Notizie risguardanti varie Chiese e Conventi già esistenti nel Circondario di Bologna.

SANT'ANNA. (geolocalizzato)

Fuori di porta Galliera già Monastero di monache Camaldolesi vicino alle mura esisteva nel l'anno 1290. Nel 1350 in causa delle guerre che avevano luogo in que' tempi, le monache furono trasferite dentro la città nel Bagno Marino ove fu poi la chiesa e compagnia dei SS. Girolamo, ed Anna di Bagno Marino.

SANT'ALBERTO.

Esisteva fuori porta San Vitale. Alcuni cronisti ci hanno tramandato che i Carmelitani traslocati a S. Martino prima fossero riuniti in Sant'Alberto che era una più che modesta cappella posta sulla strada da S. Vitale a mano sinistra a ben poco tratto fuori della porta. Ma questo è un errore, perchè qui non stavano i Carmelitani, ma presso le Moline. Questo Sant'Alberto benchè venga dipinto con abito da Carmelitano, e per tale tenuto, non lo era di fatto, ma invece Benedettino. Dove fu questa Chiesa precedentemente esisteva una parrocchia forse dipendente dal Monastero dei Vallombrosani, allora posto nel Comune di Sant'Alberto.

SANT'AGOSTINO.

A Fossa Cavallina fuori porta Maggiore eravi precisamente Chiesa e Convento ove oggi sonvi le case di faccia agli Scalzi. I frati che vi abitavano erano di origine romita sparsi in alcuni romitori della Toscana che per ordine d' Innocenzo IV si unirono in congregazione sotto il titolo di Sant'Agostino. Nel 1224 alcuni frati di questa congregazione vennero a Bologna, e fabbricarono questo convento circa il 1250. Costoro nel 1256 s'unirono con le altre congregazioni che formarono l'ordine eremitano di Sant'Agostino, onde quelli che abitavano questo convento l'abbandonarono per passare in S. Giacomo Maggiore, subentrandovici suore che pur elleno furon chiamate di Sant' Agostino, e ciò seguì quasi immediatamente. Nel 1332 il vescovo di Bologna Bertrando soppresse questo convento con altri pure di suore e vi sostituì quattro collegiate in città. Nel convento di queste suore il cardinale Bertrando Legato vi pose i monaci di S. Celestino. Nel 1333 dopo l'espulsione del Cardinale Bertrando le suore presentarono ricorso al Consiglio, e furono rimesse nel loro convento nel 1334. I Celestini dovettero partire da Bologna dove non ritornarono che circa 40 anni dopo. Il Cardinale Egidio Albornoz tornò poscia a rimuovere le suore e di nuovo applicò i beni alle collegiate.

CERTOSA. (geolocalizzato)

Sigonius De Episcopis. Bononien a pagina 137 prosegue nel suo errore di credere vescovo di Bologna Alberto Acciajoli, quando invece lo era di Cesena, e deputato di Bertrando de Tessenderio vescovo di Bologna allora assente. Si noti che la fondazione della Certosa ebbe luogo nel 1334 per Francesco di Serro della terra di Gainago diocesi di Parma e canonico di Liegi, che procurò molto denaro per tale fondazione. Vi concorse pure Giovanni Andrea illustre giurecousulto a spese del quale fu fatta la Chiesa e furono ancora fatte molte celle. Il suddetto canonico Francesco da Serro morendo lasciò erede universale questa Certosa. Il Papa nel 1360 non accordò che fosse abrogata.

S. FREDIANO

detto della compagnia dei Sacchi fuori porta S. Mamolo. Il Sigonio a pagina 119 dice che frate Jacopo Boncambio vescovo di Bologna nel 1250 ammise i frati della Penitenza di Gesù Cristo detti volgarmente del Sacco, e li collocò alla porta di S. Mamolo, e che questi poi si unirono ai frati eremiti di Sant'Agostino. Aggiunge ancora che questi frati erano di un ordine allora nato, che poco vi si fermarono, perchè nel 1285 vendettero questa località ai canonici di S. Fridiano di Lucca come apparisce da in strumento di vendita, che è nell'Archivio di S. Gio. in Monte, nel qual instrumento vien detto, che la congregazione di S. Frediano la comprò per farvi un ospizio a comodo de' suoi canonici che intervenivano allo studio di Bologna. Il permesso di tal vendita gli fu impartito da Onorio IV in data di Perugia nonis aprilis 1285 la qual vendita e compra fu confermata da detto Papa a Giacomo priore di San Fridiano in data di Roma VII Kal Martii 1286.

S. GIOVANNI BATTISTA

A Fossa Cavallina. Ospedale fondato nel 1373 per disposizione di Gio. d'Oleggio già governatore di Bologna. Fu poi unito all'infermeria di S. Francesco ed era a sinistra fuori di porta Stefano ed incirca ove presentemente sono le case dei Cella.

S. GIOVANNI e PAOLO.

Chiesa ora distrutta già parrocchia fuori porta San Vitale alla ripa di Savena. Alessandro VI PP li 17 febbraio 1490 ordinò a Gaspare Calderini canonico di S. Pietro di conferire ad Achille Grassi la chiesa di San Giovanni e Paolo fuori porta S. Vitale e prossima alle mura di Bologna.

S. GREGORIO o MENDICANTI. (geolocalizzato)

Chiesa e convento fuori porta Maggiore. Sigonio a pagina 120 dice che Gregorio da Montelungo Legato apostolico tolse il Monastero di S. Gregorio alle monache Benedettine che colà abitavano, per darlo alle suore del Monte della Guardia perchè quelle vivevano con soverchia libertà e ciò nel 1254, rilevandosi dalle scritture della Badia di S. Gregorio, e Siro, ma in questa notizia del Sigonio rilevasi un manifesto errore di data perchè vi ha una bolla di Alessandro IV nella quale si dice Gregorius de Montelungo tunc electus Trepolitanus et nunc Patriarcha Aquileiensis. Gregorio fu eletto patriarca d'Acquileja nel 1251 secondo l'Ughelli, dunque si fece l'atto di tal concessione mentre era Episcopus Trepolitanus come dice detta bolla, e così non poteva averlo fatto nel 1254 perchè in quello era patriarca d'Acquileja. Le monache che qui abitavano chiamate Benedettine erano dipendenti dal monastero di Sant' Ilario di Fiesole. Trovasi nell'archivio di S. Stefano un atto del secolo XII nel quale la badessa di Sant'Ilario di Fiesole conferisce alcune facoltà all'abbate di S. Stefano per sopraintendere al governo di queste monache di S. Gregorio il cui monastero in quest'atto è nominato. — Monasterium Sancti Gregorii de Monacabus. Queste suore degeneravano poscia dal l'antica disciplina ed ai tempi di Gregorio de Montelungo vivevano assai liberament/e per cui egli come Legato apostolico impartì facoltà a frate Trovato priore di S. Michele in Bosco di riformarle portandole dalle regole di S. Benedetto a quelle di Sant'Agostino. Credette egli d'eseguir meglio l'ordine ingiuntogli incorporandole ed unendole al monastero del Monte della Guardia che allora vigeva sotto la regola di S. Marco di Mantova e che era modellato sulle regole di Sant'Agostino. Di fatto trovasi un atto del 1253, nel suindicato archivio dei SS. Gregorio e Siro nel quale vien nominata Soror Balena Priorissa S. Mariae Montis Guardie et Sancti Gregori, altra circostanza comprovante essere il Sigonio caduto in grave errore circa l'epoca in cui detta unione avesse avuto luogo. Egli è bensì vero che nel 1251 le monache del Monte della Guardia cedettero questo monastero di S. Gregorio ai canonici, o piuttosto frati di Sant'Agostino di Martorano congregazione nata a Parma, e simile a quei frati che allora stavano a S. Michele in Bosco. L'atto di questa rinuncia che suor Balena fa ai frati di Martorano, e la rattifica di detta rinuncia che la badessa di Sant'Ilario di Fiesole fece in forza del suo diritto, rilevasi da instrumenti autentici esistenti nell'archivio dell' abbate commendatario dei SS. Gregorio e Siro. Questi canonici o frati di Martorano dicesi in detto instrumento che prima stessero a Sant' Antonino, ma non si sa se fosse San t'Antonino detto delle Banzole oppure Sant'Antonio di Savena, perchè era recentissima la loro venuta a Bologna. Durarono questi canonici di Martorano o Manerano ad essere in questo convento di S. Gregorio fino all'anno 1419 nel quale essendo ridotti al numero di uno solo, il Vescovo di Bologna il beato Nicolò Albergati diede lo stabile ai canonici di S. Giorgio in Alega i quali poscia lo vendettero al Comune di Bologna, e passarono ad abitare a SS. Gregorio e Siro dentro la Città. La rinunzia della chiesa di S. Gregorio e del convento fatta dalla badessa di Sant'Ilario di Fiesole fu fatta li quattro gennaio 1254, e la cessione della priora del Monte della Guardia sotto la data dell i 11 febbraio 1254. I frati canonici che stavano a S. Michele in Bosco nel 1362 cedettero detto luogo agli Olivitani e si unirono ai canonici di Martorano a S. Gregorio. Nel 1410 i canonici regolari di San Giorgio in Alega vennero ad abitarvi, e nel 1527 lo vendettero per farvi un lazzaretto per gli appestati. Nel 1531 cominciarono il monastero e chiesa dei SS. Gregorio, e Siro sul guasto Ghisilieri. Nel 1527 e 1528 vi furono radunate a guisa di Conservatorio alcune zitelle rimaste orfane in conseguenza della peste le quali poi furono unite a quelle del Baraccano, motivo per cui i fornari obbligati a dare ogni di una corba di frumento ai tre luoghi del Baraccano, S. Bartolomeo e S. Gregorio, ne davano due porzioni a quello del Baraccano. Finalmente in questi locali furono rinchiusi i primi mendicanti con grande solennità.

S. GIUSEPPE (geolocalizzato)

Fuori porta Saragozza. Questa Chiesa fu già un tempo dedicata a Santa Maria Maddalena, e conosciuta sotto il nome di Val di Preda perchè questa vallata così si chiama. Vi abitarono frati eremiti che praticavano la regola di S. Benedetto e che erroneamente alcuni nostri storici hanno detto fossero Cluniacensi. Questi poscia si unirono alla congregazione Bretinense che era in Fano. La congregazione Bretinense si unì poi ad altre congregazioni, che nel 1256 formarono l'ordine Eremitano di Sant'Agostino ed allora i frati di questo convento passarono a S. Giacomo di Savena e di là a S. Giacomo Maggiore. Non è certo se passassero immediatamente ad abitare con gli altri Eremitani Agostiniani, perchè in questo convento abbandonato passarono le suore di Ronzano, le quali non vi vennero prima del 1265. Erano desse della regola di S. Marco di Mantova, ma poscia abbracciarono quella di S. Domenico, l' epoca però in cui ebbe luogo non è certa. Da questa puossi indubitatamente determinare se la Beata Imelde Lambertini appartenesse alle regole di S. Marco, o di S. Domenico. Finalmente nel secolo XVI queste suore passarono in Bologna alla chiesa e convento di S. Giuseppe di Galliera ove trovavansi i frati Serviti ed a questa diedero il titolo di Santa Maria Maddalena ora detta di Galliera ed i Serviti vicendevolmente passarono a Santa Maria di Val di Proda dandovi il titolo di San Giuseppe. Questi frati Serviti ebbero già da Giovanni Savello vescovo di Bologna i beni del monastero di Sant' Elena di Sacerno colla chiesa di Santa Maria Maddalena, e non si sa se allora cambiassero la regola di S. Marco in quella di S. Domenico. L' esser stato Domenicano il vescovo Savello porterebbe a credere, che allora lo cambiassero.

S. GIACOMO DI SAVENA.

Questa fu comunemente chiamata chiesa dei Santi Giacomo e Filippo di Savena, ma però non si trova mai nominata sotto il titolo di questi due Santi negli atti antichi, ma semplicemente sotto quello di S. Giacomo di Savena fuori di porta S. Vitale. Il Sigonio a pagine 95 e 96 dice che Enrico della Fratta vescovo di Bologna nel 1218 concesse questa Chiesa ai frati Umiliati. Questo è errore. La chiesa di S. Giacomo di Savena col suo convento fu fabbricata nel 1247 dai frati Giamboniti di Cesena ai quali essendosi poi uniti altri frati di altre congregazioni fondarono la gran Congregazione degli Eramitani di Sant' Agostino e passarono poscia a S. Giacomo Maggiore circa il 1267 e 1268. L'atto della fondazione di questa Chiesa è del 1247 e si trova nel l'archivio dei canonici di S Pietro. I frati Umiliati subentrarono a quelli nel 1268.

MADONNA DI S. LUCA. (geolocalizzato)

Sul Monte della Guardia. Sigonio pagina 91 parlando di Bernardo vescovo di Bologna dice che nel 1107 Angela Vergine bolognese ispirata da Dio, contro il parere dei parenti si ritirò sul Monte della Guardia, e sotto un piccolo ed angusto tugurio che da sè stessa si fabbricò si pose a fare vita eremitica. Il padre non potendo rimuoverla da questo suo fermo proposito gli diede una compagna chiamata Angelica e loro fabbricò una cappella con una piccola casa, avendogli ceduta la proprietà del suolo i canonici di Santa Maria di Reno, e qualunque diritto ad essa inerente. Col tempo unirono a sè altre zitelle e così si formò un monastero. Angela mori nel 1145. Suor Angelica accrebbe gli ediflzi e diede al luogo l'impronta di un ampio monastero. Papa Celestino III accordò a queste suore alcuni privilegi e togliendole dalla vita eremitica le sottopose alle regole di Sant'Agostino. Tutta questa storia non è però autenticata da alcun atto ufficiale. Frate Leandro Alberto che aveva esaminate le vecchie carte del convento di S. Mattia la riporta come accaduta circa cent'anni dopo. Il padre Trombelli nella sua storia Renana non ci porge alcun giudizio che ne accerti in proposito. Egli è a prendersi in ben seria considerazione che nel 1087 non esisteva per anco la congregazione Renana, non essendovi alcun documento che lo comprovi. Suor Angelica, della quale ne parla il Sigonio viveva nel 1243 e ciò risulta dagli atti legali delle liti che la medesima ebbe coi canonici Renani che si conservono nel pubblico archivio. Dunque deve prevalere l'opinione di Fra Leandro Alberti che riferisce quel fatto ad un secolo dopo. Il privilegio poi che il Sigonio appropria a Celestino II lo si deve a Celestino III. Di questo monastero non si comincia a parlarne se non dopo il 1160 quando fu portata l' immagine della Beata Vergine data a queste Eremitesse. Il Sigonio a pagine 83 e 84 nella vita di Gerardo Vescovo racconta il fatto del pellegrino che portò l'immagine suindicata. L'atto autentico della consegna di questa immagine fatta dal vescovo Gerardo alle Eremitane o suore che stavano sul Monte della Guardia si conserva nel l'archivio di dette suore, ma in questo non si legge se non che la consegna fatta dal Vescovo e non più.

Quest'atto trovasi nella cronichetta Azzoguidi (Valerio Felice Azzoguidi: De Origine et Vetustate Bononiae, Bologna, Rossi, 1716) che fu il primo a stamparlo e poi divulgarlo. Il vescovo Gerardo Gisla pose la prima pietra nella fabbrica della Beata Vergine di S. Luca nel 1204 VIII Kal. Juny qual pietra fu mandata da Celestino III e nell'epoca in cui al Monte della Guardia abitava l'eremitessa Angelica.

Giova il far conoscere che quando i canonici Renani concessero il terreno a queste eremitesse vi posero alcuni canonici per loro governo e per ufficiare la Chiesa. Esigevano essi superiorità sulle suore e da ciò ne nacque la lite che provocò suor Angelica a sostener la quale recossi a Roma personalmente ottenendone felice risultato mercè il quale nel 1210 si venne a trattative che stabilirono separazione immediata da esse suore per parte dei canonici che formarono una congregazione da sè. Gli atti risguardanti questa controversia e separazione trovavasi nell' archivio di San Mattia. Suor Angelica eremitessa vivea tuttavia nel dicembre del 1243 e morì circa il 1244. Dopo la di lei morte i canonici di Santa Maria di Reno risollevarono la lite contro quelli del Monte della Guardia ritenendo essi forse che l'accomodo non avesse dovuto aver luogo che durante la vita di suor Angelica. La lite durò tino al 1249 ed il nuovo accomodo ebbe per risultato, mercè i buoni ufflci del cardinale Ubaldini che trovavasi in Bologna. Il priore del Monte della Guardia non avendo più che un solo canonico dovette rinunziare a detta Chiesa titulo paupertatis nelle mani stesse del cardinale e quest'atto pure trovavasi nell'archivio di S. Mattia. Il cardinale Ottaviano tolse tre suore dal convento di Ronzano, cioè suor Balena priora, suor Dotta Prendiparte e suor Marina ad esse diede il Monte della Guardia nel 1249 ed ordinò che vivessero sotto la regola di S. Marco di Mantova indipendentemente però dal priore di Ronzano. Col tempo poi e circa il 1278 abbracciarono la regola di S. Domenico. Nel 1253 fra Trovato priore di S. Michele in Bosco destinato da Gregorio di Montelungo Legato apostolico a visitatore e riformatore del convento delle suore di S. Gregorio fuori porta S. Vitale per viver esse troppo liberamente lo incorporò al Monte della Guardia, cosicchè nel 1253 suor Balena s'intitola Priorissa Sanctae Marie Montis Guardie et Sancti Gregorii. Tutto ciò si rileva da un atto della Badia dei SS. Gregorio e Siro come già fu detto. Nel 1254 suor Balena cedette il suddetto monastero di S. Gregorio ai frati e canonici di S. Agostino della congregazione di Martorano. In detto anno 1254 le suore del Monte della Guardia colla eredità di Emma figlia di Canonico di Saragozza fabbricarono appena fuori porta Saragozza una chiesa e convento col titolo di S. Mattia, e vi andarono ad abitare alcune di esse. Nella guerra poscia di Bernabò Visconti questo convento fu rovinato, e le suore ne fabbricarono uno entro la città sotto lo stesso titolo. La separazione dei canonici del Monte della Guardia da quelli di Santa Maria di Reno seguì nel 1210 a modo che fecero due congregazioni separate. Gli atti di questa lite erano nell'archivio di S. Mattia.

Li 3 aprile 1674 andando la Beata Vergine di San Luca a S. Paolo nell' epoca delle Rogazioni incominciò la Compagnia dei Brentatorì ad andar fuori colle Arti portando il signifero la stessa veste già usata 118 anni prima di damasco morello ad opera grande.

SANTA MARIA DEGLI ALEMANNI. (geolocalizzato)

Il Sigonio a pagina 114 dice che nel 1221 fu consacrato l'oratorio di Santa Maria degli Alemanni fuori di porta Maggiore e che fu così chiamato perchè quelli della nazione Alemanna vi fondarono un ospedale siccome in località adatta per alloggiare que' pellegrini loro connazionali che transitavano per Bologna onde recarsi a Roma. Ma ciò che è certo si è che questa Chiesa era residenza e commenda di cavalieri Teutonici e perciò fu detta degli Alemanni, senz'essere mai stata ad uso ospedale per alloggiarvi Pellegrini.

SANTA MARIA DEGLI ANGELI. (geolocalizzato)

Fuori porta S. Mamolo. II cardinale Beltrando Legato di Bologna nel 1328 rimise i Pepoli in Bologna. Nei libri dei Memoriali sotto la data dei 18 aprile 1328 trovasi registrato un atto dal quale è d'uopo assicurarsi che nel 1328 era di recentissima fondazione. Di fatti sotto la data 1326 si legge in un atto di processo un procuratore di Gera Pepoli allora esule, che fa certa provvisione sopra la chiesa di Santa Maria degli Angeli spettante a detto Gera per cui è a ritenersi che l'avesse edificata prima della sua espulsione che fu nel 1321 forse emancipato come lo erano tutti i figli di Romeo, e potrebbe essere benissimo che vi avesse collocato le suore. In fatti appena scorso un mese dal suo ritorno si trovano nominate le suore, nè si poteva in si ristretto tempo aver fabbricato il convento per ivi collocarle Di più si noti che fu sempre denominata Santa Maria dell' Angelo benchè poi si dicesse degli Angeli. In detto libro dei Memoriali sotto l'anno 1329 e registrato il testamento di Paolo Sassolini nel quale evvi un legato per queste suore. Da varii atti si rileva esser vero che Gera ne fu il fondatore sapendosi da molte storie che i Pepoli erano slati scacciati da Bologna e poi ripatriati nel 1328 e con essi Gera per cui si deduce che che prima dell'esilio si cominciasse questa fabbrica che fu compita subito dopo il loro ritorno. Nel 1337 ai 25 settembre nel libro dei Memoriali è registrato un atto dal quale rilevasi che in quel anno non vi erano più le suore, ma invece i canonici Renani, i quali però non vi si fermarono molto tempo, perchè ne' sopradetti libri de' Memoriali sotto la data 1341 trovasi registrato il testamento di Margherita figlia naturale di Romeo Popoli che fa un legato al Cappellano Ecclesie Domini Gere de Pepolis, per cui sembra che non vi fossero più i Renani. Nel 1370 Giovanni dall'Armi comprò dagli eredi di Gera Pepoli la detta Chiesa che poi la donò ai Camaldolesi di S. Michele di Murano.

(Vedi Annali Camaldolesi.).

MADONNA DEL MONTE. (geolocalizzato)

Sigonio a pagina 75 parlando di Vittore vescovo di Bologna dice che nel 1176 consacrò la chiesa della Madonna del Monte che era stata fabbricata da Piccola di Alberto Galluzzi moglie di Ottaviano Piatesi. Circa la storia di quella Chiesa è mestieri uniformarsi a quanto ne dice Graziolo Accarisi il quale viveva nel 1450. Oltre lui non abbiamo alcun altro che ne parli. Egli però non dice che fosse il vescovo che consacrasse detta Chiesa. In casa dei Savini siccome eredi Loiani trovasi un atto o meglio una Bolla la quale prova che al tempo di Lucio III avevano i monaci di S. Felice la chiesa della Madonna del Monte ed è questo l' atto più antico che i Benedettini produchino in una controversia giudiziale ed è a ritenersi che se ne avessero posseduti di più antichi non li avrebbero trattenuti. Si sa con certezza che i monaci suddetti avevano questa Chiesa nel 1185. La famiglia Savini possiede altri atti che lo comprovano. A tempo di Lucio III i monaci di S. Felice avevano questa Chiesa e solevano darne in affitto i beni e i proventi ad un monaco, che col tempo i monaci affittuari cominciarono a subaffittarli ai laici. Questo affitto consisteva nel pigliare sopra di se gl'introiti, e redditi di questo luogo col peso di fare le spese necessarie, e pagavano un annuo quoto al monastero di S. Felice. Da questo contratto ne nacquero molti abusi, i quali diedero occasione a Bonifazio VIII di fare le Bolle delle quali fa menzione Sigonio a pag. 130. L' affittuario che vi era a tempo di Giovanni Savello vescovo di Bologna, cioè sul principio del secolo XIV era Romeo Pepoli. Nel 1407 fu smembrata dalla Badia dei SS. Naborre e Felice e fu ridotta a commenda ed incorporata alla Badia di S. Procolo dei monaci di S. Giustina di Padova da Eugenio IV.

SANTA MARIA DELLA MISERICORDIA.

Vi stavano monache Cisterciensi. Queste per ordine di Eugenio IV furono nel 1412 trasportate a Sant'Orsola, che presentemente è l'ospedale fuori di porta S. Vitale. Queste suore poi furono chiamate di S. Leonardo e posti i monaci Olivetani alla Misericordia che per le guerre nel 1130 avevano abbandonato S. Michele in Bosco per fatto della sua demolizione.

SANTA MARIA DI VALVERDE.

Tommasino di Jacopo Spersonaldi nel suo testamento fatto nel 1300 lascia lire ventuna da investirsi per la celebrazione quotidiana perpetua a beneficio dell'anima sua nella chiesa di Santa Maria di Valverde lunghesso la strada che conduce alla Madonna del Monte.

SANTA MARIA DEL MORELLO ossia CROCIALI.

Sigonio a pagina 88 dice che Alessandro III concesse ai frati Crociferi di Santa Maria di edificare un ospedale fuori di Porta Ravegnana nel 1169. Esso aveva dato ed approvato la regola a questi frati nel 1160. Quest'atto lo rilevò dalla Bolla di detto Papa che a quei dì trovavasi nell'archivio dei frati stessi. Questi documenti presentemente si trovano presso i canonici di Siena, ai quali Papa Alessandro applicò i beni di questo convento dopo la sua soppressione. Nel 1297 la Chiesa fu consacrata dal cardinale Ottaviano Ostiense.

SANTA MARIA DI RAVONE.

Nel 1301 Bartolo priore di Camaldoli assegnò l'ospedale che era fuori di porta San Felice a Ravone alla vedova ed a tre figlio di Galvano Marzaloglio. Questa vedova con due sue figlie erano già suore di S. Mattla e di là si partirono per portarsi in questa località ove fondarono questo monastero e furono dell'ordine Camaldalese. — Libro dei Memoriali. —. Nel 1332 Bertrando vescovo di Bologna mediante l'autorità del Cardinale Bertrando suo zio soppresse questo convento con altri, ed impiegò i beni dei conventi soppressi per fondare le colleggiate. Brandoligi I di Napoleone Gozzadini nel suo testamento ordinò la fondazione di due Capellanie da erigersi una fuori di porta S. Felice, l'altra fuori di porta Maggiore nelle chiese che avesse destinato il cardinale Bertrando. Queste li 30 giugno 1330 ne applicò una a Santa Maria di Ravone. — Vedi Atti pubblici. — Dopo la soppressione i beni di questo convento furono applicati all'erezione della colleggiata di S. Michele de' Leprosetti. Dopo l' espulsione del cardinale Legato Bertrando, le suore soppresse fecero ricorso al Consiglio della città, e furono rimesse in possesso del loro convento; ma circa 30 anni dopo il cardinale Albornoz Legato di nuovo rimosse le monache, e tornò ad applicare i beni alla suddetta colleggiata. La località ove era questo convento fu poi chiamata la Chiesaccia fuori di porta S. Felice.

SANTA MARIA DELLE STELLE.

Monastero dei monaci Cisterciensi fuori della cerchia del Borgo di S. Felice poi soppresso. Nel 1276 trovasi un legato applicato a questo monastero da Rolandino Lamberti quando si fece monaco.

S. MICHELE IN BOSCO. (geolocalizzato)

Su questo istorico convento crediamo far cosa grata ai nostri benevoli lettori darne due versioni abbastanza interessanti per le notizie che racchiudono.

Prima versione:

Fu esso fondato da certi frati che da principio erano romiti radunatisi così per vivere in comunanza fra loro e si chiamavano nelle vecchie carte Eremiti de Busco. Il prim' atto che si trovi di loro è del 4 settembre 1217 nel quale si legge che frate Benincasa e frate Guiduccio agendo anche a nome di frate Giovanni assente comprano un pezzo di terreno in Remondato, cioè nel colle che doveva essere anche allora, aprico senz'alberi come lo è pure presentemente. Nel 1218 si trova un atto di Enrico vescovo di Bologna col quale si nomina per la prima volta il priore e successivamente tutti gli atti sono in nome del priore. I monaci Olivetani vennero in S. Michele in Bosco poco dopo l'anno 1300. I Romiti antecessori furono quelli che fondarono il monastero della Reccardina, vi comprarono beni, eressero il molino, o la Chiesa. Circa il 1250 era priore di S. Michele in Bosco certo frate Trovalo che da Gregorio Montelungo Legato apostolico fu deputato visitatore per riformare lo suore fuori di porta S. Vitale dette di S.Gregorio. Il Sigonio a pagina 127 dice che Nicolò III Papa nel 1279 firmò l'ordine dei canonici di Sant'Agostino nel monastero di S. Michele in Bosco e cita le scritture dell'archìvio degli Olivetani di S. Michele in Bosco. Questa notizia è molto equivoca. Anzitutto i frati che allora erano a S. Michele in Bosco non si trovano mai in nessun atto intitolali canonici ma sempre Fratres, in secondo luogo questi frati erano a San Michele in Bosco fino dal 1217 come si può verificare dagli atti posti nel suo archivio. Forse la bolla di Nicolò III non fu che una conferma. Ughetto Carrari bolognese che abitava presso Santa Maria dei Foscarari ove avevano le case loro fece testamento per rogito di Graziano di Domenico da Castel Franco li 8 giugno 1361 registrato nel libro dei Memoriali nel quale si trova aver esso istituito erede il general Abbate dell'ordine di Santa Maria del Monte Oliveto perchè istituisca un convento del suo ordine in Bologna, e che se entro sei mesi non vi ci fossero di già entrati i suoi monaci delega a commissari Giovanni Solimani priore di S. Domenico e D. Giovanni dei Calderini affinche sia eseguita la sua volontà. La copia di questo testamento fu presentala all'Abbate generale nel 1361. I monaci trascurarono questa disposizione e lasciarono passare i sei mesi, ma pentitosene fecero pratiche insistenti presso i commissari, i quali per ripiego vennero alla nomina dei frati, che dovevano abitare il convento da fondarsi a tenore della disposizione del Carrari, e nominarono gli stessi Olivetani li 4 aprile 1362 (Orig. 1312) che ottennero la chiesa di Santa Maria degli Arienti, che sino allora era stata dei Gaudenti, ordine che cominciava a decadere. Il primo gennaio 1363 i monaci Olivetani adirono l' eredità di Ugolino Carrari. Tutto questo si rileva dall'atto — Aditionis hereditatis — registrato sotto il suddetto dì ed anno nei libri dei Memoriali. Li 11 febbraio 1363 il venerabile frate Lorenzo di Cione da Arezzo Olivetano vendette due case in Strada Castiglione a Bartolomeo di lacobia di Guglielmo della parecchia di Santa Lucia (dalla quale Jacobia di scende la famiglia Ratta) per comprare col denaro ritrattone due case nel Borgo degli Arienti, e così allargare il convento e ciò dall'istrumento di compra nel libro dei Memoriali. Nel 1364 i frati di Monte Olivete andarono ad abitare a S. Michele in Bosco, ed i canonici ossia frati che vi erano si unirono a quelli di S. Gregorio che erano di regola simile alla loro. 1360 si legge un atto — Congregatis fratribus et monachis Sancte Marie in Strada in domibus monasterii Sancte Marie de Stellis die 23 aprilis e precisamente vicino alle loro monache di Santa Maria del Cestello. Nel 1360 ai 19 agosto in altro atto si legge : — Actum sub porticu Ecclesie S. Bernardi e cosi si seguita per qualche tempo a vedersi nominata in vari atti Santa Maria del Borgo degli Arienti, ove abitavano i monaci di Santa Maria in Strada. Fu poi la Badia di Santa Maria in Strada ridotta in commenda, e Giulio II smembrò la chiesa di Santa Maria del Borgo degli Arienti dalla commenda e la diede agli Olivetani che unendola a quella di S. Bernardo vi fondarono un monastero. Nel 1430 per la guerra che Martino V mosse ai bolognesi i monaci Olivetani si ritirarono da San Michele in Bosco ed il monastero e la Chiesa furono demolite.

Seconda versione:

Convento degli Olivetani. Per uno di quei fatali progetti, che hanno rovinato sì tanti, e preziosi monumenti della città di Bologna, si vide pur anco ad eterna vergogna. convertito questo superbo o magnifico monastero in una casa di forza. Tanto la Chiesa superiore che la sotteranea furono tutte distrutte.

Dagli archivi del Monastero si è raccolto che esso fu fondato nel 368 da S. Basilio vescovo di Bologna. Fu distrutto dai Goti nel 410, e riedificato da S. Paterniano altro vescovo di Bologna nel 450.

Nel 906 fu distrutto dagli Ungari, e solo nel 1110 riedificato, prendendo il nome di S. Michele in Bosco. Nel 1318 per la peste perirono tutti i monaci, e il convento fu abbandonato nel 1355. Terminate le guerre dei Visconti il convento tornò ai Monaci. Nel 1410 vi abitò Giovanni Papa XXII. Nel 1430 in conseguenza di guerra fu distrutto dai bolognesi per timore che potesse servire a danno della città. Nel 1437 fu riedificato, e terminato nel 1454. Nel 1501 fu occupato dalle truppe bolognesi che gli recarono molto danno. Nel 1500 Giulio II vi abitò per due giorni. Nel 1541, e 1543 Paolo Papa III vi stette 13 giorni con 12 cardinali. Nel 1598 Clemente VIII vi si fermò due giorni.

Il dormitorio è lungo piedi 423, largo 14, alto 40 fabbricato nel 1438 con la spesa di L. 10,320.2.8 compreso le camere adiacenti. Nel 1582 furono fatti i due bracci di detto dormitorio lunghi piedi 116, larghi 10 1/2 alti 30 per ciascuno con spesa, compreso il chiostro inferiore di mezzo di Lire 222,03.11.10. L'altro fatto nel 1606 comprese le stalle, cortile e cisterna, costò L. 21,300. Nel 1517 fu fatta la libreria e poi rifabbricata nel 1677, e 1680 con spesa di L. 12,789.1.8 e ne fu architetto Giacomo Monti. Nel 1613 fu fatto il noviziato architettato da Pietro Fiorini con spesa di L. 6,149.2.0 nel quale Michele da Panico, e Adriano Pittoni dipinsero il camino, l'altare e la porta. La Chiesa è lunga piedi 136, larga 66, alta 40, e vi sono cinque altari.

Il Tabernacolo di pietre dure fu fatto nel 1619 con la spesa di L. 2099.15. I damaschi della Chiesa costarono Lire 4390.19. Nel Coro vi era il leggio che si alzava, e si abbassava a volontà, pel quale si discendeva alla Chiesa sotterranea, esso fu fatto nel 1664 dal l'architetto Carlo Sega. L'organo era opera di Giovanni Battista Pacchetti da Brescia da lui fatto nel 1509. Nel 1650 fu posto sopra la porta maggiore, essendo prima sopra la cappella di Santa Francesca Romana.

Li 9 marzo 1666 ultimo giorno di carnevale e giorno titolare di detta Santa, si fece il corso delle maschere fuori di porta S. Mamolo fino a San Michele in Bosco e quelle furono ammesse anche entro il convento.

Nel 1679 l'altare maggiore fu ornato di marmi, e cioè di balaustrata, e di seliciata il tutto fatto da Giovanni Battista Bianchi da Verona per scudi 600. La cupola, e l'arcata fuori con S. Michele che scaccia Lucifero furono dipinte da Domenico Canuti, i quadroni delle finestre fatte dai Colonna, e Mittelli nel 1659. La scalinata di marmo, le ferriate, e l'Angelo Michele di bronzo dell'Algardi, gli ornamenti dipinti dal Mengazzino, la prospettiva rimpetto alla sagristia, i quattro superbi ovati dipinti con somma maestria e genio dal Cignani, che erano sopra quattro porte parte finte parte vere, lavori tutti eseguiti mercè la spesa di L. 12,644.

Sotto il Coro vi era la Chiesa sotterranea, che si chiamava chiesa del Paradiso, poi Confessio, ed anco Scuraglio per essere scarsa di lume, lunga piedi 86, larga 66, ed alta 11 con otto altari, pitturati da Simone da Bologna, dal Calvart, da Lavinia Fontana, dal Cremonini.

Nel campanile vi era la campana mezzana fatta nel 1507 del peso di libbre 1074, la maggiore fatta nel 1521, dai fonditori fratelli Lioni di libbre 2300 che furono poi traslate nella chiesa di Santo Stefano. Il campanile fu ultimamente restaurato dall' architetto Giuseppe Tubertini, che lo rovinò togliendogli la sua primitiva forma.

Questo convento ha tre Chiostri. II più antico, e quadrangolare è quello di mezzo lungo piedi 95, largo 82, alto 32, fabbricato nel 1587 assieme alla cucina, andito, scale, infermeria colla spesa di Lire 22,203.11.10 che si chiamava anche Chiostro del Pino, e poi Chiostro dipinto, perchè dipinto da Cesare Baglioni nel 1588. L'Infermeria fu fatta nel 1587, il di cui camino, e loggia è dipinta da Giovanni Battista Cremonini. Vi era la Farmacia, la Barberia, e la nuova Foresteria fatta nel 1592 dov'è la sala dei Caracci cosi chiamata perchè dipinta da que' tre celebri pittori, e la foresteria costò L. 10,200.14. Le camere di ricreazione, e del vestiario furono costruite nel 1741 spendendo L. 3803.8.2. Il refetorio lungo piedi 72, largo 24, alto 28, con pitture del Vasari, di Cristoforo Gherardi, e di Stefano Voltani costarono scudi 250. Le tavole, e i postergali fatti da Mastro Luca Fiorentini furono pagati scudi 300. Nel 1740 fu rimodernato colla spesa di L. 1 100.19. La cucina fu fatta nel 1539, e nel 1746 ridotta a miglior forma, e comodo con spesa di L. 3,707.13.10. L'elegantissimo, e bel Chiostro ottangolare fatto nel 1602 dall'architetto Guglielmo Conti di diametro piedi 69, alto 28 importò L. 12,535.4. Nel 1605 i muri di questo Chiostro furono dipinti da Lodovico Caracci, e cioè due quadri grandi, e quattro mezzani. Da Guido Reni un quadro grande. Da Lucio Massari tre grandi ed un mezzano. Da Tommaso Compagna due quadri piccoli. Da Lorenzo Garbieri quattro quadri. Dall'Albani due piccoli. Da Leonello Spada un piccolo ed un mezzano, e tutte le porte del Chiostro. Da Giacomo Cavedoni tre quadri. Dal Brizio due quadri piccoli. Da Paolo Caracci un piccolo. Da Sebastiano Razali un mezzano. Dall'Aurelio un piccolo. Da Galanino un piccolo, e tutto colla spesa di L. 8,096.7.2.

Il terzo Chiostro denominato delle Stelle quadrangolare lungo piedi 120, largo 101, alto 33, che dà ingresso al Noviziato, ed alle stalle, e rimesse lunghe fra tutte e due piedi 135, larghe 33, alte 26 fabbricate nel 1612, essendo già stato fatto nel 1596 il portone delle carra, la ringhiera, per la galleria, pure si spesero Li re 21,300. Gli appartamenti verso i cappucini costarono L. 9980. Nel 1600 fu drizzato lo stradone, che conduce a Bologna.

In faccia alla Chiesa vi è una Piazza detta la Punta, ed uno scalone per discendere nella strada, che conduce alla città, accomodato due volte con spesa non piccola, oltre quella della prima costruzione.

Da tutto ciò che è stato ricavato dagli archivi del Monastero si potrà fare un'idea della magnificenza e grandezza di questo luogo. Forse verrà un giorno, e non sarà tardi, che non rimarrà più un ombra dello stato nel quale si trovava nel 1796.

Il cronista termina così: Ebbene chiudo col ricordar di nuovo, che questo luogo è stato messo ad uso di Casa di forza. Serva questo fatale esempio ai nostri posteri per essere più saggi, di quello che noi fummo, e di scegliere migliori consiglieri in simili intraprese.

S. NICOLO' DELLA CASA DI DIO.

Era questo un monastero di monache Camaldolesi fuori porta S. Felice presso Reno ove incirca è situato il casino che fu già del dott. Pozzi. Furono soppresse dal vescovo Bertrando coll' autorità del cardinale Bertrando legato nel 1332. I loro beni con quelli d'altri monasteri soppressi furono impiegate nella fondazione di quattro colleggiate.

SANT'ORSOLA.

Nel 1432 per ordine di Eugenio IV vi furono collocate le monache Cesterciensi, che stavano a Santa Maria della Misericordia dove poi furono i monaci Olivetani, ai quali per le guerre siccome più sopra dicemmo era stato demolito il convento di S. Michele in Bosco. Queste passarono poi a S. Leonardo ed a Sant'Orsola. I canonici di San Giovanni in Monte desiderando aver monache del loro ordine fecero venire due monache dall'Annunziata di Pavia, e per mezzo di queste riformarono le monache di Sant'Orsola fuori di porta San Vitale che chiamavasi il monastero delle Vergini — Monasterium de Virginibus — fino dal 1210 ed appartenevano alla regola di Sant'Agostino facendosi canonichesse dello stesso ordine circa il 1419. Per la guerra che Martino V mosse ai bolognesi nel 1430 furono ritirate in città e collocate nella piazzetta di S. Giovanni in Monte lasciandosi cosi abbandonato il monastero di di Sant' Orsola. Cessata poi la guerra, queste canonichesse non vollero più ritornare in quel monastero, ed i canonici di S. Giovanni in Monte si maneggiarono in guisa che le collocarono in quello di San Lorenzo ove eranvi quello della regola di Sant' Agostino fino dal 1200, erano in quell'epoca ridotte al numero di due o tre che poi entrarono nel monastero di Santa Maria del Cestello che era di faccia e cosi quello di S. Lorenzo restò a disposizione dei Lateranensi. Le suddotte canonichesse vendettero l'abbandonato monastero di Sant'Orsola agli Olivetani per L. 100 d'allora, e questi dopo di averlo comprato ottennero una Bolla da Eugenio IV che obbligò lo monache della Misericordia a trasferirsi a Sanl'Orsola ed essi ottennero la Misericordia ove vi si fermarono per alcuni anni finché ebbero modo di rifabbricare San Michele in Bosco ove fecero ritorno. Tutto ciò si rileva dal l'archivio di S. Giovanni in Monte appartenente alle suore di S. Lorenzo o di S. Leonardo, e da quello di S. Michele in Bosco. Le nuove monache di Sant'Orsola del Cisterciensi parte nel 1515 o parte nel 1559 andarono ad abitare in S. Leonardo, e il monastero di Sant'Orsola fu allora dato alle suore Convertite.

S. PETRONIO.

Ospitale al ponte di Reno fuori di porta S. Felice.

S. PIETRO IN SCORTICHETO.

Li 4 febbraio 1218 in un rogito di Damiano da Conselice conservato nell'archivio di S. Francesco trovasi che BrancaIeone figlio di Majo da Bologna fu fatto chierico della chiesa di S. Pietro in Scorticheto, ed amministratore dei beni di detta Chiesa dall'Abate del monastero di S. Giovanni in Sinno, ed anche della chiesa di San Pietro la quale fu fondata nella diocesi di Bologna con fideiussione di Guglielmo Orlandi da Imola.

S. SALVATORE DI RAVONE.

Fuori di porta S. Felice. Sigonio a pagina 88 dice che Imelde vedova di Bulgaro famoso giureconsulto nel 1177 instituì eredi gli eremiti Camaldolesi con obbligo di fabbricare un ospedale e un Eremo in un suo predio. Esso fu di fatto edificato, e dedicato a S. Salvatore, o Santa Maria, e trovavasi fuori di porta San Felice sulla via Emilia presso il torrente Ravone.

S. SALVATORE DI FOSSA CAVALLINA.

Nel 1332 furono soppresse le suore di questo convento che si crede abitassero precisamente ove oggi trovasi il molino detto del Frino. Le monache si crede appartenessero all'ordine Ca- maldolese. I loro beni furono uniti a quelli e destinati per la fondazione di 4 collegiate. Nel 1351 le espulse ricorsero al Consiglio che lo rimise in possesso del loro convento, ma circa 30 anni dopo il cardinale Albornoz Legato tornò a rimuovere le suore, ed applicare i beni alle collegiate.

S. VITTORE. (geolocalizzato)

Vittore vescovo di Bologna nel 1121 concesse in enfiteusi il terreno di S. Vittore e di S. Giovanni in Monte ai Priori. L'istrumento trovasi nell'archivio di S. Giovanni in Monte. Sembra che la fondazione di questi priorati e canonici accadesse sotto quel vescovo, e ciò deducesi dal non trovarsi tanto nell'archivio di San Giovanni in Monte, quanto nel pubblico nè atto, nè menzione alcuna di questi canonici prima del 1117. Dopo il primo che è di quell'anno se ne tro vano successivamente molti altri per continuata serie. Nel 1118 ebbero la chiesa di S. Giovanni in Monte che fu loro donata dalla famiglia dei Grassi che non apparteneva a quel ramo di cui rimane oggi tuttavia un ultimo rampollo. Enrico vescovo di Bologna nel 1133 confermò le costituzioni, privilegì, e la congregazione dei canonici di S. Vittore e di San Giovanni in Monte essendo priore Alberius, che fu poi vescovo di Reggio. Contemporaneamente furono confirmati da Gua!tieri arcivescovo di Ravenna. Queste conservavansi nell'archivio di S. Giovanni in Monte. Sigonìo a pagina 86 nella vita di Giovanni vescovo dice che nel 1178 IV nonas martii esso consacrò la chiesa. di San Vittore. L'atto autentico di questa consacrazione trovasi nell' archivio pubblico. In quello poi di San Francesco evvi un rogito di Alberto Vinciguerra di Ruisco del 1° febbraio 1292 col quale il consiglio del popolo e massari della città di Bologna decretano di far accomodare la strada detta — Valdonica — posta nella Guardia di Bologna in loco S. Vittore, aftinché si potesse transitare per essa onde recarsi fino alla Croce di Santa Liberata. Nel 1002 sembra indubitato che vi fossero i canonici regolari, e che nel 1132 Rinieri Bero o Beio donasse ai canonici di S. Vittore alcuni terreni.

RONZANO O S. VINCENZO DI RONZANO. (geolocalizzato)

(1) Sigonio a pagina 79 parlando d'Enrico vescovo di Bologna dice — nel 1140 aedem Sancte Jo. Babptistae consecravit a Cremonina Platesia in colle Ronciani ... conditam.

Si rifletta che di questa Cromonina Piatesi non si trova documento certo. Solamente nel 1207 vien ricordala una Remondina, la quale fu creduta de' Piatesi, che restaurò la chiesa di Ronzano e precisamente dalla cronaca del Borselli sotto l'anno 1207 che aveva attinta tal notizia dall' archivio oggi della Maddalena. Forse Cremonina è stato dedotto da Remondina, ma potrebbe essere però che Cremonina fosse stata la fondatrice, poichè di Remondina si dice solamente che restaurasse la detta Chiesa. Tuttavia poichè dalla cronaca di Borselli rileviamo che Remondina ottenne poco dopo, per le suore colà ritirate, la regola dal Papa, sembrerebbe che i principj di questo convento fossero da attribuirsi a Remondina come convento, perché prima poteva essere stata Chiesa. Sembra certo che la suddetta cronaca, metta i principj di questo convento sotto l'anno 1210. Contemporaneamente alle suore stavano ancora a Ronzano alcuni frati o romiti, e non avevano nè essi nò le suore regola stabile. Solamente nel 1223 le suore e i frati ebbero la regola di San Marco di Mantova, che allora colà fioriva. In questo tempo chiesero una regola ad Onorio III, e questi diede loro la qui sopra per cui frati e suore formavano un solo corpo. Nel 1239 suor Villana Calderini, che era una suora di Ronzano in un con altre sue compagne si parti dal convento e venne a Bologna per fondarvi quello di S. Giovanni Battista, dove precisamente non passarono nel 1239, e solo ne cominciarono la fondazione e fabbrica. Da un atto che si conserva nell' archivio di detto convento rilevasi che nel 1239 si edificava una chiesa in onore di Santa Maria e di S. Giovanni Battista in un guasto, ubi erat antiqua Ecclesia, et Domus Sancte Marie con autorità di Gregorio Montelungo Iegato apostolico, o che vi fu posta la prima pietra. Il passaggio poi da Ronzano a San Giovanni Battista dello suore segui nel 1241 probabilmente dopo terminata la fabbrica. Queste poscia nel 1247 lasciarono la regola di S. Marco, e presero quella di San Domenico. Nel 1265 lo suore di Ronzano passarono a Santa Maria Maddalena di Val di Preda fuori porta Saragozza. Ivi stavano i frati eremiti sotto la regola di S. Benedetto, erroneamente dai nostri scrittori detti Cluniacensi, che poscia decisero di passare alla regola di Sant'Agostino, e si unirono alla Congregazione Britinense che allora era a Fano. Indi nel 1250 essendosi la detta Congregazione unita con molte altre d'Italia a formare un corpo di religione con autorizzazione di Papa Alessandro IV, che fu detta degli eremitani di Sant'Agostino, i frati di Val di Preda passarono a S. Giacomo Maggiore, ma non è ben certo se così subito abbandonassero questo convento, perché le suore di Ronzano non vi passarono che nel 1265. Quando suor Villana Calderini passò da Ronzano a fondare il convento di S. Giovanni Battista, essa, e le sue compagne lasciata la regola di San Marco passarono a quella di San Domenico il 7 agosto 1247 con approvazione del Legato Apostolico Gregorio da Montelungo. Mediante frate Stefano Domenicano, insorse lite fra suor Balena priora di Ronzano unita a frate Giovanni priore pure di Ronzano, e contro detta suor Villana, lite che durò qualche tempo, ma che fu convenuta mercè frate Stefano.

Nel 1249 suor Balena priora di Ronzano con altre due suore passò da Ronzano al Monte della Guardia Chiesa e convento rassegnato dai canonici, che allora vi stavano in mano del cardinale Ubaldini, il quale diede a loro questo convento, ordinando che vivessero sotto la regola di S. Marco indipendenti del tutto dal priore di Ronzano, però nel 1278 avevano già abbracciata la regola di San Domenico. Essendo cosi passato alcune suore di Ronzano a S. Giovanni Battista, ed altro al Monte della Guardia, il monastero andò decadendo, sicchè nel 1265 passarono tutte le altre a Santa Maria Maddalena di Val di Preda. Allora frate Loderingo Andalò cav. Gaudente comprò la Chiesa, e il convento di Ronzano da frati e suore, che l'abbandonarono, non già a comodo dell'ordine dei Gaudenti, ma come cosa sua Allodiale. I Gaudenti erano divisi in due classi cioè conventuali e terziari ammogliati. Questi avevano e godevano ancora alcune commende. Frate Loderingo Andalò morendo convertì Ronzano in una commenda, che fu goduta dai Gaudenti sino al secolo XV nella quall' epoca i Padri di S. Domenico la comprarono da un commendatore. Quelle suore poscia di Ronzano, che passarono a Santa Maria Maddalena, di Val di Preda furono in appresso nel secolo XVI d'ordine di S. Pio V trasferite in Bologna alla chiesa e convento de' Serviti di San Giuseppe in Galliera, a cui diedero il nome di Santa Maria Maddalena, ed i frati Serviti passarono a Santa Maria Maddalena di Val di Preda fuori di porta Saragozza, e diedero a questo luogo il nome di San Giuseppe. Queste suore di Santa Maria di Val di Preda proseguirono per qualche tempo a vivere sottoposte al priore de' frati, che era a Ronzano finchè il Vescovo di Bologna Giovanni Savelli le esentò circa il 1294 dalla giurisdizione di detto priore; ma non si sa se allora cessassero dall'osservare la regola di S. Marco, e passassero a quella di S. Domenico. Da questo punto dipende il decidere se la beata Imelde Lambertini fosse domenicana o d'altra regola. Nel luogo di Ronzano hanno i Padri Domenicani recentemente fatto un'iscrizione scritta nel muro, nella quale si dice che questo convento fu fondato l'anno 1133, e qui forse vi ha errore anticipando la fondazione di molti anni. Si dice poscia, che da queste suore fossero derivate quelle di San Giovanni Battista, del Monte della Guardia e di Santa Maria Maddalena di Val di Preda. Questo è vero, ma vi è bensì errore in ciò che segue, poichè suppone che tutte questo suore fossero sino d'allora domenicane, quando invece seguirono la regola di S. Marco, e non abbracciarono quella di S. Domenico, se non molti anni dopo, e dopo essere tutte partite da Ronzano. Prosegue l'inscrizione dicendo che questo luogo fu poi comprato dai cavalieri Gaudenti, e qui pure vi è errore, perchè non i cavalieri Gaudenti lo comprarono ma frate Loderingo Andalò cav. Gaudente a comodo suo privato, e come effetto patrimoniale, ma è bensì vero, che egli morendo lo lasciò ai cavalieri Gaudenti, come si rileva dal suo testamento posto nel pubblico archivio. Termina poi l' iscrizione dicendo che Giovanni Sala cav. Gaudente allora commendatore di Ronzano vendette questo luogo nel 1479 ai Padri domenicani, essendo loro priore e maestro generale dell'Ordine frate Bartolomeo Comazzi; e perchè detto luogo era diroccato per cagione delle guerre, e la chiesa dedicata a S. Giovanni Battista quasi affatto atterrata di modo che non restava in piedi che la sola cappella della Santissima Trinità, i Padri domenicani con denaro somministrato da frate Girolamo Quirini Patriarca di Venezia, e dal cav. Lodovico Bolognini riedificarono la Chiesa dedicandola a S. Vincenzo Ferreri, ristaurando il convento, che cinsero di mura.

(1)

Diamo in nota questo interessante aneddoto che ebbe luogo quando Bologna era occupata dalle armi Austriache nella cui epoca la proprietà di questa Villa era passata al chiarissimo ed onorandissimo nostro concittadino il sig. conte Giovanni Gozzadini che fece mostra in tempi si difficili di un coraggio civile al di sopra di ogni possibile attendibilità, e che riteniamo degno di essere registrato negli annali della nostra Storia Patria:

Nel 1849 accompagnava l'esercito invasore austriaco in queste provincie monsignor Gaetano Bedini, che entrò alla coda di esso in Bologna quando da questa non fu più possibile prolungare la resistenza, o mentre vi si costituiva di fatto un assoluto imperiale governo militare, presieduto dal Gorgowski, monsignor Bedini v'inalberarava lo stemma di Pio IX ed assumeva il titolo, si direbbe onorario, di Commissario pontificio.

Durante la buona stagione egli abitava nella villa principesca di S. Michele in Bosco e vi accoglieva sfarzosamente il cardinale Altieri, il quale venuto da Roma si fermò in quella alquanti giorni. Il Bedini per festeggiare ed allegrare la dimora di questo eminentissimo, ordinò fra le altro cose cho al finire d'un banchetto s'incendiassero lavori pirotecnici e si facessero luminarie su quei colli circostanti sui quali due anni prima le artiglierie tedesche fulminavano Bologna !!! Quindi fu diramata una circolare a nome del Commissario pontificio con la quale si chiedeva ai proprietari delle ville prospettanti S. Michele in Bosco di fare o lasciar fare luminarie con fuochi del Bengala. A questa richiesta la sola famiglia Gozzadini oppose un rifiuto reciso, o fermo, ordinando inoltre che fosse impedito possibilmente l'accesso nella propria villa a coloro che volessero penetrarvi per accendervi fuochi, o che almeno fossoro smorzati i fuochi nel caso che non se ne potesse evitare l'accensione. Il Commissario non reputò opportuno fare violenza in tale emergente ma s'indispose scorgendo nella sera designata mozzatogli dallo tenebre di Ronzano il suo bel quadro risplendente di luce. Mandò quindi al giornale governativo nel dì appresso una veemente postilla da aggiungersi alla descrizione officiale dello spettacoloso trattenimento dato all'Altieri, se non che il Gazzettiere avv. Monti scorgendo che il reverendissimo era uscito dai gangheri si adoperò ed ottenne che la postilla fosso alquanto mitigata, in guisa che il giorno 11 settembre 1851 nel N° 206 della Gazzetta Ufficiale di Bologna dopo un preambolo riguardante l'eletta delle persone le quali nella sera avevano fatto corteggio all'Altieri la Gazzetta arcadicamente narrava che "le frequenti amene ville i grandi palagi ed i graziosi casini posti su tutto il pendio delle vaghe colline che prospettano a ponente la legatizia villeggiatura, apparirono d'un tratto splendide e brillanti per isvariati colori di fuochi così detti greci o del bengala i quali mentre davano a quei fabbricati l'aspetto d'uno splendido o diafano trasparente campeggiante sul fondo della scena, languidamente illuminato dalla luna e rotto da spessi razzi o fuochi d' aria presentavano leggiadro o sorprendente spettacolo ed un magico panorama alla scelta adunanza ed alla folla del popolo accorso ad ammirarlo". E qui v'era la seguente nota la quale mal celava l' ira Bedinesca. "Diamo qui i nomi delle ville principali e dei palagi che la gentilezza dei rispettivivi proprietari, consentì fossero illuminati a campeggiare nel generale sistema di questo spettacolo: Palazzo già Aldini, Palazzo Marescalchi, Palazzo Dozza, Ville Minghetti, Muzzi, Girotti, Spaggiari, ed altro componenti il gruppo di Mezzaratta: Ville Biagi, Pirotti, Contri, Cantoni e parecchi altri fabbricati disseminati nel pendio dei colli.

Fu veramente increscevole che a completare il quadro sino all'estremo suo limite rimanesse nella oscurità la villa storica o monumentale di Ronzano che l'attuale proprietario non istiimò aderire all'invito, cui tutti gli altri erano stati sollecitamente cortesi".

E bastò questo piccolo sfogo del mal accorto monsignore por far nota a tutta la citta ciò che forse sarebbe passato inavvertito, bastò a farvi nascere gran bisbiglio in tutte lo classi della popolazione. Quindi nel giorno appresso o nei seguenti giunsero a Ronzano molte carte, e lettere e visite di congratulazione e il popolo minuto faceva elogii o rallegramenti in città con i famigli di casa Gozzadini. Ma ciò che fece strepito fu un epigramma improvvisato dall' illustre poeta conte Giovanni Marchetti fatto subito noto dalla egregia moglie di lui, od era:

"Quel no magnanimo

Prezzo non ha

Oh splendidissima

Oscurità!"

II quale epigramma girò per lo bocche di tutti i Bolognesi e fu a compire la dimostrazione tosto stampato in foglietti, buon numero dei quali assortiti dei tre colori italiani venne inviato nel quarto giorno a Ronzano. Quindi lo strepito crebbe o si diffuse fuori, por mezzo di alcuni giornali che riportarono l'aneddoto e l'epigramma di guisa che bentosto a lui giungesse un tale e tanto scalpore. E ne fu punto doppiamente e arrovellato tanto che credendo poter combattere ad armi uguali un Marchetti frugò frugò un palmo sopra lo spalle o no trasse un sale veramente attico in questa parafrasi:

"Quel no balordo

Pregio non ha

Oh demagogica

Oscurità!"

Al che il Marchetti contentossi di fare quella semplicissima osservazione:

"Balordo è sdrucciolo

Da ieri in qua

Reverendissima

Asinità!"

E paro che Monsignore si persuadesse di questa irrecusabile argomentazione poiché abbandonò la palestra in cui aveva così bene esordito. Si volse invece a consigli minacciosi fatti giungere indirettamente alle orecchie dei Gozzadini che cioè sarebbe stato bene avessero passato l'inverno fuori di Bologna: essi però dichiararono che non ai sarebbero mossi se non costretti dalla forza. Se ne stettero infatti e fu invece Monsignore che partì due anni dopo per andare a godere dei primi onori della Chiesa, e dello Stato.