Franklin Delano Roosvelt (Piazza)

Piazza Franklin Delano Roosvelt.

Delimitata a sud da via IV Novembre, a est da via Venezian, a ovest e a nord da due palazzi tra i quali confluisce via della Zecca.

Quartiere Saragozza.

Prima documentazione dell'odonimo: 1945.

Piazza di recentissima formazione, essendo stata ricavata dalla demolizione di un interno isolato effettuata tra il 1933 ed il 1935.

La demolizione fece scomparire anche una viuzza il cui imbocco era sull'attuale via G.Giacomo Venezian (già via o piazzola del Carbone) esattamente di fronte al centrale dei tre torrioni sul lato occidentale del Palazzo Comunale. Tale viuzza, dopo circa 65 metri, girava a sud, costeggiando il Palazzo dall'Armi e finendo in un piccolo piazzale di fronte al Palazzo Caprara.

In questa via era la chiesa parrocchiale di Sant'Antonino, antichissima, documentata già nel 1197 (ASB, S.Salvatore, 25/2472, n. 28).

Lo Zanti descrisse questa via che andava dal Fieno della Paglia (altro nome della Piazzola del Carbone, ora via Venezian) a Porta Nova (ora via IV Novembre) e la chiamò Peladuro di Porta Nova.

La specificazione "di Porta Nova" era necessaria per distinguerlo dall'altro Peladuro nel Mercato di Mezzo (vedi Galleria Acquaderni). Il peladuro (pladur in lingua bolognese), o pellatoio in italiano, è un luogo dove i maiali vengono macellati.

La torre del palazzo comunale era nota fin dal 1441 come Torre del Pellatoio.

Per quanto riguarda la posizione del Pellatoio, il Guidicini scrisse che era al numero 1254, sul lato destro di via delle Banzole entrando da via della Asse.

Il Prontuario però mise i numeri dal 1252 al 1255 sul lato opposto al 1258 che era la chiesa di Sant'Antonino, quindi sul lato sinistro entrando da via delle Asse.

Sbagliò quindi il Guidicini mettendo il 1254 a destra entrando da via delle Asse. Il 1254 era a sinistra e probabilmente era la penultima casa prima di uscire su via del Carbone.

In seguito la via prese il nome di Borgo delle Banzole (Banchieri, Salaroli, Guidicini, Origine), ma anche di Via di Sant'Antonio delle Banzole (Aretusi) o di Via di Sant'Antonino delle Banzole.

Nel 1777 i Caprara acquistarono due case nella via delle Banzole, all'angolo con via delle Asse (oggi via IV Novembre) e sei case su via delle Asse comprese tra la piazzola del Carbone (oggi via Venezian) e la nostra via delle Banzole, per creare una piazzetta davanti al loro palazzo ed allargare il passaggio di via delle Asse, che, di fronte al palazzo Caprara, era stretta e contorta. Con la demolizione delle due case già nella via delle Banzole, l'eliminazione dei portici e le sistemazioni delle altre case, si arrivò alla formazione della piazza dei Caprara (Guidicini) ed al raddrizzamento di Via delle Asse, come il catasto Gregoriano del 1835 evidenzia. La Piazza dei Caprara fu ignorata da tutti gli autori successivi al Guidicini fatta eccezione per il Prontuario del 1878, che peraltro la chiamò Via (e non Piazza) dei Caprara.

Per quanto riguarda la spiegazione degli antichi odonimi, non c'è bisogno di aggiungere altro a quanto spiegato sopra per Peladuro di Porta Nova, e per Piazza dei Caprara.

Per Borgo o Via o Vicolo delle Banzole, va detto che Banzola in lingua bolognese significa panchetto, sgabello. L'ipotesi suffragata dal Fanti sulla possibile presenza in questa via di falegnami che costruivano banzole non ha prove evidenti, però, va detto che sicuramente almeno nel XIX secolo c'erano dei falegnami, infatti, secondo l'Indicatore (1854) in questa via, escludendo la Piazza dei Caprara, di tre botteghe che vi erano, due erano falegnami (il terzo era un fabbro). Nella piazza dei Caprara vi erano sette botteghe di cui un falegname, un inverniciatore, un indoratore ed un sellaro e tre sconosciute, ma va detto che la Piazza dei Caprara fu di relativamente recente formazione (1777/78) e la distribuzione di botteghe riportata dall'Indicatore non riflette quella che vi poteva essere in precedenza. Quindi è vero che nelle Banzole vi erano falegnami (almeno tre botteghe), che non sono poche, se si pensa che nella vicina Piazzetta del Carbone vi erano otto botteghe di cui nessun falegname, negli stallatici vi era una sola bottega e nessun falegname e nella via delle Asse c'erano ben 49 botteghe e nessun falegname.

Concludiamo, ricordando che la piazza ricavata con le demolizioni del 1933/35 assunse il nome di Piazza della Vittoria, auspicio di vittorie future che mai ci furono e che fu, nel 1945 (delibera del 14 giugno) intitolata al presidente, defunto da poco, di una nazione che la guerra l'aveva vinta davvero.

La piazza prima della costruzione del palazzo che la divide da via della Zecca.

Fonti citate in questo articolo.

Zanti: Nomi, et cognomi di tutte le strade, contrade, et borghi di Bologna, di Giovanni Zanti pubblicato nel 1583.

Banchieri: Origine Delle Porte, Strade, Borghi Contrade, Vie, Viazzoli, Piazzole, Salicate, Piazze, e Trebbi dell'Illustrissima Città di Bologna con i loro Nomi, Pronomi, e Cognomi, di Camillo Scaligeri della Fratta (pseudonimo di Adriano Banchieri), pubblicato da Clemente Ferroni nel 1635.

Aretusi: Origine di Bologna. Pianta di Bologna di Costantino Aretusi, pubblicata nel 1636.

Salaroli: Origine di tutte le strade sotterranei e luoghi riguardevoli della città di Bologna di Ciro Lasarolla (Pseudonimo di Carlo Salaroli), pubblicato nel 1743.

Guidicini: Cose Notabili della Città di Bologna ossia Storia Cronologica de' suoi stabili sacri, pubblici e privati, di Giuseppe Guidicini (scritto prima del 1837, ma pubblicato nel 1868).

Origine: origine della denominazione delle 334 strade che compongono la città di bologna, di Goldini e C.. Pubblicato a Bologna nel 1843.

Indicatore: Indicatore Bolognese riferibile a ciascun edifizio componente la città, di Sebastiano Giovannini pubblicato nel 1854.

Prontuario: Prontuario per la denominazione delle Piazze, Vie e Vicoli e per la numerazione delle case della Città di Bologna attivate il 1° Luglio 1878 (Bologna, Regia TIpografia, 1878).

Breventani: Supplemento alle Cose Notabili di Bologna e alla Miscellanea Storico - Patria di Giuseppe Guidicini, del canonico Luigi Breventani, pubblicato nel 1908.