Via dei Pignattari, dal IV volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Anticamente detta Via. S. Ambrogio e Via della. Piazza di. S. Ambrogio (e probabilmente considerata una sola cosa con la stessa Piazza. o Corte S. Ambrogio); più tardi, Via della Brenta ed anche Via del Dazio del Vino.

La Via de’ Pignattari comincia dalla Piazza Maggiore e termina all’ incontro della Via della Colombina.

È lunga Pertiche 33. 01 ed ha una estensione di superficiali Pertiche 80. 67. 05.

Questa Via portò primieramente il nome di Via S. Ambrogio, ed anche Via della Piazza di S. Ambrogio. In seguito fu detta Via del‘ Dazio del Vino, perchè ivi era l' ufilcio d’ esazione della tassa sul vino. Dal che ne venne che i travasatori del vino, detti brentatori, vi stabilirono la Residenza della loro Compagnia Artigiana, essendovi anche un Trebbo dei Brentatori, epperciò, come apparisce da alcuni rogiti del 1700, in tale epoca questa Via denominavasi Via della Brenta.

Il nome di Via de‘ Pignattari le venne forse applicato a motivo dell’ antica Fornace da Pignatte e altri vasellami fittili, che visi trovava stabilita da Antonio e Giulio Cesare Milioni fin dal 1589, come rilevasi da una Supplica che quegli abitanti porgevano al Senato, in data 30 giugno di detto anno , instando perchè la Fornace stessa venisse di là tolta; o più probabilmente forse a motivo della Residenza che vi aveva pure l’ Arte de’ Pignattari, ai quali una Legge ordinava: "dovessero stare nella loro strada che va al Salario fino in capo alla strada dov'è il Dazio della Malvasìa".

Via de’ Pignattari - Lato destro per chi vi entra dalla Piazza Maggiore.

N. 1218-1219. - Residenza dell’ Arte dei Notari, detta Palazzo dei Notari o Palazzo del Registro.

L’ anno 1239 fu l‘ ultimo nel quale si riconobbero i Notai nominati dalle autorità imperiali; e l‘ ultimo di essi, la cui nomina emanava da un Conte Palatino; fu un: Iulianus filius Alberti Paini, de Bargo Galeriae, viso privilegio D. Comitis de Panico - come leggesi nella Matricola Notarile.

La mutazione provenne certamente dalla seconda scomunica che s’ ebbe l’ imperatore Federico II. Però già fin dal precedente secolo, e precisamente del 1157, il Popolo di Bologna aveva cominciato a crear esso de’ Notai che perciò appellavansi: Notari Populi Bononiensis. Ma l’ imperatore Federico II, che tendeva a rimettere tutti e singoli i suoi pretesi diritti in Italia, cominciò a creare Notari per le diverse città della nostra penisola; sicchè trovasi notato nella matricola di Bologna - per esempio -: Anselmus, Notarius factus a Populo Bononiensi, confirmatus a Federico II imperatore.

La Matricola de’ Notari di Bologna comincia del 1220; dopo tale istituzione i Notai venivano creati dal Popolo e dal Podestà.

Nel 1246 si hanno i primi riscontri della Compagnia dei Notari, dallo Statuto della medesima, datato 11 luglio di quell’ anno. In esso leggesi la prescrizione che gli aspiranti al notariato dovessero subire un esame da quattro Notai a eleggersi dai Consoli Artis Tabellionatus - esame che prima d’allora davasi dal Podestà solo. Dal medesimo Statuto poi, che andò in vigore l’anno 1249, è determinato il programma cui dovevansi attenere i suddetti Quattro Esaminatori: qui inquirant qualiter sciant scribere, et qualiter legere scripturas, quas fecerint vulgariter et litteraliter, et qualiter latine, et dictare. - Die Lunae, 9 intrante Julio.

Nel 1247 già s’incominciano a trovare nella Matricola i sei Consoli di cui sovra. e da ciò si congettura che la Compagnia de’ Notari fosse già eretta; infatti d’allora cominciasi a trovarla noverata con le altre Società o Compagnie d’Arte della Città. I detti sei Consoli tenevano luogo, in questa Compagnia, dei Ministrali che presiedevano l‘altre, non godendo d’alcuna speciale prerogativa fuor di quelle comuni ai Ministrali tutti delle altre Arti - eccezione fatta però per quella de‘ Cambisti, i cui Ministriali soltanto godevano certi speciali privilegi.

Il Proconsole dei Notari, detto poi Correttore, non venne istituito che più tardi. È fuor di dubbio però che già fossevi del 1283, anno in cui il Papa ed i Consigli ordinavano che il Capo del Collegio de’ Notari - dettoProconsole - che durava in carica mesi sei, intervenisse alle adunanze dei Consigli.

Nel 1328 la carica di Proconsole fu soppressa e gli fu sostituito un Priore, che durava in carica soltanto per un mese. Ma nel 1334, fu ripristinata la carica col titolo di Proconsole - titolo che per altro nel 1338 troviamo cambiato con quello di Correttore.

Addì 22 dicembre 1487, fu ordinato ai Notai di tenere un Protocollo nel quale trascrivere qualunque istromento facessero, sotto pena d’una multa di L. 100 a pagarsi per ogni mancanza constatata di tal genere.

Rolandino Passaggieri, figlio di Pietruccio (altri dicono di Rodolfino) e di madonna Fioretta - Dottore in Arte Notarile - Anziano fin dal 1256 - nominato, il 24 maggio 1278, Giudice Compromissario de Consiglieri delle Compagnie Artigiane di Bologna per provvedere a diverse loro occorrenze urgenti (come risulta da un rogito di Jacopo Cassetti) - e che morì nell‘ottobre dell’anno 1300 fu uno dei fondatori, e Benefattore del Collegio de’ Notari del quale fu Capo ed il primo a portarne il titolo di Proconsole, come ce lo attesta un rogito di Delfino di Deodato, Notaro della Camera degli Atti di Bologna.

Da nessuna Memoria risulta da quali Notai venisse coperta la carica di Priore, che durò, come si disse, dal 1328 al 1333. Un Giovanni Dalle Sardelle fu il Proconsole nominato nel 1334; e l‘ultimo a portare tale titolo fu un Niccolò di Giovanni Magnani, nel 1337.

Il primo insignito col titolo di Correttore, nel 1330, fu un tal Giacomo di Pietro Mussolino, di Argelato; e l’ultimo fu il dottor Serafino Betti, estratto il 27 settembre 1797. Si noti che al grado di Correttore era annesso uno stipendio od onorario di annui Scudi ventuno. - Il 26 dicembre 1797, la corporazione notarile di Bologna, detta allora Università de’ Notai, dovette consegnare al Demanio, per ordine dei francesi, i propri beni producenti un’annua rendita di Scudi 624. 92. 4., ed il cui valore capitale ammontava a Scudi 30,973. 47. 1. Questo valore fu però restituito nel 1800 e ripartito fra i membri del Collegio Notarile - corporazione che già erasi costituita in luogo dell‘antica Compagnia, addì 23 settembre 1799, ma che per ordini superiori francesi venne nuovamente sciolta e soppressa nello stesso anno 1800.

Prima dell’edificazione di proprie Case o loro Residenza, i Notai bolognesi tenevano le adunanze nel Palazzo Vescovile; e per l’esercizio della loro professione avevano delle Botteghe, molte delle quali situate sulla Piazza Maggiore o ne’ dintorni. Nell’ incendio delle Botteghe del Pavaglione, avvenuto nel 1428 in seguito ad una sommossa, bruciarono pure molte Botteghe di Notai e così v’andarono perdute molte scritture.

L'Alidosi opina che i Notari possedessero delle Case poste in questa località, nelle quali tenessero le loro adunanze epperciò vi costituissero lo loro Residenza, fin dal 1256. E ciò è assai probabile. Dell‘attuale casamento, la parte più antica è quella prospiciente a mezzodì; la più moderna, quella rivolta a settentrione.

Il Ghirardacci racconta che 1‘anno 1278: "Il Comune di Bologna diede buona somma di dinari a Rolandino Passaggieri, Primicerio della Compagnia della Croce del Popolo di Bologna, che grandemente in questi tempi fioriva, il quale, avendo lasciato lo studio e 11 scuolari, talmente si era occupato nell‘onore e nella fabbrica di detta Compagnia, che speso vi aveva di molte delle sue facoltà." - Poi sotto la data dell’anno 1287, allo stesso proposito soggiunge: "Cominciarono a comprare Casamenti nei più nobili ed onorati luoghi della Piazza di Bologna; di modo che in poco spazio di tempo fecero (come è detto) con meravigliosa industria una Fabbrica che per grandezza si diceva il Palazzo dei Notari, che fu fatto del 1287, e successivamente nel 1293, comprando da quella parte che è nel prospetto della Piazza, presso la Via chiamata Le Chiavature". - Questultima parte delle riferite notizie dateci dal Ghirardacci, il quale però non cita le fonti cui le attinse, farebbe sospettare che di quei giorni la Via delle Clavature fosse maggiormente prolungata che non al presente ed occupasse anche parte dell’ attuale suolo della Piazza, anzi, che imboccasse la Via di Porta Nuova.

L’Alidosi ci narra che del 1299 i Notari affittavano parte del loro casamento a Giacomo Parisi, che del 1301 comprarono un "Casamento nella facciata della Piazza, presso la loro Compagnia, da Guglielmo Rusticani per L. 850"; - che del 1314 "comprarono la Casa del Dottor Martino Solimani, nella Cappella di S. Croce"; - e che addì 26 agosto 1317 "lo stesso Solimani, mentre abitava in Rimini glie ne vendesse una seconda per L. 400". Qui si fa però notare che il Dottor Martino Sullimani, della parrocchia di S. Geminiano, fece il suo testamento, a rogato di Aimerico Orandini, e da esso appare che il nominato dottore non abitasse in alcuna delle Case che l’Alidosi ci dice vendute poi dal medesimo ai Notari.

Il Ghirardacci continua nel seguente modo, all’oggetto in discorso, sotto la data dell’anno 1381: "Di quest’anno, la Compagnia dei Notari diede principio e poi finì il nuovo Palazzo loro, posto sulla Piazza di Bologna; e Giacomo Griffoni, deputato in sovrastanza alla detta Fabbrica, desideroso di vedere la sua Patria da ogni parte di bei Edifici adornata, con molta sollecitudine vi si adoprò per condurla felicemente al desiato fine". - Ed in questo il Ghirardacci ha consentaneo l’Alidosi; il quale poi accerta che addì 1 ottobre 1387 in detto nuovo Palazzo tennero la prima adunanza i Collegi ed i Massari delle Arti.

Ove sorse il Palazzo dei Notari, vedevasi nel 1340 una Loggia a tre ordini di banchi per uso de’ pescatori; e sul canto, verso la chiesa di S. Croce, una barbierìa, poi una spezierìa, e quindi alcune taverne; e vi passava un condotto d’acqua scoperto. Per questa fabbrica inoltre fu occupato il suolo della Loggia detta de’ Cavalieri, prospiciente Piazza Montanara (ora dell‘Aurora); e si chiuse la Via delle Pescherie, che trovavasi ove presentemente vedesi il negozio di maioliche e vetrami del Mellini (1).

Nel luglio dell‘anno 1422, i Notari bolognesi elessero a loro Santo Protettore o patrono S. Tommaso d'Aquino. E anche oggidì si continua a solennizzare dal nostro Collegio Notarile la festa di detto santo, nella magnifica Cappella a lui dedicata, che trovasi al 2° piano superiore del Palazzo stesso, restaurata e adornata nel 1790 (2).

Sotto lo stesso anno 1422, il Gherardacci narra, che: « In diversi tempi il "Legato Alfonso Carilla, insieme colla Compagnia de‘ Notari fece fabbricare il Coperto nuovo del Palazzo nuovo di detta Compagnia, che confina colla Chiesa di S. Petronio, e per sostegno di quella fabbrica le furono fatte sei catene grandissime che vanno dall‘uno all’altro muro di detto Palazzo, il quale fecero porlo tutto in volta di due piani, cioè volta sopra volta, tutte di pietra cotta; ed andarono a terra certe piccole case che erano dietro il detto Palazzo, e vi fecero una bellissima Loggia, con un Muro merlato attorno, nel quale, verso S. Petronio, si fabbricò una bella Porta grande, sopra la quale è l‘Arma del detto Legato, scolpita in lapide di marmo e dorata di sopra; dentro la qual porta, a man diritta è una Scala di pietra in volta, per cui si sale al detto Palazzo; e nella Scala di sopra fecero la Camera del detto Legato. L'Arma sua si trova hoggidì posta nella stanza avanti l‘entrata della Trapea, et anco in alcune volte affissa". - L'Alidosi dice a un di presso le stesse cose circa la fabbrica e aggiunge che allora vi abitava il Legato Infatti, nel 1410 era successo che il Legato, Baldassarre Cossa, per la venuta a Bologna del papa Alessandro V , cui cedette il proprio alloggio, passasse ad abitare nel Palazzo de‘ Notari, ove per risarcimenti il Comune dovette spendere L. 940. 13. 0.

L’Alidosi ci apprende: che il 22 settembre 1429 gli Anziani ed altri Reggitori della Città presero in affitto questo Palazzo per l’annua pigione di L. 750; che il 4 aprile del 1430, su questo Palazzo fu posta una Campana del peso di libbre 3,500, per la chiamata de‘ Magistrati - campana che fu poi di là tolta nel 1435, dal Governatore Pontificio, Giacomo da Treviso, vescovo di Concordia; che nel 1435 vi davano udienza i XVI Riformatori; - e finalmente - che il 20 marzo 1437 fu in Bologna giustiziato Giacomo Ricevuti per ferite fatte in questa residenza degli Anziani ad Egano Lambertini, il quale in seguito ne morì.

Nello stesso anno 1437, il 18 febbraio, dal pontificio Governatore di Bologna venne conceduta alla Università dei Notari una certa area di suolo scoperto aderente al loro Palazzo.

Per la seconda venuta di papa Giulio II a Bologna, il quale volle per se libero il Palazzo del Comune, gli Anziani occuparono questo dei Notari, i quali passarono nella Residenza della Compagnia de’ Maestri di Legname.

Due stanzoni, a volta, di questo Palazzo erano destinati alla raccolta di di tutti gl’Istrumenti ed Atti Notarili, che venivano custoditi dal Soprastante e da’ Notai incaricati del Registro - dal che glie ne venne la denominazione altresì di Palazzo del Registro. E gli Ufficiali del Collegio de’ Notari, detti di Trapea, che prima adunavansi in uno stanzone de’ locali notarili della Podesteria, cominciarono nel 1564 a tener le loro convocazioni ne’ due stanzoni sovraindicati.

Nel 1442 fu stabilita la così detta Salara, o Magazzino per lo smercio del Sale, in alcuni dei locali del piano terreno di questo Palazzo, che danno sulla Via de’ Pignattari, ove rimase fino all’anno 1801 in cui ne fu tolta. E ciò ad onta che fin dal 27 marzo 1610 fossevi un Decreto, che stabiliva il trasporto della Salara, esistente sotto al Palazzo de’ Notari, al Nuovo Emporio, in faccia al fianco di S. Petronio, dalla parte del campanile, nelle Case che il Collegio de’ Notari aveva già od avrebbe in seguito comprate dai conti Rodolfo e figli Isolani, per essere adattate al detto uso, come da disegno di Pietro Fiorini.

La Loggia di questo Palazzo, verso la Piazza, servì per moltissimi anni di passeggio alla Nobiltà, e in seguito di quest’uso forse fu poi chiusa, stabilendovisi la così detta Braveria o radunanza dei Nobili che vi convennero fino al 1713 - anno in cui la Braverìa venne traslocata in due stanze sotto il Portico della Morte.

Nel secolo XVII, i Fuochi di gioia, od apparati pirotecnici, bruciavansi sulla corona merlata di questa Residenza.

Questo edifizio è isolato; ed è confinato a tramontana dalla Piazza Maggiore, a levante dalla Via de‘Pignattari, a mezzodì dal Vicolo di Santa Croce, ed a ponente dalla Via S. Mamolo.

Nel 1797 il Palazzo dei Notari fu stimato del valore di Scudi romani diecimila.

Si oltrepassa lo sbocco del Vicolo di S. Croce.

Sull’altro lato della Via de’Pignattari - ove stendesi la grandiosa Basilica di S. Petronio - e precisamente in corrispondenza allo sbocco di questo Vicolo, era un dì la Chiesa parrocchiale di S. Croce, appartenente all’Ordine de‘Cavalieri Gerosolimitani di Malta, e che vuolsi dapprima fosse proprietà de‘Cavalieri Templari. Fu demolita per la fabbrica della grande Basilica, nella quale fu perciò eretto un Altare speciale cui fu deferito ìl titolo della chiesa suaccennata.

Da una Divisione fatta il 14 aprile 1288, a rogito di Milamento Milamenti, fra Pietro, Lorenzo, Azzone e Giovanni, fratelli Cazziti, risulta che i medesimi possedevano una "Casa situata sotto la Cappella dì S. Croce" e che prima aveva appartenuto a Francesco Rustigani.

N. 1215 - 1214- 1213 - 1212 - Case che appartennero un dì alla Commenda dell’Ordine de’ Cavalieri Gerosolimitani di Malta, detta della Masone, che vuolsi successa ai Templari, come si disse, allorchè questi furono soppressi e distrutti.

Si oltrepassa lo sbocco del Vicolo detto Bagnolo.

Il 29 agosto 1624, fu decretato concedersi all‘abate Giacomo Franzoni, a Girolamo Magliani ed all’Università dei Brentatori, di chiudere con cancelli di legno i due sbocchi dell'angusto Vicolo Bagnolo, situato trasversalmente fra la Via S. Mamolo e la Via de’ Pignattari, e che dà àdito alle case già dei tre proprietari sovranominati, a patto che i detti cancelli rimanessero aperti di giorno e chiusi di notte.

Ciò sussiste ancora; anzi ora i cancelli sono sostituiti da portoni (3).

N. 1211. Sull’area di codesto fabbricato pretendesi che nel 1257 esistessero le case di Felicino e di Ardizzone di Guido da Milano, stipiti della ricca famiglia Felicini. Attualmente la Casa che vi sorge è di proprietà delle Scuole Pie.

N. 1210-1209. Casa e Residenza dell’ Arte de’ Brentatori. - Fra gli stabili segnati coi N. 1211 e 1210 trovansi gl’indizii d’ una Viuzza chiusa da tempo remoto, e che presumibilmente doveva essere quella cui riferivasi un Decreto del 30 giugno 1480, col quale si ordina, che: "la strada turpe, inutile, incomoda, e da niuno frequentata, fra Bartolomeo Felicini e maestro Gaspare da Milano, armaruolo, in contrada del Monastero dei Celestini, ossia della Piazza Maggiore (Via S. Mamolo) sia chiusa da ambe le parti con muro a spese dei due suddetti confinanti e delli vicini".

La Residenza in discorso era nella casa segnata col N. 1209, la quale è confinata: a tramontana da quella del N. 1210, attinenza della medesima; a levante dalla Via de’Pignattari; a mezzodì con una proprietà Banzi; e a ponente con un vicoletto particolare.

Gli Statuti della Compagnia de’ Brentatori -- anteriormente costituita e riconosciuta fin dal 1407, con l’obbligo però che dovesse prestar l’opera de‘suoi addetti in casi d’incendi - datano dal 1410; il 3 novembre 1614 furono riformati. Il Massaro de’ Brentatori non figurava fra i Tribuni della Plebe. I Brentatori avevano l’obbligo, al segnale dato dalla campana della Torre degli Asinelli, di accorrere agl’incendi e portar acqua con le loro brente affine di contribuire alla estinzione.

Codesta Compagnia aveva il jus di bollare le brente, le castellate, le barille, i mastelli e gli altri vasi vinari co‘ quali travasavasi e vendevasi il mosto od il vino.

Nel 1556 la compagnia fu colpita da sospensione nelle sue ufficiali comparse o sortite in corpo; ma - 118 anni dopo - addì 30 aprile 1674, primo giorno delle Rogazioni, ricomparve alla funzione il di lei Signifero, vestito in gran gala, di damasco pavonazzo, in grazia del permesso di riapparizione ufficiale accordatole dal Reggimento o Governo locale.

Il 13 agosto 1752, per la prima volta la Compagnia de’Brentatori solennizzò la festività del B. Alberto di Villa d’Ogna, frate domenicano, sceltosi a patrono della loro corporazione per avere egli esercitato un dì il loro mestiere.

Calati in Italia i francesi nel 1797, addì 22 diccmbre, per loro decreto il Demanio prese possesso anche dei beni di questa Compagnia, cui però furono resi nel 1800.

I Brentatori avevano dei posteggi stabili o punti fissi di ritrovo in di verse località della città, ai quali davasi il nome di Trebbi, il cui numero salì a dieciotto, che noi indicheremo distintamente con le rispettive denominazioni:

1. - Trebbo di S. Petronio - sotto il portico della Residenza della Compagnia de’ Brentatori, in questa Via de’ Pignattari.

2. - » di S. Procolo - sotto il portico, al canto fra via S. Mamolo e _ Via Urbana.

3. - » delle Muratelle - sotto il portico, al canto fra Via Saragozza e Via del Collegio di Spagna.

4. - » del Palazzo Ranuzzi - al canto fra Via dei Vasselli e Via de’ Ruini.

5. - » di Strada Castiglione - sotto il portico in Via Castiglione, di faccia allo sbocco di Borgo degli Arienti.

6. - » di S. Biagio - in Via S. Stefano, sotto il portico, fra il Macello dell‘ Ospitaletto e la Farmacia Zannoni.

7. - » di S. Tommaso o di Strada Maggiore- in Via Cartoleria Nuova, presso la chiesa del detto Santo.

8. - » di S. Vitale - all’ estremità del portico al lato destro di Via S. Vitale, presso il canto fra detta Via e la Seliciata di Strada Maggiore.

9. - » di S. Cecilia - sulla piazza del Teatro Nuovo, (ora Teatro Comunale) sotto il portico, nel punto ove si vede una Madonna fissa al muro posteriore della soppressa chiesa di S. Cecilia.

10. - » dei Bentivogli - sotto il portico, al canto fra la Via Mascarella e quella detta Borgo della Paglia.

11. - » del Borgo S. Pietro - nella Via dello stesso nome, al principio del portico a mano manca.

12. - » di Galliera - presso al Macello, dirimpetto alla chiesa di S. Bartolomeo a Reno.

13. - » della Sega - in Via Ripa di Reno sotto il breve portico appena passata la così detta Sega dell’ Acqua, fra gli sbocchi della Via Azzo Gardino e della Via Borgo Polese.

14. - » di S. Lorenzo o di Porta Stiera - fra la chiesa di tal nome e la vicina farmacia, in Via S. Felice, sotto al portico, presso al canto ove comincia la Via delle Lamme.

15. - » dei Poveri - in Via Nosadella, sotto il portico, di faccia alla chiesa della B. V. dei Poveri.

16. - » di porta Ravegnana - sotto il portico ove hanno principio comune la Via S. Stefano e la Via Castiglione, presso alla farmacia detta delle Due Torri.

17. - » dei Casali - in Via Ponte di Ferro, sotto il portico del Teatro Bruciato.

18. - » degli Spada - sulla piazzetta degli Spada, sotto il portico ov’è quell’ arco di buona architettura che fu già dei Leoni.

Sul canto fra la Via de‘ Pignattari ed il Vicolo della Colombina, vedesi‘ tuttora un Pilastro - a sezione orizzontale rettangolare, con mezze colonne circolari su tre delle sue facciate - avanzo dell’ antico Palazzo del Comune di Bologna. È incerto se detto palazzo sia stato edificato nel 1121, come opina il Ghirardacci, e se per la sua costruzione siansi comprate delle case della famiglia Scannabecchi, come asseriscono altri storici. È bene avvertire, a buon conto, che a quei giorni non esisteva nè quello nè altro cognome o casato stabile per i membri e discendenti d’una stessa famiglia. Il Palazzo in discorso aveva la sua principale facciata sulla via S. Mamolo, ed il fianco destro pro spiciente la Piazza Maggiore, che estendevasi in allora fin alla chiesa detta della Baroncella; mentre poi la parte posteriore del medesimo dava nel cortile detto Corte o Piazza di S. Ambrogio, dalla chiesa di quel Santo che v’esisteva. Non sono molti anni che in Via de‘ Pignattari vedevasi ancora un grande Arco foggiato ad uso Porta di città, e che era l’ ingresso posteriore dell’antico Palazzo - abbandonato poi nel 1179 dalle Autorità Comunali che trasportarono lor sede nelle Case de’ Bulgari, e più tardi, da queste nell’edifizio conosciuto in seguito sotto il nome di Palazzo del Podestà. Si hanno memorie che attestano che l’ 8 novembre 1203, in cui furono segnati i confini della Corte di S. Ambrogio, questa aveva tuttora limitrofa la Casa del Comune.

La Chiesa di S. Ambrogio, dalla quale aveva preso nome quella Corte, era parrocchiale non solo, ma l’antico Tempio del Comune di Bologna, e fu demolita nel 1420 per dar luogo alla Basilica di S. Petronio. Nel Libro delle Riformazioni trovasi un decreto del Comune col quale era stabilito che il Podestà, il Capitano e i Consoli debbano ogni anno, nel giorno del Santo Protettore di Bologna, visitar questa Chiesa, ed offrire al Rettore della medesima tante candele di cera per il valore di L. 10.

Nella Corte di S. Ambrogio, verso il 1289, pubblicavansi i Bandi, ossia gli ordini delle autorità imperanti nella città e precisamente ciò eseguivasi dinnanzi alla casa di messer Oddofredo. Si sa che questa Corte aveva a levante la Chiesa suaccennata, ed a ponente l‘antico Palazzo del Comune. Ma come combinarvi dunque la coesistenza, in detta Corte, di tante abitazioni ricordateci dagli storici e cronacisti, come ivi ubicate, mentre tanto è evidente l'angustia di codesta Corte, e due lati n'erano già occupati da pubblici edifizi?... Un solo mezzo di spiegazione ragionevole si può avere; ed è ammettendo che l‘intera Via de'Pignattari, che allora dicevasi Via S. Ambrogio, fosse tenuta in conto di parte integrante della vera Corte stessa, epperò assieme ad essa appellata indifferentemente: Corte S. Ambrogio. E ciò tanto più sembra probabile se si considera l’aspetto che anche oggidì questa Via presenta - vista dalla Piazza - che è quello d'un lungo cortile anzichè d'una via, non iscorgendovisi alcuno sbocco nè curva che uno permetta supporne.

Si passa qui a dare notizia delle principali Case, delle quali ci pervenne memoria come esistenti nella detta Corte di S. Ambrogio.

I Geremei vi abitavano nel 1171.

Guido di Bonmartino Capioli vendette al Comune le sue Case situate nella Corte di S. Ambrogio, l‘11 dicembre 1178, con rogito di Lamberto, notaio comunale, nel quale sta scritto che le case stesse confinavano a tramontana con la proprietà degli Eredi Tambono, a levante con quella degli Eredi Pritoni, a a mezzodì con la Casa del Comune, ed a ponente con la Curia di S. Ambrogio.

Enrico d’Argenta, notaio, il 6 settembre 1210, acquistò da Alberghetto di Corporaso tutto il legname, l’edificio e corpi di una Casa posta nella Corte di S. Ambrogio, nella Contrada di Porta S. Procolo . - vale a dire: Via S. Mamolo.

I Felicini vi avevano le loro Case nel 1257, come qui si dirà ma in punto più opportuno.

Ugolino, primo a intitolarsi dei Presbiteri (perchè nipote del prete Uguccione, Rettore di S. M. Rotonda) - da non confondersi con la famiglia Preti - vendette la sua Casa, situata in questa Corte, al padre del famoso giureconsulto Giovanni Andrea.

Nel 1248, il 30 novembre, come risulta dal rogito di Filippo Cassabovi, il dottor Oddofredo pagava a madonna Diambra de’ Libri, a Bonacossa Onesti, ed a Enrichetta di Corporasorani, soldi 15 e denari 8 per pigione di un terreno sul quale erano le Scuole da lui tenute in Corte S. Ambrogio.

Nel 1254, addì 16 luglio, con rogito di Ugolino Ugolini, il dottore Oddofredo da Storlito comprava da Araldino de’ Vari del terreno sul quale è l’edificio delle Scuole di detto Oddofredo in Corte S. Ambrogio, per L. 156.

Nel 1255, addì 20 gennaio, come da rogito di Giacobino Araldini, il dottor in leggi Oddofredo pagava ad Enrichetto Corporaso (orig. Corporato, ma è probabilmente da correggere con corporaso, anche se il Breventani non se ne accorse) soldi 31 e denari 4, per pigione di terreno ov' erano le Scuole del dotto dottore presso la Corte S. Ambrogio.

Nello stesso anno 1255, il 4 luglio, con rogito del medesimo Giacobino Araldini, assolvevasi un Ugolino, maestro muratore di diversi lavori fatti nelle case del dottor Oddofredo in Corte S. Ambrogio.

Nel 1256, il 3 d'ottobre, come da rogito di Michele Vinciguerra, il dottor Oddofredo comperava dal canonico Gherardo da Fermo un Decreto scritto in carta pecora, in lettere nuove per L. 100.

Nello stesso anno 1256, addì 15 dicembre, con rogito dello stesso Vinciguerra, un Rambertino Bualelli vendeva per L. 37. 10. ad Onesto, fratello del dottor Oddofredo, la quarta parte del terreno dov‘erano le Scuole del dottore medesimo.

Nel 1257, il 30 settembre, come da rogito del nominato Vinciguerra, Onesto Oddofredi prese possesso del terreno sul quale trovavansi le Scuole di suo fratello, le Case di Feliciano ed Ardizzone di Guido da Milano, ed altre Case prossime a quella di Oddofredo.

Pure nel 1257, addì 5 ottobre, il dottore Oddofredo comprava da Giovanni, figlio del cardinale Bonifazio dei Conti di Lavagna, genovesi, un’altro Scritto in lettere antiche; e questo per la somma di L. 38, come da rogito del più volte nominato Vinciguerra.

Nel 1260, il 23 agosto, mediante rogito di Ugolino Ugolini, il dottor Oddofredo comprava da Onesto, suo fratello, un terreno situato nella Corte di S. Ambrogio, per la somma di L. 156.

Gli Oddofredi abitarono nella Corte di S. Ambrogio. ove il dottor Oddofredo tenne Scuola di Leggi. Il loro casato era: Denari - e ciò forse a motivo della loro opulenza. Oddofredus , Bonacursii Denarii Jurisperiti filius, scribebat anno 1260, jam senex, qui anno 1228 uxorem duxit et ex ea liberos habuerat. Morì del 1268.

Il figlio del più volte accennato Oddofredo, dottor in leggi, per nome Alberto e dottor in leggi egli pure, fece il suo testamento a rogito di Andrea Albertini, il 22 febbraio 1299. Crediamo far cosa grata ai nostri lettori, dando qui loro in riassunto alcune disposizioni di tale suo Atto di ultima volontà.

Accenna anzitutto la sua Casa, che fu di Onesto e degli eredi di lui, Oddofredo e Riccardino, e la quale dice confinante: a tramontana e mezzodì con pubbliche vie; a levante con proprietà degli eredi di Ugolino (stipite dei Presbiteri, come si disse); ed a ponente con la Curia di S. Ambrogio.

Lascia L. 50 di bolognini ai PP. Predicatori, per l‘ erezione d'una Truna superiormente alle volte che sovrastano agli altari di S. Giacomo e di S. Lorenzo nella Chiesa di S. Domenico, ed affinchè nella medesima Chiesa facciansi due nuovi Altari, l’uno in onore di S. Mattia apostolo, l’altro di S. Caterina.

Lascia annualmente ai PP. Domenicani e Francescani di Bologna, anzi a tutti i conventi e monasteri ed all’intero Clero della città e contado, tanto Frumento quanto loro è necessario per fare le Ostie per l’annata. E loro lascia altresì annualmente, per le Messe, corbe trentasette del miglior Vino di Albana delle sue possessioni di Castenaso, ripartito nelle seguenti proporzioni:

Ai PP. Predicatori Domenicani . . . . . . . - Corbe 15.

» » Minori Osservanti Francescani . . . . . . . . » 10.

» » Eremitani . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 5.

» » Carmelitani . . . . . . . . . . . . . . . . . » 4.

» » Serviti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3.

___________

In totale, Vino:. . . . . . . . . . . . . . - Corbe 37.

Lascia inoltre, annualmente, ed in Lire di bolognini, le seguenti somme da erogarsi in Messe:

Ai PP. Domenicani per. . N. 1000 Messe annue -- L. 15.-- annue.

» » Minori Osservanti » 500 » » -- » 7.-- »

» » Eremitani . . . . » 334 » » -- » 5.-- »

» » Carmelitani . . . » 100 » » -- » --.30.»

» » Serviti . . . . . » 100 » » -- » --.30.»

_______ ________

In totale, per N. 2034 Messe annue -- L. 30.10.annue.

Più per Messe a celebrarsi in suffragio dell’anima de’ suoi parenti defunti, cioè di suo padre Oddofredo e del di lui fratello Riccardino - di Giuliana, propria madre - della propria sorella . Lazzarina - e della propria figlia, Niccolina - lasciava:

Ai PP. Domenicani per . . N. 334 Messe annue - L. 2. 10 annue.

» » Minori Osservanti. » 334 » » - » 2. 10 »

» » Eremitani. . . . . » 200 » » - » 2. 10 »

» » Carmelitani. . . . » 100 » » - » 1. 5 »

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In totale, per N. 988 Messe annue - L. 8. 15 annue.

E vi si aggiunge che tutto il denaro occorrente per tali lasciti dovevasi prelevare dalle pigioni annue delle sue Case che possedeva in vicinanza della Piazza del Comune, ed affittate ai Beccari o Macellai, mediante rogito di Albertino da Badalo.

Dal citato Testamento risulta eziandio che il testatore possedeva altresì delle altre Case dal lato di sera della Curia di Bologna, dove sono le Beccarie , ed altre ancora presso le Beccarie, dalla parte inferiore.

I Denari, poi Oddofredi provenivano da Benevento ed erano venuti a Bologna nel 1216.

Nel 1245 avevan casa in via Val d’Aposa; terreni a Medicina nel 1247, a Vedrana nel 1270, a Castenaso nel 1297. In S. Francesco del 1299, avevano già una cappella e sepoltura ornata poi da magnifico mausoleo oltre quella in S. Domenico.

Nel 1298 possedevano beni ed un palazzo a Villafranca di Varignana, ridotto poi a fortilizio.

Fini questa illustre famiglia in Livia d’ Alberto, nipote di monsignor Domenico, ultimo maschio degli Oddofredi. Essa erasi maritata con Annibale d’ Antonio Gandolfi, e così portò l’eredità ed il cognome de’ suoi ai Gandolfi.

N. 1208 - 1207 - 1206 - 1205 - Case degl’Isolani, ora dei marchesi Banzi.

L’ 11 agosto 1539, a rogito di Cesare di Lodovico Panzacchia, faceva testamento Giovanni Francesco di Giacomo Maria Isolani, In detto testamento ricordasi un casamento con due case e quattro botteghe, situatesotto la Baroncella, nella via che dalla Piazza va al Dazio del Vino.

Il 7 marzo 1555, Alamanno Isolani, a rogito di Battista di Monsino Aliotti, afilttava a Cornelia Malvasia una casa ad uso del Dazio del Vino, sotto la parrocchia della Baroncella e segnata co’ N. 1206 e 1205; nonchè un’ altra Casa per uso d‘ Osteria all’ insegna della Fontana - fabbricati situati presso altri beni del locatore e quelli della Compagnia de’ Brentatori - per l’ annua pigione di L. 150 oltre a tre boccali di malvasia.

Si fa qui osservare che, come risulta da un rogito - di Benoro Marzi, del 1452, il Dazio sul Vino fu affittato dal cardinale Bessarione per L. 12,000 a Francesco di Giovanni Canonici, ed a Giacomo di Tommaso Montecalvi.

Già si disse, parlando del Palazzo dei Notari, che per decreto del 27 marzo 1610 era stato stabilito che la Salara o Magazzino per lo smercio del sale che trovavasi al pian terreno del Palazzo suddetto, sul canto della Piazza Maggiore, venisse trasferita al Nuovo Emporio, costrutto in prospicienza del mezzodì, e di fronte al fianco della chiesa di S.Petronio, dalla parte del campanile, in certe case dal Collegio de’ Notai acquistate o da acquistarsi dal conte Rodolfo Isolani e dì lui figli, per esservi a tale uso adattate secondo il progetto del pubblico architetto Pietro Fiorini. presumibile però che tale traslocamento ‘non avesse poi effettiva esecuzione, e che piuttosto la Salara sia stata soltanto trasferita dal pian terreno del suaccennato canto in altri locali a terreno del Palazzo stesso in Via de’ Pignattari. Perocchè le indicate Case degli Isolani passarono alla famiglia Serafini, la cui eredità - par la morte di Esmeralda Brigida del fu Isidoro Serafini (che aveva preso il velo sotto il nome di suor Maria Placida) avvenuta il 19 febbraio 1756 - passò a Nicolò Barbieri-Beroaldi comprendendosi nell’ eredità stessa Un Casamento grande, tre botteghe ed un forno da massaria (4) nella Via della Brenta e dei Pignattari e dello Stradello detto Colombina, e che confina coi PP. di S. Giuseppe, coi Fontana, e colla Residenza dell’Arte dei Brentatori e le dette vie. Ultimamente poi gli stessi stabili erano passati in proprietà dei marchesi Banzi.

(1) Quel presentemente è riferibile all’anno in cui scriveva l’ autore di queste Memorie. Ma all’epoca in cui viene dato alle stampe quest’ opera dovrebbesi scrivere: ove presentemente vedesi il negozio di certo Padovani, che vi smercia castagne e frutta secca. (Nota dell’ Editore ).

(2) Da parecchi anni tale solennità, spogliata dalle pompe musicali di canto e strumentazione che la rendevano famosa, al tempo in cui scriveva l'Autore di queste Memorie, è ridotta ora ad una festicciuola prettamente ecclesiastica, di nessun grido e di accorrenza pressoché inavvertita. (Nota dell’ Editore ).

(3) E presentamente i detti portoni, o piuttosto posterle, stanno chiuse non solo di notte, ma anche di giorno, non avendo diritto d‘entrare in tale Vicolo, come in quello di Santa Croce, che coloro che vi tengono l’ingresso ai loro domicilii. (Nota dell’ Editore).

(4) A Bologna, anche oggidì, con la denominazione di Forno da Massaria s’intende designare un di quei forni ove mediante proporzionale ma tenue compenso si cuoce per conto dei particolari che vi portano pane essi stessi dopo averlo fatto in casa loro; mentre per i forni normali, ove trovasi cioè panificio, forno e smercio di pane, tutto per conto de’ proprietari del forno stesso, usasi la denominazione di Forno da Scaffa. (Nota dell'Editore).