Via Volte dei Pollaroli, dal IV volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

La via Volte dei Pollaroli comincia dal Cantone dei Fiori e termina nei Vetturini.

La sua lunghezza è di pertiche 35. 1. 6. La superficie è di 75. 91. 6. per conto della Comune, e 43. 83. 2 del Governo.

Questa strada si disse Piazza Nuova degli Ortolani, Piazza Imperiale, Volte dei Pollaroli e Via della Dogana Nuova. Queste varie denominazioni le ha avute per i diversi usi ai quali ha servito, e per altre cause, che si vedranno in appresso.

Ignorasi come questa strada fosse denominata prima del 1496; ma sappiamo che lungo il fianco del Palazzo pubblico in alcuni luoghi non era più larga di Piedi 6.

Addì 7 giugno 1491, i Riformatori decretarono di aprire una strada che dalla volta dei Barbari in strada S. Felice comunicasse direttamente col Mercato di Mezzo, al qual effetto deputarono Andrea Grati, e Giovanni Marsigli, rivestendoli delle più ampie facoltà per l’esecuzione di questo Decreto, e specialmente per concedere ai privati pubblico suolo, e per comprare dai medesimi secondo il bisogno. Passarono più di cinque anni senza aver messo mano al lavoro quando si confermò il decreto con deliberazione delli 26 agosto 1496, col quale si volle una Piazza di fianco al Palazzo dalla parte del giardino e la riconferma dei due deputati Grati e Marsili.

Gli atterramenti degli stabili si cominciarono dalla via che imboccava direttamente quella ora detta del Cantone dei Fiorì che conduce a S. Pietro, e cioè dalla casa di Ambrogio de' Lodi calzolaio proseguita fino a quelle dei da Moglio dalla Volta dei Barbari.

Nel maggio e giugno 1497 si atterrò dal cantone della casa detta da Moglio sino alla Saliciata di S. Francesco, comprendendovi gli stabili delle Suore di S. Gervasio, di Filippo de’ Savi medico, e degli Aldrovandi.

Gli orti dei conti Bruscolo (Battisasso) e dei Mezzovillani (via Calcavinazzi) furono levati, o separati dalle case rispettive e soffersero quelle di Filippo Savi medico nonchè quelle degli Aldrovandi.

Il 23 giugno 1503 furon pagate dal Reggimento ad Alberto conte di Bruscolo lire 400 per certa parte di sua casa data per l’apertura della strada di S. Felice.

1507 21 Luglio. Per l’ apertura della via dei Vetturini Bonaparte di Giorgio Ghisilieri, soffrì grave danno in una sua casa, posta, parte in Cappella S. Prospero, parte in S. Sebastiano presso la Via pubblica da tre lati presso i Dondini e gli furono accordati in compenso scudi 500 d’ oro.

La Chiesa di S. Bartolomeo di Palazzo l’ antichissima torre dei Nappi vicino a detta chiesa, la casa d’Alberto Parisi segretario del Reggimento, e molte altre case di poco conto furono in tutto o in parte demolite.

Nella strada Mercato di Mezzo furono gettati a terra tutti i portici di legno che l’ingombravano, e il Procuratore Causidico, Alessandro Bottrigarl, diede miglior forma al prospetto della sua casa in faccia a S. Michele del Mercato di Mezzo.

Nel 1499 fu selciata la Piazza Nuova lungo il muro del giardino del palazzo pubblico, ed in luglio e agosto fu fabbricato il portico uniforme dal Cantone dei Fiori fino a Ghirlanda alla via detta Fieno e Paglia di egual altezza del primo, ma alcun poco differente di costruzione.

Li 3 settembre dell’ anno stesso si murarono certi terrafitti di macigno alla distanza di piedi 18 dal suddetto muro, i quali circoscrivevano il posto dove si vendevano gli erbaggi dagli ortolani, che vi si stabilirono il giorno 15 del detto mese di settembre, e perciò la Piazza si cominciò a dire dal volgo Piazza degli Ortolani.

Mino Rossi, e Girolomo Sampieri del Reggimento stabilirono che la larghezza della Nuova Piazza delle Erbe, dovesse cominciare dal muro del Palazzo degli Anziani fino al muro delle botteghe di mastro Ambrogio del fu Sebastiano de Laude (da Lodi) calzolaro, di Girolamo e fratelli, figli di Tommaso Grengoli, degli eredi di Antonio da Brigola, e che la lunghezza di detta Piazza cominciasse dalla strada che conduce a S. Pietro fino a quella di Fieno e Paglia. Il Capitolo di S. Petronio proprietario del Dazio della piazza pretese che i conduttori delle suindicate botteghe fossero obbligati di pagare anch'essi il dazio, questione che fu terminata mediante transazione dei 14 ottobre 1503 a rogito di Pietro Rabusini, per la quale furono esentati dal dazio i possidenti e magazzini sotto il portico dei Pollaroli, non che le botteghe, e posteggianti sotto il portico medesimo, autorizzando i proprietari di proibire ai pollaroli e trecoli di far fuoco sotto il portico medesimo e di apporvi stuoie, che impedissero il prospetto delle botteghe predette.

1498 26 Ottobre. Un rogito di Salvatore da Rigosa, assegna a Girolomo del fu Filippo Marescalchi della parrocchia di S. Sebastiano il prezzo della casa da lui venduta per costruire in retta linea la via di S. Felice.

Li 23 giugno 1503 furon pagate lire 400 ad Alberto conte di Bruscolo per certa parte posteriore di sua casa, data per l’ apertura della strada S. Felice, e il 21 luglio 1507 furon accordati scudi 500 ossia ducati d’ oro a Bonaparte di Giorgio Ghisilieri per aver sofferto grave danno una sua casa posta , parte in capella di S. Prospero e parte in quella di S. Sebastiano presso la via da tre lati ed i Dondini dall’ altro.

Quando del 1530 venne a Bologna Carlo V per esservi coronato Imperatore, piacevagli durante il suo soggiorno in questa città, di passeggiare lunghesso questa Piazza e la via Nuova di S. Felice, cosi detta la strada che ora diciamo dei Vetturini, perciò il Senato nel 1531 decretò che fosse chiamata via Imperiale, quella strada che dal Cantone dei Fiori va fino all’ Ospitaletto di S. Francesco.

Premesse queste generali notizie noteremo che atterrando la casa d’Ambrogio da Lodi si trovarono molti gessi lunghi piedi 4, grossi piedi 2, ed altri oncie 9, e sotto di questi, molti macigni di piedi 4 e once 8, grossi piedi 2 ed anche once 19, che inoltre sotto dei medesimi per la lunghezza di piedi 4 si trovò un condotto di piombo del diametro nel suo vuoto di once 3, il quale pesava libbre 15 per piede.

Via del Volto dei Pollaroli a destra entrandovi per il Cantone dei Fiori.

Dicesi che i primi tre archi di portico siano costrutti su di una casa dei Seta. Ultimamente fu del segretario Zanetti Faloppia, poi Rinieri che fabbricò la facciata, e il portico, che ha servito di modello al detto portico della Dogana Vecchia fino al vicolo Oleari. L’ antico portico era di due diverse costruzioni. Dall’angolo della Piazza alla metà dell‘arco sovrastante di Ghirlanda era a colonne, e dalla metà di detto arco fino alla via Oleari era a due mezze colonne appoggiate ad un pilastro con archi che seguitavano rotondi come la mezza colonna sopra la sua rastremazione.

Il quarto arco di questo portico cominciando dal Cantone dei Fiori dà comunicazione alla piazzetta dei santi Ippolito, poi di S. Barbara, che fu parrocchiale, sotto della quale vi abitò ai suoi giorni la nobilissima famiglia dei Caccianemici dell’ Orso da non confondersi coi Caccianemicci piccoli, che già si dissero dei Landolfi, nè coi Caccianemici della famiglia Senatoria, che si chiamavano degli Oddaldi, e finalmente cogli Orsi, che sempre si trovano detti de’ Ursis, e non de Urso.

Il primo ascendente dei Caccianemici dell’ Orso fu un Gerardo d’ Aginulfo signore del Castel di Galliera marito di Gisaltruda che è ricordato in un rogito dell’ abbadia di S. Stefano 20 novembre 997, rogato da Martino notaro.

Nell’ archivio di S. Salvatore vi è un atto del 1138 in cui si legge: - Concedimus tibi Alberto, qui dicitur de Urso filio Alberti, de Urso. - Iacopo d’ Alberto d’ Alberto d’ Orso ebbe due figli uno de‘ quali per nome Caccianemico. Nell’archivio delle suore di S. Agnese vi era un istituto dotale del 1232 in cui si leggeva: - Caccianimicus quondam D. Iacobi, Alberti de Urso recipit pro filio suo Gruamonte. Li discendenti di questo Caccianemico cominciarono a dirsi di Caccianemico, d’ Alberto, d’ Orso, poi per brevità di Caccianemico e d’ Orso, e poscia col tempo Caccianemici dell’ Orso cognome che fu communicato anche alla discendenza del fratello del suddetto Caccianemico.

Gerardo o Geraldo d’ Alberto, di Orso detto Tignoso, di Giovanni detto Bolnese di Gerardo d’ Aginulfo, fu cardinale prete del titolo di S. Croce creato da Onorio II. Fu Bibliotecario, e Cancelliero di S. Chiesa. Fu eletto papa nel 1144 col nome di Lucio II; tenne il Pontificato ll mesi, e morì il 26 febbraio 1145 chiamato dai scrittori Gerardo Caccianemici facendo una Prolepsis, perchè a quei giorni non esisteva simile cognome.

Il detto Pontefice lasciò i suoi beni del Bolognese ai canonici di S. M. di Reno. Presso la terra del Vergato si conserva la memoria di lui per un prato detto di Lucio, ma dal volgo detto del Luzzo, e nella chiesa del Vergato fino alla metà del secolo XVI fu conservata una pianeta colle armi di questo Pontefice da lui regalata a quella parrocchia.

1278 11 Settembre. Imelde vedova di Gruamonte di Guido Caccianemici vendette a Tommasina madre di Alberto di Novello Caccianemici una casa sotto S. Ippolito con torre e cortile. Rogito d’ Ugozzone Vernozza.

Le case dei Caccianemici dell’ Orso corrispondevano al luogo dove sono le botteghe subito passato l’ arco del portico che comunica colla piazzetta di S. Barbara e in appoggio di ciò si cita un contratto dei 6 maggio 1371 a rogito di Graziano Lambertini da Castel Franco, col quale Giacomo di Lambertino di Rainiero Caccianemici affitta per annue L. 50 a Conoscente di Cevenino d’ Alberto Conoscenti, alcune case con torrazzo poste in Bologna sotto la parecchia di S. Ippolito in confine di Francesco Caccianemici, a sera di vie pubbliche da due lati, e del cortile dei Caccianemici, che sembra probabile potesse essere la Piazzetta di S. Barbara.

La chiesa di S. Bartolomeo di Palazzo era nell’angolo del vicolo di Ghirlanda, e sembra in quello a levante. L’apertura di Ghirlanda corrisponde al tredicesimo arco del portico cominciando dal Cantone dei Fiori e siccome vicino alla medesima vi era la torre detta dei Nappi, a tempo dell’ allargamento di questa contrada, non è improbabile, che la torre avesse appartenuto alle antiche case dei Caccianemici. Questa chiesa fu traslocata nell’ angolo della Piazza Nuova colla Via Oleari rimpetto al Torrone ed edificata sul suolo dei Ticinali alias Canobbi dove fu poi la Dogana.

L’ antica Dogana per le merci che trovavasi in strada Castiglione di dietro al Palazzo Sampieri riconosciuta per ristretta ed incomoda, determinò i Sindaci della Gabella grossa a scegliere questa situazione come più centrale per costruire dalle fondamenta una nuova Dogana. - Fino dal primo febbraio al 12 maggio 1561 era stata soppressa , ed unita a S. Martino delle Bollette la chiesa parrocchiale di S. Bartolomeo di Palazzo come da rogito Silvestro Focchini e Cesare Beliossi.

1572, 14 Maggio. Promissione concorde del Rettore di S. Bartolomeo di Palazzo e di S. Martino di concedere in conto perpetuo ai Sindaci della Gabella Grossa il suolo della chiesa di S. Bartolomeo e cioè, pertiche 6 piedi 38 di terreno gli edifizi, chiesa, case, stanze, buse, portico ecc, posti in Piazza Nova. Confinava l’edifizio e orto condotti per detti Sindaci d'Alessandro Gandolfi i Coltellini la piazza Nuova rincontro al Torrone, ed altri beni condotti da detti Sindaci da Dialta Dall’ Oro, e Florapace Marescotti, successori dei Brigoli, obbligandosi di pagare al detto Rettore annue lire 200, rogito Clearco Achillini.

1572 14 Maggio. Concessione d’ Annibale Dall’ Oro qual padre di Dialta e Costanza eredi di Agostino Brigoli e di Galeazzo Marescotti marito di Fiorapace figlia del fu Antonio Brigoli erede di Nicolò Brigoli fatta ai Sindaci della Gabella del suolo terreno, ed edifici spettanti alle dette Dialta, Costanza e Fiorapace e cioè pertiche 13 piedi 86 posto in Bologna sotto S. Bartolomeo di Palazzo, confinante i beni e l’ orto dì Alessandro Gandolfi, la Piazzola Nuova rimpetto al Torrone, i beni di detta chiesa, e ciò in censo perpetuo, e per annuo affitto di lire 800, rogito Clearco Achillini.

Un rogito di Virgilio Gambalunga dei 6 agosto 1528 descrive nel modo seguente lo stabile del Gandolfi.

"Casa grande, ed una piccola di Bartolomeo e Stefano del fu Alessandro Gandolfi poste sotto S. Sebastiano in confine di pubbliche strade da due lati, degli eredi del fu Giberto Pii (o Pisi), da mattina della chiesa di S. Bartolomeo, e del conte Casio di Nicolò Brigoli da mezzodì, di Bartolomeo Mancino, e di Andrea pittore di Modena, mediante certa strada a ponente".

1574 6 Luglio. Concessione in censo fatta da Filippo Carlo Ghisilieri ai Sindaci della Gabella di pertiche 23 piedi 78 terreno con edifizi di stalla, corte ecc. Confinava la via pubblica rimpetto ai Castelli (Pietrafitta) da settentrione,la casa del capitano Marcantonio Malvezzi da mattina, la fabbrica di detta Gabella a ponente, e la casa di Michelangelo Sacchi da mattina. Per annuo censo lire 637 10, rogito Clearco Achillini.

Per i suenunciati contratti i Sindaci della Gabella Grossa pagavano annue lire 2787. 10 di censi, che col tempo furono francati.

La fabbrica della nuova Dogana secondo l’espressione in rapporto ai con fini dello stabile Ghisilieri era incominciata il 6 luglio 1574. L’ Architetto fu Domenico Tibaldi.

Il 16 marzo 1573 in prevenzione delle stipulazioni delle compre dei suddetti stabili era stato concesso al Collegio dei dottori, che per far il muro di piedi 59 in Pietrafitta cominciando dalla stalla del senatore Filippo Carlo Ghisilieri fino all’ angolo della via Oleari potesse prendere il suolo pubblico, che cadesse dentro la linea retta, e cioè di once 6 dalla parte del Ghisilieri, e di 18 nell’ angolo della predetta via Oleari. Parimenti dalla parte occidentale, e cioè dall’ angolo della detta via Oleari andando verso il torrazzo del Torrone tanto suolo quanto potesse capire dentro la linea retta per la lunghezza di pìedi 28 e cioè dalla parte superiore once 10, e nella inferiore dalla parte dell’ angolo 14 e levar il portico esistente in detta via Fieno, e Paglia.

Quantunque la fabbrica non fosse, neppure in appresso mai finita pure il 10 giugno 1575 cominciò a servire di deposito per le merci, ma i Gabelieri non vi presero posto che il 9 maggio 1576.

1622 24 Settembre. I Sindaci della Gabella comprarono da Orazio del fu Giuseppe Felice Ticinali alias Canobbi, le ragioni sull’enfiteusi del suolo, e terreno della chiesa di S. Bartolomeo di Palazzo per lire 1225 a rogito Innocenzo Costa.

Dentro la Dogana eravi una capella dedicata a S. M. della Presentazione che fu profanata nel 1798 per ridurla a magazzeno di sale.

Nel 1801 19 giugno la Dogana fu trasportata nel convento di S. Francesco. Il 18 ottobre 1806 questo locale fu provvisoriamente concesso per quartiere generale alla Guardia nazionale obbligata ad evacuare quello dei Servi destinato ad altro uso.

La fronte di questo edifizio verso questa strada è di piedi 78, e dalla parte di Pietrafitta di 142, e il fianco sulla via Oleari 131. Ora appartiene a figli del fu Mattei, il quale li 8 febbraio 1815 cominciò delle riparazioni verso ponente, e li 10 aprile anno stesso ridusse a bottega, porzione del loggiato d’ingresso a detta Dogana corrispondente all’antipenultimo arco del portico andando verso i Vetturini.

Finalmente si ricorda che negli anni 1824 e 1825 fu uniformemente ridotto tutto questo portico levando le botteghe, che l’ingombravano dalla parte della strada. È composto di 22 archi.

Via delle volte dei Pollaroli, a sinistra entrandovi dal Cantone dei Fiori.

Le botteghe addossate al muro del palazzo pubblico furono cominciate nel 1679.

L’ elegante fontana fatta nel 1565 che era alimentata dall’ acqua di quella del Nettuno, dove stavano acquaroli, che fornivano detta acqua al vicinato privo di pozzi salubri, e che ne vendevano anche per la città fu risarcita nel 1755, ma ora è guasta, e negletta.

In faccia la Dogana vi era una capella dedicata alla Santissima Croce detta dei Carcerati o S. M. delle Carceri eretta nel 1746 ove fu celebrata la prima messa li 14 febbraio di detto anno a comodo dei detenuti delle così dette Furbare. Fu essa distrutta nella parte esterna, e ridotta a carcere per le Donne nell’ interno all’ occasione dell’ universale risarcimento avuto luogo in questo locale. Nel 1807 e 1808 fuvvi costrutto un oratorio interno che suppliva alla capella distrutta nel 1798.

Dov’ è il torrazzo delle carceri vi stavano nel 1250 i Tebaldi. Le furbare che erano nel palazzo del Podestà essendo state riconosciute per insalubri furono quì trasportate li 10 novembre 1714.

Dicesi però che le altre carceri nel 1830 furon distrutte d’ ordine del Legato Bernetti.

Aggiunte.

1373 19 Ottobre. Nicolò Predalbini nel suo ultimo testamento proibì l’ alienazione di una sua casa posta in Capella di S. Bartolomeo di Palazzo presso la via pubblica presso certa casa, che serviva per la famiglia del Cardinale. Rogito Graziano Lambertini.