Canale Cavaticcio

Il Cavaticcio è un canale, attualmente completamente coperto, derivato dal Canale di Reno, da cui si dirama sotto a via Riva di Reno, circa 50 metri a ponente dell'incrocio con via Guglielmo Marconi e raggiunge, con un repentino dislivello di 15 metri, l'ex area portuale, tra via Don Giovanni Minzoni e l'edificio della Salara, per uscire dal perimetro dei viali di circonvallazione e continuare con il nome di Canale Navile.

Fino all'inizio degli anni 30 del XX secolo il canale Cavaticcio era ancora completamente scoperto. Il primo tratto fu coperto con i lavori per l'apertura di via Roma (oggi via Guglielmo Marconi) avvenuti tra il 1932 ed il 1936. Questi lavori portarono alla creazione di un viadotto sul Cavaticcio, per sostenere la nuova via Roma, viadotto che fu usato anche come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale, con esiti tragici in occasione dei bombardamenti del 25 settembre 1943 e del 22 marzo 1944, e con risultati più felici per dare abitazione agli sfollati nell'immediato dopoguerra.

L'ultima parte del Cavaticcio, quella che raggiungeva la zona portuale, fu coperta tra il 1954 e il 1966. Oggi l'aspetto dell'antico porto è simulato, in questa zona, da una vasca piena d'acqua, sotto a cui passa, entro un tunnel, la vera acqua del canale.

E' possibile che il Cavaticcio, prima che le acque del Canale di Reno venissero portate in città, fosse il letto del rio Vallescura, che scendeva da via Vallescura e costeggiava piazza Malpighi procedendo verso sud.

Le acque del Reno entrarono in Bologna alla fine del XII secolo con un canale costruito da una società di privati, i Ramisani. Questo canale entrava in Bologna per via del Pratello, costeggiava le mura medievali della seconda cerchia, all'altezza di piazza Malpighi, ne alimentava le fosse e poi proseguiva verso sud per scaricarsi nell'avvallamento noto in seguito come Cavaticcio.

All'inizio del XIII secolo fu scavato un nuovo canale con le acque del Reno, che divenne quello che oggi conosciamo come Canale di Reno. Il Cavaticcio fu utilizzato per generare energia idraulica, sfruttando il salto di 15 metri delle sue acque. Nel 1347 era già in funzione, nel punto di diramazione del Cavaticcio una segheria nota come Sega dell'Acqua.

Lungo il suo breve percorso furono attivi moltissimi opifici che sfruttavano l'energia generata dal salto delle sue acque. Il Molino Tamburi era ancora attivo negli anni sessanta del XX secolo.

L'importanza di questo canale accrebbe notevolmente quando nel 1550 fu inaugurato il Porto di Bologna, nel tratto in cui il canale si avvicinava alle mura della città tra porta Lame e porta Galliera. Il Porto fu attivo da allora fino ai primi anni del XX secolo.

Il progressivo abbandono del trasporto via nave, a favore di quello su ruota e l'avvento dell'energia elettrica decretarono la fine del polo industriale e commerciale che si era sviluppato attorno a questo canale.

Alla sua sinistra, nei pressi delle mura esiste ancora la Salara, antico magazzino del sale.

Alla sua destra era l'edificio della Dogana, demolita nel 1934, sulla cui facciata era una madonna con bambino, opera seicentesca di Camillo Mazza, ora in cima allo scalone di palazzo d'Accursio.

La notevole differenza di livello tra il punto di diramazione sul Canale di Reno e la zona del porto generava un violento flusso di acque che fece dare nel 1353 il nome di Scavezzacollo o Fiaccacollo a questo canale. In entrambi i casi questi nomi si riferivano alla velocità delle acque nel salto di livello (uno di questi nomi fu usato anche per un tratto dell'attuale via Rialto, dove scorreva scoperto un ramo del Canale di Savena).

Il Guidicini (I,385,386) affermò che il canale prese anche il nome di Sega dell'Acqua dalle segherie (azionate dall'acqua) presenti lungo il suo percorso e documentò quella, già citata poc'anzi, del 1347 fatta costruire da un Pepoli.

Sembra però che Sega dell'Acqua sia nome da riferire alla segheria che era sul Canale di Reno all'altezza del boccaccio da cui il Cavaticcio viene diramato.

Lo Zanti, il Banchieri e l'Aretusi usarono l'odonimo Cavadizzo (che divenne Cavadizz per il Banchieri), mentre per gli autori successivi fu Cavaticcio.

In merito al significato di Cavaticcio, il Guidicini se la cavò affermando che è derivato probabilmente dalla sua cavità e profondità.

Il nome comune cavaticcio (Vocabolario della lingua Italiana dell'Accademia della Crusca) si riferisce al terriccio o fango estratto da uno scavo. Si può pensare che il nostro Cavaticcio si chiami così perché è stato scavato, ma non vi sono certezze.

Da segnalare che in Emilia è esistito almeno un altro corso d'acqua (forse scavato) di nome Cavaticcio o Cavadiccio: nella Chronica parva ferrariensis di Ricobaldus de Ferraria è documentato un corso d'acqua che viene chiamato Cavadicium: Nam dextra conjungitur Gauro per fluentum, quod dicitur Cavadicium; sinistra facit fluentum, quod dicitur Silvus longus.