Via del Poggiale, dal IV volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

anticamenfe Via del Pozzale, oppure Via de’ Macinatori, Via. del Torresotto del Poggiale, ed anche Via di S. Giorgio.

La Via del Poggiale ha principio dal canto della Volta de‘ Barberi, in Via de' Vetturinì, e dirigendosi da mezzodì a settentrione termina al canale di Reno, percorrendo una lunghezza di Pertiche 97 e coprendo un area di su perficiali Pertiche 139. 93. 11.

Sembra che la denominazione di Via del Pogqiale (in dialetto bolognese Pozzale) possa esserle derivata da un Poggio o resto di terrapieno, già parte del secondo recinto delle mura di Bologna, conservatosi lungo tempo presso il Torresotto di S. Giorgio, dal lato di ponente.

Il testamento di maestro Giacomo di Brettenoro, del 1199 - pridie kal. novembris - rogito Willelmo (Guglielmo) - a proposito di un suo legato di L. 60 bolognesi, dice: quae LX lib. bon. volo quod sint acceptae de Vinea mea de Pozzale.

Un altro rogito di Bartolomeo Pini e di Francesco Ghisilieri, in data 14 luglio 1494, così questa Via denomina: Via Pozzale o Via de’ Macinatori. Quest‘ultima denominazione proveniva dal casato d’una famiglia Macinatori che qui vi possedeva. Trovasi infatti un atto del 16 ottobre 1466, mediante il quale Giacomo Macinatori vendeva per L. 646.03 in argento una Casa di sua proprietà con annesso cortile ed orto, situata "sotto S. Giorgio, in confine della Via da due lati, di Biagio Marchesini e degli eredi di Pietro muratore". E si ha memoria di Antonio di Paolo Macinatori, Dottor in Leggi e Lettore Pubblico nell’anno 1475.

Via del Poggiale - lato destro, per chi vi entra dal canto alla Volta dei Barberi.

Tosto dopo si oltrepassa lo sbocco di Via Battissasso.

Si oltrepassa in seguito lo sbocco di Vie de’ Parisi, detta anche Via Parigi.

N. 758 e 757 - Case dei Savoia. Due famiglie furonvi chiamate Savoja, una di esse anzi era denominata anche Di Savoia, la quale ebbe un Umberto che fu Lettor Pubblico nel 1400. La prima suaccennata proveniva da Domodossola sul principio del secolo XVI; ambedue son ora estinte.

Il dottor Francesco e fratelli Savoia vendettero nel 1663 per la somma di L. 8,700, ai Pederzani queste Case che in seguito appartennero ai Pulza o Pulega e poi furono ereditate, nel 1737, dall'Opera Pia de’Mendicantl. Esse ultimamente trovavansi in possesso del dottor Antonio Zanoli.

N. 755 - Casa che fu de’Pederzani e dove abitava uno degli antenati di tale famiglia, Matteo Pederzano (1).

Sembra che questa sia precisamente la Casa indicata da un rogito di Giulio Cesare Fava e di Niccolò Barbadori, in data 8 gennaio 1572, mediante il quale Paolo Stancari comprava, per la somma di L. 4,200, da Paolo Emilio Fantuzzi una "Casa sotto S. Giorgio, in faccia a detta Chiesa, presso a due Vie e vicino al fu Ottaviano Sutorem, ed ora Paolo Bucchi, e presso Giovanni Francesco Dalle Balle o Dalle Lanterne ed ora successori suoi".

Essa fu altresi del marchese Camillo Zambeccari, poi di Antonio Franzoli pelliciaio e figlio dello speziale residente sotto il portico di S. Marco a Porta Ravegnana.

Si oltrepassa lo sbocco di Via Larga di Giorgio.

N. 754 - Casa degli Oretti - Vedasi il N. 782 della Via Largadi S. Giorgio, essendo però questo il principale ingresso da Via del Poggiale alla detta Casa che porta ambidue questi Numeri (2).

N. 753 - Stabile che del 1492 apparteneva a Camillo Sarti. Nel 1706, addì 26 agosto - Paolo Maria Machiavelli e Francesco Frassoni vendevano questa Casa per L. 6,100 a Caterina Guidotti-Verdoni-Osti - come da rogito di Francesco Galli.

Passò quindi alle suore di S. Elena, in causa d’una Verdoni-Osti monacatasi nel loro convento. Vi fu altresì unita un altra Casa attigua, la cui porta fu murata. E rimase proprietà delle monache di S. Elena dal 1715 al 1796.

Sembra quindi che questo stabile comprenda le due Case che Gabriele Manzoli, il 19 Maggio 1590, comprava da Camillo di Carlo Oretti, e che il 23 dello stesso mese ed anno cedeva a Giovanni Battista Macchiavelli - come dai due distinti rogiti, ambidue del notaio Tommaso Pastarotti.

I Macchiavelli d’altronde, è positivo che abbiano avuto possidenze sotto la parrocchia di S. Giorgio; e precisamente in questo tratto di Via del Pozzale fra la Via Larga di S. Giorgio e la Via Schiavonia, ove, come risulta dalle memorie che si hanno, abitava nel 1573 il noto Leone Macchiavelli.

N. 752. - Tosto dopo ed adiacente alla Casa precedentemente accennata, si sa che trovavasi la Casa di Camillo di Giovanni Moretti. I Moretti erano originari da Casio ov’era nato il famoso causidico dottor Floriano, morto il 9 settembre 1576, la cui figliuola, Margherita, portò ricca dote a suo marito Annibale De Bianchi (3). Nel 1607 apparteneva questa Casa ad Ermete (od Ercole) Peverelli e nel 1623 a Creonte de’Peverelli. Si ha memoria che questa famiglia si trovava già stabilita in Bologna fin dal 1505. Andrea d’Andrea Peverelli, eccellente chirurgo, morì nel 1510; e Giulio di Filippo fu nominato canonico di S. Petronio nel 1608.

Creonte Peverelli, seniore, testò il 10 dicembre 1614, a rogito di Achille Canonici, e da tale Atto risulta che questa Casa era confinata dalla "Via del Poggiale, dagli eredi di Raffaele Macchiavelli, dagli Oddofredi, e da un Vicolo di dietro".

Un rogito di Pompeo Cignani, datato 14 luglio 1631, ci accenna la "Casa di Tullio di Creonte Peverelli in Via di S. Giorgio in Poggiale, confinante a sera con la detta Via, a mattina con un Vicolo detto Stronzo Musto o Mostro" - (corrotta locuzione, forse, di Stronca-Busto), - "a mezzodì con Giovanni Battista Macchiavelli, ed a settentrione con gli Oddofredi".

Eredi del suaccennato canonico D. Giulio Peverelli furono i Simonini; e nel 1698, addì 29 gennaio, Lucio Simonini in una transazione di lite cedeva ai Grassi questo stabile - come da rogito di Scipione Ucelli.

Nel 1715 era questa Casa di una Domenica Grassi; in seguito passò ad un Cevenini, ricco lardarolo abitante alla Croce dei Casali sul canto di Via Castiglione, il quale la restaurò, e da’ cui eredi fu poi venduta al padre dell’avvocato Ruggero Ruggeri. Costui lasciò in seguito questa Casa ad un suo figlio, prete e dottore, la cui eredità passò a due fratelli Magagnoli, uno de‘quali aveva sposata una di lui sorella, e che dissipò ogni propria sostanza. Questa Casa fu alienata mediante atto di vendita rogato dal notajo Monesi.

Notisi che dello stesso anno 1715 i Ruggieri possedevano di già una Casetta situata a settentrione di questa in discorso, ma già parte integrante un dì della medesima, epperò compresa sotto la stessa designazione numerica.

N. 751. - Stabile di Felice di Guadascanio Nobili, del fu Attilio, che assieme a Lucia del fu Astolfo Balugali, vedova di suo nonno Attilio suddetto, ne faceva la vendita ad Esculapio del fu Bartolomeo Borgognoni per la somma di L. 15,000 - come da rogito d’ Ercole Fontana e di Carlo Bosi, datato 26 luglio 1607. In tale rogito così è designato questo stabile: "Casa e Casetta poste sotto S. Giorgio nell’angolo di due strade; confinante la Casa ad occidente o di facciata con la Via del Toresotto del Poggiale; a oriente ossia di dietro con un un Vicolo, oltre il quale possedono gli eredi di Giustiniano Fantini; ed a sera la Casetta di cui sovra, la quale poi confina a ponente con la detta strada del Torresotto, a settentrione con la Casa grande suddescritta, a levante col Vicolo, ed a mezzodì con Ercole Peverelli".

Nel 1623, addì 25 novembre, Bartolomeo del fu Esculapio, Borgognoni e Diomedia Mantovani, vedova di detto Esculapio nell‘interesse de’ suoi figli Girolamo e Paolo Borgognoni, unitamente ad un tal Francesco Gatti, vendevano agli Oddofredi una "Casa grande ed una Casetta, amendue sotto S. Giorgio via Poggiale, nell’angolo della via del Torresotto - confinanti, quanto alla Casa grande, con detta strada a occidente, a settentrione con altra via per la quale si va a S. Maria Maggiore" (Via Schiavonia) "avente di dietro un Vicolo, ed a mezzodì la Casetta in discorso, la quale confinava davanti con detta strada, col detto Vicolo di dietro, con la suddetta Casa grande, e Creonte Peverelli". Notisi che il Gatti era divenuto padrone della Casetta più volte menzionata, per vendita fattagliene dallo stesso Esculapio Borgognoni. E i Borgognoni col Gatti ricevevano in compenso, oltre la somma di L. 6,000, una Casa degli Oddofredi situata in Via dell’ Orto e calcolata valere L. 4,000. - Tutto ciò come dal relativo rogito di Achille Canonici.

Appartenne quindi questa Casa ai Gandolfi eredi degli Oddofredi, poi agli credi d’Andrea Salaroli, ed in seguito ai Mengozzi, che la vendettero per L. 10,000 al dottor in medicina Giovanni Giacinto Vogli, di Budrio, il quale rifabbricandola, addì 5 gennaio 1739, ottenne dal Senato il permesso d’incorporare nel nuovo fabbricato tre archi di portico verso Via Schiavonia, non occupando però più di piedi quadrati 120 d’area.

Il sovranominato medico in questa sua Casa morì addì 5 giugno 1762, ed in seguito alla di lui morte si ha una stima di Antonio Pedivilla che valutò la Casa stessa L. 10,500 - come da rogito di Gio. Paolo Fabbri. Poco tempo dopo,i figli medesimi del medico la vendettero a Giuseppe di Francesco Maria Benazzi.

Si oltrepassa lo sbocco di Via Schiavonia.

N. 733 - Casa è creduta da molti l’ antica magione de’ Macchiavelli.

Sta di fatto per altro che nel 1548, addì 19 novembre, i fratelli Floriano e Pompeo del fu Alessandro Macchiavelli la vendevano per la somma di L. 2,500 a Leonilde del fu Ercole Marescotti, vedova in prime nozze di Ercole Fantuzzi, ed in seconde di Antonio Maria Bargellini_come da rogito di Bartolomeo Bulgarini.

Questa Casa passò poi in proprietà agli Arigoni, quindi ai Bini; ed è ora degli eredi di questi ultimi.

N. 732 - Casa che del 1715 apparteneva al senatore Bovio.

Si oltrepassa lo sbocco di Via Larga di S: Maria Maggiore.

N. 730 e 731 - Casa dei Roffeni, poi del conte Pietro Fava.

Sorgea costà il Convento delle Monache, dette di S. Niccolò della Casa di Dio, le quali nel 1312 furono soccorse dal Consiglio Comunale che loro donò due Chiusi (aree recinte) situati al lato orientale, del monastero stesso al di sopra del ponte del Serraglio (Chiusa) del Poggiale, al canale di Reno, presso la chiesa.

Il cardinal Bertrando, Legato di Bologna, sopprimeva in questa città durante il suo governo, sei conventi di monache (non quattro come scriveva il Sigonio), che furono quelli:

1° di S. Colombano

2° di S. Gervaso

3° di S. Agostino

4° di S. Salvatore - (citati anche dal detto scrittore)

5° di S. Maria di Ravone

6° di S. Niccolò della Casa di Dio.

Gli Atti Pubblici, sotto la data d’un mese dopo la morte del vescovo Stefano, (Ugonet) ci danno come eseguita la decretata soppressione, dicendocene anche lo scopo impellente, che fu quello di fondare co’ beni de’monasteri sovraindicati una Collegiata canonicale con un Decano per ciascun quartiere della città, destinandovi come sedi le chiese di S. Colombano, di S. Jacopo de’Carbonesi, di S. Sigismondo e di S. Michele de’ Leprosetti. Espulso il Legato da Bologna, le suore colpite presentarono querela al Consiglio della città affine di essere ristabilite, e addussero che la loro soppressione e spogliazione era stata per modo effettuata che non erasi tampoco pensato a provvederle di congrua pensione. Questo ricorso portava la data del 1334, a quanto gli stessi Atti pubblici ne apprendono, risultandovi eziandio che cinque de' suddetti sei monasteri vennero ristabiliti, rimanendo soppresso questo soltanto, detto di S. Niccolò della Casa di Dio. Però. trent’anni dopo, toltone quello di S. Gervaso, furono di nuovo scacciate le monache dagli altri quattro conventi anzidetti, ed i loro beni nuovamente applicati a benefizio delle quattro Colleggiate Canonicali; e ciò per opera del cardinale Egidio Albernoz che volle rimettere in vigore tutte indistintamente le ordinazioni del cardinale Bertrando, suo predecessore nella Legazione di Bologna. Tutto ciò consta pure dai succitati Atti Pubblici. (4).

Il Monastero delle suore di S. Niccolò della Casa di Dio estendevasi fin dirimpetto agli stabili di proprietà dei Paselli.

Via. del Poggiale -Lato sinistro, entrandovi dalla Volta de' Barberi.

N. 709 - Casa ove nel 1571 fu aperto un Monte di Pietà, detto di S. Gregorio.

Nel 1587, addì 6 novembre - questo Stabile apparteneva agli eredi di Vincenzo Maranini, ed allora era confinato da altri beni del proprietario medesimo e da stabili di Cesare Balli - come da rogito di Annibale Rusticelli.

Il 22 giugno 1589 i presidenti di detto Monte Pio presentarono un’istanza al Senato affinchè "venisse impedito al dottor Cambio di far costruire uno stallatico nella sua Casa dalla Volta dei Barberi, in confine del Monte di S. Gregorio".

Questo Monte fu sopresso nel 1594 circa.

L’area di questa Casa occupava con la sua facciata tre arcate del portico e passò al dottor Marini, discendente forse da quel Girolamo Marini, valente architetto ed ingegnere dell‘esercito francese, che nel 1537 fortificò Rivarolo in Piemonte, e Vitry di Sciampagna nel 1545. Passò in seguito questa al sacerdote D. Giovanni Marini, Sottoguardarobiere di papa Clemente XIII, morto in Roma, e consecutivamente alla di lui sorella, alla quale, come erede del fedecomesso Marini, successe la Confraternita della Vita che poi la vendette a Pietro Barrera.

N. 710 e 711 - Erano qui le antiche Case dei Ghisilieri; questo Stabile subì le sorti di quello di Via S. Felice, segnato col N. 91. - (Vedi Vol. II, a pag. 132). (5).

Nel 1462, addì 29 dicembre, il Comune donava a Sante Bentivogli una pezza di terra ortiva, già casamentata, che aveva appartenuto a Francesco Ghisilieri e suoi nipoti, devoluta al fisco per la ribellione di detto Ghisilieri e situata in Bologna "sotto S. Siro, presso la Via pubblica, presso Giacomo da Muglio, oggi Tommaso e fratelli da Muglio, da due parti, nonchè presso certa Andreona (Androna ? - Breventani)del fu Melchiorre da Muglio".

Del 1502 era dei Mogli o Da Muglio: fu poi de’ Griffoni; quindi dei Dal Lino; in seguito dei Canobbi; e poscia dei Rolandi.

Nel 1665, addì 23 aprile - i fratelli Virgilio e Marcello Davia, unitamente a’ loro nipoti, compravano per L. 6.400 da Sebastiano Rolandi una "Casa situata sotto S. Gregorio, in confine, da due lati con beni de' compratori stessi, successi ai Locatelli, nonchè di Biagio Fantelli - come da rogito di Carlo Vanotti.

Fra lo stabile N. 711 ed il seguente segnato col N. 712, esisteva ancora verso la metà del secolo XV una Via pubblica, o piuttosto un Vicolo, che motivò il Decreto che qui integralmente riportiamo, datato 2 aprile 1465:

"Si concede al P. Priore ed ai Frati del Convento dei SS. Gregorio e Siro uniti" - (devesi intendere: S. Gregorio fuori) - "certa Via pubblica che frammezza la loro Chiesa e certe Case vicine, acciò la possano chiudere; e ciò dopo che avranno comprate dette Case dei vicini, e con queste possano ampliare la Chiesa, come si propongono".

Vuolsi che nello stabile dei Davia, tenuto per uso di stallatico, esistesse un resto della Chiesa di S. Siro estesa all’area dello stabile stesso.

N. 712 - Qui fu la Chiesa Parrocchiale col Convento di S. Siro, antichissimo Priorato dell’Abbazìa di Pomposa.

Il Sigonio ci racconta che il B. Niccolò Albergati, vescovo di Bologna, visto che il Convento di S. Gregorio fuor di Porta S. Vitale, dei Canonici di S. Agostino (che erano canonici di Martorano), erasi ridotto al solo P. Priore e ad un Converso, concedette il Convento medesimo, dietro pontificia autorizzazione, ai canonici di S. Giorgio in Alega.

Con sua Bolla del 20 settembre 1437, papa Eugenio IV permise l’unione del Convento di S. Gregorio fuori della Porta S. Vitale di Bologna al Priorato di S. Siro della città medesima.

Papa Clemente VII, poi, con sua Bolla data in Bologna il 5 marzo 1532 assegnava al Reggimento di Bologna il Convento e la Chiesa di S. Gregorio extra muros, per farne il ricovero o lazzaretto degli infetti o sospetti d'epidemia pestilenziale. La Bolla stessa compensava d’altronde i canonici di S. Giorgio in Alega, assegnando loro un locale di S. Gregorio intra muros, ossia imponendo al Reggimento di sborsare ai detti canonici la somma di L. 10,000 da erogarsi nella fabbrica di una nuova Chiesa e Convento da intitolarsi S. Gregorio dentro, e ordinando che il Reggimento pure pagasse al Convento da abbandonarsi L. 3,396. 03. 7., come importo di Tornature 33. 138. 50 di terreno del medesimo. ossia in ragione di L. 100 per ogni Tornatura.

Non fu però che addì 16 giugno del 1534 che il locale di S. Gregorio fuori venne consegnato al Reggimento, il quale sborsò all’atto stesso della consegna l‘importo suaccennato del terreno - come da rogito di Ercole Borgognoni e di Tideo Fronti.

Narrasi che nel frattempo i canonici di S. Giorgio in Alega ritiraronsi in S. Siro, chiesa esistente entro il recinto della città di Bologna "al canto fra il Poggiale e Belvedere" asportando seco loro però il Coro mobile dl legno, che fu poi collocato nella nuova Chiesa di S. Gregorio dentro. Ma S. Siro era Chiesa sì angusta che i canonici traslocati dovettero dividersi in due gruppi, parte cioè rimanendo in S. Siro e l‘altra, rifugiandosi nella chiesa di S. Maria della Mascarella.

Nel 1551, addì 17 ottobre - mentre era Generale della Congregazione di S. Giorgio in Alega il canonico D. Leone Bugatti da Brescia, si tenne un Atto o Consesso Capitolare dal P. Priore D. Giovanni Battista Fulcherio da Brescia, dal Procuratore e Sindaco D. Cherubino Soavi da Verona, e da D. Paolo Pilati. In tale adunanza venne deliberata la vendita della Chiesa e Convento di S. Siro alla Badessa e Suore di S. Gervasio.

Il 23 marzo 1552 ottennero l’autorizzazione di sconsacrare la Chiesa e di trasferirne il titolo parrocchiale in S. Gregorio dentro, o S. Gregorio Nuovo.

Addì 9 del susseguente aprile, venne infatti sconsacrata la Chiesa, e i cadaveri che vi esistevano furono trasportati nella detta nuova Chiesa, - come risulta dai relativi Atti rogati da Cesare Beliosi.

Il giorno 21, poi, dello stesso mese ed anno, la Badessa e le Suore di S. Gervasio comprarono per L. 4,540 (in bolognini) la sconsacrata Chiesa di S. Siro. con tutte le Case, fabbricati ed orto adiacenti, ne’quali abitavano tuttora i venditori. Il rogito di tale acquisto venne fatto da Gio. Battista Garelli e da Alessandro del fu Giacomo Stiatici, e in esso trovasi indicato che detta "Chiesa e beni confinavano: a oriente con la Via pubblica del Poggiale; con altra strada" (Belvedere) "a settentrione; con le Case e stalla di Giovanni Battista Griffoni, con le Case de’ Zoanetti" (Giovanetti) "ed altri stabili già delle Suore compratrici, a mezzodì: ed il Monastero di S. Gervasio a ponente".

Nel 1559, addì 25 gennaio - Ulisse Giovanetti comprava dalle suore di S. Gervasio una parte del già Convento di S. Siro, posta sotto la parrocchia di di S. Gregorio e Siro, per L. 2,100 - come da rogito di Galeazzo Bovi. Nel detto rogito è indicato che la detta parte di Convento era confinata "dalla strada che va a S. Giorgio, da altra strada detta Belvedere" (Belvedere di Borgo delle Casse) "dalla Casa del compratore, da quella dei Griffoni" (poi Maranini) "e dal Convento delle monache venditrici".

E vi si legge anche una più dettagliata indicazione dei confini stessi fatta dal notajo - che tuttavia non pecca di troppa chiarezza, epperò riportiamo a titolo di curiosità - ne' seguenti termini: "E cioè - cominciando dal lato di mezzodì - di dietro alla Casa del compratore, in confine di una muraglia - che chiude l’orto del medesimo dal cortile delle galline di dette Suore, e andando giù a retta linea da detta muraglia in larghezza di Piedi 12 netti e arrivando fino al muro dietro la Strada di Belvedere; e ancora cominciando dal lato d'oriente, in confine della Strada che va a S. Giorgio - la detta chiesa già profanata di S.Siro, e tutti gli altri terreni ed edifizi ivi compresi, per una larghezza di Piedi 27 e Oncie 9, fra la Via di Belvedere che è a settentrione e fra l’altra parte dei detti beni che cerca di comprare Domenico Pollini da dette Suore - e andando rettamente per detti beni, per lo spazio di piedi 118 in circa fin ad una muraglia divisoria, da farsi dal Compratore, di Oncie 13, che cominci dal muro delle galline e vadi dritto a Belvedere".

Nello stesso anno 1559, addì 7 febbraio - eccoti infatti che il sovraccennato Domenico di Battista Pollini compra per L. 1,800 dalle Suore di S. Gervasio parte delle Case addette alla Chiesa sconsacrata di S. Siro, situate in parrocchia di S. Gervasio, e "in confine della Via che va a S. Giorgio, della Via Belvedere, di Ulisse Zoanetti, dei Maranini successi a Griffoni, e delle venditrici" - come da rogito dello stesso Galeazzo Bovi.

Nel 1561, addì 24 gennaio - Antonio e fratelli Torelli compravano da Ulisse Giovanetti, per la somma di Scudi 438, una "Casa sulla quale era la Chiesa di S. Siro, confinante con la strada da due lati, cioè davanti e di sotto" (Via del Poggiale e Via Belvedere del Borgo delle Casse) "con il venditore di dietro e Domenico Pollini" - come da rogito di Giovanni Maria Panzacchia e Bartolomeo Bulgarini.

Nel 1608, addì 7 gennaio - Matteo di Biagio Foresti comprava da Agostino Piazza e dalla di lui moglie Caterina d’lppolito Fibbia, per L. 9,000, una Casa situata nella parocchia di S. Gregorio dirimpetto alla chiesa stessa e confinata da stabili de‘ Maranini e de’Giovanetti - come da rogito di Vincenzo Vaselli. Sembra però debba esservi stato il patto d’affrancazione, chè risulta la possedessero nuovamente i Piazza del 1622, nel quale anno venne stimata del valore di L. 13,000.

Nel 1663, addì 12 giugno - Ercole di Benedetto Angeli comprava da Antonia Sacchi, vedova di Sebastiano Bosi, nonchè da Francesco di lei figlio, parte di uno loro Casa situata in parrocchia di S. Gregorio, per la somma di L. 4,300 - come da rogito di Carlo Vanotti. La Casa accennata nel detto rogito sarebbe precisamente la stessa di cui qui è discorso, e vuolsi che il medesimo Ercole Degli Angeli la facesse fabbricare quale presentemente si vede. Essa apparteneva nel 1715 agli eredi di Giacomo Angeli che poco dopo la vendettero, passando essi ad abitare in altra loro propria Casa in Via Saragozza che vedesi segnata con i N. 134 e 135.

Appartenne in seguito questa Casa a diversi, ma per lungo tempo alle sorelle Bianchi come eredi d’un loro fratello per nome Giuseppe, che ne era il precedente proprietario.

Nel 1766 fu comprata dal dottor Nicola Cappi (curiale del ramo di Giovanni Francesco di Matteo Cappi) vendutagli, pare, dai PP. dello Spirito Santo. Anche sugli ultimi tempi continuava ad essere di proprietà della detta famiglia, appartenendo ad un Francesco Cappi.

Si oltrepassa lo sbocco di Via Belvedere di Borgo delle Casse.

N. 713 -Trovasi che addì 12 giugno 1464 (orig. 1764, corretto con il ? dal Breventani) Maddalena di Rodolfo Ramponi, vedova di Bartolomeo Bombaroni - premesso un legato di L. 25 a Giovanni di Tommaso Ugolotti figlio di una sua sorella per nome Costanza - faceva donazione inter vivos a Biagio Bombaroni, suo figliuolo adottivo, di una "Casa grande posta in cappella di S. Siro in Via del Poggiale, e di un'altra Casa annessa alla medesima, in confine della Via di Belvedere". Poi lasciava erede universale d'ogni altro suo avere la sua figlia Taddea, moglie a Simone di Donato Manfredi. E tutto ciò come da rogito di Cesare e Bartolomeo, padre e figlio, Panzacchia.

Dei Bombaroni poche memorie rinvengonsi, e queste poche altresì limitansi ad istruirci che si dissero Baroni, oltrecchè dai loro parentadi che additano, ci lasciano arguire che fu una illustre e nobile famiglia.

Del 1496, questo stabile, che constava, come superiormente fu accennato, di due Case, apparteneva ad un Marsilio Simoni, incisore in pietre.

Nel 1515, addì 10 marzo - Amadesio del fu Giorgio Ghisilieri comprava da maestro Marsilio del fu Antonio Simoni tagliapietre, per L. 700, una "Casa sotto S. Siro, nella Via per la quale si va a S. Giorgio" - come da rogito di Bornino Sala. E vi si dice che la Casa in discorso confinava sul dinanzi, o ad oriente, con la detta Via, a mezzodì con la Via Belvedere, ed a settentrione con altri beni del venditore. Questo Amadesio Ghisilieri è lo stesso che abitava in Via Val d’Aposa (vedi Casa Ghisilieri di detta Via) e che il 20 agosto 1518 comprò l’altra porzione di Casa del medesimo incisore Marsilio, per L. 200 - come da rogito di Giovanni Battista Pellegrinl.

Questa. Casa fu in seguito di Polissena d’Antonio Santi da Venafrio, moglie a Matteo di Bernardino Marescalchi come rilevasi da un atto di transazione fra il detto Matteo Marescalchi ed i parenti della stessa Polissena sua moglie mortagli senza prole - a rogito di Fabrizio Galletti, notaio di Roma, in data 12 agosto 1562.

In seguito questa Casa appartenne ad un ramo della famiglia Castelli detto dei Castellini. Trovasi infatti che nel 1586 non meno che nel 1643, i Castellini avevano Casa "sotto S. Giorgio, nel Cantone di Belvedere".

L'eredità di questi Castelli, detti Castellini, venne raccolta dai Torelli.

In una transazione di lite con Ercole e Vincenzo di Rodolfo Torelli-Castelli, Artemisia di Vincenzo Torelli-Castelli, vedova del cavaliere Dionigi Boschi, cedeva ai medesimi le sue ragioni sopra queste Casa, che vi è indicata come confinata da stabili degli Artemini e de’ Basenghi e come conosciuta col titolo di Casa del Cantone - come da rogito di Giovanni Battista Querzoli, in data 25 gennaio 1666.

Nel 1679 vi abitava Giovanni Angelo Belloni, quello medesimo che fecesi poi fabbricare un palazzo al canto fra Via Barberìa e Via dei Gombruti. E qui fu che allora quando s’ammogliò condusse la sua sposa Clarice Arrigoni. (6).

Questa Casa andò in seguito divisa e una parte ne passò ai Bargellini, mentre l’altra parte divenne proprietà del Cumulo della Misericordia.

Nel 1780 era de’ Tolomelli, poi di Luigi Bisteghi.

Notisi che di questa Casa avvene una porzione che ha ingresso dalla Via Belvedere di Borgo delle Casse, trovandosi segnata col N. 1439, tuttochè annessa come proprietà alla porzione prospiciente verso Via del Poggiale.

N. 714 - Il 7 marzo 1496 - Antonio Galeazzo Bentivogli comprava, per L. 1,000 in argento, da Francesco Sala una Casa sotto la parrocchia di S. Siro, confinata da due vie, l’una sul dinnanzi e l’altra dietro, nonchè da stabili di Marsilio incisore di pietre (N. 713), di Niccolò dall’Amola (N. 715) e di Giovanni Cazzani; ed il 24 dello stesso mese ed anno, poi, dichiarava averla comprata a comodo di Niccolò di Sigismondo Aldrovandi - come da rogiti di Francesco Salimbeni -.

Nel 1522, addì 14 ottobre - Dario Succhi, detto Capacelli da Gaggio, comprava da Leonardo del fu Sigismondo Adrovandi, per la somma di L. 3,250. una "Casa con orto, sotto S. Siro" - come da rogito di Francesco Conti, sopranominato Brascoli, nel quale è indicato che la medesima confinava con la Via (Poggiale); i beni degli eredi di maestro Marsilio, dalla parte superiore; a mezzodì con gli stabili dei Dall’Amola, con la Via Belvedere, con i beni di Giovanni Cazzani, e con quelli di Antonio Amadei detto Dalle Cavriole.

Fu questa la Casa dei Basenghi, avendola acquistata nel 1535 per L. 3,500 quel Giacomo dei Basenghi che da Castelfranco portò la propria famiglia in Bologna. Marcantonio di Giulio Carlo fu l’ultimo di questa famiglia che si spense con lui il 27 gennaio 1726.

Il 28 settembre 1693, questa Casa vien appellata la "Casa Nobile dei fratelli Giulio Carlo, Giuseppe Maria e Marcantonio Basenghi nella Via del Poggiale". E confinava allora con altre Case dei Basenghi, con l’orto di Prospero Lambertini, e con beni di Bartolomeo Marsimigli.

Il 26 agosto 1694, da Giulio Carlo Basenghi e da Giulia Caterina Bedori fu assegnata a Paolo Scipione d’Antonio Pelloni - come da rogito di Domenico Boari. Passò poi dai Pelloni ai loro eredi, i Tubertini, che ancora la possedevano del 1790. - Per quanto riguarda la famiglia de’ Pelloni e dei Tubertini, - vedasi: Via Cavaliera, N. 1462, a pag. 371 e seguenti.

N. 715 - Casa che del 1496 e del 1522 risulta fosse di proprietà di Niccolò dall’Amola e che del 1529 risulta appartenesse poi ai Castelli.

Nel 1548, addì 21 novembre - Giovanni Battista del fu Bartolomeo Tonelli comprava per L. 200 dai fratelli Alessandro e Camillo del fu Francesco Zenoli o Genoli (famiglia sopranominata Muletti) parte di una "Casa sotto S. Siro. confinante con Bartolomeo Mondini, Giovanni Basenghi e la Via pubblica".

Nel 1588, addì 6 ottobre, Camillo del fu Chiaro Francesco Genoli e Francesco del fu Angelo Genoli, vendettero per L. 9.000 al Conte Cesare Lambertini il resto di detta Casa - come da rogito di Tommaso Passarotti e Vincenzo Orlandini. Nel quale rogito trovasi che essa confinava in allora "con istabili de’ Basenghi, con altri del compratore stesso, e con lo stradello di Belvedere di S. Gervasio" ossia Belvedere di S. Felice. Per quanto riguarda la famiglia Zenoli o Genoli, detti Muletti, vedasi il N. 1614 in Via Cavaliera a pag. 380.

Il Lambertini ampliò il proprio giardino con la parte posteriore di questo stabile, vendendone l’anteriore ad Antonio Maria del fu Marcantonio Basenglii per L. 3,508. 18. 11 - come risulta da rogito di Vincenzo Orlandini, in data 28 settembre 1589.

Nel 1590, addì 26 marzo, lo stesso Antonio Maria Basenghi comprava per L. 800 da Giovanni Battista del fu Bartotomeo Tonelli (resosi acquisitore nel 1548, come videsi superiormente) un "camino con camera attigua e cantina" che facevano parte di una Casa la cui parte anteriore era del Basenghi e la posteriore del Lambertini.

Nel 1697, addì 11 dicembre, Giulio Cesare Basenghi vendeva ad Antonio Francesco Rovinetti, o Ruinetti, una "Casa con Orto, Stalla ecc. sotto S. Gregorio e Siro" a conto della quale il Basenghi riceveva una Casa del Rovinetti medesimo situata nella parrcchia di S. Michele de’ Leprosetti, al canto fra Via Maggiore e Via di Gerusalemme presso la Casa dei Segni, oltre a L. 5,700 a pareggio - come da rogito di Giovanni Maria Pedini.

In seguito fu comprata dai Taruffi.

Il Galeati, a proposito di questo stabile, cosi si esprime: "Questo Casamento fu dello Stampatore Vittorio Benacci, (7) poi de’ Basenghi, indi de’ Rovinetti ed ora è dei Taruffi".

N. 716 e 717 - Palazzo dei Lambertini, cominciato dal conte Cesare, del fu Ercole, nel 1570.

Delle case anteriormente esistenti sull’area ove sorse questo Palazzo, daremo le indicazioni che potemmo raccogliere.

Nel 1566, addì 5 marzo - Niccolò del fu Pellegrino Zucconi comprava per L. 630 da Caterina del fu Antonio Rani, vedova di un Marco da Reggio, i diritti sui miglioramenti fatti in una Casa enfiteutica dell’Abbazia di Nonantola situata nella parrocchia di S. Giorgio in Via Belvedere - s’intende Belvedere di S. Felice - come da rogito di Andrea Roti. Vi si dice tale Casa essere confinante con le Vie pubbliche (quindi presumibilmente al canto fra Via Belvedere e Via Maggi) e con lo stabile d’Andrea Zavateri.

Nel 1569, addì 22 settembre, il conte Cesare del fu conte Ercole Lambertini comprava per L. 7,000 dai fratelli Pietro, Giovanni ed Alessandro del fu Bartolomeo Mondini una Casa che essi possedevano in Via del Poggiale - come da rogito di Galeazzo Bovi - sull’area della quale precisamente si fu che il detto conte Cesare cominciò nel seguente anno 1570, la fabbrica del suo nuovo Palazzo.

Nel 1570, addì 18 gennaio -lo stesso conte Cesare Lambertini comprava per L. 650 da Giovanni Francesco Curialti, del fu Girolamo da Tossignano, detto Tossignani, ed anche Panirazzi, una "Casetta sotto S. Siro in S. Gregorio, confinante con la Via pubblica (Poggiale) con detto conte Cesare e con i PP. Celestini" - come da rogito di Galeazzo Bovi. - Vedi il N. 1406 di Via Maggi, Vol. III a pag. 159.

Nello stesso anno 1570, addì 18 aprile - il medesimo conte Cesare comprava per L. 500 dai PP. Celestini una "Casetta sotto S. Giorgio, nella Contrada che va verso il Toresotto dei Maggi" ossia in via Maggi, e confinante con casa di un Niccolò Pollarolo, e con altra di un Andrea Ciabattino (mediante chiavica) nonchè con altro stabile del compratore stesso come successore del Pannirazzi - come da rogito di Galeazzo Bovi ed Antonio Gandolfi.

E del 1570, addì 29 luglio - il conte Cesare Lambertini otteneva dal Senato la concessione di "Piedi 8 di suolo pubblico nella Strada sotto S. Giorgio che va al Borgo delle Casse" - quindi verso Via Maggi senza dubbio - per la fabbrica del suo Palazzo.

E ancora del 1570, addì 30 dicembre, è il rogito di Galeazzo Bovi col quale i fratelli Pietro, Giovanni ed Alessandro Mondini quietanzavano il conte Cesare Lambertini d’ una parte del prezzo della Casa da loro vendutagli per L. 7,000 il 22 settembre 1569, come superiormente riferimmo.

La fabbrica del Palazzo Lambertini cominciavasi adunque nel 1570 sulle summenzionate Case dei Mondini, del Tossignani, dei Celestini. Ma durante la fabbrica stessa pare che le successive compere aumentassero l’area al detto Palazzo.

Infatti nel 1575, addì 4 maggio, il conte Cesare Lambertini comprava per somma di Scudi 800 in oro da Giovanni Francesco del fu Francesco Mazzoni la parte anteriore di una "Casa sotto S. Siro in confine con la Via di S. Giorgio, Camillo ed Alessandro Muletti, gli eredi di Bernardino Mondini e lo Stradello di Belvedere", come da rogito di Bartolomeo Selvaggi e Galeazzo Bovi.. In tale vendita però il Mazzoni riservavasi l’affrancazione.

Nel 1576, addì 3 aprile - pure con riserva d’affrancazione da parte del venditore - Galeazzo del fu Achille Bovi vendeva al medesimo conte Cesare Lambertini, per la somma di Scudi 500 in oro, la parte posteriore di una "Casa sotto S. Siro, in confine con la Via pubblica, li Muletti, gli eredi di Bernardino Mondini e lo Stradello di Belvedere". E a detta parte di Casa aggiungeva anche una "Casetta sotto detta parrocchia nella Strada che va verso il Torresotto dei Maggi, e confinante con Niccolò pollarolo. con Andrea ciabattino e detto conte Cesare" - come da rogito di Lodovico Rigosa.

Notisi qui che chiaramente appare essere stata una sola casa quella della quale il Mazzoni possedeva la parte anteriore ed il Bovi la posteriore, e che per tal modo nel 1576 possedevala interamente il Lambertini.

Quanto poi ai confini della Casetta suaccennata, è necessario avvertire che sono annotati precisamente come si vide per i confini della Casetta già dei PP. Celestini, di cui sopra.

Nel 1588, addì 28 marzo - proseguendo negli acquisti - il conte Cesare Lambertini comprava per L. 900 da Cortesia (detta anche Rizza) del fu Giovanni Antonio Dalla Casa,e da Andrea del fu Gaspare Antonietti, una "casetta ruinosa posta sotto S. Giorgio in Poggiale, in Belvedere, e confinante col compratore e con Francesco Tossignani, Panirazzi" - come da rogito di Vincenzo Orlandini.

Nello stesso anno, ma addì 16 maggio, il conte medesimo comprava per L. 1194 i diritti sui miglioramenti fatti ad una casa enfiteutica di S. Silvestro di Nonantola e posta sotto S. Giorgio in via Belvedere e confinata da altri stabili del compratore, come da rogito di Tommaso Passarotti, nel quale trovasi anche accennato che la casa stessa aveva un area lunga piedi 27 e larga 10 ed oncie 6. Sulla medesima gravitava il canone di soldi 50, che fu affrancato mediante sborso di L. 250, il 23 febbrato 1589 - come da rogito di Antonello Roberti.

Nel 1588, addì 6 ottobre, comprava pure una casa dai Genoli o Muletti, che è la stessa segnata col precedente N. 715, della quale, come ivi si disse, ritenne però una parte soltanto, e cioè la posteriore, vendendone l’anteriore ad Antonio Maria Basenghi nel successivo anno 1589.

Mancano atfatto i documenti di acquisto delle case di Niccolò Pollarolo ed Andrea Ciabattino, sopracitati, le quali pure devono essere state comprate dal conte Cesare Lambertini dal momento ch’egli ne comprese l’area nella fabbrica del suo Palazzo; il che positivamente avvenne. E cosi per la suaccennata casa della Caterina Rani, di dominio diretto dell’Abbazia di Nonantola, che pure è indubitato sia stata compresa nel Palazzo Lambertini, non trovasi nell‘archivio degli acquirenti altro documento oltre alla sopracitata vendita dei miglioramenti.

Marcantonio Lambertini fece bensì continuare nel 1591, la fabbrica del palazzo, ma essa rimase tuttavia imperfetta, e particolarmente dal lato prospiciente la Via del Poggiale.

L’ultimo maschio di questo ramo de’Lambertini fu Cesare di Ercole, che morì addì 24 ottobre 1608, lasciando una sola figliuola naturale legittimata, per nome Imelde, che andò in moglie a Bartolomeo figlio del senatore Giulio Cesare Lambertini.

Del 1642, ed in data del 28 novembre, trovasi un rogito di Giovanni Lodovico Calvi, col quale il conte Cornelio di Guidantonio Lambertini comprava per L. 3,625 da Carlo del fu Alessandro Zenghieri la "parte posteriore di una casa che Andrea Negri aveva acquistata nel 1576 da Galeazzo Bovi, posta sotto S. Siro, nonchè di una casetta in Belvedere sotto S. Giorgio, nella Via che va al Torresotto Maggi".- Di qui apparisce chiaramente, che Galeazzo Bovi deve aver ricuperata la parte posteriore della propria casa e la casetta, nel 1576 addì 3 aprile vendute con patto d’affrancazione al conte Cesare Lambertini, rivendendole poscia al detto Andrea Negri, (forse il confinante Andrea ciabattino che doveva in allora aver venduta la propria Casa al Lambertini) nell'anno medesimo.

Nel 1656, addì 5 settembre, Imelde, figlia naturale legittimata del fu conte Cesare Lambertini, col consenso del proprio marito, senatore Bartolomeo Lambertini, cedette a Galeazzo di Carlo Filippo Malvezzi-Lombardi il palazzo Lambertini sotto la parrocchia di S.Siro "situato fra le Vie pubbliche e lo stradello Belvedere" - come dal relativo rogito di Camillo Berti.

Il suddetto Galeazzo Malvezzi-Lombardi morì nel 1705 senza prole; aveva però una sorella maritata con un Marsili-Rossi e che passò poi a seconde nozze con un Albergati, vivente ancora la di lui madre, Eleonora, Ercolani che si rimaritò con un Leoni.

Nel 1708, addì 8 - agosto, Maria Ginevra Malvezzi assegnava a Vincenzo Francesco Leoni la metà di questo palazzo, in conto di L. 25,000 al medesimo dovute per restituzione di metà della dote d’Eleonora Ercolani, vedova di Prospero Francesco Maria Malvezzi-Lombardi - come da rogito di Petronio Giacobbi e Valerio Felice Zanotti-Azzoguidi.

Nel 1709, addì 23 marzo - il medesimo Vincenzo Leoni, comprò per L. 20,000 la residua metà dello stesso palazzo - come da rogito del suddetto Zanotti-Azzoguidi.

Più tardi, come eredi dei Leoni, riebbero i Malvezzi la proprietà di questo palazzo.

Nel 1770, addì 27 gennaio, il conte Vincenzo Gregorio Leoni nato Malvezzi, divenuto poi cardinale di S. Chiesa, vendeva per la somma di L. 35,000 questo palazzo al conte Pietro Paolo del fu conte Ercole Malvezzi-Locatelli - come da rogito di Paolo Fabbri - e nel giorno medesimo e per l’identico prezzo, il detto Malvezzi-Locatelli ne faceva cessione ai fratelli Filippo ed Antonio del fu Paolo Antonio Taruffi - come da altro rogito dello stesso notaio.

Nella sala dei primo piano superiore, D. Cesare Taruffi fece costruire, del 1797, un teatro particolare con due gallerie, e ciò perchè ivi si esercitassero alla recitazione alcuni suoi amici, fornendola co’ materiali d’altro Teatro che trovavasi nel già monastero dei Renani in S. Salvatore. Invaghitosi poi di tale stabilimento, volle convertirlo in teatro pubblico e a tal fine vi fece costruire quattro ordini di palchi. L’apertura del medesimo ebbe luogo nel carnevale del 1799 con l’Opera - Il Furbo contro il Furbo musica del maestro Fioravanti. Nel 1800 il Governo austriaco lo fece chiudere, ma dopo nove mesi di chiusura venne riaperto con la Pamela Nubile Opera in musica del maestro Pavesi. Nel 1804 il proprietario risolse demolire il detto Teatro, ma non ne ottenne il permesso che nel 1806. I materiali provenienti da tale demolizione furono comprati da Giuseppe Majocchi, il quale se ne servì per il pubblico Teatro di Cento, sua città nativa.

Si oltrepassa lo sbocco della Via Maggi.

N. 718 e 719 - Chiesa e Convento di S. Giorgio in Poggiale.

La Chiesa apparteneva all’Abbazia di Nonantola che possedeva altresì vari terreni in codesti dintorni. Nel Libro delle Collette, sotto l’anno 1408, sta scritto in proposito che erane Padrone l’Abate di Nonantola.

Un istromento di Guido d’Argile, del 4 settembre 1237, trattando della compra d’una casa, per L. 510, da parte di Bualella di Melio De Pedrano, da Piumazzo, dice che la casa stessa era situata "sotto la parrocchia di S. Giorgio in Poggiale, e in confine dei beni di S. Orio in Pozzale".

Vuolsi che del 1343 questa Chiesa fosse governata dai Canonici Regolari Lateranensi, e che addì 12 ottobre 1507, (? orig. 72 ottobre, evidente errore di cui il Breventani non si accorse) a rogito _di Taddeo Fronti, venisse rinunziata ai PP. Serviti già residenti nella Chiesa della Madonna del Pilastrello, edificata nel 1302 sul fronte del torrente Ravone, fuor di Porta S. Felice.

Il 10 maggio 1508 i Serviti ne presero possesso ottenendone anche il libero dominio dall’Abbazia di Nonantola - come consta da un rogito di Giacomo Maggini, notaio di Roma. In tale epoca il fabbricato della Chiesa occupava il posto dell‘attuale porterìa del Convento e sue adiacenze, estendendosi per tal modo, verso levante e mezzodì, ed anche oltre l‘attuale marciapiede, che la via pubblica in tale situazione riesciva angustissima.

Nel 1507, addì 5 dicembre - il rettore della chiesa parrocchiale di S. Giorgio appigionava a Leonora di Giovanni Dalla Lana un terreno in parrocchia di S. Giorgio, confinato "dalla via pubblica del Poggiale e da quella che va a Borgo delle Casse".

Nel 1577, addì 13 febbraio, Achille Caravaggi vendeva ai PP. Serviti la sua "casa grande in confine di Via del Poggiale, della Via Maggia, nonchè di altri stabili dei compratori medesimi" - come da rogito di Evangelista Veli.

Nel 1608, addì 20 maggio, i "PP. di S. Giorgio" (ossia i suaccennati PP. Serviti) compravano da Paolo di Giovanni Francesco Tossignani, mediante pagamento di L. 2.600, due case contigue ed una stalla situate in parrocchia di S. Giorgio "in Via del Maggio, che confinavano co'compratori e con Niccolò Ludovisi" - come da rogito di Francesco Brunetti.

Addì 5 ottobre 1589 era stata posta la prima pietra dell’attuale Chiesa - nel 1633 la Chiesa stessa era compita - la facciata però fu ultimata soltanto nel 1678.

Del 1641 i PP. Serviti incominciarono a far rifabbricare il loro convento dal lato verso Via Maggi, ciò constando dai decreti di concessione di suolo pubblico, fatti dall’ ufficio dell’Ornato, sotto le date del 17 e del 28 giugno di detto anno per la costruzione del muro verso Via Maggio "con questo che siano levati li tramezzi per piedi 90 e che il muro in Via S. Giorgio" (ossia del Poggiale) "vadi a linea del Palazzo Lambertini".

I PP. Serviti mostraronsi per altro riconoscenti e generosi, provocando poi il decreto del 19 febbraio 1666, col quale ottennero l’atterramento delle casette che ingombravano e restringevano la Via del Poggiale, e di mettersi in linea con la casa del Ludovisi, riservandosi il diritto di stillicidio che attualmente esiste.

Il 10 marzo 1797, i PP. Serviti furono soppressi. Il 30 luglio dello stesso anno fu ordinato che si addattasse questo convento per uso di residenza della Municipalità del Cantone di S. Maria Maggiore, spendendovi L.1,500; e la Municipalità stessa vi prese stanza infatti il 16 dicembre nello stesso anno.

Verso la fine dell‘anno 1798 ebbevi residenza altresì il Giudice di Pace del detto Cantone.

La parrocchia di S. Giorgio fu pure soppressa, ma la Chiesa rimase aperta tuttavia al pubblico.

Una parte del Convento fu venduta a Domenico Bevilacqua, con atti datati li 30 maggio e 18 giugno del 1799 - come da rogito di Luigi Aldini. L'altra porzione fu comprata il 4 aprile 1801 da Antonio Zanoja, milanese, cessionario dell’avvocato Luigi Salina - come da rogito dell‘Aldini medesimo.

Nel 1824, codesto stabile fu acquistata dai PP. Conventuali, per la somma di L. 1,000 riguardo alla porzione del Bevilacqua e per L. 22,000 riguardo a quella. posseduta dalla Rusconi vedova del suddetto Zanoja che essi occuparono effettivamente il 13 giugno di detto anno rivestendo il loro abito francescano il 4 ottobre susseguente.

È certo che sotto questa parrocchia esisteva la Chiesa di S. Orio, davanti alla quale esisteva una piazzetta con una croce ove del 1289 pubblicavansi i Bandi. Il luogo era appellato Trebbo di S. Orio, ma non si sa precisare dove fosse. È per altro fuori di dubbio che i beni della Chiesa di S. Orio passarono all’Abbazia di S. Barbaziano, trovandosi che in data del 26 febbraio 1492 papa Alessandro VI "univa il chiericato di S.Giorgio, ora S. Orio, al Monastero di S. Barbaziano".

N. 720. - Stabile enfiteutico dell’Abbazìa di Nonantola, che prima del 1463 era affittato a Giovanni Dalla Tavola, ferrarese.

È assai probabile che codesto stabile sia quello ricordato da un rogito di Alamanno Fiorani (De Floranis) in data del 1252, die octavo exeunte decembre: Actum in domo Abbatis et Monasterii Nonantutani, quae est in Civitate Bononiae, in parrocchia S. Giorgii in Pozale etc. etc.

Nel 1469, addì 18 agosto, l’Abbazìa suddetta locava in enfiteusi questo stabile per quattro fiorini d’oro a Bartolomeo di Castellano Sala - come da rogito di Giovanni Magagnini.

Nel 1479. addì 14 febbraio, avveniva un’altra locazione enfiteutica da parte dell’Abbazìa di Nonantola ad Egano Lambertini, riguardante una "casa sotto S. Giorgio, in confine della via pubblica a sera" (Via Poggiale) "a settentrione, mattina e mezzodì confinante con la Chiesa di S. Giorgio" - come da rogito di Paolo Pontio (o Ponzio).

Nel 1484, addì 10 gennaio, Francesco del fu Bonaventura Ghisilieri comprava per L. 200 da maestro Gasparo Nardoli (detto Nadi), la metà di una casa da lui posseduta indivisamente con ser Benedetto Garganelli, situata nella parrocchia di S. Giorgio in Poggiale al canto detto di via Urbana (Urbaga od Orbaga) ed in confine d’uno stabile di Gabriele Sala - come da rogito di Francesco Mattesilani. Il detto Nadi - che è l‘autore d’una Cronaca che corre manoscritta sotto il di lui nome - aveva comprata pure per L. 200, la sua metà di detta casa il 25 febbraio 1465.

Questa però sembra essere stata una casetta distinta dall’anzidetto casamento, tuttochè in seguito poi compresa nel palazzo de’Ludovisi. E questa casetta trovavasi precisamente al canto fra Via del Poggiale e Via Orbaga, ossia su area compresa nel presente N. 720.

Nel 1500, addì 9 Agosto, l’Abbazìa di Nonantola investiva di codesto casamento Egano Lambertini (seniore) che ne aveva comprato il dominio utile per L. 1,600 dagli eredi di Bartolomeo Sala, come da rogito di Francesco Bottrigari. E tale investitura aveva luogo mediante rogito di Filippo Patriarchi, nel quale è stabilito doversi pagare dall‘investito un canone annuo di 4 Ducati in oro nella ricorrenza della festa di S. Silvestro in dicembre (31) e più somministrare una libbra di cera nuova in candele, ad ogni rinnovazione dell’investitura medesima.

Nel 1529, addì 19 marzo, Egano (iuniore) del fu Annibale Lambertini rinnovava la investitura enfiteutica di codesto "casamento con casa murata, stalla ed altri edifizi, posto sotto S. Giorgio in Poggiale, e confinato da vie pubbliche da tre lati e da stabile di Achille Castelli" - come da rogito di Giulio Comenzarini. Da questo scorgesi adunque che nel frattempo il detto Castelli aveva acquistata la Casetta già dal Garganelli posseduta a metà indivisa col Nadi, poi con il costui successore, Bonaventura Ghisilieri. E le vie pubbliche cui da tre lati confinava il casamento in discorso non potevano essere che la Via del Poggiale, il primo tratto della Via Orbaga ed il secondo tratto della medesima che piega andando a sboccare in Via Maggi.

Nel 1546, addì 23 dicembre, l’Abbazìa suaccennata rinnovava la locazione enfiteutica di un "casamento con casa sotto S. Giorgio" a Dialta di Annibale Lambertini, sorella ed erede di Aldraghetto e di Egano Lambertini, e moglie del conte Niccolò Ludovisi. In detta investitura, fatta a rogito di Giacomo Boccamazzi e Bartolomeo Bulgarini, è accennato il canone annuo da pagarsi, che ammontava a 4 ducati in oro, e vi è detto che il casamento confinava con la "Chiesa di S. Giorgio, strade pubbliche ed Achille Castelli".

Nel 1548, addì 29 agosto, l’Ornato concedeva a Dialta Lambertini, moglie del conte Niccolò Ludovisi, oncie 12 di suolo per fare la scarpa della di lei casa posta presso la Chiesa di S. Giorgio.

Nel 1583, addì 1 gennaio, faceva il suo testamento Dialta Lambertini, vedova del conte, senatore Niccolò Ludovisi, a rogito di Ercole Cavazza e Carlo Garelli. Per esso questa "casa assieme ad una casetta in via Orbaga" fu compresa nell’eredità passata ai Ludovisi. Sembra dunque che poco prima o durante fabbrica, del 1548, la stessa Dialta Lambertini avesse pure acquistata la casetta del Castelli, già del Nadi e del Garganelli.

Nel 1633, addì 14 gennaio l’Abate di Nonantola concedeva per altri 29 anni in locazione enfiteutica ai fratelli, conti Francesco e Cornelio del fu Guidantonio Lambertini - "e come discendenti di Aldraghetto di Egano (seniore) Lambertini, primo acquirente, e atteso che il conte Ludovisi moriva senza lasciar prole" - questa "casa presso S. Giorgio" mediante il pagamento dell’annuo canone di ducati 4 in oro e L. 500 di caposoldo - come da rogito di Giovanni Ludovico Calvi. Questa investitura però non sembra che abbia avuto alcun etfetto, perchè come si vedrà lo stabile rimase proprietà dei Ludovisi.

Nel 1638. addì 9 novembre - Il principe Niccolò Ludovisi, col consenso di sua madre Lavinia Albergati vedova Ludovisi, per L. 15,000 vendeva ad Egeria di Francesco Baldi, vedova di Lorenzo Bonsignori, il "palazzo presso la Chiesa di S. Giorgio" - come da rogito di Francesco Tamburini.

La detta compratrice lo rifabbricò in parte e restaurò, per il che sorsero diverse liti co’ PP. di S. Giorgio a motivo di aperture e chiusure di finestre, liti che furono poi troncate mercè una convenzione coi PP. Serviti, dopo la morte d‘Egeria, obbligandosi essi a comprare il palazzo in questione ed a pagarne entro un anno il prezzo agli eredi - come da rogito di Giovanni Francesco Tamburini e di Scipione Cavazza, in data 10 febbraio 1646.

Nel 1644, addì 28 maggio, i PP. di S. Giorgio, sborsando L. 1,000 in una sol volta, avevano già redento questo stabile dal canone annuo dovuto all’Abbazìa di Nonantola - come da rogito di Virginio Colombani.

Nel 1655, addì 12 gennaio, iPP. Serviti di S. Giorgio, sborsavano L. 18,000 a Scipione di Paolo Emilio Baldi, in pagamento del prezzo di questo Palazzo - come da rogito di Scipione Cavazza.

Dal 1668 al 1709, questo palazzo fu costantemente tenuto in affitto dai Salaroli del ramo senatorio, per il che, impropriamente, appellasi eziandio Palazzo de’ Salaroli.

Si oltrepassa l’imbocco di Via Orbaga od Urbaga.

N. 721 - La "casa nell’angolo della via Orbaga, sotto S. Giorgio" - secondo un rogito di Melchiorre di Damiano Pasi, in data 8 dell’agosto 1404 - era di Cristoforo di Zuntino Zuntini.

Secondo un rogito di Tommaso Passarotti in data 12 luglio 1575, questa casa era in allora dei Teggia oriundi di Sassuolo.

Passò quindi ai Galanini di Crevalcore che la vendettero, per la somma di L. 16,000 ai Mazzacorati, i quali, comprate due altre casette nel prossimo vicolo per ampliarla, la rifabbricarono spendendovi L. 70,000.

Questi Mazzacorati costituivano una famiglia che aveva cominciato a distinguersi con un Bartolomeo di Giovanni Andrea, il quale ammassò ingenti ricchezze, vuolsi esercitando il mestiere di lardarolo. Tale famiglia però andò spenta con Angelo Michele di Filippo Gaspare, ch’ebbe tre figliuole, le quali morirono tutte e tre nubili prima della fine del secolo XVIII.

Marcello Oretti giudica la facciata di questo palazzo doversi attribuire a disegno del celebre e classico architetto Giacomo Barozzi da Vignola, appellato anche semplicemente Vignola.

Fu comprato poi dal notaio Francesco Coralli - pervenne in seguito, per eredità, al dottor Vincenzo di Giuseppe Ippolito Pozzi - poi appartenne ai fratelli e figli del celebratissimo avvocato Luigi Niccoli.

È notevole che nella Loggia di questo palazzo vedesi uno stemma dei Castelli.

N. 722 e 723 - Casa già dei Romanzi, poi dell’erede di tale famiglia, il Capitolo di S. Pietro.

Nel 1575, addì 12 luglio, il cavaliere Antonio Castelli vendeva a Baldasarre Romanzi, per L. 8,800 "due case ridotte in una sola grande, con teggia e stalla, sotto S. Giorgio, confinante a mezzodì con Giacomo Teggia, con Ventura ed altri della famiglia Roselli, con una casetta enfiteutica a settentrione, ed in parte con gli eredi di Domenico Bonfioli" - come da rogito di Tommaso Passarotti.

Nel 1575, addì 12 luglio - ossia nell’anno, mese e giorno medesimo - il Rettore di S. Antonio in S. Giorgio concedeva a locazione enfiteutica, per l’annuo canone di scudi 50 in argento, allo stesso Baldasarre Romanzi una "casa da S. Giorgio in confine con altri stabili de’ Romanzi e con beni de’ Bonfioli" - come da rogito pure del suddetto notaio Tommaso Passarotti.

Nel 1587, addì 24 luglio - Bernardo e fratelli Romanzi, figli di Luigi, stipulavano un contratto di permuta col Rettore di S. Giorgio in Poggiale, ricevendo essi una "casa restaurata di fresco dallo stesso Rettore, Giovanni del fu Gualtierotto Bianchi, confinante con altra casa dei Romanzi a mezzodì e ponente (ossia di sopra e a tergo), con gli eredi di Domenico Bonfioli a settentrione, e con la via pubblica ad oriente" - come da rogito di Paolo Lolli.

Nel 1613, addì 14 ottobre - Lauro Romanzi comprava per L. 12,400 da Giovanni Battista Casappi (subentrato al Bonfioli) una "casa grande sotto S. Giorgio, confinante di dietro con un vicolo comune fra la stessa casa dei Casappi ed una del compratore, a mezzodì col detto Romanzi e a settentrione col falegname Bartolomeo detto Bonuzzi, e con istabile di Stefano Magini" - come da rogito di Giovanni Rizzi.

Sotto la data dell’11 aprile 1633 nell’atto di divisione fra i fratelli Lauro e Romanzo Romanzi, si continua ad accennare che questa casa "confina con uno stradello chiuso", - il quale cominciava fra gli stabili segnati coi N. 724 e 725 di Via del Poggìale e sboccava in Via Orbaga.

Nel 1641, addì 18 settembre - Il cavaliere Aloisio Romanzi, distinto raccoglitore d’antiche memorie e monumenti di Bologna, faceva il suo testamento - a rogito di Tiberio Provagli - col quale lasciava usufruttuarie de’ suoi averi la propria moglie, Lucrezia Del Pino (o Pini) e la propria sorella, Olimpia Silveria sposa al capitano Tommaso Magnani, e suo erede universale il Capitolo di S. Pietro.

Il testatore suindicato, ultimo maschio della illustre ed antica famiglia Romanzi, morì addì 25 ottobre del medesimo anno 1641.

Nel 1661, la casa grande veniva stimata L. 10,000 e la piccola L. 7,000.

Questo stabile fu rimodernato nell’ anno 1775; poi appartenne a Pellegrino Martini.

N. 724 - Casa che del 1587, addì 24 luglio, era di proprietà degli eredi di Domenico Bonfioli.

Del 1715 apparteneva a Camillo Zambeccari; ed ultimamente aveva quattro comproprietari.

N. 725 - 726 - 727 - Stabili già appartenenti ai fratelli Demandini e ad Alessandro Gonfoli, i quali -addì 29 maggio 1594 - li vendevano ai fratelli Dottor Camillo e Giovanni Baldi, della parrocchia di S. Niccolò degli Albari.

La onorata famiglia de’ Baldi, era salita in celebrità per aver dati parecchi filosofi di grido. Essa aveva avuto a stipite Francesco Maria, oriondo di Crevalcore, che viveva del 1545.

Anticamente non s’appellavano Baldi che per sopranome, il loro casato essendo Della Pigna.

La loro discendenza maschile si spense con Girolamo Camillo di Bartolomeo che nel 1601, addì 11 marzo, faceva il suo testamento a rogito del notaio Francesco Montebugnoli (orig Montembugnoli, errore di cui il Breventani non si accorse), apertosi il quale, nel 1692 addì 22 aprile, si trovò che aveva lasciato usufruttuaria delle sue sostanze la propria moglie Eleonora Ariosti, ed erede proprietario un Antonio Francesco Cappellina, di Modena, coll’obbligo di venire ad abitare la sua casa in Bologna e d’ assumere casato e stemma dei Baldi.

Il detto erede era figliuolo d’una sorella del testatore, Maria Maddalena, moglie al capitano Lucio Dalla Cappellina.

L’innesto_di tale famiglia modenese però ebbe breve durata, chè i Cappellina-Baldi si spensero pure nel 1753, addi 1 giugno con Lucio di Antonio, che morì senza lasciare prole. Egli aveva chiamata usufruttuaria de’suoi beni la propria moglie, Lavinia di Antonio Rossi-Conti, istituendone erede proprietario il figlio primogenito del senatore Guidotti, a motivo ch’egli stesso aveva avuta per madre una figlia. del senatore Alberto Guidotti. per nome Ermellina.

Il portone allo scoperto, segnato col N. 727, e fronteggiante lo sbocco di Via Larga di S. Maria Maggiore, occupa il posto ove metteva capo un’antico vicolo detta Via della Montagnola, il quale piegava a sinistra dietro alle case prospettanti la via del Poggiale e raggiungeva quella di Orbaga appena al di la del portico. Traeva la denominazione suaccennata da una Montagnola, ossia da un avanzo di terrapieno della mura del secondo recinto di Bologna che vi esisteva.

N. 728 - Nel 1464, addì 30 maggio - concedevasi ad Antonio del Cantone unum Turronem antiquum Civitatis veteris, situato nella parrocchia di S. Giorgio in Poggiale, confinato da stabili di Giovanni da Roffeno, da un lato, da altri beni dello stesso Del Cantone, e dal Canale di Reno -mediante l’annuo sborso di L. 8- ed a patto che non potesse demolirlo.

Nel 1480 addì 26 febbraio, Battista del fu Gaspare Bentivogli comprava da Giovanni di Filidonio Fazi, per_L. 73810, una "casa sotto S. Giorgio in Poggiale, confinante con la via pubblica, altra via chiusa, Rodolfo Usberti, gli eredi di Andrea Cavazza e Vitale Savi" - come da rogito di Giacomo Macchiavelli.

Nel 1494, addì 24 gennaio, Giovanni Battista Bombasari comprava da Bente e da Giovanni Andrea Bentivogli per L. 1,107. 13.10 in argento, pari a L. 1,200, una "casa sotto S. Giorgio, confinante con la via da due lati, con una via vicinale e gli eredi d’Andrea Cavazza" - come da rogito di Benedetto Dell’Olio.

Del 1566, addì 29maggio, avveniva la divisione fra le sorelle Giacomina ed Orsola Bombasari - moglie la prima ad Astorre Rigosa - l’altra ad Alessandro - dei beni loro pervenuti per eredità del fu Giovanni Battista Bombasari. In detto atto leggesi che alla moglie di Astorre Rigosa, fra l'altre pro prietà, venivano a spettare "Due case unite insieme, situate sotto S. Giorgio e valutate L. 6,159".

È però necessario qui notare che limitandosi alle sole indicazioni che ci somministrano i tre ultimi citati documenti, lo stabile da essi rispettivamente accennato potrebbe essere tanto questo che la casa del Niccoli, o quella dei Benazzi al canto di Via Schiavonia, od anche quella degli Oretti - tutte queste essendosi pure trovate in quell’epoca confinate da due vie pubbliche su due lati e su di un terzo da una via vicinale.

È certo però che più tardi questa antica casa dei Cantoni appartenne ai Mulla; poi ai Tassoni.

Nel 1609, addì 4 luglio, Francesco Pasi, credendosi erede del defunto Giovanni Battista Agucchi, del quale era stata proprietà questo stabile , con annesso filatoio, ne prendeva possesso. Ma i PP. di S. Giorgio gli fecero opposizione.

Un rogito di Giovanni Rizzi, in data del 17 febbraio 1640, ci ricorda la "casa di Giovanni Battista e Paolo Agocchi, alias Pasi, sotto S. Giorgio presso il Torressotto".

Un Atto del 1 ottobre 1644 così ci descrive questo stabile: "casa del fu Giovanni Battista Agocchia-Pasi, che fu già di Giulio Pasi, con Orto detto la Montagnola, sotto la parrocchia di S. Giorgio; confina la Strada, da una parte il Stradello in confina dei Baldi, dall‘altra li beni di Giulio Pasi; l’Orto confina col Guerrino, col Ranuzzo e con Lauro Romanzi".

Passò quindi al conte Uguccione di Ercole Pepoli che vi morì nel 1670.

La possedettero pure i Forti. E in appresso fu comprata all‘asta nel 1728 da Giulio (o Nicolò) Carlo Bersani, i cui eredi l‘affittarono nel 1731 al marchese Fabio Antonio Fabbri.

Dai Bersani questa casa fu rivenduta per L. 12,000 ai Campana-Bonaveri - famiglia che constava di tre fratelli, i quali passarono lunghi anni a Madrid servendo il re di Spagna in qualità di macchinisti, e che ora è estinta.

N. 729 - Filatoio che prima del 1609 apparteneva a Giovanni Battista Agucchi

Passò poi a’ suoi eredi i Pasi detti pure Agucchi.

Nel 1719, addì 25 agosto - questo Filatoio veniva posto all’asta a pregiudizio di Tommaso, Antonio, Francesco e Giovanni Landi - come de rogito di Giuseppe Maria Uccelli. Divenne quindi proprietà dei Tomba di S. Giovanni in Persiceto; e presentemente è della famiglia Bassi.

Aggiunte

1312, addì 31 dicembre - Un rogito di Giacomo di Filippo - da Monte Polo, sotto tale data ci fa menzione di una "Via di Malegraro, sotto S. Giorgio".

1391, addì 1 marzo - Maria del fu Landino Sala, moglie di Giovanni Teorsi, vendeva per L. 65 a Valentino Pizzani una "casa sotto S. Giorgio, confinante con beni del compratore da due lati, la Via pubblica, e Bertalia Pettinada, mediante androna - come da rogito di Antonio Giovalelli.

1418, addì 13 gennaio - Bartolomeo del fu Antonio Ghisilieri, comprava per L. 300 da Benedetto del fu Ugolino Ghisilieri "due case sotto S. Siro" - come da rogito di Giacomo del fu Pietro Muglio.

1420, addì 18 agosto - Un rogito di Pietro di Benincasa, sotto questa data, ci fa sapere che la casa di Martino del fu Giacomo Zanelli, cui era annessa altra casa oltre il cortile, trovavasi sotto la parrocchia di S. Siro.

1447, addì 11 gennaio - Francesco del fu Andrea Bolognini comprava per L. 100 da Niccolò Macchìavelli una "casa sotto S. Giorgio, nella Strada detta Strada Nuova" - come da Rogito di Giovanni Castellani.

1462, addì 29 dicembre - È la data sotto la quale venne registrato il "Dono" a Sante Bentivogli, di una pezza di terra ortiva, già casamentata, che fu di Francesco Ghisilieri e suoi nipoti, devoluta al Fisco per la ribellione dei detti Ghisilieri, posta in Bologna sotto S. Siro, confinata dalla Via pubblica. da Giacomo da Muglio da due lati, e da un Andrea (forse Androna ? - Breventani) del fu Melchiorre Muglio.

1466, addì 16 ottobre - Antonio del fu Pietro Stiatici, comprava per L. 636. 03. 01 in argento da Giacomo Macinatori una casa con cortile e orto, situata sotto S. Giorgio e confinata da via pubblica da due lati, da Biagio Marchesini e dagli eredi di Pietro muratore.

1480, addì 26 febbraio - Battista del fu Gaspare Bentivogli comprava per L. 738. 10. da Giovanni di Zelidonio Fazi una "casa sotto la parrocchia di S. Giorgio in Poggiale, confinante con la Via pubblica, con altra Via chiusa, con Roberto Usberti, e gli eredi d’Andrea Cavazzi e di Vitale Savi" - come da rogito di Giacomo Macchiavelli.

1508, addì 6 dicembre - D. Bernardino della Gilia e suoi fratelli comprarono per L. 260 da Floriano Franchini una "casa sotto la parrocchia di S. Siro" - come da rogito di Niccolò Panzacchia.

1523, addì 26 giugno - Francesco del fu Giovanni Pietro Bolognini comprava per L. 1,200 da Caterina da Panico, moglie di Tommaso Segni, una "casa nella parrocchia di S. Giorgio in Via del Poggiale" come da rogito di Giovanni Battista Buoi.

1523, addì 7 dicembre - Data dell’Atto di locazione enfiteutica di un "certo terreno con casa, situato sotto S. Giorgio", accordata dai PP. Serviti di S. Giorgio a Francesco del fu Giovanni Bolognini. In detto atto è indicato che "confinava dinnanzi con la via pubblica, con altra via di dietro, con beni di Bartolomeo Vengola da un lato, e con beni di Battista Alberti dall’altro".

1536, addì 29 aprile - Data del testamento di Baldassare del fu Giulio Ringhieri, il quale lasciava ad Annibale d’lnnocenzo Ringhieri una "una casa grande sotto S. Giorgio in Poggiale, confinata da vie pubbliche da tre lati e da Alessandro e fratelli Matesillani" - come da rogito di Antenore Machiavelli.

1579, addì 31 gennaio - Antonio Monetti comprava per L. 800 da Angela Serenuzzi "rata e parte di una casa grande sotto S. Giorgio in via Poggiale» - come da rogito di Tommaso Barbieri.

1584, addì 3 luglio - Data di un atto di locazione d’ Ercole e fratelli Ercolani ad Elena Zaldini, risguardante "Due case adiacenti situate sotto la parrocchia di Giorgio".

1590, addì 19 maggio - Camillo di Carlo Oretti vendeva per L. 7,000 a Gabriele Manzoli "due case sotto S. Giorgio" - come da rogito di Tommaso Passarotti. Il 23 maggio susseguente, lo stesso Manzoli le rivendette a Giovanni Battista Macchiavelli - come da rogito dello stesso notaio Passarotti (Vedasi il N. 733 di questa stessa Via del Poggiale).

1606, addì 22 febbraio - Giulia Gili-Gandolfi comprava per L. 3,200 un censo annuo sopra due case d’Annibale Poggioli, situate nella parrocchia di S. Giorgio - come da rogito di Vincenzo Orlandini.

1608, addì 7 gennaio - Matteo di Biagio Fioretti comprava per L. 9,000 da Agostino Piazza e dalla di lui moglie Caterina d‘Ippolito Fibbia, una "casa grande situata sotto S. Gregorio dirimpetto alla chiesa stessa e confinata dai Maranini e dai Giovanetti" - come da rogito di Vincenzo Vasselli. Però siccome s’ ha memoria che del 1623 la casa stessa "sotto S. Siro e stimata del valore di L. 13,000" apparteneva ancora ai Piazza, cosi è d‘uopo arguirne che la vendita suaccennata probabilmente doveva essere subordinata al patto di affrancazione.

(1) Poiché trattandosi della Casa già dei Fungarini, poi de’ Pederzani, situata nella Via della Borgo della Puglia, al canto sinistro dell’ imbocco della medesima da Via S. Donato e segnata col N. 2838 omettemmo di dar cenno di questa famiglia, ne daremo qualche memoria relativa in questo punto ove trattasi dell'anteriore domicilio proprio de’ Pederzani.

Pederzani

Nel 1662 questa famiglia comprava da Vincenzo e fratelli Prandi, per lire 8,322. 10 una Casa da S. Colombano dalla quale nel 1746 risulta ritraesse un’ annua pigione di lire 230.

Nel 1663, compravano i Pederzani, per L. 8,700, la Casa dei Savoia situata in Via del Poggiale, di fronte alla chiesa di S. Giorgio, circa la quale si ha memoria che nel susseguente secolo era affittata per l’ annua pigione di L. 225.

In seguito i Pederzani andarono ad abitare una Casa al canto fra Borgo della Paglia e Via S. Donato, loro pervenuta dai Fungarini , i quali nel 1732 l’ assegnavano ad Antonio Pederzani per lire 14,000 e in acconto di un debito di L. 20,800 che avevano verso di lui.

La stessa Casa (N. 2838) dai Pederzani fu poi venduta a Lorenzo Conti di Castel S. Pietro che la pagò L. 15,000, somma da essi erogata nell’ acquisto della Casa dei conti Fava in Via S. Vitale, dei quali era stato erede l’Ospedale della Morte che loro ne fece la vendita.

Ciò accadeva nel 1746. Questa famiglia ebbe l’ eredita dell'avvocato Floriano Bertelli perchè una di lui figliuola aveva sposato Luigi d' Antonio Pederzani. Tale eredità consisteva nella Casa dei Bertelli in Via de’ Gombrutti di faccia alla Casa de’ Beccadelli, nonchè nei poderi detti del Borgo e di Olmetola con un bel palazzetto, un Casino ad Arcoveggio, altri casamenti in Bologna e diversi poderi di montagna.

I Pederzani avevano una possessione a Marano, proveniente dalla dote di Lucrezia di Giovanni Battista Rampionesi, moglie ad Antonio Pederzani, la qual dote ammontava a L. 25,000.

Avevano altresi due poderi a Villanova da Mercantonio Pederzani venduti poi ai marchesi Marsili-Rossi che per tale acquisto pagavagli come frutto del capitale l’ annua somma di L. 528.

(2) Oretti.

Nel 1243 abitava. questa famiglia in Via S. Vitale e possedeva beni di Campagna a S. Maria.

La Casa propria degli Oretti fu poi quella al canto fra Via Poggiale e Via Larga di S. Giorgio, dirimpetto alla chiesa dedicata a questo Santo.

Nel 1770 ebbero le eredità dei Rigosa e dei Fabri. Quella dei Rigosa consisteva in una Casa situata nella Via Larga di S. Giorgio ed in un predio con Casino a Rigosa;i beni provenienti dall‘ eredità Fabri constavano diversi casamenti in Mercato di mezzo e nella Via che dai Tubertini mette a S. Pietro, nonchè terreni con un casino a Mongiorgio (orig Bon Zorio, corretto con il ? dal Breventani).

Gli Oretti ebbero anche casamenti ed un orto al Porto Navile.

(3) Moretti,

Questa famiglia era oriunda di Casio, ove anzi alcuni dei Moretti restarono avendo in que’ dintorni vasti possedimenti, mentre altri vennero a Bologna.

Qui ebbero Casa loro propria sotto la parrocchia di S. Matteo delle Pescherie.

Dei Moretti nel 1565 alcuni abitavano nella parrocchia di S. Isaia.

Questa famiglia, del 1599, possedeva beni di campagna a S. Agostino in luogo detto Sterpeda, nonché un podere a Casaglia.

Nel 1651, addì 26 aprile, mediante rogito d’ Alessio del fu Biagio Barberini fondarono i Moretti un benefizio semplice, sotto l’ invocazione della Beata Vergine ad Nives, nella Chiesa parrocchiale di S. Agata in Bologna, all’altare della Madonna. E gl‘istitutori furono D. Giuliano, D. Domenico, Carlo e Giovanni Battista (fratelli) che ne riservarono però il giuspatronato alla famiglia Morotti.

Nel 1734, addì 4 agosto - Giovanni Battista e Paola, di lui figlia, donarono il detto Benefizio ad Egidio del fu Ascanio Toschi - come da rogito d’ Antonio del fu Giovanni Battista Nanni.

Nella chiesa di S. Giorgio del Poggiale esiste una dote dei Moretti, avendovi questa famiglia un altare dedicato alla fuga della Sacra Famiglia in Egitto.

(4) Vedi Cenno Storico sui Vescovi di Bologna in questo stesso Volume a pagina 138.

(Nota dell’ Editore).

(5) Vedi Cenno storico, biografico e genealogico della famiglia Ghisilieri nella Nota a pagina 104 del Vol. II di quest’ Opera.

(Nota dell’ Editore).

(6) Non avendo che accennato appena a Giovanni Angelo Belloni, trattando del Palazzo fatto fabbricare da lui al canto fra la Via Barberia e de’ Gombruti e seguato col N. 4142 di quest’ ultlma (Vedi Vol. II a pag. 270) daremo alcune memorie, relativamente a questa famiglia, in questo punto ove parlasi della Casa nella quale abitò il Belloni medesimo ne’ suoi anni giovanili.

Belloni.

Famiglia proveniente da Codogno, grossa Terra lombarda sul Lodigiano, che da bassa condizione sollevossi mediante il traffico commerciale e gli atfari bancari alla ricchezza ed alla nobiltà.

I Belloni erano divisi in diversi rami, uno de’ quali, assai ricco, risiedeva in Codogno; l’ altro in Roma elevato a rango di nobiltà col titolo di Marchesi di S. Prassede; un terzo stabilito a Cadice nella Spagna, dedito al commercio; ed il quarto in Bologna, ricco di beni stabili e danaroso.

I Belloni residenti in Bologna ebbero pure il titolo di Marchesi, loro conferito da Giacomo II, (Stuardo) nell‘occasione in cui questo re d’ Inghilterra fu ospitato nel loro Palazzo in questa città.

Il Palazzo de’ Belloni è dovuto a Giovanni Angelo o Gianangelo seniore che lo fece fabbricare sull'area di cinque Case comprate in Via Barberia e Via de’ Gombruti, e che avevano appartenuto una ai Bedoni, poi ai Marchesi Albergati, l' altre due ai Catalani ed erano le loro Case avite, la quarta agli Scardui e poi agli Ostesani od Astesani, e la quarta ai Castellani. Si calcolò che soltanto l’acquisto di dette Case importò a Gianangelo una spesa di circa L. 50,000.

Nel 1679 il medesimo Gianangelo abitava la così detta Casa del Cantone sull'angolo fra la Via del Poggiale e quella di Belvedere di Borgo delle Casse, ove prese moglie, sposando Clarice Arrigoni. Morl nel 1729.

L’ultimo maschio del ramo dei Belloni stabilito in Bologna fu Gianangelo del fu Antonio, il quale morì nel 1810 senza prole. Cosi l'eredità Belloni passò, per parentela colla ferale femminile occasionata da matrimonio, ai conti Tommasoli-Laziosi di Forlì, che poi vendettero il Palazzo suaccennato al conte Cristoforo Sora-Monarini di Modena.

Oltre al loro grande Palazzo i marchesi Belloni di Bologna possedevano:

Un Podere con Palazzino per uso di Villeggiatura, fatto fabbricare da Gianangelo (seniore), fuor di Porta Castiglione, nel Comune della Misericordia;

Una tenuta con Palazzo a Meddelana;

Diversi terreni ed orti fuori della Porta di Via S. Stefano;

Una Cappella nella chiesa di S. Paolo in Monte;

La Villa con Palazzo detta Mezza, sopra Pontecchio.

Ed inoltre una vasta estensione di terreni sparsi in parecchi Comuni di montagna.

È d’ uopo peraltro notare che anteriormente alla venuta da Codogno dei Belloni suaccennati, esisteva in questa città. un'antica famiglia bolognese avente lo stesso casato e che si spense nel 1630, passando la eredità della medesima ai Gualandi che n’erano i più prossimi parenti.

(7) Benacci Vittorio.

Una delle tante glorie tipografiche del passato a confusione delle presenti. Le preziose edizioni lasciateci da un Azzoguidi, da un Ugo de Ruggeri, dal Bonardo, da Caligula Bazeliero, da Platone de Benedicti , da Gio Battista Faelli, da Ettore Benedetti, e da tant' altri che ponevano ogni lor cura onde tramandare ai posteri ricordanze imperiture offrono un ben doloroso confronto alla non curanza dell‘oggidì che potrebbe risolversi in ispiegato decadimento. Quasi tutte le nostre odierne tipografie applicantesi a lavori di poco conto ma lucrosissimi sono proprietà di uomini facoltosi, in breve spazio di tempo arricchiti, ma che non lascieranno di loro opere che valgano la pena di ricordarli poi. La sola Società dei Compositori, sortita pur essa dal popolo ma con ispirazioni ben diverse da quelli, stende la mano fraterna al modesto editore che di misurate forze a lei ricorre, e da questa almeno è a ripromettersi col tempo emulata la solerzia e valentia di coloro che furono e saranno mai sempre rammentati quali amorevoli figli, e benemeriti cittadini di questa nostra illustre Città.