N.597

Casa che Tolomeo Duglioli vendette li 25 gennaio 1622 a Gio. Antonio e Bernardo di Domenico Baruffi per L. 3600, enfiteutica di S. Stefano, rogito Giulio Cesare Negrini. Confina gli eredi di Innocenzo Cristiani, e i Verardini eredi di Sebastiano Prendiparte, poi i detti compratori. L' ultimo dei Baruti fu Gio. Antonio figlio di Bastardo, Giuseppe Aureli oriundo di Monte Tortore, e fu erede in causa di Virginia di Bonifacio Baruti, maritata in Iacopo Aureli del 1629. Gli Aureli affacciarono diritti sopra questa casa, ma senza effetto. Questo locale, servì poi al Collegio Iacobs detto dei Fiamminghi. Fu esso instituito da Gio. Iacobs ricco orefice di Bruxelles stabilito in Bologna, con suo testamento dell' 8 novembre 1650, col quale lasciò i suoi beni del Belgio ai suoi parenti, e per quelli d' Italia nominò eredi fiduciari il marchese Achille Albergati Vezza, Angelo Maria Angelelli, il dottor in legge Domenico Comelli, onde istituissero il suddetto collegio, pel quale destinò la sua casa da esso fabbricata nel Pradello, e nella quale il Senato, nel 17 febbraio 1545, gli donò suolo per farvi il portico davanti (vedi Pradello), e quivi fu istituito il collegio stesso. Li 10 maggio 1659 fu traslocato in via Barbaria nella casa già Poeti N. 369 comprata per L. 18500 e che poi fu venduta li 24 gennaio 1678 per L. 20500 colla riserva di occupare il locale fino alli 8 maggio susseguente dietro il convenuto affitto di L. 116, 13, 4. Dal 1678 in poi rimase in questo locale venduto dagli eredi Baruti per L. 16500. Rogito Bartolomeo Massimigli del 3 ottobre 1679.

I cinque collegiali che per anni 5 si applicavano agli studi di legge e medicina, erano eletti dall' Università, o dall' arte degli orefici in Bruxelles, e scelti fra le famiglie cittadine più distinte di quella città, abitanti sotto la parrocchia di Santa Maria Capellara. In Bologna erano sorvegliati e diretti da un Rettore prete secolare, e da una commissione scelta fra nobili e cittadini bolognesi. Dal 1796 al 1816 non furono mandati alunni, ma poscia fu in piena attività, ritenendosi che le sue rendite ammontassero a circa Sc. 2000 romani.