Via Larga di San Martino, dal III volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

La via larga di S. Martino comincia nella via di Mezzo di S. Martino, e termina in quella delle Tuate.

La sua lunghezza è di pertiche 34.08.8, e la sua superficie di pertiche 65.19.8.

Via larga di S. Martino a destra entrandovi per la via di Mezzo.

N.1476. Secondo i rogiti riferentisi allo stabile N° 2743, e 2744 della via di Mezzo di S. Martino sembrerebbe che questa casa abbia fatto parte di quello stabile, e che se ne era separato apparteneva però ad uno stesso proprietario, e cioè nel 1515 a Benedetto Ercolani mercante in ferro, poi ai Foscarari. Nel 1562 fu esso comprato dai Leoni, ed allora cominciò ad avere comune il proprietario della casa N° 2742, e cioè quella d'angolo della via di Mezzo colla via larga di San Martino. Si trova che nel 1546 aveva casa di dietro al coro di S. Martino, certo Pietro Paviari.

N.1477. Casa di Guglielmo del fu dott. Battista Legnani, del quale furono eredi Margaritta, e Cornelia sue figlie viventi nel 1484. Nella divisione dei beni paterni, toccò alla prima questa casa, poi trovasi che nel 1515 era stata da lei fabbricata. Si sa che il 15 giugno 1528 apparteneva ad Ercole Camillo, e a Guglielmo fratelli Monari perchè da loro venduta a Giovanni Francesco di Francesco Bolognini per L. 2,700. Rogito Cristoforo Zellini nel qual rogito si dice esser casa con orto posta sotto S. Martino dell' Avesa. Bonaventura, e Matteo fratelli e figli d'altro Matteo Bolognini mediante rogito Giacomo Dalla Porta la vendettero a Giovanni Gasparo Dalla Porta, col patto di ricupera, ed allora confinava coi Bonamici, con Giulio Cesare Samacchini, coi Foscarari, con Carlo Malvezzi, con Marco Magnani, e con Domenico da Cento. I venditori la ricuperarono il 10 aprile 1532 per L. 2,300. Rogito Giacomo Carlini, nel quale si dice trovarsi sotto S. Martino dell' Avesa, dietro, e rincontro la sagristia di detta Chiesa.

1573 14 dicembre. Laura del fu Bartolomeo Bolognini vendette a Giulio Cesare, e ad Orazio Samacchini una casa sotto S. Martino Maggiore per L. 5500, in confine dei compratori, e dei Leoni.

1583 23 marzo. Gandolfo Buoi compra da Alessandro d'anni 11, e da Fabrizio d'anni 10 fratelli, e figli del fu Giulio Cesare Samacchini famoso ed eccellente pittore, e da Polissena di Fabrizio Araboni loro madre una casa grande sotto S. Martino dell' Avesa in confine di Vincenzo Leoni, della casa dei venditori, di Alessandro Foscarari, e della stalla di Carlo Malvezzi. Rogito Sebastiano Campeggi, Tommaso Passarotti, e Gio. Paolo Lolli.

Dai de Buoi passò ai Sforza Guerrini, e da questi ai Primodi, che l'hanno rifabbricata.

N.1478. Dicesi che nel capitello della colonna che sostiene l'arco del portico della bottega dello speziale del Torresotto di S. Martino vi fosse un arma con una casa, o Chiesa, perchè a detta casa vi sopravanzava una cima acuta, che sembrava un campanile posto in mezzo a due gigli. La stessa arma si trova in una lapide di sepoltura nel chiostro di S. Martino con la seguente iscrizione : Marci Santiagio Ant. de Caxeri, et Hered. 1537.

Il 9 agosto 1515 Cornelia di Guglielmo Legnani moglie di Filiippo Balduino segretario di Giovanni II Bentivogli vendette a Donato, e Nicolò Barbadori una casa con due corti, ed una bottega ad uso di fabbro-ferraio poi divisa in due case contigue con due o tre ingressi posta sotto S. Martino dell' Avesa, presso la via pubblica a sera, e mediante questa presso il convento di S. Martino, ed altra via che si chiama la via del Torresotto di S. Martino a Aquilone, presso certa casa nuova, che toccò alla Margarita sorella della suddetta Cornelia a mezzodì, finalmente presso Giovanni Battista Bonamici a oriente per L. 900. Rogito Battista Buoi.

Francesco, e Donato di Nicolò Barbadori di Firenze si stabilirono in Bologna nel 1450. Da Francesco venne Costanza maritata con Giovanni Cambi, poi con Giovanni Carlini, da Donato Bartolomea.in Andrea Sacchi. Costanza lasciò erede Nicolò di Lodovico da Firenze suo agnato che continuò i Barbadori in Bologna estinti nel dottore in leggi Francesco di Vittorio che lasciò Laura sua unica figlia erede che viveva nel 1694 vedova del cav. Giulio di Scipione Bottrigari.

Nel 1573 era di Giulio Cesare, e di Orazio Samacchini.

1628 30 dicembre. Testamento di Alessandro di Orazio Samacchini notaro col quale instituì eredi i Minimi di S. Francesco dì Paola coll'obbligo di dirgli 5,000 messe entro cinque anni. Rogito Bartolomeo Albertini.

Pietro di Giovanni di Nerio Negro era fumante nel 1466 nel qual anno sotto la data 21 maggio fu fatto cittadino, ed ebbe vari figli fra i quali Domenico Calegaro che fu avolo dei tanto celebrati pittori Orazio, e Giulio Cesare detti dei Samacchini.

Il 2 ottobre 1658 i PP. Minimi vendettero questo stabile per L. 6,000 a Vincenzo Landi.

Nel 1676 Marzio Roberto di Giacinto Laurenti vi esercitava l'arte di Speziale. Dai Landi passò ai Guarmani, poi agli eredi Certani.

Credesi da taluno che la spezieria del Torresotto dei Mezzavacca sia stata la più antica conosciuta in Bologna. Può essere che fosse spezieria avanti il 1515, ma è certo che l' uso era interrotto in detto anno mentre andò pure ad uso di magnano, quindi pare assolutamente certo che la più antica sia stata quella del Mondino vicino alla chiesa di Santa Maria dell'Aurora. (Vedi via delle Asse, o Porta Nova).

Si passa la via del Torresotto.

N.2474. Le seguenti notizie sembrerebbero applicabili a questo stabile:

Giovanni di Domenico Manara il 7 aprile 1452 vendette per L. 140 a rogito di Girolamo Bruni una casa agli uomini dell'ospitale di Santa Maria del Carmine eretto in S. Martino, la qual casa era enfiteutica dei PP. di S. Martino, e confinava la via da tre lati, e Martino Guidotti.

L'11 febbraio 1472 l'ospitale di Santa Maria di Monte Carmelo, e di San Giobbe vendono a Bartolomeo, e ad Antonio di Francesco Vagini una casa sotto S. Martino dell' Avesa. Confinava la via pubblica da tre lati, e gli eredi d'Andreazzo Caprara, per L. 170. Rogito Floriano Aldrovandi. E' certo però che nel 1715 era di Bartolomeo Zaniboni, e poi dei Fochi, e Fontana. Si passa il vicolo del Torresotto.

Via larga di S. Martino a sinistra entrandovi per la via di Mezzo.

Fianco del convento dei Carmelitani di S. Martino dell' Avesa.

Sappiamo dai vari decreti prodotti al N° 1958 della via delle Case Nuove di S. Martino, che furono chiusi, ed incorporati entro la clausura di S. Martino alcuni vicoli, e che è certo, che tutti i torresotti o porte del secondo Circondario esistenti, o atterrati corrispondevano ad una strada delle primarie della città, e ad un borgo fuori di essa. Il solo Torresotto di S. Martino corrisponde ad un piccol tratto di strada di poche pertiche che terminava alla via larga di S. Martino, la quale divergeva interamente dal detto primo tratto, e dalla direzione del Borgo della Paglia. Questa considerazione fa sospettare, che la via del Torresotto con tinuasse fino ad incontrare quella di Basadonne, e delle due Bertiere, le quali erano in perfetta direzione di quella del Torresotto, e che cosi anche questa porta corrispondesse ad una strada di qualche estensione nell'interno della città.

N.2475. Porzione di convento di S. Martino acquistato dal dott. Antonio Contavalli il 10 marzo 1810, rogito dott. Serafino Betti, dove costrusse un Teatro detto Contavalli che fu aperto il 3 ottobre 1814 coll' opera "La Metilde del maestro Carlo Coccia". Fu sospeso nel 1815 per vari mesi poscia riaperto per superiore decreto, il 20 luglio 1816 colla rappresentazione dell'opera buffa "L' Italiana in Algeri". La Società Accademica di dilettanti detti "Filodrammaturghi" per lo più ha lodevolmente agito in questo Teatro, e da quell'Accademia sortirono valentissimi artisti che Illustrarono la scena italiana.

Li 23 dicembre 1577 l'Ornato decretò che per l'incendio delle case dei frati di S. Martino dalla parte posteriore del convento si potesse demolire una tribuna, o cappella per gli scuolari di detto convento sporgente in fuori piedi 6, e di protrarre un muro di piedi 42 da detta tribuna alla casa del Vescovo Binarino, e chiudere il suolo a vantaggio del detto convento, assieme al vicolo fra il convento, e le case del medesimo che aveva sortita nella via delle Tuate tendente alle Moline, siccome vicolo inutile. Cosi si ottenne d'allargare la strada verso Borgo S. Pietro.

N.2476. Dov'era un'antica Madonna di Lippo Dalmasio, della quale non restavano che pochi avanzi pe' molti ritocchi fattile, vi era la casa dei Binarini venduta il 2 settembre 1562, da Paolo ai PP. di 3. Martino, i quali il 16 marzo 1573 la locarono a Jacopo Dainesi di Milano sua vita naturale durante. Abbrucciò in gran parte il 24 ottobre 1577, dopo di che il 23 dicembre susseguente i Padri Carmelitani ottennero di chiudere il vicolo fra il loro convento, che aveva sortita nella via delle Moline e coll' atterramento di certa tribuna nella via larga di S. Martino, donarono piedi 6 di suolo a questa contrada, per cui divenne di piedi 16, e così a poco a poco si allargò fino alla casa del Binarino Vescovo di Camerino di nome Alfonso di Gio. Maria morto il 29 aprile 1580. Testò questi con sostituzione a favore dell'ospitale di S. Bartolomeo ordinando di estrarre un orfano che dovesse chiamarsi dei Binarini. Il primo estratto fu certo Paolo dall' Uccello al quale fu contrastata l' eredità da Girolamo Stiatici come discendente di Costanzo di Pellegrino di Nestore Stiatici, il qual Nestore fu marito di Bianca Binarini. Le ragioni di Girolamo furono giudicate valide, e così messo in possesso dell'eredità Binarini in forza di un Breve Apostolico. Testò Girolamo nel 1574, ma morì senza successione, onde si fece luogo alla disposizione di Alfonso Vescovo Binarini, che favori Domenico Pancaldi anch'esso mancato senza figli.

Trovasi che il 3 luglio 1581 Bondio Federici prese in affitto una casa dei frati di S. Martino obbligandosi di pagare annue L. 100, e di farvi un forno, la qual casa confinava le strade da tre lati, e i beni del convento. Pare che ciò sia applicabile a questa casa. Per la confinazione delle tre strade si rifietta che la terza poteva essere quella di cui i frati ne avevano ottenuto la chiusura nel 1577.

Il Masini (Bologna Pelustrata, ed. 1666 Tomo I pag 167) ricorda una Chiesa di S. Andrea dell' Avesa così detta per essere sulla ripa dell'alveo dell'Avesa presso il suo sbocco fuori delle mura del secondo circondario, aggiungendo che nel secolo XIV fu racchiusa nel convento di S. Martino quando a quei frati fu concesso parte del fossato, e poi atterrata. Arguisce finalmente che fosse nel terreno contiguo alla via larga di S. Martino, dove si dirige verso Borgo S. Pietro.

Non s'impugna da noi l'esistenza di S. Andrea dell'Avesa, ma non si può ammettere che questa chiesa possa esser stata racchiusa nel convento di S. Martino non trovandosi memoria alcuna nel suo Archivio che ce lo dica. Che poi fosse nel luogo immaginato dal Masini non può sussistere perchè l'alveo dell' Avesa è distante dall'angolo delle case del borgo di S. Pietro circa pertiche 13.