Via de' Poeti, dal IV volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Anticamente detta: Via del Pozzo deIl'Acqua Buona, - od anche semplicemente: -"Via deIl'Acqua. Buona" e per un tratto anche "Via delle Scuole Pie", ma dal volgo bolognese appellata, oggidì pure, Via Sblisgapianelle.

La Via de’ Poeti comincia da Via Castiglione e finisce ad uno de’ capi della Via d’ Egitto. Il tratto di questa Via, dalla Piazza de’ Calderini al suaccennato suo termine, fu da taluni distinto con la denominazione di Via delle Scuole Pie. Più generalmente però s’intese che continuasse col precitato nome, e‘ ciò ritenuto, essa è lunga Pertiche 63.03 06, con un’ estensione superficiale di Pertiche 98. 14. 03.

Questa Via anticamente appellavasi Via del Pozzo dell’Acqua Buona, denominazione che ancora aveva del 1636.

Circa la provenienza di tale denominazione, è d’uopo sapere che era costumanza d’ altri tempi far i pozzi d’ acqua accessibili dalle vie, come in Bologna ancora oggidì vedonsene due, l‘ uno de quali nella via detta Borgo dell’Oro, l’ altro nel vicolo detto Campetto di S. Lucia. Poche però erano le case che avessero codesto comodo esclusivo ed interno, talmente chè ne’ contratti di compra e vendita o d’affìtto d’ allora, trovasi sempre scrupolosamente accennato, nella designazione de’ fabbricati d’ abitazione, se era Casa con Pozzo oppure con mezzo Pozzo - ossia con pozzo in comunione con altro - proprio limitrofo.

Sembraci qui opportuno citar alcuni Atti da’ quali scorgesi e l’ importanza che davasi a que’ tempi ai Pozzi, e la situazione d’alcuni di essi. L’ Alidosi nel dar notizia de’ luoghi ove solevansi fare le pubblicazioni dei Bandi Comunali nel 1256, ricorda i luoghi seguenti:

1. - In Borgo di strada Maggiore e presso il Pozzo di messer Giacomo Sacchetti.

2. - In Trebbo di S. Cristoforo, dov’ è il Pozzo.

3. - In Borgo Novo, davanti la Casa di Donus-Deo, sarto, presso al Pozzo.

4. - Presso la Casa di Lambertino Bualelli, innanzi al Pozzo d’ Ugolino di Lollo.

5. - Sul Trebbo, presso al Pozzo che è presso la Casa di Giovanni Polo Scalami.

6. - Nei Vinazzi di S. Vitale, dinnanzi al Pozzo che è presso a messer Anato.

E del 1289, poi, le località seguenti:

1. - Innanzi al Pozzo di Ocelletti.

2. - Innanzi al Pozzo che era presso la Casa già di Messer Bertolo Buttrigari.

3. - Presso al Pozzo che era appresso la Casa d’Albertazzo Astanova.

4. - Nel Trebbo di Savignani, presso al Pozzo.

5. - Nel Trebbo, dov’ era il Pozzo, presso la Casa dei Pachoni.

6. - Nellì Vinazzi, presso al Pozzo che è vicino alla Casa di Giovanni Dalle Masegne.

7. - Presso al Pozzo che è innanzi alla Casa dei Curioni.

8. - Presso al Pozzo che è innanzi alla Casa di messer Arrardo Mutoni.

9. - In Borgo Paglia, dal Pozzo presso la Casa di messer Michele Bisellieri.

10.- Dal Pozzo, presso la Casa di Egidio Bisellieri.

11.- Dal Pozzo, innanzi la Casa degli eredi di messer Guidotto Prendiparti.

12.- Dal Pozzo, presso la Casa di Bencivenne Bianco, notaio.

13.- In Borgo di S.Pietro, al primo Pozzo e dall’ altro Pozzo di detto Borgo.

14.- Nel Trebbo di Porta Castello, presso ali Pozzo.

Ordunque, codesta Via, dall’ottima qualità dell’ acqua di un Pozzo che vi si trovava poco lungi dall’Avesa, prese il nome di Via del Pozzo dell’Acqua Buona, che commutò in quello di Via Galeazzo Poeti, sul principio del secolo XVI, poscia Via de’ Poeti, dal nome della famiglia Poeti che aveva fabbricate le sue Case all’imbocco di essa, sul canto della Via Castiglione. Il volgo però la disse, ed ancora oggidì la denominaSblisgapianelle, che equivale a Sdrucciola pianelle.

Via de’ Poeti - Lato destro, per chi vi entra in Via Castiglione.

Dal suo principio in Via Castiglione, fino alla traversata del torrentello Avesa, questa Via è fiancheggiata dal lato meridionale delle Case dei Cospi.

Dicesi che allora quando, nel 1070, l’Avesa fu per costì diretta, venne essa inalveata in una fossa che già vi preesisteva.

N. 473 - Nel 1411 eravi una Casa di Giorgio di Bonaparte Ghisilieri, che confinava con l’Avesa e con le ragioni del dottor Calderino Calderini. Sembra poi che questo ramo della famiglia Ghisilieri passasse in seguito ad abitare al N. 495, nella Via delle Grade.

Nel 1559, la detta Casa era passata in proprietà ai Gessi, cui apparteneva ancora del 1654, trovandosi documenti che attestano "la Casa di quei dal Gesso, in Via Poeti, confinare con l’ Avesa, con le Stalle Calderini ecc.".

Nel 1633, addì 29 dicembre, - concedevasi facoltà al conte Giovanni Calderini, che per fare un muro in Via Acqua Buona, alla sua Casa, che finisce coll’Avesa, lo protragga da oriente a occidente per la larghezza di Piedi 36, con occupazione di suolo, a modo però, che la Via pubblica suddetta resta di Piedi 18.

N. 474 - Codesto stabile confinava con la suaccennata Casa de’ Ghisilieri e con una de’Calderini la quale del 1511 era affittata a maestro Jacopo da Como, sarto.

Questa Casa non meno che l’antecedente, e che ora fanno ambidue parte integrante del Palazzo Calderini, costituendone l’ala meridionale, furono rifabbricate nel 1686 da monsignor Federico de’ conti Calderini, arcidiacono della Cattedrale.

Da un rogito di Giacomo Budrioli, in data 7 febbraio 1511, risulta che susseguentemente alle due più sopra indicate, eranvi altre tre Case, delle quali la prima, detta dei Modioni, apparteneva a Dona Barattino; la seconda era abitata dagli eredi di Gabriello Barattini; e la terza da Rigo Tedesco. Tutte e tre confinavano "con la Via di Galeazzo Poeti e li Calderini". Furono in seguito acquistate dai Calderini che poi le davano a pigione.

Si passa sul lato meridionale della Piazza dei Calderini.

Poco dopo, si oltrepassa l’ imbocco di Via Belvedere di Borgo Salamo.

Si oltrepassa quindi l’ imbocco della Via delle Casette di S. Andrea.

Via. de’ Poeti - Lato sinistro per chi vi entra dalla Via Castiglione.

Si oltrepassa lo sbocco di Via dell’ Orto.

N. 478. - Con rogito di Cesare Gerardi, in data 18 dicembre 1549, Francesco De‘ Buoi comprava per la somma di L. 3,025, dagli eredi di Costanzo Gessi, "una Casa sotto S. Damiano, nella Via detta dell’ Orto, confinata dalla Strada a mattina e a settentrione, Vincenzo Spontoni a sera, e Giacomo calzolaro a mezzodì o di dietro". Notisi che l’ ubicazione di Via dell’Orto è un errore del notaio che doveva scrivere invece: Via del Pozzo dell'acqua Buona o Via de’ Poeti - se pure non è giustificabile supponendo che in allora codesta Casa avesse l' ingresso dalla Via dell’ Orto. Ma ad ogni modo era suo dovere distinguere le due diverse strade che confinano la Casa a mattina ed a settentrione, mentre egli fa supporre che una Strada medesima ne contornasse tali due lati. Il che rende più credibile che trattisi positivamente di un semplice errore di denominazione commesso dal notaio Gerardi.

Nel 1550, addì 1 aprile - ebbe luogo una transazione tra Francesco de’Buoi e Sebastiano Spontoni, riguardante un muro divisorio fra le rispettive case situate "nella Via del Pozzo dell’ Acqua Buona".

Nel 1562, il 17 giugno - con rogito di Marcantonio Golfardi - Andrea De‘ Buoi comprava per la somma di L. 750, dai coniugi Tullio Cristi ed Elisabetta Pollini (probabilmente successori del suddetto Giacomo, calzolaro) una Casa nella Via dell’Orto, sotto la parrocchia di S. Damiano, avente in confine: "Agostino Gonesi, il compratore di sotto, ed Antonio, muratore".

Nel 1622, addì 1 febbraio - mediante rogito di Lorenzo Righi - Girolamo Vezza del fu Giovanni Andrea De’Buoi, e Vitale del fu Tommaso De’ Buoi, vendevano, per la somma di L. 8,400, a Domenico Maria del fu Giacomo Torelli . "una Casa grande sotto S. Damiano, nella Via Poeti, e una Casetta con Stalla nella Via dell’Orto". Cittansi come confini della Casa suddetta: "le Vie de’ Poeti e dell’Orto, e il canonico Antonio del fu Giacomo Bonfioli"; e per la mentovata Casetta nella Via dell’Orto. vi è detto esserle confine: "la Casa grande del canonico Domenico Oddofredo, altra Casetta De’ Buoi posta nel vicolo detto Via Santa (Oggi Via delle Vigne) e gli eredi di Girolamo Manzoli, calzolaro". Nello stesso giorno però, e con rogito dello stesso Righi, il Torelli (orig. Tonelli, corretto con il ? dal Breventani. Vedi sopra "Giacomo Torelli") trasmetteva la proprietà dei detti due stabili al conte Giovanni del fu senatore Lodovico Calderini, per la somma medesima d’acquisto.

Nel 1727 - addì 10 marzo - con rogito di Francesco Maria Monti, - Gregorio del fu Giuseppe Monari comprò questa Casa dal senatore conte Federico del fu Filippo Calderini, per L. 5,500. Vi si dice che confinava "col dottor Carlo Garani, colle Vie dell’ Orto e dell’Acqua Buona, e Giuseppe Zagnoni, di dietro".

La figlia del detto Monari lasciò in eredità codesta casa a suo marito Francesco Rinaldi, computista della Camera di Bologna, del quale furono eredi due di lui sorelle, l’una maritata ad un Berti, e l’altra al dottor in medicina, ed anatomico distinto, Domenico Sgarzi, cui toccò nella divisione fra le due sorelle; e così in oggi appartiene ai discendenti Sgarzi.

N. 477. - Da un rogito di Paolo Zani, datato 10 marzo 1528, risulta che Francesco del fu Giacomo Spontoni e Lodovico del fu Alessandro Spontoni, avevano le Case loro situate sotto la parrocchia di S. Damiano in via del Pozzo dell’ Acqua Buona.

Nel 1550, addì 1° aprile - trovasi in un rogito di Alessandro Fantini che la Casa degli Spontoni era tuttora nella "Via dell’ Acqua Buona, in confine di Francesco Bovi".

Nel 1553, addì 30 gennaio - Alberto Marsili appigionava per l’annuo fitto di scudi 42 in oro, con patto d’affrancazione, a Sebastiano e fratelli Spontoni una "Casa sotto S. Damiano, confinante con Ser Francesco de’ Buoi, Suora...., e certa viuzzola di sopra" - come da rogito di Giovanni Beroaldi.

Nel 1569, addì 26 marzo - Lodovico Berò comprava per la somma di L. 6,550 da Vincenzo del fu Luigi Spontoni una "Casa sotto S. Damiano nella Via Santa" - è errato il nome della Via - "che confina con gli eredi di Francesco Bovi, la Via Santa, la Casa ove abita Giovanni Battista Bolognetti e sua famiglia, ed un’ altra Strada" - come da rogito di Quirino Lucchini.

Nel 1571, - addì 9 gennaio - Lodovico Berò quietanzava per la somma di L. 70 Andrea del fu Francesco Buoi, come successore degli Spontoni nel possesso d‘una "Casa sotto S. Damiano confinante con la Via dell’Orto" - doveva forse scriversi: Via delle Vigne - "e quella del Pozzo dell’Acqua Buona" - come da rogito di Girolamo Buoi, dal quale risulta altresì che la Casa già degli Spontoni trovavasi in allora proprietà del Berò, e confinava con una Casa del De Buoi, da esso stesso abitata.

Appartenne poi questa Casa a Lodovico del fu Giulio Sementi che la vendette nel 1609, addì 4 aprile, per L. 11,600, al canonico Antonio ed‘ a Rocco, fratelli Bonfioli (o Bonfiglioli) del fu Cesare - sempre essendovi confinanti gli stabili de’ Buoi - come da rogito di Antonio Maria Beliossi.

Nel 1674, addì 29 dicembre - Giuseppe Maria e fratelli, del fu Bartolomeo Garani, per la somma di L. 9,500 compravano da Enea de’ Principi Del Medico figlio del fu Rocco Bonfiglioli, una "Casa sotto S. Damiano in Via de’ Poeti, confinata da altra Via e dai Calderini" - come da rogito di Francesco Maria Tagliaferri.

Sembra che dopo i Garani ne venissero in possesso i Mellini, e poi Anna Silvani, moglie del dottore Scarselli segretario del Reggimento. Appartenne poi a Camillo del fu Carlo Gasparini,. maestro di casa del fu conte Prospero Ranuzzi.

Si oltrepassa lo sbocco di Via delle Vigne.

N. 476 - Palazzo de’ Savi. Secondo il processo ed i documenti prodotti in forma autentica, a rogito di Giulio Cesare Mazzoni, in data 27 ottobre 1772 - lavoro del senatore conte Lodovico Savioli, e da lui presentati alla Deputazione del Magistrato degli Anziani, per provare la discendenza della propria famiglia dai Caccianemici - i Savi, che poi presero nome di Savioli, derivavano dallo stesso ceppo d’Alberto di Alberto d’Orso, e precisamente staccaronsene con Orso di Malaventura, fratello d’Alberto e nipote, ex fratre, di papa Lucio II, il cui figlio, detto Savio, fu cagione che i suoi discendenti si dicessero Savj d’Alberto d’Orso, poi semplicemente Savi (1).

I Savi si dissero anche Salvi, e da Dondino Salvi derivarono poi i Dondini (2) - le quali famiglie si stabilirono in Cento verso il 1400.

Ripatriati i Savi e divisi in due rami, uno di essi abitò in via S. Felice e terminò con Barbara di Virgilio di Cesare - moglie in prime nozze del dottor Girolamo di Camillo Bonfiglioli, ed in seconde del senatore Agostino d’Alessandro Marsili - la quale fu la più ricca di tutti quelli di sua famiglia, sul finire del decimosettimo secolo, e non ebbe figliuolanza. L’altro ramo, che possedeva questo palazzo, finì in Livia o Berta di Tonio, della quale fu erede suo figlio Francesco Boccaferri, morto poi il 23 agosto 1601.

I Boccaferri abitarono questo palazzo fino alla estinzione loro, che ebbe luogo l’8 febbraio 1792 con la morte del conte Francesco Maria di Lodovico che ebbe il Gran Priorato per Venezia dell’ Ordine de’ Cavalieri di Malta, ed al quale non sopravvissero di sua famiglia che due nipoti ex fratre: la contessa Girolama figlia del senatore Camillo e moglie al senatore conte Girolamo di Filippo Legnani Ferri; e la contessa Camilla, postuma figlia dello stesso senatore Camillo, e moglie al conte Giacomo Manelli, nobiluomo di Barletta nelle Puglie.

Però per ragioni fidecommissarie, questo Palazzo passò ai Banzi.

I Boccaferri vengono dalla provincia del Frignano, dov’erano fra i primari cittadini verso il 1170. Del 1252 fabbricarono la chiesa di S. Maria di Strada, e lungamente abitarono il Castello di Piumazzo del quale erano Cattani (3).

Si oltrepassa lo sbocco di Via delle Grade.

Si oltrepassa lo sbocco di Via del Garofalo.

N. 534 - Stalle dei Bennati.

Nel 1549, addì 27 maggio, - Lodovico Lambertini comprava per L. 600 da Teodolinda Savignani, consenziente il di lei marito, Galeazzo Azzoguidi, una "Casa con poca corte sotto S. Andrea degli Ansaldi, confinata dalla Via da due' lati, dai Sanvenanzi e da Giovanni Borghi" - come da Rogito di Cesare Gerandi.

Nel 1563, addì 15 maggio - Bartolomeo Lambertini comprava per la somma di L. 1,000 da Giovanni de Borghi, ed altri comproprietari dello stesso casato, una "Casa sotto S. Andrea, confinata da Antonio Aristoteli, da Luigi Asinelli, da altro stabile del compratore e dalla Via" - e ciò come da rogito dello stesso Cesare Gerardi.

Questo stabile fu sempre compreso dappoi ne’ contratti fatti dalla nobile famiglia de’ Bennati.

N. 512. - Casa degli Aristoteli: famiglia che cominciò a distinguersi con un Giovanni, dottore in Leggi, morto a Genova nel 1389 mentre ritornava dalla Francia, ov’ era stato spedito come Ambasciatore al re Carlo VI che in tale circostanza lo fece Cavaliere. Egli era Priore di S. Bartolomeo, e tale priorato rimase nella famiglia degli Aristoteli per tutta la prima metà del secolo XV.

Del 1584, addì 15 dicembre si ha memoria che la Casa dei fratelli Aristotele e Costanzo Aristoteli, situata nella parrocchia di S. Andrea degli Ansaldi, confinava con istabili dei PP. Domenicani, col Cimitero di S. Domenico , e con la Via pubblica.

Nel 1586 poi gli Aristoteli, in società con i Fantelli, vi tenevano Banca, che trasferirono poi nel Mercato di Mezzo, ove pare che la Ditta fallisse.

Gli Aristoteli, del 1584, erano tuttora. abitanti nella parrocchia di S. Andrea degli Ansaldi; ma non lo ‘erano più per certo pochi‘ anni dopo, trovandosi che del 1604 abitavano nella parrocchia di S.Michele de’ Leprosetti.

Sembra che gli Aristoteli siansi spenti in Costanzo (iuniore) d’ Antonio Aristoteli, marito della Ginevra Tossignani che fioriva verso il 1611.

Nel 1597, addì 4 dicembre - i capi creditori della suindicata Ditta affittarono al dottor Pietro Antonio Silvestri, per l’annua pigione di L. 400, codesta stessa Casa che - in allora - confinava con vie pubbliche e stabili di Girolamo Della Torre.

Nel 1603, addì 18 dicembre i creditori suaccennati, per la somma di L. 16,000, vendettero al Senatore Giovanni Angelelli questa Casa, confinata "da strada scendente verso Miramonte, da Giulio Cesare ed Alessandro Della Torre, da Tesaura Boccavillani e dal prato di S. Domenico" - e ciò come da rogito di Cristoforo Guidastri.

Lo stesso rogito del Guìdastri poi ci rammenta una Casa de’ Fabbretti in questa località, confinante "a occaso con la via pubblica, a mezzodì col Cimitero di S. Domenico, a oriente dalla parte posteriore con altra strada, e Girolamo Della Torre a settentrione".

L’ Angelelli aveva fatto tale acquisto con l’idea di fabbricarvi un Palazzo, al quale effetto, lungo la parte posteriore di questo stabile, ottenne la concessione d‘una zona di terreno del Cimitero di S.Domenico, larga piedi sei.

Nel 1605, addì 23 dicembre, il detto senatore Angelelli assegnò questo stabile in permuta ai Lucchini. - Vedasi N. 1245 della Piazza Calderini: Vol. 1, pag. 163 e 164.

Scuole Pie

Francesco Fìammelli, fiorentino o faentino, fu il promotore della Congregazione delle Scuole Pie approvata e protetta dal cardinale arcivescovo D. Alessandro Ludovisi, che divenne poi papa sotto il nome di Gregorio XV. Il dì 8 agosto 1616 vennero destinate alcune stanze superiori al Portico della Morte ove al 18 ottobre dell’anno stesso s’aprirono le dette Scuole, che poi il 18 maggio 1621 vennero traslocate in S. Antonino di Porta Nuova, ed il 24 settembre 1628 nuovamente trasferite e precisamente in questa località.

Nel 1664 furono aperte in Bologna quattro scuole, una per ciascuno dei quattro Quartieri della città, nelle quali dalle quattro rispettive maestre insegnavasi gratuitamente la lettura ai ragazzetti; e ciò per disposizione del canonico Matteo Sagaci, come da suo testamento dell’ 8 ottobre 1662 rogato da Giovanni Battista Cavazza. In seguito que’ bambini passavano alle scuole maggiori, per apprendere l’aritmetica, la lingua latina. il canto, ed i primi rudimenti del disegno. La Direzione erane stata afiidata ad un sacerdote col titolo di Prefetto, e ad un altro religioso con quello di Sotto Prefetto. La detta prefettura fu coperta parecchi anni da monsignor Luigi Rusconi che vi si distinse per il suo zelo non meno che per la sua munificenza verso codesto Istituto, che diede poi educazione a più di mille ragazzi.

Sul principio di questo secolo XIX, durante il regno d‘ Italia napoleonico, le Scuole Pie furono traslocate all’Archiginnasio il quale era stato regalato dal Governo alle Scuole stesse.

Il tratto di questa Via dallo sbocco di quella delle Grade al principio della Via d’ Egitto, fu allargata ed allineata per convenzione passata nel 1605, fra Agostino di Marco Tullio Berò, proprietario degli stabili fiancheggianti Via dei Poeti fra le Vie delle Grade e del Garofolo - i Torri, padroni della Casa situata di fronte allo sbocco della menzionata Via del Garofolo - Annibale di Francesco Paleotti, proprietario allora delle Stalle che son al presente dei Bennati - e finalmente Matteo Buratti al quale apparteneva l’ultima casa di questa Via al canto di quella delle Casette di S. Andrea - per il quale lavoro fu reso più bello il prospetto del Giardino Buratti, già più volte menzionato, avente il portone che fronteggiava la testa finale di Via dei Poeti (4).

(1) Vedasi la Nota a piè della pagina 418 del volume I di quest opera.

(2) Poiché si omise dare un Cenno della famiglia bolognese dei Dondini a pag. 104 del Vol. I di quest'opera, laddove, trattasi della Casa N. 523 in Via Barbaria, che era stato Palazzo de’ Zarnbeccari e divenne posteriormente Palazzo dei Dondini - ci si permetta supplire in questo punto alla suaccenata omissione.

Dondini. - Ceppo di questa famiglia trovasi essere stato un Dondino de Savi (detti anche Salvi) da Cento.

Per avere più remote nozioni circa i Salvi o Savi, autori dei Dondini, risalendo fino ai Caccianemici ed agli Orsi, vedasi la Nota già da noi aggiunta in proposito trattando dello stabile N. 1138 in Via delle Clavature.

Al pari de’ Savi, i Dondini portano nel loro stemma tre foglie dell’erba detta Salvia, da cui forse loro era provenuto il nome di Savi o Salvi, se pure lo stemma stesso non era dedotto dal nome del capostipite de’ Savi, ossia Savio o Salvio d’ Orso di Malaventura, nepote di Papa Lucio II.

Niccolò di Guglielmo di Dondino fu Notaro in Bologna ove trasportò la sua famiglia ed ebbe la cittadinanza bolognese. Alcuni però de‘ suoi parenti e discendenti restarono in Cento, e da essi provennero i Dondini di Cento. Vedasi la scrittura: Piella in causa Dondini.

Pare che il trasferimento a Cento di alcuni Savi o Salvi, antichi cittadini bolognesi, avvenisse nel 1315; e nel 1395 trovasi che i loro nipoti ottennero dagli Anziani sentenza confirmatoria del loro diritto di cittadinanza bolognese. Alcuni di essi ottennero stabile dimora in Bologna, e ne provenne così il ramo dei Dondini di Bologna. Poichè poi trovasi che in Cento esisteva nel 1400 un Dondinus de Saviis, è evidente che questo discendeva dai suddetti riconfermati cittadini di Bologna.

Dapprincipio i discendenti di Dondino de‘ Savi si dissero promiscuamente or Savi, or Dondinl, or l' uno e l’altro ad un tempo; ma in seguito lasciarono il nome di Savi e Salvi, ritenendo unicamente quello di Dondini.

Ebbero essi il senatoriato in Bologna nel 1770.

Nel 1530 i Dondini abitavano sotto la. parrocchia di S. Lorenzo de’ Guerrini; nel 1542, sotto quella di S. Lorenzo a Porta Stiera; nel 1592 sotto l’altra di S. Benedetto.

Del 1664 si ha memoria d’ una famiglia Dondini esistente in Crevalcore, appellata dei Dondini della Capra.

Il Palazzo Dondini situato in capo a. Via Barberìa (N. 523) sul canto della Seliciata di S. Francesco, presso il Maneggio de’ Cavalli, aveva appartenuto ai Zambeccari, ma fu restaurato e rimodernato da Guglielmo Gaetano Dondini, essendochè un Paolo Dondini lo aveva comprato nel 1797 dalla contessa Sulpizia Fibbia vedova Bonfiglioli, cui proveniva per eredita dai Zambeccari. E in conto del prezzo i Dondini diedero alla medesima diversi beni da loro posseduti a Tivoli, avendo raccolta nel 1700 l’eredita de’ Ghiselli di Roma.

Fin dal 1538 i Dondini possedevano la Cappella di S. Rocco in S. Giacomo Maggiore ove si vede tuttora la loro arca gentilizia. Questa Cappella fu donata nel 1588 da Laura Dondini a Bartolomeo Dondini che la fece adornare. E Cassandra, di lui figlia, la portò in dote a suo marito Iacopo Formagliari nel 1608, per il che ora trovasi posseduta dalla famiglia Formagliari.

I Dondini hanno pure sepoltura in S. Salvatore con Cappella che fu acquistata nel 1632 da Iacopo di Guglielmo Dondini.

Essi nel 1596 avevano una Casa in Via S. Felice che fu poi venduta ai Pastarini e da questi, nel 1639, ai Fogliani; ora la Casa stessa è del marchese Calvi.

Nel 1534 i Dondini avevano beni a Barbiano.

Del 1560 trovasi ch’ erano passati sotto la parrocchia di S. Michele Arcangelo; e nel 1691 sotto quella di S. Tommaso in Via Maggiore.

Circa la fine del decimosettimo secolo, la famiglia de’ Lucchini, mercatanti genovesi stabiliti in Bologna, toccava un rovescio di fortuna pel naufragio d’ un loro legno in mare, carico di merci di valore; epperò vendettero il Palazzo che possedevano, già da loro fatto fabbricare a S. Martino in Casola, dieci miglia da Bologna fuor di Porta S. Isaia. Lo comprò Iacopo Dondini. Nel Palazzo stesso si ammira la piccola Cappella che trovasi nella controloggia superiore, per esservi una bellissima tavola del celebre pittore Francia.

Il restauratore suaccennato del Palazzo già Zambeccari, poi Bonfiglioli, poi Dondini, fu anche il primo di questa famiglia a venir insignito della dignità. senatoria. Il di lui figlio, Carlo Antonio, nel 1763 ebbe l’ eredita Pierizzi.

Carlo Antonio, del senatore Guglielmo Gaetano, aveva sposata in gennaio del 1761 la contessa Ginevra Berò, unica figlia del conte Giovanni Agostino Berò Mulletti la quale gli morì l’11 ottobre dell’ anno medesimo, nel Palazzo Berò presso Budrio. E nel 1763 egli passò a seconde nozze con la contessa Aurelia, figlia del senatore conte Antonio Maria Grati.

(3) Boccaferi o Boccadiferro. - Son essi d‘ un‘ antica famiglia del partito Guelfo ed una delle cinquanta che intervennero alla Pace fatta coi Ghibellini.

A loro devesi la fabbrica della chiesa di S. Maria di Strada nel 1252, della quale ebbero il giuspatronato.

Erano feudatari o Cattani di Piumazzo ove lungamente abitarono ed acquistarono molte terre, formandovi la Tenuta del Porretto, che fu poi venduta a Giovanni Battista Rampionesi.

A Serravalle avevano beni e possedevano quella Rocca, per eredità dagli Oddoni pervenuta loro verso il 1360.

Nel 1505 abitavano nella parrocchia di S. Andrea degli Ansaldi.

Nel 1522 un Girolamo Boccaferri abitava nella parrocchia di S. Barbaziano in Via Barberia.

Nel 1542 avevano un vistoso capitale in bombaserìa, ossia in cotonami.

Nel 1550 ebbero l'eredita ed il casato dei Savi o Salvi.

Nel 1556 avevano Casa nel Fossato.

Nel 1569 alcuni Boccaferri che stavano sotto la parrochia di S. Barbaziano, abitavano in Via de’ Gombruti.

Furonvi de Boccaferri che portarono anche il casato de’ Scarani.

Nel 1570 avevano una bottega in Via del Mercato di Mezzo sotto la parrocchia di S. Michele del Mercato di Mezzo.

Nel 1575 possedevano un Palazzotto fuori di Porta di Via S. Stefano, detto Roccamore, Rocca d'Amore o Rocca Maggiore, cui erano annesse fertili ortaglie.

Nel 1576 passò a’ Boccaferri anche la grande Casa de’ Savi, situata presso S. Domenico.

Del 1594 i Boccadiferro furono creati Conti di Collestaro e di Torre-Orsina; ed in quell’ anno il ramo di detta famiglia, di cui era capo il conte Bonifacio, abitava sotto la Parrocchia di S. Martino.

Nel 1704 un Ramo de’ Boccaferri abitava in Via Poggiale sotto la parrocchia di S.Giorgio, in una Casa che fu in seguito d’ una Principessa di Modena, ed ove poi abitò l’avvocato Nicoli.Questo ramo fini con Orinzia, moglie di Camillo, pure de’ Boccaferri. Ed in questa famiglia era entrata sposa Bianca De‘ Bianchi che loro portò il patronato di S. Michele della Mezzolara.

Nel 1707, addi 3 aprile, il conte Lodovico di Camillo, avendo ottenuto che il conte Alessandro Fibbia, contro compenso in denaro, gli vendesse il senatoriato di sua famiglia, avviossi a Roma per ottenerne la convalidazione. Ma il conte Cesare Fibbia ricorse alla Assunterla de‘ Magistrati in Bologna contro tale cessione, ed essa spedì tosto una staffetta che prevenne il Boccaferri il quale perciò non vi ottenne l’intento. Riuscl per altro ad avere la dignità senatoria più tardi, nel 1714.

Il medesimo conte Lodovico fu primo marito di Girolama Orsi che gli portò L. 55,000 di dote, e il cui pranzo nunziale ebbe luogo nella suaccennata Villa di Rocca - d’ Amore. Egli dissipò le ricchezze cumulate dal padre, e quantunque avesse avuta una eredità ed ottenuto il riacquisto della tenuta La Fantuzza mediante lite che gli riescì favorevole, gettò la famiglia in grandi angustie. Finalmente per un omicidio da lui fatto perpetrare in Bologna, rifuggiossi a Lucca. ove mori addì 5 agosto 1726.

Il conte Camillo, figlio del detto Lodovico, e secondo senatore, sposava a mezzodì del 5 giugno 1732, Maria Caterina Fava nella cappella dell’ arcivescovo Lambertini in S. Pietro. Egli morl di trentun‘ anno, il 7 agosto 1734, alle ore 19 e mezzo per una febbre negletta, che convertissi in acuta, e gli cagionò una repentina e violenta infiammazione intestinale che in poche ore lo rese cadavere.

I Boccaferri avevano diversi sepolcri. Che, uno in S. Francesco, un secondo in S. Giorgio, ed un terzo e principale nel Confessio di S. Pietro.

(4) Dall'incontro di questa Via con la Piazzetta de’ Calderini fino al termine, si può dire che attualmente tutto è cambiato, sia sul lato destro che sul sinistro, da quanto vedevasi all’ epoca in cui Giuseppe Guidicini scriveva quest'opera. La costruzione della bella Piazza Cavour nonchè dei grandiosi Palazzi de’ Guidotti, de’ Ratta, de’ Bottrigari e de‘ Silvani che ne contornano due lati - e specialmente l’erezione del magnifico Palazzo di proprietà della Banca Nazionale (disegno del distinto architetto romano, commendatore Cipolla) talmente cambiarono l’aspetto di codesta località da non renderla più riconoscibile a chi da alcuni lustri soltanto non l’avesse più visitata. Per questo adunque come per tanti altri cambiamenti avvenuti in Bologna ad aumento del suo decoro dal lato edile, nonchè delle comodità da Capitale del l’ Emilia, l’ Editore augura alla sua città nativa un erudito e paziente continuatore, fino a’ di presenti, delle indagini fatte, rispetto a più remoti ed oscuri tempi, dall’Autore di queste memorie. (Nota dell’ Editore).