Alberico (d') o Alberighi

I documenti ci mostrano primo un Ubaldo d'Alberto che nel 1141 intervenne alla donazione del castello di Tréntola, fatta da Guarino e nipoti al comune d' Imola (1). Ma allo stesso tempo fiorivano due illustri giureconsulti di questa famiglia che accrescevano decoro al nostro studio: Ugo e Alberico, comunemente detti da Porta Ravegnana dal luogo di loro abitazione. Il primo, appellato per antonomasia mens legum, fu chiamato a giudicar questioni insorte fra il comune d' Imola e i figli di Rainuccino di Gionatello (2). Poi nel parlamento di Roncaglia (1148) ebbe incarico dall' imperator Federico di definire insieme con altri tre legislatori, le regalie da esigere in Lombardia. Trascesero tutti o per debolezza o per piacenteria onde furono colmi d' onori e di beneficenze. Ugo venuto a morte nel 1168 fu sepolto ed ha epigrafe nel chiostro suburbano di s. Vittore (3).

Alberigo figlio del suddetto Ugo, discepolo di Bulgaro e autore di famose distinzioni, ebbe tale concorso alle sue lezioni che, insufficienti le sale domestiche in cui allora i professori insegnavano, fu conceduto a lui d' accogliere gli scolari in quella parte del prisco palazzo del comune che fu detta, forse d'allora in poi, scuole di s. Ambrogio; le quali scuole son menzionate nel documento n. 209 (4).

Poscia un Amedeo figlio di Alberico, probabilmente il sopraddetto, insegnò medicina e fu uno dei medici destinati a prestar cure al prigioniero re Enzo (5). Il quale nel testamento supplicò il comune di Bologna che, avuta compassione della miseria di lui, non guardasse a gravezza di spese e rallegrasse d' onesta rimunerazione le fatiche dei medici che avevanlo assistito, Taddeo, Paolo, Bartolo, Pellegrino, Amadeo (Alberici) e Alessio (6): (povero Enzo quanti medici!) L'Alberici interveniva a quel testamento qual testimonio (7).

Sic Petrus de Alberigo me fecit si legge negli esametri incisi l'anno 1164 in una lapidetta ch'.era nel sepolcro di Nonacrina figlia del medico Grillo, ed ora è sulla porta della sagristia stefaniana. Parimente in una delle croci credute petroniane, ove sono delle sculture, degli esametri e la data 1150, si legge Petrus Alberici me fecit cum patre (8). Questo Pietro, che ben può credersi sia uno solo, sarà l' autore dei versi, come stima il Savioli (9), o delle scolture? Io propendo a credere sia lo scultore, perchè il sic... me fecit mi pare più conveniente a figura, che forse era ritratta nel sepolcro di Nonacrina, di quello che sia conveniente agli esametri. E così ancora me fecit cum patre mi sembra più adattarsi al Cristo che parla e al Dio padre scolpito nel lato opposto della croce, di quello che si adatti agli esametri.

Ugo e Gerardino ebbero nello stesso secolo il consolato, e il primo di loro andò nel 1223 insieme con un Accarisi a Pistoia a risolvere alcune quistioni sorte tra quel comune ed il nostro (10). Francesco concorse pe' Bolognesi al compromesso nel Visconti e nello Scaligero riguardante i fuorusciti di parte lambertazza (11), e trovasi per ultimo un Giacomo notaio nel 1336 (12).

Il medico e professore Amedeo Alberici sopraddetto era consorte di Siripere Chiari nella proprietà d' una torre, situata in strada s. Stefano nella parocchia di s. Maria di Porta ravegnana, vicino a case d' Alberto Asinelli e quindi probabilmente non lontano dalla torre Asinelli. Codesti comproprietarii ricevettero promessa nel 1273 da un mastro Aldrovandino e da un mastro Bonaventura muratore che avrebbero scavato e scorticato l' interno dell' anzidetta torre, nella grossezza delle sponde per tre piedi fino all' altezza di sedici piedi, e ciò per la mercede di 24 lire di bolognini. Il qual vezzo di intaccare le torri ha riscontro, con funeste conseguenze, in quella de' Rodaldi, e ce ne rimane esempio in altre torri. Vale altresì per riconoscere questa degli Alberici, poichè appunto in strada s. Stefano al n. 101 è un troncone di torre visibile dalla strada, ora alto met. 27 e ridotto ad altana, e che ha met. 6,52 per 6,90 di larghezza; i cui muri, dal primo piano in su son grossi met. 2,03, ma dallo stesso primo piano in giù son grossi soltanto met. 1,20, sicchè è palese che la parte inferiore è stata assottigliata di tanto almeno quanto corre dalle due grossezze sopra riferite. Nei sotterranei si scorge la base larga met. 8,16, formata per l' altezza di 30 centimetri di soli ciottoli grossi, poi per met. 1,60 di mattoni, otto dei quali degradano a scaglioncini o riseghe, ed hanno sopra un parallelepipedo di gesso. Il portico della casa fa vedere l' antico modo di costruzione : cioè pilastri di legno che sorgono da alti cunei di gesso ed han soprapposto il palco di legname, nella cui estremità sporgente gravita il muro della facciata. Su due lati del cortile è caratteristica una scala a svolta, flancheggiata da mezzi archi ascendenti sostenuti da colonnette.

Dev' esser questa la torre indicata dall' Alberti (13) e dall' Alidosi (14) in strada s. Stefano, come proprietà dei Bolognini al tempo di essi scrittori ( 1541, 1621 ), il secondo dei quali la dice, come appunto è « rincontro li Sampieri ».

La promessa fatta ai consorti Chiari ed Alberici fu rogata sotto il portico di quest' ultimo da notaro (15), e ne faccio menzione per aggiungere che le carte di quel tempo ci fan vedere esser questa un' usanza allora assai ovvia. Quando non si rogavano gli atti sotto i portici, si rogavano nel palazzo del comune.

Era morto il medico Amedeo Alberici, allorchè suo figlio, che portava lo stesso nome, ed era tutore dei proprii figli Bonarcio, Orio e Martino vendette la metà di torre ereditata pel prezzo di 550 lire a Domenico Bisiliere del già Jacopo, con questo che tal prezzo dovess' essere impiegato nella costruzione d' una stipa per uomini e di una per donne, su terreno pubblico presso la posterla del Poggiale, le quali stipe dovevan essere per metà indivisa del compratore e per l' altra metà de' figli del venditore (16). E stipe, o stupe o stufe eran detti i bagni venali, pubblici tenuti comunemente da barbieri nel medio evo (17).

Ma gli Alberici, che s' eran di molto arricchiti col commercio e che nel 1257 possedevano settantun servi della gleba, avevano eziandio un'altra torre nella strada Giubbonerie, o Straccerie, la qual torre rovinò conquassando case e persone. Tutti i cronisti più antichi narrano concordemente che quando ciò avvenne, cioè nel 1201, la torre apparteneva ad Alberghetto, o Alberigo, d' Ugo Alberici; ma poichè ciò non ostante il Ghirardacci (18) e l' Alidosi (19) asseriscono che questa torre era stata edificata dagli Artenisi, ed io non ho argomenti contrarii, la riferirò a quest' ultima famiglia.

(1) Savioli, Ann. v. 2, pag. 199.

(2) Savioli, Ann. v. 1, pag. 301.

(3) Sarti, De clar. arch. v. 1, pag. 42, 61; Savioli, Ann. v. 1, pag. 319. Fantuzzi, Notiz. v. 8, pag. 174 e segg.

(4) Fantuzzi, Notiz. v. 1, pag. 142. Mazzetti, Repertorio dei professori dell' Università dt Bologna, pag. 14.

(5) Savioli, Ann. v. 6, pag. 448.

(6) Sarti, De clar. arch. v. 1, pag. 62. Mazzetti, Repert. pag. 14.

(7) Savioli, Ann. v. 6, pag. 452.

(8) Gozzadini, Delle croci monumentali ch' erano nelle vie di Bologna nel secolo XIII, pag. 16 e segg.

(9) Savioli, Ann. v. 3, pag. 238.

(10) Savioli, Ann. v. 5, pag. 21.

(11) Savioli, Ann. v. 1, pag. 361.

(12) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 123.

(13) Hist. lib. 6, deca 1.

(14) Instrut. pag. 190.

(15) Docum. n. 83.

(16) Docum. n. 204.

(17) Vedasi Gozzadini, Intorno all' acquedotto ed alle terme di Bologna, pag. 75 e aegg.

(18) Histor. v. 1, pag. 60.

(19) Instrut. pag. 190.