Industria e Coltura di Bologna

Bologna, città non ultima fra le maggiori italiane, sorge alle falde dell'Appennino. Essa è nel centro della famosa via Emilia, perchè quasi equidistante all'estremo orientale di questa cioè a Rimini, ed all'occidente, cioè a Piacenza. È posta alla latitudine di 44°29' 30" ed a minuti 36' e 5" di tempo a levante del meridiano dell'Osservatorio di Parigi, il tutto riferito alla meridiana in S. Petronio. La sua forma, dice Fra Leandro Alberti, è a somiglianza d'una nave oneraria , cioè più lunga che larga colla prora a Porta san Felice, e !a poppa a Porta santo Stefano, avendo nel mezzo l'altissima Torre Asinella rappresentante l'albero, e la Garisenda la scala. Il circuito delle suo muta oltrepassa le cinque miglia geografiche, cioè poco meno di nove chilometri e mezzo , e la popolazione stabile del suo Comune eccede i 98 mila abitanti. Circondano la sua Provincia le terre Faentine ad oriente, le Ferraresi al settentrione. Le pianure Modenesi la rinserrano verso occidente, e raggiungono la catena de' monti che al mezzodì la divide dalla Toscana. Di là deducono la lor sorgente le acque del Reno, che scorre da ostro a tramontana l'intera Provincia, o col Reno diversi torrenti che l'arrichiscono di acque, o il secondano solitari perfino al centro della parte più bassa, la quale ab antico era tutta palude, e che mano mano si è venula con molta industria pubblica o privala riducendo a coltivazione, dove umida, dove asciutta, con salubrità del paese e maggior rendita agraria e industriale dell'intera Provincia.

Questa oggidì ha l'estensione di (*) quadrati, ed una popolazione totale di 407,500 abitanti, divisa in 3 Circondari, 15 Mandamenti e 58 Comuni. Capoluogo di Prefettura è Bologna, e di Sottoprefetture sono lmola e Vergato, città l'una di 26,000 abitanti compresi i dintorni, paese l'altro di 3,800, ma importante per la sua posizione quasi a metà della strada montana che congiunge Bologna a Pistoia valicando il dorso d'Apennino. Altri luoghi notevoli della Provincia sono: Budrio, comune di 10 mila abitanti; S. Giovanni in Persiceto città e comune di 13,900: Castel S. Pietro con 11,700; Castelfranco dell'Emilia con 11,400; Medicina con 11,100 ; Crevalcore con 10,200 e Castiglione de' Pepoli con 4,100. Gli altri cinquanta comuni sono di minor importanza. La Provincia bolognese è tra le più fertili dell' Italia centrale, giacche sia nel basso e nell'alto , non manca di dar produzioni. I suoi monti più alpestri non sono affatto digiuni d'una qualche ricchezza, perchè vi si scorgono alcune traccie metalliche, e in gran quantità la pietra specolare, che l'arte ha trovato modo di calcinare col fuoco, e la quale vien convertita in gesso, cemento utilissimo agli edifizi.

Ma questi prodotti naturali non cadono sotto il dominio dell'agricoltura, che è la scienza più generale e più studiata nella Provincia bolognese. Bonificata la parte bassa, messa a profitto la parte alta del paese, tutta la Provincia è un suolo granifero, con orti, formentonaie, canapai, risaie e valli da strame. E qui alberi da lavoro e da fuoco, qua praterie e verzieri, là piantagioni di moro-gelsi , e dove macchie di castagni, dove lupinaie, favai, campi d'orzo, d'avena, di trifoglio, pascolo, e provvigione, pel bestiame equino e pel bovino. Nè solo bestiame bovino e cavallino si alleva nella Provincia di Bologna, ma nell'alto pecore e capre, nel basso anitre ed oche, e dappertutto i pennuti domestici, dappertutto i maiali. Di qui a Bologna il soprannome di grassa, datole dai forestieri e dagli storici, i quali non ne possono obbliarci salumi porcini, e soprammodo le mortadelle famose.

Non è però che la Provincia di Bologna col suo fertile suolo, e colla sua industria agricola veramente in esempio, abbia tutto ciò che le occorre pei bisogni della vita. Non sempre ha grano in tanta copia da poterne esportare altrove, ma talvolta Io cerca di fuori; non sempre ha vino a suffìcienza, porchè l'alto apennino scarseggia di viti e il canapaio dà poco vino e non buono. Perciò se la Provincia bolognese manda fuori le canape, riceve in cambio alcune primizie dalla Toscana, bestiami dal Modenese, uve e granaglie dal Ravignano e dal Circondario imolose. - E coltivando i more-gelsi, alleva bachi da seta, coltivando riso e canapa, ha qua e là (dove sono canali) brillatoi in azione; e in Bologna, a Minerbio, a Crevalcore, operai che preparano in buon dato stoppe, garzuoli, fili e tele assai stimate; o lavoratori di funi d'ogni fatta, dal fìlospago pei venditori di paste dolci, alle gómene per lo navi, che si mandano ad Ancona, a Livorno, a Genova, a Venezia, a Trieste e fuor d'Italia puranche.

Egli è vero che l'unificarsi delle Provincie e lo sparir de' confini o delle dogane hanno portato un mutamento sensibile nell' indirizzo dell' industria bolognese, com'è vero che le ferrovie togliendo le distanze, rendono tanto agevoli le importazioni, che alcune cose ci vengono di fuori, le quali un tempo si coltivavano e lavoravano qui: ma è vero ancora che la natura delle terre non si cambia, sicché vi hanno coltivazioni che essendo peculiari della Provincia bolognese, non ci possono venir tolte, nè ritornare a noi ne' loro frutti; sicchè di queste avendo noi il privilegio ne facciamo esportazione alle altre provincie ed all'estero: ed ognun sa che l' esportazione è fonte viva di ricchezza per chi ne profìtta esercitandola.

Ora vediamo perché Bologna sia chiamata la dotta. Egli è un fatto che mentre la Penisola tutta dormiva il sonno dell'ignoranza, Bologna aveva scienziati e maestri. Forse (nè voglio che alcuno si associ alla mia opinione) con Petronio vennero a noi da Bisanzio coloro che aveano salvalo dalla barbarie il sacro fuoco della romana civiltà. E se un Ghislero accompagnava Petronio dall' oriente, e qui diveniva stipite della famosa progenie de' Ghisilieri, ch' ebbe in Guido un insigne poeta, qual meraviglia che alcun altro venuto a noi da Costantinopoli non abbia portato i germi vivi delle leggi, che poi fiorirono si rigogliosi nella sapienza felsinea?

Ma prima ancora di Petronio e di Teodosio II suo congiunto, anzi prima dell'era cristiana, Bologna avea tra suoi figli egregi scrittori. Infatti ci narra Eusebio che Pomponio Lucio poeta di favole teatrali (le famoso Attellane) viveva l'anno 667 di Roma, 87 anni prima dell'rra volgare; e Caio Rusticello famoso oratore e poeta assai lodato da Cicerone, moriva l'anno 52 avanti Gesù Cristo. Nell'anno 81 dell'era nostra, si sa di Rufo Camonio, giovine assai istruito nelle lettere, che visse breve vita, e trapassò, regnando a Roma Domiziano. - Se pertanto dai buoni critici è ritenuto apocrifo il diploma Teodosiano per la fondazione della Università di Bologna nell'anno 423, sebbene una tal tradizione venisse confermata dall'Imperatore Carlo V nel 1530, da Brevi pontifici, da atti pubblici universitari, e fosse dato alle stampe nel 1491 da Platone de' Benedetti con dotti commenti dell'insigne Lodovico Bolognini, egli è poi fuor di dubbio, come asseriscono il Muratori ed il Sarti, che l'Università bolognese ebbe cominciamento da Irnerio nell'anno 1110, cioè trent'anni prima della Sorbona di Parigi.

Se dunque lo studio bolognese precedette ogn'altro d'Europa, chi vorrà negare che Bologna non abbia avuto insigni uomini prima d'ogn' altra città d'Italia? E se questi ebbe, qual meraviglia che fosse per consentimento europeo soprannomata la dotta? E se il celebre Muratori ci racconta che tra le leggi pubblicate dall'imperatore Valentiniano nell'anno 368, ed inserite nel Codice Teodosiano, vi fu quella di chiamare un medico condotto per ciascuno de' quattordici Rioni di Roma, e l' altra che reprimeva gli abusi degli avvocati nelle cause civili; da chi questi medici e questi avvocati dovevano aver apprese le scienze loro, se non da privati insegnanti , o da pubbliche Università ? Che se nessuna Università esisteva prima del 1110, ben sappiamo che Peppone bolognese, ai tempi di Carlomagno insegnava il Diritto romano. Nè sol Peppone, ma altri ed altri maestri doveva al certo posseder Bologna prima d'Irnerio se lo stesso Carlomagno nell'anno 774 e Lotario nell' 829 provvedendo di maestri la gioventù d'Italia, caduta nell' ignoranza, non ne nominaron veruno per questa città, ch'era pur tra le primarie, ed a loro soggette: il che torna come dire che Bologna non avea mestieri d' insegnanti, porché altrove li mandava, a render paga la volontà di esso Carlo e di esso Lotario.

Adunque Pomponio Lucio, Caio Rusticello, Peppone ed Irnerio, sono le quattro stelle primitive e incontrastate che splendettero sull'orizzonte felsineo; dove poi sorsero di secolo in secolo, Guido Guinicelli, che quivi fu maestro di Dante; Rolandino Passeggieri, politico o notaio principe; Crescenzio padre dell'agricoltura; Mondino de' Luzzi fondatore dell'anatomia; il Boncompagni e il Lambertini pontefici; l'Aldrovandi celeberrimo naturalista; il Marsigli medico insigne e primo maestro d'anatomia comparata, emulato in questo secolo da Antonio Alessandrini; il Guglielmini idraulico sommo; il Padre Martini insigne armonista e storico della musica; i Manfredi e i Zanotti matematici; filosofi e poeti; il generale Luigi Ferdinando Marsili, cui devesi l'Istituto delle Scienze; Francesco Albergati autore ed attore comico lodatissimo; il dotto storico e poeta Savioli ; i Venturoli architetti matematici e chirurghi; l'aereonauta Zambeccari; l'archeologo Schiassi; il zoologo Ranzani; il Galvani di fama mondiale; e quel miracolo di poliglotta che fu il cardinale Mezzofanti. Ai quali aggiugnendo il gran meccanico ed ingegnere Aristotilo di Fioravante; il matematico Ferrari o del Ferro; Francesco Francia pittor-caposcuola del buon secolo; Marcantonio Raimondi incisore di Raffaello; il Domenichino; l'Albani; il Tiarini; il Cignani; l'anatomico Ercole Lelli; la scultrice Properzia de Rossi; la pittrice Elisabetta Sirani; la Manzolini anatomica plasticatrice; o quelle donne ch'ebber cattedra, cioè Bettisia Gozzadini ; Maria Dalle Donne; Laura Bassi; e Clotilde Tambroni; si ha un tale novero di chiari nomi in ogni ramo dello scibile, che torna vero ciò che disse l'esimio Carta, bastar l'elenco de' bolognesi ad illustrare la nazione italiana. Eppure, chi 'l crederebbe ? So ne togli pochi cenotafi negli atri del palazzo dell' Università, e poche epigrafi per le vie; noi non vediamo altre memorie che riguardino i nostri concittadini celeberrimi, da Pomponio Lucio ad Antonio Alessandrini. E quando mai le abbellite strade della città prenderan nome da' nostri bolognesi di fama illustre mondiale? Quando mai si erigeranno statue ai più insigni? Qual' è omai la città d' Italia che non ne abbia dato l'esempio?. Speriamo nell'avvenire e basti.

(*) Per li avvenuti cambiamenti territoriali non essendo ancora stata rettificata la estensione della Provincia, il redattore non può importarla.