ravenna, e madre del conte Marco che assunse il cognome Sforza, ed ebbe in moglie Francesca figlia di Michelotto Attendolo da Cottignola suo consanguineo, ed esso pure condottiero d'arme di gran rinomanza. Per ciò che riguarda il conte Leonardo Sforza Attendolo ne parlammo già quando descrivemmo la via degli Albari.

Nel 1419 (orig. 1919, errore non notato dal Breventani. Per l'anno esatto vedi Albari) Alessandro di Iacopo era della parrocchia di S. Nicolò degli Albari.

Avevano Benj, e il palazzo di Belpoggio, dati in dote da Giovanni II Bentivogli a Lucia sua figlia naturale, moglie del conte Alessandro Sforza Attendoli Manzoli. I medesimi erano padroni del detto palazzo anche del 1630 quando vi fu aperto un Lazzaretto. Nel 1681 fu comprato dal senatore marchese Francesco Azzolini.

Ai Casoni avevano palazzo e tenuta. Dopo la morte del conte Francesco, seguita nel 1622, senza figli maschi, passarono questi beni alle sue due figlie. Ultimamente erano posseduti parte dai conti di Bagno, e parte dal Duca d' Acquasparta. Nel 1583 erano affittati per L. 2850.

A Cottignola vi avevano i beni e giuspatronati rinunziati al conte Alessandro da Francesco II Sforza Duca di Milano. Ne possedevano pure a Scascoli.

Erano conti di Todorano, contea composta del castello di Todorano, e delle ville di Todorano, Bagnolo, Valdiponte, e Cerano, poste nella Romagna. Il castello è situato dieci miglia sopra Forlì, di diretto dominio della Mensa di Ravenna, il di cui Arcivescovo Rinuccio Farnese ne investì con titolo di contea il conte Alessandro figlio di Iacopo Leonardo, li 10 gennaio 1511, coll' annuo canone di scudi 141 d'oro da pagarsi alla Madonna di Marzo. Toderano è diocesi di Bertinoro. Dopo la morte del conte Francesco, seguita in Todorano li 6 novembre 1622, questo Feudo fu devoluto alla Mensa di Ravenna.

Ebbero la contea di Monzone, composta di Monzone, Riolo, Confiente, Lagari, San Cristiano, Scascoli, Anconella, Camugnano, Carpineta, Vadi e Brigadello. Il conte Filippo Sforza rinunziò detta contea alla Camera di Bologna per un' annua prestazione di sc. 200 per sè e suoi discendenti.

Il loro palazzo, siccome altra volta fu detto, era nella piazzetta di dietro a S. Nicolò degli Albari che fu poi casa dei Gennari.

(9) Malvezzi Medici. Portavano essi l'arma Malvezzi col sopratetto de' Medici, loro donato dai Medici di Firenze. Questi si divisero in più rami, dei quali ne rimase un solo. Discendono dal senator Battista, che essendo amico della casa Medici e di Leone X, ne ebbe in dono le armi e il cognome. Questo ramo abitava da S. Pietro ove furono poi le case degli Scappi, e dove fu fabbricato il Monte di Pietà. Questo ramo s' estinse in Pannina, che fu maritata in casa Bentivogli e vi portò una parte dei beni. I beni fidecomessi col palazzo da S. Pietro passarono al ramo del portico buio, il qual ramo discende da Aldrobandino.

Eravi un altro ramo di questi, chiamati Malvezzi Caccialupi per aver ottenuto l'eredità del senatore Malvezzi Caccialupi. Questo ramo s' estinse in Carlantonio, e l' eredità Caccialupi passò agli Alamandini.

Un altro ramo aveva cominciato in Giovanni di altro Giovanni di Lucio, che s' estinse in due sue figliuole ed eredi, una Bradamante maritata nel marchese Piriteo Melvezzi, e l'altra Elena moglie del Senatore Bartolomeo Lambertini.

Un ramo cadetto fu formato da Gio. Battista di Battista, e da Dorotea Manzoli.

Dal ramo Malvezzi del portico buio si spiccano quei Malvezzi che portarono poi il cognome e sostennero la famiglia Angelelli per l'eredità avuta dal senatore Angelo Maria Angelelli.

Nel suddetto ramo Malvezzi del portico buio entrò un' eredità Pannolini nel 1550.

I beni posseduti da questa famiglia erano i seguenti:

Palazzo e possessione al Sorgo già Lini, poi Ghiselardi, indi Malvezzi, dato in titolo di dote a Teresa Turrini, vedova Ghiselardl, e madre di Lucio di Giuseppe Malvezzi. Nel 1754 fu valutata nell'istrumento dotale L. 35000.

Buda, beni portati in casa Bentivogli da Pannina Malvezzi moglie del senatore conte Fulvio Bentivogli.

Castel Guelfo, beni passati in casa Lambertini.

Fornace dei vetri, privativa concessa da Leone X a Lorenzo Malvezzi Medici. Passò in casa Bentivogli in causa di Pannina.

Gaggio di Piano, anche questi passati ai Bentivogli.

Mirabello.

Piumazzo con casamenti passati ai Bentivogli.

Tombetta nel comune di Galliera.

Il palazzo in Strada S. Donato rimpetto a S. Iacopo, che alcuni lo dicono architettato dal Serlio, ed altri dal Vignola.

Casamento da Sant' Andrea degli Ansaldi, poi collegio Ancarano, e già casa del capitano Teodosio Poeti, comprata da Carlantonio e Giovanni, figli d' Aldobrandino Malvezzi. Fu poi venduta ai Zanchini, che del 1738 la vendettero al collegio Ancarano.

Due palazzi da S. Pietro. Uno venduto agli Scappi, nel 1592, da Antonio Galeazzo di Filippo Malvezzi, per L. 45000. L'altro passò ai Malvezzi del portico Buio, che fu poi venduto dal signor Lucio ai presidenti del Monte di Pietà per farvi la fabbrica dei Monti.

Lucio di Giovanni d' Aldobrandino nel 1582 era della parrochia di Santa Maria di Castel de' Britti.