Marsili

Seguirono, ma tardi, la parte dei lambertazzi e si trovano menzionati per la prima volta nel 1207. Dal 1257 in poi furono centosettantacinque volte degli anziani, cominciarono ad avere il grado senatorio nel 1483 e si adoperarono anche sostenendo ambascerie e militando. Ebbero titolo di conte e di marchese nel secolo XVII. Tennero a lungo la rettorìa dello spedale e del ponte di Reno, il qual ponte assunsero nello stemma gentilizio (1).

Ippolito Marsili fu professore di legge di molto grido nel secolo XV; vicario generale del duca di Milano, governatore d' Albenga, podestà di Cittadella e giusdicente in varii luoghi, pel corso di ventidue anni. Altri cinque di questo casato insegnarono leggi nello studio, nei secoli XV, XVI, XVII, e XVIII (2).

Cesare, datosi tutto all' astronomìa, ebbe amicizia e carteggio con i più valenti cultori di questa scienza; ed i superstiti di sua famiglia conservano alquante lettere a lui dirette dal Galileo, in una delle quali egli fa noto a Cesare il miglioramento recato al microscopio, poco prima inventato. Si furono gli ufficii di questo Marsili che procurarono la cattedra di matematica al padre Bonaventura Cavalieri, celebre allievo del Galileo (3).

Luigi Ferdinando, che nacque nel 1658, era già uno scienziato quando entrò gregario nell' esercito cesareo. Fece da capitano le guerre contro gli Ungheri, spalleggiati dai Turchi, e vi si distinse per le sue cognizioni strategiche. Vi fu ferito, fatto prigione e venduto schiavo per sette talleri ad un pascià, il quale, trattolo seco sotto Vienna cinta d' assedio, lo destinò agli ufficii più abietti. Minacciato di morte da un editto contro gli schiavi, destò pietà in due fratelli bosniaci che lo comprarono per ventiquattro talleri, obbligandolo però a promettere il suo riscatto nella somma di cento zecchini, saputolo di cospicua famiglia. Poi, l'esercito turco essendo stato sbaragliato, il povero schiavo fu trascinato per diciott' ore dietro la cavalcatura di Omer, uno dei suoi padroni, avvinto da una fune e scalzo. Ebbe a morire per le sofferenze e per la scimitarra dei Turchi, dalla quale salvollo Omer mediante l' offerta di un cavallo e per gola del riscatto. Il Marsili, per nuovi patimenti nuovamente in fin di vita, potè far giungere a' suoi, che lo piangevano morto, le notizie dello stato suo. Lo riscattarono il più presto che poterono e riabbracciaronlo a Bologna, dove depose i ceppi della schiavitù che si conservano nell' università, ma presto lo videro partire per riprendere la carriera militare.

Ritornato al campo, prese Neuhausel d' assalto, non senza toccar ferite; cooperò alla presa di Buda e, benchè nuovamente ferito, attese a tutt'uomo a salvare libri e manoscritti dagl' incendii e dalle rovine di questa città. Mentre continuava la guerra, il Marsili, che mostravasi valoroso soldato ed abilissimo ingegner militare, cominciò a far degli studii sul Danubio, e con diligenti ricerche rinvenne ed illustrò gli avanzi del ponte erettovi da Traiano. Nello stesso tempo, ed appresso, raccoglieva oggetti risguardanti le scienze naturali, nelle quali era stato ammaestrato dal celebre concittadino Malpighi.

Allorchè le sorti della guerra volsero avverse ai cesarei, ed il Tekeli, capo degl' insorti Ungheresi, minacciava la Transilvania, il Marsili elaborò e propose un piano per attaccar Tekeli ne' suoi accampamenti. Approvato ed eseguito, fu messo in fuga costui co' suoi Moldo-Valacchi e Tartari, e la Transilvania fu liberata.

Due volte fu incaricato il Marsili di trattare la pace, ed altrettante fu preso a schioppettate da masnade che volevano ma che non poterono averlo morto. La pace in fine fu fatta, contribuendovi molto la destrezza del Marsili, benchè l' invidia gli suscitasse molti ostacoli, e a lui fu dato incarico di determinare i confini tra l'Impero, la Porta ed i Veneziani.

Mentre il Marsili di ciò trattava con i ministri delle corti nella Bosnia, presso Rama, dov' era stato schiavo quindici anni prima, fece ricerca dei due fratelli, già suoi padroni, e fattili venire alla sua tenda li colmò di accoglienze e di doni; e poichè eran poveri, ed egli ricordava i beneflcii e non i maltrattamenti, ottenne loro dalla Porta una pensione annuale di trecento zecchini.

Elevato al grado di generale cominciò una nuova campagna al Reno, contro i Francesi. Espugnò Landau, oppugnato inutilmente dal principe di Baden, il quale per ciò prese a odiare il Marsili e a meditarne la rovina che presto potè compiere. Poichè il Marsili fu destinato, insieme con l' altro generale conte d' Arco, a munire e difendere, sotto gli ordini d' esso principe di Baden, la fortezza di Brissac. V 'incontrò le maggiori difficoltà e non potè far prevalere il suo sistema di difesa; mancando le paghe impegnò i propri averi, si oppose alla resa in un consiglio di guerra; ma fu non dimeno risoluta ed effettuata. Allora il principe di Baden commise ad un tribunale di guerra di giudicare la guarnigione di Brissac, e, neglette le forme giuridiche, fu pronunciata ed eseguita questa sentenza: al d' Arco mozza la testa, al Marsili rotta la spada dal carnefice e fosse inoltre degradato e confiscatogli il bagaglio per far fronte alle spese.

Il Marsili, reclamato invano che gli fosse resa giustizia, ripatriò, e diede parte a tutti i letterati d' Europa della sventura patita e pubblicò per le stampe la propria difesa. Fece disegnare e ripose nella libreria dei domenicani una veduta della piazza di Bergenz, con le milizie schierate in arme e lui sul patibolo mentre gli si spezzava la spada. Vi scrisse: questa figura della mia esecuzione voglio che si ponga a suo luogo nella mia vita (ch'egli scriveva), per esempio di ciò che può arrivare ad un innocente che aveva tanto servito e meritato.

Gli fu poi restituita la spada in Milano dal principe di Vaudemont governatore del re. di Spagna, di commissione di Luigi XIV, il quale dichiarò che il Marsili era stato ingiustamente degradato per l'affare di Brissac e ch' egli sapeva molto bene quanto grande era stata quella ingiustizia.

Stette qualche tempo in Francia, ove voleva darsi tutto allo studio della natura. Ma poi dovette cedere alle premure di Clemente XI, che il volle generale delle truppe da lui raccolte, prima per opporsi all' imperatore Giuseppe, il quale per la guerra di successione della Spagna minacciava lo stato papale, poi per rintuzzare i barbareschi che infesta vano le coste.

Si diede poscia a fondare l' instituto delle scienze in Bologna, che presto acquistò rinomanza, ed a cui donò solennemente nel 1712 una tragrande suppellettile scientifica e letteraria, raccolta da lui, come ho detto, mentre militava; chè, quasi novello Nehemìa, nel tempo che impugnava d' una mano la spada, dell' altra edificava, per la scienza. Alla generosa donazione unì il patto che la città costruisse un ossevatorio astronomico, stipendiasse professori insegnanti e mai erigesse a lui nè statua nè altra memoria, non ostante la nota propensione del senato. Fondò eziandìo l' accademia di belle arti, e per allargare vie più il dono del materiale scientifico si diede a rintracciarne altra copia viaggiando. Recatosi per ciò a Parigi, fu annoverato in quella celebre accademia: in Olanda strinse confidenza con Boerhaave, il quale insistette affinchè il Marsili pubblicasse, sì come fece ad Amsterdam, la sua Histoire phisique de la mer. Quivi raccolse assai cose e cedette ad una società di librai il manoscritto della sua opera sul Danubio, ricevendone in cambio libri a sua elezione per il suo instituto, pel valore di dodici mila fiorini. Spese due anni a raccogliere egli stesso piante, fossili ed altri prodotti naturali, poi fece solennemente un dono ulteriore a Bologna di nuove collezioni.

Ma il dispendio occorso per conseguire il magnanimo scopo ch' egli si era prefisso, le vessazioni del fratello e dei cugini che s' erano impossessati delle sue sostanze per le spese occorse nel suo riscatto e nella catastrofe di Brissac, non che per altre pretese, l' avevano ridotto in tali strettezze, che il papa gli fece un assegno per sostentarsi. La patria invece non gli retribuì la gratitudine meritata. Poichè avendo egli ottenuto dal papa che il senato potesse impiegare a pro dell' instituto delle scienze quindicimila scudi, destinati ad estinguere il debito pubblico, fu levato rumore da coloro i quali non apprezzavano altro che i vantaggi materiali. E tali furono le voci ingiuriose degl' ignoranti e degli sfaccendati, che il Marsili, sdegnato e offeso dalla costoro ingratitudine, disse addio alla patria, rinunziando a tutto, per fino al casato; e, sotto il nome di conte d'Aquino, si ridusse presso Marsiglia, a compiere con ulteriori studii il Trattato della struttura della terra.

Era già logoro dagli anni, dalle fatiche, dalle sventure, quando colto da apoplessìa venne a spirare nel 1730 nel paese nativo, raccomandando il suo instituto al dottor Bazzani, divenutone presidente (4).

Pochi altri uomini per certo accoppiarono tanta dottrina nelle scienze militari e naturali, quanta n' ebbe Luigi Ferdinando Marsili; pochi furono ricambiati come lui da grande ingratitudine di un principe, in pro del quale aveva molto operato e molte volte posta a repentaglio la vita; di una famiglia, ch' egli aveva resa celebre nei fasti della scienza; della patria, alla quale egli aveva recato gran lustro ed eterni beneficii. Da ciò sono stato tratto a parlarne molto, e troppo, diffusamente.

Leclerc scrisse l' elogio di lui, pubblicato nelle memorie dell' accademia delle scienze di Francia.

Anticamente i Marsili avevano casa in via s. Mammolo, non già dove l' hanno oggidì e dove l' ebbe Luigi Ferdinando, ma presso la piazza maggiore (n. 98) e vi era unita una torre. Ce ne dà notizia un atto del 1310, col quale Gregorio d' Aldrovandino Marsili accusa Paolo e Odofredo degli Odofredi di avergli turbato il possesso di alcune sue proprietà, fra le quali sono enumerate la casa e la torre situate nella parocchia di s. Ambrogio, presso la strada, e presso maestro Maglio de' Sulimani giureconsulto (5).

(1) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 218. Savioli, Ann. v. 2, pag. 287.

(2) Fantina, Notiz. v. 5, pag. 280. Mazzetti, Repert., pag. 200, 201, 202.

(3) Fantuzzi, Notiz. v. 5, pag. 278.

(4) Fantuzzi, Notiz. v. 5, pag. 286.

(5) Documento riferito dal Toselli nelle Memor. stor. document. pag. 150.