Altaseta (Via)

Via Altaseta.

Da via Saragozza a via Capramozza.

Quartiere Saragozza.

Prima documentazione dell'odonimo: 1692 (Altaseta).

Lo Zanti, l'Alidosi ed il Salaroli descrissero per via Altaseta quella che oggi è via Palestro (già Belvedere di Saragozza), mentre descrissero via Belvedere come quella che oggi è via Altaseta. Anche il Banchieri sembrò assodare questo scambio, elencando le quattro contrade che finiscono in via Capramozza nell'ordine: Bocca d'Lov, Alta seda, Bel veder d'Saragozza, Via di Musslin, anche se altrove si contraddisse (si veda più avanti).

La pianta dell'Aretusi (1636) riporta lo stesso ordine, confermando lo scambio tra i nomi delle due vie.

Ancora una volta la legenda dell'Aretusi toglie ogni ombra di dubbio affermando che in Altaseda via è la Compagnia di Messer Gesù Cristo, identificando con certezza la sua Altaseda con l'attuale via Palestro, già via Belvedere.

La pianta del Mitelli prima, quella del Monari poi, riportano la situazione a quella nota oggi: Alta Seda coincide con l'attuale via Altaseta e Belvedere coincide con l'attuale via Palestro.

Che ci fosse confusione in passato tra le due vie è fuori di dubbio: il Banchieri (non nuovo ad imprecisioni), dopo avere elencato le vie come appena descritto (dove sembra che Bel Veder coincida con l'attuale via Altaseta), affermò che in Bel veder c'è l'Oratorio d' Cunfratelli d'Msier Giesù Crist, cosa che può essere solo se il suo Bel veder coincide con l'odierna via Palestro.

Il dubbio su quale fosse la vera via Altaseta fu risolto, come dice il Guidicini, nel momento in cui il muratore fissò la lapidetta con il nome di Altaseta nella nostra via.

Compreso come fu sancita l'assegnazione dei nomi delle due vie, rimane da capire il significato di Altaseta.

Lo Zanti affermò che qui erano le caldiere per l'estrazione della seta dai folicelli e che alta si riferiva al prezzo (alto appunto) della seta.

Il Salaroli si limitò a dire che forse in questa via si lavorava la seta e che alta era da riferire alla via, orientata verso il monte.

Il Guidicini ipotizzò che Altaseta fosse una corruzione di Alta sede, significando che la via era posizionata ai piedi delle colline.

Un altro autore, l'Avogaro, ipotizzò la presenza di caldiere dove veniva confezionata la seta migliore proveniente dalle colline.

Il Fanti (I, 124) fece una ulteriore ipotesi, su suggerimento del prof. Carlo Poni, sulla seta "alta", ovvero tessuta in una altezza superiore alla normale ("bassa") che non poteva eccedere la lunghezza del braccio utilizzato dal tessitore nel lanciare la spola.

In sintesi, tutti gli autori furono concordi che l'origine dell'odonimo Altaseta sia da legare in qualche maniera alla seta.

Alta ha spiazzato parecchi. Più d'uno ha ipotizzato relazioni con la posizione della via, altri alla seta proveniente dai colli (zone alte) e altre ipotesi ancora.

Si può azzardare una ulteriore interessante ipotesi. La prima fase di lavorazione dei bozzoli consiste nell'uccisione del baco dentro al bozzolo (se il baco diventa farfalla rompe il bozzolo rovinando il filo di seta grezza in maniera irreparabile). Questo avviene "cuocendo" il bozzolo mediante un processo detto stufatura, dopo di chè i bozzoli vengono dipanati immergendoli in acqua quasi bollente, il che facilita l'individuazione e la separazione dei capi dei fili, con l'uso di apposite caldaie o "caldiere" o "caldare", come venivano chiamate a Lucca. Il riferimento a Lucca non è casuale. la lavorazione della seta fu introdotta a Bologna da Bolognino di Borghesano da Lucca, che fu uno dei tanti fuoriusciti da quella città dopo che fu devastata nel 1314 da Uguccione della Faggiola, signore di Pisa. A Lucca la tiratura (o trattura) dei fili dai bozzoli avveniva con due metodi: uno detto della caldara bassa, che garantiva una buona qualità, ma richiedeva maggiore perizia, ed un altro detto della caldara alta che garantiva una produttività tre volte superiore. L'ipotesi è quindi che Alta sia da riferire al metodo di trattura del filato da seta, per la produzione di seta grezza, prima che questa venga sottoposta al processo di torcitura e filatura.

Fonti citate in questo articolo.

Zanti: Nomi, et cognomi di tutte le strade, contrade, et borghi di Bologna, di Giovanni Zanti pubblicato nel 1583.

Alidosi: Nomi delle strade, vie, borghi, et vicoli, che sono nella città di Bologna, di Giovanni Niccolò Pasquali Alidosi, pubblicato nel 1624).

Banchieri: Origine Delle Porte, Strade, Borghi Contrade, Vie, Viazzoli, Piazzole, Salicate, Piazze, e Trebbi dell'Illustrissima Città di Bologna con i loro Nomi, Pronomi, e Cognomi, di Camillo Scaligeri della Fratta (pseudonimo di Adriano Banchieri), pubblicato da Clemente Ferroni nel 1635.

Aretusi: Origine di Bologna. Pianta di Bologna di Costantino Aretusi, pubblicata nel 1636.

Mitelli: Bologna in pianta, città del Papa, famosa pianta di Agostino Mitelli, pubblicata nel 1692.

Salaroli: Origine di tutte le strade sotterranei e luoghi riguardevoli della città di Bologna di Ciro Lasarolla (Pseudonimo di Carlo Salaroli), pubblicato nel 1743.

Monari: Città di Bologna posta in pianta in esatta misura con la distinzione de portici che sono in essa, Pianta di Gregorio Monari, pubblicata nel 1745.

Guidicini: Cose Notabili della Città di Bologna ossia Storia Cronologica de' suoi stabili sacri, pubblici e privati, di Giuseppe Guidicini (scritto prima del 1837, ma pubblicato nel 1868).

Avogaro: Contributo onomastico alla corografia di Bologna antica, di Carlo Avogaro, in "L'Archiginnasio", Bologna, XVIII(1923) e XIX(1924).

Fanti: Le Vie di Bologna. Saggio di Toponomastica Storica, di Mario Fanti, Istituto per la Storia di Bologna, 2000.