Albàri, dal I volume delle "Cose Notabili..." di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Via che comincia da Altabella fino a Cavaliera, più li due vicoli laterali alla chiesa di s. Nicolò degli Albàri, compresa la piazzola.

Vicolo degli Albàri. Comincia in via Cavaliera fra il N. 1616 e la chiesa di s. Nicolò degli Albàri, e termina nella piazzola degli Albàri. Vi corrisponde un antico portico di legno che fa parte del precitato stabile N. 1616 di via Cavaliera.

Vicolo degli Albàri. Comincia in via Cavaliera fra la chiesa di s. Nicolò degli Albàri e termina nella piazzola degli Albàri. Corrisponde a questo vicolo la canonica della chiesa predetta.

La suddetta via degli Albàri, secondo le lapidette in macigno per denominazione , comincia nella via Cavaliera fra la casa Ceronetti e Tomba nella direzione di levante a ponente, poi piega verso mezzogiorno e termina in via Altabella dopo il voltone dei Gennari già Malvasia.

La sua lunghezza è di pert. 43. 96 , e la superficie di pert. 96. 74, che comprende le tre sopradistinte divisioni di strada.

Come si chiamasse questa strada prima che li Bevilacqua venissero ad abitare in via Cavaliera, dai quali prese il nome di Bevilacqua, non è noto; ma è certo che del 1636, ed anche dopo la metà del secolo XVIII si disse sempre via, o vicolo dei Bevilacqua siccome è quasi provato, che il primo tronco di questa strada continuava nella sua direzione di levante a ponente e finiva nella via Albiroli, all'incirca dov'è il portone Ambrosi.

Albàri a destra, entrandovi per via Cavaliera.

N.1651. Porta della casa ora Tomba in via Altabella.

N.1655. Casa antica Salaroli, rifabbricata da Alberto nel 1442, nella quale occasione ribassò la sua torre che era alta piedi 140.

Questa casa fu riputata bellissima a quei giorni.

Belviso Salaroli, vivente nel 1100, si considera autore di questa famiglia molto diramata negli antichi tempi e che ha dato uomini insigni alla patria.

Martino Bambarone e Raniero di Salarolo di Belviso sono gli stipidi dei tre rami principali della famiglia.

Quello di Martino terminò nel 1664, dopo quattordici generazioni, quello di Raniero finì colla dieciottesima generazione nel marchese Paolo Vincenzo di Girolamo nel 1800. Di questa discendenza fu D. Carlo di Girolamo. che molto si dilettò di storia patria e che sotto il nome di Ciro Lasarola stampò il libretto delle strade di Bologna, del quale e di altri suoi scritti si hanno notizie nell'opera assai nota del Fantuzzi.

Quello finalmente di Bambarone continua ancora e conta ventuna generazioni, diede molti Anziani, non pochi comandanti della milizia bolognese e vari Gonfalonieri di Giustizia e fra questi il riformatore Giovanni Filippo di Tommaso, morto li 26 novembre 1488, caro ai sommi Pontefici, al re d'Aragona ed ai Bentivogli, dominatori di Bologna.

La loro arma è una sbarra traversale bianca o anche turchina con tre saliere Tonde, con coperchio in argento, in campo d' oro. AI tempo di Giulio II usavano l'arma inquartata che da esso gli fu donata nel 1481 e questa aveva nel mezzo la sega dei Bentivogli di sette denti rossi, di sotto e di sopra, due quarti con aquila nera a due teste coronate. ed altre due coll'antica arma Salaroli, e cioè: le saliere, più li tre gigli in campo azzurro.

Li Salaroli seguirono il partito Lambertazzi e soffrirono molto al tempo di Giovanni da Oleggio, governatore tiranno di Bologna al tempo in cui ebbe dominazione della città Visconti, arcivescovo di Milano.

La decadenza del ramo Bombarone cominciò dal pronipote del senatore Giovanni Filippo per la suddivisione dei beni e per usate prepotenze.

Catterina di Tommaso di detto Filippo si maritò in un Macchiavelli nel 1521; da questa venne Cassandra moglie di un Barbirolo, da cui nacque Achille Barbiroli, che, come li suoi discendenti, si disse dei Salaroli per eredità di un ramo della suddetta discendenza.

Questo stabile seguì le vicende del 1690 (nota del Breventani: si cerca invano questo numero) avvenute nella via Albiroli.

Si passa il voltone dei Gennari, e per esso si va nella via Albiroli.

N.1647(6). L'autore della famiglia dei Garsendini fu un F. Garsendino, il cui figlio Pietro testò nel 1300, ed alla metà del secolo XV finirono.

Nell'inventario legale dell'eredità del cav. Floriano Caccialupi, nato Malvezzi, fatto il 13 maggio 1490 da Laura del cav. Costantino Fantuzzi, madre del pupillo Carlo Caccialupi, è descritta una casa sotto s. Nicolò degli Albàri, con altra piccola in faccia ad uso di stalla, confinante la strada da tre lati, e cioè colla casa di Vincenzo Gilini e li beni delle società dei fabbri. La stalla in faccia a detta casa confina colla strada da due lati e la casa di Muletti.

La sunnominata tutrice vendette quella casa a Bartolomeo Manzoli per lire 3500.

Questo stabile passò ad Alessandro di Jacopo Sforza Attendoli, figlio adottivo di Filippo Manzoli, che lo abitava nel 1419 e pare che vi conducesse la sua sposa Lucia, figlia naturale di Giovanni II Bentivoglio.

Jacopo suddetto, denominato anche Jacomuzzo Attendolo, di Giovanni Attendolo da Cotignola e di Elisa Paiaccini, si disse altresì Muzio Sforza, ossia Sforza il grande, famoso condottiero d'armi italiane, e stipite della casa Sforzesca, ch'ebbe il dominio di Milano e d'altri luoghi d'Italia: famiglia illustre tra le descritte nella grande opera del conte Pompeo Litta. Egli ebbe una sorella di nome Margherita, moglie di Michelotto Ravignani da Ravenna e madre del conte Marco , che assunse il cognome Sforza , ed ebbe in moglie Francesca di Michelotto Attendolo da Cotignola suo consanguineo ed esso pure condottiero di armi salito in gran riputazione.

Il conte Jacopo Leonardo del suddetto Marco, fu spogliato dei feudi che aveva nel regno di Napoli dai re Aragonesi e si ritirò in Bologna presso Ginevra Sforza. sua parente, e moglie di Giovanni lI Bentivoglio, per mezzo della quale sposò Polissena dal conte Filippo Manzoli, e ne nacque Alessandro, adottato in figlio dall'avolo materno, coll'obbligo di assumersi l'arma e il cognome Manzoli; il quale Alessandro ebbe in moglie la suddetta Lucia, figlia naturale del Bentivoglio, ed in dote il palazzo di Belpoggio e terreni circostanti.

L'eredità Manzoli fu ricca; quindi si stabili in Bologna la famiglia Sforza Attendoli Manzoli e si formarono due rami con Alessandro e Filippo. figlio d'altro Filippo. Il primo si disse dei conti di Toderano in Romagna, e mancò in Francesco di Rinuccio, morto nel suo feudo li 9 settembre 1622, lasciando due figlie, Margarita nel conte Francesco Cesi, poi in D. Colonna, principe di Carbognano, e Veronica in D. Gio. Federico Cesi, duca d'Acquasporta.

L' altro detto dei conti di Monzone finì nel conte Carlo di Alessandro, morto nel 1672 senza successione, il quale testò li 20 ottobre 1670 rogito Carlo Maria Vanotti e Francesco Maria dal Sole, lasciando erede fiduciario l'Opera dei Vergognosi, o disponendo di una parte della sua eredità per far letti nello spedale degli Sportini, un'altra terza parte per un cumulo a prò dell'ospitale stesso e I' altra terza parte a Bartolomeo Manzoli.

Come passasse ai Bertolini , che sembrano oriundi di Firenze, non si sa; però Orsina di Sante Bertolini la comprese in prezzo di lire 14400 nella dote data al di lei marito Ercole di Orazio Montecalvi, il quale li 13 marzo 1659 la vendette a Gio. Francesco Barbieri da Cento, alias Guercino, celebre pittore, compresavi la stalla sotto s. Nicolò degli Albàri per lire 11500; rogito Scipione Cavazzi.

Nel 1715 apparteneva a Gio. Francesco Gennari e fratelli, pur essi valentissimi pittori, ed eredi del celebre Barbieri; dopo spettò agli eredi di D. Sebastiano Cantelli, ora appartiene al parroco della metropolitana di s. Pietro e la parte posteriore ai fratelli Zamboni.

Albàri a sinistra , entrando per la via Cavaliera.

Si passa la piazzetta posteriore alla chiesa di s. Nicolò degli Albàri, e le due strade che mettono in isola la predetta chiesa.

Aggiunte

1576, addì 16 aprile. Compra Antonio ed Alessandro del fu Giacomo Lojani da Pompilio e Marco del fu Lodovico Orsi, parte di una casa sotto s. Nicolò degli Albàri, in confine colla via pubblica da due Iati, col conte Ottavio e Filippo iuniore Manzoli, e precisamente con quella parte comprata dai detti Orsi dal conte Alessandro del Filippo Manzoli li 11 aprile 1575 per scudi 1000 d'oro; rogito Ippolito Peppi