Il restauro del 2012 - I pannelli del dott. Franco Faranda

I restauri documentati

Dal 1625 l'Icona è custodita entro una teca in rame argentato, voluta dalle suore domenicane che abitavano l'eremo. Ha le stesse misure del dipinto, compreso le assi che delimitano l'icona in alto e in basso. La data riportata nella parete interna della teca, quella coperta dall'icona, riveste un particolare significato per la storia della manutenzione: documenta che almeno dal 1625 l'Icona ha mantenuto le dimensioni e la struttura che possiede ancora oggi. Discuteremo a partel'autenticità delle due assi poste in alto e in basso. Sul lato esterno della teca che racchiude l'immagine, due diversi cartigli ricordano tre interventi di restauro e manutenzione negli anni 1898, 1955 e 1976.

Il dipinto è realizzato su un supporto ligneo formato da tre assi verticali che, nel corso del tempo, si sono aperte lungo le linee di giuntura procurando un danno rilevante alla pittura. Nell'anno 1898, quando è stato eseguito l'intervento di restauro voluto dal Cardinale Svampa, furono risanate le assi fermandole con delle "farfalle" in legno di castagno. Sull'ultima farfalla a destra è riportata ancora la data "1898".

A seguito di questo restauro è stata pubblicata una relazione sull'intervento dalla quale si evince che il restauro ha interessato esclusivamente il risanamento del legno e in particolare le giunture tra le tre tavole che lo compongono e che si erano allentate.

Una foto su lastra degli anni 50 del XX secolo, conferma quanto scritto nella pubblicazione che ha illustrato il restauro del 1898. Infatti la foto documenta che la lacuna in corrispondenza della giuntura delle assi è stata lasciata a vista e non stuccata. Il drappo che ricopre la parte inferiore dell'immagine evidentemente copre un danno rilevante che è stato poi "restaurato", ma in un momento successivo. La relazione del 1898 propone anche un restauro "virtuale" dell'opera mostrando l'immagine restaurata attraverso una ricostruzione pittorica che integra le parti mancanti e che diventa un modello per alcune riproduzioni e per l'immagine dipinta da Giuseppe Cassioli (1922-1932) nella cupola della Basilica.

La foto su lastra, anche se eseguita negli anni 50, testimonia la situazione al 1898. Infatti l'immagine presenta ancora i sigilli intatti del cardinale Svampa, apposti dopo il restauro del 1898, e dunque la foto, anche se successiva, documenta lo stato di conservazione dopo quel restauro.

Nel 1898, stando a quanto viene affermato nella relazione pubblicata a stampa dopo l'intervento, ci si limita alla risistemazione delle tre tavole che compongono il dipinto e che presentavano una lunga fessurazione in corrispondenza delle giunture. In quell'occasione si pubblica anche una immagine in cui si mostra come sarebbe apparsa l'icona se si fosse restaurata la parte pittorica. Questa immagine è all'origine di una serie di riproduzioni della "Madonna di San Luca" che appare integra anche nella parte inferiore. Tra le altre segnaliamo l'affresco della cupola centrale della Basilica della Madonna di San Luca, dipinto da Giuseppe Cassioli nel 1922-1932, ed una immaginetta datata 1941.

A parte va valutato un dipinto, probabilmente fatto eseguire da mons. Dante della Casa, segretario del Cardinale Nasalli Rocca, al momento non conosciuto e riprodotto su una lastra custodita nel santuario riscoperta in occasione di questo restauro. Da segnalare che questa riproduzione manca delle cornici in alto e in basso, evidentemente considerate aggiunte posteriori e pertanto non riproposte.

Più difficile stabilire quando è stata reintegrata sull'opera originaria la parte mancante che interessa tutta la parte inferiore, nascosta dal drappo ancora negli anni 50 e successivamente risanata, dal momento che l'Icona, prima dell'intervento del 2011 appariva come dalle riproduzioni di tante immaginette divulgate. Possiamo solo affermare che i colori che si celavano sotto la vasta lacuna grigia sono stati analizzati dal chimico Diego Cauzzi con analisi XRF non invasiva in occasione della manutenzione del 2011. Tra di essi è stato identificato il bianco di titanio, disponibile sul mercato solo dopo il 1920. Dunque, l'intervento ricostruttivo necessariamente segue quello del 1898.

Sul retro della custodia è ricordato un altro restauro eseguito dalla allora Soprintendenza alle Gallerie, nel 1955. Questo restauro, di cui c'è traccia documentaria nell'archivio della Basilica, non dà alcuna informazione sulle operazioni compiute. Le immagini, dopo questa data, mostrano l'icona non più con un drappo a coprire la parte inferiore, ma con la vasta lacuna grigia. Una foto, non più rintracciata nell'archivio della Soprintendenza, mostra l'immagine prima del restauro del 1955 con la grande lacune poi ricostruita. Ma quando è avvenuta la ricostruzione ritrovata sotto la lacuna se la stessa è documentata prima del restauro del 1955 e la ritroviamo ricostruita, ma coperta da una tinta neutra in immagini che sono immediatamente successive a quel restauro ? E' ipotizzabile che nel restauro del 1955 si ricompongano le separazioni verticali tra le tavole con uno stucco poi intonato cromaticamente all'area circostante. Allo stesso tempo si chiudono le lacune sul collo del Cristo-Bambino visibili nelle foto su lastra databili negli anni 50. E' possibile che in questa occasione venga anche tentata la ricostruzione della parte mancante in basso. Un restauro ricostruttivo utilizzando colori moderni in uso solo dai primi devenni del XX secolo, probabilmente eseguito solo come prova di reintegro pittorico. Una ricostruzione che alla fine si è preferito coprire con una tinta neutra perché non reputata consona all'iconografia dell'Icona. La foto che precede questo restauro mostra comunque già esistenti i piccoli stucchi sul volto della Vergine che, al pari della grande lacuna sul bordo della guancia, sono di un colore chiaro e differiscono cromaticamente dagli stucchi posti a riempimento delle fenditure tra le tavole, messe in opera in questo restauro.

La Cornice

Le cornici laterali, intagliate con girali ad andamento verticale, sono realizzate a rilievo e con la stessa tecnica e materiali del fondo bugnato. Anche su quest'area si riscontrano micro frammenti colorati riconducibili ad un originario rivestimento metallico. In alto ed in basso sono collocate due assicelle senza decori, di diverso materiale e con una differente situazione conservativa. L'assicella in alto è assicurata alla tavola centrale da due grossi e lunghi chiodi forgiati a mano e si presenta del tutto decoesa dalla tavola principale. L'assicella inferiore è parzialmente legata alla tavola principale dalla stessa incamottatura in tela che riveste per intero la tavola dipinta. Questo non vuol dire necessariamente che l'asse inferiore fosse quella originaria perché l'incamottatura proveniente dalla tavola centrale potrebbe essere stata riutilizzata per meglio fissare una nuova asse al dipinto. E' anche vero che quest'asse di presenta ben strutturata con le tavole centrali, mancando i lunghi chiodi che fissano l'asse superiore e in radiografia sembra di potere distinguere anche un antico cavicchio ligneo di raccordo con le tavole dipinte.

In ogni caso, già nel 1620, quando la tavola fu alloggiata dentro la custodia in rame, l'opera presentava una struttura analoga a quella attuale, dal momento che la teca è della stessa dimensione dell'attuale icona. Resta da capire perché, in alto e in basso, delle assi, comunque molto antiche, sono prive della decorazione a rilievo presente nelle due fasce verticali.

In origine queste assi erano decorate come le fasce laterali ? Non possiamo rispondere con certezza, ma due "storie" affrescate nel monastero macedone di San Marco di Skopie potrebbero aiutarci a capire perché queste assi non sono decorate. Le icone portate in processione, nelle due storie, presentano le due assi rivestite di drappi processionali. Un po' come accade alla Madonna di San Luca quando viene in cattedrale. Potrebbe essere che anche nella nostra icona questi lati soddisfacessero un analogo bisogno, e pertanto la decorazione non era nè necessaria, nè opportuna. Una ipotesi interpretativa che apre molte direttrici di ricerca, che qui abbiamo solo enunciato.

Il fondo a rilievo

La lavorazione del fondo, così come le aureole delle figure, e le cornici laterali, sono realizzate a rilievo con una "pastiglia" a base di gesso e colla colorata in terra di Siena. Si presentavano molto inscurite a causa della alterazione di un fissativo superficiale certamente rinnovato in occasione dell'ultimo restauro e i cui effetti estetici hanno interessato l'intera Icona. Le parti a rilievo, soprattutto sul fondo, ma quasi certamente anche le cornici laterali, erano rivestite di una sottile lamina di stagno poi dorata o argentata. Sono state recuperate tracce della lamina che è stato possibile identificare grazie alle indagini al microscopio elettronico.

La rimozione del fissativo ha comportato un recupero davvero straordinario per quanto riguarda la luminosità dell'immagine, senza però restituirci l'effetto originario dell'opera. Il fondo e le cornici laterali infatti, apparivano ricoperte da una lamina apparentemente preziosa che conferiva all'opera ben altra luminosità.

Il Maphorion

La pulitura del mantello indossato dalla Madre di Dio si è rivelata ricca di inaspettate sorprese soprattutto per il recupero di tinte molto luminose celate da vari strati di fissativi e ritocchi. Particolarmente bello il rapporto cromatico nel quadrante spalla - petto e soprattutto il recupero della fascia ben ombreggiata racchiusa tra la mano che indica della Vergine e quella benedicente del Cristo.

Il Cristo - Bambino, la mano benedicente, il piede.

La foto su lastra mostra chiaramente che il dito medio della mano benedicente va al di là della fenditura verticale. Successivamente, stuccando la fenditura, probabilmente nell'intervento del 1955, l'ultima falange del dito finisce per essere inglobata nella stucco e si ricostruisce la parte mancante, di fatto accorciando la dimensione del dito. Gli infrarossi rivelano la presenza del dito sotto l'ultimo colore e la rimozione dello strato superficiale lo riportava alla luce.

Gli infrarossi hanno anche rivelato l'esistenza del piede destro del Cristo, interamente ricoperto nel rifacimento di quest'area dell'immagine,, che una foto prima dell'intervento mostra comunque in uno stato molto disastrato. Le indagini all'infrarosso hanno consentito una puntuale lettura della radiografia e hanno fatto da guida nella riscoperta di questo frammento di pittura, rilevante per potere ricomporre idealmente l'immagine del Cristo - Bambino.

Il Volto della Madre di Dio: gli occhi

E' famoso lo sguardo della Madre di Dio che sembra accompagnare il cammino del pellegrino che transita davanti all'Icona. In effetti il leggero strabismo delle pupille favorisce questa percezione che di fatto caratterizza l'immagine. In radiografia gli occhi sono del tutto identici a quelli visibili: stesso leggero strabismo e soprattutto identica dimensione e posizione delle pupille con la caratteristica lumeggiatura su uno dei lati. Per documentare questa identica posizione abbiamo provato a confrontare il particolare dell'immagine e la radiografia sovrapponendo infine la lastra dell'immagine per far cogliere la perfetta identità tra lastra e dipinto. Si osservi sotto l'occhio destro dell'immagine radiografica il "buco" nero dovuto a mancanza di colore e preparazione che probabilmente è stato confuso con l'occhio così che in passato è stato sostenuto che la radiografia mostrasse una immagine dagli occhi molto diversi da quelli visibili contribuendo a teorizzare la presenza di una immagine sottostante molto più antica.

Il Volto della Madre di Dio: le labbra

Le labbra spesse e carnose della radiografia erano state lette come sostanzialmente diverse dall'immagine dipinta ed erano stato portate a riprova dell'esistenza di una immagine sottostante - quella radiografica - diversa e più antica di quella dipinta. Le deduzioni erano state fatte prima dell'intervento di pulitura e probabilmente il fissativo superficiale che conferiva all'Immagine un tono opaco aveva contribuito ad accentuare l'apparente differenza. Osservando da vicino l'opera è possibile notare le abrasioni del labbro inferiore che rendono evanescente la materia che è stata oggetto di piccoli interventi di manutenzione, visibili nell'immagine UV. La rimozione del fissativo di protezione ha in parte reso visibile l'originario spessore delle labbra, in pittura sfumate nelle diverse gradazioni di tinte che la radiografia mostra in un solo livello. Si osservi anche che l'effetto spessore del labbro inferiore è dato dall'unione del bordo esterno del labbro con la sottostante ombra che la pulitura ha ben recuperato. Anche in questo caso la radiografia restituisce la stessa immagine visibile e riporta fedelmente la caratteristica lumeggiatura bianca che delimita la bocca superiormente, sul lato sinistra di chi guarda.

L'indagine radiografica

La radiografia si utilizza per individuare pentimenti, ridipinture, presenza di chiodi, di gallerie di insetti, lo stato di conservazione del supporto, i metodi usati per tenere unite le tavole. La metodica è completamente non distruttiva. Questa indagine è stata di particolare utilità perché precedenti radiografie, eseguite negli anni '70 e al momento non rintracciate, avevano portato a supporre l'esistenza di una immagine sottostante molto diversa da quella che vediamo.

La lastra consente di leggere molto chiaramente le connessioni tra le tre tavole che costituiscono il supporto del dipinto e le fratture della tavola. I sistemi utilizzati per riunire le parti e i diversi interventi succedutesi nel tempo testimoniati da possibili cavicchi di legno, sicuramente i più antichi, e dai chiodi forgiati a mano che uniscono la barra traversa superiore alle tavole centrali. Altrettanto importanti quelli che sembrano, sul fondo e sul bordo del maphorion, delle lamine metalliche. Quasi certamente il fondo bugnato era rivestito da una sottile lamina metallica. L'esame di un frammento prelevato dal fondo sembra confermare la presenza ella lamina che appare con una certa evidenza anche nelle macrofoto eseguite con microscopio digitale portatile. Una lamina metallica sembra essere presente anche sul bordo del maphorion che circonda il capo della Madre di Dio.

Per quanto riguarda l'immagine, emerge la sostanziale identità tra la radiografia e l'immagine visibile e diventano analoghi alcuni elementi che erano apparsi, in precedenti indagini, profondamente diversi. Esamineremo in dettaglio il volto della Madre di Dio. Qui basti far notare l'assoluta corrispondenza degli occhi, perfettamente documentabile grazie alla lumeggiatura posta accanto alla pupilla, radiopaca, e pertanto identica tanto nell'immagine visibile che nella radiografia. La somiglianza arriva alla perfetta sovrapponibilità delle due immagini, confermata dalla medesima distanza interpupillare.

Riflettografia IR multispettrale nelle bande da 800 a 1100 nm

Nel pannello precedente abbiamo riprodotto delle immagini eseguite con una speciale telecamera che hanno consentito di "separare" virtualmente i vari strati di colore che appartengono tutti alla sfera dei livelli percepibili dall'occhio umano. Di fatto, se stendiamo sopra un colore una vernice colorata, ma trasparente, l'occhio combina assieme il colore e la soprastante vernice e "vede" un nuovo colore che è dato dal colore più la vernice. Lo strumento riesce a distinguere i due livelli così che, potendo regolare la capacità di penetrazione della telecamera dentro il colore, dapprima ci siamo fermati alla vernice e progressivamente siamo entrati in profondità fino a raggiungere i 750 nm conoscendo gli strati di colore più profondi, sempre tra quelli percepibili dall'occhio umano. Come se davanti a colori sfumati l'uno nell'altro l'occhio provasse a identificare le varie tinte. La telecamera lo fa in maniera scientifica, penetrando dentro le sfumature e riuscendo a distinguere un colore dato prima di un altro. Il dato andrà comunque interpretato. Resta da capire, ad esempio, se i diversi "livelli" sono il frutto di ridipinture eseguite in momenti diversi o "pentimenti" in corso d'opera. Lo spettro delle radiazioni visibili si verma a 750 nm. Al di là di questi parametri le radiazioni divengono a noi invisibili, ma mantengono la capacità di interagire in vario modo con la materia (per assorbimento, riflessione, trasmissione, ecc.) proprio come avviene con la luce. Le radiazioni infrarosse hanno lunghezza d'onda superiore a quella delle radiazioni visibili e con una specifica attrezzatura possiamo registrare e rendere visibili quelle che hanno una lunghezza d'onda compresa tra 750 nm e 1200 nm dette "infrarosso fotografico". Praticamente è come se riuscissimo a vedere negli strati posti immediatamente sotto il primo colore ove potrebbe trovarsi un disegno preparatorio, un pentimento dell'artista, e così via. Non sempre si hanno risultati analoghi dal momento che la penetrazione dipende anche dagli ostacoli che il raggio infrarosso incontra e che sono causati dalla consistenza dei colori superficiali che possono impedire una penetrazione negli strati sottostanti. Le prime riprese sono state effettuate calibrando la macchina a 800 nm, ma una lettura significativa si è avuta solo intorno ai 1100 nm. A questo livello l'immagine che è stata ripresa sta di fatto immediatamente sotto a quella visibile.

In sequenza mostriamo quattro immagini riprese a vari livelli di profondità ed è possibile distinguere qualche "pentimento" nel panneggio del maphorion che indagheremo nei prossimi pannelli mettendo a confronto dei particolari del dipinto e di queste immagini.

Fluorescenza UV (Ultravioletto) multispettrale

L'indagine è eseguita con una attrezzatura che opera nella banda del visibile ed è usata per rivelare e localizzare la presenza di ridipinture e restauri ed individuare i materiali non originari come vernici e cere. Materiali diversi, anche se si presentano identici ad occhio nudo, hanno caratteristiche chimiche diverse e, se vengono irraggiati con radiazioni UV, emettono una luce diversa, dunque un diverso colore, che può essere registrato su una macchina fotografica opportunamente schermata.

I diversi colori ottenuti corrispondono a differenti materiali che non è facile individuare nelle loro componenti, ma che ci aiutano ad isolare le lacune, i ritocchi eseguiti in nuno stesso momento, le vernici che possono caratterizzarsi con svariati colori in relazione alle materie che sono state usate per la loro composizione. Per la'acquisizione di questi dati è stato usato un sistema multispettrale che superano i limiti dei sistemi tradizionali che si basano sulla scomposizione dei tre colori di base (RGB: rosso, verde e blu) consentendo di ottenere tinte "pure" anche per colori che non fanno parte del gruppo RBG. Questo sistema permette di valutare ogni sfumatura ottenuta come una luce propria e non quale sintesi di altri colori.

Indagini chimiche. Sopraintendenza ai Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici - Bologna - Chimico: Diego Cauzzi

Un secondo campione è stato prelevato dal Maphorion della Madre di Dio, sulla spalla sinistra della Vergine, in prossimità di una vasta lacuna. Il particolare dell'immagine a fianco mostra il punto di prelievo. Le due foto eseguite al microscopio digitale mostrano l'area del prelievo in due momenti diversi. La prima immagine è stata scattata prima di ogni intervento e la seconda dopo che la parte era stata trattata con un impacco di enzimi naturali per 1 minuto. Già questa blanda azione scioglie la patina giallastra di superficie riconosciuta anche nella stratigrafia. L'immagine al microscopio elettronico diventa più brillante ed evidenzia, sotto l'azzurro, una colorazione giallastra che pensavamo appartenesse ad una base di preparazione. La stratigrafia viceversa ha dimostrato che sotto questa "preparazione" si cela un altro vivacissimo colore, del tutto finito. Questo ha consentito di capire che l'icona, ad un certo momento della sua storia, è stata trattata con un fissativo che si trova diffuso su tutta la superficie. Su questo fissativo, probabilmente usato anche per qualche preparazione per una nuova pittura, si è proveduto a riprendere la sottostante immagine con colori analoghi, anche nella composizione, a quelli sottostanti, ma più intensi, più scuri. Come se l'azzurro vivace dello strato sottostante non fosse più idoneo a rappresentare le vesti della Madre di Dio. Questa sequenza sembra avere risparmiato il volto della Vergine, interessato solo dalla stesura dell'ultimo fissativo. Sotto il fissativo appaiono dei ritocchi (le vedremo nel pannello dedicato al volto) e interventi correttivi a copertura di lacune, ma non si evidenzia un rifacimento completo, come invece è avvenuto sulle vesti. Il rifacimento delle vesti ha riguardato i "toni" del colore e non la posizione o le pieghe dell'abito.

Metodo di indagine Multilayer

Questo nuovo metodo di indagine, brevettato da Art-Tes nel 2010, si annuncia come una nuova frontiera nelle indagini non invasive dei dipinti.

Tale metodologia è di tipo multispettrale, fa uso della radiazione visibile, infrarossa e ultravioletta (UV) e prende il nome di Multilayer. Con questa nuova indagine disponiamo di una tecnica che consente di fare un esame ponderato dei dati che sono stati mostrati fino a questo momento. Su un unico fotogramma è possibile leggere contemporaneamente i dati che sinora potevamo esaminare separatamente attraverso le indagini multi spettrali e UV. Utilizzando una sofisticata tecnologia è possibile delimitare la lettura ad una determinata profondità e procedere progressivamente così che in ogni fotogramma viene rappresentata la situazione dell'opera ad un determinato livello stratigrafico leggendovi contemporaneamente e distinguendo - a quel livello - vernici coprenti, ritocchi moderni e ridipinture più antiche. Il metodo multilayer permette di ottenere una stratigrafia a immagine degli strati superficiali dell'intera superficie di un dipinto, incluse le vernivi, recuperando informazioni che integrano e estendono quelle ricavabili dai metodi puntuali a campione (sia invasivi, sia non invasivi). Questa nuova tecnica sfrutta, da un lato, il fatto che ogni materiale in esame (dotato in generale di caratteristiche chimiche diverse), quando sottoposto a radiazioni elettromagnetiche, presenta una risposta spettrale caratteristica e dall'altro, la diversa trasparenza in dipendenza della lunghezza d'onda che è tipica dei materiali pittorici.

Il risultato di questo metodo è un set di immagini, corrispondente ciascuna ad uno strato di differente profondità. Ovvero a stesure di vernici sovrapposte e/o ritocchi pittorici dovuti a prevedenti restauri o interventi di rifacimento. E' evidente che i dati così evidenziati vanno interpretati durante i lavori di restauro.

... una applicazione pratica.

Per meglio intendere l'utilità di questa particolare indagine basterà osservare, nelle immagini, l'angolo in basso a sinistra delimitato dal rettangolo rosso. Nella prima immagine (layer 1) distinguiamo appena un'ombra indefinita. Al contempo l'intera immagine risulta ingrigita e resa opaca, come se fosse velata da una materia coprente. In effetti, tutto il dipinto è rivestito da un fissativo dato in epoca imprecisata, ma non particolarmente antico, che in parte nasconde l'icona e che ad occhio nudo restituiva l'immagine risprodotta in alto a sinistra. Nel terzo layer (layer 6), quell'ombra senza forma comunque meglio leggibile già nell'immagine di mezzo (layer 3), ha preso consistenza e si è rivelata per quello che il restauro ha poi messo in luce: il piede del Cristo - Bambino. In quest'ultima immagine anche le grandi lacune - quelle aree che appaiono molto scure, quasi nere - presentano una colorazione più intensa. Questo sta a significare che la materia coprente, probabilmente un fissativo, è stata data dopo l'ultimo "restauro" dell'icona.

Un'ulteriore riscoporta confermata dall pulitura ed emersa in fase diagnostica è il frammento di maphorion della Madre di Dio sul lato destro in basso, evidenziato dal cerchio rosso. Anche in questo caso la scansione in Multilayer ha rivelato ciò che in fase di pulitura è stato rinvenuto.

Indagini multispettrali nel visibile

Le immagini sono state acquisite con una speciale telecamera digitale scientifica che ha consentito di separare ed esaminare i diversi livelli di pittura a cominciare dalla verniciatura di protezione. Questa è particolarmente visibile nelle prime immagini (da 400 a 500 nm). La vernice nasconde di fatto l'immagine nella prima ripresa (400 nm) e progressivamente, penetrando con percentuali costanti con una differenza di 50 nm per scatto, la telecamera si addentra per gradi sotto la vernice. Al quarto scatto la telecamera sembra avere superato la barriera della prima, più recente, vernice e cominciano ad apparire i ritocchi sulla pittura che si caratterizzano per un tono più scuro e netto e si evidenziano residui di una vernice più antica che copre parte del busto e la manica della veste della Madonna.

La quinta immagine, scattata con una profondità di 600 nm comincia a "pulire" il volto della Madonna, il velo sopra il capo e la mitella (cioè a dire la cuffia che racchiude i capelli della Madre di Dio) meglio visibile nell'immagine successiva, scattata con una profondità di 650 nm. A 700 nm superiamo la barriera della vernice più antica ed emerge il panneggio del maphorion (si chiama maphorion il mantello che riveste la tunica della Madre di Dio) ben visibile sulla manica e sul petto. Anche la linea nera che delimita il maphorion tende ad ammorbidirsi. Con l'ultima immagine, scattata ad una profondità di 750 nm, penetriamo oltre le ultime finiture mostrando dei pentimenti sulla spalla ed è ben visibile la finitura sotto la linea nera che delimita lo scollo del maphorion. La nostra pulitura si è fermata ad un livello che le immagini delimitano tra una profondità di 700 e 750 nm. oltre a questa profondità tocchiamo i livelli sotto il visibile, lì dove è possibile trovare tracce del disegno e di possibili pentimenti esecutivi, dati utili per la storia del dipinto. Per accedere a queste informazioni occorrerà utilizzare delle riprese a raggi infrarossi.

Il confronto tra lo foto che mostra la pittura così come appare a 750 nm e l'immagine dopo il restauro, messa accanto, documenta la sostanziale correttezza dell'intervento di pulitura che si è fermata subito dopo la rimozione di tutti gli strati protettivi, probabilmente vernici o sostanze stese per fissare il colore, che alterandosi cromaticamente avevano "impastato" il colore conferendo alla tavola quel tono grigiastro particolarmente evidente sul fondo, ma analogamente presente sugli incarnati e le vesti, del tutto riscontrabile nella prima immagine a sinistra. Sui pannelli seguenti saranno mostrate altre indagini non invasive condotte sull'opera prima della rimozione di questi strati superficiali. infine esamineremo i particolari più problematici dell'opera e la messa in luce di due strati pittorici che hanno interessato le parti maggiormente deteriorate, ma non il volto della Madre di Dio.

Il Volto della Madre di Dio - Storia della manutenzione.

Il Volto, assieme alla mano che indica, è il punto di riferimento più significativo dell'Icona. Del resto l'immagine, costantemente rivestita da una copertura in argento, rende visibili soltanto i volti della Madre e del Figlio. Il confronto con le radiografie ed altre indagini non invasive hanno consentito il recupero di numerose informazioni. Dalla stratigrafia del mantello abbiamo potuto distinguere almeno sei livelli di pittura raggruppati in due momenti diversi, entrambi molto antichi. Evidentemente non sono state fatte stratigrafie sulla pittura del volto. Procedendo nella pulitura abbiamo però potuto constatare che sotto il fissativo di superficie, quello che nella stratigrafia corrisponde al sesto livello, è emersa una pittura sostanzialmente integra, a parte i vistosi ammanchi sulla guancia destra della Madre di Dio e altre ben delimitate mancanze sulla stessa guancia e sotto l'occhio destro. La grande lacuna sulla guancia è molto antica ed era già presente nel 1898, quando è documentato un intervento di consolidamento della tavola che però - come dice la relazione - non ha toccato la pittura. L'immagine accanto, ricavata da una lastra custodita nella Basilica, documenta lo stato dell'Icona dopo l'intervento del 1898. Infatti, la foto - certamente eseguita molto dopo, negli anni 50 del XX secolo - mostra il sigillo dell'Arcivescovo Svampa, il cardinale che ha autorizzato il restauro del 1898. Dunque la foto fissa lo stato di conservazione dopo quel restauro. E' evidente il grande stucco che interessa la guancia destra, parte del collo e trasborda sulla mitella ed il maphorion già ritoccato e reso scuro da un vecchio fissativo che interessa l'intera immagine. La parte inferiore dell'Icona è ricoperta da un panno, molto probabilmente per nascondere la vasta lacuna che interessa quest'area e che sarà colmata in un momento successivo.

Il particolare radiografico del volto mostra alcune differenze con il dipinto soprattutto in prossimità del naso in prossimità del quale si vede anche l'altra narice e una diversa consistenza della cannula nasale. Le foto ad infrarossi e UV confermano questa presenza anche se è difficile stabilire se si tratti di un intervento su una prima versione del dipinto o semplicemente di un pentimento, cioè a dire di una differenza tra quanto progettato dal pittore e la successiva realizzazione. Il fatto di potere leggere questo pentimento anche nelle foto ad IR e negli UV fa pensare ad un ripensamento rispetto al primo abbozzo dell'opera, ma contemporaneo alla sua realizzazione. Appaiono viceversa del tutto sovrapponibili gli occhi che si caratterizzano per la lumeggiatura bianca, radiopaca, che trova perfetta corrispondenza nella radiografia. Attenzione a non confondere la pupilla con la sottostante lacuna (che abbiamo contrassegnato con il segno +) che potrebbe far pensare ad una diversa posizione degli occhi. Del tutto evidente la grande lacuna sulla guancia destra della Madre di Dio (contrassegnata da un asterisco *). Problematica la radiopacità del velo sul capo, che appare più bianco (contrassegnato dal doppio asterisco **). Sul resto del volto, cioè a dire la guancia sinistra della Madre di Dio, glik occhi, la fronte, il mento, non si evidenziano particolari ritocchi e ci ritroviamo davanti ad una immagine perfettamente sovrapponibile alla pittura. Anche le labbra, che appaiono più carnose nella radiografia e la cui differenza sembrava rilevante prima dell'odierna pulitura, sono in parte dovute ad un effetto di conservazione. Il confronto tra la lastra e le immagini UV e IR riducono le differenze rendendole riconducibili alla normale dialettica tra l'impostazione dell'opera e la sua realizzazione.

La foto accanto mostra l'icona come si presentava nel 2011. E' facile notare, confrontando l'immagine con quella in bianco e nero, che, dopo gli anni 50 del 900 (epoca a cui possiamo fare risalire la foto in bianco e nero) è stato effettuato un intervento sull'Icona che ha portato a chiudere con dello stucco la fenditura che interessava la tavola verticalmente. Sembra anche che in questa occasione si sia cercato di intervenire sulla lacuna che interessa la guancia destra della Madre di Dio. Sul verso della custodia in rame che racchiude l'Icona, eseguita nel 1625, è incollato anche un foglio che ricorda una manutenzione esguita dal 31 marzo al giorno 8 aprile del 1955. Intervento documentato anche dalla corrispondenza custodita in Basilica. Resta da definire il tipo di intervento. Il confronto tra le due immagini qui presentate, la prima che presenta lo stato dell'Icona prima di quest'ultimo intervento e la seconda che praticamente testimonia gli esiti di quell'intervento, consentono di stabilire che nel 1955 si è chiusa la fenditura verticale già risanata dal retro nel 1898. Si è anche intervenuto sulla parte inferiore dell'opera, quella che nella foto in bianco e nero è celata da un drappo. Gli esiti dell'intervento su questa porzione dell'opera saranno discussi in un altro pannello. E' evidente che un tale intervento ha comportato la stesura di una nuova finitura superficiale che ha contrinuito ulteriormente a fissare lo sporco.

Il Volto della Madre di Dio

La qualità artistica dell'immagine trova il punto di riferimento più significativo nel Volto della Madre di Dio. I suoi occhi "parlanti", il fatto stesso che è l'unica parte dell'Immagine perennemente esposta, hanno fatto sì che l'Icona si identificasse con la cangiante espressione mariana sensibile al riverbero della luce e pronta ad interloquire con le soggettive attese di chi guarda. Tecniche artistiche e storie di anime si fondono da secoli in questa Madre di Dio apparentemente formata con i colori, ma inverata dal quotidiano rapporto con le Persone. la sacralità che l'avvolge ha preservato questa parte del dipinto dettati anche da una storia del gusto che, ad esempio, ha contribuito ad ispessire i toni del maphorion. Qui gli interventi appaiono del tutto rispettosi della materia ed eseguiti solo in presenza di danni obiettivi e molto invasivi. Sotto il fissativo, magari steso in diverse occasioni - e che appariva, quando veniva dato, come una materia trasparente - non sono stati aggiunti ulteriori strati di pittura. Se avessimo eseguito una stratigrafia prelevando un frammento di pittura dalla guancia, non avremmo riscontrato i sei livelli osservati sul maphorion, ma un unico livello di pittura, magari costituito da più pigmenti inglobati assieme. Così che, rimosso il fissativo di protezione, nelle parti del volto non interessate da ritocchi, ci siamo trovati davanti ancora la "pelle" originaria della Madre di Dio.

Una pelle vissuta, con le sue righe, che in pittura si chiamano cracheleure, che documenta anche l'età veneranda dell'immagine, ma sembra proprio la sua pelle. Chi è intervenuto, lo ha fatto in punta di pennello, trasbordando il meno possibile. Ciò nonostante, anche per le metodologie usate, nei due o tre "buchi" sulla guancia destra, come sempre accade, chi ha preparato il fondo con lo stucco ha poi trasbordato sulla pittura. Si tratta di tocchi infinitesimali, che sono stati comunque corretti procedendo ad un ritocco con il costante aiuto del microscopio e della lente di ingrandimento. Data la speciale attenzione che riveste il Volto della Madre di Dio che dimora sul Monte della Guardia, commenteremo singolarmente gli interventi effettuati nel corso del tempo ed in questa occasione riorganizzati,

Continueremo ad usare la lastra radiografica per evidenziare le lacune che nell'immagine appaiono di colore più scuro perché i raggi x penetrano di più rispetto agli altri pigmenti. Identifichiamo queste aree con un asterisco "*" che riportiamo anche sull'immagine a luce naturale prima del restauro per rendere chiaro subito il confronto. Osserveremo inoltre nell'immagine a luce naturale una doppia velatura nella parte centrale del volto in corrispondenza con la cannula nasale (la indichiamo con il segno "+"). Si tratta quasi certamente di un diverso assorbimento del fissativo ed è particolarmente evidente in prossimità della cannula nasale ove la radiografia e anche le altre indagini effettuate (si esaminino anche i pannelli precedenti) rivelano dei pentimenti e l'ombra della seconda narice che è riemersa dopo la rimozione dello strato coprente superficiale.

Nel pomeriggio del 28 aprile 2012 si comincia a scoprire la lacuna che interessava la parte esterna della guancia destra della Vergine. Sorprendentemente scoprivamo che la tela sottostante che riveste tutte le tavole appariva dipinta di azzurro. Un colore simile - forse uguale - a quello a quello che è presente sulla tela della grande lacuna del fondo bugnato. Si impone a questo punto un'osservazione tra il volto della Vergine prima del restauro (figura 2) e quello che ricaviamo da una antica lastra fotografica priva di data. In quest'ultima immagine (foto 3) lo stucco che ricopre la guancia della Vergine appare molto più spesso e trasbordante sull'incarnato. Se ne deduce che in epoca al momento imprecisata, ma dopo l'esecuzione dell'immagine fotografica su lastra, sia stato effettuato un intervento sul dipinto che ha rimosso il vecchio stucco sostituendolo con altro più rispettoso delle reali dimensioni della reale lacuna. A quel tempo evidentemente la tela a vista era già stata dipinta di azzurro.

Il Volto della Madre di Dio - pulitura

Prima di rimuovere il fissativo dal volto si è proceduto a toglierlo dal fondo bugnato e si è proseguito con la pulitura del maphorion che, liberato dal tono giallastro del fissativo e dagli ulteriori sottostanti ritocchi, rivelava la sottostante brillante cromia che, in alcuni punti (ad esempio sul petto, dietro la mano che indica) recuperava una inaspettata intensità e valore simbolico che tornerà particolarmente utile per lo studio dell'Icona. Solo dopo avere testato i materiali si è cominciato a riscoprire il volto della Madre di Dio, liberandolo dal fissativo e rimuovendo i più recenti ritocchi sugli stucchi (probabilmente dati un'ultima volta nel 1955) ondel poterli meglio osservare e delimitare. Nelle immagini che seguono mostreremo le vare fasi di scopertura.