Chiesa di San Domenico
Immagine tratta dagli schizzi topografici disegnati da Giuseppe Guidicini a corredo delle note manoscritte delle "Cose Notabili ..." e pubblicati per la prima volta da Arnaldo Forni nel 2000.
(Nord verso sinistra). Schematizzazione della pianta della chiesa prima della prolungamento della chiesa verso occidente (linea continua) e della porzione aggiunta (linea tratteggiata).
Cartigli
Costruita tra il 1228 e il 1240, fu completamente ammodernata da C. F. Dotti (1728-32). Nella cappella del Santo si conservano l'Arca di San Domenico con sculture di Nicola Pisano (1265-67), Nicolò dell'Arca (1469 c.), Michelangelo (1494), A. Lombardi (1532) e dipinti di G. Reni (1613-15), L. Spada, A. Tiarini, Mastelletta. Nelle cappelle opere di Giunta Pisano, F. Lippi, B. Cesi, P. Fontana, A. M. Colonna e A. Mitelli, L. Carracci, Guercino, P. Faccini, F. Brizio, D. Creti, V. M. Bigari e nel coro tarsie di fra' Damiano da Bergamo (1541-49).
Indirizzo:
piazza San Domenico
Dalle Cose Notabili di Giuseppe Guidicini.
È indubitato che la prima chiesa avuta dal Domenicani in Bologna fosse quella del B. Nicolò delle Vigne, chiesa, che secondo frate Leandro Alberti, esisteva nel 1198, nel qual anno vi fu sepolto messer Passipovero Passipoveri nobile e magnifico cavaliere. Che fosse parrocchia diretta da un Rettore non se ne fa parola nella donazione di Pietro di Lovello, e tutto il fondamento della sua esistenza è appoggiato soltanto all’autorità del Ghirardacci, del Masini, e di altri storici.
Morì S. Domenico li 6 agosto 1221 sotto il priorato di frate Ventura, e fu sepolto nella chiesa del B. Nicolò in un deposito cavato fra due altari, secondo la deposizione di frate Rodolfo da Faenza procuratore del convento, riferita dai bollandisti pag. 640, N. 43. Lo stesso viene deposto dal detto frate Ventura da Verona priore di S. Nicolò delle Vigne, come al precitato tom. I dei bollandisti pag. 634 N. 10. Il padre Turone dice che fu sepolto nella comune tomba dei frati, e cioè nel cimitero conventuale, che dei frati si pretende esser lo stesso d’oggigiorno, il qual cimitero resta fra la sagristia e il tribunale dell’ Inquisizione, che si cominciò a fabbricare li 5 luglio 1568 da frate Antonio Balduzzi da Forlì. Dicesi che nel, piedestallo della piccola colonna di marmo sormontata da una croce che trovasi nel mezzo di detto cimitero vi fosse una memoria che attestava essere stato sepolto in detto luogo il S. P. Domenico. Per assicurarsi di quanto era scolpito sulla lapide, non bisognerebbe però tener conto della distanza di questo cimitero dal chiostro della cisterna. Il predetto Lodovico da Prelormo, custode dell’ arca del Santo nel secolo XVI, stupisce e si duole di non avere in 10 anni potuto mai trovare il preciso luogo ove il S. Padre fu sepolto, poscia soggiunge d'aver raccolto da cronache antiche che fosse sepolto in terra "di drieto a l’altar grande".
Il B. Giordano Generale dei Domenicani dice, che aumentandosi in Bologna il numero dei frati, e venuto il bisogno di ampliare il convento e la chiesa, atterrossi quella parte ov’era il sepolcro di S. Domenico, il qual sepolcro restò coperto di macerie ed esposto al sole, alle pioggia e alle nevi per più anni.
Del 1233 nella notte delli 23 venendo alli 21 maggio, seguì la prima traslazione del corpo del Santo, e da quanto si raccoglie è certo che la sua sepoltura era a cielo scoperto, sia perché fosse stato sepolto in un cimitero, sia in causa del succitato atterramento. Li 11 luglio 1231 fu solennemente canonizzato in Rieti da Gregorio IX, quantunque per questa data si incontri qualche discrepanza fra gli storici che hanno trattato di questa materia.
Dove fosse la chiesa del B. Nicolò è argomento di quistione fra gli antichi e moderni scrittori. Pretendono alcuni che si trovasse dov’è l’ odierna chiesa di S. Domenico, altri la pongono in prossimità della sagristia, e pochi la vogliono nel luogo dov‘era la spezieria, e cioè in faccia all’ingresso del convento; forse nessuno ha colto nel segno, come si vedrà in appresso.
Le memorie dei Domenicani dicono che per la fabbrica di una nuova chiesa furono aiutati con elemosine annuali probabilmente somministrate dal Comune, siccome sussidio che concedevasi a quei giorni a tutte le religioni che imprendevano di erigere chiese; che il padre priore Ventura comprò da Aldrovandino di Azzone da Frignano alcune case per quest’ oggetto, e che Pietro Toschi, romano, donò al convento una sua casa posta in contrada S. Nicolò per l’ effetto medesimo. Nelle compre fatte dai Domenicani attorno la chiesa di S. Nicolò non vien fatto riscontrare come confinanti nè i da Frignano né i Toschi, e non volendo contraddire le citate memorie, ci restringiamo ad osservare che la nuova chiesa possa esser stata fabbricata a non piccola distanza dalla vecchia di S. Nicolò. Che poi s’ imprendesse_a fabbricare un nuovo tempio dedicato anch’esso a San Nicolò, è fuor di dubbio, trovandosi nell’atto di applicazione dei beni del monastero di Sant’ Alberto a quelle di Sant’ Agnese che "Acta fuerunt praedicta in ecclesia S.Nicolai fratrum predicatorum noviter facta millesimo ducentesimotrigesimo. Indictione tertia die13 intrante novembris". Rogito Rodolfo del fu Agostino. Dunque la chiesa nuova era fabbricata sotto l’antico titolo di S. Nicolò, che poi si sarà cambiato poco dopo la canonizzazione del Santo in quello di S. Domenico, e ciò viene comprovato da una bolla di Gregorio IX delli 27 aprile 1238, nella quale si fa menzione della chiesa di s. Domenico, e da un rogito delli 13 novembre 1258 che tratta di una casa posta nelle sue vicinanze ossia del Ponte Nuovo, il quale doveva servire per passar l’Avesa, o il Fossato.
Francesco Accursio, giureconsulto, nel suo testamento fatto nel 1293 lasciò L. 100 per fare nella chiesa tre tribune e un altare.
Tedorico da Luca venne a Bologna d’ anni 6, dove apprese e professò medicina e chirurgia. Si fece domenicano e fu nominato Vescovo di Cervia. Ripigliò la fabbrica della capella maggiore della chiesa di S. Nicolò, ma sorpreso dalla morte non poté finirla. Testò egli li 10 ottobre 1298, a rogito di Giovanni di Damiano, nel quale ordina che sia compita la volta, o cupola, da lui cominciata sul presbiterio . dell’ altar maggiore di S.Nicolò e Domenico dei Predicatori. Lascia i suoi libri di medicina a Tederico di Veltro, a Ugone e Veltrutio fratelli, e figli di Francesco. Alla chiesa di Santa Maria delle Muratelle lascia un apparato da altare e L. 6 di bolognini. Raccomanda i poveri di borgo Ricco suoi vicini. A frate Francesco dei Predicatori, e pe sonalmente, lascia la sua casa in borgo Ricco presso la casa del Vescovo Bethelemitano, presso gli eredi del fu Delfino del fu frate Michele priore, presso Lorenzo di Ugolino brentatore, e presso la via. Alla chiesa di Cervia lascia la sua casa grande fatta da lui edificare poco tempo prima della sua morte, in via Barberia, sotto la capella di S. Barbaziano, o Santa Margarita, presso Paolo Gosberti e gli eredi del fu frate Fino del fu Theuzio. Questo suo testamento fu fatto in borgo Ricco, in casa propria,
Nel 1299 Alberto di Oddofredo lasciò L. 500 per erigere una tribuna e due altari, uno ad onore di S.Matteo, e l’ altro a Santa Catterina vergine e martire. Era sommo iureconsulto.
Dall’ altare di Santa Catterina fu levato il corpo di S. Domenico li 11 dicembre 1411 e riposto nella nuova capella fatta da Antonio di Pietro Curialti da Tossignano.
Frate Bencivenne Borghesini, Priore dei Domenicani, ricorse al comune di Bologna nel 1313, rappresentando che per eseguire quanto aveva ordinato frate Tedorico vescovo di Cervia nel suo testamento, occorreva innalzare la truna degli altari prossimi all’altar maggiore, ed elevare il campanile a modo, che il suono delle campane si spandesse come prima per tutta la città; a ciò fare non bastava il denaro lasciato da detto Vescovo, ma due volte tanto ne occorreva per portare a termine i detti lavori, quindi chiedeva soccorso. Assegnò il Consiglio L. 1000 di bolognini, col patto che si facessero due altari in detta chiesa, uno dedicato a S. Bartolomeo perché in detto giorno ed anno era morto Arrigo VII Re dei Romani, e l’ altro a Sant’ Agostino, per ché in detto giorno giunse novella di sua morte, avvenimenti entrambi ritenuti dal Comune come grazia singolare impartitagli dalla divina provvidenza. Si pretende poi, che ridotta la chiesa nuova a perfezione, fosse innalzata una maestosa capella a S. Domenico nell’ oriental parte di detta chiesa.
Frate Leandro Alberti, sotto la data del 1221, dice che fu cominciata la chiesa dei Padri Predicatori, che ora si vede, cominciando dalle due colonne grosse di mattoni ove finiscono le volte, per cui quivi era la fronte di detta chiesa con la porta rispettiva, e trascorrendo fino alla metà della capella maggiore, che ora si vede, era questa la sua lunghezza; la sua larghezza era dalla sagristia fino alla capella di San Michele dove formava croce. Vero è che il corpo della chiesa non era tanto largo, ma solamente era tanto quanto si ritrova da una parete all’altra che sostentano la bassa volta, ossia delle due piccole navate, essendo poi la volta di mezzo portata da sette colonne, di mattoni. A capo di ciascuna delle navi piccole vi erano due capelle con altari che guardavano ad oriente, siccome il maggior altare. Di mano in mano poi vi furono aggiunte altre parti, siccome il corpo che comincia dallo sumenzionate due grosse colonne fino alla porta maggiore, la qual parte è anch’essa fatta a tre navi tutte coperte di quadroni di legno dorati, e dipinti con varie e curiose figure. Furono ancora accresciute amendue le braccia della prima chiesa, una da Taddeo Pepoli fabbricando la capella di S. Michele e di S. Tommaso d’Acquino, e l’altra da messer Lodovico Bolognini di commiseione e spesa di monsignor Nicolò Lodovisi, edificando una sontuosa capella per conservarvi il capo di S. Domenico, e facendovi inoltre due piccole capelle, cioè una per ciascun lato. Dalla parte sinistra di detta chiesa vedevansi quattro piccole capelle che guardavano a settentrione fabbricate da Taddeo Popoli, poi atterrate nel 1540 per edificarne una superba di commissione del conte Alessandro Filippo e Girolamo di Guido III. Proseguendo lunghesso questa parete ritrovasi la capella di S. Giovanni, più oltre la capella di Sant’ Antonio, e alla fine della chiesa quella fabbricata da Lodovico Ghislardo. Anche nel mezzo della chiesa vi fu fabbricato un vago pontile sotto il quale sono alquanti altari. Fu ancora accresciuta la maggior capella, che è un artificioso edifizio di mattoni, da frate Tedorico de Borgognoni da Lucca, vescovo di Cervia, ov’ egli riposa.
Negli atti del Senato si trova un soccorso dato ai Domenicani per la loro chiesa li 17 ottobre 1519, ed un altro li 11 luglió 1550 per risarcire i muri della medesima. Nel 1625 fu finito il nuovo coro, e levato il vecchio che era in mezzo alla chiesa.
La magnifica capella del Santo, cominciata il primo aprile 1597 nel martedì della settimana santa, si vide compita nel 1601, o nel 1691 si ricoperse la cupola impiegandovi libbre 20964 di piombo. Per salire all’area del Santo nella vecchia capella vi erano due scale, una di 32 scalini, l’altra di 34.
Li 24 luglio 1593 fu posta l’ancona dei Santi tre Maggi all’altar maggiore di S. Domenico. I Barbieri fecero la sposa dell’ intaglio, e i Padri quella della doratura.
1654, 12 giugno. La compagnia del Rosario accordò L. 9759 al Colonna e a Mittelli per dipingere la capella del rosario, salvo l’oro, ponti e muratore. Rogito Carlo Felina.
Questo tempio avendo bisogno di grandi riparazioni nel coperto, fu deciso di alzare i muri laterali per mantenere il nuovo coperto al livello di quello del presbitero.
Immagine tratta dagli schizzi topografici disegnati da Giuseppe Guidicini a corredo delle note manoscritte delle "Cose Notabili ..." e pubblicati per la prima volta da Arnaldo Forni nel 2000.
(Nord verso sinistra). Interessante ricostruzione della pianta della chiesa di San Domenico, come fu descritta da Leandro Alberti.
Nel dicembre del 1727 fu finito il restauro che importò circa scudi 3600 somministrati da Papa Benedetto XIII, già religioso di questo convento. Si proponeva però di ornare la chiesa, al qual effetto furon fatti vari disegni, fra i quali fu scelto quello di Francesco Dotti, che si cominciò ad eseguire li 12 febbraio 1728. Soccorse il Papa il nuovo lavoro con altri scudi 5100, ma progredita, la fabbrica dalla porta maggiore alla capella del Rosario, essendo stato mal prevenuto il Papa, non volle più sommininistrar denaro. Il convento non ostante compì la chiesa colla spesa di oltre scudi 20 mila. Il pavimento fu alzato di oncie 20, e la fabbrica fu portata al suo termine entro l’ anno 1730.
Resta a dirsi che l‘arco esterno che copre la porta principale del tempio fu fatto a spese del famoso Galeazzo Marescotti Calvi (1), al quale li 3 giugno 1461 i Domenicani donarono le due basi con piedestallo che sostengono le due colonne. Gli archi presso la porta del convento furon fatti prima degli altri tre che trovansi dalla parte del sepolcro dei notari. Questi ultimi si cominciarono li 10 febbraio 1756 e furon finiti li 29 maggio susseguente.
Pietro Lamo (Graticola di Bologna)
Rincontro a questo palazzo (Sanuti Bevilacqua) vi è una strada dritta che va a S. Domenico, dove si vede la sepoltura di S. Domenico fatta di marmo fino diligentissimamente lavorata, con molte figure di tutto rilievo, ed è una bellissima invenzione. Sopra l'altare vi sono due angeli, e Michelangelo né fece uno, ed è quello a mano dritta, l'altro lo fece mastro Nicolo dall'Arca, insieme con tutta l'arca, che è opera rarissima. Attorno a detta capella sono certi quadri fatti di tarsia con belle invenzioni di prospettive, e parimenti tutto il coro di detta chiesa, opera rarissima fatta per mezzo di Fra Damiano da Bergamo. Appresso all'altar grande è una capella delli Casali nobili gentiluomini, come sopra l'altare una tavola dipinta a olio per mano di Filippino Fiorentino, rara: rappresenta una Madonna, S. Paolo, S. Sebastiano, e Santa Catterina sposata. In capo alla scala che va all'arca di S. Domenico in una capelletta vi è una bella tavola dipinta per mano di Girolamo da Treviso, in cui è una Madonna, il putto, un S. lacopo, e il ritratto del pittore. Sopra la porta della sagristia è una memoria d' una sepoltura, dov' è una testa col busto di bronzo, di mano del l'artista Girolamo Coltellino Bolognese, il qual ritratto è messer Lodovico Bolognino gentiluomo Bolognese. L'organo è raro e suona vari istrumenti. Quivi è la sepoltura del cavalier messer Teodosio Poeta, il quale fu ferito alla guerra della Mirandola da un moschetto, e morì. Teodosio scultore Bolognese ha fatto il suo ritratto di marmo fino, ed è molto comendato insieme con l'ornamento, che è di buona architettura. All'incontro vi è una magnifica sepultora del Bovio con ritratto in marmo.