Via dei Giudei, dal II volume delle “Cose Notabili…” di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

La via dei Giudei ha il suo principio nella piazza di Porta Ravegnana, e termina nella via Canonica di S. Donato.

La sua lunghezza è di pertiche 23, 02, e la sua superficie di pertiche 17, 62, 6.

Il suo antico nome fu via di S. Marco dalla chiesa parrocchiale di questo Santo, nome commutato nel presente quando fu destinata per Ghetto degli Ebrei.

Un rogito di Galvagiolo del fu Bellolo di Milano delli 9 luglio 1358 la nomina via dei Garisendi.

Un altro delli 4 maggio 1530 via di Bell'andare.

Un terzo delli 19 agosto 1572 la chiama via Belvedere.

Finalmente un quarto delli 28 gennaio 1639 Contrada di Reano.

Via dei Giudei a destra entrandovi per la piazza di Porta Ravegnana.

N. 2608. Portone che chiude il vicolo che passa in Strada S. Donato. (Vedi Strada S. Donato NN. 2605, 2606).

Via dei Giudei a sinistra entrandovi come sopra.

N. 2617. Lo stabile fra i strazzaroli e S. Gabrielle del 1383 era di Maghinardo del fu Giovanni Cantaldi, o Contaldi, indi passò ai Muzzarelli, e Battista di Giovanni Muzzarelli la diede in enfiteusi ai Tortorelli per l'annuo canone di L. 50 e un paio di capponi.

Li 18 gennaio 1559 Giacomo di Antonio, Lodovico e Gio. Battista di Gio. Tortorelli vendettero i miglioramenti di questa casa posta sotto S. Marco, presso il palazzo e botteghe dei strazzaroli, e presso i beni della compagnia dei beccari, a Giacomo di Antonio Providoni, per scudi 300 d' oro in oro. Rogito Sebastiano Gulfardi e Giulio Piacentini.

Li 12 luglio 1567 Giacomo Providoni francò il canone con scudi 150 a Giovanni Francesco, Annibale e Galeazzo di Gio. Battista Muzzarelli, come da rogito di Ippolito Peppi.

Li 20 febbraio 1390 Ambrogio di Bernardo Providoni vendette all' ospedale di S. Giobbe una casa con due botteghe nella via del Ghetto sotto S. Donato, annessa agli edifizi di detto ospedale, per L. 16000. Rogito Annibale Rusticelli.

1600, 24 luglio. L' ospedale paga ad Antonio e Bernardo di Ambrogio Providoni e a Lucrezia di Giacomo Venenti, loro madre e tutrice, L. 3650, residuo prezzo di una casa venduta all'ospedale per L. 16000, posta sotto S. Donato in via Ghetto.

Li 23 ottobre 1534 l'ospedale suddetto comprò con patto di francare da Bernardino di Floriano Paleotti una casa sotto S. Marco, in confine dei beni dell'ospedale, per L. 2000. Rogito Pietro Zanettini.

NN. 2616, 2615. Quivi è compresa una casa sotto S. Marco, che li 15 settembre 1290 Romeo del fu Zerra Pepoli comprò da Ugolino, Artenisio, e Pietro fratelli, figli del fu Ugonetto Garisendi, e da Giovanni del fu Dondego Garisendi, per L. 300. Rogito Petrizolo Vandoli.

1569, 18 aprile. Compra Giovanni Francesco del fu Lorenzo Sampieri, dal senatore conte Giovanni del fu Filippo Pepoli, col consenso di Agostino del fu Matteo Lana rinunciante al patto di francare riservatosi nella vendita da esso fatta dell' infrascritta casa a detto Pepoli li 19 luglio 1568, rogito Cesare Gherardi, di una casa nel Ghetto degli Ebrei, per L. 10000, rogito Oldrado Garganelli, la qual casa ha due corti ed è posta rimpetto alla chiesa di S. Marco. Confina l'ospedale di S. Giobbe, i Providoni e la via dell' Inferno.

1601, 2 maggio. Carlantonio di Nicolò Borghesani, alias Alè, compra da Vincenzo Maria e da Gio. Battista di Gio. Francesco Sampieri una casa sotto S. Donato, per L. 4000. Confina la via da due lati, e i beni di S. Giobbe. Rogito Antonio Malisardi, con patto di francare.

1613, 26 marzo. Camilla Orsina di Alessandro Orsi, vedova di Camillo Ghisilieri, compra da Gio. Battista e da Vincenzo Maria, fratelli Sampieri, una casa grande con due corti e stalla, posta sotto S. Donato, nella contrada di S. Marco, ovvero Ghetto, per L. 12350. Confina l'ospedale di S. Giobbe a sera, i beni di detto ospedale condotti dai signori Castelli a mezzodì, la via pubblica, detta via dell'Inferno, sulla quale esiste un voltone che fa parte di detta casa a settentrione, e la strada del Ghetto a mattina. Rogito Vittorio Biondini.

In questo stabile vi fondò un collegio sotto il titolo di Santa Maria del Presepio, per vedove e donzelle che non volessero maritarsi o monacarsi, istituzione che finì poco dopo la morte della fondatrice, che testò li 14 maggio 1631, rogito Lorenzo Marestoni, lasciando questa casa ai Padri Teatini che regolavano il detto collegio. Un appartamento era però stato venduto dalla proprietaria, con patto di francare, a Lorenzo Colladuni, e ad Isotta Musotti Iugali. ed in appresso una parte della casa stessa fu evita da Gandolfo e fratelli Ghiselli, figli di detta Camilla, e di lei eredi intestati per la loro legittima aggiudicatagli, come dagli atti di Alberto Rubbi. Questo instituto fu poi rinnovato da Clemenza Ercolani. (Vedi Strada Castiglione NN. 358, 359).

Una congregazione spirituale, detta di S. Gabrielle, instituita li 2 febbraio 1616, che dapprima si radunò in vari luoghi della città, poi in una sala presso il torresotto del Mercato, indi passò li 6 aprile 1625 nella chiesa dei SS. Pietro e Marcellino, fece acquisto delle porzioni di questo stabile appartenenti ai fratelli Ghiselli, e delle ragioni dei Iugali Colladuni, per L. 3333, 6, 8, rogito Fabrizio Fellini delli 11 aprile 1636, e vi fondarono un oratorio, che fu aperto li 11 maggio susseguente.

Volendosi dalla congregazione ampliare il locale, comprò il resto di detta casa insufficiente al servizio destinato alle vedove e putte, che gli fu venduto dai Padri Teatini li 28 gennaio 1639 per L. 6660, rogito Fabrizio Felina, nel quale si dice trovarsi in contrada di Reano, o Ghetto, e confinare con detta strada a mattina, colla via dell'Inferno a tramontana, coll'ospedale e beni di S. Giobbe a ponente e a mezzogiorno. Sopra l'acquistato suolo fu fatta la chiesa detta di S. Gabrielle, e un oratorio.

Nel 1641 sette fratelli della suddetta congregazione pigliarono la casa di detta congregazione in affitto, e abbandonati i loro interessi vi si unirono per convivere religiosamente, benchè laici e senza voti, pagando dozzena ad imitazione dei preti dell' oratorio, visitando gli ospedali e le carceri, assistendo infermi, praticando altre opere di carità, e vestendo un abito lungo nero a guisa di zimarra, per cui dal volgo si dissero Zamarini, ma il loro vero nome era di Conviventi, mentre gli altri chiamavansi Confluenti.

Avvenne che per certo legato di L. 3000 lasciato da Domenico Porta ai Conviventi, il resto della congregazione se ne ingelosì, e i Confluenti diedero commiato ai Conviventi dalla suddetta casa. Per questa discordia il senator Cesare Bianchetti e Lelio Bosio vicentino, alla testa dei Zamarini si separarono dagli altri congregati e si stabilirono in un nuovo locale. (Vedi Braina di Fiaccacollo N. 235).

Rimasti i Confluenti in S. Gabrielle fabbricarono la chiesa nel 1700, ove continuarono i loro esercizi religiosi fino al 26 luglio 1798, nel qual giorno furono soppressi.

La congregazione era composta di adulti e fanciulli, i primi si radunavano nella chiesa superiore, e questi s' unirono agli artisti in Santa Lucia. I secondi si raccoglievano nell'oratorio sotterraneo, e poi passarono nella chiesa di San Michele dei Leprosetti.

Il senatore Cesare di Marcantonio Bianchetti fu il fondatore di questa società devota. Nacque li 28 maggio 1585. Vestì l'abito volgarmente detto di Canarino consistente in una zimarra di lana nera sino ai ginocchi, piccolo collare bianco, tabarro corto, e capello. Sermoneggiò in S. Gabrielle finchè visse, ed anche nel tempo che fu privo di vista. Morì li 12 dicembre 1655, e fu sepolto nel Corpus Domini.

Il locale fu venduto in due separati contratti a Pellegrino Coralli, il primo col possesso per li 8 maggio 1808, a rogito Betti delli 15 ottobre 1810, ed il secondo col possesso in quanto alla chiesa per il primo gennaio 1811, e in quanto all'abitazione per li 8 maggio 1810. Rogito Betti delli 13 aprile 1813.

Nella chiesa vi fu costrutto un teatro con palchi di legno, aperto li 20 gennaio 1811, poi chiuso nel 1815 per ordine del governo, senza potere dal proprietario ottenere il permesso di riaprirlo.

Fu tolto tutto quanto serviva per uso del teatro, e la chiesa nuda servì a magazzino da canepa.

Si passa la via, ora senza nome, laterale alla chiesa di S. Giobbe.

N. 2611. Questa casa appartenne alla famiglia Degli Organi, e vi si vedevano le loro armi. Questo ramo discendeva dalla famiglia Basadonne bandita da Venezia. che passò a Forlì, e di là venne uno di loro a stabilirsi in Bologna. Nel 1715 era dei Parenti, ed ultimamente dei Ramenghi.

Aggiunte

Che i Garisendi fossero di famiglia cospicua nel XII secolo è quasi certo. Che poi vi sia stato un Pietro fatto Cardinal prete col titolo dei SS. Silvestro e Martino dei Monti nel 1124 da Onorio II, è cosa detta da vari, e dallo stesso Sigonio. ma non vi è alcun documento che lo comprovi, anzi si potrebbe asserire essere una mera favola.

Teodosio di Gio. Andrea Garisendi della parrocchia dei SS. Filippo e Giacomo dei Piatesi, che testò li 25 settembre 1553 a rogito Vitale de' Buoi, lasciando erede il figlio maschio da nascere da Angelo Michele Guastavillani e da Giacoma Boncompagni di lui moglie, aveva casa sotto la parrocchia e nella contrada di S. Marco, in confine degli eredi di Gregorio Sassoni, come da rogito di Vitale Buoi.

Che i Sassoni abitassero da queste parti è comprovato dal rogito di Lodovico Dolfi delli 14 febbraio 1500, che tratta della compra fatta da Evangelista di Michele Sassoni, da Gaspare di Giacomo Fattori, di una casa con sotto alcune botteghe, in parrocchia S. Marco, per L. 500. Confina la via da due lati, e Mino Garisendi. Questo Mino Garisendi li 31 dicembre 1517 ebbe il permesso dall'Ornato di riedificare certa scala esterna della sua casa sotto S. Marco.

Giova qui ricordare che nelle vicinanze della chiesa di S. Gabrielle vi era la casa di Guido Bazalieri, o Bazaleriis, famiglia Geremea, e Maltraversa, dai quali forse discesero i Beroaldi. Pretendesi, che il detto Guido, altri dicono Giacomone, fabbricasse la sua torre nel 1118, la quale si descrive per bellissima, e si dice atterrata nel 1285. Aggiungono che fosse in faccia alla bocca della via dell'Inferno; e qui convien osservare che qualcuno ha dato il nome di via dell' Inferno ancora alla strada che dalla via dei Giudei passa a quella di S. Giobbe, ma ritenuto che il detto nome sia una particolare, e forse erronea opinione di pochi, e che la via dell' Inferno sia quella che anche oggidì ne porta il nome, in allora la torre dei Bazzalieri trovavasi sul confine fra lo stabile di S. Gabrielle e quello dell' ospedale di S. Giobbe.

I Bazzalieri si dissero poi Bacillieri. Un Tiberio di Marco Bacillieri, dottor medico colleggiato e lettor pubblico, morì li 7 febbraio 1523.

I giudei non hanno mai avuto in Bologna uno stabile domicilio come in tante altre città d'Italia e Pontificie. Abbiamo memoria che nel 1171 furon cacciati da Bologna per le eccessive loro usure, e si volle piuttosto che i cittadini mancassero dei soccorsi di denaro, anzichè assoggettarsi a tante dannose perdite (Ghir. T. 1 P. 97).

Li 2 maggio 1366 furon chiusi in Ghetto, ed ebbero cimitero in prossimità di S. Pietro Martire. Nel 1397 tutti gli ebrei e i giudei avevano di estimo L. 50000 — qui omnes debant solvere ad rationem unius denarj parvi Bon. pro qualibet libra et tenentur omnes in solidum solvere dictam quantitatem pecuniae.

Il Sarti nel suo libro intitolato — Indulgenze di Bologna — pag. 442, dice che nel 1417 il B. Nicolò Albergati vescovo di Bologna ridusse gli ebrei a prendere il 20 per 100 di usura, mentre per lo passato volevano il 30 (Vedi anche Zanotti, Vita del B. Nicolò).

Nel secolo XV gli ebrei avevano molti possedimenti nella provincia bolognese, e specialmente stabili in città.

Li 20 febbraio 1506 Giulio II confermò l' istituzione del Monte di pietà onde paralizzare le usure dei Giudei.

Li 14 luglio 1555 Paolo IV ordinò che gli ebrei dovessero star separati dai cristiani, che non potessero possedere beni stabili, e che portassero una berretta gialla, e le femmine altro segno manifesto al collo dello stesso colore.

Nel 1556 Marcello II confermò le disposizioni del suo predecessore, volle che vendessero le case e i poderi, ordinò che dovessero abitare in una sola contrada, e fu fissata in Bologna quella dell'Inferno.

Frate Bernardino da Todi declamava dal pulpito contro gli ebrei, consigliava di cacciarli dalla città, ed esortava a consolidare i Monti a vantaggio dei poveri cittadini. (Vizzani T. 2, P. 43 e 44).

1568, 30 marzo. Pio V concede e dona all'opera pia dei Cattecumeni la sinagoga degli ebrei.

Li 26 febbraio 1569 Pio V pubblicò il precetto d'espulsione de' giudei da tutto il dominio temporale di Santa chiesa, all'infuori di Roma e Ancona, entro lo spazio di tre mesi (1).

Li 26 maggio partirono in numero di ottocento, pagando scudi 40000, diecimila dei quali furono assegnati alla casa dei Catecumeni, e altrettanti al Monte di pietà.

Li 22 luglio susseguente furon levati i tre portoni che chiudevano il Ghetto, il primo in Porta da S. Marco, l' altro in Strada S. Donato dai Manzoli, e il terzo in via Cavaliera incontro la casa dei Bevilacqua.

Li 29 novembre 1569 il Papa donò il cimitero degli ebrei alle suore di S. Pietro Martire.

Sul finire dell'anno 1586 Sisto V, avendo ricevuto buona somma di denaro, concesse a' giudei di tornare a Bologna, ma Papa Clemente VIII nel 1593 volle l' espulsione degli ebrei da tutto lo stato Pontificio a norma del decreto di Pio V, permettendo però che oltre Roma ed Ancona potessero rimanere in Avignone. (Vizzani T. 2, P. 130).

Partirono quindi per la seconda volta da Bologna in numero di novecento, abbandonando le strade dei contorni di Porta Ravegnana dove abitavano. Si ha memoria dell' esistenza di Sinagoghe in piazza Santo Stefano, nel principio di Strada S. Vitale verso Porta, e nella via dell'Inferno. (Vedi le dette strade).

(1) Diamo qui questo curioso ed importante documento, nella sua originale dizione, riferentesi al qui sopra precetto, che ne informerà della forma degli atti di quei dì.

PIO EPISCOPO SERVO DE' SERUI DI DIO

à perpetua memoria.

La gente Hebraica sola già dal Signore eletta, che infusa de ragionamenti divini fosse partecipe de misterii celesti, quanto più sopravanzo, à tutte l' altre di gratia, e dignitade, tanto di poi per la sua incredulità ragionevolmenie disprezzata, et vile fu gittata al basso. Perchè venendo la pienezza del tempo perfida, et ingrata empiamente riprovò il suo Redentore morto d'indegna morte. Onde perduto il Sacerdotio, levata loro l'autorità della legge, e scacciata delle proprie case; le quali come abondanti di Latte, et di Mele il Clementissimo. e benignissimo Dio insino da loro primi anni gli havea apparechiato, errando già tanti secoli per lo mondo odiosa, ingiuriata, et villaneggiata pur si vede esser costretta, come vilissimi schiavi essercitare ogni brutta, e vituperosa arte per procacciarsi il vivere. Ma la pietà Christiana compassioneuole di si fatto caso, humanissimamente le ha concesso la sua vicina prattica, accioché per la continua lor vista , la memoria della passione del Signore più spesso si rappresenti ne gli occhi de' fideli; et essa insieme da gli essempi della dottrina, et dalle ammonitioni più largamente sia invitata alla conversione, et alla salute, la quale è promessa per l' oracolo del Profeta alle reliquie d' Israele, che se scacciata dalle sedi de Christiani si rifuggisse alle genti, che Christo non conoscono ogni volta più lunge si sarebbe dalla salute sua. Ma la loro empietà dotata di tutte le pessime arti è venuta à tanto, che già per la commune nostra salute faccia di mestiero con subita prestezza porger rimedio a tanto male. Perchè lasciando da parte le varie sorti d' usure, colle quali gli Hebrei hanno ridutto in nulla la sostanza de' poveri Christiani, assai chiaro, et noto ci pare essi essere ricettatori di rubatori, et ladri, et loro complici, come che i furti non solo di cose profane, ma anco di quelle che servono al culto divino, acciò non siano conosciute overo per qualche tempo nascondono, ò altrove trasportano, ò pur in qualche modo si sforzano di trasformare; et alcuni ancora sotto pretesti di negotii conuenienti al loro essercitio entrando nelle case di honorate famiglie molte lor donne corrompono con turpissimi ruffianesimi; et quello ch' è sopra ogni cosa pernitiosissimo essi inchinati a sortilegii incantesmi, à magiche superstitioni, et maleficii fanno credere a molti incauti , et sciocchi con diabolici prestigii di potere indouinare le cose future, ritrovare furti, thesori, et robbe nascose, et di potere intender molte cose, che in nessun modo ad huomo mortale sono concesse di sapere. Ultimamente assai ci è manifesto, et chiaro con quanto disprezzo ,questa perversa gente ascolti la memoria del nome di Christo, et quanto lor siano in fastidio quelli che da tal nome si chiamano, et alfine con quanti inganni alla loro vita tendano insidie. Da queste, et altre molto più gravi cose addotti, et commossi dalla grauezza delle loro sceleranze, che ogni giorno più vanno crescendo in gran ruina delle nostre Cittadi; considerando cotal genti fuor che per certi mediocri trafichi orientali à nessuna nostra Repubblica essere giovevoli : et à nostri Popoli, che per qualche spatio di loco sono da noi lontani esser molto più utile udire il lor nome, ribalderie, et miserie per relatione, che da caritade alcuna commossi dar loro ricetto benigno, con l' autorità delle presenti commandiamo, che tutti gli Hebrei tanto maschi quanto femine fra lo spatio di tre mesi dopo la publicatione delle presenti lettere al tutto debbiano partirsi d' ogni loco suddito al nostro dominio temporale, et di tutti i luochi sotto esso consistenti, et di tutte le Cittadi, et Territorii di Domicelli, Baroni, et altri Signori temporali nostri sudditi ancora hauenti mero, et misto imperio, et podestà di vita, et di morte, ò qual si voglia altra giurisditione, ò essentione. I quali tre mesi passati qualunche di essi, ò terriero, ò forastiero, ò presente, ò futuro sarà mai trouato in qualunche Città del nostro dominio, ò in qualunche terra, ò luoco d' esso etiam che fosse di Domicelli, Baroni, Signori, et altri essenti, sia al tutto spogliato d' ogni sua robba da applicarsi al Fisco, et sia fatto schiavo della Chiesa Romana, et messo in perpetua servitù. Si che la detta chiesa debbia godere la istessa podestà sopra di essi che gli altri Signori nelli Shiaui, et serui loro : eccetto solamente la Città di Roma, et Ancona, ove solo concediamo quei soli Hehrei, che di presente v' habitano per mantenere la predetta memoria, et perseguitare, i trafichi orientali, et simili negotii s'habbiano da tolerare, con questo nondimeno che osservino le nostre, et altre canoniche constitutioni de' nostri predecessori, che favellano d'essi, altrimente caschino nelle pene tutte, che in dette constitutioni si contengono, le quali a questo effetto innoviamo, perche habbiamo speranza, che quelli che sono prossimi al nostro conspetto, et di questa sede per tema della pena si guarderanno di mal fare: e in questo mezo alcuni (come per nostro conforto à molti insino à qui è accaduto) con alegrezza conosceranno il lume della verità. Ma gli uni non pratichino con gli altri, ne questi trapassino per alcun tempo in altro loco del nostro dominio, ne diano ricetto ad alcuno de gli scacciati se non vogliono provare il giogo della servitù, et li supplicii minacciatili. Comandiamo adunque à tutti di tutte le nostre provincie Cittadi, e luochi del nostro dominio Legati, Governatori, Presidenti, Pretori, et Magistrati, et Ordinarii de' luochi, Domicelli, Baroni, Signori, et esenti predetti, et à qualunche altro à cui ciò si pertenga, che ciascuno da se senz'altro nostro comandamento, o dichiaratione di volontà, subito le predette cose essequiscano, et guardino molto bene, che per l' auenire nessuno Hebreo ritorni, ò venga alle dette provincie, Città, et luoghi etiam di Domicelli, Baroni, et altri Signori predetti per qual si voglia causa. Ma tutti gli Hebrei etiandio quelli che hora sono in Roma, et in Ancona, passati i prossimi tre mesi, che saranno trovati in qual si voglia altra parte del detto nostro dominio, ancor che fosse del dominio temporale di detti Domicelli, Baroni, Signori, et esenti subito in perpetua servitù della detta Chiesa siano rimessi ; alli quali ancora si minacciano più gravi pene capitali acciò gli altri imparino da loro, ciò che importi il disprezzare stoltamente questa nostra prohibizione. Non obstante constitutioni, ordinationi Apostoliche, leggi communi, ò municipali delle provincie, Città, ò luoghi predetti, ne ancora con giuramento della Camera Apostolica, ò fermati di qual si voglia altra fermezza, overo statuti, consuetudini, et conventioni con Hebrei, ò loro universitadi, etiam promessi sotto fede publica, et privilegii ancora indulti essentioni, et lettere Apostoliche à essi, ovéro à predetti Domicelli, Baroni, et Signori, et alle loro Città terre, et luochi, et popoli per qual si voglia Romano Pontefice predecessor nostro, o per noi, et la Sede predetta, ancora di proprio motu, et di certa scientia, et di plenitudine della potestà Apostolica, ò altrimente in qual si voglia modo, et sotto qualunche tenore, et forma, et per qual si voglia causa etiandio onerosa, et con restitutioni, preservationi, et derogatorie delle derogationi, et con altre clausule ancora più forti, efficacissime, et insolite ancora irritanti, e altri decreti in genere, o in spetie quante volte si voglia confermati concessi, et più spesso iterati, et innouati, le quali cose tutte, et ciascuni di esse, ancora che di loro, et de tenori loro si douesse fare spetiale, specifica, espressa, et individua mentione ancora di parola in parola, non che per clausule generali, ò altra maggiore espressione per virtù di queste spetialmente, et espressamente rivochiamo, et caucellamo non altrimente che se i loro tenori di parola in parola fossero inseriti nelle presenti, havendole come se espresse fossero quantunque volta potessero obstare, impedire, ò diferire le presenti, overo altrimente contrastarli. Et tutto quello che altrimente per qualunche si sia, accadesse attentarsi, ò in pruova, ò ignoratemente dichiariamo esser vano, et di nulla forza insieme con ogni altra cosa in contrario. Ma vogliamo che le copie delle presenti ancora stampate si divulghino, et segnate di mano di publico Notaio, et di qualunche Corte Ecclesiastica, ò del Sigillo del Prelato facciano al tutto quella istessa fede in tutti i luoghi, che farebbono le presenti se fossero rimesse, et palesate. Ne sia lecito ad alcuno squarciare questa pagina della nostra concessione precetto innovatione, comandamento, significatione, revocatione, abolitione, decreto, et volontà, overo temerariamente contravenirli. Che se alcuno presontuosamente attentarà di farlo sappia di dovere incorrere nella indegnatione dell' Onnipotente Iddio, et de suoi beati Apostoli Pietro et Paulo.

Dato in Roma presso a San Pietro l'anno della Incarnatane del Signore Mille cinquecento sessanta nove à 26. di Febraio I' Anno quarto del nostro Pontificato.

Cesar Glorierio.

L'anno della Natività del Signore 1569. Inditione 12. in Sabato a 26. di Febraio nel Pontificato del Santissimo Padre in Christo, et Signor nostro Pio per divina providenza Papa Quinto nell' Anno Quarto le retroscritte lettere furono affisse, e publicale alle porte della Cancellaria Apostolica all'incontro di Campo di Fiore, secondo l'usanza per noi Bartolomeo Sotto casa, e Gio.andrea Roggiero Cursori Apostolici.

Christiano di Monte Mastro di Cursori.