Cenni istorici sul capitano Prete Ramazzotto Bolognese

Nacque esso l' anno 1492 ai 5 di agosto. Nel 1512 si trovò al fatto d'armi ch'ebbe luogo in Ravenna e precisamente ai 10 di aprile in unione a suo zio che era colonnello di mille fanti di Papa Giulio II che ne cedette 300 al nipote che formava l'avanguardia. Nel passare il fiume s'imbattè nei Francesi ed in brev'ora fu sconfitta (la cronaca dice rotta fracassata e tagliata a pezzi) e di quella per ventura se ne salvarono appena cinquanta. Quando ebbe luogo questo fatale scontro contava l'età d'anni 20.

In quel fatto d'armi trovavasi il Cardinale de' Medici che fu poi chiamato Leone X allora Legato di Bologna, e del campo della Chiesa, per la sommissione ed acquisto di Ravenna, e venne fatto prigioniero dalle armi Francesi. Il colonello Ramazotto zio del capitano lo riscattò pagando una taglia di sei mila ducati che per reintegrarlo il Cardinale gli cedette il provente che ritraeva dalla Camera di Bologna la quale poi diede in godimento al detto Ramazotto il Castello di Sassiglioni, e quello di Bastia pel tempo e termine necessario al rimborso de' suoi denari i quali castelli possiede con la ogni balia sic, in unione a Tossignano Fontana, e Cò di Ronco e precisamente fino a tutto l'anno 1537.

Il Ramazotto persuase il cardinale Medici di procurarsi il possedimento di Firenze assicurandolo che gli bastava l'animo di riuscirvici. Deliberatosi su tale proposito il colonnello Ramazotto chiamò a raccolta uomini d'arme che ammontarono a duemila Italiani e mille Spagnuoli ch'erano rimasti in Italia, e così diede il comando di una compagnia al capitano Michele suo nipote. Furon presi tre pezzi d'artiglieria del Palazzo Comunale di Bologna e dirigendosi alla volta di Prato, giuntovi la presero d'assalto e lasciato il saccheggio agli Spagnuoli proseguirono su Firenze, dove fecero entrare i partitanti Medici per la Porta al Prato; Pietro Soderino, ed il di lui fratello cardinale abbandonarono la Città ed uscendo per porta S. Gallo trasferironsi a Ravenna.

Nel 1518 si battè in duello il capitano Michele con Nicolo de' Pasi gentiluomo bolognese che lo ferì alla testa e sulla fronte dalle quali ferite ne ebbe tal perdita di sangue da perderne la vista. Esso ebbe una lieve ferita nel braccio.

Nel 1522 combattè nello steccato con il capitano Francesco Ciacco di Padova con un pugnale bolognese, ed uno spedo. Il Duca di Ferrara gli accordò il terreno a Cento in un luogo detto il Dosso, e nel combattimento diede otto stoccate al suo avversano, e lo fece prigioniero, ed esso non n'ebbe che una al fianco.

Nello stesso anno i Bentivogli vennero a ritentar la presa di Bologna; Ramazotto che trovavasi alla guardia del Palazzo, scrisse tosto al capitano Michele perchè recassesi tosto a Bologna trovandosi all'Isola di Roma con una compagnia di fanti. — Montato su le poste si recò a Bologna con sei lancie spezzate e lasciò il suo luogotenente ingiungendogli seguirlo a marcia sforzata con il rimanente della truppa. Giunto in tempo il capitano, gli furono date cinque porte in guardia, e cioè da Strada Stefano fino a S. Felice. Il conte Annibale Rangone venne la seconda notte per dar l'assalto alla porta di Saragozza e S. Mamolo ma per sua mala sorte ebbe una archibugiata per la quale morì, ed il capitano uscì tosto fuori di porta Saragozza, inchiodò le artiglierie che poi gettò nelle fosse e prevenne lo zio gli mandasse 50 cavalli perchè con questi intendeva affrontare il sig. Annibale Bentivogli che s'era accampato alla porta di S. Felice, come di fatto fece in unione ai fanti mettendolo in fuga ed inseguendolo fino al ponte grande di Reno togliendoli tre cavalli carichi di bagaglie e più di cento cavezze che consegnò al Palazzo.

Poscia recossi ad incontrare Cato da Castagnedo che trovavasi alla fontana di S. Michele in Bosco con tre insegne, lo caricò con la sua compagnia di fanteria, e con cinquanta cavalieri lo mise in rotta con grave perdita dei suoi, molti uccidendone, e molti facendone prigioni fra quali il capitano Pasi Diola che fu poi ucciso da Ermes Marsilio.

Essendo lo zio Ramazotto informato della scaramuccia, gli mandò cambio di cavalli, e di soldati all' Annunziata, ingiungendogli di dar battaglia ai Sassatelli, che trovavansi alla porta di Strada Maggiore, avvisandolo che lo avrebbe raggiunto col cavaliere Camillo Gozzadini, e con il conte Marchione Manzoli, ed i suoi figli tutti.

Montato a cavallo il capitano Michele si recò per muover colle sue genti verso porta di Strada Maggiore ove scontratosi ne' nemici, cominciò a scaramucciare ed ebbe morto il cavallo, ma ciò nonostante li inseguì facendo sortire dalla porta tutti i suoi per cui si impegnò una vera battaglia ove secondato da una dirotta pioggia e tempesta, che rovinava le persone potè inseguirli fino al ponte maggiore ove quelli poterono salvarsi.

Il capitano Michele colle sue genti se ne tornò in Bologna presentando al Senato l'artiglieria e le tre insegne che aveva tolto a Cato di Castagnedo a S. Michele in Bosco, che furono portate alla monizione.

Nè passò molto tempo che da Roma venne ingiunto a Ramazotto recarsi ad lmola per impossessarsi dei Sassatelli con ordino che qualora non potesse averli vivi li avesse morti per esser venuti a dar fastidio a Bologna, per cui mandò il capitano Michele alla Mirandola ove dal conte Giovan Francesco ebbe 300 archibugieri, che seco li condusse ad lmola marciando la notte ed imboscandosi il giorno, e perciò consumarono tre giorni per giungervici il dì 18 maggio ove lo raggiunse lo zio con molta truppa circondando tosto la Città affinché non potessero fuggire. Il castellano della Rocca ch'era informato del progetto, fece entrare dentro la Rochetta il capitano Michele con i suoi armigeri ove avuto tre pezzi d'artiglieria se n'andò alla volta del palazzo Sassatelli ai quali intimò d'arrendersi. Costoro risposero con buone archibugiate per cui il capitano Michele fece appuntare l'artiglieria contro la porta del Palazzo stesso che fra non molto fu fracassata e posta a terra potendo così liberamente entrare. Sulle scale cominciò a combattere contro coloro che trovavansi a capo di quelle, ma poi ritiratisi nelle camere, s'impadronì di quelle e conseguentemente salite cominciò a far fuoco con una tal furia che in breve tempo il palazzo fu abbruciato e morti tutti quelli che in esso trovavansi.

Nel 1524 venne Gregozzo Casale con 300 cavalli che era al servizio del Re d'Inghilterra e ne diede cento ad Ercole Poeta, cento ad Andrea Casale entrambi gentiluomini bolognesi, poi cento al capitano Vincenzo Schisp mantovano, ed al capitano Michele fu consegnato lo stendardo. Si partirono tutti per la Francia, ma nel loro passaggio furono respinti dai Francesi che volgevansi verso Pavia con alla lor testa Francesco re di Francia e furon sotto quella Città sconfìtti e fatto esso capitano prigione di sua Maestà Cesarea.

Nel 1526 il capitano Michele combattè in isteccato contro il capitano Gioan-Antonio Bellini da Faenza e gli fu accordato il campo dal conte Guido Rangone ove fu portato un carro d'armi per ciascuno e ciò per espresso volere di Francesco Maria duca d'Urbino, ma però erano tutte armi da fantacino rimanendo a lor voglia la scelta delle medesime. Furono scelti due spiedi, uno piccolo da slanciare e l'altro da mano. Il padrino del capitano Gioan-Antonio entrò nel padiglione e fece lo scambio dello spiedo da mano in uno più lungo un braccio e mezzo di quello di Michele senza che alcuno se ne accorgesse, ma non ostante tale svantaggio diede otto stoccate al suo avversario ricevendone di ricambio due soltanto, per le quali ferite caddero a terra entrambi siccome morti, e così il conte Guido li fece adagiare nella sua lettiga e portare al di lui palazzo dove li trattenne finchè furono del tutto risanati.

Nel 1529 ai 24 d'ottobre per la venuta in Bologna di Papa Clemente e di Carlo V imperatore ai 5 di novembre onde incoronarsi siccome superiormente riferimmo il capitano Michele, essendo Gonfaloniere di giustizia il conte Angelo Ranuzzi ebbe il comando della compagnia che scortava Sua Santità.

Nel 1533 volendo il cardinale Ippolito de' Medici recarsi in Ungheria con 400 cavalli ed archibugieri, diede il comando di una compagnia al capitano Michele composta di 50 cavalli, e l'anno successivo tornando dall' Allemagna il di 25 di settembre passò Sua Santità a miglior vita.

Il 12 ottobre fu creato Pontefice Alessandro Farnese chiamato Paolo III, ed il cardinale de' Medici si parti da Roma con tutti i suoi capitani per andarsene presso l'Imperatore a Tunisi ed alla Goletta, ma quando giunse ad Itra presso Napoli mori, per cui il capitano in mancanza del suo signore, parti con molt'altri de' suoi soldati, e s'imbarcò a Napoli, recandosi alla Goletta per umiliare il suo rispetto a Sua Maestà, e vi ci si trattenne finchè fu presa, poi tornato in Italia andò a Roma ove trovò Giovanni da Turrino e Giovampier Corso che s'erano messi a disposizione del cardinale di Lorena che esso pure si uni a loro coi quali passò per Bologna, e formate le compagnie, andarono tutti in Piemonte, ove il cardinale li cedette al Delfino col quale rimasero finchè si ebbe notizia che il duca Alessandro era stato ucciso a Firenze.

Ramazotto scrisse al capitano Michele per invitarlo a venire a Bologna onde portarsi al servizio della Casa de' Medici, e perciò se ne partì tosto per le poste lasciando il luogotenente in sua vece fino al suo ritorno, e giuntovi, tutti andarono tosto al ponte Nuri ove sconfissero Filippo Strozzi, e Baccio Valori, che fatti prigionieri li condussero a Firenze. Il capitano tornò a Bologna per recarsi di nuovo a Torino, ma saputo che il Delfino era stato avvelenato dal conte Sebastiano Montecuccoli costi si fermò.

Nel 154x andò alla guerra d'Algeri col cav. Cornelio Marsili che come colonnello comandava mille fanti, da questi ebbe una compagnia e fu fatto luogotenente, ma nulla si potè da loro ottenere, in causa di una fiera tempesta che li colse il 28 ottobre, dalla quale miracolosamente poterono salvarsi. Nel 1541 tornò a Roma e si mise sotto gli ordini del conte Santafiore che aveva il governo di Piacenza con cento cavalli e due compagnie di fanti delle quali una ne diede al capitano Michele e l'altra al capitano Tarquinio Romano.

Nel 1546 per la sconfitta toccata a Pietro Strozzi a Stradella, il conte Santafiore avendo riuniti mille fanti, diede una compagnia a Michele facendolo suo luogotenente.

Nel 1549 Ascanio cardinale Santaflore scrisse a Gieronimo cavalier de' Grassi, uno dei Quaranta Signori di Bologna, affinchè si adoperasse ad ottenere che il capitano Michele andasse a servire il Priore di Lombardia a Civitavecchia volendo esso condursi a Malta colle sue galere. Per non rinunziare a tanta onorifica deferenza vi si recò a proprie spese, viaggio che non gli costò meno di trecento ducati; essendo poi in quell'epoca morto Paolo III, il sopradetto cardinale Santafiore scrisse al Priore suo fratello perchè facesse modo di avere la Rocca di Civitavecchia nella quale era castellano un certo Nicolò da Piombino, ch'era bandito dallo stato di Firenze, e di Siena. Il Priore ne diede incarico al capitano Michele conoscendolo più che altri atto a tal impresa e questi unitosi a nove soldati che vestì da marinari armati di pugnale, ed archibugi da ruota fece entrarli ad uno ad uno dopo avere uccisa la sentinella ed impadronitosi della Rocca non l'abbandonò pel corso di sei giorni, e solo la restituì senza alcun premio ad istanza del cardinale. Questo racconto dà termine con queste poche righe che diamo testuali:

Sicchè si vede che questo capitano è stato un uomo valoroso, ha combattuto tre volte in steccato, dieci volte ha avuto la compagnia e la sua patria dalli nemici ha difeso.