Sette Chiese di Santo Stefano

Cartigli

Antico complesso di chiese, sorto fin dal IV-V secolo su un tempio pagano dedicato a Iside. Attualmente si conservano la Chiesa del Crocefisso (XI secolo) con cripta e all'interno dipinti di Simone de' Crocifissi, P. F. Cittadini, T. Muratori e Deposizione in cartapesta di A. G. Piò; quella del Santo Sepolcro, riedificata nel XII secolo, con al centro tempietto contenente le reliquie di San Petronio e quella dei Ss. Vitale e Agricola (XI secolo). Nel cosiddetto cortile di Pilato vasca marmorea del secolo VIII; suggestivo il chiostro romanico.

Indirizzo:

via Santo Stefano, 22

Guidicini

Dell' antichissima chiesa di Santo Stefano non si ha alcuna memoria in rapporto alla sua fondazione.

Nel 1631 restaurandosi l' antichissimo altare di S. Giacomo apostolo della chiesa de' SS. Pietro e Paolo annessa a Santo Stefano, fu trovata una lamina di piombo sulle reliquie di detto altare, nella quale era scritto che questo tempio era stato consacrato da Sant'Ambrogio. Servì di residenza ai Vescovi, ma essendo fuori del primo recinto della città, ed essendo stata devastata dagli Ungari nell'anno 903, il vescovo Frugerio nel 1019 piantò una nuova cattedrale dedicata a S.Pietro dentro la città, e vi stabilì la sua residenza. Se realmente la causa del traslocamento della Sede Vescovile accadde a motivo della devastazione succitata, non si sa in qual chiesa celebrassero i divini uffici e dove abitassero i nostri Vescovi dal 903 al 1019, e cioè per il corso di 106 anni.

Il catino, detto volgarmente di Pilato, fu fatto da Barbatus Vescovo di Bologna, che visse al tempo in cui Luitprando Re dei Longobardi ebbe associato al regno Ildebrando, e cioè circa il 740. Teodoro IIl, il XXXVI Vescovo di Bologna, che viveva circa l' anno 824, avea Episcopium, cioè casa, in Ravenna, per comodo ed abitazione sua quando si portava al Sinodo in quella metropolitana. Questi trasportò a Bologna una cassa fatta per gli Arcivescovi di Ravenna, ed è forse quella dove si veggono incise le armi degli Orsi, che possono essere state intagliale dopo, la qual cassa si vede collocata esternamente contro la cappella di Santa Giuliana in Santo Stefano, e che certamente è lavoro di quegli antichi tempi. Potrebbe congetturarsi che fosse l'altra in cui sono le armi dei Bertuccini, posta sotto il portico della chiesa di S.Pietro in Santo Stefano, ma questa è lavoro di tempi posteriori. L'Oretti pretende che abbia servito di sarcofago a Ruffo Patricio, e che Teodoro che l'avea fatta trasportare per esservi sepolto, prevenuto dalla morte, non lo fu, e rimasta fuori di chiesa servisse poi dopo vari secoli per tumolo della famiglia Orsi.

Nel 997 si cominciano a trovare gli abbati di Santo Stefano. Giovanni III, Vescovo di Bologna, investì Martino, abbate di Santo Stefano, di alcuni beni alla Quaderna. Rogito Leone.

Nel 1095 vi erano due Vescovi, uno cattolico, l'altro scismatico. Il primo risiedeva in Santo Stefano, perché Bernardo Vescovo cattolico fu quivi sepolto nel 1104; l'altro stava in S. Pietro, e la rocca imperiale che vi era vicina, manteneva probabilmente il scismatico nella cattedrale. Nella cappella Bolognini vi è l' epitaffio del nostro Vescovo Bernardo, sotto il cui governo terminò lo scisma che per vari anni afflisse la chiesa bolognese. Papa Urbano indirizzò ai cattolici del clero bolognese una lettera datata da Pavia li 19 settembre 1095 raccomandandogli il vescovo Bernardo. Nel 1073 Gregorio VII confermando a Lamberto, Vescovo di Bologna, i diritti della sua chiesa, dice: Similiter concedimus monasterium Sancti Stephani, qui vocatur est Jerusalem quod Dominus Petronius edificavit ad usum ejusdem Ecclesia, et cum mercato S. Joannis Baptistae ibique tenente. Ved. Cod. Diplom. Cod. 84 N. XIIII.

L'ospedale di Santo Stefano esisteva li 13 marzo 1108, nel qual giorno Bernardo notaro stipulò nell'ospizio di Santo Stefano la promessa di Gherardo e di Pietro, figli di Azzone, di difendere i beni di S.Romano, che erano situati dal Po di sopra in tutto il contado di Bologna, e quelli di sotto Po nel territorio di Ferrara . L' atto trovavasi nell'archivio di S. Francesco. Nel 1354 era Rettore di quest'ospedale Delfino di F. Benno Gozzadini, fatto decapitare in detto anno dall'Oleggio, il quale tolse quest'ospedale ai Gozzadini. Il Masini dice che sembra esistesse nel secolo XI un ospedale di Santo Stefano, il quale nel 1300 era fornito di averi, e che fu posseduto da Tordino Beccadeili, da Fulcirolo Gozzadini, da Mino Natale di Bornio Samaritani, e che poi cessò di esistere.

Nell'archivio del capitolo di S. Pietro vi è un istrumento che tratta di un accordo ed accomodamento seguito nel 1186 fra Giovanni vescovo di Bologna ed il Capitolo, presente Riniero abbate di Santo Stefano.

Nel 1308 fu unita a Santo Stefano la badia di S. Bartolomeo di Musiano, dove stavano i Benedettini, già fondata nel 995.

A S. Bartolomeo di Musiano eran stati uccisi due abbati. Si trova che il vescovo aveva implorato il braccio secolare per farsi ubbidire dall'abbate e monaci di S. Bartolomeo. Risulta poi la predetta unione delle due abbazie nel libro dei Memoriali, dove si trova un contratto fatto dai monaci di Musiano per pigliar denari onde sostenere la lite contro questa unione, ma dovettero sottomettersi.

Nel 1180 un monaco anonimo di Santo Stefano scrisse una cronaca che conservasi nella biblioteca dell'Istituto e che fu tenuta in nessun conto dai Maurini. Da questa vengono tutte le notizie che narransi sul conto di S.Petronio.

Li 4 ottobre 1141 fu trovato in Santo Stefano, nella così detta chiesa del Calvario, il corpo di S.Petronio morto circa il 450, e ricordato da Gennadio che viveva quarant' anni dopo la morte di detto Santo. La provisione per la festa di S. Petronio e di Sant' Ambrogio è delli 15 settembre 1301.

1355, 26 gennaio. Lorenzo di Gherardo Paleotti lasciò L.50 da spendersi ad onore di S. Petronio protettore e difensore della città di Bologna, facendo un tabernacolo, per porvì la reliquia di detto Santo, come pure L.25 da spendersi in fabbricare una truna sopra I'altar maggiore di Santo Stefano. Rogito Bombologno di Giacomo d' Antonio Vannuzzi.

1573. Risulta dalla visita di mons. Ascanio Marchesino, Vescovo Maiorense deputato da Gregorio XIlI, suo visitatore in questa città e diocesi, essendo vescovo di Bologna il cardinale Paleotto, come risulta da suo proclama delli 24 agosto 1573, che visitata la chiesa del Santo Sepolcro in Santo Stefano, dove dal lato destro di detto sepolcro evvi un altare che si dice di S. Petronio, dotato dal fu conte Nicolò Sanuti di Bologna, il quale lasciò eredi i conventi di S. Domenico, S. Francesco, S. Procolo, e S. Salvatore, gravandoli della celebrazione di una messa quotidiana al detto altare, che l' Altare est lapideum non consacratum cum suo viatico, et cum ycona antiqua, nec sit ad modum ornatum, careactquae cruce ecc. mandavit exiberi testamentum dicti Nicolai.

Il tabernacolo che conteneva la testa del Santo Vescovo fu fatto nel 1380 da Giacomo detto Roseto da Bologna.

Fra i monaci che hanno uffiziato questa chiesa si contano i Basiliani, poi i Cassinensi.

Ridotta l' abbazia a commenda vi vennero i Celestini nel 1409.

Nel secolo XIV, in occasione di rimuovere la cassa o sepolcro di Sanl'Isidoro si scoperse un altro tumulo, nel quale per ogni parte vi era inciso il nome di Symon, e conteneva un cadavere senza lesta, che dal volgo fu creduto per quello del principe degli Apostoli, per lo che fu si grande il concorso del popolo, che Eugenio IV ordinò che si dirocassero le volte della chiesa, si riempisse di terra e si murassero le porte. Rimasta in tale stato la chiesa detta di S. Pietro per 62 anni, fu riaperta sotto il pontificato di Alessandro VI per intercessione del Cardinale Giuliano della Rovere, commendatore di Santo Stefano, che fu poi Papa Giulio II.

I Vescovi di Bologna quando prendevano possesso di questa sede entravano processionalmente por porta Santo Stefano, visitavano la chiesa dedicata a questo Santo, poi passavano a quella di S. Pietro. Pare che questa cerimonia cessasse quando l' abbazia fu fatta commenda. In seguito il vescovo entrava per la suddetta porta andando direttamente a S. Pietro.

L'ultimo fu il Cardinale Gabrielle Paleotti.

Giovanni Stefano Ferreri fece il suo ingresso per porta S. Felice li 27 febbraio 1503, ma il di lui esempio non è stato imitato da alcuno de' suoi successori.

La chiesa di Santo Stefano vien divisa in sette, o cioè:

1. SS. Trinità.

2. Atrio di Pilato.

3. Confessi.

4. Calvario, creduto da alcuni l' antico Batistero.

5. SS. Pietro e Paolo, che fu la vescovile.

6. S. Gio. Battista di sotto, detta anche della Maddalena.

7. S. Gio. Battista di sopra, ora detta del Crocefìsso, che ha la facciata sulla piazza, e che volgarmente vien detta la chiesa grande, la quale si stava rifabbricando a spese del Senato li 3 luglio 1041, col progetto di collocarvi le Sante Reliquie, ma che non fu mai portata a compimento.

Le compagnie dei Lombardi e dei Toschi vi avevano le loro residenze. La prima ebbe origine da .50 famiglie fuggite dalla Lombardia in causa delle fazioni Guelfe e Ghibelline e delle barbarie di Federico I Barbarossa. Il Consiglio di Bologna le accolse ed assegnò loro nel 1162 suolo in città per fabbricarvi case, e donò pur terreni nelle valli d'Altedo e di Minerbio per coltivarli. Formarono esse una compagnia militare che serviva a proprie spese sotto le insegne della città, ma ebbero il particolare loro stendardo, che era di color rosso con sopra appostovi l'emblema della Giustizia avente spada nuda in mano.

Nel 1222 questa compagnia concorse a far la guerra contro gli Imolesi, nella quale si distinse in sì particolar modo che gli fu fatto dono delle chiavi di quella città per conservarle nella loro residenza come un trofeo di valore. Questa compagnia si radunava vicino alla basilica di Santo Stefano, ma cedette il luogo ai monaci il primo giugno 1445, come ci viene tramandato da un rogito di Lorenzo del fu Girolamo Cattanei, del seguente tenore:

"La società dei Lombardi aveva qui la sua casa da 300 anni circa, quando l'abbate di Santo Stefano e di S. Bartolomeo di Musiano, D. Giacomo Battagli, desiderò di fabbricare un ospedale dedicato a S. Bono (non Bovo) e chiese agli uomini della detta società questa casa e luogo per costruirlo in volto: alla quale inchiesta condiscesero i Lombardi. Perciò sotto la data del primo giugno 1445, Monte di Zarlottino Mandici massaro, ed altri della predetta compagnia stipularono la cessione di detto stabile all'abbate, per demolirlo e per costruirvi il detto ospedale, mentre l' abbate si obbligò di costruire sopra le volte dell' ospedale una sala alta piedi 10, lunga piedi 20 e larga quasi altrettanto, con finestra ecc., e di far costruire una scala di pietra, per montare alla sala predetta, fuori della chiesa di Santo Stefano in luogo comodo e coperto, per le quali cose la società promise pagare all'abbate L. 50 di Bolognini."

La scala suddetta è dentro la porta della casa N. 853 della via Santa, o di Gerusalemme.

L' ospedale di S.Bono, detto dal volgo S.Bovo, fu ridotto a chiesa dedicata alla B. Vergine di Loreto. Quest' ospedale esisteva molto prima, e sicuramente nel 1416. (Vedi il N. 94, casa dei Bolognini).

Nel 1552 il titolo de' SS. Giacomo e Filippo fu traslocato nella chiesa della Madonna di Loreto presso Santo Stefano. Rogito Lorenzo Cattaneo.

Dicesi che i Lombardi compilassero i loro statuti nel 1291 mentre erano sapienti Fabiano Casali, Salimbene Lodi, Nicola Ammoriti, Nicola di Filippo Beninvenga da Casola, Pizzacarino Marescalco, Lanzelotto di Guidone Taruffi e Ottone Buonapace. Era governata da un massaro, da quattro ministrali, da un sindaco, da un depositario, ai quali era aggiunto un notaro, oltre sei sapienti, o consiglieri del buon governo. La seconda era perimenti compagnia militare, ma di essa non si ba notizia precisa della sua origine.

Nel 1233 si diede un Codice statutario, nel qual anno possedeva beni, come risulta da un rogito di Simone Boccalli.

Li 11 ottobre 1444 l'abbate di Santo Stefano concesse una stanza sopra il pulpito nell'ingresso della chiesa ov'è l'altare di S. Gio. Battista, agli uomini della compagnia dei Toschi per la loro residenza, mediante lo sborso di L. 50 di bolognini. Rogito Filippo Formaglini. Nel 1602, nel chiostro vicino alla torre a destra dell'uscita e accanto alla porta che metteva nel cortile del foro, alla profondità di sette piedi si trovò una lapide che portava la data del 1216, e indicava tre sepolcri per la detta società.

Rovinò il luogo ove teneva le sue adunanze, a cui fu supplito dai De Bianchi che gli donarono una stanza che fu ornata a speso di Floriano Dolfì. Aveva a protettore S. Gio. Battista, e per insegna il giglio d'oro in campo d'argento, stemma della repubblica fiorentina. Eleggeva un massaro, quattro ministrali, un sindaco ed un notaio. Sussistevano queste due compagnie anche nel 1796, ma composte di famiglie che quasi nessuna aveva origine lombarda e toscana, ma scelte però fra antiche nobili e civili famiglie bolognesi. Furono sciolte dopo la suddetta data, poi riattivato in seguito del ristabilimento del governo pontifìcio. Il monastero fu soppresso li 27 marzo 1797, e li 25 aprile susseguente furon destinati a custodi di questo Santuario i Padri Minori Francescani dell'Osservanza. Li 4 luglio dell' anno stesso, in un appartamento di questo monastero, si tenne la prima seduta della Commissione economica dei beni di corporazioni, succeduta alla Giunta dei regolari.

L'abbazia fu soppressa li 12 giugno 1798, i cui beni erano stati affittati in perpetuo al Senato nel 1703 per annui scudi 3100.

Il monastero, meno alcune parti a comodo della chiesa e del cappellano custode, fu venduto li 10 maggio 1799 a Giuseppe Borgognoni, come da rogito di Luigi Aldini. L'orto ed alcuni cameroni furon comprati, a rogito Felicori, dal principe Astorre Ercolani nel 1814, che li unì al palazzo in Strada Stefano, passato in seguito al marchese Davia.