La Numerazione

C'è una stretta relazione tra l'odonomastica bolognese ed i sistemi di numerazione adottati nel tempo in città.

Innanzitutto va chiarito che l'identificazione per ogni casa, di ogni porta che dava accesso ad una proprietà privata rispondeva ad almeno due esigenze distinte:

- disporre di uno strumento efficace per il fisco;

- facilitare il lavoro dei postini.

Fino a quasi tutto il XVIII secolo la corrispondenza era assimilata a merce e come tale sottoposta a vari balzelli e tasse doganali, che rendevano il servizio postale estremamente costoso.

Lo poste moderne nacquero con la Rivoluzione Francese: la vecchia organizzazione postale fu spazzata via assieme al vecchio regime. La linea guida della riforma delle nuove poste voluta da Napoleone era basata sulla creazione di un sistema sicuro, controllato e regolamentato dallo stato, fatto per tutti (quindi con costi bassi per l'utenza).

Non è un caso che a Bologna il primo sistema di numerazione sia stato introdotto nel 1794, sotto la spinta del vento di rinnovamento che arrivava da oltr'Alpe. I francesi entrarono in Bologna due anni dopo (12 giugno 1796), ma prima di loro, se possiamo scherzare, arrivarono le loro lettere.

L'utilizzo per fini fiscali era un valore aggiunto non dichiarato pubblicamente, ma sicuramente il censimento delle abitazioni fu utile al governo pontificio di allora (tanto utile che quando arrivarono i francesi a Bologna furono accolti come liberatori).

La prima numerazione di Bologna fu pensata per quartieri.

Le case erano numerate da 1 in su fino all'ultima casa censita (e numerata) nell'ambito del quartiere.

Si prese in esame la possibilità di avere i numeri basati sulle strade, ma questa possibilità fu scartata e la motivazione data durante l'adunanza dell'Assunteria il 20 agosto 1794 era che avere per ogni via numeri da 1 in su avrebbe portato ad una grandissima duplicazione di numeri aggravando il lavoro (essenzialmente dei portalettere) di chi doveva identificare le case in base al numero. Questa ragione nascondeva in realtà un'altra lacuna: l'assenza di una odonomastica ufficiale.

Come abbiamo visto altrove, fu con il governo filofrancese che si introdussero le lapidette con i nomi delle vie, nel 1801. Ma ormai i numeri erano già stati murati accanto alle porte delle case.

Dal medioevo i quartieri di Bologna erano quattro, il quartiere di Porta Stiera, il quartiere di Porta Procola, il quartiere di Porta Ravennate ed il quartiere di Porta Piera. Ma la situazione alla fine del XVIII secolo era confusa. Ai quartieri non corrispondevano unità amministrative (come oggi) e spesso venivano usate le parrocchie per raggruppare le abitazioni all'interno della città. Non c'erano confini definiti tra un quartiere e l'altro semplicemente perché fino ad allora non c'era bisogno di avere confini precisi. Fu con la numerazione e la decisione di numerare per quartiere che il governo della città fu costretto a definire esattamente i confini dei quartieri ed i loro nuovi nomi. Il 6 settembre del 1794 si decise che i quattro quartieri avrebbero fatto riferimento alle porte S.Felice, Galliera, Strada Maggiore e San Mamolo con i confini sulle strade che portavano alle porte.

Questa decisione non fu attuata e si decise di chiamare e dividere i quartieri in modo diverso:

Quartiere di San Francesco tra via San Felice e via San Mamolo.

Quartiere di San Domenico tra via San Mamolo e via Santo Stefano.

Quartiere di Santa Maria dei Servi tra via Santo Stefano e via San Vitale.

Quartiere di San Giacomo tra via San Vitale e via San Felice.

Le vie Ugo Bassi e Rizzoli (all'epoca via dei Vetturini e Mercato di Mezzo) completavano nel centro i confini dei quartieri.

Il confine tra i quartieri era nella mezzerie delle vie, così che, per esempio gli edifici sul lato sud di via San Felice appartenevano al quartiere di San Francesco, mentre gli edifici a nord appartenevano al quartiere di San Giacomo.

Beh... una decisione, quella di mettere le chiese al posto delle porte, in linea con il governo pontificio, infastidito dalle pressioni rivoluzionarie: quelli erano gli anni del processo Zamboni De Rolandis e delle simpatie rivoluzionarie.

Inizialmente si pensò di colorare le targhe con i numeri in colori diversi a seconda del quartiere, e così, il primo risultato della numerazione fu:

1444 numeri rossi per il quartiere di San Francesco.

1553 numeri neri per il quartiere di San Domenico.

979 numeri azzurri per il quartiere di Santa Maria dei Servi.

3378 numeri gialli per il quartiere di San Giacomo.

L'uso di colori diversi per ogni quartiere fu abbandonato dopo l'introduzione delle lapidette con i nomi delle vie nel 1801, forse perché la presenza della lapidetta rendeva inutile il riferimento al quartiere, anche se ciò creò casi di confusione sulle vie di confine tra un quartiere e l'altro: infatti sia in via Santo Stefano, sia in Via dei Vetturini si ebbero numeri ripetuti sui due lati della via, da riferire a quartieri diversi.

Malgrado queste difficoltà i numeri resistettero fino al 1878 (parecchi sono ancora visibili).

Numero antico (accanto al nuovo) in via Nosadella.

Come abbiamo visto per l'odonomastica, l'unità d'Italia creò nuove esigenze le normative emesse dal governo della giovanissima Italia obbligavano a rivedere il sistema di numerazione.

Nel caso di Bologna, negli anni che vanno dal 1873 al 1878 si prese in esame sia la riforma toponomastica (di cui c'era forse esigenza politica, ma non pratica) unitamente alla riforma della numerazione degli edifici.

Queste vicende sono descritte con ogni dovizia di particolare nell'opera di Mario Fanti "Le Vie di Bologna, saggio di toponomastica storica" (Bologna, 2000) a cui si rimanda per approfondimenti.

Qui basti riassumere quanto segue, usando la divisione in tre periodi proposta nel capitolo "Dall'odonomastica popolare all'odonomastica ufficiale":

1° Periodo o periodo dell'odonomastica arcaica o spontanea: dalle origini al 1801.

Assenza di odonomastica ufficiale. Assenza di numerazione. Prime iniziative di numerazione delle abitazioni.

2° Periodo o periodo dell'odonomastica contemporanea preunitaria: dal 1801 al 1878.

Odonomastica ufficiale delle Lapidette e numeri per quartiere operativi.

3° Periodo o periodo dell'odonomastica contemporanea postunitaria o matura: dal 1878 ai giorni nostri.

Odonomastica rinnovata (eliminazione di tante denominazioni urbanistiche generiche come Pugliole, Campo, Borgo, etc., tentativo di standardizzazione con Via, Vicolo, Piazza) e introduzione della numerazione moderna per via.