Castello (da) o Castelli
Pochi genealogisti del seicento farneticarono tanto, quanto il Ghirardacci intorno alla famiglia Castelli. Non so perchè egli ne riempie tre grandi pagine della sua storia di Bologna (1) con predilezione eccezionale. Vi pone a capo Gundioco (Gondemaro o Godomaro) re borgognone detronizzato (anno 534) da Chidiberto (Childeberto I) e da Clotario, figli di Clodoveo re de' Franchi. Dice di Grotilde ( Crotilde o Clotilde e propriamente Chrotechilde) sposata a Clodoveo e di un Gundebanno (Sigismondo di Gundebaldo) maritato ad una figlia (Ostrogota) del re Teodorico come se fossero antenati dei da Castello e seguita con una prolissa filatessa, in cui affibbia altresì a codesta famiglia san Bernardo cisterciense, i papi Celestino II e Celestino IV e via via. Il che non meriterebbe d' essere accennato se non facesse vedere come allora si beveva e si dava a bere di grosso.
Ma scartati il sesto secolo, i re ed altri personaggi e cose che non ci hanno che fare, poche famiglie per vero risalgono comprovataminte a tempi così remoti come risale quella dei da Castello, imperocchè un Guido di Perticone ed un Rolandino d' Arduino suo nipote, antenati davvero della consorteria dei da Castello e dei Perticoni come riconobbe il Savioli (2), intervennero nel 946 alla donazione fatta alla chiesa bolognese, da Aimerico marchese e da Franca sua moglie, de' beni ch' essi avevano nei territorii di Bologna e di Modena (3).
Nel secolo XII i da Castello erano potenti fautori d' impero, sicchè i Pavesi attirati nella lega lombarda (1169) giurarono di far guerra all' imperatore quando scendesse armato nelle terre della lega, non che ai marchesi di Monferrato, ai conti di Biandrate e ai figli di Malparlerio da Castello. Ma alla pace di Costanza (1183) giuraronla per Verona Valeriano e Marzio da Castello (4). Due anni prima di questo grande avvenimento era stato sostituito in Romagna al legato imperiale Garsendonio, un de' consorti o de' figli di Malparlerio, Guglielmo, ma ben poca era la sua autorità (5). Frattanto Guido, poi Prendiparte e quindi Azzolino e Guidotto da Castello tenevano il consolato in Bologna.
Narrasi che allora Perticone andasse crociato e fosse poscia seguìto da Giovanni. Cotesto Perticone ripatriato fu dei capi della fazione lambertazza cui aderivano i Castelli e travagliò, insieme col Salinguerra, il costui rivale nella signoria di Ferrara Azzo VII d'Este, non che i guelfi di Verona (1218). E fu sotto l' assedio di Ferrara che perì Corvolino da Castello tra le file de' Bolognesi (1240) (6). Sorte meno avversa, ma pur meno onorata, ebbe il suo figlio omonimo, rimanendo prigioniero nella battaglia di Fossalta. Enrighetto rappresentò il comune nel parlamento convocato in Brescia dal legato d'Innocenzo IV (1252) (7); Pellegrino, Candaleone e Matteo sono nel novero dei proprietarii di servi.
Pare che i da Castello, disertando i lambertazzi, passassero tra i geremei, poichè tra questi ultimi sono annoverati dal Ghirardacci (8) nella pace del 1279. Enrigitto infatti fu dei citati da Enrico imperatore nel 1313. Nicola era tra que' patriotti che, ingiustamente banditi, vennero richiamati nel 1388 e fu di coloro ch' ebber l' incarico di riformar gli statuti (9). Leonardo in vece riformò lo stato, rendendogli l'autonomia (1416) toltagli più volte dai papi e venne fatto confaloniere del popolo per quattr' anni, a capo dei quali, e dopo le zuffe tra Bentivogli e Canetoli con la peggio di questi ultimi, ebbe posto tra i XVI riformatori dello stato e della libertà (10).
Catalano fu confinato in Francia, allorchè i Bentivogli perdettero la signoria di Bologna. Tornò con loro e n'ebbe il grado senatorio, ma poi consigliò Annibale a partire di nuovo. Neanch' egli potè restare, venuto in sospetto a papa Giulio e si ridusse presso Massimiliano Sforza, col quale partecipò alla gigantesca battaglia di Novara (1513), che fruttò a Catalano il cingolo militare ed allo Sforza la ricuperazione della ducea di Milano. Quando poi Massimiliano la perdette di nuovo (1515), perduto prima l'intelletto, e ritirossi a Parigi, Catalano ne accompagnò il fratello Francesco Maria in Germania, e, per intercedere a pro di costui la sostituzione nella ducea, recossi dal nuovo imperatore Carlo V in Ispagna ed in Fiandra. Francesco Maria fatto duca (1521) diede la contea di Solero e la prefettura delle proprie milizie al Castelli, il quale prese parte alla guerra contro l' ammiraglio Bonivet e nella celebre battaglia di Pavia fu di coloro che espugnarono Casalmaggiore, facendone prigione il difensore Gianlodovico Pallavicini (11).
Seguendo l' indole battagliera di que' tempi in cui gl' imperiali e i Francesi venivano a disputarsi, a conculcare e a immiserire provincie d' Italia, altri dei da Castello militarono segnatamente per gli Sforza; e ricorderò Nicola condottiere di fanti dell' anzidetto duca Francesco Maria, che soccorse Cremona (1523) e Arona (1525) assediate dal Bonivet, e che nell' espugnazione della fortissima Biagrassa, primo valicando la fossa e scalando il muro, penetrò nella fortezza. Poi assoldato da Clemente VII n' ebbe la contea di Caprara, Verzuno, Grizana, Salvaro, Sanguineta e Sperticano (12).
Giambattista in vece fu de' principali capitani nella guerra mossa contro Siena da Carlo V e da Cosimo I, nella quale quell'intrepida città soccombette (1555) benchè difesa strenuamente non pur dagli uomini, ma eziandio dalle donne; onde il maresciallo di Montluc ebbe a dire, che avrebbe voluto difender Roma piuttosto con le donne di Siena che con i soldati romani. E va pur ricordato Galeazzo da Castello, perchè alla morte di Clemente VII (1534) ordì un rivolgimento in Bologna in pro dei Pepoli, presi da velleità di ghermire l' avita signoria. Al quale intento esso Galeazzo deliberò, ma non potè mettere ad effetto, di gettare dalle finestre del palagio lo storiografo Guicciardini che qui reggeva severamente da tre anni per il papa e che cercò e trovò appoggio nel senato bolognese (13).
Ma nella famiglia da Castello prevalsero ai guerrieri per numero e per grido i giureconsulti e i filosofi, che pubblicamente insegnarono. Dal secolo XII al XVIII se ne contano quindici ed i più valenti furono Guido nel 1160 e Giacomo sul finire del secolo XIII. Quest' ultimo era sì piccino che Bonifacio ViII, credutolo inginocchiato, gli fece segno d'alzarsi (14).
I da Castello, oltre le contee già indicate, ebbero da Leone X quella di Serravalle e di Savignano, e da Clemente VII l' altra di Rocca Corneta e di Belvedere (15). Ebbero posto in senato fino al 1590 e tra gli anziani cento quarantasei volte. Finirono sullo scorcio del secolo passato in parecchie figlie del conte Giampaolo, una delle quali portò il cognome nella famiglia Conti.
Una loro casa, pregevole per conservata architettura del quattrocento, è sul rialto di Porta castello ed ha una lapida sincrona con lo stemma parlante della famiglia, sotto il quale è un cartello con la seguente scritta, in caratteri teutonici belli ed a bassorilievo : hoc opvs fecit fieri dionisius de castello; il qual Dionisio, che meritò così del suo paese da avere il titolo di pater patriae, morì nel 1469.
Sembra però che le case più antiche di questa famiglia fossero nella via di Mezzo di san Martino, presso alla strada san Donato (n. 2756 (*)), poichè il Guidicini indica quivi esistenti al suo tempo gli avanzi d' una torre dei Castelli (16).
(1) Vol. 2, pag. 448. 449, 450.
(2) Annali v. 2, pag. 305 de Castello.
(3) Savioli, Ann. v. 2, pag. 44.
(4) Savioli, Ann. v. 3, pag. 10, 15.
(5) Savioli, Ann. v. 3, pag. 103.
(6) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 100, 121. Savioli, Ann. v. 1, pag. 124; nr. 5, pag. 156.
(7) Savioli, Ann. v. 5, pag. 221, 255.
(8) Histor. v. 1, pag. 249.
(9) Ghirardacci, Hist. v; 1, pag. 565; v. 2, pag. 426, 428.
(10) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 603, 604, 631.
(11) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 450. Dolfi, Cronolog., pag. 260.
(12) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 450. Dolfi, Cronolog., pag. 262.
(13) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 450. Dolfi, Cronolog., pag. 261.
(14) Dolfi, Cronolog., pag. 255. Sarti, De clar. archig. v. 1, pag. 48, 406.
(15) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 450.
(16) Guidicini, Cose not. v. 3, pag. 192.
(*) Il testo originale riporta erroneamente "n. 2755".