Via Cavaliera, dal I volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

La via Cavaliera ha il suo principio nel Mercato di Mezzo, ed il suo termine alla piazza dei Spada.

La sua lunghezza è di pertiche 62, 02, e la sua superficie di pertiche 72, 55, 8.

Fu detta via dei Cavalieri. Si racconta che il nome antico fosse via del Caroccio. perchè si pretende che al principio di questa strada, dalla parte del Mercato di Mezzo, vi avesse la sua residenza il Podestà, presso del quale era custodito il Caroccio adottato dai Bolognesi nel 1170, sul quale s'inalberava la bandiera principale dell'esercito, e quando sortiva era tirato da due bovi.

Nel 1256 si pubblicavano i bandi presso la casa di S. Nicolò dagli Albari innanzi al cantone di Giovanni Guiscardi.

Via Cavaliera a destra entrandovi per il Mercato di Mezzo.

N. 1460. Casa grande con casetta vicina. Si ha luogo a credere che sia l' unione di più stabili, fra i quali la casa dei Calcina, che era dirimpetto alla Pigna, comprata dal dottor Vincenzo di Francesco Maria Zecca, posta sotto S. Lorenzo dei Guerrini. Confina gli eredi di Sebastiano Ursoni, i Desideri, i Calcina, il vicolo per il quale si va a S. Giobbe, ed il Mercato di Mezzo. Appartenne ai Droghi del 1715, poi ai Desideri, ed ultimamente agli eredi Giovannini.

Si passa il vicolo del Limbo.

N.1461. Casa dei Gandolfi, ma pare dei Gandolfi antichi, dei quali nel 1330 vi fu un Andrea di Gandolfo dottor in leggi e lettor pubblico. Il dubbio si manifesta per le compre fatte in questo luogo nel 1464 e nel 1472 mentre Stefano di Iacopo di Bartolomeo da Savignano, autore dei Gandolfi, poi detti Oddofredi, venne a Bologna soltanto nel 1484, ed abitava sotto Santa Maria del Torlione, ed è solo dal 1532 al 1537 che Annibale di Alessandro di Stefano abitò sotto la parocchia di S. Lorenzo dei Guerrini, e probabilmente in queste case, le quali del 1715 erano di Domenico Maria Gandolfi. (Vedi via Malcontenti N. 1797).

1464, 10 luglio. Francesco e Gandolfo Gandolfi comprarono da Signorino Orsi, e da Angelo Dal Gambaro, due case contigue sotto S. Lorenzo dei Guerrini, per L. 450 d'argento. Rogito Paolo Orsi.

I medesimi, sotto la data delli 21 settembre 1482, comprarono da Elena, moglie di Domenico Stiatici, e da Angela, moglie di Cristoforo Libri, e sorella Frastoni, una casa sotto S. Lorenzo dei Guerrini, per L. 200. Rogito Francesco Bottrigari. Dopo aver per parecchi anni condotto in affitto questo stabile, Giuseppe Merendoni lo comprò, ed i suoi eredi l'abitarono finchè passarono in Galliera al N. 574, i quali poi lo vendettero nel 1777 a Marco Minghetti mercante di canepa, il cui figlio Giuseppe, nel giugno del 1825, la vendette per L. 1000 a Lorenzo Giovannini del fu Domenico. Rogito Alfonso Verardini,

Si passa la via del Purgatorio.

N. 1462. È probabile che in questo stabile vi siano comprese due case, quella dei Guarini la più grande verso mezzogiorno, e quella degli Uguzzoni verso settentrione che terminava al vicolo della Mandria. Questa distinzione appariva dalla diversità dei portici e delle facciate prima che il prospetto fosse ridotto come oggi lo vediamo. Per quella dei Guerrini se ne ha indizio dalla chiesa di S. Lorenzo che resta da quella parte nel vicolo Purgatorio, per l'altra degli Uguzzoni si dice dagli storici che Ugulino Uguzzoni assegnò la torre a suo figlio nel 1271, ed è quella che è tuttora in essere nel succitato vicolo della .Mandria, alla quale si comunicava dalla casa mediante l' archivolto sopra la predetta strada nelle parti di dietro verso levante. Ed a proposito degli Uguzzoni, si crede opportuno di ricordare quanto vien detto su questa località da un rogito di Pennio di Gino Penni delli 19 maggio 1324: Pietro, detto Petruccio de Vallibus di Firenze, abitante in cappella di Santa Maria di Castel de Britti, e Domenico detto Mingolo de Vallibus fratelli, e figli del fu Uguzzone, vendono a Rizzardo del fu Bonacursio di S. Nicolò degli Albari la metà di due case per indivise con Rodolfo mariscalco, poste sotto S. Nicolò degli Albari, presso Bondinello del fu Galvano sartore, presso Bonifacio di Albertuccio Armi, presso la via pubblica, e presso gli eredi del fu Domenico e Gandolfo Magnani, pagata L. 270. I Guarini antichi e i Foscarari si pretendono di uno stesso ceppo. S. Guarino cardinale si vuole fosse di questa famiglia, un ramo della quale fu scacciato coi Lambertazzi nel 1274, e si stabilì a Forlì. Gli Uguzzoni si pretende che fossero del 1180, ma senza fondamento.

È certo che Ligo d' Ugolino Ludovisi (1) aveva qui le sue case nel 1367, la cui discendenza si estingueva nel conte Giovanni di Nicolò, se questi non adottava Bertrando di Lodovico Monterenzoli figlio di Lisa d'Andrea di Nicolò, sua nipote. Questo inesto terminò nel principe Gio. Battista di D. Nicolò primogenito, morto senza successione nel 1700, indi Donna Ippolita secondogenita di Nicolò, moglie di D. Gregorio di Ugo Boncompagni, nei cui figli si concentrò il richissimo patrimonio Ludovisi del ramo Pontificio.

1605, 9 gennaio. Andrea Candini compra dal conte Orazio Ludovisi una casa sotto S. Lorenzo dei Guerrini per L. 10000. Rogito Galeazzo Ghini. La detta casa fu ceduta li 24 ottobre 1606, rogito del detto Ghini, per L. 10000 ad Alvisio e fratelli Orsi. Nel rogito è detto esservi una torre sotto il voltone dei Ludovisi, ed una casetta. Confinava la casa grande e la via pubblica da due lati. Sembra che la casa grande fosse dalla parte della chiesa di S. Lorenzo dei Guerrini.

Nel 1633 Savinia di Fabio Albergati, madre e tutrice di D. Nicolò di Orazio Lodovisi, vendette questa casa con altri beni al card. Bernardino Spada. Rogito Paolo e Domenico Fontia notaio di Roma. Il conte Astorre Ercolani mandatario di detto cardinale vendette questo stabile ed annessi ad Ippolita Fabretti madre e tutrice di Gio. Gioseffo e Giacomo Antonio fratelli Budrioli, per L. 28000, li 5 gennaio 1636. Rogito Paolo Vespignani.

1654, 4 aprile. Gio. Francesco di Domenico Bonomi, e Giuseppe e Giacomo Antonio di Alberto Budrioli, da una parte, e Bartolomeo fratelli e figli di Gio. Giacomo Pelloni, dall'altra, fecero permuta, nella quale il Pelloni ricevette questo stabile sotto San Nicolò degii Albari presso la chiesa di S. Lorenzo dei Guerrini, e diede in cambio una casa sotto S. Martino, nella via di Mezzo, in confine dei Banzi; più L. 18500 da pagarsi al card. Bernardino Spada. Rogito Marco Dalla Noce.

1690, 12 gennaio. Il Rettore senza cura della chiesa di S. Lorenzo dei Guerrini vende a Francesco ed a Paolo Scipione Pelloni una casa ruinosa con sotterranei sotto la parocchia di S. Nicolò degli Albari, presso la suddetta chiesa di S. Lorenzo, nella via del Purgatorio, o di S. Giobbe, per annui scudi 20, o per un fondo di ugual rendita. Il Rettore concede licenza ai Pelloni di celebrare in detta chiesa e di ascoltare una messa, purchè vi facciano delle riparazioni e la riducano in forma più elegante. Rogito Giuseppe Lodi.

Paolo Scipione di Antonio Pelloni morì ultimo di sua famiglia li 27 settembre 1710 lasciando erede il terzogenito di Guido Giuseppe Maria Tubertini marito di Livia di Antonio Pelloni suo nipote, il qual terzogenito di nome Ottavio morì senza successione. I Pelloni vennero da Budrio a Bologna nel 1615, e derivano da Gio. Giacomo figlio di Antonio Maria dall' Ospitaletto territorio di Vignola.

Francesco Tubertini ottenne li 28 aprile 1766 di demolire il portico e la facciata che per la loro antichità esigevano molti restauri.

Francesco e Paolo Scipione Pelloni avevano comprato li 22 maggio 1683 dal conte Rodorico Magnani la metà di una casa con bottega ad uso di forno, sotto S. Nicolò degli Albari di là dal vicolo la Mandria, assieme al jus di francare l' altra metà della medesima; più una casa sotto la stessa parocchia nel vicolo predetto coll' ingresso presso il torrione, e finalmente il diritto di francare la stalla sotto detta parocchia, il tutto pagato L. 10450. Rogito Domenico Maria Boari. Li 23 dicembre questa casa era di Gio. Angelelli, che fu data in permuta agli eredi di Filippo Lucchini, che si disse casa, o case assieme unite, con botteghe da barbiere, forno con sortita in un vicolo, in confine dei Magnani, e sotto S. Nicolò degli Albari. Rogito Ercole Fontana.

La suddetta casetta già dei Magnani fu compresa nel progetto per la facciata da eseguirsi nel palazzo Tubertini, creandosi un arco uguale a quello della porta che doveva comunicare in via Cavaliera colla Mandria. per la quale esecuzione l' Ornato concesse li 28 aprile 1770 un piede di suolo pubblico nel vicolo Mandria per innalzare un pillastro che doveva sostenere l' arco rappresentante la porta simile a quella del palazzo, e tale concessione fu fatta anche in vista che il Pelloni donava al pubblico piedi 3 e oncie 6 in larghezza per un tratto di piedi 29.

Per la nuova fabbrica fu atterrato il portico sostenuto da colonne di Legno, l'antichissima ringhiera di ferro di faccia alla via Altabella, e la finestra con colonna in mezzo ornata di Marmo.

Nel 1770 si vide terminata la facciata fra i due vicoli Purgatorio e la Mandria, poi fu posto mano all'arco della Mandria nella primavera del 1774, e si continuò fino al portico della casa già Magnani, poi Celsi, lavoro che non si finì che li 9 giugno 1781. In questa circostanza fu atterrato nel 1774 un trabadello di legno sopra la via Cavaliera che faceva parte della predetta casetta Magnani acquistata dal Pelloni.

I conti Zaniboni, discendenti da Anna Maria di Antonio Pelloni, sorella di Paolo Scipione, esperimentarono i diritti che potevano avere sull'eredità Pelloni goduta dai Tubertini eredi testamentari, ed ottennero favorevoli sentenze che li misero in possesso di buona parte dello stato Pelloni. I Tubertini, per questa e per altra causa perduta, dovettero dimettere questo palazzo ai creditori, il quale passò parte a Luigi Borghi e parte a Matteo Cappi, il qual ultimo per compra ne diventò l'unico proprietario.

Si passa il vicolo Mandria.

Nell' angolo sinistro entrando nella Mandria si vedono gli avanzi della torre che fu dei Magnani, e prima dei Lodovisi.

N. 1463. Case antiche dei Magnani prima del 1324, come dal citato rogito di Pennio di Gino Penni, e dall'altro di Gio. di Biagio Vinciguerra delli 14 aprile 1363. Avevano prima dell' alienazione fatta al Pelloni una fronte di piedi 55, e una terza parte delle medesime fu affittata, nel 1514, a Bartolomeo di Lodovico Bolognini, da Alessandro di Verzuso Magnani, per ducati 12 1/2 d'oro.

Li 4 maggio 1583 fu qui aperto il Monte Matrimonio, che vi rimase fin che passò in via Altabella.

È verosimile che i Magnani acquistassero la casa che li 14 aprile 1363 Cattarina di Giacomo Ferrarini, moglie di Giuliano di Filippo Usberti, comprò da diversi, sotto S. Nicolò degli Albari, in confine della compagnia dei marzari, e di Tommaso di Gandolfo Magnani, pagata L. 240. Rogito Gio. di Biagio di Vinciguerra.

Nell'Inventario legale di Cristoforo Magnani, rogito Martino Diolaiti delli 15 giugno 1657, son notate due case aderenti in via Cavaliera, con tre botteghe. Confinano colla detta via, collo stradello detto Ghetto nella parte posteriore, lo stesso stradello a mezzodì, e con Girolamo Bonfioli a settentrione. La prima aveva piedi 22 di fronte, e la seconda piedi 35.

Li 25 giugno 1712 continuava il primo di questi stabili ad essere dei Magnani, nel qual giorno il conte Cristoforo ottenne licenza di permutare tre colonne di legno del suo portico in altrettanti pillastri di pietra. Rogito Bartolomeo Serafino Betti.

Giuseppe Celsi mercante di ferrarezza aveva comprata la casa dei Magnani e parte di una dei Tubertini, stata già Magnani, le aveva unite e fatto il suo negozio. Nel 1773 comprò per L. 17000 la residenza del Monte Matrimonio, che confinava dalla parte di S. Martino. La porta di detta residenza è quella che serviva ultimamente d'ingresso alle tre suddette case riunite in una sola, che erano di piedi 47 di fronte.

N. 1464. Dal sumenzionato rogito di Gio. di Biagio Vinciguerra del 1363, rileverebbesi che questa casa fosse dell'arte dei merciari. È certo che del 1375 appartenne agli Azzoguidi, e che dentro vi si veggono anche gli avanzi della loro torre sul confine di settentrione. Melchiorre di Baldassarre fu l' ultimo degli Azzoguidi, che col suo testamento delli 19 ottobre 1555 lasciò erede usufruttuaria Costanza sua figlia legittimata, e Valeriano Benedetti Iugali, ed eredi proprietari Macagnano e Melchiorre fratelli, e figli dei suddetti, come da rogito di Bartolomeo Ruffini alias Dalla Ragazza.

Macagnano morì Vicario generale di Genova. e Melchiorre morì chierico. Francesca loro sorella era maritata in Domenico Stiatici, che ebbe una sola figlia morta senza successione, ed Ippolita, altra sorella, fu moglie di Antonio Maria Zanatti, alias Sgargi, giurisperito, il quale addotto il cognome Azzoguidi, e da questo matrimonio discesero due rami Zanatti-Azzoguidi, e cioè quello di Emilio di Giacomo del detto Antonio, vivente nel 1656 terminato nel dottor medico Germano del dott. Giuseppe, morto li 16 dicembre 1814, e quello di Filippo Carlo fratello del suddetto Emilio, finito in Giuseppe Antonio di Bernardino notari, che lasciò tre figlie, Anna nel dottor causidico Galeati, Teresa in Nicoli, e Livia nel dottor in leggi Fabbri della Barigella.

1576, 18 maggio. Addizione all'eredità di Valeriano Benedetti alias Azzoguidi, che aveva la casa rimpetto a S. Nicolò degli Albari. Gli eredi furono Bartolomeo Tagliaferri Mezzavacca, e le succitate sorelle e figlie di Costanza Azzoguidi. La casa da San Nicolò toccò al Tagliaferri.

1639. 1 febbraio. Vitale del fu Bonfiolo Bonfioli compra da Romualdo e Marino, fratelli di Marcantonio Carbonesi, e da Lodovico di Bartolomeo Tagliaferri Mezzavacca, per L, 7500, una casa in via Cavaliera. Rogito Marco Melega.

1659, 14 gennaio. Il senatore Lelio Bonfioli vende ad Orazio Ceschi una casa in via Cavaliera. sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 8200. Rogito Antonio Bartolotti.

1674, 19 maggio. Questa casa detta del Mezzavacca, in faccia S. Nicolò degli Albari, valutata L. 9660, ritornò ai fratelli Bonfioli. Rogito Gio. Masini. Nel 1715 apparteneva ai Padri di S. Gio. in Monte, poi passò al capo-mastro muratore Andrea Piedivilla, che la risarcì notabilmente nel 1744.

N. 1465. Casa con ornato antico alla porta, che del 1715 era di Giacomo Bella, e ultimamente del dott. Vincenzo Belvedere.

N. 1466. Casetta che era dei Magnani del 1638, e lo era anche ultimamente.

N. 1467. Casa che del 1555 era di Filippo Pasi. Nell' inventario dei beni trovati dai conti e senator Lelio, Enea, Gioseffo, e Carlantonio, eredi proprietari del fu Girolamo Bonfioli (2), con animo d'impossessarsene dopo la morte del P. D. Carlo Bonfioli, ultimo erede usufruttuario, evvi una casa in Bologna, sotto S. Nicolò degli Albari, con tre botteghe sotto, stalla e rimessa separate, la quale confina davanti via Cavaliera e di dietro il vicolo chiuso, Gioseffo Bonfioli, e Cristoforo Magnani. La stalla con rimessa confina i Magnani e la via pubblica. Rogito Camillo Felina delli 23 febbraio 1638.

1640, 20 dicembre. Il dottor Girolamo del fu Camillo Bonfioli compra da Giuseppe del fu Vitale Bonfioli una casa con tre botteghe posta sotto S. Nicolò degli Albari, che confina con Alessandro Bonfioli, con Cristoforo Magnani, e colla via pubblica, per. L. 7500. Rogito Vincenzo Riguzzi.

1692, 7 maggio. Secondo un rogito di Dielaito Dielaiti questa casa nobile nella parocchia di S. Nicolò degli Albari, in via Cavaliera, quasi rimpetto a detta chiesa, confina a sinistra, entrando in casa, con D. Guerino Bevilacqua, a destra col conte Adriano Magnani, colla via Cavaliera, e con un vicolo di dietro detto la Mandria.

N. 1467. Diofebo, Mosè, ed altri degli Arieti, ebrei, vendono ad Antonio Bonfioli una casa grande per scudi 1500 d' oro, posta sotto S. Nicolò degli Albari, in confine di altra casetta di questa ragione, e di strade da tre lati. La casetta confina Filippo Pasi, e la via da due lati. Rogito Angelo Avenati delli 14 novembre 1555.

1680, 20 giugno. I conti Vitale e fratelli Bonfioli avevano casa che confinava colla piazzola di S. Simone, coi Magnani, colla via Cavaliera, e di dietro con un vicolo. Rogito Giuseppe Magnani. Il ramo d' Ascanio Bonfioli l'abitava nel 1621. Nel 1715 apparteneva a Cattarina Zagoni Piella, e nel 1790 a Giuseppe Matlè.

Nel capitello della pilastrata sull' angolo della piazzetta di S. Simone erano scolpite le armi Bonfioli.

Si passa la piazzetta di S. Simone.

N. 1468. Casa che li 21 giugno 1490 era di Gaspare de' Buoi, rogito Nicolò Dulcino. Li 2 ottobre 1537 apparteneva ed era abitata da Almerico Dal Giglio. Li 8 gen naio 1565 i figli di Silvestro Gigli ratificano a favore del senatore Alessandro Fantuzzi la vendita fatta dal padre li 30 agosto 1563, di una casa grande posta sotto S. Simone. in confine del compratore, di Pasotto Fantuzzi, e della strada da due lati, e la ratifica stessa abbraccia anche la vendita di altre sei case poste coma sopra, il tutto per lire 11000. Rogito Virgilio Crescimbeni. Nel 1645 apparteneva a Girolamo Marsili, e del 1715 era dei marchesi Spada.

Si passa la piazza dei Spada.

Per l'isola Buratti si ricorra alla via di Mezzo di S. Martino.

Via Cavaliera a sinistra entrandovi per il Mercato di Mezzo.

N. 1618. Case del Collegio di Spagna, che presso il vicolo morto si pretende che contenghino la casa dell' antica famiglia Calanchi, ultimamente ridotta ad uso di osteria detta della Pigna.

Si passa il vicolo morto detto dei Calanchi, chiuso per decreto delli 19 novembre 1788.

N. 1617. Casa dei Lodovisi. trovandosi le loro armi in un capitello del cortile. Un rogito di Bartolomeo Marsimigli delli 20 novembre 1680 dice che era di Francesco Sacenti, che confinava la strada tendente a S. Nicolò degli Albari, i Giovagnoni, il Collegio di Spagna, e un vicolo vicinale.

Camillo Sacenti ingegnere del Senato mori d'anni 74 li 23 ottobre 1688.

1705, 31 gennaio. La detta casa fu comprata da Gio. Battista Ferranti per L. 9200. Rogito Gio. Battista Lodi.

Passò poi ai Bavosi, e nel 1774 la comprò e la restaurò Gaetano Colliva lardarolo, ed affittuario, il quale nel 1776 acquistò l' altra vicina, in angolo di via Altabella, dai Tiburtini, che gliela vendettero col patto, che fabbricandola, non la potesse alzare più di quello che era, per non danneggiare il prospetto del palazzo Tiburtini, poscia dei Cappi. Risarcì il Colliva anche questa, ed apri la porta in via Altabella.

Si passa la via Altabella.

N. 1616, Case degli Albari, con torre che si manifesta sull' angolo del vicolo che passa alla piazzetta posteriore alla chiesa di S. Nicolò. Nel 1339 apparteneva alle suore di Sant' Agnese, in causa di frate Giacomino domenicano, le quali sotto la data delli 23 novembre dell'anno stesso si obbligarono di venderle a Facciolo Alberi. Fu poi dei Nanni, indi dei Marsigli, poscia dei Locatelli.

1663, 25 gennaio. Arrigo Arrigoni comprò da Deffendo, e da Antonio Locatelli, una casa grande, e più case unite assieme, poste sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 12500. Rogito Gioseppe Maria Lodi.

1705, 31 gennaio. Gio. Battista Arrigoni vendette la suddetta casa a Matteo Ferranti per L. 9200. Rogito Gio. Battista Lodi. È detto essere sotto S. Nicolò degli Albari in via Cavaliera. Passò ai Broglia eredi Arrigoni, che notabilmente la risarcirono nel 1825.

Si passa il primo vicolo di S. Nicolò.

N. 1615. Chiesa già parrocchiale di S. Nicolò degli Albari, probabilmente costrutta e di jus patronato della famiglia Albari. Gli Azzoguidi ebbero diritto alla nomina del parroco, che del 1408 spettava ai parrocchiani. Alcuni han preteso che sia una delle parrocchie instituite dal vescovo Basilio, ma è certo che lo era sul finire del secolo XII. Nel 1680 fu riedificata questa chiesa in esecuzione del testamento di D. Giovanni e Domenico fratelli Guglielmi. Rogito Carlo Zanatti Azzoguidi.

Si passa il secondo vicolo di S. Nicolò.

N. 1614. Nel 1447 questa casa era dei Felicini (3), e da loro affittata ai Muletti per annue L. 40.

1479, 20 gennaio. La detta casa vien citata nel!' inventario legale degli stabili di Filippo di Gio. Felicini.

Fu comprata dai Muletti, famiglia che si divise in due rami, e che fu oriunda d'Imola. Ser Bernardino di Francesco di Domenico fu dei dieci di Balia, e viveva del 1415. Ambrogio di ser Andrea lasciò due figli naturali leggittimati, Francesco e Andrea. Da Francesco e dalla di lui moglie Ottavia Pellegrina di Giulio Venenti venne Ambrogio che testò in Roma del 1595 a favore di Giovanni di Giulio Venenti, che successe nell'eredità dell'avo nel 1603, e morì li 9 maggio 1621. Dopo lui, l' asse Muletti passò nei Berò di Strada Castiglione, poi nei Casali, coll'obbligo ai detti eredi di essere laureati.

L'eredità Muletti si consolidò negl'Isolani successori Casali.

Gio. Agostino Berò Muletti vendette questa casa ad Alessio Brighenti affittuario, per L. 6800, li 12 giugno 1742. Rogito Girolamo Pedretti.

N. 1613. Molti han lasciato scritto che questa sia stata la casa dei Dalle Correzze; altri vogliono che la loro casa sia stata unita al palazzo già Spada, che è forse quella dove si veggono le vestigia di alcuni archi di portico rincontro la chiesa di S. Simone sulla piazzetta di detta chiesa. Altri credono che abitassero nella via di Mezzo di San Martino subito a sinistra entrandovi per Galliera; ma ciò non toglie che avessero potuto avere queste case a un tempo stesso, o ad epoche diverse. Dicesi che in quest'ultima vi si vedessero intagliate le loro armi. Che anticamente si chiamassero Correzzani è cosa dubbia, mentre nel 1277 si trovano i Correzzani e i Dalle Correzze, i primi seguaci dei Lambertazzi, e i secondi dei Geremei. Esercitarono la merzaria, poi il banco, e sempre nemicissimi dei Bentivogli; anzi raccontano gli storici, che abitassero questa casa del 1422, la quale fu rovinata dopo la morte di Annibale I Bentivogli seguita li 24 giugno 1445, e che Lodovico Dalle Corezze, proscritto con taglia di L. 1000 come traditore della patria, fosse dipinto appiccato per un piede con mitra in testa nella facciata del palazzo dei notari, per aver fatto parte della congiura dei Canetoli. La distruzione di questa casa è però contraddetta, sapendosi che nel 1448 vi si rifugiò il Podestà Zerchino conte di Ciampello, perchè nel palazzo vi era morto di peste un suo giudice.

Nel 1442 Nicolò dei Gambacorti da Pisa, condottiero delle genti d' arme del conte Francesco da Castagnola, li 5 febbraio fu tagliato a pezzi da Ettore Manfredi signore di Faenza nella casa grande dei Dalle Correggie, presso S. Nicolò degli Albari dove abitava il Gambacorti.

Il comune ordinò li 17 dicembre 1465 che fossero pagati ducati 10 d' oro a Benvenuto Scarsella per spese fatte nella casa dei Dalle Correggie affine di potervi abitare, la qual casa gli fu locata da D. Cristinfrancesco Bevilacqua, fatto cittadino di Bologna li 4 gennaio 1437, marito di Lucia Ariosti di Bonifazio , morto nel 1468, al quale detta casa fu donata dal Reggimento. La detta somma fu pagata perchè lo Scarsella la lasciasse libera per l'arrivo di Tristano Sforza, al quale era stata destinata per alloggiar lui colla moglie e sua famiglia. Nel 1715 continuava ad essere dei Bevilacqua. Fu acquistata dal dott. Cantoa ferrarese, che la risarcì, poi la vendette li 8 maggio 1798 al conte Camillo Bolognini ultimo del suo ramo, che morì lasciando due figlie, Maria Maddalena e Anna Maria, delle quale una maritata nel conte Buonadrata di Rimini. Fu poi di proprietà dell' ingegnere Pompeo Monti.

La circostanza che questa casa fu donata dal Reggimento al Bevilacqua per quella dei Dalle Correzze, e che i Bevilacqua l'hanno posseduta per moltissimi anni fino a dare il nome loro al vicolo posteriore alla medesima, esclude qualunque dubbio che qui vi stesse la famiglia, che si è detto proscritta per l'assassinio di Annibale Bentivogli. Ma non si vuole omettere la notizia che fa supporre che la casa dei Dalle Correzze sia stata rifabbricata dai Bianchini, ciò rilevandosi dalle arme Bianchini che si dicono essere nei pillastri del confine del portico e nelle colonne del cortile. Si aggiunge che Francesco e fratelli, figli di Gherardo Bevilacqua, la concedettero li 9 gennaio 1518 ad Alberto e Sigismondo di Gabrielle Gozzadini col patto del precario; indi che sia passata agli Ariosti, citandosi la compra fatta a rogito Macchiavelli delli 12 novembre 1675, contratto che ha tutta la verosimiglianza di un altro patto di francare, perchè la proprietà tornò ai Bevilacqua.

N. 1612. Casa dei Bocchi, o Bucchi (4), che qualcuno ne fa due famiglie distinte, ma senza prove convincenti. I Bocchi si cominciano a conoscere da un Tommaso di Guido dottor in leggi, che fioriva nel 1300, dal quale derivarono vari rami tutti estinti. Quello che abitava in questo stabile finì in Paolo di Girolamo, morto nel 1677, il quale testò a favore di Camillo d' Achille Palmieri, marito di Camilla di Giacomo, sua cugina.

L' altro ramo, a cui appartiene il famoso poeta Achille di Giulio Bocchi, terminò in altra Camilla d'Achille, maritata in Francesco Maria Riccardi d' Ortona.

Può essere che questa sia la casa di Vincenzo e fratelli, figli di Lodovico Bucchi, a cui sia riferibile il decreto del Senato delli 18 gennaio 1521, nel quale si dice che per esser bruciata negli andati giorni, gli si concede un sussidio di L. 1000.

1564, 9 giugno. Si concede a Gaspare Bocchio di chiudere e di occupare il portico della di lui casa nel lato destro del vicolo dalla parte della casa dei Parata, lungo piedi 39 e largo piedi 6, e di dirigere il muro di detta casa nel medesimo vicolo, e continuarlo con angolo curvo nel vicolo posteriore.

Passò dunque questa casa per eredità ai Palmieri. Nell'inventario legale dell' eredità fu valutata L. 32000. I Palmieri l' abitarono finchè Paolo e Carlo di Luigi la vendettero all' avv. Regoli, e da questi passò a monsignor Camillo Ceronetti Pro-Vicario arcivescovile.

Si passa la eia degli Albari.

N. 1611. Casa che fu dei Beroaldi. Gio. Benedetto e fratelli Macchiavelli vendono a Gaspare Orsi una casa sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 8500, in confine della via pubblica da tre lati, e di Filippo Parata. Rogito Cesare Gherardi delli 28 febbraio 1558. Sembra che del 1564 fosse dei Parata, e che l' avessero unita al N. 1660 della via dei Monari.

1687, 29 dicembre. Il dott. Paolo di Lodovico Piella compra dai conti Alessandro, Giuseppe Amorini, e Francesco e fratelli Orsi, e dal senatore Alessio Orsi, una casa nobile ruinosa con stalla, teggia, e rimessa, ma separate, posta sotto S. Nicolò degli Albari. Confina tre strade e i beni del compratore successore dei Parata, pagata L. 8250. La stalla e la rimessa confinano a ponente e a mezzodì i beni di Guidascanio Zocchini successore dei venditori, a levante la via pubblica, e a settentrione altri beni del compratore mediante vicolo chiuso, per L. 8250. Rogito Girolamo Medici.

Pietrantonio Arfelli la comprò dopo l'acquisto della casa N. 1660 nella via Monari, e l'uni a quella. Il di lui nipote Pietro Arfelli le vendette amendue nel 1786 per L. 25000 a Vincenzo Tomba. (Vedi via Monari N. 1660).

Aggiunte

I Campanazzi avevano le loro case da S. Nicolò degli Albari.

1324. Rodolfo Marescalchi (5) aveva casa, ed abitava sotto S. Nicolò degli Albari.

1350, 1 febbraio. Compra Gio. Pepoli da Castelluccia del fu Ioseppo Bonacapti, una casa sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 40. Rogito Mino di Ghisino.

1363, 14 aprile. Compra Cattarina di Giacomo Ferrarini, moglie di Giuliano di Filippo Usberti, da diversi, una casa sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 240. Confina le case della compagnia dei merzari, e Tommaso di Gandolfo Magnani. Rogito Giovanni di Biagio di Vinciguerra.

1371, 3 maggio. Compra Bartolomeo di Luciano, da Andrea e da Bartolomeo di Giovanni detto Manino di Zono Luciani, figli ed eredi di Ugolina Bentivogli, una casa con terrazzo, ed altre case annesse poste sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 100. Confina Giacomo da Scanello, e Gio. Orsi speziale. Rogito Filippo di Pietro di Filippo.

1375. Pietro di Benvenuto, barbiere, compra da Giacomo di Geminiano dai Cavalli, una casa sotto S. Nicolò degli Albari, in confine degli Azzoguidi, per L. 130. Rogito Giacomo di Cursio Vincenzo. Il detto Pietro di Benvenuto Palmirotto barbiere dalla Pezzola, pagò li 24 luglio 1385 a Pier Nicola d' Antonio Albergati, depositario del Comune di Bologna, L. 200 per tassa della cittadinanza concessa al medesimo. Rogito Pellegrino di Gio. Zambeccari.

1409, 30 settembre. Giovanni del fu Bolognino vende a Giacomo Ferraziere una casa sotto S. Nicolò degli Albari, per L. 309. Rogito Guglielmo Stoppa, e Nicolò Arpinelli.

Il cav. Girolamo del fu Nicola Barbieri aveva casa da S. Jobbe rincontro i Lucchini, dove si faceva il dazio dell' imposta in una bottega e stanze annesse.

Lo stesso aveva stabile nello stradello dei Locatelli con due botteghe rincontro i Lucchini.

Pare che queste case dei Barbieri dovessero esser quelle poi Colliva rincontro ai Tiburtini, e in angolo di via Cavaliera con Altabella, tanto più che si cita lo stradello dei Locatelli, che non può essere che quello presso l'osteria della Pigna, dove i Locatelli avevano casa.

1474, 15 settembre. Divisione fra Muzzolo, Giacomo, e Bartolomeo, fratelli Vallini, di una casa sotto S. Nicolò degli Albari, che confina la strada da tre lati, e gli eredi di Gio. Ballarini. Rogito Tommaso Fagnani.

1598, 19 dicembre. Compra Camilla Caprari Piatesi, da Rinaldo, Lodovico e Giovanni Duglioli, una casa sotto S. Nicolò degli Albari, in confine dei Bucchi, per li re 7000. Rogito Achille Canonici.

1605, 9 gennaio. Compra Andrea Candini, dal conte Orazio Lodovisi, una casa sollo S. Lorenzo dei Guerrini, per L. 10000. Rogito Galeazzo Ghini.

La detta casa fu ceduta li 24 ottobre 1606, rogito del detto Ghini, per L. 10000, ad Alessio e fratelli Orsi, e vien detto esservi una torre sotto il voltone dei Lodovisi, ed una casetta. La detta casa confinava la casa grande da due lati, e la via pubblica dagli altri due. La torre e la casupola erano staccate l'una dall'altra.

1620, 7 febbraio. Isotta Piatesi Foscarari e il conte Annibale Ranuzzi, eredi di Camilla Caprari Piatesi, vendono a Gio. Battista Solimani una casa sotto S. Nicolò degli Albari nella via dei Bucchi (Monari), per L. 8000. Rogito Vincenzo Orlandini.

1648, 30 ottobre. Assegnazione del conte Gioseffo Bonfioli a Cristoforo Magnani di parte di casa in via Cavaliera, sotto S. Nicolò degli Albari. Rogito Filippo Carlo Zanatti, alias Azzoguidi.

1657, 10 febbraio. Casa di Ottavia Galassi Amorini sotto S. Nicolò degli Albari. Confina uno stradello che va a S. Giobbe, i Ghisilieri, e i Barbieri. Rogito Giacomo Villa. Fu suo erede Cesare Grati.

1667, 16 giugno. Casa di Alessandro Duglioli Asinelli sotto S. Nicolò degli Albari. Rogito Francesco Benni.

(1) Ludovisi

(1) D. Gio. Battista di D. Nicolo, senator VI, fu Duca di Fiano, Principe di Venosa e Piombino, generale delle galere di Sardegna, Vice-Re delle Indie, senatore di Bologna, dove talvolta fece lunga dimora colla principessa sua moglie. Fu pure grande di Spagna, vendette il Ducato di Zagarolo ai Rospigliosi per 90000 scudi, e nel 1669 vendette la villa Ludovisi in Roma, per 26000, a D. Stefano Colonna Duca di Bassanello. Ebbe in consorte, in seconde nozze, Donna Anna d'Arduino dei Principi di Palizzi in Sicilia. Morì in dicembre del 1699, e lasciò un solo figlio maschio nato nel 1698 dalla seconda moglie, che morì poche settimane dopo di lui, per cui il principato di Piombino passò ad Olimpia di lui sorella, la quale pure morta senza discendenza, passò ad Ippolita maritata in D. Gregorio Boncompagni Duca di Sora. Si estinse in lui la famiglia. Era figlio di Donna Costanza Panfili nipote d'Innocenzo X e seconda moglie di Nicolò suo padre, il quale in prime nozze aveva sposato Donna Isabella Gesualda principessa di Venossa. Nel 1672 rinunciò al senatorato che fu conferito a Virgilio Gioseffo Maria Davia. Fu anche cavaliere del toson d'oro. Sua sorella primogenita era oblata nel monastero di Torre di Specchi in Roma.

Girolamo di Bertrando Monterenzi, detto Ludovisi, senator I, ebbe in moglie Pollissena Gozzadini. Fu dei quaranta sotto Giulio II, e deputato con Francesco suo fratello a rivedere i conti dei Bentivogli. Nel 1508 fu spedito ambasciatore al Papa. Nel 1511, tornati i Bentivogli, fu deposto, ed alli 15 luglio di detto anno fu ucciso da Gio. Battista Bianchetti e da Luigi Maria Griffoni amici dei Bentivogli.

Girolamo del conte Pompeo, senator III. Li 23 novembre 1579 si conchiuse matrimonio fra lui e Laura Bianca d'Achille Angelelli, con dote di scudi 7500 d'oro. Fu uno dei dieci senatori augiunti da Sisto V nel 1589.

Nicolò di Girolamo Monterenzi, detto Lodovisi, senator II, per adozione di Beltrando Lodovisi, fu fatto senatore li 28 febbraio 1528 in luogo di Antonio Paltroni. Era conte della Samoggia, della qual contea fu spogliato per bolla di Clemente VII li 30 gennaio 1532. Morì li 5 dicembre 1570, d'anni 77, controlore di Camera, e decano del Senato.

Nicolò di D. Orazio, senator V morì nel 1665 in Sardegna, ove poco dopo morì di parto la principessa sua consorte. Il primo suo matrimonio lo contrasse con D. Isabella Gesualda, ricca erede, principessa di Venosa, poi con Donna Costanza Panfili nipote d' Innocenzo X. Fu Duca di Fiano, Principe di Venosa, e di Piombino, poi di Salerno, grande di Spagna, generale di Santa Chiesa, Duca di Zagarolo, e senatore di Bologna, Vice Re d' Aragona e di Sardegna. Nel 1627 andò col Gran Duca Ferdinando da Roma a Praga. Fu mandato da Innocenzo X colle galere di Santa Chiesa in Candia in soccorso dei Veneziani contro i Turchi. Per aver ben servito Filippo IV Re di Spagna nella rivoluzione di Napoli fu infeudato della città di Salerno, ma questa si oppose per la conservazione del Demanio nel 1649. Essendo generalissimo di 21 galere ausiliarie di Spagna e del Papa, si unì al Morosini nello Zante, e con esso andò sino alla vista di Candia. Finalmente, sotto pretesto di mancanza di viveri e della stagione innoltrata, tornò addietro senza combattere contro i Turchi, con molto rincrescimento dei Veneziani. Comprò dagli eredi del cardinal Capponi il palazzo del già cardinal Santorio in Monte Citorio nel Rione Colonna a Roma, ove cominciò un vastissimo palazzo, che poi restò imperfetto. Innocenzo XII lo comprò, lo terminò, e vi fece la curia Innocenziana. Ebbe tre mogli, fra le quali donna Polissena Mendozza che gli apportò i diritti sul principato di Piombino. Li 9 marzo 1621 partì per Roma con suo padre, sua madre e sua sorella Nel marzo del 1621 Gregorio XV suo zio lo fece castellano del forte di Castel Sant'Angelo. Nel 1623, dopo la morte dello zio, e la creazione di Urbano VIII, venne a Bologna col padre, il fratello e la moglie, e furon tutti presenti ai funerali di Gregorio XV.

Orazio del conte Pompeo Lodovisi, senator IV, fratello di Gregorio XV, Duca di Fiano, fu marito di donna Lavinia Albergati. Fu fatto senatore in luogo di Annibale De Bianchi. Nel 1623 ricevette dal Duca di Feria, Governatore di Milano, la consegna di tutte le posizioni e forti della Valtellina. Li 9 marzo 1621 partì colla moglie ed il figlio per Roma, e nello stesso mese fu fatto generale di Santa Chiesa dal Papa suo fratello, il quale pagò alcune migliaia di scudi per investirlo, siccome fece, dei Ducati di Fiano e Zagarolo. Altri dicono che partisse per Roma li 2 marzo, seguito da molta nobiltà, si di dame, che di cavalieri, da due compagnie di cavalleggieri, da due senatori ambasciatori, e cioè il Lupari e l'Isolani, che lo accompagnarono fino al confine degli Stati del Gran Duca di Toscana, ove fu incontrato e ricevuto dal sig. del Monte e da grande quantità di gentiluomini a cavallo. In Firenze fu accollo con gran pompa, sebbene vi trovasse morto il Gran Duca. Gli furono fatti molti donativi, e cioè:

A D. Orazio un diamante del valore di scudi 5000.

A Donna Lavinia un Crocefisso gioiellato.

A D. Nicolò 18 bottoni di diamanti, una spada ed una balestra alla turchesca pure di gran valore.

A Donna Ippolita una garganliglia di gran valore.

Le figlie della Gran duchessa gli donarono una stoffa per due vestiti, che costava scudi 60 il braccio. Furono per tutto lo Stato alloggiati gratis.

Li 14 giugno 1623 tornò a Bologna dalla Valtellina, della quale aveva preso possesso in nome della Santa Sede. Si fermò in Bologna per quattro giorni dove fu alloggiato a spese della città, ed incontrato a Porta S. Felice da tutti i Magistrati. Il Senato gli donò una tazza d' oro, e gli si fecero molte feste.

Gregorio XV nel suo breve pontificato portò la sua casa a un grado di grandezza e ricchezza da uguagliarne qualsivoglia altra di Roma, imparentandola colle prime famiglie di essa. Addimostrò sempre animo generoso e grande, benchè non fosse secondato nè dal fratello, nè dal cognato, che anzi lasciaronsi questi signoreggiare da troppa cupidigia d'interesse e ad ogni opportunità senza ritegno di sorta, dispregiando le lamentanze che il il popolo ne dirigeva, ed in guisa che il dolore della morte del Papa ne fu temperato, perchè per questa toglievansi molti abusi, frai quali quello pur anco introdotto di mercanteggiare senza riserva sul conferimento delle onoranze e degli impieghi.

(2) Bonfioli

(2) Bonfioli. In lapidi ed istrumenti sono ancor detti Bonfiglioli. Nel 1458 vennero da Ferrara ad abitare in Bologna. Ebbero l'eredità Ramponi. Il ramo Bonfioli del conte Rocco ebbe l' eredità dei Principi Dal Medico. Erano conti di Castel Falcino nel 1604.

Alcuni vogliono che i Bonfiglioli abbiano origine da un ebreo ferrarese detto Nicolò di Domenico, che sposò Dorotea Fontana, poi Camilla Zani, morto nel 1545 (Vedi Rinieri, T. I, pag. .66).

La discendenza è finita. Il conte Lodovico, ultimo del ramo senatorio, institul erede il conte Alfonso del conte Giuseppe Malvezzi, coll' obbligo d'assumere arma e cognome Bonfioli ed abitare il palazzo Bonfioli in Strada Maggiore.

Avevano beni con bel palazzo a Montecalvo fuori di Strada S. Stefano col padronato della chiesa di detto Comune. Nel 1706 il dott. Tommaso Montecalvi pretese questo palazzo, come fidccomissario di sua famiglia, mentre i beni, palazzo e padronato della chiesa era dei Montecalvi.

Il ramo dei conti Antonio e Rocco Bonfioli pessedette la casa e palazzo già Zambeccari, ultimamente proprietà Dondini, nella Seliciata di S. Francesco.

Il ramo di Ascanio Bonfioli abitava in faccia a S. Nicolò degli Albari nel 1621.

Conte Agesilao del conte Lelio, senator IV, marito di Cornelia Malvezzi, ebbe l'eredità Ramponi mediante Pantasilea Gozzadini sua bisavola, nel 1630. Sua moglie rimasta vedova mori li 5 dicembre 1700. Fu accademico Gelato detto l'affaticato.

Conte Ercole d' Orazio, senator II, marito di Ottavia Bianchini, fu fatto cavaliere e commendatore di Santo Stefano nel 1697, paggio di Clemente VIII nel 1590, conte di Castel Falcino col fratello Lodovico, ed uno dei fondatori delle scuole Pie. Fu eloquente e coltivò le belle lettere.

Conte Ercole Maria del conte Agesilao, senator V, vendette a vilissimo prezzo la libreria del conte canonico Orazio suo zio. Nel 1701, confinando con certo Balestra sollecitatore nel Comune di Montecalvo, ed avendogli fatte alcune impertinenze, per una lite di confini, lo fece bastonare malamente. Si formò processo, ed il senatore si ritirò. Stava con poca cautela nel suo palazzo a Montecalvo, gli fu fatta la spia, e la notte delli 21 ottobre 1701 fu circondato il palazzo da 40 birri, che lo presero e lo condussero prigione in Bologna. Fu scarcerato in dicembre del 1701 pagando una somma. Il Senato fu molto indignato contro lui per simile scandalo.

Conte Ercole del conte Lelio, senator III, marito di Lucrezia Marescotti. Testò li 6 febbraio 1669. Rogito di Paris Rampionesi.

Conte Lodovico del conte Agesilao, senator VI. Morì senza figli li 7 maggio 1756, a ore 9. Era stato preposto di S. Pietro nel 1707 per la morte di Aurelio Malvezzi, giovane di merito, ma naturalmente indisposto di persona. Lasciò erede il conte Alfonso del conte Giuseppe Malvezzi.

(3) Felicini

(3) I Felicini ebbero il Senatorato nel 1506. Vennero così chiamati per un Felicino venuto da Milano. Nel 1600 erano talmente ricchi, che la loro ricchezza era divenuta proverbiale, ma negli ultimi tempi si trovavan ridotti a mal partito. Dai Felicini si crede ne venissero gli Spreti di Ravenna. Ebbero sepoltura e cappella nella Misericordia. La chiesa del Corpus Domini fu da essi fabbricata nel 1478 e vi ebbero sepoltura. Un'eredità Felicini passò ai Sega. Furon fatti conti da Urbano VIII nel 1626. Ebbero la contea della Barisella, che gli fu tolta da Clemente VII nel 1532. Ebbero beni a S. Giovanni in Triario, a S. Martino, a Soverzano, e palazzo a Ceretolo con vasti possedimenti, che Angela di Lodovico Felicini lasciò in eredità al conte Orazio Boschetti suo marito II palazzo vecchio Felicini è quello che poi fu dei Fibbia, indi del marchesi Fabbri, l'ultimo da loro posseduto l'ebbero da S. Salvatore, siccome dicemmo nella via Barbaziana. Le prime case dei Felicini furono nella corte di Sani' Ambrogio presso le case degli Oddofredi, e vi abitò Ardizzone di Guido da Milano nel 1257.

(4) Bocchi

(4) Bocchi, o Bucchi. Ebbero sepoltura in S. Domenico. Il celebre Achille lasciò di lui la tanto riputata opera "Symbolicarum quaestionum de universo genere quas serio ludebat, lib. V, Bononiae in aed. nove academiae bocchianae 1555" piccolo in Vlll, fregiato di figure di Giulio Bonasone. Nel 1622 istituì l'accademia Bocchiana. Avevano Beni a Calamosco, a Piumazzo, a S. Giorgio di Piano.

L'eredità Bocchi passò ai Palmieri nel 1644, e nel 1698 ai Piella, ed un' altra eredità, che sembra del 1612, pervenne all'Opera dei Vergognosi, alle putte di Santa Marta, all'ospitale degli Esposti, e S. Giobbe.

Nel 1431 questa famiglia esercitava la mercatura. Alcuni erano nel 1680 della parrocchia di S. Lorenzo di Porta Stiera. La casa del celebre Achille Bocchi, ove fu la residenza dell'accademia Bocchiana, tanto rinomata, che chiamavasi pur anco Hermathena, ultimamente appartenne alla famiglia Piella.

Francesco d' Achille Bocchi, ultimo maschio della casa Bocchi, nel suo testamento, aperto li 20 giugno 1698, instituì erede il dott. Paolo Piella, per cui ebbe il palazzo Bocchi, e casa annessa.

Nel 1516 erano della parrocchia di S. Nicolò degli Albari, perchè possedevano la casa che fu già dei Parata.

Il ramo Bocchi, di cui fu erede il canonico Riccardi, aveva casa alla Porta di Strada Maggiore, dove in progresso di tempo fu poi edificato il convento dei Padri Sportini, loro venduta nel 1629.

L' Accademia Bocchiana fu istituita nel 1546.

(5) Marescalchi

(5) Essendosi anticamente praticato il nome di mariscalco per maresciallo, la servilità di alcuni ha fatto credere che discenda questa famiglia da un maresciallo di Francia. Ma ciò è senza fondamento, basti il dire che è casa nobile. Nel 1416 Matteo di Nicolò era dell' arte dei merciari. Ebbero a sostener lite colI' ospitale Azzolini in causa della donazione fatta da Isabella Vignoli Carrati al senator Vincenzo Maria del senator Fulvio di una possessione a Vedrana. Furono discendenti di essa famiglia i qui sotto descritti personaggi.

Conte Carlo Alfonso di Vincenzo Maria, senator V, marito d'Isabella Legnani, fu cavalier gentile, letterato e molto stimato. Li 11 aprile 1700 assieme ad Elisabetta Pepoli sua madre essendo contumaci per causa di gabella, pagarono 60 doppie alla Camera, e furono assolti. Dotò la figlia Brigida, maritata nel conte Carlo Marsili, di L. 40000.

Conte Ferdinando del conte Vincenzo, senator VII, sposò Maria Ginevra del fu conte Cornelio Pepoli nel giugno del 1779.

Fulvio di Vincenzo, senator I. Nell'aprile del 1573 fu fatto castellano della Rocca di Perugia da Gregorio XIII. Li otto marzo 1578 arrivò il breve del senatorato in luogo di Marcantonio Volta, li 10 detto fu presentato al Reggimento da Agostino Ercolani senatore, suo zio, e li 19 sedette in Senato. Fu marito di Francesca Alidosi.

Fulvio Antonio di Vincenzo, senator III, marito di Lucrezia Monterenzi che portò eredità, poi di Costanza Alamandini. Nel 1643, essendo Gonfaloniere, si portò valorosamente a difesa della Chiesa contro le ostilità del Duca di Parma, senza aver riguardo alla propria vita e facoltà, onde se gli potrebbe dare il titolo di padre della patria. Morì nel 1664, ed il suo posto fu dato a Gio. Antonio Pietramellari.

Fu ambasciatore per ricevere il Legato Sacchetti. Nel 1615 succedette al padre, essendo d'anni 13. Fu poeta, accademico Gelato detto il munito. L' Alamandini era vedova di Mario Scappi nel 1620.

Vincenzo di Fulvio, senator II, fu marito di Leonora Armi. Li 22 dicembre 1605 esibì il diploma di conte Palatino e cavalier aureato, concesso dall'Imperatore Carlo V a Vincenzo suo avo. Ebbe il senatorato di Aurelio Armi suo cognato. Morì li 8 febbraio 1615, e fu sepolto in S. Francesco.

Vincenzo Maria di Fulvio Antonio, marito di Elisabetta Pepoli erede. Fu accademico Gelato. Morì li 27 gennaio 1699, e fu sepolto in S. Francesco.

Conte Vincenzo del conte Carlo Alfonso, senator VI, marito di Margarita Parraciani romana, sorella del cardinal Parraciani. Comprò il palazzino e il podere della Madonna del Monte.

Conte Ferdinando Marescalchi del conte Vincenzo, senatore di Bologna. Fu nominato ministro da Pio VI per trattare col ministro Azzara, della corte di Spagna, la pace coi Francesi nel 1796, al quale onorevole incarico egli poi si riflutò, perchè la suddetta pace, o piuttosto armistizio, fu protratta dopo che Bologna era già stata occupata dai Francesi, avendo dovuto il senator Marescalchi prestar giuramento al general Bonaparte, come tutti gli altri componenti il detto Senato, ed allora fu invece sua nominato il marchese Gnudi tesoriere pontificio. In tempo della repubblica Cispadana fu egli amministratore dipartimentale, e in tutto il tempo del governo provvisorio non cessò mai di applicarsi giorno e notte al benessere della patria.

Uniti i Bolognesi alla repubblica Cisalpina, passò egli a Vienna ambasciatore della medesima, dove rimase finchè fu nominato direttore della repubblica stessa dal Corpo Legislativo. Per portarsi a Milano fu obbligato di traversare l' armata austriaca, che era già in linea all'Adige per attaccare i Francesi. Non restò in Milano che circa 45 giorni, disimpegnando con sommo zelo gl' impegni che incombevano alla sua nuova carica in sì difficili momenti.

Le disfatte di Scherer l'obbligarono ad abbandonare l' Italia, e ritirarsi colle altre autorità Cisalpine in Francia, dove rimase fino alla battaglia di Marengo. Consumò questo tempo parte a Chambery, parte a Ginevra, parte a Parigi, sovvenendo coi pochi mezzi, che egli aveva a sua disposizione (essendogli interdetta qualunque comunicazione colla sua patria) tutti gli emigrati, che erano molti, e pieni di bisogni.

Ritornando da Parigi per ripatriare, incontrò a una lega da Lione il corriere Cellentani che il governo provvisorio gli inviava destinandolo per Parigi come ministro della Repubblica Cisalpina, in unione al signor Greppi di Milano. Ritornò egli a Parigi rinunciando rassegnato al vivo desiderio di rivedere la patria, ed al bisogno di dare assetto agli affarl del suo ricco patrimonio abbandonato da tanto tempo alla sorveglianza de' suoi sottoposti. Ivi colla solita sua solerzia trattò gli affari assieme al Greppi, che dopo pochi mesi morì in Parigi in una locanda vicino alla porta di S. Dionigio.

Continuò egli solo a disimpegnare ll disbrigo degli affari, finchè furono radunati i comizi di Lione. Egli si portò in quella città, dove fu nominato ministro delle relazioni estere del Regno d' Italia e consultore di Stato di detto nuovo Regno.

Ritornò a Parigi, dove abitò dapprima un appartamento nella rùe Montblanc sull' angolo dei Boulevards, poi nella rùe detta prima dell'Union, N. 9, poscia d' Angoulemme N. 2, in un delizioso palazzotto conosciuto sotto il nome Pavillon Richelieu.

Onorato e stimato dai grandi, amato da tutti i francesi, e dagli esteri che in folla frequentavano la di lui casa, nella quale egli trattava splendidamente tutti indistintamente, godette per vari anni, e cioè fino al 1807, del favore di Napoleone. Nominato questi Imperatore dei Francesi, chiamò a sè per segretario di Stato l' avv. Antonio Aldini di Bologna. Dopo questa nomina cominciarono i dispiaceri dell' ottimo ministro Marescalchi, in conseguenza de' quali ebbe a soffrirne una pericolosa malattia.

Negletto, e quasi nulla considerato dal Governo, egli non per questo applicavasi meno colla massima diligenza ed amore agli affari dello Stato, e per procurare un conforto e sollievo alle sue pene, che non erano poche, nè di piccol momento, attendeva ad arrichire la sua già copiosa biblioteca con libri di storia naturale, di viaggi e di belle arti.

Saputa la perdita che la patria aveva subito per la vendita della galleria Sampieri, immaginò egli di ripararvi, acquistando molti capi d'arte in Francia, ed in Venezia, coi quali compose la rinomata sua galleria, che poi si ammirò nel suo palazzo di Bologna assieme alla biblioteca ricca di opere preziose.

Incominciata la guerra colla Russia, e che recò, siccome la storia ne riferisce, tante sventure alla Francia, il conte Marescalchi non cessò mai d'esser buon cittadino e buon ministro. Questa sua lealtà e devozione gli attirò non solo nuovi dispiaceri, ma ben anco acerbi rimproveri. Fu allora che egli si determinò di vivere affatto come privato.

Verificate le predizioni che aveva manifestate a Napoleone, si trovò egli all'ingresso degli alleati in Parigi, e a quello di tutta la famiglia dei Borboni. Si presentò egli e ai principi alleati e a quelli della ristabilita dinastia, e fu da tutti accolto colla distinzione e riguardi dovuti ai suoi meriti ed al nome acquistatosi in quella popolosissima capitale.

Francesco I Imperatore d' Austria, prima di abbandonare Parigi, chiamò a sè il conte Marescalchi, e lo nominò ministro governatore dei Ducati di Parma e Piacenza. Volle il Marescalchi assicurare di tutta la sua onestà quel monarca, il quale graziosamente gli rispose: "Nella nostra età, chi non è stato uomo cattivo, non può più divenirlo". Si portò a Parma dove esercitò per qualche mese la sua carica. Dopo vi rimase come ministro della casa d' Austria. Dovette abbandonare quelle provincie in causa dell' invasione di Murat estesasi fino a Reggio. Si ritirò egli a Mantova, di dove, passato il pericolo, si rese a Piacenza. Fu quivi che ricevette ordine di portarsi a Vienna, dove fu nominato Consigliere intimo di Stato, ministro plenipotenziario ed inviato straordinario presso la Real Corte di Modena. Questo traslocamento recò dolore ai Parmeggiani, i quali a gara non cessavano di encomiare i meriti e le virtù dell' eccellente ministro.

Egli aveva un figlio maschio, il conte Carlo, già Ciambellano del Re d'Italia, e poscia dell' Imperator d'Austria, maritato nella signora marchesa Catterina Brignole Sale di Genova, dalla quale ebbe due figli, e cioè il conte Napoleone Ferdinando, e la contessa Anna. Oltre il suddetto, ebbe ancora due figlie, amendue maritate in Francia, colla ricca dote di L. 500000 per ciascuna, oltre l'eredità pervenutagli dalla signora D. Marina Pepoli loro avola. L' una era maritata nel sig. de S. Aignan, che in gioventù fece due volte il giro del mondo, dei quali uno fatto in unione ad Entrecasteaux alla ricerca della Peyrouse, è ricordato da un' isola che porta il suo nome nelle vicinanze della Nuova Olanda. L' altra figlia minore fu maritata al signor di Langeac de Scoraille, famiglia nobilissima dell' Auvergne.

Il prelodato conte Ferdinando intervenne anche, come ministro, al famoso congresso di Rastadt.

Coltivò le lettere, e particolarmente la poesia. Pubblicò parecchie sue composizioni, fra le quali Cleopatra tragedia. Nelle belle arti fu inteligentissimo ed erudito. Fece i suoi studi in Modena nel collegio di S. Carlo, nel quale si applicò anche alla storia naturale sotto il tanto celebrato Spallanzani, nonchè alla medicina e chirurgia. Scrisse con somma facilità, e fu instancabile al tavolino. Sia in Francia che in Italia conservò sempre un estesissimo carteggio, per il quale, quantunque affollatissimo d'affari, non si servi mai dell' aiuto di alcun segretario; gli stessi dispacci e rapporti della maggior importanza volle sempre farli da sè stesso. Egli era decorato della legion d'onore, fu cancelliere dell'ordine della Corona di ferro a gran cordone del medesimo.

Questo uomo eccellente, fregiato delle più rare ed apprezzabili qualità che tanto distinguono un cittadino, fu li 9 giugno 1816 attaccato da febbre, giudicata gastrica. Serpeggiavano in Modena e nel territorio molte malattie di questa specie. Tutto ciò che l' arte può somministrare fu messo in opera per salvare l'illustre infermo. I medici Padova e Fattori di Modena, il celebre professor Tommasini di Parma che si portò a Modena il 14, il 17 e il 19, un consulto del medesimo col dott. Uttini tenuto in Bologna, non valse ad arrestare il corso di quella malattia. Il 18 si confessò e fece testamento, il 19 prese il viatico; in tutto il corso della malattla fu pazientissimo, sempre presente a lui medesimo, se non che mai di mandò vedere alcuno de' suoi figli e amici. Il 21, alle 3 1/2 pom. l'infermo si aggravò talmente, che alle 11 della sera i figli l' abbandonarono. Spirò li 22 alle ore 5 e minuti 25 della mattina. La sua morte seguì nella così detta Rua grande di Modena, nella casa Sabattini.

Nel suo testamento, che era stato da lui steso mesi prima, fu assistito dal marchese Livizzani e dall' avv. Candrini di Modena. Lasciò esecutori testamentari l'arcivescovo di Bologna, il dott. Alboresi, Giuseppe di Gio. Battista Guidicini, e il marchese Brignole, i quali tutti concordemente rinunciarono all' onorevole mandato.

I considerevoli vantaggi che S. E. il Ministro procurò alla sua famiglia, furono i seguenti :

Tutto il patrimonio lasciatogli da suo padre conservato intatto.

Pagati diversi debiti lasciatigli dal padre.

Impiegati 18000 scudi in fabbriche nelle tenute di Malalbergo e Gallo.

Acquistate tre possessioni, e cioè due a Tizzano, e una a Calcara.

Acquistati tutti gli stabili Sora in confine del palazzo Marescalchi.

Fabbricato quasi di pianta il palazzo di Mezza Ratta, e fatto colà un giardino inglese.

Fabbricate tre case coloniche a Tizzano.

Ridotto nel palazzo un magnifico appartamento e ammobigliato sontuosamente.

Fatta una galleria di quadri nella quale spese più di L. 250000.

Radunata una ricca e copiosa libreria nella quale spese da 180000 lire.

Spesi nel matrimonio di suo figlio colla Brignole L. 110000.

Corredata la casa di gioie per la signora pel valore di L. 90000.

Ammassate delle argenterie per il valore di più di 100000 lire.

Raccolto un ricchissimo gabinetto di conchiologia e di metalli.

Pagate in denaro sonante L. 400000 a conto del milione dato in dote alle figlie.

Un capitale rispettabilissimo di porcellane e di cristalli.

Una raccolta di settanta e più scattole, la massima parte curiose, e non poche di gran valore.

Una raccolta di medaglie d'oro d'argento e di rame.

Molti bijoux per suo uso, e di non piccolo valore.

Biancherie finissime da tavola.

Molti oggetti di curiosità in bronzi, marmi, ecc.

Capitali di carozze, cavalli, ecc.

Egli Mori d'anni 63; fece tutto questo, e lasciò un debito di sole L. 180000 italiane, cento delle quali lasciate da suo padre.