Strada San Mamolo, dal III volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Questa Strada comincia dalla Porta della città, e termina alla Piazza Maggiore. È lunga pertiche 220, e piedi 7, e di superficie pertiche 607.93.9.

Nel 1149 era conosciuta col nome di via della Piazza Maggiore di S. Procolo ed in appresso di S. Mamma, poi volgarmente S. Mamolo dalla chiesa parrocchiale di S. Mamante.

Il quartiere di porta S. Procolo è antichissimo. Un rogito di Donato del 23 giugno 1118 parla di un Gio. Bono de Laurenza de porta S. Proculi.

I bandi(1) si pubblicavano nel 1256 in Borgo San Mamolo presso la Croce e nel 1289 davanti la predetta Croce, e davanti la casa di Bulgarino de'Carbonesi in bocca della via che va a S. Domenico, e nel Trebbo di S. Procolo davanti la casa di M. Guido di Vetrana, preseguendo per molto lasso di tempo.

Potrebbe essere che questo Trebbo fosse la strada aperta davanti la chiesa di S. Procolo, e che passa a via Val d' Aposa, ora detta Tagliapietre, ma in questo luogo si pubblicavano nel 1256.

Fino al 1070 il torrente Aposa entrò in Bologna radendo la porta della Piazza Maggiore verso levante, continuando il suo corso per Val d' Aposa, da Sant'Arcangelo alla piazzetta davanti le case dei Bedori, ora Moreschi proseguendo di dietro al palazzo del Legato, da porta di Castello, per Galliera dove dirimpetto alla chiesa di Santa Maria Maggiore vi era un altro ponte che fu scoperto nel 1720 all'occasione di avere ribassato la strada in quella situazione, poi correva per l'Avesella e si gettava nel Cavaticcio. Dopo il 1070 fu deviato questo corso dell' Avesa dal ponte della Pietra fuori porta S. Mamolo, e condotto più a levante in città come oggidì lo veggiamo.

Li 27 giugno 1523 furono nominati Virgilio Poeti, e Lodovico Carbonesi a riformare e adornare la strada che dalla pubblica piazza passa fino a porta S. Mamolo levandovi tutte le tortuosità, angoli, portici, impedimenti qualunque, con amplissima facoltà di obbligar qualunque inobbediente, e segnatamente il proprietario della macellaria dei Celestini perchè la mettesse altrove.

La porta attuale della città fu fabbricata ed aperta nel 1417. L'antica che era prossima alla presente verso Porta Castiglione, il cui arco è ancora visi bile, fu murata.

Per strada S. Mamolo si faceva il corso delle Maschere cominciando dalla porta della città fino alla fontana del Nettuno, intorno alla quale facevano il giro delle carrozze. Passò poi quest'uso a strada S. Stefano come sarà detto a suo tempo.

1588 8 giugno. Memoriale dei cappuccini perchè sia seliciato il sentiero per venire alla città in tempi piovosi. La pendenza del piano della città dalla soglia della porta di S. Mamolo, a quella di porta di Galliera è di piedi 66.11.1. La distanza è di pertiche 525.

1286 18 marzo. Bolla d'Onorio II data in Roma a favore del priore di San Fridiano di Lucca colla quale conferma la compra fatta dai padri, e canonici di S. Fridiano suddetto, dai padri della Penitenza, ossia de' Sacchi, di un luogo terreno, e case poste vicino la cinta di Bologna fuori porta S. Mamolo per Lire 300 prezzo da convertirsi in usi Pii.

Strada di S. Mamolo a destra cominciando dalla porta della Città fino alla Piazza.

NN. 10,11. Chiesa, e conservatorio di zitelle dette di Santa Croce.

Gli statuti del Pio conservatorio delle zitelle di Santa Croce già sino nel l'anno 1583 eretto, e fondato furono riformati li 26 aprile 1609, e 29 ottobre 1653, e 12 maggio 1757. Fu Bonifacio dalle Balle il promotore di un reclusorio per figlie di meretrici, e per ragazze pericolanti in una casa nelle Lamme detta la Corte, poi dei Convalescenti, ove rimase fino al 7 ottobre 1598. Pare che per poco tempo passasse nell'ospitale di Sant'Antonio di Padova in Val d'Avesa.

Li 18 maggio 1599 Galeazzo Campagna vendette ai confratelli dell'Oratorio di Sant'Antonio di Padova di Val d'Avesa due case contigue nella parrocchia e strada S. Mamolo per L. 7,000. In appresso si trova che il Papa applicò a vantaggio delle povere di Sant'Antonio di Padova in S. Mamolo L. 400 del ricavato dalla vendita dell'oratorio, e dell'ospitale di Sant'Antonio del terz'ordine di Francesco di Val d' Aposa.

Il primo vestiario di queste povere, poi dette putte di Santa Croce fu un abito color rosso, con croce bianca nel petto. Dopo le vicende del 1796 adottarono un vestiario uniforme di non determinato colore, confezionato modestamente secondo la moda del giorno.

Li 11 dicembre 1801 furono traslocate in questo conservatorio le putte di S. Giuseppe di Strada Castiglione in numero di 16, e il giorno susseguente anche quelle di Santa Marta, ma essendo il locale troppo angusto per contenerle, quest'ultime dovettero sloggiare il 20 del mese stesso, e furono traslocate nel Baraccano; le altre di S. Giuseppe furono separate li 26 agosto 1802, poscia riunite li 10 dicembre 1808. La Chiesa fu chiusa li 16 agosto 1808, ed anche murata la porta ai primi di settembre, indi riaperta.

N.12. Casa forse dei Dondoli, poi dei Bassani, passata a Cesare naturale di Carlo Barbieri perchè marito di Cristina Bassani uomo onoratissimo morto li 14 febbraio 1711. Lasciò due figli, Carlo, prete dell'oratorio, e l'avv. Tommaso, che mori miserabilmente gettandosi da una finestra di questa casa. Le putte di Santa Croce l' acquistarono dai creditori dello Stato del predetto avvocato morto senza successione.

N.13 1580 luglio. Compra Francesco del fu Paolo Luna, da Quirino e Antonio fratelli e figli del fu Giovanni Battista Lucchini, i miglioramenti di una casa sotto la porta, e in via S. Mamolo. Confina Giovanni Paolo Scapini, Giacomo Zoli, più i miglioramenti di quattro case unite sotto S. Procolo ed enfiteutiche dell' Abbazia per cui pagavansi L. 6 d' annuo canone, poste nella contrada dietro S. Mamolo (o sia del Buon Gesù via Paglietta), confinano Fabio Dondoli, Giulio Cesare Paiarolo, ed altri, per L. 15500. Rogito Girolamo del fu Nicolò Fasanini.

Stabile che il 1° marzo 1565 fu ceduto da Giovanna del fu Tommaso miniatore, vedova di Giovanni Libri a Prudenza del fu Vincenzo Galuzzi moglie di Giacomo Zoli col jus francandi una casa in porta e contrada S. Mamolo di diretto dominio di S.Procolo in confine dei Duglioli, di Giovanni Battista Lucchini, e di altri. Rogito Dionigio Rossi. Il 14 marzo 1567 fu comprata da Prudenza del fu Vincenzo Galluzzi, moglie di Giacomo del fu Alessandro Zoli, rogito Giovanni Pacchioni, e Giovanni Battista Rinieri.

1591 15 febbraio. Compra il suddetto Luna da Vincenzo del fu Giacomo Zoli una casa enfiteutica e in via S. Mamolo. Confina i compratori, i Diola (Duglioli), per L. 1650. Rogito Girolamo Fasanini. Il jus francandi il diretto dominio di S. Procolo di questa casa era stato ceduto fino dal 1° marzo 1565, da Giovanna del fu Tommaso miniatore vedova di Giovanni Libri a Prudenza del fu Vincenzo Galluzzi moglie di Giacomo Zoli. Confinava i Duglioli, i Luchini ed altri, rogito Dionisio Rossi.

1609 20 luglio. La casa dei Luna in S. Mamolo confinava i Cremonini, i Lucchini, rogito Orazio Castellani.

1642 24 luglio ottobre. Testamento d'Antonio del fu Francesco Luna, il quale lascia usufruttuaria la moglie Pannina del fu Annibale Ostesani, ed eredi i PP, dell' Oratorio legatando ad Alberto Casarenghi la sua casa grande in San Mamolo, e una piccola casetta in Paglietta,- rogito Giulio Cesare Cavazza. Il detto testatore morì il 23 febbraio 1644. e fu sepolto nell'Annunziata.

1659 13 febbraio. La casa dei Luna in S. Mamolo fu rilasciata ai Filippini, ad Alberto Casarenghi Legatario, e a D. Lorenzo Guidazzoli erede usufruttuario dì Panina Ostesani vedova di Antonio Luna. Rogito Lorenzo Domenici alias Artemisi.

1665 7 settembre. Compra Innocenzo d'Antonio Codronchi d' Imola da Vincenzo del fu Alberto Casarenghi la casa nobile ed annessi già dei Luna in San Mamolo rimpetto le Grazie, per L. 10000. Rogito Giovanni Roffeni. Nel 1716 era di Domenico Casolani macellaio che la rifabbricò, il suo figlio Angelo addottorato in filosofia e medicina il 7 settembre 1722 la vendette ai Cantelli, mercanti di pannine. Gli eredi d' Ignazio Cantelli l' alienarono alla contessa Maria Camilla di Lucio Rossi Conti il 28 novembre 1798, ultima di sua famiglia, vedova del senatore Antonio Marescotti, poi moglie di Tommaso Tauber soldato tedesco e morta il 30 maggio 1806. Ora appartiene al dottor Antonio Micheli.

Li 17 luglio 1615 il dottor Paolo, e Antonio fratelli Luna diedero facoltà di radunarsi in questa casa a dieci sacerdoti bolognesi, che poi fondarono il collegio dei Filippini in Bologna.

Il pittore Tommaso Aldrovandi aveva casa di faccia le Grazie, che fu poi dei Sartori

N.19. Casa di tre archi prima del portico della chiesa del Buon Gesù. Era dei Caneti, poi dei Mastri, l' ultimo dei quali di nome Francesco cancelliere del Senato morto nel 1728 lasciò eredi i Padri delle Grazie. Passò poi a un ramo Moreschi.

N.20. Compagnia, e chiesa detta del Buon Gesù.

Nel 1200 usavano due classi di compagnie, una chiamavasi compagnia delle laudi che solamente cantava preci, l' altra de' devoti, e questi invece si disciplinavano.

Nel predetto anno 1200 vi erano tre compagnie della Madonna del Monte, fra le quali una di devoti, che quantunque si pretendino fondati nel 1106, pure non si trovano nominati prima del 1321, sotto la data del 15 luglio, in cui il Consiglio della città ordinò al depositario del Comune di pagare L. 50 al priore della compagnia dei devoti della Beata Vergine del Monte, e che frate Lorenzo da Casale Carmerlitano deputato al Granaro del Comune, consegnasse tanto frumento di detto Comune per l'importare di L. 100 al priore suddetto affinchè potesse perfezionare la fabbrica già cominciata della casa di Mezzio presso la Chiesa di detta Beata Vergine del Monte. Rogito Alberto Testa.

In una storia della Compagnia della morte scritta nei libri dell' Archivio riguardanti l' Oratorio di detta arciconfraternita è notato — che anticamente i giustiziati si seppellivano a mezza Ratta, ed erano condotti al supplicio da certi devoti, che nel 1292 acquistarono il titolo di confraternita, i quali così proseguirono fino al 1350 dal qual tempo in poi tali giustizie si fecero nel mercato fino al 1507. — Nel 1428 prese il nome di confraternita del Buon Gesù.

N. B. Quantunque sieno dicerie inesatte pure si sono riportate.

Nel libro dei memoriali sta registrato un atto dei 10 giugno 1337 in cui si legge — Bonuccius quom Olivery, et alii quidem promittunt solvere libras 100 Bononenorum causa faciendi fieri domum devotorum Beatae M. Virginis, quae fit in capite rattae montis. Ed in altro atto dello stesso libro dei 3 maggio 1338 sta registrato Cum doc sit. quod D. Bonuccius domini Olivery de Vixellis strazarolus, et Joannes quon. Rodulphi de Pinolo sindici societatis Sanctae Mariae quae congregari consueverat apud Ecclesiam Sanctae Mariae de Monte, et nunc congregalur juxta rattam de monte in domo ipsius societatis.

Questa è l' origine della compagnia del Buon Gesù, che anticamente si disse dell'Annunziata di mezza ratta del Monte, poi della casa di mezzo dei poveri del Buon Gesù — Sotto il portico in via S. Mamolo di detta compagnia vi era la seguente inscrizione:

Domus ad usum Hospitalitatis deputatae

Societatis devotorum

Gloriosae virginis Mariae de Rata montis

q. fuit incepta construi

A. S. MCCCLII de mense Febr.

Di fatti il Ghirardacci dà nel 1352 la fabbrica della casa del Buon Gesù ad uso d'ospitale nella via di San Mamma fatta dai devoti di Santa Maria del Monte della Rata. Li 20 dicembre 1493 il reggimento che aveva già accordata L. 20 per la fabbrica dell'Oratorio dell'ospitale di Santa Maria del Buon Gesù in S. Mamolo ne accorda altre 20 con questo, che le due somme sieno convertite in detta fabbrica.

Il Rinieri dice che la compagnia del Buon Gesù venne a Bologna nel 1352 e che nel 1430 lasciò il titolo di Santa Maria di Mezza rata, e assunse quello del Buon Gesù. Sotto la data del febbraio 1352 vediamo che cominciarono a costruire un Ospitale e non si parla che erigessero Chiesa, od Oratorio per le radunanze.

Il Rinieri dice che la Compagnia di Mezza Rata venne in Bologna nel 1352 ma pare che confondi la data dell' erezione dell' Ospitale in S. Mamolo, con quella dell' abbandono dell' antica sua residenza.

Diffatti si trova che i confratelli radunavansi nel palazzo del collegio Gregoriano, poi in una casa di Bartolomeo della Calcina al quale nel 1456 passavano L. 6, 10 d'affìtto, che aveva le sue case dal serraglio di Santa Agnese vendute alle suore della Santa il 31 dicembre 1484. Nel 1510 i Padri di San Barbaziano gli concessero Santa Maria degli Orti (Santa Maria della Neve) di dove sloggiarono nel 1510. Sembra dunque che le predette località servissero piuttosto per unirsi a trattare sugli interessi della Compagnia, che per cantarvi i divini uffizi.

Li 5 marzo 1510. Rogito Botti Andrea gli fu concessa la chiesa di Santa Maria dell'Orto alias della Neve dai Padri Girolamini di S. Barbaziano.

Il ritiro della Compagnia a Bologna fu forse consigliato dalle intemperie della stagione e dalla difficoltà della strada che da quella di S. Mamolo dov'è l' osteria della Palazzina, s' inoltrava dov'è la chiesa di S. Procolo in Valvedere, poi piegava a destra arrampicandosi fra i campi fino al Romitorio di San Bernardino sboccando sulla strada attuale dell' Osservanza fra i due casini ora posseduti dai Guidi, e Costetti.

La chiesa del Buon Gesù in S. Mamolo che dicesi piantata nel 1530 era nel sito dell'attual sbocco di Mirasol grande. Essendosi decretato il 1° aprile 1622 l' apertura della strada Giulia fu fatta opposizione dai confratelli perchè necessariamente si atterrava la loro Chiesa. Combinate le massime fra l' Ornato e la Compagnia, si trova che il 13 ottobre 1639 il cardinale Sacchetti Legato di Bologna comprò dal senatore Andrea di Bartolomeo Ghisellardi procuratore e amministratore di Giulio, Fulvia, Laura e Ginevra di lui figlie, e di Lucrezia Angelelli di lui moglie, una casa in S. Mamolo pagata L. 2043, 10 per costruire la chiesa del Buon Gesù. Rogito Marco Spontoni. Fu pure comprata per lo stesso fine la casa di Girolamo Turchi enfiteutica di S. Procolo, alla quale Abbazia pagavasi l'annuo canone di soldi 9, che confinava a settentrione colla chiesa vecchia del Buon Gesù, coi Ghisellardi a mezzodì, e con una chiavica a levante. Li 28 novembre 1639 fu posta la prima pietra della nuova Chiesa di forma elittica, e di elegante architettura.

Il senatore Andrea Ghisellardi fu gran benefattore di questa fabbrica, che sovvenne di molte elargizioni.

1582 8 marzo. Locazione de' Monaci di S. Procolo alla Compagnia del Buon Gesù alias di Santa Maria di Mezza Rata del suolo di tre case sotto S. Mamolo dietro la chiesa del Buon Gesù per l'annuo canone di L. 3, 11. 8 con l' obbligo ai confratelli di andar ogni anno processionalmente alla chiesa di San Procolo il giorno della di lui festa ad offerirgli una torcia di cera. Rogito Girolamo Fasanini.

Questa Confraternita fu soppressa il 16 agosto 1798. Tutto il locale fu acquistato da Pietro Bacchelli a rogito Luigi Aldini dei 23 febbraio 1799, poi venduto al Perito Mariano Santini. La Chiesa fu chiusa il 16 agosto 1808, e poi demolita nel luglio 1809 o 1812.

Si passa Mirasol Grande

N.21. Casa composta di due, una dei Morandi enfiteutica della chiesa parrocchiale di S. Mammante, e l' altra dello stato di Giovanni Battista Montanari successore del dottor Cortellini. Fu fabbricata da Mario Guselli, appartenne alla contessa Ginevra Castelli, poi all'avvocato Gaetano Bettini.

NN. 22, 23. Chiesa parrocchiale di San Mamma o Mammante che si dice edificata nel 1246, ristaurata nel 1755, e abbellita poco prima del 1796 di nuova facciata con piccolo Atrio che copriva la porta della Chiesa e che rimaneva in prospetto della piccola piazzetta o sacrato. Anticamente la sua giurisdizione parrocchiale si estendeva anche fuori della città. La Chiesa e la parrocchia furon soppresse il 23 marzo 1806. Il locale fu comprato da Luigi di Giovanni Zecchini come da rogito di Carlo Bonifazio Reina notaio di Milano.

N.24. Casa dei Morandi Domenico di Giovanni. Morandi aveva casa in strada S. Mamolo e presso la chiesa di S. Mamma il 4 maggio 1453, e ciò risulta da accomodamento seguito fra lui, ed il curato di S. Mamma per terreno usurpato in causa dell' ampliazione della Chiesa.

1461 2 luglio. Il Reggimento concede a Benedetto di Domenico Morandi un suolo di piedi 30 da un lato e di piedi 20 dall' altro davanti la sua casa in S. Mamolo, e di quella di Bartolomeo di Francesco Speciari lardarolo. Rogito Domenico Muletti notaio delle Riformazioni. Il Morandi era cancelliere degli Anziani come da rogito di B. Campana 17 aprile 1469 e fu l'autore della celebre orazione de Laudibus Bononiae, stampato pei tipi di Ugone de' Ruggeri 1481. Terminò i suoi giorni il 27 luglio 1478.

Li 3 giugno 1506 questa casa è qualificata per grande, e confinava con strade, e colla casa di Tommaso Ruggeri la quale fu poi dei Baldi, e poi nel 1777 unita al palazzo Morandi, continua questo stabile ad appartenere ai discendenti del suddetto Benedetto, i quali probabilmente vanno a terminare nel vivente conte Camillo Raffaele del fu conte Luigi Morandi.

Si passa il Borgo delle Tovaglie.

N.25 Portone delle carra del Monastero di S. Procolo in faccia del quale vi era un torresotto o porta del secondo recinto, che la Camera di Bologna aveva concesso ai Padri di S. Domenico a titolo di compenso. I Domenicani il 14 gennaio 1446 lo diedero in enfiteusi ai Benedettini per annue L. 13 colla condizione di non demolirlo, e di non impedire la strada, rogito Pietro Bruni. Li 13 dicembre 1546, fu decretato che si dovesse demolire mediante 22 voti bianchi contro 7 neri, lo che fu eseguito il primo aprile 1555 giorno in cui si mise mano all' atterramento. Dall'altra parte della strada si appoggiava anticamente alle case degli eredi di Bartolomeo Cattalani poi dell' opera degli esposti. Il Decreto dice:

1546 13 dicembre. Sia atterrata la torre detta torrazzo di S. Procolo aderente a detto Monastero, e presso l'Ospitale degli esposti col compenso d' interesse a detti Padri.

NN. 26 27. Chiesa e Monastero di Benedettini Neri detti di S. Procolo. Si è indicato superiormente che nel 1118 si trova nominata la porta di S. Procolo, che prova l' esistenza di questa Chiesa fino da quei dì, la quale era soprapposta a una sotterranea dedicata a S. Sisto primo, o a S. Sisto secondo. La soprapposta sembra che del 1087 fosse dedicata ai Santi Nicomede e Procolo, e servisse per le radunanze di una delle Tribù della città. Dicesi che sia stata abbellita nel 1384 da Giovanni di Michele abbate, che fece costruire le tre navi in vòlto.

Li 26 febbraio 1587. I Padri di S. Procolo avendo ottenuto un donativo di Lire 3000 in più volte per riattare la loro Chiesa nel qual lavoro avevano speso del proprio più di scudi 4000, chiesero al Senato altro sussidio per poter riporre in una onorata urna dell' altar maggiore il corpo del martire e protettore San Procolo, al che il Senato annuì accordando L. 800 da pagarsi in due anni.

Nell'Archivio del Capitolo di S. Pietro trovasi un instrumento del 1186 che è un accordo fatto presente Beltrando abbate di S. Procolo, siccome pure ivi è conservata una lettera scritta il 17 settembre 1198 da Innocenzo III a Lanfranco canonico di S. Pietro, e abbate di S. Procolo.

Mentre era Commendatore dell'Abbazia di S. Procolo il cardinale Antonio Corraro pose egli in questo monastero come vicari i monaci Benedettini Neri della congregazione di Santa Giustina. Avendo poi perduto il detto Cardinale la Commendarla città vi pose un abbate, e scacciò i monaci nel 1438.

Eugenio IV Pontefice negli ultimi anni del suo cardinalato, e nella sua qualità di Commendatore dell' Abbazia de' Santi Naborre e Felice diede quel monastero ai suddetti Benedettini Neri di Santa Giustina, ma poi morto Martino non Commendatore, ma abbate di titolo di S. Procolo, furono restituiti i predetti monaci in S. Procolo dal Pontefice Eugenio li 16 settembre 1436, i quali vi presero sede li 14 ottobre dell'anno stesso. In occasione di questo passaggio chiesero, ed ottennero i Benedettini dal Papa di ritenere il Monastero, e la chiesa della Madonna del Monte posta nei subburbi di Bologna fuori di porta S. Mamolo, che fu smembrata dall' altra Abbazia de' Santi Naborre, e Felice, ed unita a quella di S. Procolo.

Il Sagrato davanti la Chiesa fu costrutto nel 1396 d'ordine dell'Abbate Giovanni, il quale lo volle contornato di panche, o sedili di macigno tutto at torno. Dalla parte verso tramontana vi fece piantare tre fittoni, e in quello di mezzo fu inciso il noto Distico: Si procul a Proculo Proculi Campana fuisset, — Nunc procul a Proculo Proculus ipse foret, che ora si vede ripetuto in una lapide di marmo murata nelle pareti del detto Cimitero.

Nel 1400 furono fatte le volte, e la porta di quest'antica Chiesa, le volte, e l'interno furon rimodernate nel XVIII secolo ed aggiunto il coro della capella maggiore.

Li 20 settembre 1796. Le truppe Urbane che provvisoriamente furono acquartierate nel convento di S. Francesco passarono in questo monastero ridotto tutto a caserma, a riserva del chiostro destinato a pochi monaci ivi trattenuti per ufficiare la Chiesa, essendo stati traslocati tutti gli altri nel monastero di San Bernardo degli Olivetani in Borgo dell' Ariente dove poi furon sopressi li 10 marzo 1797. La suddetta truppa Urbana si disse dal popolo — I Rigadini — perchè prima d' aver ricevuto l' uniforme, essendo quasi tutti contadini vestivano abiti di tela rigata. Siccome il 2 febbraio 1798 avendo il governo determinato di ridurre tutto il monastero di S. Procolo a caserma, ed essendo stato ceduto il collegio di S. Ignazio dei signori delle missione nel Borgo della Paglia, ai bastardini troppo ristretti nell' antico loro locale posto in S. Mamolo rincontro a S. Procolo, un deputato di quest' Opera Pia propose il cambio del locale di San Ignazio in quello di S. Procolo, contratto che fu stipulato li 4 maggio 1798. I governatori dell' Ospitale degli esposti ottennero da Pio VII la conferma del possesso di questo stabile tuttora occupato dalle esposte adulte, e dagli uffìzi dell' amministrazione.

Si passa la via larga di S. Domenico.

N.31. Palazzo Marsigli Rossi Lombardi la cui facciata era simile a quella dei Marsili Duglioli. Frate Fedele cappuccino nella dedicatoria al vescovo D. Andrea Giovanetti di un libro stampato dal Longhi nel 1776 dice in una nota che un Giovanni Giovanetti del XII secolo capo della fazione Guelfa fu esigliato, che gli furon confiscati i beni, e bruciate le sue case in S. Mamolo ora Marsili, le quali vennero vendute dal fisco. Questa storiella è pure ripetuta da un altro, il quale rettifica il secolo dando il XIV, ed aggiungendo, che per molti anni si continuarono a dire le case bruciate dei Zoanetti, quelle dei Marsili. Siccome i Marsili hanno avuto domicilio in S. Mamolo anche dai Celestini al N. 98, e 97 chieder a questi cronisti se le case Zaonetti erano in quella, o in questa situazione, ed allora frate Fedele escluderebbe la prima, perchè colà nel XII secolo vi era la piazza, e aggiungerebbe che fu error di stampa l'indicazione del secolo perchè a quei giorni il Giovanni Gioanetti non poteva esser capo di una fazione che non esisteva.

E' certo che i Marsili avevano quivi le loro abitazioni nel 1448 mentre il 29 dicembre di detto anno i difensori all' Avere accordarono a Giacomo il riformatore che testò il 14 agosto 1465, e ad Andrea fratelli, e figli di Giovanni di fabbricare un muro presso la loro casa in cappella S. Procolo nella via, che va a S. Domenico, e nella via dei Vinazzi per chiudere il loro orto. Rogito Tommaso Sampieri. Nel 1482 i Marsili confinavano coi Volta.

Il 13 marzo 1514 furon fatte molte feste per la notizia giunta dell'elezione di Papa Leone X, e Camillo Gozzadini che abitava in S. Mamolo nella casa dei Sanuti fece fuochi d' allegrezza, che cagionarono un incendio nelle case di Marsili, quali furono abbrucciate in gran parte con danno di 1500, e più ducati. Nel 1653 questo palazzo fu notabilmente risarcito trovandosi che il 7 gennaio Cesare d'Annibale Marsili Rossi ottenne licenza d'occupare pertiche 3 1/2 di suolo pubblico nella via larga di S. Domenico e il 31 gennaio 1681 nella stessa via larga di S. Domenico un triangolo di suolo pubblico di piedi 10 e oncie 6 in base, e di piedi 52 e oncie 3 in altezza per terminare questo palazzo la cui sala principale è di piedi 36 per un verso, e di piedi 30 per l'altro.

Nel 1685 fu messo il tamburo nell'angolo della via Larga.

N.32. Casa dei Marsili Manzoli Duglioli. Non si hanno memorie dell'antica provenienza di questo stabile, il quale ha tutta l'apparenza d'esser stato fabbricato a un tempo stesso col descritto N° 31. Questa illustre famiglia ebbe fra i suoi il generale conte Luigi Ferdinando di Carlo Francesco (2).

N.33. Casa che fece parte di quelle dei Mezzovillani, e che Floriano padre d'Ippolita celebre suonatrice di liuto, e peritissima nel canto la lasciò ai monaci di S. Michele in Bosco, e dei Celestini, e che da loro fu venduta ai Volta, o dalla Volta. Antonio Castellano Vescovo d' Imola, Paolo Soldato, Astorgio dottore di leggi, Battista Lodovico, e Bartolomeo fratelli, e figli del fu Tommaso di Paolo dalla Volta successori dei PP. di S. Michele in Bosco, e dei Celestini eredi del succitato Floriano Mezzovillano la possedettero per indiviso.

Li 16 dicembre 1579 Antonia, e Isotta figlie legittime d'Antonio Volta divisero con Cornelio loro fratello naturale anche la casa in S. Mamolo. Antonia fu moglie di Francesco Armi, e madre d'Olimpia maritata a Prospero Paselli, dai quali venne il conte Antonio.

Li 24 gennaio 1662 il conte Antonio del fu Prospero senatore Bianchini erede Paselli adì alla eredità di Antonia Volta in Armi, ed ottenne la casa in strada S. Mamolo sotto S. Giacomo dei Carbonesi in confine dei Marsili.

Li 30 dicembre 1667 il conte Carlo Francesco Marsili comprò dal conte Antonio Paselli Bianchini porzione di casa contigua alla propria per L. 3,000. Rogito Giuseppe Alvisi, e il 1° luglio 1670, l'altra parte per L. 4,000. Rogito Giuseppe Alvisi.

Nel 1710 fu fabbricata dal conte Filippo Neri di Carlo Francesco, morto il 9 dicembre 1749, e d'allora in poi venne chiamata il casino dei Marsili. Ora appartiene per compra al ramo Marsili Rossi.

Dal N.34 al N.36. Dicesi che nel 1301 il N° 34 appartenesse alla famiglia Malpigli mentre si trova che il 2 gennaio Nicolò Michele Malpigli dottore vendetto al dott. Bernardino del fu Ghirolo Zambeccari una casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi, che confinava cogli eredi di Giovanni da Lignano da due parti, le scuole del dott. Floriano Sampieri, e la via pubblica per L. 130. Rogito Nicolò Foglia.

Queste case erano indivise fra Galeotto Gaspare, e Africano Canetoli, e Antonio Castellano Vescovo d'Imola, Paolo soldato, Astorgio dottore di leggi, Battista, Lodovico, e Bartolomeo fratelli, e figli del fu Tommaso di Paolo dalla Volta successori dei PP. di S. Michele in Bosco, o dei Celestini, eredi del predetto Floriano Mezzovillani, al quale appartennero tutti i suddetti stabili posti in strada S. Mamolo sotto la parrocchia di S. Giacomo dei Carbonesi.

Li 2 dicembre 1460 la parte Canetoli fu aggiudicata alla fabbrica di San Petronio a pregiudizio di Galeotto, Gaspare, e Affricano Canetoli come partecipi dell'assassinio d'Annibale I Bentivogli. Rogito Domenico Muletti.

La casa grande confinava presso il fu Battista de Sancto Petro, e poi presso i Volta in causa di un orto del detto Sancto Petro, nella parte posteriore, presso altra casa di detto Sancto Petro che una volta era ad uso di scuola verso settentrione, e occidente, e in oggi coi Volta, presso certa via verso settentrione per la quale si va alle stalle presso certa casa dei detti Canetoli, che fu già di Marco, e fratelli da Canetolo da due lati, e cioè a settentrione, e di dietro, poi presso l'infrascritta casa ereditaria del fu Floriano Mezzovillani a mezzodì, presso il fu Dondidio calzolaro, e presso i Volta.

Altra casa (che li 2 gennaio 1409 era del dott. Nicolò Malpigli, e per esso venduta al dott. Bernardino del fu Ghirolo Zambeccari per L. 130. Era posta sotto S. Giacomo dei Carbonesi, in confine degli eredi di Giovanni da Lignano da due lati, delle scuole del dott. Floriano Sampieri, e della via pubblica: Rogito Nicolò Foglia) la qual casa fu poi di Battista, e fratelli di Canetolo come sopra, e in confine dei successori di Giovanni da Lignano a settentrione, mediante certa viazzola destinata al servizio di detta casa, e della casa grande per andare alle stalle, che aveva ingresso in S. Mamolo. Confinava ancora la casa grande che fu già di Floriano Mezzovillani.

Una casa indivisa coi Volta contigua a detta casa da due lati cioè a settentrione, e di dietro, o presso il fu Gerardo Lanfranco. Questi stabili nel 1715 erano dei Campeggi.

1656 6 novembre. Antonio Volta dall'Armi vendette al conte Astorre Ercolani la parte sinistra di una casa in S. Mamolo presso il senatore Legnani.

La metà dal mezzo della porta verso mezzogiorno era del marchese Angelo Marsili Rossi per eredità di Maria Ginevra di Prospero Francesco Maria Malvezzi erede ed ultima di quel ramo che fu divisa fra i Marsili, e gli Albergati maritata in uno di essi siccome rilevasi dalla divisione stipulata a rogito Antonio Giovanni Pilla del 16 novembre 1745. Questo stabile fu stimato L. 11,428 li 5 luglio 1745 dal perito Viaggi Domenico, e tutta la parte verso settentrione, e fino al vicolo chiuso che separa queste case dal palazzo Legnani, spettava agli eredi Legnani, venduta da Giacomo e fratelli Campeggi il 2 agosto 1759 per L. 15,000 al senatore Girolamo Legnani. Rogito Massimo Meggiè.

Il predetto compratore del N° 36 costrusse un teatrino per burattini, nel quale in carnevale si recitò per molt' anni commedie estemporanee con intermezzi in musica.

L'arco con cancello di ferro che viene in seguito chiude il vicolo che si disse delle Stalle ricordato nel precedente N° 34 il quale piegava a sinistra, e sboccava nella via dei Libri, e probabilmente continuando verso oriente terminava anche nella via del Cane.

N.36. Un ramo dell'antica famiglia Carbonesi, forse quello che si disse Bernardi, del quale fu Jacopo di Bernardo Podestà di Reggio aveva qui le sue abitazioni nel 1202, che poi passarono ai Galluzzi.

Galeotto Malatesta detto l'Ungaro figlio di Malatesta signore d'Imola comprò li 8 gennaio, e il 5 giugno 1370 un gruppo di case rimpetto a S. Giacomo dei Carbonesi da Diana di Mainardo Galuzzi, le ridusse a palazzo, che Galeotto juniore vendette nel 1379 a Matteo Griffoni mandatario di Giovanni del conte Oldrendo da Lignano illustre giureconsulto. L' instrumento dice: Domus, et hortum in cappella Sancii Jacobi de Carbonensibus pagato L. 3,000 somma ragguardevole a quei giorni.

Giovanni di conte Oldrendo del castello di Lignano lontano 15 miglia da Milano, era nel 1362 a Bologna dove esercitava l'avvocatura. Nel 1358 si ha memoria che leggesse extra circulum Sancti Mamae Civitatis Bononiae. Nel 1364 era lettore stipendiato di decretali.

Li 20 giugno 1366 Giovanni dott. di leggi comprò dal mandatario di Nicola Spinelli di Napoli una casa con cattedra, e banchi ad uso di scuole in cappella di Sant'Andrea degli Ansaldi.

Giovanni predetto era stato fatto cittadino di Bologna il 15 gennaio 1378 con 363 voti bianchi, e 6 neri. Ebbe in moglie Novella figlia, altri dicono nipote, del famoso I. C. Andrea di S. Girolamo, la quale in mancanza del marito leggeva ai di lui scuolari. Nel 1377 fu nominato dal Papa suo vicario generale di Bologna, onorandolo di toga, cappuccio, e stocco. Morì di peste li 16 febbraio 1383, e fu sepolto con somma pompa nella chiesa di S. Domenico. Il suo testamento fatto li 27 marzo 1376 ordina che la sua casa debba servire a un collegio di scuolari del Borgo di Lignano nel milanese purchè la sua discendenza mancasse dentro uno stabilito termine. Spirò il tempo prescritto dal testatore vivendo Antonio Maria di Giorgio Legnani morto li 13 novembre 1525, il quale rinnovò, e confirmò in perpetuo la disposizione di Giovanni, comandando l'erezione del predetto collegio in qualunque tempo fosse mancata la sua discendenza.

Alessandro d'Antonio fabbricò parte della facciata nel 1587, e il marchese sonatore Antonio Maria di Giovanni la terminò li 9 novembre 1589.

Li 26 ottobre 1594 passarono convenzioni fra Marcello, e fratelli Legnani con Alessandro loro cugino circa il riattamento del loro palazzo in S. Mamolo.

Marcello di Girolamo ordinò nel suo testamento dei 28 giugno 1605 ai suoi figli di dar termine il più presto possibile alla di lui porzione di palazzo in S. Mamolo secondo i disegni di Francesco Guerra. Terminato il ramo dei marchesi Legnani nel senatore Filippo del senatore Alessandro morto il 1° febbraio 1757 passò questo palazzo al ramo Legnani discendente dal conte Filippo del conte Giovanni III, detto Legnani Ferri perchè Boncompagno Ferro, nel suo testamento del 1630 instituì erede un figlio del detto Giovanni III Legnani da estrarsi a sorte, lo che seguì il 6 settembre dell' anno stesso a favore del conte Filippo. Rogito Paolo Monarino.

Erede del suddetto senatore Filippo fu il conte Girolamo Oldrendo di Filippo Andrea, di Giovanni di Filippo Legnani Ferri, il quale abbandonò il palazzo Ferri in Strada Maggiore e stabilì la sua dimora nell'antica abitazione Legnani in S. Mamolo. Fu questi l'ultimo Gonfaloniere di giustizia, carica che coprì a motivo dell'invasione Francese dal 1° gennaio al 31 maggio 1797. Egli morì il 30 agosto 1805 e in lui mancò il cognome non la famiglia Legnani, continuata nel ramo Legnani Agucchi di Strada S. Stefano. Lasciò due figlie, la contessa Teresa vedova del conte Camillo Malvezzi, e la contessa Ginevra moglie del marchese Gioseffo Campori di Modena. Nella divisione seguita fra gli eredi del patrimonio Legnani toccò questo palazzo alla contessa Teresa Legnani Malvezzi. Nel capitello di una colonna del cortile vicino alla scala di questo palazzo vi è inciso l'arma dei Bonfigli che porta una zampa di Leone. (3)

Si passa via Libri

N.37. Case degli Àndalò. Nel 1270 Brancaleone di Andalò Andalò fu emancipato dal padre che gli assegnò un palazzo in porta S. Procolo nella corte degli Andalò. Nello stesso anno trovasi un Castellano Andalò qualificato per Nobilis vir che potrebbe essere lo stesso che fu figlio di un altro Brancaleone dottore di leggi, e senatore di Roma del 1254. Gli Andalò, i Carbonesi, i Marescotti antichi, e i Bernardi vengono tutti da uno stesso ceppo. Convien credere che per le fazioni fosse rovinato il suddetto palazzo che appartenne ad Andrea del fu Castellano da Andalò abitante in Verona probabilmente esiliato, dove testò li 9 gennaio 1343 lasciando ai PP. Domenicani il Guasto degli Andalò, e nominando suoi eredi Bonifazio, e Divadano Carbonesi col peso di pagare annue L. 20 di bolognini al di lui figlio Ercole Andalò religioso Domenicano. Difatti i Carbonesi avevano beni in Verona, e sembra che in detto Ercole terminasse il ramo Carbonesi Andalò, e in Lippa moglie di Guglielmo Guastavillani del 1346.

1426 10 novembre. I Padri Domenicani affittarono per anni 29 a L. 13 annue a Giacomo di Nicolò Soli un Guasto con una bottega posto sotto S. Giacomo dei Carbonesi in confine di due strade (S. Mamolo, e via dei Libri). Rogito Alberto Fantini.

1441 26 aprile. Trattati precedenti, e compra di Gaspare di Andrea dei Libri dai Padri di S. Domenico di un terreno, ossia Guasto a foggia di Monte, detto il Guasto degli Andalò, alias Dalle Scuole di piedi 94 1/2 posto sotto San Giacomo dei Carbonesi, di Santa Maria dei Galluzzi, e di S. Geminiano ora distrutta, ed unita alla Chiesa di S. Petronio, pagato L. 125. Rogito Pietro Bruni.

1480. Luca di Giovanni Dolfi compra da Giacomo, e fratelli di Egidio Libri una casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi per L. 1492.6.2 d'argento. Confina la strada di S. Mamolo a occidente, ed altra strada per cui si va alle scuole dei dottori di leggi a mezzodì. Pare patto di francare vedi 1487.

1486 15 marzo. Compra il detto Dolfi da Giovanni Andrea di Baldassarre Mezzovillani una casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi in S. Mamolo di diretto dominio dei Domenicani, ai quali si pagano annue L. 13, o 18, per Lire 560. Confina la strada di S. Mamolo a sera, gli eredi di Giulio Libri a mezzodì, gli eredi di Sigismondo Libri a mattina, e i Padri Domenicani a settentrione. Rogito Antonio Cesti.

1487 3 settembre. Lo stesso Dolfi compra da Mattea, e da Angelica sorelle di Egidio Libri una casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi in strada San Mamolo sul trivio dei Carbonesi, per L. 1933. Rogito Melchiorre Zanetti e Costantino Serafini. Confina S. Mamolo da sera, altra via delle Scuole, Giovanni Torfanini, e gli eredi dai Libri. (Vedi anno 1480; se il primo contratto non fu patto di francare potrebbe essere che detto stabile appartenesse per indiviso al fratello, e alle sorelle Libri).

1491. Luca di Giovanni Dolfi compra da Agostino, Cesare, Tommaso Vincenzo, ed Assalone tutti della famiglia Libri ,un terreno, o Guasto in parte montuoso, e in parte piano con alberi lungo pertiche 12, e largo altrettanto. Confina la strada da due lati (Pavaglione, e via dei Libri), il compratore, Giovanni Torfanini, i Galuzzi, mediante strada ora chiusa, e i beni di S. Petronio.

Nel settembre, e ottobre del 1497 Floriano Dolfo dottore fece portar via il terreno, e spianar il Guasto nella parte posteriore di S. Petronio, e delle scuole vecchie, e lo contornò di muro. Nominansi le scuole vecchie perchè attorno del medesimo vi erano locali dove dai lettori si leggeva agli scuolari, finchè il pubblico non gliene provvide altre.

1500 21 maggio. Consenso di Assalone, e fratelli Libri, e di Filippo Mangini a favore di Francesco di Luca Dolfi per potere alzare qualunque edifizio sopra un Guasto venduto nel 1491 al Dolfi, nonostante la proibizione convenuta in detto instrumento di vendita. Rogito Diomede Carati, e Alessandro Baldi.

1523 27 giugno. Donazione dei 40 Riformatori ad Antonio Dolfi di piedi 20 e oncie 3 di suolo pubblico presso la sua casa in S. Mamolo verso oriente con facoltà di edificarvi sopra. Rogito Giovanni Andrea Garisendi.

1525 6 novembre. Compra fatta da Francesco di Luca Dolfi da Bartolomeo di Giovanni Torfanini di una casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi, rogito Ippolito Fronti. Confina colla via per la quale si ha accesso nella via di S. Mamolo, e da detta chiesa di S. Giacomo dei Carbonesi alle pubbliche scuole, e direttamente alla croce di Strada Castiglione dalla parte davanti, e da tutti gli altri lati in confine del Dolfi.

Li 13 ottobre 1526 il compratore pagò a' conto del prezzo di detta casa nella strada che da S. Mamolo conduce a Strada Castiglione L. 2,000. Rogito Bartolomeo Rustici, ed Ippolito Fronti.

In un memoriale presentato dai fratelli Dolfi al Senato li 15 giugno 1500 si asserisce che nel 1566 i Dolfi concessero gratuitamente buona parte di un forno, e di alcune case per aggrandire la piazza del Pavaglione. (Vedi numero susseguente per la compra Seccadennari).

La parte di fabbricato con portico nell'angolo della via dei Libri andava ad uso di locanda nel 1743. Nell'agosto di detto anno D. Gioacchino Gaetano Ponce de Leon duca d'Arcos maresciallo del re di Spagna vi morì per ferite riportate nella battaglia di Campo Santo.

N.38. Case dei Galluzzi, che verso settentrione davano anche nella Corte detta oggidì dei Galluzzi dove sono gli avanzi della torre fabbricata nel 1237 da Sulpizia Gonzaga moglie di Giovanni Pietro Galluzzi.

Nel 1271 6 marzo, il governo fece rovinare le case di Soldano Galluzzi in città, e in campagna per aver fatto ammazzare nel 1268 Filippo da Bologna, e per dar soddisfazione alla Compagnia della Branca di cui era membro l'ucciso.

Nel 1292 furon rovinate le case dei Galluzzi nel cortile che portava il loro nome e le case di quei da Castel dei Britti per avere assieme ammazzato il giudice Usberto.

Li 22 dicembre 1360 fu ordinato che nella piazza di S. Geminiano dopo la casa del fu Rolandino Galluzzi principiando dal ponte della cittadella, e continuando sino al Guasto, e per la via che va verso il Guazzatoio si facesse un muro alto per togliere la comunicazione fra le scuole, e il postribolo in causa degli scuolari. Il ponte della cittadella poteva essere dove sono i Celestini, la qual Chiesa fu edificata nel 1369. Il Guasto era quello degli Andalò, e la via del Guazzatoio era quella ora detta via del Cane. La Chiesa di San Geminiano fu distrutta, od unita a quella di San Petronio nel 1437. (Vedi Chiesa di San Petronio).

Nel 1390 26 luglio fu rovinata d'ordine dei Riformatori la casa grande del ribelle Alberto Galluzzi presso la torre, dove abitava Antonio da Bruscolo, e cosi pure l'altra posta nel cortile dei Galluzzi.

Si trova qualche rogito riferentesi ai Galluzzi stipulato in Ballatorio Gallatiorum (Orig. Parlatorio, corretto con il ? dal Breventani).

1564 20 dicembre. Casa grande dei Dolfl, e 3 casette con botteghe poste sotto S. Giacomo dei Carbonesi, sotto Sant'Andrea degli Ansaldi, e sotto i Celestini vendute da Floriano, e da Antonio Dolfi a Tideo Seccadennari padre di Virgilio per L. 19,500. Rogito Paolo Casanova.

Non si trova come la casa dei Galluzzi in strada S. Mamolo fosse li 24 di cembre 1564 di Floriano, di D. Antonio Dolfi, i quali come debitori di Girolamo Brenzi, di Polidoro Castelli, e del conte Giovanni Pepoli, e col consenso d'Ifigenia Dolfi vedova di Paolo Orsi vendettero a Taddeo di Virgilio Seccadennari una casa grande con corte, orto, stalla, e torre detta dei Galluzzi assieme colle botteghe davanti, e con altre case annesse alla detta casa grande posta sotto S. Giacomo dei Carbonesi davanti, sotto Sant'Andrea degli Ansaldi di dietro, e anche in parte sotto la parrocchia dei Celestini. Questi beni spettavano a detto Floriano per la divisione fatta con Marc' Antonio Dolfi nel 1559 rogito Francesco Panzacchia, e rapporto poi alla torre Galluzzi per di compra da lui fatta il 21 ottobre 1549 da Polidoro fratelli, e figli d'Alberto Castelli, presso la qual torre vi era una stalla comprata per L. 750 di bolognini. Confinavano a oriente con Bonifazio Galluzzi, col compratore Dolfi a mezzogiorno, con mastro Alessandro Gardini matematico a ponente, e rispetto alla torre presso la chiesa di Santa Barbara, o di S. Giovanni dei Fiorentini, e a settentrione certo cortile grande detto la torre dei Galluzzi.

Nella stessa vendita fatta al Seccadennari fu compreso un pezzo di terreno di due pertiche e un quarto enfiteotico della fabbrica di S Petronio concesso il 9 dicembre 1518 ad Antonio Dolfi e posto sotto la parrocchia dei Celestini in confine dei beni di detta fabbrica alla quale pagavasi per annuo canone un paio capponi. Rogito Ascannio dalla Nave. Il tutto per L. 18,500. e L. 1,000 per la stalla e torre. Rogito Paolo Casanova, Galeazzo Bovi, e Annibale Belvisi. Confina la piazza nuova dell'Archiginnasio, i Dolfi, i Gandini enfiteuti di Santa Maria Rotonda, presso il Prato, ossia piazza del Pavaglione presso i Galluzzi, presso i beni della fabbrica di San Petronio, della Corte dei Galluzzi, e di certa via occupata ed inusitata.

1552 2 luglio. Marc' Antonio d'Antonio Dolfi compra da Evangelista di altro Evangelista dei Velli una casa sotto Sant' Andrea degli Ansaldi, ed altra contigua in confine dei beni di S. Petronio per L. 1,500. Rogito Ermete Cartari, e Antonio Bondi. Questo stabile deve essere quello del marchese Pompeo Ratta nella corte dei Galluzzi.

1565 13 dicembre. Locazione enfiteutica fatta dagli uffiziali della fabbrica di S. Petronio a Taddeo Seccadennari successore di Antonio Dolfi di una parte di terreno sotto i Celestini lungo pertiche 16 1/2, largo pertiche 14 in confine del conduttore per l'annuo canone di un paio capponi a Natale, col patto che volendosi continuare la fabbrica della chiesa di S. Petronio si abbia per nulla questa locazione. Rogito Diomisio Vallata.

1567 27 aprile La terza parte della casa in S. Mamolo sotto San Giacomo dei Carbonesi era fidecomisso di Floriano Dolfi seniore. Antonio, e Floriano Dolfi ignorando questo vincolo l'avevano venduta a Taddeo Seccadennari, il quale però doveva ancora pagare il terzo del prezzo della medesima. Pio V a cui ebbero ricorso, derogò, e commutò questo fidecomisso addossandolo ad altro stabile, nel quale si dovesse impiegare il detto residuo prezzo.

1619 26 gennaio. Compra Floriano di Pompeo Dolfi da Lodovico del fu Giovanni Battista Teodosi, e da Lucio del fu Valerio Seccadennari una torre con quattro stanze, ed annessi posta in Bologna sotto la piazza dei Celestini nella corte dei Galluzzi. Confina la Compagnia di S. Giovanni Battista dei Fiorentini, e la casa abitata dal compratore per L. 800. Da questa compra si rileva che le case di Strada S. Mamolo erano state riacquistate dai Dolfi.

L'antichissima famiglia Galluzzi comincia ad essere citata nel 1200 sotto il suo cognome, e a quei tempi si ricorda un Rolandus qui dicilur Galluzzus filius Alberti Galli. Questo è il cognome il più antico di quanti siano stati adottati da famiglie che abbiano esistito in Bologna.

I Galluzzi furono di partito Geremei, e potentissimi. Le nostre storie raccontano le conseguenze dell'inimicizia fra loro e i Carbonesi che costarono la vita a Virginia di Giovanni Pietro Galluzzi, e di Sulpizia Gonzaga moglie d'Alberto Carbonesi uccisa dal padre circa l'anno 1258.

Picciola d'Alberto vedova d'Ottaviano Piatesi fabbricò nel 1116 la Chiesa della Madonna del Monte.

Guido Mario Alberto era compadrone della Chiesa di Santa Maria Rotonda del 1268.

Gisla del famoso Antonio vedova di Nicolò Tebaldi fondò il convento delle suore de' Santi Lodovico, ed Alessio, e fu prima Abadessa. Testò nel 1327.

Le case dei Galluzzi sono state più volte rovinate dai loro nemici, e per ordine del governo, per uccissioni comesse da Maginardo Obizzo come già superiormente riferiamo.

Un arciprete Galluzzi fabbricò l'ospitale nuovo fuori porta Sant'Isaia nel 1300 sotto S. Paolo di Ravone.

Un ramo Galluzzi terminò con Elena d' Andrea in Lodovico Isolani che testò nel 1465, e che lasciò la sua eredità al marito. L'ultimo ramo mancò in Margherita di Girolamo, moglie del dott. in filosofia, e medicina Ippolito di Bartolomeo Poggioli morto nel 1628. La famiglia de l' Hópital di Francia si gloria di essere proveniente dai Galluzzi di Bologna.

L'ultimo dei Dolfi fu Floriano d'Antonio Filippo canonico, e decano di San Petronio morto il 22 marzo 1769 lasciando erede l'unica nipote Maria Diamante di Gioseffo Agostino Dolfi moglie del marchese Benedetto di Lodovico Ratta al quale portò la sua eredità, e con questa tutti i suacennati stabili.

N.39. Casa che il 30 settembre 1555 era di Alessandro Gandini a cui fu per messo di chiudere l'angolo di piedi 3 3/4 in confine dei Dolfi affine di togliere l'abuso di depositarvi immondizie. Fu dei Castelli, poi dei Campana, e nel 1715 di Pietro Orfelli.

N.40. Chiesa di Santa Maria Rotonda dei Galluzzi, con cura d'anime, come da certo patto di Taddeo Alderotto del 13 maggio 1288. Nel 1268 ne eran compadroni i Galluzzi. Nel 1630 passò per eredità ai conti Rossi, i quali la donarono ai conti Castelli. Il nuovo Masini la sospetta parrocchia nel dodicesimo secolo.

Fu questa una di quelle Chiese contemplate dal Breve di Martino V per essere demolita in causa della fabbrica della Basilica di S. Petronio, ma non fu atterrata quantunque lo dica nella sua storia il Ghirardacci.

Secondo una memoria trovata nell'archivio dei Celestini la cura d'anime di Santa Maria Rotonda fu unita a quella di S. Giovanni Battista dei Celestini li 15 febbraio 1482, lo stesso si trova nell'archivio della fabbrica di S. Petronio, ed in questo si aggiunge, che nello stesso giorno fu unita ai Celestini anche la parrocchia di Santa Maria dei Guidoscalchi.

La compagnia di S. Giovanni decollato detta dei Toschi, o dei Fiorentini per esservi ascritti molti tessitori toscani di velluti cominciò nel 1520 a l'adunarsi nella chiesuccia de' Santi Giacomo e Filippo dei Bianchini. I suoi statuti furono approvati li 25 marzo 1520. Passò poi in S. Stefano in una camera vicina alla sagristia, finalmente si stabilì la domenica 28 novembre 1552, in Santa Maria dei Galluzzi ove vi rimase fino al 1° agosto 1798 giorno della sua soppressione.

Questa Chiesa intitolata S. Giovanni Battista dei Fiorentini fu rifabbricata nel 1552, e superiormente ad essa costrutto l'oratorio. Nel 1792 si diede mano a dar nuova forma alla Chiesa con disegno di Giuseppe Tubertini.

Il locale fu poi acquistato da D. Antonio Magnani come da rogito Aldini Luigi del 18 agosto 1801.

Giovanni D'Andrea di Rifredi, villaggio delle Alpi nel Mugello Fiorentino, aprì una scuola di grammatica in faccia a S. Benedetto di Porta Nova.

Fu rettore di Santa Maria dei Galluzzi. Giovanni lasciò scritto nello Speculatore che trovandosi la torre dei Carbonesi nella parte opposta della Chiesa, ed essendo in parte distrutta rovinò essa sopra la Chiesa con grave detrimento della medesima, la quale fu da lui riparata in forma rotonda come era da prima sopra gli presistenti ed antichi suoi fondamenti. Soggiunge che la Chiesa era piccola al che contribuiva la sua forma circolare.

Fra la Chiesa e la torre ov'era l'abitazione del rettore, era rimasto un vacuo di circa 5 piedi. Bonifazio dottore di leggi e soldato, e lo stesso Giovanni contribuirono perchè conservasse la forma rotonda anche di fuori. Nel 1331 concorse Orlandino Galluzzi, e Tommaso Formaglini a far dedizione di Bologna a Giovanni 22°, dietro le esortazioni del cardinale Bertrando di comune accordo coi Bolognesi. Ottenne l'introduzione dell'ordine Certosino e donò ai monaci il terreno sul quale fu edificata la loro Chiesa. Mori di peste nel 1318 abitando sotto S. Giacomo dei Carbonesi.

Gio. d' Andrea ebbe una figlia Elisabetta detta volgarmente Bettina, e dotta dal Ghirardacci figlia di Giovanni Gozzadini la quale fu moglie di Giovanni di Guglielmo morta nel 1355 in Padova. Forse questa è la pretesa Bettisia Gozzadini.

Si passa il primo voltone della Corte dei Galluzzi.

N.41. Casa dei Riccoboni che fu assegnata da D. Tullio Flaviano d'Alfonso Riccoboni ai PP. Serviti di S. Giorgio.

Nel 1630 era affittata per annue L. 260 alla sì tanto rinomata stamperia Rossi. Nella parte di dietro in confine della Corte dei Galluzzi appartenne a Giovanni Bernardi.

Si passa il secondo voltone della Corte dei Galluzzi.

Sotto questo voltone vi è la macellaria già aperta li 18 dicembre 1669 dal senatore Francesco Azzolini dal Ponticello, e qui traslocata il 17 luglio 1670.

Francesco di Cesare Azzolini nell'occasione che fu nominato cardinale Decio Azzolini fece al porporato un sontuoso regalo dichiarandosi suo parente.

Il 1° febbraio 1669 il detto Francesco assieme al fratello Giuseppe dichiararono che in mancanza della linea Azzolini di Bologna la loro eredità sarebbe passata a quella della famiglia Azzolini che fosse nominata dal Cardinale, il quale riconobbe gli Azzolini di Bologna per suoi congiunti, e non mancò di proteggerli in tutte le loro occorrenze. Fra i vantaggi che gli procurò vi fu il Breve del 1° dicembre 1669 di Clemente IX col quale fu concesso al senatore Francesco, e Giuseppe fratelli Azzolini e ai loro eredi e sucessori di fare un macello per macellare, e vendere carni di qualunque qualità, e condizione, niuna esclusa in tutti i giorni anche festivi, e quaresimali, alle ore congrue, e in perpetuo, col pagare però il dazio del retaglio, e altri pesi sopra le carni, proibendo all'arte dei macellari, o altri di poter inquietarli.

Li 5 marzo 1676 Clemente X con suo Breve avvocando a se, sopprimendo le liti mosse da Gioseffo Carlo Canobbi, e conte Antonio Gioseffo Zambeccari per l'apertura del detto macello, conferma, ed approva il Breve di Clemente IX, e che altri macelli in Bologna da concedersi dalla Santa Sede non valgono se espressamente non sarà derogato a questo Breve.

Il 1° aprile 1678 l'Università dei macellari rinunziò alla lite, e l' Azzolini si obbligò di pagare ogni anno L. 175 il giorno di S. Domenico all'arte dei macellari. Rogito Scipione Uccelli.

Secondo un rogito di Giuseppe Macchiavelli del 1666, il portico fra questo voltone fino alla via della Colombina si diceva portico dei pasticcieri.

Si passa la via della Colombina.

NN. 44, 45, 46. Case che occupano il suolo dell'antico, e primo palazzo del Comune. È incerto se sia stato edificato nel 1121, e tanto meno se per fabbricarlo si comprassero le case dei Scanabecchi; a buon conto in quei tempi non vi erano cognomi. Per la famiglia Scanabecchi (vedi Voltone delle Cimarie) e per il palazzo del comune (vedi via dei Pignattari), ma non ometteremo qui di notare che questo palazzo vecchio del Comune era in essere anche nel 1289, nel qual'anno sopra le scale del medesimo dal lato di sera, e cioè verso S. Mamolo, si pubblicavano i bandi.

Si passa il vicolo che va alla via dei Pignattari.

Questo vicolo fu chiuso da portoni dietro istanza presentata dai confinanti li 30 gennaio 1742, e per decreto del 26 febbraio susseguente colla condizione di mettere l'armi della città nei due portoni, e che le chiavi avessero da stare nell'ufficio dell'Ornato. Si diceva Bagnolo dei Pignattari.

Si passa la via di Santa Croce.

I nostri storici parlano di un castello, e cittadella nuova in cappella di Santa Tecla dei Lambertini, ma non danno alcuna notizia dove, e quando fosse fabbricata.

Nel 1365 la Compagnia dei notari affìtta una casa in cappella Santa Croce presso i Passipoveri e presso la porta della Cittadella.

Nel 1375 Giovanni, e Nicolò d'Andrea di ser Giovanni da Crespellano cittadini comprano da Pietro, e Melino fratelli di detto Andrea la metà della loro casa, e altre casette con una torre detta Maltagliata che è nella cittadella nuova in cappella Santa Tecla dei Lambertazzi, presso la via pubblica da due lati in confine di certe case di detta Santa Tecla, e della chiesa di Santa Croce, e presso i successori di Castellano di Giacomo Lambertazzi. (Vedi via delle Scudelle).

Si noti che la chiesa di Santa Croce fu demolita per la fabbrica della chiesa di S. Petronio, e che la casa dei Scoppamonti, poi dei Liuti aveva torre.

Strada S. Mamolo a sinistra cominciando dalla porta della città e terminando alla Piazza Maggiore.

N.129. Santa Elisabetta regina d' Ungaria. Era questo convento di monache Benedettine, dette delle Santuccie, che stavano in S. Omobono fuori di porta Strada Maggiore poi in Santa Cecilia di strada S. Donato, di dove furono qui traslocate il 7 marzo 1323, previa autorizzazione di Arnaldo Accarisi vescovo di Bologna e più di fabbricare un monastero vicino alla porta di S. Mamolo, e in detta contrada aperto il 15 dicembre 1324. Nel libro dei Memoriali si trova la professione fatta nel 1325 da una nipote di Guglielmo d'Accursio, la quale gli applicò una sua casa. La famiglia Accursi ebbe in questi contorni le sue abitazioni.

Nel 1327 le Santuccie furono eredi di Ghisola Gallucci, Tebaldi. Questa Chiesa, e monastero fu unito al monastero di S. Salvatore dal cardinale Lodovico Arelatense Legato Apostolico, unione che fu confirmata da Eugenio Papa IV il 3 marzo 1431. Un atto del 29 settembre 1378 registrato nel libro dei memoriali, chiama queste monache, suore del convento de' Santi Giacomo e Filippo in Borgo S. Mamolo, dette anche di Santa Lisabetta e Santuccie.

Il Melloni racconta, che le Santuccie o Santucciane furono così dette dalla B. Santuccia da Gubbio morta in Roma il 21 marzo 1305, le quali, può credersi cominciassero in Bologna circa il 1323 come apparisce da alcuni atti di compra che sono nel pubblico Archivio. Avendo queste col tempo degenerato dal loro instituto abbandonarono la loro chiesa di cui rimase padrone Galeotto Canetoli dott. di Leggi. Non si sa se per jus patronato o per altro titolo questi la cedesse ai canonici di S. Salvatore con approvazione del cardinale Arelatense Legato di Bologna nel 1429. — Però dice, che la cessione predetta di S. Giacomo Filippo, ed Elisabetta nel Borgo di S. Mamolo seguì tre anni prima, e cioè del 1426, che aveva quattro fiorini di rendita col peso di una libbra di pepe da pagarsi alla Cattedrale. Aggiunge che alcuni opinano che la Chiesa avesse il nome dei prenominati santi, altri che fossero due chiese distinte e cioè quella de' Santi Giacomo e Filippo, e quella di S. Elisabetta. Le Santuccie si posson creder cominciate nel 1320, cioè tre anni prima della data antecedente. Il Segni dice, che erano due Oratori, con capelle unite assieme entro le mura della città presso la porta di S. Mamolo, e il nuovo Masini le ritiene per due chiese separate e distinte.

Il 22 agosto 1449, i canonici Renani di S. Salvatore concessero ai Padri Gesuati detti dell' Acque, di perpetuamente abitare la Chiesa, e case dell' Oratorio de' Santi Giacomo e Filippo, alias Santa Maria delle Santuccie vicino la porta di S. Mamolo con orto e pezzo di terra ortiva contigua all' Oratorio, riservandosi le ragioni del diretto dominio, e salve le ragioni del vescovato, e i Gesuati si obbligarono di pagare una libbra di pepe ogni anno a natale al vescovato, e una libbra di cera al capitolo di S. Pietro. Rogito Tommaso Fagnani, e Ducio Zani.

Casa fabbricata dai Gesuati nell'anno 1553 presso il terraglio sul terreno dell' orto della Chiesa de' Santi Giacomo e Filippo delle Santuccie con bottega annessa ad uso di ciabattino, poi affittata a M. Bentij per annue L. 55.

N.128. Casa fabbricata come sopra con annessa bottega da sartore poi affittata a M. Benedetto Tinti per L. 70 e un paro di Capponi.

N.127. Il 14 settembre 1521 i Padri Gesuati diedero in enfiteusi il suolo o terreno a Galeazzo Guidoli con obbligo di pagare annue L. 9. Rogito Giovanni Pini. Il Guidoli fabbricò una casa sul detto terreno, che ritornò ai Gesuati, e che chiamavano la casa dipinta. Si soleva affittare L. 95 annue e un paio di capponi.

N.126. Questa casa fu fabbricata dai Gesuati nel sito preciso dov' era la chiesa de' Santi Giacomo e Filippo alias Santuccie, avendo ottenuto il 6 maggio 1577, di profanarla dal suffraganeo all' occasione della visita pastorale, l'atto della qual visita la nomina, una stanza ad uso di Chiesa sotto il titolo di Santa Maria Elisabetta. Per conservar memoria che in detto luogo vi fosse stata la detta Chiesa nel medesimo tempo della fabbrica che fu dell'anno 1617 in gennaio dipinsero nella stanza d' abbasso una Beata Vergine col bambino, o i Santi Giacomo e Filippo. Il 21 marzo 1667 fu data a godere a Paola Magnani sua nipote vita natural durante (nel testo originario manca il "durante", cosa di cui nemmeno il Breventani si accorse) dietro lo sborso di L. 1800 fatto ai Padri come da rogito Carlo Vanotti. Morì la Magnani il 28 gennaio 1688 e ritornò questo stabile all'abbazia, nel qual anno fu affittata L. 200 e nel 1702 L. 60.

N.125. Il 2 agosto 1449 i canonici di S. Salvatore diedero in enfiteusi ai Gesuati una casa vicina alla sunominata Chiesa de' Santi Giacomo e Filippo alias Santa Maria delle Santuccie con obbligo di pagare ogni anno L. 4 come da rogito Tommaso Fagnani e Ducio Zani. Il 17 settembre 1553 i Gesuati francarono il canone e si affittava L. 125. Questa casa tutta minata e abbrucciata fu risarcita, fabbricata ed alzata al pari delle altre colla spesa di L. 2214 17 ricavandosi nel 1702 L. 140 d'affitto.

N.123. Stabile nel quale si ricoveravano donne malmaritate dette di Santa Maria della Casa Pia. Dicesi che questa instituzione fu dovuta al padre frate Francesco da Fugnano cappuccino che predicò la quaresima del 1571 in S. Petronio. Da prima furon poste in varie case dov'erano regolarmente sussidiate, poi nel 1606 nella strada delle Lamme presso il convento delle Carmelitane e nel 1613 qui traslocate. Si abbia presente che queste donne non ebbero niente di comune colle Malmaritate dette di S. Paolo, che stavano in Galliera. Li 5 o 12 gennaio 1746 furon soppresse da Benedetto XIV, che applicò i loro beni alle suore convertite delle Lamme.

N.117. Chiesa e convento di Carmelitani del capel nero detti delle Grazie, ove erano sei case di Benino Restani gran cittadino appicato il 26 luglio 1321 alla torre del Comune per furore popolare.

Gli eredi del Restani le vendettero il 29 febbraio 1322 agli scuolari mentre era rettore dello studio Bernardo Cattenacci di Parma i quali vi edificarono la chiesa detta di Santa Maria della Pace alias degli scuolari. Uno storico ci riporta che la casa, e congregazione di 20 poveri scuolari detta di Santa Maria degli scuolari fu fabbricata nel 1322, lochè indicarebbe una specie di collegio.

La colletta del 1408 dice Santa Maria degli scolari in Borgo S. Mamma. Istam tenent quidam Beguini certo modo in ipsa congregati, ut patet in Bullis ipsorum — Patroni universilas utriusque studii.

Nel 1456 questa Chiesa, ed annessi furon dati ai Padri della Congregazione Fiesolana di S. Girolamo in compenso del loro convento di S. Cristoforo delle Muratelle di Saragozza ceduto alle monache del Corpo di Cristo.

Nel 1529 cominciò a dirsi chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Per la soppressione di detta Congregazione rimase vuoto questo locale il 22 gennaio 1669 poi acquistato dai sumenzionati Carmelitani per scudi 2600 a rogito di Carlo Vanotti dei 18 dicembre 1671. I beni dei Fiesolani di circa 2000 scudi di rendita formarono un'abbazia, che per la prima volta fu goduta dal cardinale Gaspare Carpegna.

Sul conto di essa Chiesa riferiamo queste ulteriori notizie tolte da una cronaca che mette a capo del paragrafo che la riguarda questa intestazione:

Strada S. Mamolo — Santa Maria della Pace.

Questa Chiesa fu fabbricata per il tragico fine toccato nel 1321 allo scuolaro Giacomo di Valenza che per il rapimento di Costanza di Cecchino Zagnoni d'Argelata fu dal pretore fatto decapitare il 31 marzo di detto anno; per cui la scolaresca con vari Professori ritiratisi a Siena ottenne il consiglio di Bologna di rapacificarli mediante Giacomo Bottrigari, e fra le condizioni accordatigli vi fu quella di fabbricare a piacere degli Anziani, e a comodo dei studenti una Chiesa, che non oltrepassasse la spesa di L. 300 intitolata Santa Maria della Pace in memoria della seguita riconciliazione del governo collo studio.

Li 2 marzo 1322 fu gettata la prima pietra in S. Mamolo al N. 117. Nel 1402 fu riparata, e in tale occasione destinata a sepellirvi i poveri scuolari, ed esentandola il vescovo per questo dalla Parrocchiale giurisdizione, fu comunemente detta Santa Maria degli scuolari.

I Girolomini Fiesolani avendo ceduto nel 1456 S. Cristoforo delle Muratelle alla B. Catterina Vigri ebbero in cambio Santa Maria dei scuolari.

Pei miracoli della B. V. qui venerata prese nel 1529 il titolo di Santa Maria delle Grazie, e nel 1594 fu ingrandita la Chiesa conservanndo però l'architettura dell'antica. Soppressi i religiosi nel 1669, fu dato il convento ai Carmelitani nel 1671 che la rimodernarono nel 1797 concedendo il locale ai Signori della missione traslocati da S. Ignazio, che vi rimasero fino al 1810, poi furono soppressi.

Quando si tralasciò di fare la cavalcata alla Madonna del Monte il 14 agosto di ogni anno in memoria della vittoria riportata dai bolognesi in detto giorno nel 1443 sopra Luigi conte del Verme nelle vicinanze del Castello di S. Giorgio di Piano si sostituì la visita alla Chiesa della Madonna delle Grazie.

E qui cade in acconcio il descrivere la prima processione fatta al Monte la mattina del 14 agosto 1444 a dieci ore — Intervennero alla medesima:

1. Tutte le società spirituali dei Battuti.

2. Tutte le fraterie.

3. I canonici e i chierici.

4. Gli Anziani coi Donzelli davanti portanti tutti in numero di 9 un cereo di libbre 12.

5. I rettori dello studio

6. Il Podestà con cerei di libbre 8 (assieme ai rettori)

7. I 16 Confalonieri del popolo con cerei di libbre 8.

8. I 10 Decani di Balia con cerei di libbre 8.

9. Gli ambasciadori di Venezia, con cerei di libbre 12.

10. I notari delle rifformazioni con cerei di libbre 4.

11. Tutte le società delle arti.

Suonarono a festa le campane del pubblico.

Le botteghe stettero chiuse fino a ora di nona in cui ritornò la processione.

In causa dei caldi estivi questa funzione si faceva di notte ciò risultando dalle seguenti due partite di spese del Reggimento.

Li 17 agosto 1561 si pagarono L. 3 a Crescente del Poggio per sego bruciato lungo la via di Santa Maria del Monte nella notte precedente alla sua festa per andare all' Indulgenza, e il 14 agosto 1562 fu accordato al Gonfaloniere di spendere L. 20 per tutto quanto necessitava al viaggio della Madonna del Monte e per illuminare la strada.

I Carmelitani furon concentrati nel convento di San Martino Maggiore l' 11 marzo 1797, poi unitamente soppressi l'11 dicembre 1798. Il locale delle Grazie fu assegnato il 15 febbraio 1797 poi occupato il 12 ottobre 1797 dai signori delle missioni, il cui Collegio di S. Ignazio nel Borgo della Paglia era stato destinato pei bastardini. Seguita la soppressione dei detti religiosi fu tutto venduto a Luigi Ghirardenghi il 16 ottobre 1813 il quale fece demolire la Chiesa, e parte del convento, che nel 1823 fu acquistato dal segretario generale della Legazione di Luigi Zecchini. L' orto annesso è di tor 2, 90.

N.116. Collegio Pontificio detto di Montalto. Francesco figlio del famoso Glosatore Accursio fiorentino vendette la Casa di suo Padre al Geremeo, la quale era sulla piazza maggiore del comune dalla parte dell'orologio del pubblico palazzo. Dopo questa vendita acquistò uno stabile in strada S. Mamolo e venne ad abitarlo. Testò il 31 maggio 1293 e morì nel 1294, altri dicono del 1298 d'anni 68, ed alcuni del 1309 della stessa età.

Nel suo testamento si qualifica per parrocchiano di San Mamma e ricorda per tanti legati fatti, i seguenti ospitali di Bologna; ospitale di Barbaria, di S. Stefano, di S. Procolo, di S. Felice, di S. Pietro, di S. Giuliano, di S. Lazzaro, dei Crociferi e di S. Guglielmo ; per la stessa causa nomina le monache di S. Maria Maddalena, di S. Mattia, di S. Lorenzo, di Santa Croce, di S Anna, di S. Agostino (fuori di strada maggiore) di S. Pietro martire, di Santa Catterina, del ponte maggiore, di Valverde, di S. Guglielmo della Misericordia, di Carpeneta, di Santa Agnese.

Castellano pronipote del suddetto Francesco vendette li 8 maggio 1324 parte delle sue case a F. Antonio da Curia deputato dal Priore degli ospitalieri di S. Antonio del Tau di Vienna, che fabbricò la chiesa dedicata a S. Antonio Abbate nel 1328, e vi fondò la commenda, poi il Priorato.

Il predetto Castellano di Bartolomeo di Castellano di Accursio dott. di Legge lasciò ad Anna di Lambertini sua zia paterna una casa in Bologna nel Borgo di S. Mamolo, come da suo testamento del 21 gennaio 1325. Rogito Tommasino di Giovanni Grognolini.

A contemplazione di questo priorato fu fatto dal Comune il seguente strano decreto — È permesso in città che possino andare, stare e dimorare nelle strade in onore, e riverenza di S. Antonio 100 porci castrati, che si dicono Verri e questi coll'orecchia destra incisa, con campanello al collo, nel qual campanello sia sculta l' arma del Podestà di Bologna. Questo decreto fu annullato dalla provisione fatta dal Legato il 18 novembre 1461 colla quale revoca la facoltà al priore della casa e dell' ospitale di S. Antonio di tenere vaganti per la città i porci offerti al priorato, ed ordina che invece di quelli sieno pagate L. 100 ogni anno a detto priore ritratte dalle rendite del Dazio retaglio.

La chiesa e la casa di S. Antonio abbate trovavasi fra le case possedute dalla Badia Nonantolana. I frati Agostiniani del Tau instituiti nel 1095 prendevano cura degli ammalati di fuoco sacro, detto ancora fuoco di S. Antonio.

Questa commenda, o priorato fu soppresso il 1 luglio 1586 mentre era commendatario frate Antonio Giavarina ed assegnata al collegio che doveva dirsi di Montalto ordinato da Sisto V con bolla dei 15 novembre 1588 per 50 scuolari da eleggersi dal protettore e da varie città e castelli della Marca.

Il collegio fu dottato delle rendite del detto priorato di Sant'Antonio, di Santa Maria in strada della Samoggia, di San Michele di Castel de' Dritti, de' Santi Fabiano e Sebastiano di Val di Lavino, del priorato di Santa Maria degli Angeli fuori porta S. Mamolo presso Bologna, del Plebanato di S.Giovanni di Pasto o Pastino, nel comune di Ozzano di sopra, di S. Antonio, di Diolo (Dugliolo) nel comune di S. Martino in Soverzano, e di diversi beni dei frati della milizia della Beata Vergine detta dei Gaudenti. Dicesi che Traiano Gallo da Osimo prendesse possesso di tutti i beni il 1 luglio 1586.

La fabbrica del collegio si cominciò il 20 gennaio 1587 e si aprì il 3 novembre 1588. Pare che in quell' intervallo alcuni dei detti scuolari che avevano vestito l'abito il 12 febbraio 1588 abitassero provvisoriamente nel palazzo Gigli in Cartolaria Vecchia e che in numero di 12 entrassero poi in questo locale soltanto l' 8 maggio anno stesso.

Vestivano l' abito talare di rascia violacea con sopra un ampia toga dello stesso colore. Dalla sinistra spalla gli pendeva una stola di damasco color di Rosa secca con le armi ricamate del fondatore. Gli scuolari potevano rimanere nel collegio anni 7. All' atto della soppressione aveva in stabili, mobili ecc. un valsente di L. 824749, 9. 6. Molti uomini insigni sono sortiti dal colleggio Montalto, ma fra i tanti quello che più lo onora si è Papa Pio VIII eletto a su premo capo della Chiesa il 1729.

Il locale del priorato era composto della Chiesa e dell' abitazione del Priore, e questo fu destinato dal Pontefice per collocarvi 40 scuolari delle Provincie della Marca, che potevano rimanervi anni 7 regalati di un scudo mensile, e di scudi 100 per il loro addottoramento.

La chiesa di S. Antonio abbate, la cui facciata guardava a ponente verso il convento di S. Agnese si cominciò ad atterrare in aprile 1615, indi fu rifabbricata la nuova colla facciata a oriente sulla strada di S. Mamolo.

Li 5 giugno 1615 il senato concesse piedi 4 1/2 di suolo sul prato di S. Antonio per la fabbrica della predetta Chiesa.

In detta antica Chiesa il giorno dell' Ascensione si dava a ber vino dai sacerdoti, ma per alcuni disordini seguiti cessò quest' usanza e si cominciò a passar il vino alle suore della Santa.

Non essendo questo locale capace a contenere il numero di colleggiali voluti dal fondatore, ed essendo mancante di molti comodi necessari si determinò di acquistare il 9 giugno 1622 una porzione di casa dai Padri delle Grazie annessa al loro convento pagandola L. 6400. Nello stesso giorno fu venduta al collegio da Luigi Poeti la casa del fu Antonio Maria Ranti.

Ranti ricchissimo mercante morto il 23 luglio 1613 lasciò una sola figlia naturale Camilla Ranti ricca di un valsente di più di scudi 125000 di capitali che portò in dote al detto Luigi di Teodoro, o Teodosio Poeti, e in eredità ad Antonio Maria, e a Laura di lei figli. Questa casa poteva essere la legata da Castellano Accursio ad Anna Lambertini sua zia.

La casa dei Ranti che rimaneva fra la predetta casa dei Padri delle Grazie, e il collegio fu pagata L. 12000. Rogito Camillo Franchi, ed è la stessa che Castellano di Bartolomeo Accursi lasciò ad Anna di Lambertino Lambertini sua zia paterna, come da suo testamento del gennaio 1325, rogito Tommasino di Giovanni Gragnolini. Nel maggio 1766 fu rimodernata la facciata, i cui ornati delle finestre del piano secondo furono l'ultima opera del celebre pittore Mauro Tesi morto il 18 susseguente luglio.

Questo Collegio aveva in protettore un cardinale Marchegiano, che nominava un vice-protettore bolognese incaricato a presiedere al governo, al buon ordine, e all'amministrazione del medesimo. Fu soppresso il 7 aprile 1797 per decreto delli 18 marzo precedente essendo stato destinato questo locale per la residenza del Corpo Legislativo Juniore Cispadano al qual effetto fu cominciata la sala delle radunanze il 21 mese stesso, ove si tenne la prima seduta il 26 aprile 1797. Per l'unione della repubblica Cispadana alla Cisalpina restò inoperoso questo locale finchè non venne destinato alle radunanze del Consiglio Comunale e poi all' Archivio generale delle corporazioni soppresse. Trasportato l' Archivio nel monastero dei Celestini, fu venduto questo stabile al negoziante Gambarini a rogito Betti 29 maggio 1813. Questi nell'anno medesimo atterrò tutta la parte posteriore del collegio, poi nel 1817, il 6 marzo lo vendette alla marchesa Francesca Zambeccari vedova Casali come da rogito Alboresi.

Nel largo della strada in faccia alla Chiesa di Montalto ebbe luogo la lizza delle Giostre prima che fosse stabilita nella Seliciata di S. Francesco, in prova di che si ricorda un ordine del Legato fatto di consenso degli Anziani, e del Reggimento del 6 marzo 1570 col quale si proibisce di guastare la Lizza da San Mamolo.

Li 26 aprile 1581 fu messa la tenda per la terza volta in strada S. Mamolo a comodo dei giostranti, finalmente il 1° aprile 1623 fu data autorità agli assunti dell'Ornato di traslocare la Lizza da S. Mamolo davanti il collegio Montalto alla Piazzola del mercato presso il Guazzatoio (Via Imperiale) ed ivi ricostruirla nel modo stesso come era in S. Mamolo. È certo che seguì il traslocamento ma si ignora se lo fosse nella suddetta Piazzola. Il 23 febbraio 1668 la gioventù nobile di Bologna fece istanza perchè fosse rifabbricata la Lizza per la Giostra dal collegio Montalto nel prato di S. Antonio.

Si passa il prato di S. Antonio

Si passa la via Val d'Avesa

N.115 Casa che col suo fianco fa prospetto alla porta di S. Mamolo. Fu dei Mattesilani o Mattasilani famiglia nobile di cui si ha memoria nel 1297 vivendo allora un Alberto di Ventura notaro. L'ultimo fu il Dottor di F. e M. Giovanni Carlo Alessandro, che aggiunse il terzo piano a questa casa e che mori il 14 maggio 1707. Ebbe il titolo di marchese, e lasciò due figlie eredi Emilia Gaspara in Cesare Ferdinando di Cesare Zini, e Casimira Gaspara nell' avvocato Giacomo Vincenzo dell' avvocato Giuseppe Danzi morta ultima di sua famiglia il 27 luglio 1760. Fu alla Danzi che toccò questo stabile, che poi passò al marchese Giacomo Zambeccari, indi ai Malvasia.

Il 28 maggio 1771 due appartamenti di questa casa valutati L. 4000 appartenevano all'avvocato Nobili Auditore di Rota in Bologna, ora Vecchietti Giuseppe che ha rimodernato nel 1824 la facciata che poi l' ha completata e aggiunto il fianco in S. Mamolo nel 1827.

N.112. Parte posteriore della casa conti Landini, che ha il principale suo ingresso in Val d' Aposa o via Tagliapietra.

Nel 1472 corrispondeva quivi la casa di Carmelina Cimatori probabilmente agnata di Andrea marito di Francesca Oretti, e che del 1480 si faceva chiamare Cimatori Zelini. I Cimatori venivano da Milano.

N.111. Ospitale di S. Procolo. Nel secolo XIII esistevano in Bologna alcuni ospitali il cui instituto era di albergar pellegrini, di assistere gli ammalati e di raccogliere gli esposti. Eran questi intitolati della Carità di S. Martino, di S. Pietro, di S. Procolo, di S. Bovo, e del ponte di Reno presso Bologna. Ciascuno dei due primi impiegava due ottavi delle rendite, e un ottavo ciascuno degli altri quattro, per la conservazione degli infelici esposti. Le dette rendite col tempo furono concentrate ed unite in gran parte a quello di S. Procolo, che abbandonato l' uso di albergar pellegrini, e di curar ammalati, tutto si dedicò a raccogliere, nudrire, ed allevare i trovatelli della città, poi dell'intera provincia bolognese.

L' Oretti pretende, che l'ospitale dì S. Procolo fosse governato fino dal 1224 dai monaci Benedettini di Santa Giustina di Padova; si sa di certo che del 1297 sopraintendevano al medesimo l'Abbate ed in seguito anche i monaci di San Procolo che erano bensì Benedettini Neri, ma non della Congregazione di Santa Giustina, i quali ebbero la chiesa di S. Procolo temporariamente sui primi anni del secolo XV, indi stabilmente il 14 ottobre 1435. I monaci per il governo di detto ospitale servivansi anche dell' opera di secolari formati in compagnia come si vedrà in appresso.

Stante la detta unione i Padri concessero il loro ospitale detto di S. Procolo alle seguenti condizioni:

1° Bartolomeo Castagnoli rettore, debba essere amministratore dei beni sua vita naturale durante, contribuendo il necessario per mantenere gli esposti.

2° Che detti uomini debbano rifare di nuovo tutto l' ospitale ora angusto, rovinoso, vecchio e cadente; e ridurlo in buon stato.

3° Debbano render conto ogni anno ai monaci della loro amministrazione.

4° Siano tenuti a conservare, e mantenere i beni.

5° Non saranno tenuti a render conto ai monaci degli altri beni che potessero pervenire per qualunque titolo all' Ospitale.

6. Che debbano riconoscere il monastero di S. Procolo come padrone del diretto dominio presentando ogni anno un cereo, o doppiero del valore di soldi 20 per la festa di S. Procolo, prendendo la rinnovazione di 29 in 29 anni.

7° Mancando la compagnia, o riducendosi a soli 10 uomini, se fra anni cinque non si ricupera maggior numero, in tal caso l'ospitale e i suoi beni dovranno ritornare al monastero.

Il Padre Melloni dice che l' 11 aprile 1311 il rettore di questo ospitale presentò supplica al Comune rappresentando, che avendo edificato il medesimo sotto l'invocazione di S. Dionisio, e più avendo cominciato a fabbricare una Chiesa dedicata al detto santo sul terreno dello stesso ospitale rimpetto al monastero di S. Procolo erasi trovato in somma ristrettezza non avendo altre rendite che quelle provenienti da elemosine, per cui chiedeva un sussidio per terminar la Chiesa e alimentare l' ospitale, che gli fu accordato. Per l'unione d' altri Ospitali, e per lasciti fattigli divenne poi uno dei più cospicui e doviziosi della città.

1450 28 giugno. Gli uomini della compagnia di Santa Maria degli Angeli che stavano fra le porte di strada Stefano e di strada Castiglione determinarono di unirsi a quelli della compagnia di S. Spirito presso S. Procolo ritenendo il titolo di Santa Maria degli Angeli. Ciò rilevasi da rogito di Giovanni Maria Gambalunga che il Masini dice dagli annali della Porziuncola.

1450 2 settembre. Concessione fatta dai monaci di S. Procolo dell' ospitale da lunghissimo tempo da loro posseduto, in assai cattivo stato e quasi ridotto col solo nome di ospitale, che serviva particolarmente ai pellegrini meno l'ottava parte delle rendite che serviva a ricettare, nutrire ed allevare i bastardini della città. Tale concessione fu fatta per consiglio di Ser Bartolomeo Castagnoli notaio, rettore di detto ospitale e per la fama acquistata dalle compagnie della Vita, della Morte, di S. Biagio, del Baracano, di S. Bartolomeo di Galiera di Santa Maria della Selicata dei Minori in capo alla strada di S. Felice e del Borgo del Pradello. Al Massaro, priore e rettore delle compagnie di Santa Maria degli Angeli, di S. Sisto, di S. Eustachio e di Santa Maria Maddalena, soliti a radunarsi in un piccolo ed angusto oratorio, fu concesso l' ospitale suddetto, l' oratorio anesso, ed una piccola stanza, affinchè con comodità maggiore potesse attendersi al necessario di lui servizio.

Il 11 ottobre 1450. I rettori di Santa Maria degli Angeli, di S. Sisto, di S. Eustachio e di S. Maddalena stabilirono l'unione delle quattro compagnie sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli.

1454 agosto. Dall'Instrumento di rinnovazione enfiteutica dei monaci di S. Procolo a rogito di Albice Dugliolo, e di Delfino Landini sappiamo che la compagnia degli Angeli aveva comprato una casa per L. 30 enfiteutica da certo Baccio.

Li 22 ottobre 1450 fu preso il possesso dalla nuova compagnia di Santa Maria degli Angeli, dell' ospitale dell' oratorio e di una debole e piccola stanza annessa, come da rogito Bonfiglio Bonfigli.

1451 5 settembre. La compagnia avendo bisogno di denaro per la fabbrica dell' Ospitale vendette una casa della compagnia di S. Sisto nella contrada detta i Vignati sotto S. Procolo. Rogito Giacomo Scanalli.

1454 agosto. La compagnia ne aveva comprato una enfiteutica di S. Procolo. Rogito Albice Dugliolo, e Delfino Landini. Secondo una cronaca, la fabbrica si fece dalla parte di Val d' Aposa.

1456 30 marzo. Essendo seguita l'unione del priorato di Santa Maria di Montevia al monastero di S. Gio. in Monte il 30 gennaio 1456 rogito Rolando Castellani, ed annessi all' arcipretato della Pieve di Montevia l'ospitale, e la chiesa di Santa Maria della Carità, il qual ospitale alimentava esposti per quanto ritraeva da due parti delle otto dei beni di esso, D. Giovanni di Catania Vicario generale del Vescovo smembrò detto ospitale, e la chiesa parrocchiale della Carità, e sul riflesso, che la nuova compagnia degli Angeli godeva una delle otto parti delle entrate per gli esposti, divise i beni consistenti in 4 possessioni in diversi pezzi di terreno, e in varie case, assegnando le rispettive quote, ed unendo all'ospitale di S. Procolo la porzione di quella della Carità (Vedi Strada S. Felice numeri 35, 36, e 37).

1456 24 marzo. I canonici di S. Gio. in Monte rinunziarono la Chiesa, e l'ospitale della Carità. Rogito Rolando Castellani.

1456 20 aprile. L'ospitale, e i beni di Santa Maria di Piumazzo furono uniti a quello di S. Procolo, e di Santa Maria della Carità di Bologna conservando però in Piumazzo un sito per ricoverare i bisognosi. Rogito Giovanni Battista Grassi.

Il 31 marzo 1463 secondo un rogito di Baldassare Grassi fu dato l' Ospitale di Santa Maria della Carità a Zenobio priore della Chiesa e monastero di San Barbaziano essendo stato detto ospitale smembrato da quello di S. Procolo e dalla Compagnia di Santa Maria degli Angeli. Questo smembramento è riferibile al fabbricato e non all'instituto di raccogliervi pellegrini ed esposti.

1472 17 settembre. Donato Giovanni e Polidoro fratelli e figli del fu Guglielmo Sangiorgi vendono al sindaco, e uomini di Santa Maria degli Angeli degli esposti tanta rata e parte per indiviso con essi Sangiorgi di tre casette antiche, contigue e ruinose con due pozzi e due corti posto sotto S. Procolo o S. Mamolo, presso i beni dell' Ospedale, presso la Via pubblica di S. Mamolo, presso il Serraglio o Torresotto di S. Mamolo posseduto dai Padri di S. Procolo, presso Armelina Cimatori, per L. 203 rogito Nicolò e Raffaele Scardoi.

Nel 1475 sotto l'11 aprile il predetto ospitale confinava colla via di S. Mamolo davanti, con l' orto dell' ospitale medesimo, e mediante la via pubblica di sotto, con due terreni del detto ospitale, i quali assieme col predetto orto si concedevano in enfiteusi agli eredi di Giovanni del Ture, e dopo si acquistavano dalla compagnia degli Angeli assieme ai miglioramenti di due case poste sopra i stessi due terreni per L. 112, rogito di Carlo Poggi del mese di maggio 1453 e mediante detti terreni, la via pubblica detta Val d'Avesa di dietro, cioè a sera, poi presso tre case comprate da detta compagnia dagli eredi di Guglielmo Sangiorgi a mezzodì.

Una memoria del 1479 ricorda la compagnia di Santa Maria degli Angeli, che aveva la residenza nell' ospitale di S. Procolo posto in contrada S. Mamolo presso la via pubblica da tre lati e presso Giovanni da Milano Cimatore, al quale è unito la compagnia di S. Sisto di S. Eustachio e di Santa Maria Maddalena.

Il 12 novembre 1481 comprò il residuo delle tre casette Sangiorgi in parte, ed il 7 settembre 1482 pagando altre L. 82 rogito Nicolò Fasanini e Albice Duglioli.

1494 19 aprile. Concentrazione dell' Ospitale di S. Pietro e di S. Martino uniti a quello di S. Procolo colla condizione che i canonici di S. Pietro s' intendano sempre della compagnia degli Angeli e che tutti gli atti e congregazioni sieno sempre assistite da un canonico (Vedi via canonica N. 1719.).

Per questa unione cominciossi a dire Ospitale de' Santi Pietro e Procolo.

E perchè sopra le case dell' Ospitale di S. Pietro ad esso contigue, la fabbrica di S. Pietro aveva diritto a percepire annue L. 16 delle pigioni che di esse si ricevevano in compenso di tante case sul suolo delle quali fu fabbricato un gran portico ed altri edificii, ed acciò tutte le case contigue come sopra spettino a detta compagnia degli Angeli promette questa pagare L. 150 di Bolognini rogito Agamenone Grassi e Giovanni Battista dalla Schiappa 19 aprile 1494.

Li 14 maggio 1495 seguì l'unione dell'Ospitale di Mongiorgio, e di Savigno a quello di S. Procolo o Santa Maria degli Angeli col consenso dei canonici di S. Pietro. Rogito Agamenone Grassi.

La cronaca del Nadi dice, che il 7 marzo 1500 fu cominciato il portico degli Abbandonati in S. Mamolo da S. Procolo fatto in volto con archi di macigno e cornici dello stesso materiale. Narra il Ghiselli che del 1481 D. Lauro Vasselli nella sua casa fabbricò il portico e l'oratorio degli Esposti in S. Mamolo e che la sua effigie si vedeva nell' ancona della sua capella poi comprata dal marchese Cesare Marsili Duglioli (forse in S. Petronio) ma qui il Ghiselli è caduto in grave errore siccome nel nome del Vasselli.

Gli errori commessi dal nuovo Masini sono :

1° che fosse consegnato l'Ospitale nel 1450 a una compagnia detta del corpo di S. Procolo mentre fu a quella de gli Angeli.

2° Che D. Lauro Vasselli lasciasse i beni allo stabilimento mercè i quali si aumentò il fabbricato e nel 1481 si innalzò il portico.

Il Vasselli invece ebbe nome D. Donato, viveva ancora del 1505, non lasciò un obolo agl'esposti, e il portico si cominciò del 1500 soltanto.

1503 13 dicembre. D. Donato del fu ser Bartolomeo Vasselli che poi si trova il 25 maggio 1505 col titolo di canonico di S. Petronio e più tardi dello stesso anno anche con quello di rettore di S. Andrea degli Ansaldi, restando creditore di L. 250 per resto di certa fabbrica fatta nell' ospitale e di quella del portico, Floriano Dolfi e Bartolomeo Negri sindaci degli esposti assegnano a detto canonico Vasselli un terreno ossia casamento con più casette antiche con pozzi ed altre soprastanze dove era già l' Ospitale di S. Pietro presso la cattedrale di Bologna mediante la Via, presso la Via pubblica da tre o quattro lati, presso quelli dei Cortesi, e quelli dei Bucchi delle quali casette si ricavano L. 129 e ciò gli assegnano per anni 12 quelli dell' Ospitale, perchè il detto Donato si offre di fabbricarle. Rogito Antonio Cesti. Quest' atto distrugge l' asserto degli autori di cose patrie, che attribuiscono alla munificenza del Vasselli la fabbrica del magnifico portico dei bastardini. Il detto D. Vasselli fu rettore di S. Andrea degli Ansaldi.

1505 24 maggio. D. Donato del fu Ser Bartolomeo Vasselli canonico di San Petronio al quale spetta l'usufrutto di certe case nelle quali altre volte era l' Ospitale di San Pietro poste in Bologna sotto S. Giacomo e Filippo dei Piatesi presso le vie pubbliche a settentrione, occidente, mezzogiorno e parte anche ad oriente e presso gli eredi di Romeo Bucchi, rinuncia ad instanza degli Esposti i detti stabili, e ciò perchè i sindaci dell'Ospitale gli assegnano per anni 20 l'usufrutto di una casa con stalla, corte, pozzo ed orto ecc., posta sotto le Muratelle di Saragozza. Confina Saragozza a mezzodì, Borgo Ricco a occidente, i beni dell' altare di S. Tommaso nelle Muratelle tenuti dagli eredi di Galeazzo Marescotti, e i beni dell' altare esistente fuori di città, presso il monastero di Santa Margarita a mattina (altare Pepoli), e i beni degli eredi di Teseo Marescotti.

1505 1 ottobre. Assegnazione fatta dal priore e canonici di Monteveglio (orig. Montevia. Già in altre parti dell'opera il testo riporta Montevia al posto di Monteveglio. In questo caso il Breventani non se ne accorse) all'Ospitale degli Esposti di annue L. 800 in transazione delle due delle otto parti del mantenimento de' fanciulli, che incombevano alla compagnia della Carità. Rogito Pirro Zanetti e Bartolomeo Baldi. In quel anno era proconsole della compagnia di Santa Maria degli Angeli monsignor Antonio Galeazzo Bentivogli.

1511 10 maggio. Unione dell'Ospitale per viandianti posti in Zapolino a quello degli Esposti fatta da Giacomo del fu Giovanni Marco Cerveti, e da Luca del fu Nicolò Cerveti suo nipote. Rogito Antonio Certi.

1516 6 agosto. Unione dell'ospitale di Santa Maria della Viola del ponte di Reno a quello degli Esposti. Incombeva al rettore di detto ospitale di riparare e conservare in buon stato il ponte di Reno, quand' anche fosse in parte dall' acque atterrato, e di più pagava L. 50 per il Palio di S. Pietro, che era di velluto con bandiera. Per questa unione un senatore estratto a sorte doveva intervenire alle sedute degli amministratori dell'Ospitale degli Esposti. Rogito Priamo Bailardi ed Ercole Borgognini.

Cessò la compagnia dall'amministrare quest' Ospitale nel 1519 nel qual anno fu nominata una Congregazione di gentiluomini, cittadini, e di un canonico di S. Pietro dalla quale venne regolato questo pio instituto soccorso annualmente dalla città e provincia di Bologna.

1540 22 dicembre. Un rogito di Matteo Gessi, e Alberto Budrioli annunzia l' unione già seguita dell' ospitale di S. Bovo a quello degli Esposti.

Nel territorio bolognese esistevano pure i qui sotto ospitali:

S. Alessio del Volè 1415, siccome da rogito Agamenone Grassi.

S. Antonio di Pianoro 1461, rogito Graziano Grassi.

Castagnolo. Santa Maria, o S. Bartolomeo della Fossa.

S. Giovanni Battista di Fossa Cavallina fuori di porta S. Stefano.

SS. Giacomo, e Filippo in Anzola 1300, rogito Ghirardacci.

S. Giacomo dell' Idice.

S. Lazzaro.

Santa Maria di Borgo Panigale.

Santa Maria del Corpo di Reno.

Santa Maria delle Tombe 1419 16 settembre, rogito Filippo Formaglini.

SS. Nicolò, e Ambrogio di Pontecchio 1532, rogito idem.

S. Pietro di Livergnano.

Della Scoppa in S. Giovanni di Persiceto.

Della Selva, laicale detto di Santa Croce con 4 letti per uomini, e 4 per donne.

Della Stella in Varignana.

1579 10 settembre. Decreto del vicario che ordina alla compagnia degli Angeli di strada Castiglione di intitolarsi puramente compagnia di Santa Maria degli Angeli, e quella di strada S. Mamolo di S. Maria degli Angeli, e ospitale dei Poveri Innocenti. Atti di Lodovico Cattani.

1583 13 settembre. Sentenza a favore dei bastardini contro Giovanni Battista e fratelli Landini in occasione della fabbrica dell' ospitale. Rogito Marc' Antonio Balzani.

1692 17 luglio. Bolla dell' unione della commenda di S. Lazzaro all'ospitale degli Esposti emanata dal Pontefice Innocenzo XII.

Finalmente nel 1798 l' ospitale fu traslocato nel vicino monastero di S. Procolo. (Vedi S. Mamolo N. 26 e 27).

Il N. 110 segnava l'oratorio della compagnia di Santa Maria degli Angeli detta degli Innocenti. Dicesi che il padre D. Benvenuto Benedettino rettore del contiguo ospitale di S. Procolo vi incominciasse il 14 aprile 1300 una chiesa e che la dedicasse a S. Dionigi la quale fu poi profanata. La compagnia suddetta avendo preso possesso il 27 ottobre 1450 dell'ospitale, la restituì al culto e gli servì per le sue festive radunanze fino al 27 luglio 1798 nel cui anno fu soppressa. In tale circostanza fu dichiarato che questo locale apparteneva all' opera pia degli Esposti.

Si passa la via Calcaspinazzi (orig. Calcavinazzi, evidente errore di cui il Breventani non si accorse).

Si passa la via Urbana

N.107. Si pretende dai nostri storici che queste fossero le case dei Feliciani con torre atterrata dal terremoto nel 1149, e che dopo questa sventura andassero ad abitare in Val d' Aposa, e che Lampresio Feliciani forse detto per sopranome Picciolpassi, dasse luogo a suoi discendenti di adottare questo cognome. Si ha memoria di un Roderico dottore di leggi che fioriva nel 1200, e di un Feliciano Feliciani detto Picciolpassi dottore di leggi e lettor pubblico nel 1256. Sulla famiglia Picciolpassi, vedi via Toschi.

Pare che qui abitassero gli antichi Marescotti, ed è certo che alli 28 gennaio 1303 avevano casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi in confine di Bartolomeo quondam Majo, di Vandino muratore, e della via di S. Mamolo. Questi Marescotti si estinsero nel secolo XIV.

Questo palazzo il cui disegno viene attribuito dall' Oretti a Bramonte Lazzari citando un instrumento di vendita che egli dice trovarsi nell'archivio della Gabella, fu fabbricato dai fondamenti da Nicolò di Giacomo Sanuti dei XVI riformatori, dottore di leggi ed ultimo della sua famiglia morto il 24 giugno 1482 il cui testamento, e codicillo, depositati nella sagristia di S. Domenico, furono pubblicati li 26 giugno 1482. Rogito Agostino Negri.

In un manoscritto esistente in casa Guidalotti trovasi che il dott. Nicolò di Giacomo, di Bertoluccio, di Giacomo, di Francesco testò a favore dei Monasteri, perchè lui vivente quattro suoi nipoti si disputavano la sua eredità.

Non si hanno che poche notizie sugli acquisti fatti dai Sanuti in questa località, e solo sappiamo che il 12 aprile 1557 Nicolò comprò da Bartolomeo Beccari una casetta sotto S. Giacomo dei Carbonesi. Rogito Pellegrino Bonazzoli, e che il 24 settembre 1581 ne acquistò altre due contigue dal cav. Bartolomeo del fu Zono dalla Volta sotto S. Giacomo dei Carbonesi per L. 300. Rogito Alessandro Bottrigari, Virgilio Gambalunga, e Bartolomeo Zani. Confinavano il compratore dalla parte posteriore mediante chiavica, col Sanuti di sotto, con Stefano Barbieri di sopra, e colla via di S. Mamolo.

Nicolosa Castellani vedova Sanuti era creditrice del patrimonio del marito di L. 10,160 per doti, in conto delle quali gli fu asssegnato per L. 8,160 questo palazzo ancora imperfetto, e che da essa fu terminato. Confinava il 14 aprile 1484 la strada di S. Mamolo, quella di Val d' Aposa di dietro, gli eredi del fu Giacomo dal Lino di sopra, il collegio Ancarano, Mastro Stefano Barbieri, e una casa pure Sanuti confinante con Alberto Carbonesi. La casa grande fu valutata L. 8,000, e la piccola L. 160 come da un rogito di Bartolomeo Zani, e Giacomo Pellegrini del 14 ottobre 1484.

Nicolosa il 21 aprile 1484, a rogito Gaspare da Manzolino, fece donazione di questi stabili a Giovanni II Bentivogli in compenso della donazione a lei fatta dal predetto Giovanni dei beni di Valentino da Pizzano confiscati dalla Camera di Bologna qual ribelle, e poi ceduti al detto Bentivogli, il quale di più si era obbligato che la Camera stessa assegnasse alla Castellani fra un anno tanti beni equivalenti alla rendita di L. 50 annue in compenso di certe botteghe del Sanuti nella via delle Scudelle sotto il palazzo del Podestà atterrate per ornare la piazza. La confinazione degli stabili donati da Nicolosa al ;Bentivogli sono rispetto al palazzo, gli eredi di Giacomo dal Lino di sopra, mastro Stefano Barbieri di sotto, il collegio Ancarano di dietro. La casupola in Val d'Avesa confinava col detto Collegio, la strada, e la casa grande.

La vedova Sanuti spese in fabbriche, e in miglioramenti L. 9,043, testò il 28 agosto 1495, rogito Cesare Nappi, e morì il 10 dicembre 1505.

Giovanni Bentivogli mediante Giacomo dal Gambaro suo procuratore prese possesso del suddetto palazzo, e della casa tra detto palazzo, e Alberto Evangelista Carbonesi amministratore dell'eredità di Nicolosa, il quale il 12 dicembre 1505 accettò l'ingiuntagli amministrazione, e il 26 marzo 1506 fece legale consegna dei suddetti stabili al Bentivogli come da un rogito di Melchiorre Zanetti, e Tommaso Grazioli.

I Sanuti furono Zenani di Ravenna. Qualcuno ha scritto che venissero a Bologna nel 975, ma cominciasi solo nel 1127 a trovarsi un Antonia di Pietro Zenani alias Sanuti da Ravenna in Roberto dalla Ringhiera, e una Ansaldina sua sorella in Jacopo di Gabbione Malvezzi. Nel 1285 Guglielmo Sanuti comprò due case sotto S. Barbaziano, e nel 1399 Pietro, e Giacomo fecero divisione., che erano figli di Bartoluccio. Terminò la famiglia del Riformatore Nicolò nel 1482 dopo essergli premorto l'unico figlio.

La famiglia Pellicani, anch'essa estinta, si diceva Sanuti, ed una famiglia di cittadini che credono di derivare dai Sanuti antichi portano questo illustre cognome, ma non discendono da quello che sembra dalla linea del Riformatore.

Il 1° marzo 1447 Nicola V concede la contea della Porretta a Nicolò Sanuti, e a suoi discendenti per l'annuo canone di una libbra d'argento.

Il 30 giugno 1448 Nicolò Sanuti diede il giuramento alla Santa Sede. Rogito Annibale Tiburtini.

Il 4 luglio 1448 Nicolò Sanuti prese possesso di detta contea. Rogito Dino di Gio. Fiorentino.

Il 17 settembre 1471 Sisto V emanò un breve a favore del dott. Girolamo Ranuzzi col quale lo dichiara surrogato nella contea della Porretta dopo la morte del conte Nicolò Sanuti in età avanzata, e senza speranza di prole.

L'8 gennaio 1474 il conte Nicolò Sanuti da il consenso al dott. Girolamo Ranuzzi per la di lui surrogazione, e successione nella suddetta contea nel caso di morire senza figli. Rogito Alessandro Bottrigari (Il testo originale riporta Alessio Bottrigari, errore di cui nemmeno il Breventani si accorse).

Il 27 giugno 1482. Senato consulto a favore del dott. Girolamo Ranuzzi, col quale vien creato conte, e gli vien concessa la villa, e territorio dei Bagni della Porretta.

Il 2 novembre 1506, siccome altra volta accennammo furono scacciati i Bentivogli da Bologna, ma Annibale di Giovanni ripatriò colla sua famiglia la sera dal 20 al 21 maggio 1511 coll'aiuto di quei stessi francesi che coadiuvarono perchè ne fosse scacciata. Nel 1506 essendo rovinato il palazzo Bentivogli in Strada San Donato, Annibale prese alloggio in questo già Sanuti, Ermesse nella casa dei Poeti in Strada Castiglione, Lucrezia moglie d'Annibale in casa di Petronio Ballattino nella via delle Campane, e Alessandro in casa dei Bolognini da S. Stefano.

Durante il soggiorno dei fratelli Bentivogli in Bologna divisero essi i beni stabili dell'eredità paterna, il 18 settembre 1511, toccando ad Alessandro questo palazzo in L. 12,000 che allora confinava coi Campeggi.

Annibale il 10 settembre passò nel palazzo di Giulio Malvezzi, e questi alloggiò in quello d'Annibale.

Ermesse stette qualche tempo in casa dei Poeti in Strada Castiglione, poscia in quella dei Lojani in Strada Maggiore che passava per una delle più belle di Bologna, e il Lojani andò in quella dei Grati rimpetto a Santa Catterina di Strada Maggiore.

Il 9 novembre 1531 il cardinale Lorenzo Campeggi comprò da Alessandro ed altri dei Bentivogli un palazzo, ossia casa grande con orto, stalla, loggia, ed altra casa di dietro che confinava Val d' Avesa, posto sotto S. Giacomo dei Carbonesi in S. Mamolo per scudi 4,700 d'oro Rogito Camillo Morandi.

Il 5 settembre 1508 il Legato Francesco Alidosi cardinale e vescovo di Pavia prestò alla Camera di Bologna 2,000 scudi d'oro, che il 9 susseguente novembre gli furono assicurati dalla Camera predetta, sopra il casamento già dei Sanuti in S. Mamolo, il quale fu poi abitato dai fratelli del Legato, e sul palazzo, e molino di Belpoggio provenienti dai beni confiscati ai Bentivogli. Rogito Bernardo Fontanini, Camillo Paleotti, e Gio. Andrea Garisendi.

Il 28 febbraio 1533 fu estradata citazione inibitoriale dell'uditore della Camera di Roma a favore di Rinaldo o Riccardo Alidosi per non essere molestato da Alessandro Bentivogli nel possesso di una casa in Bologna posta nella contrada di S. Giacomo dei Carbonesi, e di un palazzo fuori di porta S. Stefano in loco detto Belpoggio.

Il 6 maggio 1533 il Cardinale Lorenzo Campeggi protestò contro Violante del fu Alessandro Bentivogli perchè assumesse sopra di se la lite promossa per parte di Riccardo Alidosi sopra il suddetto palazzo. Rogito Rocco Casati notaro di Milano.

Le pretese dell' Alidosi saranno state vinte dalle ragioni Bentivogli, perchè i Campeggi rimasero pacifici possessori del loro palazzo.

Il predetto Cardinale Lorenzo nel 1532 acquistò la casa Ancarana in Val d' Aposa, la fece atterrare, ed ingrandì con essa il giardino del suo palazzo.

Nel 1547 sul principio di marzo avendo Paolo III trasferito in Bologna il Concilio di Trento, si tennero tre sessioni nella sala di questo palazzo al pian terreno lunga piedi 54 e oncie 8, larga piedi 34, alle quali intervennero Tommaso Vescovo di Feltre, Marc' Antonio Vescovo di Grosseto, e Gio. Antonio Maria Vescovo di Parenzo tutti dei Campeggi. La prima sessione di Bologna, e dicianovesima del Concilio fu tenuta il 21 aprile 1547.

Nella facciata sopra la porta della ringhiera vi era il ritratto del Riformatore Nicolò Sanuti, che fabbricò questo palazzo, il quale nel 1622 si diceva palazzo dei Diamanti.

Nel 1509 per ordine del Cardinale Legato Francesco Alidosi fu portato a Bologna un leone di marmo bianco tutto dorato che i Veneziani avevano posto nella piazza di Ravenna in segno di dominio. I soldati di Giulio II che avevano conquistata quella città nel detto anno gli avevano rotto le ali e la coda. Qualcuno dice che era coronato, che aveva la coda di bronzo, che i piedi di dietro mostravano d'essere sott'acqua, e che era una figura laudatissima. Questo leone fu posto sopra un piedistallo ai piedi della scala del palazzo, ed altro dice nel cortile degli Anziani, (ciò che è più probabile) cinto da una catena di ferro, e con alcuni versi latini poco onorevoli per la repubblica veneta. Avendo il Papa fatto la pace coi Veneziani fu ottenuto dal loro ambasciatore che Giulio II, che trovavasi a Bologna, decretasse che fosse tolto di là, siccome seguì la notte del 28 set tembre 1510. Fu dapprima depositato nelle stanze della munizione, poi trasportato nel palazzo già Sanuti allora abitato dai fratelli del Cardinale Alidosi, dove rimase nel giardino fino al 1812. Essendo guasto, e diventato un blocco di marmo non più riconoscibile per una figura, fu fatto distruggere dai Bevilacqua possessori attuali di questo palazzo.

Il ramo Campeggi provenienti da Ugolino di Lorenzo nato a Campeggio castello del Bolognese, Capitano dei Pisani che stabilì in Bologna la sua famiglia, marito di Mattea da Camino dei signori di Treviso, dalla quale ebbe 20 figli, che tutti assieme indossarono corazza, terminò in altro Lorenzo del senatore Tommaso morto in Roma il 29 giugno 1727. La sua ricchissima eredità, onori, e privilegi, passò ai marchesi Malvezzi in causa di Francesca del predetto Tommaso Campeggi moglie di Matteo, o Aurelio Malvezzi morta il 17 febbraio 1726.

Il 25 novembre 1739 il conte Giovanni Cristoforo Francesco, e il canonico Pietro Paolo fratelli e figli del conte Giacomo Francesco de' Vincenzi di Ferrara comprarono questo palazzo, ed annessi dal marchese Emilio padre, e dai marchesi Aurelio primicero, Giacomo, Floriano, e Carlo figli Malvezzi, eredi in speranza dei defunti marchesi Antonio, e Lorenzo Campeggi. Il prezzo fu convenuto in L. 40,000. Rogito dott. Giacomo Betti. Giovanni Cristoforo morì ultimo di sua famiglia il 15 febbraio 1776 nel qual giorno fu aperto il suo testamento col quale lasciò erede dei beni Vincenzi, il marchese Giacomo, del marchese Luigi Bevilacqua di Ferrara, famiglia aggregata alla nobiltà bolognese ai tempi d'Eugenio IV nella persona di Cristino Francesco di Galeotto Bevilacqua, aggregazione rinnovata il 12 luglio 1658 al marchese Onofrio ed Ippolito.

Prima di passare più oltre nella strada di S. Mamolo si crede opportuno di dare le seguenti notizie, che si sospettano riferibili al palazzo già Sanuti.

Il 4 dicembre 1398 il famoso dott. Carlo del fu Cambio Zambeccari comprò da Costanza di Guidalotto del fu Uguzzone Mazzi (e cioè da una Guidalotti) moglie di Zanotto da Ignano due case in cappella di S. Giacomo dei Carbonesi pagate L. 1,650. Rogito Giacomo di Pietro di Bittino.

Il 28 settembre 1399 il detto Carlo dott. dell'una, e dell'altra legge del fu Cambio Zambeccari fece il suo testamento nel quale nomina una sua casa che fu già di D. Gregorio, e di Tommasino Zambeccari, e che egli lascia al suo erede gravandolo di dispensare ai poveri a di lui piacimento L. 50 metà del valore della predetta casa. Ordina poi che sieno vendute a ser Monte da Imola una casa grande, e una contigua poste sotto S. Giacomo dei Carbonesi in prezzo di ducati 1,000 d'oro atteso il patto con lui convenuto di vendergliele; le quali case, aggiunge il testatore, di averle comprate da Costanza di Guidalotto moglie di Zanotto da Ignano, poi instituisce eredi Cambio, Masio, Bartolomeo, Galeazzo, e Bonifacio suoi figliuoli colla sostituzione ed in caso della lor morte ad essi sostituisce sua moglie Catterina di Nicolò Drappiero, e Nicolò di Bartolomeo Zambeccari, e non essendovi al tempo di detta sostituzione nè la Catterina, nè il detto Nicolò, sostituisce Bernardino Zambeccari, Pellegrino di Giovanni Nicolò di Petruccio, e Martino di Turabecco dei Zambeccari, e non vi essendo pur questi nomina Procolo, e Domenico padre, e figlio, e Luca Medico, e i di lui figli maschi, i quali sono dell'agnazione del testatore. Rogito Giacomo di Pietro di Bittino. Si è dato l'instituzione dell' erede di Carlo Zambeccari per far vedere quanto fosse diramata ai suoi giorni quell'illustre famiglia.

1400 3 giugno. Il Gonfaloniere, e gli Anziani concedono licenza a Catterina del fu Giacomo di Nicolò madre di Cambio, Tommaso, Bartolomeo, Bonifacio:, Galeazzo, e Carlo fratelli, e figli d'altro Carlo Zambeccari dottore di leggi di vendere una casa grande con casetta contigua sotto S. Giacomo dei Carbonesi nella via detta la contrada di S. Procolo. Confinava detta via. altra via di dietro detta Brollo dei Maccagnani, Guglielmo, e Onofrio Talenti da Forlì, e Bernardo Maggi da Reggio. Rogito Antonio da Castagnolo.

L'arma di Carlo Zambeccari nel 1397 era divisa in quattro quarti, in due vi era ripetuto lo stemma Zambeccari, e negli altri due quello dei Zappati. Quello Zambeccari consisteva in un aquila non coronata in campo giallo, e tre sbarre rosse in campo bianco. Si è veduto che nei contratti degli stabili Sanuti si è sempre parlato di una casa grande, e di una casetta poste sotto S. Giacomo dei Carbonesi, e questo combina anche colla casa del Zambeccari. Le strade della giurisdizione parrocchiale di S. Giacomo dei Carbonesi erano S. Mamolo, via dei Libri, e Trebbo dei Carbonesi, ma la via di S. Mamolo si trova spesso chiamata porta S. Pro colo e il notaro potrebbe aver ommesso il porta, ed essersi limitato a dire contrada di S. Procolo, d'altronde non può nascer dubbio che sotto S. Giacomo dei Carbonesi vi fosse altra strada alla quale si potesse appropriare il contrada S. Procolo ; e la sola su cui potrebbe cader qualche dubbio sarebbe quella di Calcaspinazzi (orig. Cacavinazzi errore non notato dal Breventani), ma apparteneva alla parrocchia di S. Mamolo, e di più quella con trada non aveva di dietro se non il Trebbo dei Carbonesi, a una distanza grandissima; a modo che è impossibile che una casa in Calcaspinazzi (orig. Cacavinazzi errore non notato dal Breventani) confinasse nel di dietro colla via dei Libri, avvertendo che a quei giorni non era aperta la via Urbana, essendolo stato soltanto nel 1630.

Non si deve omettere un' altra considerazione, cioè che la strada posteriore alla casa del Zambeccari viene indicata per quella del Brollo dei Maccagnani, quando l'altra dietro alla casa del Sanuti è Val d' Aposa, è sempre cosi nominata, anteriormente, e posteriormente nei contratti del Zambeccari, e del Sanuti. Ad onta di tutto questo è però certo che esistette una parrocchia detta S. Simone dei Maccagnani posta nel Brollo dei Maccagnani famiglia che come tant' altre aveva fondato e dotato una Chiesa presso le sue case, e che serviva di parrocchia in que' tempi a un ben ristretto numero di abitanti. Si trova che la detta piazza di S. Simone sussisteva tuttavia nel 1366 ma non più nel 1408; dunque fu soppressa nel detto intervallo. Si sa poi di certo che la sua giurisdizione parrochiale fu unita a quella di S. Martino dei Santi. Ora si osservi fin dove s'estendeva questa parrocchia. In Barbaria aveva il N. 391 , 390 e 533. In Belfiore arrivava fino alla via del Collegio di Spagna, ed in Val d' Aposa inferiore aveva per ultima casa il 1350 a sinistra e il 1358 a destra. Nel Trebbo Carbonesi terminava a sinistra al 536 e a destra al 388. Finalmente in Val d' Aposa superiore la parrocchia non oltrepassava il N. 262 e cioè a tutta la parte posteriore del palazzo oggi Bevilacqua posto in S. Mamolo. Sembrerebbe che a S. Simone avesse appartenuto il vicolo detto, dietro il Collegio di Spagna, chiuso per la fabbrica della Chiesa e del Collegio dei Padri Barnabiti di S. Paolo, e tal congettura nascerebbe dalla licenza accordata dal Gonfaloniere e Anziani sotto il 3 giugno 1400. Rogito Antonio da Castagnola alla vedova di Carlo Zambeccari che nella via Val d' Aposa superiore vi fosse il Broilo de' Macagnani. (Vedi Val d'Aposa).

NN. 106 105. In queste case vi è inclusa quella indivisa coi Volta anch' essa aggiudicata alla fabbrica di S. Petronio a pregiudizio di Galeotto ed altri dei Canetoli come ai N. 34 e 35 di S. Mamolo. Confinava la prima con Giacomo Sanuti a mezzodì, coi Volta successori del Consorzio di S. Giovanni in Triario e con Leonardo de Foro Juhi a settentrione. Rogito Domenico Muletti.

Il 27 settembre 1528 Giroloma del fu Stefano Fulchini vende a Vincenzo del fu Antonio Morandi e a Diana del fu Francesco Bargellini di lui moglie una casa sotto S. Giacomo dei Carbonesi presso Alessandro Bentivogli successori di Nicolò Sanuti, e presso gli eredi di detto Nicolò dagli altri lati, per L. 800.

Il 26 febbraio 1537 le due case unite in S. Mamolo fra i Carbonesi, e i Sanuti furono vendute in via di permuta dagli eredi Sanuti a Bernardino del fu Carlo Bisestri. Nel contratto il Bisestri diede una casa in Strada S. Stefano in confina di Antonio Sampieri, o piuttosto di Cecilia Menarini, ed altra in enfiteusi perpetua a Cristoforo. (Vedi Strada Stefano N. 72).

Nel 1553 Giulio, Camillo ed Ercole Saraceni assegnarono a Silvestro del fu Aimerico Gigli la metà di una casa in S. Mamolo in confina dei Campeggi e dei Carbonesi. Forse viene da questa assegnazione che oggidì sono due case distinte, che appartennero ai Campeggi, poi ai Malvezzi ed ai Vincenzi, in oggi ai Bevilacqua.

N.104. Case antiche dei Carbonesi, che contenevano la Chiesa e canonica di S. Giacomo de' Carbonesi e si univano al casamento, che ha ingresso nella via Trebbo de' Carbonesi.

L'antichità di questa famiglia capo fazione contro la potente famiglia dei Galluzzi porta di conseguenza il non conoscersi l'origine di queste case, le quali nel 1228 caddero perchè indebolite dal tempo.

È certo che i Carbonesi vi avevano la loro torre e di questa ne abbiamo dettagli che ci istruiscono dell' età in cui fu costrutta. Pietro di Lovello de' Carbonesi e Marchesello di Rolando da Vetrana l' undici settembre 1177 concordarono di costruire ad uso reciproco una torre di venti puntate, e cioè di 20 linee di quei buchi che si lasciavano aperti nelle pareti delle torri e che avevano servito per conficcarvi le travi dei ponti dei muratori. Marchesello diede una tubata (o cantina) in porta S. Procolo presso Rodolfo o Rolando da Vetrana ai Carbonesi, perchè possano giovarsene a piacimento nell'innalzamento della torre. Rogito Corvolo.

Li 11 aprile 1196 Ospinello, e consorti dei Carbonesi si astringono con giuramento da alcune leggi private riguardanti l'uso reciproco della loro torre e degli edifizi contigui per la comune difesa. A questo contratto concorsero Ospinello, Marescotto, e Giacomo di Bernardo. Rogito Bonfantino di F. notaio Imperiale. Per le sì tanto conosciute inimicizie ferventi fra le due famiglie Carbonesi e Galluzzi, fu distrutta da quest'ultimi nel 1258. Risulta dal testamento d' Alberto del fu Munsatello Carbonesi fatto il 3 aprile 1278 a rogito Gerardo, che avea instituito erede Uguccione suo figlio, al quale gli lasciava la sua porzione dei casamenti dove fu fabbricata la torre, e le case, che erano attorno a detta torre e nella detta torre non che la sua quota dei fondamenti e delle pietre di detta torre e case. Un altra testimonianza sull' esistenza della torre dei Carbonesi l'abbiamo in un rogito di Guido di Bonfantino, nel quale si tratta della vendita fatta da Pietro d' Amonio a Gesia d' Uspinello di un pezzo di casa presso la torre dei Carbonesi. Pietro di Lovello sopracitato è quello stesso che cedette ai Domenicani S. Nicolò delle Vigne, del quale aveva il patronato.

Queste case al finire del secolo XVIII furon comprate da D. Gioacchino Pasi ma per poco tempo. Passarono a Ginevra Ranpionesi vedova Taruffi, che testò a favore del dottor Curiale.

N.103. Casa che fu già dei Carbonesi Barbani poi di Giuseppe Muzzoli. Il 9 aprile 1557 fu decretato, che essendosi levato il portico antico della chiesa di S. Giacomo dei Carbonesi si debba addirizzare il muro in diagonale della vicina casa occupando suolo per piedi 4 oncie 8, e si allunghi fino a piedi 41, e si finisca, rimanendo la strada larga piedi 25. In questo muro diagonale vi era dipinto il celebre Geroglifico di mano di Nicolò dell' Abbate, coperto poi per metà di calce in occasione dell'apparato nel 1765.

N.102. Quivi era la Chiesa parrocchiale e la canonica di S. Giacomo dei Carbonesi fabbricata da detta famiglia e di suo Jus patronato. L' origine di questa Chiesa è perduta per la sua grande antichità, solo nell'Archivio del capitolo di S. Pietro vi è memoria che apparteneva ai Carbonesi nel 1269. Nel 1332 fu una delle Chiese elette dal Legato Bertrando per essere colleggiata avendoli assegnato per questo fine parte delle rendite dei cinque conventi da lui soppressi. Giovanni XXII in una sua lettera datata da Avignone nel ottobre del 1333 parla della chiesa di S. Giacomo dei Carbonesi. Giovanni d'Andrea di S. Girolamo famoso dottore morto nel 1348 abitava presso questa Chiesa padre o zio della celebre Novella moglie di Giovanni del conte Oldrando da Lignano giureconsulto. Non è improbabile che la sua casa sia stata il N. 103.

Nel 1725 fu dessa riedificata, poi chiusa il 16 agosto 1808 dopo esser stata soppressa la sua parrocchia il 23 maggio 1806. La Chiesa e la canonica nell'angolo di S. Mamolo col Trebbo dei Carbonesi furon comprate dal Professore Antonio Bertuccini a rogito Serafino Betti del 19 marzo 1813. Passarono al dottor Curiale poi alla vedova di Benelli, che le ha unite nel 1822 formando la casa che presentemente veggiamo.

Il 30 ottobre 1318 si ricorda la via Vignazzi sotto S. Giacomo dei Carbonesi. È però da osservarsi che poteva essere la continuazione dei Vignazzi di S. Procolo.

Si passa la via detta Trebbo dei Carbonesi.

N.101 . Casa grande formata coll' unione di tre case, e cioè di una ch'era in angolo colla via che conduce a S. Paolo sulla quale si hanno le seguenti notizie.

1634 14 agosto. Inventario dell' eredità di Antonio Pigna fatto da Elisabetta Pigna di lui figliola e moglie di Pietro Paolo del fu Ottavio Cerioli, nel quale è descritta una casa posta in S. Mamolo sul cantone della strada che va a San Paolo, sotto la quale a mezzogiorno vi è una quarta bottega ad uso di Speziarla condotta da Giovanni Benedetto Torresani. Confina altra casa di questa ragione (a ponente) e Nicola Gentili. Rogito Marco Melega.

1658 22 giugno. Casa già dei Cerioli poi delle suore di Santa Maria Nuova e da questi venduta a Giovanni Battista e fratelli Davia con due botteghe poste sotto S. Giacomo dei Carbonesi in confine di Elisabetta Pigna, dei Cimicelli, pagata L. 4000. Rogito Cornelio Berti.

Il 12 dicembre 1675 le suore di Gesù e Maria comprarono da Elisabetta del fu Antonio Pigna vedova del fu Pietro Paolo Cerioli una casa con tre botteghe, una da zavaglio, un altra da vermicellaro e la terza da calzolaio poste in via S. Mamolo sotto S. Giacomo dei Carbonesi nell'angolo della via che va a S. Paolo. Confina le dette due strade, gli eredi di Nicola Gentili e i beni Davia, per L. 14500. Rogito Lodovico Barilli.

La seconda casa era verso la piazza e che il 15 gennaio 1580 Giacomo del fu Girolamo Gentili comprò da Giuseppe del fu Bonifacio Negri. È detto essere in S. Mamolo sotto S. Giacomo dei Carbonesi in confine dei Pigna, degli eredi Oppizzoni Vizani, dei Peltri, di un vicolo (Lupanare) ed altri, per L. 7300. Rogito Alessandro Chiocca. Cecilia Zani Cavalca il 22 settembre 1682 assegnò e vendette a Lucrezia Sturoli e a Tommaso di Giuseppe Sturoli di lei figlio una casa qualificata per casa grande sotto i Celestini in strada S. Mamolo in prezzo di L. 7400. Rogito Domenico Maria Colli.

La famiglia Sturoli proveniente da cittadini, notari, poi banchieri si nobilitò in Tommaso di Gioseffo di Giulio, di Tommaso, di Antenore e fini in Lodovico Vincenzo e in Giovanni Francesco fratelli e figli del conte Domenico di Tommaso ambedue monaci Olivetani, il secondo dei quali morì in febbraio del 1794. Il predetto conte Domenico morto il 17 gennaio 1775 lasciò erede il seminarista anziano che fosse in sacris al tempo della sua morte col obbligo di assumere il cognome Sturoli e celebrando la messa l' applicasse ogni giorno per l' anima sua, e così fu di D. Giovanni Mazzoni, poi procancelliere arcivescovile, a cui venne inutilmente contrastata l'eredità da una famiglia Bonacorsi. La terza casa finalmente del 1580 era del Peltri, e del 1715 di Filippo Benazzi. Di questi stabili ne fu fatto un solo da Matteo Gaspare Leonesi mercante da veli, il quale cominciò la porzione di facciata verso i Celestini che fu finita il 18 settembre 1774, o compì l'altra porzione verso mezzogiorno nel 1791. Gli eredi, e figli Leonesi vendettero questa casa a D. Francesco Rodriguez Laso spagnolo, che nel 1819 fabbricò l'angolo presso il Trebbo dei Carbonesi e il fianco lungo questa strada.

N.99. Fianco della Chiesa di S. Giovanni Battista dei Celestini. (Vedi piazza dei Celestini).

Si passa la piazza dei Celestini.

N.98. Il 29 dicembre 1572 fu concesso al cav. Costanzo Marsili di chiudere un antico portico largo piedi 9 lungo piedi 77 con colonne di legno nella casa di sua abitazione nel vicolo Arolari, tendente da strada S. Mamolo alla via Marescalchi dalla parte della Baroncella e di occupare non tanto detto portico, quand'anche oncie 14 di pubblico suolo.

Case dei Marsili Colonna, che l'abitavano nel 1518, e che detti Colonna la possedettero perchè Cornelio Marsili, sposò Lavinia Colonna di Marc' Antonio nel 1540.

1602 23 luglio. Comprò Ercole del fu Fabrizio Fontana da Camillo del fu Costanzo Marsili una casa sotto la Baroncella in S. Mamolo con due porte. Confinava i beni del compratore, ed un vicolo laterale che conduce ad una piazzola rimpetto alla suddetta Chiesa Parrocchiale. Confina inoltre colla casa canonicale della Baroncella, Pompeo Marsili, Dionigia Rossi, Ercole Guidotti alias dalla Vacca, per L. 7004 10. Rogito Giulio Belvisi.

Il 5 aprile 1606 Ercole Fontana presentò un memoriale onde ottenere di chiudere il vicolo presso la sua casa, che da strada S. Mamolo va alla chiesa della Baroncella, dimanda che fu ripetuta il 25 giugno 1607, e si dice trovarsi fra la sua casa e quella degli eredi di Michele dalla Seta.

1607 10 aprile. Si concede ad Ercole Fontana procuratore, il vicolo presso la sua casa lungo piedi 64 in confine di Michele Seta, poi di Antonio e Guido Tiburtini purchè lo chiuda con portoni dai due lati. Era incapace pel passaggio di carri e carrozze.

Nel 1617 14 novembre. Passarono convenzioni fra Guido Tiburtini, ed Ercole Fontana sopra il vicolo e il muro di confine delle loro case in S. Mamolo sotto la Baroncella scrittura riconosciuta a rogito di Girolamo Teglia.

1611 11 ottobre. Permuta di Pompeo Marsili e di Emilia Berò sua madre con Ercole Fontana, di tutta la parte della casa grande spettante al detto Marsili posta in S. Mamolo sotto la Baroncella, nella qual permuta il Fontana assegna una casa nella parte posteriore della predetta casa grande , altra in Saragozza ed una terza in strada San Felice. Rogito Giulio Belviti e Marc' Antonio Ghelli.

1649 22 febbraio. Comprano il dott. Pompeo e Girolamo fratelli Fontana Bombelli del fu Ercole, dalla contessa Isotta Marsili vedova del cav. Annibale Ringhiera una casa nobile in S. Mamolo sotto la Baroncella per L. 8750. Rogito Alessandro Andrei.

1650 21 marzo. Comprò Girolamo Fontana Bombelli da Alberto del fu Agostino, o Sigismondo Boschetti, parte d'una casa grande in S. Mamolo sotto la Baroncella, per L. 8750. Confina S. Mamolo, altra strada a mezzodì verso la porta grande della Chiesa dei Celestini, e a sera i fratell Fontana, come successori delle suore di S. Margarita quali compratrici della fu contessa Isotta Marsili Ringhiera e di Cesare Annibale Rossi Marsili. Rogito Alessandro Andrei.

I suddetti Fontana vengano dal citato Ercole di Fabrizio di Girolamo causidico e notaio di molta fama. Si dissero Bombelli in causa di Eleonora Bombelli moglie del detto Ercole che gli portò l'eredità e il cognome. Lo sposò il 7 gennaio 1593.

Si passa la via Marescalchi

N.97, 1518 11 maggio. Comprò Lodovico e Melchiore di Battista Zanitti da Virgilio, Tommaso ed altri Morandi una casa con tre botteghe in S. Mamolo sotto la Baroncella in loco detto Piazza Maggiore in parte enfiteotica di Santa Maria della Baroncella e San Benedetto dei Palii, per L. 3135. Rogito Lodovico Montecalvi. Confina la via pubblica da tre lati, cioè S. Mamolo, la via Marescalchi e la via Arolari, ora chiusa, Vincenzo Magnani (il testo originario riporta "Magnagni" corretto con il ? dal Breventani), Cesare e Giovanni Antonio del Capello, la chiesa di S. Benedetto dei Palii di dietro.

Del 1606 era di Angelo e Ascanio fratelli e figli di Michele della Seta mercanti, i quali col consenso di Valeria del fu Fabiano Rizzi loro madre la vendettero ad Antonio del fu Guido, e a Guido del fu Lorenzo di lui nipote amendue dei Tubertini per L. 12500 rogito Marc' Antonio Ghelli.

1633 31 dicembre. Il dottor Alessandro, e Giovanni Alberto di Camillo Pellicani vendono a Guido di Lorenzo Tiburtini una casa di diretto dominio della chiesa della Baroncella, alla quale si pagano L. 11 15 d'annuo canone. È posta in S. Mamolo presso i compratori. Rogiti Lorenzo Mariani.

1634 23 febbraio. Giovanni Paolo di Cesare Fibbia vende a Guido Tiburtini tre casette contigue nella via Marescalchi sotto la Baroncella enfiteotiche di detta Chiesa alla quale pagonsi annue L. 50 e L. 136 di Laudemio, per L. 3000. Rogito Lorenzo Mariani.

Nel 1715 continuava ad essere dei Tiburtini, che poi la vendettero quando ebbero l'eredità Pelloni a Giacomo o Antonio Fontanini, che la ristaurò e gli aggiunse il terzo piano. Passò dopo al mercante da veli Belletti i cui successori l'hanno venduta al dottor medico Bolis.

Credono i cronisti bolognesi, che all'incirca in questa posizione vi fosse la casa dei Scozzamonti con torre nella parte posteriore verso i Fusari, che fu poi di Mauro Luca de Liuti.

Dobbiamo rettificare un ben grave errore in cui inavertentemente cademmo quando a pagine 99 (Ciò che era nel testo originario a pag. 99 è la nota 3 sul palazzo Legnani, vedi N.36) emettevamo una nota risguardante il palazzo già Legnani ora Pizzardi e cioè attribuendo la proprietà di quella casa posteriore a questo, al celebre Guido Reni, quando invece vi moriva siccome noi annunziammo, quando descrivemmo la via del Cane. E giacchè ci fu forza tornare su tale argomento ne gode l'animo ricordare che Bologna va debitrice all' egregio e valente architetto Antonio Zannoni corrispondente onorario dell' Accademia di Berlino, di ben altro, e cioè di quei tesori che mercè sua, si vanno disotterrando alla Certosa e che arrichiscono il nostro Museo Archiginnasiale.

(1) Diamo qui copia di due bandi o provvisioni che furono pubblicati nell'anno 1548 nella originale loro ed integra dizione. Sono questi due preziosissimi documenti.

PROVISIONE

contra li Rubbatori dì Uve, frutti, et altre cose nella città, e contado di Bologna

Per obviare alla presonzione, ed insolenzia de molti, così mascchi come femine, et putti, tanto della città quanto delle Castelle et contado di Bologna, et etiam forestieri li quali cosi di giorno come di notte, vanno nelle possessioni, luoghi, horti, et terre altrui, a torre dello agresto, uve, et altri frutti ch' in quelli nascono, et legne, senza licenzia delli patroni d' essi luoghi, et terreni, con danno particolare, et universale, convenendosi in molti luoghi vindemiare nanzi tempo l' uve, non anchora mature, et cosi cogliere li frutti acerbi, per tema che non siano affatto robbati et tolti da simili generazioni di persone presentuose, et insolenti.

Imperò per parte, et commissione del Reverendissimo, Monsignor vice Legato, di volontà, et consentimento delli Magnifici, et Eccellent. Signori Antiani Consoli, et Confaloniere di Iustizia del populo, et commune della città di Bologna, et delli Illustri Signori Quaranta Reformatori del stato della libertà di detta Città.

Si fa bandire, et strettamente comandare che non sia persona alcuna di che stato, grado, et condizione esser si voglia, sì della città, come del contado, et abitante, o vero forestiero ch' ardisca o presuma andare nè di giorno nè di notte, nè con arme, nè senza arme in possessioni, luoghi, orti, o terreni d' altri così dentro come di fuori a tore per se, no per altri, frutti di sorte alcuna, et legne come di sopra, senza consentimento, et expressa licenzia delli patroni di essi terreni.

Sotto pena a qualunque huomo contrafaciente, et per qualunque volta de lire dieci di Bolognini, et di tre tratti di corda, se serà di giorno, et se serà di notte, de la pena dupplicata così pecuniaria come della corda, da exequirsi subbito contra di loro senza rimissione alcuna.

Et alle femmine, et putti oltra la pena pecuniaria antedetta de cinquanta staffiliate da raddoppiarseli in caso che non potessero pagare la pena pecuniaria la qual corda, et lo quali staffilate seranno date severamente a chi contrafara, pubicamente nel loco consueto della piazza.

Et sia lecito a qualunque denonziare, et accusare tali delinquenti. Et chi accusara serà tenuto secreto, et guadagnara il quarto della pena pecuniaria antedetta.

Dechiarandosi anchora che a quelli che seranno .alla guardia delle possessioni, horti, et terreni antedetti, sia lecito diffondere detti luoghi, et robbe, etiam con le arme, senza incorso di pena alcuna, et quando accadesse ch' alcuno delli delinquenti fosse in tale atto offeso, etiam gravemente si imputara il tutto al detto offeso.

Si commanda in oltre alli Capitami delle poste della città et guardiani di quelle delle castello del contado che non debbano lasciare entrare dentro alcuno con detta agreste uve, o altri frutti, o come disopra, che il terreno, et luogo di dove gli haura tolti non sia suo o vero non sia lavoratore di esso terreno, o servitore del patrone.

Et siano tenuti detti Capitanei della città ritrovando alcuno entrare con alcuna sorte di detto agreste, uve, o frutte, che conosca non esser sue, ma robbate, ritenerli le dette robbe, et poi incontinenti o il giorno medesmo denontiare allo Illustre Signore, Confaloniere di Iustizia, la robba ritenuta con il nome, et sopra nome di colui a chi l' avera tolta.

Et il medesmo fare li guardiani delle porte delle Castelle del contado, denontiando al suo ufficiale sotto la dotta pena. Nella quale incorreranno anchora essi, et altri che fossero d' accordo, et consapevoli con quelli ch'andassero a robbare di simil cose sepradette.

Notificandosi che se ne farà fare diligente inquisizione, et li delinquenti seranno puniti irremisibilmente, et senza uff rispetto al mondo.

Io mar. car. de mon. Leg.

Hier. degr assis vex. Iust.

Publìcata a di XIIII de Agosto MDXVIII.

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PROVISIONE

che sia lecito a ciascuna persona cosi ecclesiastica

come secolare habitante nelle Castelle, et Ville del contado di Bologna

pigliar le armi,

sonar le campane , et correre drieto alli banditi,

et delinquenti, et quelli pigliar,

ferirli, o amazarli

senza in corso di pena alcuna,

Et anchora sel fosse un bandito che amaazasse un altro bandito

sera cavato di bando.

Et non essendo bandito guadagnara quello che promette il statuto di Bologna.

Considerando l'Illustrissimo, ed Reverendissimo Monsignor Legato della città di Bologna che per le provisioni, et gride fatte, et publicate fino a quest' hora non si è trovato rimedio conveniente, a reprimere la temeritade de delinquenti, et banditi cosi nelle parti del piano del contado di Bologna, et massime in quel di San Giovanni in Porsiceto, ed altri luoghi come nelle montagne, de quali con non poca displicenza intende sua Signoria Illustrissima, et Reverendissima che di giorno, et di notte così li banditi capitalmente, et altri condannati come anchora altri huomini facinorosi, et rubbatori fanno frequentissime conventicole, et armate, et se ne vengono suso per il contado di Bologna, così nel territorio, et Castello di San Giovanni come in altri luoghi del piano et montagne predette, ed quivi con offensione de Iddio, et del prossimo cometteno homicidij assassinamenti, rapti, incendij, violenze, furti, ed altri enormi delitti in non poco carico del honore de Iddio, et di sua S. Illustrissima, et Reverendissima. Et per ciò essere cosa necessaria provedere a questi eccessi et che gli huomini da bene così nel detto contado, et luoghi possino stare, andare, et vivere sicuramente. Et che non sieno in pericolo che li sia tolta la robba, l' onore, e la vita, o fatto altro danno contra la giustizia. Et ancora considerando sua Illustrissima ed Reverendissima. B. che per le gride ultimamente fatte nella città di Bologna, che prometteno premio a chi contra li delinquenti insorge, par che resti raffrenata alquanto, la mala volontà di questi ribaldi, et sperando che il medesimo debba a venire nelle Castelle, et contado di Bologna, quando se gli dia qual che rimedio opportuno. Perciò per parte, et commandamento del prefatto Monsignor Illustrissimo et Reverendissimo Legato, et dalli Magnifici, et potenti Signori i Signori Antiani consoli, et Confalloniere di giustizia, et delli Mag. et Illu.mi S. Quaranta reformatori del stato della libertà della città di Bologna. Si fa bandire, et exspressamente notificare che intendono, et vogliono da hora in poi essere lecito a ciascuna persona Comune, Collegio, et universitade cosi ecclesiastica come seculare habitante nelle castelle, et ville del contado di Bologna, a notizia de quali venira li banditi, o altri delinquenti in armata, o per altro modo essere nel paese loro sonare le campane, a stremida, o per ogn' altro modo che a loro parerà buono, et convenevole fare noto, il caso, et coadunare persone con arme in quanto potrà maggior numero, et andare a trovare questi tali banditi, o altri delinquenti, ed quelli potendo pigliare vivi darli nelle mani di sua signoria Illustrissima, et Reverendissima, o del più propinquo ufficiale del contado dove si trovaranno, et non potendo pigliarli vivi ammazzarli, ferirli, ed infugarli come meglio potranno.

Stabiliscono anchora, et vogliono per meglio provedere a questo che al suono della prima stremida che sarà sentito, le Ville, et luoghi circunvicine prossimi intorno siano tenute, et così gli obligano a sonare le loro campane a stremita, et a coadunarsi con l' arme da offesa, et da diffesa alli passi, et alli luoghi dove possono capitare tali banditi et delinquenti, e quelli pigliare vivi, et dare nelle mani di sua Illustrissima, ed Reverendissima Signoria, o del più propinquo ufficiale come, è detto di sopra, et non li potendo pigliare vivi, amazzarli, et chi amazzara detti banditi egli sarà cavato di bando senza alcuna spesa. Et non essendo bandito quello che amazzara, tal bandito, o vero banditi guadagnerà quella forma de denari che permette il statuto di Bologna, et non altro.

Dechiarando che qualunque si retroverà in compagnia de detti banditi che non sia bandito se sarà preso, o morto non si farà inquisizione alcuna di questo, et sarà ben morto, et preso come quello che per il conversare con banditi s'intenderà caduto nelli medesmi bandi, et pene che essi banditi.

Et in oltre per animare tutti gli habitanti delle Castelle, ed ville del contado di Bologna a questa santa opera per il bene commune, et pacifico vivere. Si notifica che tutti quelli che se affatticarrano. et faranno frutto, saranno riconosciuti, et rispetati in ogni loro occorrenza, come buoni figliuoli di santa Romana Chiesia e amatori del pacifico stato di questa Magnifica Cittade, et contado di Bologna.

Ioanhes Cardinalis Morbonus Legatus

Ulisses Gozadinus Vexillifer Iustitiae

Publicata in Bologna alli XXI Giugno MDXLVIII.

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(2) Luigi Ferdinando Marsili

Sul conto di quest'uomo illustre ne fu parlato diffusamente nella via Centotrecento. I superstiti di lui sono molto ricchi e fra le preziose loro proprietà contano quindici preziosissime lettere autografe del sommo Galileo Galilei dirette a Cesare Marsili che fu uomo distintissimo, e versato nelle scienze astronomiche. L'egregio sig. Lorenzo Piella per cortesia senza pari offrivaci copia di varie lettere dell' immortale Benedetto XIV che a suo tempo inseriremo in questa pubblicazione; avremmo desiderato veder ripetuta tal cortesia dai fortunati posessori di quelle, ma cosi non fu dacchè neppur valse l' interposto grazioso del sig. Marchese Prospero Marsili a deciderli in favor nostro, per cui non ci rimane che di semplicemente ricordare sì tanta preziosa ed unica raccolta, trovarsi tuttora conservata nella nostra illustre Città.

(3) Nota sul Palazzo Legnani.

Ora appartiene al marchese Luigi Pizzardi che l'ha signorilmente rifabbricato ed in guisa da meritare di essere annoverato fra i più sontuosi palagi di questa nobilissima Città. Debbonsi molte lodi all'architetto sig. Zannoni che attese con somma perizia e attività al suo più rapido ristauramento per cui lo vedemmo innalzato quasi per incanto. Desidereremmo soltanto che al fianco di detta via fosse posta una lapide che ricordasse la storica rinomanza di questo superbo edifizio siccome ci auguriamo che nella parte sua posteriore, dal nobile proprietario venga rimessa nell' ordine suo primitivo quell'adiacenza in cui morì il sommo Guido Reni. (nota smentita più avanti nello stesso articolo di Strada San Mamolo, cosa non evidenziata dal Breventani).