Lambertazzi

Famiglia principalissima discendente da un Petrone che alla metà del secolo X era duca e marchese, probabilmente dei duchi di Ravenna. Trasse il nome da un Lamberto, detto Lambertazzo, che viveva nel 1103 (1) e lo diede alla fazione ghibellina in Bologna, tenendone il primato per mezzo secolo. Ebbe sette volte il supremo ufficio di consolo, prima del 1211, ed il governo o magistero dell' ordine militare e religioso dei gaudenti, allorchè era più fiorente e benemerito (1267) (2). Anche al di fuori era tenuta in gran conto, onde alquante città ghibelline vi trascelsero fino a ventuna volta il loro moderatore o podestà (3). Lo era Bonifacio di Guido, di Guizzardino, quando condusse i Padovani, ma con sinistra fortuna, a battagliare alle Bebbie contro i Veneziani (1215). Due anni dopo, giurata la fratellanza d' arme col suo nipote Guidon Capello di Bulgarino e con altri bolognesi, Bonifacio prese la croce ed eletto loro duce li condusse a combattere in Terra santa e a conquistar Damiata: nè qui è da ripetere ciò che ho detto narrando de' Geremei. Rivalicato il mare, Bonifazio capitanò tutta la parte ghibellina di Bologna, che assunse e sempre mantenne il nome di lambertazza, già grido di guerra in Palestina (4). Gli succedette nel principato della fazione il figliuolo Fabro vir sapiens et magni consilii, secondo che lo disse Benvenuto da Imola (5), e quindi chiamato a podestà a Viterbo, a Pistoia, due volte a Pisa e tre a Faenza, di dove venne con milizia e popolo in aiuto de' Bolognesi contro i Modenesi, prendendo parte a zuffe, ad assedii, a oppugnazioni, con vicende ora prospere, ora avverse (1235). Portò poi la guerra fin sotto le mura di Ravenna e incusse tal terrore, che poco mancò non s'impadronisse di quella grande città. Cessò di vivere nel 1259 carico di anni e di onori (6), ma Dante ne rese il nome immortale, allorchè deplorando l'imbastardire de' Romagnoli esclamò

« Quando in Bologna un Fabbro si ralligna ? » (7)

La fazione ghibellina finchè fu retta da Bonifacio e da Fabro tenne testa alla guelfa, o geremea, ed in quel tempo solo una volta, nel 1248, la famiglia de' Lambertazzi azzuffandosi con i Bualelli prese parte ad una mischia che turbò la pubblica sicurezza. Sottentrato a Fabro nel primato della fazione Castellano degli Andalò, la gente de' Lambertazzi fu tra le antesignane che vennero a conflitto nel 1271 e 1272 (8). Nelle orrende e micidiali tenzoni del 1274 perirono Gerardo Azzolino, Fabruzzo e Lamberto de' Lambertazzi. Al quarantesimo giorno dell' eccidio un improvviso rinforzo di guelfi ferraresi e lombardi, che coll' imbrunir della notte occupò la piazza e il palagio, portò sfiducia e sgomento nella parte ghibellina. I cui capi e alquanti de' Lambertazzi raccolti a consulta nelle case de' Carbonesi, fu proposto daj più arrischiati si facesse un nuovo sforzo per superare gli avversari o perire. « Ma Castellano di Fabro Lambertazzi, assai grave d' anni e di senno, rammemorando le perdite sostenute, l'inuguaglianza di forza e i soccorsi trascurati in prima ed in seguito venuti meno, conchiuse essere necessario il desistere da imprudente contrasto e serbarsi a tempi migliori » (9). Questo consiglio fu accolto, e poche ore appresso forse dodicimila tra armati, inermi, donne e fanciulli uscivano dalla città (2 giugno), senza che si osasse dai geremei affrontarli o inseguirli, e riparavano per la più parte a Faenza, non trovando più vicino ricovero. Susseguentemente furono proscritti, e i nomi loro registrati nei libri de' lambertazzi, ossia de' ghibellini banditi, che si conservano neh' archivio notarile (10). E vi si leggono quelli del celebre Guido Guinicelli, di tre Accursi e di altri maestri di gran fama, i quali si ridussero a Padova, raggiunti da'propri alunni; onde il pontefice credette là trapiantato lo studio bolognese, come si ha da Guglielmo Abate (11).

Tra codesti banditi ve n' ha della famiglia Lambertazzi e due son notevoli: Fabruzzo o Fabrizio e Azzo, figli di Tommasino fratello di Fabro. Fabruzzo fu poeta illustre e per ciò ricordato da Dante (12). Andò espulso con gli altri di sua famiglia nel 1274, al che forse allude il suo verso

« Lo meo lontano gire »

primo d'una canzone e il solo conservato, da Dante. Viveva ancora nel 1298. Azzo, prete, patrocinò cause nel foro e lesse gius canonico ad una fioritissima scolaresca, specialmente di stranieri d' ogni nazione (13).

Da due mesi era esule la parte lambertazza, ingrossata dagli altri ghibellini perseguitati presso che in tutta Italia, quando il comune mosse contro di loro l' esercito col carroccio e rafforzato dagli amici di Cremona, di Parma di Modena e di Romagna; ma dopo aver guerreggiato durante un mese sotto Faenza, con qualche successo, fu forzato a ritrarre con vergogna l' esercito, vinto e sgominato dal conte di Montefeltro che acquistò riputazione di grande capitano (14). Agli eccidii interni s'aggiunse quindi la perduta autorità sulla Romagna, onde Bologna declinò di nome e di possanza. Nè questi soli guai derivarono; chè poco appresso il comune, avendo ritentata la sorte dell' armi e provatala nuovamente avversa, pericolando riparò sotto l'infausta protezione dei papi. Nicolo III non fu tardo ad accordarla e mandò a Bologna legato il cardinal Latino, suo prediletto nipote, che compose geremei e lambertazzi, ossia guelfi e ghibellini. Con grande apparato di drappi, di fiori e di piviali vescovili la pace fu giurata in piazza da tutti i maschi delle due fazioni dai dieci ai settant'anni (4 agosto 1279) ma poco appresso fu violata e distrutta dai rientrati (15). Rimase invece la protezione dei papi, che a poco a poco si cambiò in signorìa quasi assoluta e pesò pel corso di sei secoli, benchè con frequenti interruzioni, sopra Bologna.

I rinnovati conflitti cittadini cagionarono non più un esilio, ma una cacciata della parte lambertazza ( 1280) e la rovina di dugentocinquanta sue case (16). Una continua vicenda di conati degli espulsi, di repressioni e di persecuzioni de' prevalenti (ed è memoranda quella favoreggiata da Tibaldello « Ch' aprì Faonza mentre si dormia (17) », di riammissioni, di tumulti, di bandimenti, durò dal 1280 al 1311, in cui la patria riaccolse durevolmente i proscritti.

La famiglia de' Lambertazzi, oltre le vicende comuni con la sua fazione, questo ebbe di particolare, che Becchino Lambertazzi, venendo alle mani sulla piazza di Bologna con uno Scannabecchi (1284), fu cagione che il popolo si levò in arme. Fuggiti quei due, poi presi, furono decapitati (18). Non guari dopo tuttavolta Azzolino e Covruzzo, nipoti di Fabro, furono tolti di bando, non solo, ma per decreto pubblico ascritti alla parte geremea (19). Quando poi il nome di lambertazzi non fu più un grido di discordia e di eccidii, e gli antichi odii di fazione furono dal tempo attutiti, i pronipoti di Fabro e i loro figli vennero ammessi sedici volte fra gli anziani, dall'anno 1351 al 1359.

Al sorgere del secolo XV moriva in Padova un Giovanni Lodovico Lambertazzi « Orator mirus facundo Tullius ore » secondo che dice il suo epitaffio, e nel 1408 con la morte di Giovanni di Castellano (20) estinguevasi questa famiglia, ch' ebbe sì gran parte nelle sorti del suo paese, ma che, per l' esca delle regalie contrastate dai comuni, rinfocolando un esiziale dualismo, fece ogni sforzo per sottomettere la Romagna agl'imperatori.

Gli amori funesti, ma leggendarii, d'Imelda Lambertazzi con un Geremei (21) diedero tragico argomento ai poeti Vivarelli, Munch-Bellinghausen (Federico Holm) e ad altri nostrani e stranieri ed al novellatore Sabbadino degli Arienti (22). Quell' illuso antagonista del Tassoni che fu il Bocchini, intitolò Pazzìe dei savii, ossia il lambertaccio, il poema ch' egli osò contrapporre alla Secchia rapita. Non ho notato prima, per non interrompere il racconto, che i Lambertazzi ebbero ottantotto servi.

Quanto alle torri, l'annalista Savioli (23) accenna alla sfuggita che quelle de' Lambertazzi sorsero dopo il 1120, ma non ne indica il luogo. Il Ghirardacci (24) e l'Alidosi (25) dissero, e molti ripeterono, che il casamento dei Lambertazzi fu comprato dal comune nel 1293 per 300 lire e compreso nel palazzo che allora si fabbricava sull' angolo della piazza e di Porta nuova; onde fu dedotto che la torre ivi sussistente, detta dell'orologio, era dei Lambertazzi. Ma, parlando degli Accursi, riferii documenti per i quali si ha certezza che la torre anzidetta e la casa annessavi avevano appartenuto ad Accursio il Glosatore, quindi al più tardi nell' anno 1259 poichè allora egli morì. E dimostrai che Francesco suo figlio ne fece vendita al comune nel 1289, appunto per la fabbrica del palagio nuovo. Per ciò la notizia del Ghirardacci e dell'Alidosi è erronea e conviene cercare altrove le case dei Lambertazzi.

Avevano essi un casamento bensì sulla piazza, ma dov' è adesso il palazzo detto del podestà, il quale casamento fu venduto nel 1200 e 1208 al comune, e per lui a Isacco di Dovara podestà, per 309 lire e 12 soldi, da Ardizzone soprannominato Boccaccio e da Brancaleone Lambertazzi (figli di Marino), le cui mogli Maria e Fraisenda rinunciarono ai diritti che vi avevano (26). Questo casamento fu acquistato per costruire quel palazzo del comune, che poi fu detto vecchio e poscia del podestà, e forse il Ghirardacci e l'Alidosi scambiarono dal palazzo vecchio al nuovo, tanto più probabilmente quanto che il prezzo indicato dall' Alidosi corrisponde a quello pattuito dal Dovara con Brancaleone e Boccaccio. Non risulta però che in questo casamento vi fosse una torre.

Di alquante altre case dei Lambertazzi ci dà contezza la indicazione degli edificii circostanti alla piazza maggiore, eseguitasi nel 1294 per riscontrare i termini ivi apposti in passato (27); e dall' ordine seguìto nell' enumerazione si conosce che tali case erano consecutivamente situate tra'l palazzo vecchio del comune, ossia del podestà, e la chiesa di s. Maria de' Rustigani, la quale sorgeva circa dove la gradinata della chiesa di s. Petronio fronteggia il portico della Morte.

Da ciò risulta, e documenti posteriori confermano, che le case de' Lambertazzi si estendevano bensì sulla piazza, ma tra la via delle Chiavature e quella degli Orefici, ove fu costrutto nel 1412 il portico dei banchi, riformato poscia dal Vignola. E appunto al cominciare di essa via delle Chiavature era la chiesa parocchiale e gentilizia de' Lambertazzi, intitolata ai santi Vito e Modesto (28).

I deputati a riscontrare i termini sopraddetti, dopo avere notata la chiesa di s. Maria de' Rustigani e quella di s. Tecla de' Lambertazzi, notano i fondamenti che già appartennero agli eredi del fu Tommasino de'Lambertazzi (fratello del celebre Fabro), vicini al casamento di Gerardo e di Fabruzzo (29) Lambertazzi (figli di Guiduzzo altro fratello di Fabro), vicini alle case dei Boccacci ramo de' Lambertazzi e vicini alle fondamenta delle case antiche di fra Guizzardino pur de' Lambertazzi ( cavaliere gaudente cugino di Fabro (30) ). V' era altresì vicino il terreno delle case degli eredi di Castellano di Fabro Lambertazzi (31), il qual terreno era presso la piazza, dirimpetto alle scale del palazzo vecchio del comune, che fronteggiavano quasi le pescherìe e che furono disfatte nel 1442 (32). In queste case, alle quali eran presso eziandio le altre vendute nel 1200, sarà stata la torre o casatorre di Gian-Buglione (33) dei Lambertazzi che, confiscata, fu posta all' incanto nel 1275, già morto esso Gian-Buglione (34). E non è improbabile che questa potentissima e principalissima famiglia avesse quivi altre torri e che fossero distrutte o quando nel 1274 la parte geremea assaltò le torri degli avversarii, e per rovinarle più facilmente avrebbe voluto che il podestà desse le macchine pubbliche, o quando nel 1279 furono atterrate dugencinquanta case della sfrattata fazione lambertazza.

(1) Savioli, Ann. v. 1, pag. 122, che dà la genealogia de' Lambertazzi.

(2) Savioli, Ann. v. 5, pag. 403.

(3) Savioli, Ann. v. 3, pag. 30,1, 352; v. 5, png. 14, 47, 77, 107, 197, 249, 268, 278, 311, 362, 362, 368, 370, 403, 403, 412, 424, 472.

(4) Savioli, Ann. v. 3, pag. 352, 356.

(5) Commento al verso 99, e. 14 del Purgatorio.

(6) Savioli, Ann. v. 5, pag. 333.

(7) Purgatorio e. 14, v. 100.

(8) Savioli, Ann. v. 5, pag. 213, 444, 455, 15'", 457.

(9) Savioli, Ann. v. 5, pag. 484, 485.

(10) II Savioli (Ann. v. 5, pag. 491 ) nota che uno di questi libri comincia cosi : « Hi sunt banniti et inobedientes de domibus magnatimi et de Nobili progenie » ed un altro « Magne domus nobilium et popularium. > Il Sarti (De clar. archig. v. 1, pag. 374) ne indica un altro ancora intitolato « Sub hoc titulo continentur nomina eorum qui positi fuerunt in banno comunis Civitatis Bononie occasione rebellionis qua pars Lambertatiorum civitatem ipsam discipare molita est. »

(11) Savioli, Ann. v. 5, pag. 484, 485, 491, 492.

(12) « Fabritius, Honestus et alii poetantes Bononiae qui doctores fuerunt illustres et vulgarium discretione repleti » (De vulgari eloquio lib. I, cap. 15).

(13) Sarti, De clar. archig. v. 1, pag. 372. Fantuzzi, Notiz. v. 3, pag. 282.

(14) Savioli, Ann. v. 5 pag. 487. Sismondi, Hist. de rep. chap. 22.

(15) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 227, 228, 246, 247, 248, 253.

(16) II Toselli tra i libri dell' arch. crimin. ne rinvenne uno in cui « sono no tati più di 250 guasti, cioè case distrutte che appartennero ai lambertazzi banditi. » (Spoglio nis. dell' arch. crim, par. 1, fascie. 19, pag. 926).

(17) Inferno, e. 32, pag. 123.

(18) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 286.

(19) Sarti, De clar. archig. v. 1, pag. 372.

(20) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 215. Guidicini, Genealogie ms. nella collezione Gozzadini.

(21) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 224. Sismondi, Hist. des rep. ital. chap. 22.

(22) Vedasi la X delle porrettane.

(23) Annali v. 1, pag. 191.

(24) Hist. v. 1, pag. 311.

(25) Instrut., pag. 115.

(26) Registro grosso, nell'arch. notar, fol. 100 v. 173 v. Registro novo, nel- l'arch. notar, fol. 238.

(27) Liber terminorum inventorum et etiam positorum... circa platea Comunis Bon. etc. ann. 1294, nell'arch. notar.

(28) Masina, Bolog. perlustr. (corretta) v. 1 p. 2, pag. 37.

(29) Quest'è il Fabruzzo o Fabrizio lodato, dall' Alighieri... « in angulo et capite fondamenti que quondam fuerunt heredum quondam d. Tomasini de Lambertatiis et distat a dicto termino posito in angulo ecclesie s. Tecle per duas perticas tres uncias » etc. (Lib. termin. ecc. del 1294).

(30) Da locazione fatta nel 1303 si ha che le case di Guizzardino del fu Bulgarino Lambertazzi erano situate sull'angolo delle Chiavature (Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 389).

(31) Erano cinque case, divise dalla via poi detta le Pescherie e furono vendute il 4 giug. 1388 da Bonifazio, Giacomo e Giovanni pronipoti di Castellano Lambertazzi a Francesco Spontone (Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 390).

(32) Alidosi, Instrut., pag. 135. Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 402.

(33) Docum. n. 99.

(34) Il Savioli nello stemma genealogico (Annali v. 1, pag. 122) lo chiama Gia- copino detto Buglione ; ma ciò poco monta. Si può in vece notare che questo nome o soprannome di Buglione dev'essere una reminiscenza di crociata, alla quale aveva preso parte, oltre a Bonifacio, almeno Guidon Capello fratello d'esso Giovanni o Giacopo Buglione. Cosi il Soldano Albari, il Saraceno Lambertini, la Damiata di Castellano, la Damiata di Bonifacio, la Damiata di Giovanni tutte de'Gozzadini ed altri cotali nomi, sono da riferirsi alle crociate.