Famiglia Fibbia

Alcuni dicono che Castruccio Castracani, Duca di Lucca, fra i vari figli avesse Enrico ed Orlando, e che dal primo discendino gli Antelminelli di Lucca, e dal secondo, mediante Francesco suo figlio, i Fibbia di Bologna.

Nell' Archivio si trovano altri Fibbia, cioè Bartolomeo di Pasquale che era del Consiglio dei 2000 nel 1292. Lorenzo uno dei sedici riformatori nel 1412, Biagio detto Bolognino, che sposò Iacopa. di Ghilino Bianchetti, e andò con Antonio Bentivogli a prender possesso di Castel Bolognese.

Questa famiglia possedeva le cariche di pagatore delle guardie, di campioniere del dazio del pesce, della munizione, e delle fosse della città, che rendevano molto emolumento.

Questa famiglia si estinse, e l'eredità passò ai marchesi Fabri.

Furon fatti conti da Urbano VIII.

Nel 1597 avevano beni a S. Giovanni in Persiceto con capellina in luogo detto la Romita.

Possedevano terreni e palazzo fuori porta S. Donato, in luogo detto Pipola, o Spipola.

Nel 1287 avevano case in Saragozza sotto le Muratelle.

Nel 1602 Roberto di Marcantonio era della parrocchia di Santa Maria Maggiore.

Alessandro di Antonio Galeazzo, senator II, fu accademico Torbido, detto l'Assicurato. Armeggiò nel torneo del 1628.

Conte Alessandro del conte Matteo, senator V. Successe a Matteo suo padre, che gli rinunziò il senatorato li 22 luglio 1700 in forza di un breve avuto. Ne prese possesso li 30 luglio dello stesso anno, e poi ne vendette il jus al marchese Francesco Monti. Ebbe in moglie Girolama dal Medico vedova di Gianandrea Landini. Suo padre, oltre il senatorato, gli rinunziò ancora le cariche della munizione, e le fossa della città.

Li 14 marzo 1702 diede piattonate ad un marchese Imperiali di Genova, e furono spartiti dalla contessa Anna moglie del conte Giulio Cesare Fibbia suo fratello, poi si accomodarono. Nel 1705 avendo avuto lo sfratto da Bologna per controversie insorte col conte Giulio. Cesare suo fratello, fu preso in grazia dalla Regina di Polonia quando passò per Bologna, ma questa grazia si restrinse ad un semplice salvacondotto.

Alla carica di munizioniere incombeva la custodia delle artiglierie della città, e con questa andava unita quella delle fossa della città. Questa carica fu confermata da Urbano VIII al senator conte Matteo Fibbia, e riconfermata da Alessandro VIII al suddetto Alessandro Egli con beneplacito apostolico, nel 1705 la rassegnò al marchese Paris Grassi per far dispetto al conte Giulio Cesare suo fratello, il quale avendo avuto per alcuni anni in affitto le fossa, non pagò mai un soldo. Morì li 24 settembre 1721.

Conte Matteo di Antonin Galeazzo, senator IV. La sera prima della sua morte rinunziò la dignità senatoria al figlio per breve di Alessandro VIII, e divise le cariche ai figli, e cioè ad Alessandro la munizione e le fossa della città, e a Giulio Cesare il posto di pagatore delle guardie e di campioniere sopra il dazio del pesce. Morì d' apoplesia li 23 luglio 1700, in venerdì, a ore 21 1/4, d'anni 86, e fu sepolto in S. Benedetto. Sua moglie fu Camilla di Marcantonio Zambeccari, ultima del suo ramo, già stata moglie del conte Angelo Zani, poi del conte Francesco Tarlato Pepoli.

Il detto conte Fibbia, prima dì morire, aveva intenzione di rinunziare il senatorato al conte Giulio Cesare suo figlio prediletto, ma questi generosamente esortò il padre a lasciarlo al primogenito.

La suddetta Camilla Zambeccari morì pur essa d' apoplesia li 23 dicembre 1700 senza aver testato, e fu sepolta in S. Benedetto. Era creduta ricca di contanti, d' argenti, e di gioie, perciò Giulio Cesare tentò negli ultimi momenti di sua vita, che facesse testamento a suo favore, ma mentre era per riuscirvi, sopravenne Sulpizia Fibbia sua figlia, vedova di Ridolfo Bonfioli; il conte Giulio Cesare le venne incontro e la cacciò di casa. I di lei figli Bonfioli cercarono il conte per vendicarsi, ma questi fuggì da Bologna. Col tempo poi si composero fra loro.

Conte Marco Sitico di Antonio Galeazzo, fu senator III.

Conte Roberto di Marcantonio, senator I, marito di Dorotea Bonfioli, fu fatto senatore in luogo del conte Camillo Ranuzzi Manzoli, e fatto conte da Urbano VIII. Era dottor in leggi.