La sua lunghezza è di pert. 243, e la sua superficie di pert, 531, 28, 4.
Un rogito dell' Archivio di Santo Stefano del 1071 fa menzione di uno stabile in "Borgo qui vocatur Casteloni non longe a Porta Nova quae vocatur Castellioni". Strada Castiglione comincia dalla porta della città di questo nome, e termina al trivio di Porta Ravegnana. Le lapidette fan terminare questa strada alla via Ponte di Ferro, e denominano via dei Pepoli il tratto della predetta strada fino alla via delle Chiavature, e da questa fino al trivio di Porta Ravegnana, Gabella Vecchia. Nel 1256 si pubblicavano i bandi nel trebbo del Ponte Nuovo innanzi la casa di Ugolino Pepoli e quella di Ugolino Beccari che è in Strada Castiglione presso Santa Tecla. Nel 1289 si pubblicavano i bandi nel trebbo del Carobbio in Strada Castiglione rimpetto la casa dei figli di Mocetto, della chiesa di Santa Lucia, della Croce di Strada Castiglione, e della casa Pepoli, Nel 1378 si cominciò la nuova porta di Strada Castiglione che fu terminata li 26 febbraio 1403. La torre che sormontava la vecchia porta fu demolita nel 1379. Il canale di Savena entra in città a sinistra di questa porta, e le acque correvano scoperte fino alle case dei Pepoli, quando il 29 luglio 1519 fu ordinato di coprire il canale di Strada Castiglione con archi e volte, e di rifare i muri laterali in parte rovinati dalla vecchiaia. L'ordinanza di questo decreto fu eseguita dalla porta della città al serraglio di Santa Lucia. Li 26 luglio 1616 fu data licenza di coprir con volte il canale Savena, e sopra farvici il portico di Santa Lucia progredendo verso Porta Ravegnana a spese di vari proprietari, ma questo lavoro non fu eseguito che nel 1661 a cominciare dal campo di Santa Lucia, che corrisponde al sito ove è oggi la gradinata del portico dei Barnabiti, in faccia al Campetto di Santa Lucia, fino ai palazzi Pepoli, dove è la caduta delle acque nel torrente Avesa. Si cominciò la fabbrica in marzo 1661, e fu terminata li 23 luglio susseguente. La spesa calcolata in L. 25000 si ridusse in atto pratico a sole L. 17500, caso certamente ben strano ed unico. Il detto canale aveva tre ponti. Il primo di faccia ai Ratta, il secondo di comunicazione fra le vie Miola e Ponte di Ferro dalla Croce dei Casali, e l' ultimo dalle case dei Pepoli (vedi via delle Moline).
Strada Castiglione a destra cominciando dalla porta fino al trivio di Parta Ravegnana.
NN. 420, 421. Casa dei Mondini, la cui famiglia ha dato il celebre Gio. Antonio medico e incisore (vedi anche via delle Asse N. 1198).
1253, 27 marzo. Compra di Cambio da Sesto da Ziriolo di Patmerio da Baragazza, di un casamento nel borgo di Strada Castiglione. appresso il pozzo degli Oseletti nella vigna che fu di Lambertino Accarisi (1), il qual casamento è di sei chiusi, ed in testa dodici piedi, per prezzo di L. 6, 3, 3. Rogito Iacopino.
1266. Nel borgo di Strada Castiglione vi era la contrada del Pozzo degli Oseletti.
1266, 12 aprile. Compra Enrighetto da Roncorio, commissario di Bernardo canonico di S. Pietro, da Riccardino e fratelli, figli di Petrizolo Armanini, una casa con orto nella via di Strada Castiglione, nella contrada del Pozzo degli Oseletti, confina la via pubblica da due lati. Ventura di Mainetto da Panico, Lucia di Corradino, per li re 150. Rogito Bonvicino di Leonardo Firmano (vedi Borgo Orfeo).
Si passa Borgo Orfeo.
Questa è la situazione conosciuta anticamente per trivio degli Oseletti. Il Ghirardacci dice che nel 1288 si fecero i morelli e i ripari in Strada Castiglione, cominciando dal Pozzo detto degli Oseletti fino alla Circla, e dalla Circla di sopra, fino al muro della Misericordia. Poi del 1289 dà per fabbricato il ponte sopra l'acqua di Fiacalcollo che passa alla contrada del Pozzo dell' Oseletto.
NN. 408, 407. Li 28 giugno 1475 Alessandro Poeti compra da D. Evangelista di Gio. Zunti tintore, erede di Lucia sua madre, gli edifizi di una tintoreria con battocchio, portico in confine di Fiaccalcollo, di Strada Castiglione, della via che va a S. Pietro Martire, e degli eredi di Gio. Paolo Falconio, posti sotto Santa Lucia, per L. 150. Rogito Filippo Canova.
1483 (orig.1463 ? Breventani), 18 aprile. Compra Antonio di Domenico Bonafede da Alessandro di Battista Poeti una casa ruinosa con battocchio ad uso di tintoria, sotto la parrocchia di Santa Lucia, in luogo detto il pozzo degli Ucelletti. Confina la via da tre lati, e gli eredi di Gio. Falcone, per ducati 125 d' oro. Rogito Matteo Curialti.
1525, 27 giugno. Giulio Ciccarini compra da Galeazzo Vizzani una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia. Confina Giacomo Bracolini, Stefano Roti, per L. 600. Rogito Cesare Girardi.
1547, 8 luglio. Compra Giulio Cigorini da Alessandro de' Bianchi mandatario di Vincenzo Nascentori, una casa ad uso di tintoreria sotto Santa Lucia nel crociale fatto dalle vie del Pozzo Rosso e del Borgo dell' Argento. Confina la strada da tre lati. Per L. 2050. Rogito Cesare Girardi.
1547, 14 settembre. Giulio Cigarini compra da Pasquino Boni falegname una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina Fiacalcollo, il compratore, e Giacomo Boccali, per L. 510. Rogito idem.
1582, 15 dicembre. Si concede a Giulio Cesare Cigarino tintore di far il portico alla sua casa posta nella via militare di Strada Castiglione, e confinarlo fino alla via che va al Baracano, in lunghezza di piedi 29, e larghezza piedi 7 e oncie 9.
1676. La detta casa passò a Francesco del fu Vincenzo Vida in causa di Elisabetta Cigarini di lui madre, indi a Luigi Belvederi che la destinò in terzo premio della sua tombola estratta il primo luglio 1822.
N. 406. Casa d'Ippolita del fu Dionisio Zani, vedova del fu Nicolò Cavallina donata li 12 luglio 1585 ai Gesuiti, posta sotto Santa Lucia, presso Cigarini e la via Fiaccalcollo. Rogito Giacomo Gio. Vincenzi.
N. 405. Li 28 luglio 1643 nell' eredità del fu Domenico Fabretti vi fu una casa sotto S. Biagio in Strada Castiglione. Confina ad oriente il canale di Fiacalcollo, a mezzodì i Gesuiti, a ponente Strada Castiglione, valutata L. 4000. Nel 1715 apparteneva alla stessa famiglia.
1584, 29 ottobre. Licenza a Maestro Silvestro tagliapietre ed a' fratelli Nanni, che hanno casette con portico e pilastro di legno, in Strada Castiglione, in faccia l'orto di S. Lorenzo fra la casa di Gio. Ghiselli e quelle di Gio. Cigarini dal lato superiore. di poter far portico con colonne di legno. A queste casette deve corrispondere il numero 406.
NN. 402, 401. Casa che li 13 maggio 1646 Giuseppe del fu Aurelio Ghiselli vendette a Gio. Battista Coriolani del fu Cristoforo, per L. 5300. Rogito Gio. Lodovico Balzani. Dicesi che è in Strada Castiglione sotto S. Biagio, e confinante da un lato colle suore di S. Lorenzo, dall' altro col notaro Gio. Lodovico Balzani, e di dietro Fiacalcollo. Dicesi che presso S. Lorenzo vi fossero le case dei Saraceni. Furono ed erano anche ultimamente degli Amici.
NN. 396, 397. Chiesa e monastero di canonichesse Lateranensi dette di S. Lorenzo.
Nell'Archivio delle suore di S. Lorenzo evvi un istrumento di compra fatto li 9 ottobre 1273 dalle suore di S. Lorenzo.
1299, 6 giugno. Frate Orio della Superba, sindaco delle signore di S. Lorenzo, compra da Tommaso di Giovanni, sindaco e procuratore del Comune di Bologna, una pezza di terra di 42 chiusi, e la terza parte di un altro chiuso del terreno di esso Comune di Bologna, posto nel quartiere di Porta Procula fra il serraglio di Strada Castiglione e quello di Strada S. Stefano per quanto si estende il quartiere di Porta Procula, per L. 42, soldi 6 e denari 8. Rogito Albonello Alberghi.
1299, 15 settembre. Tommaso (pare il precitato Tommaso di Giovanni sindaco) vende a Giacomo Zogolli, della cappella di Santa Lucia, un casamento di pubblico terreno del Comune di Bologna, posto fra il serraglio di Strada Castiglione, dal lato presso il detto ponte, il qual terreno l'ebbe in enfiteusi dal Comune Francesco, o Fico di Simone della cappella di S. Rimedio, con tutto il murello di detto ponte, per 14 lire e 10 denari. Rogito Alberto di Giacomo.
1408, 1 febbraio. Donazione di Pietro del fu Giacomo falegname alla compagnia della Croce di quattro case con corte e orto, poste sotto Santa Lucia, presso le suore di S. Lorenzo da due lati, le quali case con corte ed orto sono del valore di L. 300 e devono godersi dai poveri che saranno nominati dall' Inquisitore e dagli ufficiali della compagnia della Croce. Rogito Pietro Garelli e Lodovico Codagnelli.
1428, 13 novembre. Le suore di Sant' Orsolina delle Vergini, già degenti fuori Porta S. Vitale in causa della guerra, abitavano in Bologna sotto S. Gio. in Monte, e partitamente nella casa di Tommaso Cecca nella piazzola di S. Gio. in Monte. Rogito Pietro Piccolpassi.
1429, 11 gennaio. Testamento di Lucrezia Salicetti che istituisce sue eredi universali le suore di Sant' Orsolina, le quali per causa della guerra che si faceva , abitavano nelle case di Tommaso della Zecca presso S. Gio. in Monte, acciò coi beni della sua eredità potessero provvedersi di abitazione nella città di Bologna. Rogito Pietro Piccolpassi.
1431, 12 giugno. Bolla d'unione delle 24 suore di Sant' Orsolina che avevano l' annua entrata di 40 fiorini, alle monache di S. Lorenzo che ne avevano 40. Li 26 settembre 1431 fu stipulata l'unione. Rogito Domenico Vizzano.
1441, 11 aprile. Compra delle suore di S. Lorenzo da Pietro Bolognetti di due case annesse, una ad uso di purgar panni, e l' altra ad uso di tintoreria, presso l'orto di dette suore sotto la parrocchia di Santa Lucia, in confine di Fiaccalcollo e del Fossato, per L. 54. Rogito Benedetto Paleotti.
1473, 17 marzo. Le suore di Sant' Orsolina abitanti nel monastero di S. Lorenzo in Strada Castiglione rappresentarono come il Cardinal Nicolò Albergati ritenendole non sicure nel convento fuori porta S. Vitale, le chiamò in Bologna dove abitarono una casa per esse condotta in affitto, e che le suore di S. Lorenzo ridotte a tre o quattro, il detto Cardinale le aveva a quelle unite. Dopo tale unione, il monastero e tutte le case e pertinenze sotto Santa Lucia furono unite ai beni di Sant' Orsolina, mentre gli altri beni furono dati alle altre monache pure Cisterciensi di Santa Maria, per cui le monache di S. Lorenzo chiesero ed ottennero di entrare nel convento di Santa Maria.
1473, 1 luglio. Bolla di Sisto IV che unisce le suore di San Lorenzo a quelle di Santa Maria del Cestello, le quali ultime erano sette e l'Abbadessa, e ciò per ampliare il convento delle prime, le quali avrebbero modo di unire i due locali mediante una via sotterranea da farsi sotto la strada.
1473, 11 settembre. Il Vicario Generale del Vescovo di Bologna soppresse il monastero del Cestello, ma le sette monache e l'Abbadessa del Cestello non amando unirsi alle Agostiniane di S. Lorenzo, passarono in Sant' Orsolina fuori porta S. Vitale.
1478, 15 gennaio . Permuta fra le suore di S. Lorenzo, e gli uomini della compagnia della Croce in S. Domenico. Le suore danno una casa in Brocchindosso, un'altra in Fiaccalcollo, due nel Campo de' Buoi ed una quinta Del Borgo delle Casse. Rogito Bartolomeo Panzacchi ed Albice Duglioli.
1478, 11 settembre. Le suore comprano da Antonio Cesti una casa con archi, pilastri, corte, pozzo ed orto, in Strada Castiglione, per L. 800. Rogito Bartolomeo Zani ed Alessandro Bottrigari.
1514, 22 marzo. Le suore comprano da Marcantonio del fu Alimento Negri una casa ad uso di purgar panni, in Fiaccalcollo, per L. 80. Rogito Gio. Pini.
1546, 2 aprile. Fu concesso suolo pubblico alle suore di S. Lorenzo per la fabbrica del portico davanti la loro chiesa in Strada Castiglione.
1564, 29 giugno. Atti seguiti fra le suore di S. Lorenzo con Vincenzo Balzani, e Girolamo Foracchia. Per il Balzani aveva il Senato ordinata la demolizione e la distruzione di tutto quanto era stato fabbricato ed alzato nel torresotto di Strada Castiglioue, attesochè tal fabbrica danneggiava il pubblico ed il privato, e particolarmente le suore di S. Lorenzo.
Questo monastero fu soppresso li 29 gennaio 1799. Il locale servì a ricovero di mendicità e di miserabili di poco buon nome. Nella vendita fatta di detto convento li 18 agosto 1801, a rogito Luigi Aldini, figurarono per cessionari del marchese Angelo Marsili, il conte Prospero Ranuzzi, Gaetano e Carlo Ramponi. Nell'anno medesimo passò la proprietà a Luigi Becchetti, e poco dopo a Nicola Vittorio Brighenti, il quale eresse nell'orto un teatro diurno di legno detto l'arena di S. Lorenzo, dove nell'estate del 1809 si rappresentarono commedie anche sacre, con molto successo. Da questo esempio derivò il teatro stabile diurno nel convento della Maddalena presso il Mercato, indi la replica di altro di legno in questo locale nel 1827. La chiesa esterna ed interna servirono da fondaco di legnami, poi nel 1809 a fabbrica di candele, finalmente adattata a fornace di vetri, che s'incendiò nel 1813 e che dopo grandi opposizioni affacciate dal vicinato fu riattivata.
Si passa la Castellata
N. 395. Casa che era di Laura Ratta Sighicelli, valutata L. 8000, da essa lasciata alle sue due figlie, Barbara maritata in Rodolfo del fu Ippolito Fiessi, ed Ippolita maritata in Cesare del fu Tommaso Barbieri, con testamento 28 giugno 1516, i cui mariti li 27 maggio 1619 la vendettero per L. 10800 a Gio. Battista Cocci Felini. Rogito Giovanni Rizzi. È detto esser casa con stalla, con orto bedosto, sotto Santa Lucia nell' angolo della Castellata, o via di S. Lorenzo, e confinare con Gio. Battista Rusticelli, e gli eredi di Alessandro Stadieri di dietro.
1654, 23 dicembre. Gli eredi di Gio. Battista Felina vendono ai Gesuiti questa casa per L. 8000. Rogito Marco Melega.
Si passa sotto la porta del secondo circondario, detto Voltone di Strada Castiglione e Santa Lucia.
Si passa Cartoleria Vecchia.
NN. 391, 392. Chiesa e Collegio dei Padri Barnabiti, che fu già dei Padri della Compagnia di Gesù.
Nell' angolo di Cartoleria Vecchia con Strada Castiglione vi era la casa che dicesi fosse comprata da Giovanni e fratelli Gozzadini, e forse dai Scarduini nel 1514. Passò a D. Giulio di Camillo Gozzadini dottor di leggi, poi venduta dalla sua erede e sorella Ginevra, moglie di Alessandro del fu Camillo Bolognetti, li 20 luglio 1562 a Leone del fu Giacomo Leonori, e a Giacomo Maria Bargellini, per L. 13500. Rogito Francesco Pensabene. Si dice essere casa grande con due cortili, stalla, più due casette poste in Strada Castiglione sotto Santa Lucia. Confina a mezzodì Cartoleria Vecchia, a sera Strada Castiglione, mediante il condotto di Savena, a mattina gli eredi di Pietro Fragnido, a tramontana la canonica ed altri beni della chiesa di Santa Lucia. Il cortile della cisterna ancora esistente apparteneva a questa casa, che servì per lungo tempo di abitazione ai Gesuiti, poi ridotta a pian terreno ad uso di infermeria e spezieria. Nel piano superiore rimasto ad uso di alcune camere, distrutta la piccola ed antica libreria privata, vi si costrusse la libreria nuova poi aperta al pubblico.
1565, 30 luglio. Tommaso e fratelli del fu Taddeo Ghelli, successori Scarduini, vendettero a Leone Leonori, a Giacomo Maria Bargellini, a Matteo Zani ed a Gio. Battista Pasi la parte anteriore di una casa con mezza corte. Confina detta contrada davanti, Cartoleria Vecchia, la canonica di Santa Lucia, e gli eredi di Pietro da Parma di dietro, il Fragnido, per scudi 1000 d' oro. Rogito Vincenzo Rudini e Cristoforo Pensabeni.
1566, 29 novembre. Questa casa è comprata dai Gesuiti per L. 13500. Rogito Annibale Rustichelli. In questo prezzo vi sono compresi li scudi 1000 d' oro di un censo di ragione degli Scarduini, poi dei Ghelli, come dal predetto rogito 30 luglio 1565.
1568. Fu affittata al nuovo collegio, detto Seminario, i cui alunni vi entrarono li 27 giugno 1568. L' otto maggio susseguente essendo passato il Seminario nella casa pure in Strada Castigtione, già di Antonio da Budrio, fu data in affitto dai gesuiti a Pompeo Loiani che l' abitò fino all' otto maggio 1570. I proprietari la ritennero per loro uso, poi dopo vari anni la ridussero al pianterreno, siccome superiormente detto, collocandovi la libreria del collegio. Questo stabile sulla Strada Castiglione occupava sei archi del portico attuale, ed essendosi destinata parte di questa casa a pubblica libreria, si prescelse quella sull' angolo delle due strade che la confinavano.
Nel 1742, essendo Rettore dei Gesuiti ll P. Paolo Battaglini, si cominciò la fabbrica della scala e dell' ambiente per la libreria, con disegno dell' architetto Giuseppe Ambrosi, eseguito dal capo maestro muratore Antonio Maneloni. Si dice che l'apertura fosse fatta li 12 maggio 1752, altri dicono li 13 marzo 1753. Conteneva essa i libri donati da Monsignor Francesco Zambeccari, e quelli del dott. Gio. Girolamo Sbaraglia, regalati dal di lui erede Marcantonio Collina alias Sbaraglia. Il Zambeccari dotò la libreria di un capitale di L. 10000, ed il Collina di L. 5000, come da rogito di Girolamo d'Agostino Pedretti delli 23 giugno 1744 coll'obbligo ai Gesuiti di renderla pubblica.
Li 18 marzo 1798 fu dichiarala Biblioteca Comunale, indi traslocata ed unita a quella dell' Istituto, poi restituita all' antico suo locale, meno i manoscritti, alcuni libri rari, ed il ricco museo di Medaglie che accrebbero la collezione della libreria e del gabinetto dell'istituto. Fu poi custodita da un religioso bernabita ed aperta a comodo degli studenti in alcuni giorni della settimana.
Presso la casa già Gozzadini vi era quella della parrocchia di Santa Lucia che confinava colla canonica, avente ingresso nel Campo di Santa Lucia, la qual canonica essendo stata concessa ai gesuiti con Bolla delli 18 luglio 1562, supplì a questa, e vi abitò D. Pietro Magnani rettore e parroco di Santa Lucia. Veniva in seguito di detta nuova canonica la chiesa parrocchiale di Santa Lucia, la quale a settentrione confinava colla via Campo di Santa Lucia. Questa antica chiesa fu fondata nel 1208 "die sabato nono intrante mense febbruarj indictione XI" dai canonici di S. Vittore e di San Gio. in Monte. Il Sigonio dice che Gerardo Ariosti vescovo di Bologna nel 1208 concesse licenza al prete D. Sabino di fabbricare la chiesa di Santa Lucia in urbe ad claustrum Castellionis. D. Sabino lasciò i suoi beni di Sasso-Ferrato alla detta chiesa con obbligo di pagare l'annuo censo di due ceri di libbre due, un porco cignale, e bolognini dieci ai Padri di S. Gio. in Monte, che si riservarono di cantar messa in detta chiesa il giorno della Santa. Rogito Guglielmo.
Dal 1295 al 1418 la chiesa di Santa Lucia fu governata dai canonici di S. Gio. in Monte, i quali li 18 aprile la diedero a D. Michele Avanzi. Una Bolla di Pio IV eseguita dal Cardinal Giacomo Savelli li 17 giugno 1562, investì i Gesuiti, i quali presero possesso della detta chiesa il 9 novembre dell' anno stesso. La giurisdizione parrocchiale di Santa Lucia si estendeva fuori di porta Strada Castiglione che li 28 gennaio 1567 fu ceduta alla parrocchia di Santa Maria della Misericordia per decreto del vescovo Gabrielle Paleotti.
1568, 16 aprile. Il predetto vescovo separò il ius parrocchiale dalla chiesa di Santa Lucia e lo trasportò in una cappella da fabbricarsi presso la chiesa medesima, con obbligo di assegnare al Rettore una casa in Campo di Santa Lucia. Li 28 luglio 1624 fu soppressa la parrocchia di Santa Lucia e distribuita la sua giurisdizione a S. Gio. in Monte, a S. Biagio ed a S. Damiano, per decreto del Cardinal Arcivescovo Lodovico Lodovisi, eseguito li 10 gennaio 1625 dal Cardinal Legato Lomellini.
1576, 3 maggio. I Gesuiti ottennero dal Reggimento di poter allungare la loro chiesa di Santa Lucia di piedi 13 verso Strada Castiglione, di piedi 23 a tramontana e di atterrare un pinastro che era nell' angolo delle due strade, Campo di Santa Lucia e Castiglione, dalla parte delle case Formiggini. Con queste ampliazioni la chiesa contava nove cappelle compresa quella del curato, che è la stessa che servì poi alla congregazione di S. Salvatore detta dei Cavalieri, che vedesi a capo del primo dormitorio a destra della porteria fabbricata nel 1662.
La chiesa vecchia fu profanata circa il maggio 1650. Il suo antico campanile è conservato e serviva per la chiesa nuova di Santa Lucia.
Dopo la chiesa, al decimoterzo arco del portico, eravi la via detta campo di Santa Lucia che terminava a quella dei Chiari, e precisamente dov'è il portico in confine del Collegio di S. Luigi. Questa strada nel 1122 era detta "Campo Galuffo" siccome da un rogito di Guglielmo da Sanguineta delli 10 ottobre che tratta della compra fatta dai Canonici di S. Vittore e di S. Gio. in Monte, da Giacomina da Pisa, e da Isabella figlia di Piacenza, di una casa sopra terreno della chiesa di S. Gio. in Monte, pagata L. 20.
Li 21 luglio 1204 era detto Campo Galippo secondo un rogito di Giovanni di Gio. Leonardo in proposito di una casa dei Padri di S. Gio. in Monte presso la chiesa di Sant' Ermete, in confine della via del Fossato della città di Bologna.
Nel 1250 si trova rinnovato l'antico nome di campo Galuffo. Prese poi il nome di Campo di Santa Lucia dopo che fu eretta la chiesa dedicata a questa Santa.
1673, 28 giugno. Avendo divisato i Gesuiti di compiere il loro portico, ottennero di chiudere la via Campo di Santa Lucia, ma soltanto dalla parte di Strada Castiglione, volendo che restasse aperta dalla parte della via dei Chiari finchè si fosse sostituita altra strada da aprirsi presso il fianco settentrionale della nuova chiesa di Santa Lucia che si stava fabbricando, la qual strada si obbligarono i Gesuiti di darla compiuta pel maggio del 1674, ma che mai fu fatta, quantunque quella del Campo di Santa Lucia fosse poi chiusa anche dalla parte della via dei Chiari.
Nell' angolo settentrionale della via Campo di Santa Lucia vi era la casa di Giovanni Antonio da Formigine ereditata dalla di lui figlia Francesca moglie di Gio. Battista del fu Annibale Rusticelli, e da loro venduta li 12 gennaio 1612 ad Alessandro Duglioli o Bagnacavallo. Confinava la via a sera, il campo di Santa Lucia a mezzodì, i beni Zani a tramontana, più due casette in detto campo, per L. 8400. Rogito Vincenzo Orlandini. Del 1640 era del conte Francesco Pepoli, che li 29 marzo 1644 l'assegnò per gli atti di Carlo Gentili al dott. Nicolò Zoppi figlio di Ottaviano Turchi, ed a Francesca Lini di lui moglie, e da questi venduta al conte Carlantonio Zani per li re 4000. Le due casette annesse, una delle quali ad uso di stalla e rimessa in Campo di Santa Lucia, non furono comprese in questo contratto.
1646, 25 novembre. Protesta di Francesco del fu Giacomo Pepoli ai Gesuiti compratori di una casa in Strada Castiglione, sotto S. Damiano, confinante la strada pubblica, i Zani, ed il Campo di Santa Lucia, che non debbasi demolire, e che intende a lui salva l'ipoteca in caso di lite, per averla data in pagamento a Francesco del fu Alessandro Lini per L. 4000 nella compra da lui fatta di molti beni nel comune di Bagno per L. 30000. Atti di Giulio Cesare Cavazza.
A questa succedeva la casa che fu del famoso dott. di leggi, e di Decretali Antonio Bertolino da Budrio che col suo testamento, a rogito di Giacomo di Bertoluzzo da Ozzano delli 8 febbraio 1407, istituì eredi i di lui figliuoli da nascergli, e mancando discendenza, i monaci di S. Michele in Bosco, col peso di maritar donzelle, e di far elemosina del sopravanzo. Mori egli li 8 ottobre 1408 e fu sepolto a S. Michele in Bosco. L'eredità passò ai detti monaci. La suddetta casa fu venduta ai conti Guido, e Filippo fratelli Pepoli per scudi 2250 d' oro.
L' inventario delli 17 dicembre 1568 dell' eredità del fu senator Cornelio Pepoli descrive una casa grande con orto in Strada Castiglione acquistata dai Padri di S. Michele in Bosco, con stalla rovinosa annessa a detta casa posta sotto la parrocchia di Santa Lucia. Rogito Oldrato Garganelli ed Angelo Ruggeri. Gli eredi del Senatore Cornelio Pepoli la vendettero li 25 gennaio 1569 al Seminario per lo stesso prezzo. Nel rogito è descritta come sopra. Confina Girolamo Beroaldi, Matteo Zani, la via detta Campo di Santa Lucia e Paolo Manfredini.
1583, 18 agosto. Il Senato concede che davanti le case del Seminario in Strada Castiglione siano tolte tutte le sinuosità del muro, e che sia condotto a filo un portico dalla prima colonna di quello d' Andrea Zani a mezzodì fino all' ultima in confine di Paolo Manfredini tintore a settentrione, e quello con colonne di pietra servendosi di suolo pubblico.
1599, 30 gennaio. In tal giorno il Seminario abbandonò questa casa e passò in quella con torre che fu dei Seccadenari, di dietro a S. Pietro (vedi via Carbonara NN. 1708 e 1709.
1599, 2 aprile. Permuta del Seminario coi fratelli Enea ed Ercole Viggiani di una casa in Strada Castiglione, con orto e stalla. Confinava la detta via, i beni di Andrea Zani, di Lodovico Torri, e dietro il Campo di Santa Lucia, per L. 10000. Rogito Girolamo Folchi. I Viggiani pagano L. 6000, e danno al Seminario una casa in Cartoleria Vecchia, la quale verso Strada Castiglione confina col dott. Albice Duglioli, verso S. Biagio con Gio. Paolo Bernia, e di dietro col vicolo delle suore di S. Lorenzo. Ercole Viggiani testò li 18 agosto 1600, rogito Giulio Cesare Negrini, lasciando erede Enea di Gio. Battista dottor di fisica e medicina, lettor famoso morto li 4 ottobre 1602, che con testamento lasciò erede Giuditta unica sua figlia, e dopo lei chiamò i di lui agnati Giasone e Pompeo Viggiani. La detta casa toccò in divisione a Giasone, come da rogito Vittorio Biondini delli 4 aprile 1606, i cui figli Camillo e Costanzo la vendettero ad Ercole del fu Domenico Maria Locatelli, per L. 1840. Rogito Ercole Fontana del primo settembre 1618. Si da per posta in Strada Castiglione, in confine della strada a sera, di Paolo Zani a mezzodì, di Lodovico Torri a tramontana, dei Beroaldi a mattina, la via campo di Santa Lucia di dietro.
1621, 30 aprile. Ercole del fu Domenico Maria Locatelli vende ai gesuiti una casa grande con corte, orto, stalla, sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina a sera detta strada, a mezzodì Paolo Zani, a tramontana Lodovico Torri, e a mattina i Beroaldi od i suoi successori, per L. 22000. Rogito Antonio Malisardi. La fronte di questa casa era di piedi 90. Occupava gran parte della piazza e chiesa attuale.
1623, 2 aprile. Fu posta la prima pietra della nuova chiesa nella quale li 25 maggio 1659 fu celebrata la Santa Messa.
In un libro di spese dei Gesuiti si trovano le seguenti partite relative alla nuova chiesa:
1621. Pagati a Girolamo Argenta architetto di Ferrara che fece due disegni per la chiesa nuova L. 36, 00, 0.
1623. A Girolamo architetto venuto a visitare il sito per la fabbrica. . L. 28, 13, 4.
E per viatico del suddetto L. 40, 00, 0.
E più per viatico del padre Cabeo venuto a Bologna per architettare la detta chiesa L. 13, 06, 0.
Dopo l'Argenta, la fabbrica fu sorvegliata dal 1650 al 1658 da Francesco Martini. Nel 1704 si principiò la crociera, e si abbandonò il lavoro nel 1706. La sacristia si cominciò nel 1704 e fu finita nel 1706 colla spesa di L. 21411, 18.
I Gesuiti si dicon venuti a Bologna nel 1546 ad istanza di Violante Casali vedova del senator Gozzadini, e che poi nel susseguente anno 1547 prendessero in affitto una casa nel borgo degli Arienti dai Padri Olivetani, contigua alla chiesa di S. Bernardo.
1548, 25 aprile. Gio. Battista del fu Gio. Gigli comprò da Leonora del fu Andrea Rossi, detta Grapedina, una casa sita nel Campo di Santa Lucia, per L. 650, nella quale li 8 maggio susseguente vennero ad abitarvi i Gesuiti.
1556, 19 aprile. Il Gigli dichiara che la compra di questa casa fu fatta coll' intenzione di rilasciarla ai Gesuiti, per essere stata sempre dai medesimi abitata. Rogito Marco Sabadini.
Nel 1549 aprirono due scuole gratuite per ragazzi nella via campo di Santa Lucia. Ottennero la chiesa vecchia di Santa Lucia nel 1562 e furon soppressi il lunedì 16 agosto 1773 mediante Bolla di Clemente XIV. Questo locale fu concesso ai Bernabiti che riapersero la chiesa li 19 novembre dell' anno predetto.
1583, 26 febbraio. Il Senato concesse ai Gesuiti di coprir il canal di Savena lungo la fronte della lor chiesa e collegio (da Cartoleria Vecchia a Campo di Santa Lucia) e di fabbricarvi sopra un portico al quale corrispondesse un Oratorio per la società dei Perseveranti, accordandogli per questo un sussidio di L. 2000.
1660, 2 novembre. Il Cardinal Legato Farnese ordinò di coprire il canal di Savena dalla chiesa nuova di Santa Lucia fino alla caduta dell'Avesa da casa dei Pepoli. I Gesuiti, oltre il pagamento delle tasse che gli competevano, furono obbligati di pagare L. 2000 a sollievo degli interessati. Rogito Pietro Maria Negri notaro dell' Ornato.
II portico fu terminato nel 1676.
1669, 9 dicembre. Francesco Barella e Carlo Pesti, architetti muratori, stimano la porzione già fabbricata di ciascuna delle due cappelle della Croce della chiesa nuova L. 10364, e complessivamente L. 20728.
1658, 7 dicembre. Fu fatto il decreto che fosse coperto il canal di Savena, lavoro che fu eseguito nel 1661. I Gesuiti furono tassati d'i L. 2700.
Si ha memoria che per la fabbrica della chiesa, oltre la casa dei Locatell! già di Antonio da Budrio, pervennero ai Gesuiti gli altri seguenti stabili, che qui descriviamo per mostrarne la rimarchevole estensione.
Nella via di Cartoleria Vecchia.
1559, 11 ottobre. Pietro del fu Salvatore Fragnido vende a Giulia di Marcantonio Scavazzoni la metà per indiviso di una casa in Cartoleria Vecchia. Confina di dietro, mediante la chiavica, i beni dei preti di Santa Lucia così nominati, altra casa del venditore, per L. 1450. Rogito Domenico Maria Mamellini.
1561, 30 maggio. L'altra metà fu comprata dai figli di Giacomo Riva per L. 1450. Rogito Cesare Gherardi.
Casa Riva in Cartoleria Vecchia. Confina la casa Savignani e la casa Cavallina, che era già di Fragnido. Fu incorporata nel Collegio. Nel 1600, 30 giugno i Gesuiti la possedevano parte per eredità, parte per compra.
1585, 12 luglio. Ippolita del fu Dionisio Zani vedova del fu Nicolò Cavallina dona ai Gesuiti una casa in Cartoleria Vecchia. Confina la via pubblica a mattina, la chiavica a sera, i De Bianchi a mezzodì, e i Conti a tramontana. Rogito Gio. Giacomo Vincenzi.
Questa casa era stata dei Brocoli, poi comprata da Girolamo Belondi, o Biondi. Fu demolita per la fabbrica del Collegio.
1610. La casa di Galeazzo del fu Luca Ghini in Cartoleria Vecchia era di Girolamo del fu Alessandro Caprara. Confinava a levante la via, a sera la chiavica, e Marcantonio Conti a tramontana. Per L. 3425.
1666, 15 novembre. Comprano i Gesuiti da Giuseppe Carlo e dal canonico Antonio Annibale del fu Gio. Taddeo Bianchi, due case con stalla, rimessa tutto contiguo, in Cartoleria Vecchia. Confinano coi compratori e coi Zecchi. Per L. 8000. Rogito Alessandro Andrei.
Casa dei Squatoni già di Taddeo Tanari in Cartoleria Vecchia.
1610, 18 settembre. Casa di Protasilao del fu Lodovico Savignani demolita per la fabbrica del Collegio. Confinava la casa Cavallina che fu già Fragnido.
Casa d'Andrea Cavallina in Cartoleria Vecchia incorporata come sopra.
Casa Ruggieri in Cartoleria Vecchia. Era contigua al portone delle carra del Collegio e fu demolita per quella parte del Collegio fatta in occasione di fabbricare le nuove scuole.
1643, 13 maggio. Casa di Lorenzo del fu Benedetto Modelli in Cartoleria Vecchia demolita per la fabbrica del Collegio, pagata L. 1450.
1644, 22 febbraio. Casa già di Paolo Allè, poi del canonico Munari, demolita per il Collegio, pagata L. 1433, 6, 8.
Casa Pagnoni già di Ovidio Paltronieri, pagata L. 1800, demolita per la fabbrica del Collegio.
1610, 14 aprile. Casa di Giacomo del fu Vincenzo o Giuseppe Manzoni, pagata L. 1500, demolita per le nuove scuole.
Casa Zecchi in Cartoleria. Confina col De Bianchi. Pagata L. 2500, demolita per le nuove scuole.
1642, 13 marzo. I Gesuiti comprano da Matteo Pederzani una casa in Cartoleria Vecchia per L. 4500. Confina di dietro col Collegio, a dritta dell' ingresso Fabrizio Viggiani, e a sinistra gli eredi Solimei. Rogito Gio. Lodovico Calvi. Fu incorporata al Collegio di S. Luigi. Allora confinava la casa di Cattani Vincenzo in via dei Chiari, e la casa dei Tortorelli. Assegnata al Collegio di S. Luigi in L. 3000.
Casa Boschi in Cartoleria Vecchia nell'angolo della via Chiari. Confina con casa dei Padri di S. Gio. in Monte, e delle suore di S. Leonardo. Data al Collegio di San Luigi per L. 1500.
Casa Solimei in Cartoleria Vecchia. Confina con altre case del Collegio, e di Santa Lucia. Assegnata al Collegio per L. 3100.
Casa di S. Gio. in Monte in Cartoleria Vecchia locata al Collegio di S. Luigi in prezzo di L. 4500. Confina da tutte le parti le case del Collegio di S. Luigi.
1616, 6 agosto. Parte di casa di Vincenzo Sassi, di Pietro Torri, e di Maddalena Cartro. Per L. 600.
1642, 4 febbraio. Comprano due case in Cartoleria Vecchia, una di Antonio Castellani, l'altra di Gio Battista Bacilieri, per L. 2000.
Nel Campo di Santa Lucia.
1548, 25 aprile. Leonora del fu Andrea Rossi, detta Grapedina, vende a Gio. Battista del fu Gio. Gigli, una casa sotto Santa Lucia in Campo di Santa Lucia, al termine di detta contrada davanti. Confina Ercole Bruschi a mattina, Domenico Casalechi da Forlì verso sera, e Girolamo tessitore da rasi, per L. 650. Rogito Giacomo Conti.
1556, 19 aprile. Gio. Battista Gigli dichiara che la compra della suddetta casa la fece coll'intenzione di rilasciarla ai Gesuiti, come infatti sempre l'abitatarono. Rogito Marco Sabadini.
1558, 4 giugno. Lucia del fu Antonio Merli moglie di Agostino Verardi vende a Bernardino del fu Rinaldo Balzani, per persona da nominare, una casa nel Campo di Santa Lucia. Confina Gio. Battista di Gio. Gigli (pare come successore della Grapedina) Sebastiano Picinini, e la chiavica comune, per L. 550, salvo l'usufrutto a D. Girolamo Casalini Rettore di Santa Lucia, a cui è stato lasciato per testamento da Elisabetta sorella di detta Lucia. Rogito Giacomo Conti.
1556. 9 giugno. Bernardino del fu Rinaldo Balzani rinunzia la predetta casa ai Gesuiti che la comprano li 8 giugno 1575. Rogito Antonio Berti. Queste due case servirono di prima abitazione in questi contorni ai Gesuiti a datare dal maggio 1548.
1556, 16 giugno. Il P. Francesco Palorio, rettore dei Gesuiti, compra da Sebastiano del fu Pietro Picinini una casa con orto e portico nel Campo di Santa Lucia, in confine del Collegio, del cimitero della chiesa di Santa Lucia, mediante la chiavica, per L. 700. Rogito Giacomo Conti.
Questa casa di Sebastiano e Bartolomeo Picinini servì di prima abitazione ai Gesuiti e ad uso delle scuole, poi atterrata per ampliare il Collegio.
1625, 3 novembre. I Gesuiti comprano tre case dei Zani per demolirle causa la fabbrica della nuova chiesa. Confinavano . a sera colle case di Enea Viggiani, poi dei Gesuiti. Pagate L. 2990. Rogito Ercole Fontana.
Casa di Carlantonio del fu Paolo Zani. Confina la strada da due lati, e dagli altri due col venditore, per L. 4000. Pare quella in angolo di Strada Castiglione già del Formigine, e forse la stessa detta la Portazza.
1624, 12 luglio. Casa Colonna in Campo Santa Lucia, atterrata per far la chiesa. Fu già delle suore di Sant'Agnese. Pagata L. 1400.
Casa Baroncini già Tinti in detto Campo demolita per far la chiesa. Fu pagata L. 772.
Case Zani, detta la Portazza, Lappi, Tinti, poi Baroncini, o Buroncini, in Campo di Santa Lucia.
La prima in ordine, (cioè la Zani) detta la Portazza, confinava la seconda (cioè la Lappi) e le suore di S. Lorenzo di dietro.
La seconda in ordine (cioè la Lappi) confinava colla prima (Zani), colla terza (Tinti) e colle suore di S. Lorenzo.
La terza in ordine (Tinti) partendo da Strada Castiglione confinava la seconda (Lappi), a oriente la casa Locatelli, le suore di Sant'Agnese, ossia casa Colonna, a settentrione S. Lorenzo, a mezzodì la strada. La loro situazione era tale, che senza il loro suolo non si poteva far la chiesa. La casa del Zani e quella del Lappi furon pagate L. 2288, e la Buroncini L. 772. Totale L. 3060.
1627, 10 giugno. Casa grande Guastavillani in Campo Santa Lucia, con casetta, contigua. La grande fu già di Giacomo e di Andrea Sanmartini, poi venduta al senatore Girolamo Guastavillani li 5 luglio 1619. Rogito Alessandro Nelli. Furon vendute ai Gesuiti da Girolamo e Filippo del fu Angelo Michele Guastavillani per L. 2800, e demolite per far la chiesa.
1627, 10 marzo. Casa, edificio e stalla Ratta comprata da Lorenzo Ratta, da Alessandro del fu Giacomo Bagnacavallo o Dugliolo, li 14 settembre 1623. Rogito Antonio Malisardi. È posta nel detto Campo, e fu comprata dai Gesuiti per L. 2350, demolita per. la chiesa e la sagristia. Sembra una di quelle, o tutte due posteriori alla casa dei Formigini in Strada Castiglione.
1650, 7 maggio. Casa Giovagnoni in Campo Santa Lucia, incorporata nel Collegio e nella fabbrica delle scuole di quei tempi, pagata L. 2000.
1671, 23 settembre. Parte di casa di Barelli Agostino, in Campo Santa Lucia. Servì per scuola, poi fu demolita per la fabbrica del Collegio, pagata L. 1702. L' altra parte era stata venduta da Gio. Battista Barelli a Filippo Sgarzi per L. 400, col patto della ricupera. Lo Sgarzi vendette il suo credito ai Gesuiti li 18 novembre 1652. Casa Bertelli in Campo di Santa Lucia, demolita per la fabbrica della sacristia. Pagata L. 650.
1652, 7 aprile. Casa Coroneda in detto Campo demolita per la chiesa, pagata L. 1580. Occupava in parte il sito del coro di dietro della casa di S. Mattia.
Casa di Catterina del fu Gio. Gaetani erede di Francesco Coronedi suo marito. Pagata L. 600.
Casa già Corradini, poi Merighi, in detto Campo, pagata L. 600.
1672, 25 giugno. Casa Tullia, o Vicentini, in detto Campo, pagata L. 900, e incorporata al Collegio.
Casa Sanmartini in Campo Santa Lucia, pagata L. 1250, demolita per la fabbrica della sagristia.
Casa Fabbri in detto Campo pagata L. 2800. Servì di arsenale della sagristia, poi fu demolita per la fabbrica di detta sagristia.
1672, 16 dicembre. Casa di S. Omobono in detto Campo, pagata L. 800, demolita per la chiesa. Fu acquistata in via di permuta.
1673, 23 marzo. Casa di S. Damiano in detto Campo, pagata L. 3500. Confinava coi Ratta.
1672, 26 gennaio. Casa Ferraresi in Campo Santa Lucia. Fu prima ad uso del Collegio, poi demolita per la fabbrica del medesimo.
1675, 17 giugno. Case di S. Domenico in Campo di Santa Lucia, una delle quali fu già di Domenico Usberti. Queste due case servirono per avere il libero transito alla nuova chiesa quando fu chiusa la strada detta Campo Santa Lucia. Furono pagate L. 2525.
Casa Ratta nel Campo suddetto, pagata L. 1850. Confinava la casa dei Padri di S. Damiano e il Collegio del Beato Luigi, al quale fu data in affitto perpetuo.
Stalla e teggia dei Ratta pagata L. 1200, locata al detto Collegio.
1657, 2 febbraio. Casa di Antonio e di Bartolomeo del fu Sebastiano Merighi erede Istriani, pagata L. 900.
1672, 12 settembre. Angelo del fu Francesco Fabri vende la casa, che fu già di Francesco e Santa Panzacchi, da lui comprata li 14 febbraio 1651, per L. 2800.
Nella via dei Chiari.
1651, 8 novembre. Vendita di Nicolò, fratelli e figli di Leonardo Betti Fiorenzola di una casa in via dei Chiari. Confina Garani, gli eredi . Ferraboschi, e i Gesuiti. Per L. 5000. Rogito Alessandro Andrei. Una parte fu distrutta per far la capella di Sant' Ignazio. Ne vendettero due delle cinque parti per L. 2000, promettendo di vendere le altre tre per L. 3000, come seguì li 16 gennaio 1652.
1655, 15 marzo. Anna del fu Bartolomeo Lotti vende a Giuseppe del fu Alessandro Sforza una casa in via dei Chiari. Confina a levante gli eredi di Lorenzo Barbieri, a settentrione il Collegio di S. Carlo. Per L. 2500. Rogito Domenico Sandri.
1655, 15 novembre. Casa grande dei Gesuiti in via dei Chiari nell'angolo del Campo di Santa Lucia, abitata dai convittori di S. Carlo. Fu locata in perpetuo al Rettore del Collegio del Beato Luigi questa casa detta la Morelli per L. 11250. Era di Gio. Morelli, e fu lasciata ai Gesuiti con suo testamento delli 11 febbraio 1634. Rogito Gregorio Vecchi.
1664, 9 giugno. Vendita di Giuseppe del fu Alessandro Sforza ai Gesuiti di una casa nella via dei Chiari. Confina a mattina gli eredi di Lorenzo Garbieri, a sera i beni del Collegio detto di S. Carlo, poscia del Beato Luigi, per L. 2100. Fu incorporata al Collegio di S. Luigi.
Casa Ferrabosca, probabilmente di Lodovico, che testò li 18 novembre 1582. Confinava colla suddetta casa Betti, e colle suore di S. Mattia. In altro sito è detta casa Garani, Picchioni, o Ferraboschi, in via dei Chiari. Confina colla casa Betti Fiorenzola, colle suore di S. Mattia, e colla via pubblica. Pagata L. 1450.
1629, 30 gennaio. Casa delle monache di S. Lorenzo in via dei Chiari. Confinava la chiesa, la quale proseguendosi, si sarebbe in gran parte occupata, come diffatti poi seguì. Fu pagata L. 5700. Rogito Lorenzo Mariani.
Casa dei Sanmartini in via dei Chiari, pagata L. 6000. Confinava da un lato il Campo di Santa Lucia, dall' altro le suore di S. Mattia, e di dietro la stalla Ratta. Casa in via dei Chiari di Vincenzo Cattani. Confina la casa Tortorelli e la Pederzani, pagata L. 2500, compresa nel Collegio di S. Luigi.
Casa Tortorelli in via dei Chiari. Confina le suore di S. Leonardo, e la casa dei Pederzani in Cartoleria Vecchia, assegnata al Collegio di S. Luigi per L. 2500.
1652, 3 settembre. Casa di Orsina del fu Gio. Picchioni, posta sotto S. Gio. in Monte in confine della chiesa nuova. Pagata L. 1450.
Collegio dei Gesuiti.
Evvi la camera dove abitò S. Francesco Xaverio nel 1537. Fu ridotta ad uso capella da Matteo Zani nel 1564, poi dedicata al Santo li 5 giugno 1572. Rogito Bartolomeo Ruffini e Francesco Barbadori.
I Gesuiti che avevano preso domicilio nel Campo di Santa Lucia li 8 maggio 1548, cominciarono a dar lezioni in due scuole nel 1549.
II Cardinal Giacomo Savelli assegna ai Gesuiti la parrocchia di Santa Lucia, e per Bolla di Pio IV ne investe la compagnia. Li 17 dicembre ne prendono possesso.
Il Rettore di Santa Lucia deputa nel 2 maggio 1639 Rettore del Collegio dei Nobili, istituito nel 1634 D. Michele Torri.
Vi erano otto congregazioni quasi tutte fondate dal P. Giorgio Giustiniani dell'isola di Scio, morto in Bologna li 3 dicembre 1644, e queste erano:
Congregazione del Salvatore pei Nobili, fondata nel 1614.
Della Nunziata, pei giovani scuolari di Santa Lucia.
Della Visitazione istituita nel 1626, pei scuolari della grammatica inferiore.
Dell' Assunta, detta dei giovani, eretta nel 1626.
Della Presentazione, per le scuole superiori, fatta nel 1636.
Della Concezione, per gli artisti.
Di Gesù e Maria, per cittadini e mercanti.
1617, 20 febbraio. Il Senato concede pertiche 15, piedi 4 e oncie 11 di suolo presso Cartoleria Vecchia, per rettificare la fabbrica delle nuove scuole.
I Gesuiti venuti a Bologna in sette od olto, come altra volta si disse in Borgo degli Arienti, presero in affitto una casa in quella strada congiunta a S. Bernardo, di proprietà degli Olivetani, poi abitarono in tre casette nel Campo di Santa Lucia, che una era di Eleonora Grapedina, l' altra di D. Girolamo ed Elisabetta fratelli Casalini, e la terza di Sebastiano Piccolini. In seguito poi si dilatarono, e si sarebbero impadroniti di tutta l' isola se non fossero stati soppressi con Bolla di Clemente XIV delli 21 luglio 1773. Nell'agosto susseguente fu dato il Collegio di Santa Lucia ai Padri Bernabiti, che li 5 novembre dello stesso anno riapersero con scuole per la gioventù. Il patrimonio dei Gesuiti fu incamerato poi dato in enfiteusi al tesoriere Raffaele Gnudi.
II Collegio di S. Xaverio doveva dirsi nel 1773 del Beato Alessandro Sauli, e quello di S. Luigi di S. Carlo Borromeo.
Li 8 agosto 1797 porzione del Collegio, e segnatamente dalla parte del portone delle carra in Cartoleria Vecchia, fu ridotta a caserma. Per decreto delli 31 dicembre 1798 furon quivi concentrati i Padri Penitenzieri degenti in Sant' Andrea de' Piatesi.
Nel 1811 i Padri Bernabiti vestirono l'abito di preti secolari applicandosi con sommo zelo all'educazione della gioventù ed alle funzioni di culto nella frequentata loro chiesa. Li 19 novembre 1816 ripresero il loro abito religioso.
N. 390. Stabile ad uso di tintoreria, che del 1569 era di Paolo Manfredi. Passò a Gio. Battista Beccadelli che lo lasciò ai Ricordati. Paolo Vincenzo e Giulio, padre e figlio Recordati, vendettero li 17 dicembre 1575 a Camillo Bonasoni la metà di una casa indivisa con Francesco Recordati, posta sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, per L. 1200. Confinava i Dal Calice, il Seminario di Bologna successore del da Budrio e Gio. Beroaldi di dietro. Rogito Marcantonio Gulfardi.
1583. Era di Paolo Manfredini probabilmente per patto di francare.
1609, 30 marzo. Compra Lodovico di Pietrantonio Torre da Giulio Cesare di Battista Baragazza alias dal Calice successore dei fratelli Recordati e di Camillo Bonasoni, una casa sotto Santa Lucia, per L. 600. Confina il compratore a settentrione, e i Beroaldi di dietro ossia a mattina. Rogito Gio. Ricci.
1775, 24 aprile. Fu messa alla subasta per gli atti e comprata dal sartore Tommaso Becchetti, poi appartenne al dottor medico Sabattino. Doveva questo stabile essere demolito per aprire la strada di passaggio da Strada Castiglione alla via dei Chiari, in sostituzione di quella detta Campo di Santa Lucia, concessa dall' Ornato ai Gesuiti colla condizione di aprir questa, che però non lo fu mai.
N. 389. Casa dei Tossignani che Antonio vendette li 26 settembre 1411 a Giovanni e Daniello Baragazza alias dal Calice, per L. 800. Rogito Gio. Battagliucci. Sono enunciate per due case ed un casamento ossia guasto contiguo, con orto posto sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confinano Zovardo successore di mastro Pietro Sensali da una parte, Bartolomeo sartore, e Ugolino Gherardi dalla parte di dietro, mediante la chiavica dell' Avesa e delle dette Case. Nel 1399 i Baragazza erano speziali e si dissero dal Calice, per l' insegna della loro bottega. Il testamento di Nicolò di Bartolomeo da Baragazza proibisce di vendere la detta insegna, ed obbliga i suoi eredi ad impedire con tutto il loro potere che altra spezieria adotti uguale insegna. Rogito Paolo di Domenico di Paolo di Castenaso.
1452, 30 agosto. Testamento di Nicolò Baragazza dal Calice, col quale istituisce erede Achille suo figlio naturale leggittimato. Rogito Roberto Bruni.
1482, 29 novembre. Cesare dal Calice vende la metà delle due case a Lodovico dall' Armi. Confinavano coi Padri di S. Michele in Bosco successori di Antonio da Budrio (chiesa nuova di Santa Lucia), cogli eredi di Nicolò Sanuti, con Battista Beroaldi e colla chiavica di dietro. Rogito Matteo Curialti e Gio. Desideri, col patto di francare.
1579, 2 gennaio. La casa di Giulio Cesare dal Calice alias Baragazza confinava con Paolo Recordati, con Tommaso Locatelli, e Girolamo Luna di dietro. Rogito Lodovico Mamellini. Pare che il Luna fosse successore del Beroaldi.
1583, 2 marzo. Il N. 389 dei dal Calice confinava con altra casa del Baragazza e Paolo Manfredini (cioè la tintoreria) e il Seminario.
1609. Come da rogito Gio. Ricci queste case erano di Pietrantonio Torri, e circa il 1775 furon comprate per L. 800 da Gio. Bernardoni. Rogito Gio. Battista Bettoli. Passarono per compra al sarto Tommaso Becchetti, i cui eredi le vendettero al dottor Sabattini.
N. 387. Casa composta di due stabili.
1542, 13 settembre. Tommaso del fu Bartolomeo Locatelli compra da Alessandro Bianchi una casa con orto in Strada Castiglione per L. 940. Rogito Girolamo Diola. Si dice essere di qua dal Toresotto e confinare con Gio. Battista dal Calice di sopra, Filippo Cristiani di sotto, e Paolo Cenni o Pasolini di dietro.
1552, 30 agosto. Filippo e Baldassarre, padre e figlio Cristiani vendono a Tommaso del fu Bartolomeo Locatelli una casa in Strada Castiglione, per L. 1300. Confina Bernardino Balzani di sotto, il compratore di sopra, Paolo Cenni notaro, e i Pasolini di dietro. Rogito Alamanno Pozzi.
1596, 24 gennaio. Pietro e Paolo fratelli, e figli del fu Tommaso Locatelli, vendono a Bernardo Fini una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, per L. 9500. Rogito Antonio Malisardi. Confina coi figli di Pompeo del fu Bernardo Balzani, con Giulia dal Calice a mezzodì, e con Cristoforo Garzana di dietro (via dei Chiari). Nel predetto prezzo non fu compreso il patto di francare L. 800, che fu dato al Fini da Francesco. Nel 1715 questa casa era di Vincenzo Tanara. Fu comprata dal banchiere Orazio dal Monte, poi da Giuseppe Bonaga orefice, finalmente dall' avv. Greppi.
N. 386. Del 1593, 20 settembre, questa casa era di Rinaldo e Pier Francesco Balzani, posta sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, presso le acque del canal di Savena, rincontro i Dainesi, e i Bonsignori, presso i Recordati a settentrione, i Locatelli a mezzodì, e i Pasolini a levante nella via dei Chiari. Rogito Domenico Castellani.
1715. I Dalle Donne avevano in quest' epoca parte di questa casa, e li 26 aprile 1736 D. Gaetano e Carlo fratelli Dalle Donne vendettero due appartamenti in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte, al cav. Zanchini per L. 3660, in confine dei Ratta, dei Balzani, e dei Fioravanti. Rogito Giuseppe Antonio Orlandi. Ultimamente i Balzani non avevano che un appartamento al pian terreno verso il portico. L' appartamento di là dalla corte era di Filippo Sertori di Modena, che fu abitato da Paolo Patrizio Fava canonico teologo della Metropolitana, poi Arcivescovo di Ferrara. Il piano superiore fu venduto dal Zanchini al notaro Massimo Messie, che rimodernò la facciata, e divenne poi dei Calzolari.
N. 385. Palazzo dei Ratta (2). Casa che del 1491 era degli eredi Maranini. Li 14 lu glio 1506 Girolamo e Stazio del fu Girolamo Zanettini, ed Ariana del fu Antonio Franchi di lui moglie vendettero a Silvio del fu Amorotto Guidotti una casa sotto S. Giovanni in Monte, in Strada Castiglione, per L. 1102, 13, 11. Rogito Cesare Castellani. Confina con Iacopo e cogli eredi di Giorgio Recordati da due lati, colla via dei Chiari e cogli eredi di Marco Oddofredi.
1509, Il detto Silvio compra da Francesco Monterenzolo una casa sotto S. Gio vanni in Monte per L. 550. Confina da due lati di sopra, e di dietro, la via dei Chiari a settentrione. Rogito Benedetto Dall' Olio.
1542, 26 gennaio. Amorotto di Silvio Guidotti cede alla fabbrica di S. Petronio questa casa per L. 6600 per diverse somme dovute da suo padre già depositario della fabbrica stessa. Confina due strade, a settentrione ed a ponente, e i Recordati a mezzodì ed a mattina.
1567, 14 aprile. Compra fatta da Lodovico Ratta da Francesco Recordati del suolo su cui esisteva un casamento bruciato, e poi spianato, posto sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, rimpetto la casa del senatore Paolo Poeti, cioè fra la casa dei detti Ratta, e quella dei Recordati, per L. 746, 10. Rogito Carlantonio Manzolini.
1567, 15 aprile. Compra Lodovico Ratta dal conte Gio. Pepoli e dai fabricieri di S. Petronio una casa grande sotto S. Gio. in Monte, in Strada Castiglione, assegnata in solutum alla fabbrica dal figlio ed erede del conte Silvio depositario.
Fra la casa dei Ratta e quella dei Balzani vi era la casa dei Recordati, la quale fu venduta da Ambrogio Bargellini a Bartolomeo Recordati, quello stesso che sostituì le tre religioni nella sua eredità, come da rogito di Andrea Leoni.
1633, 14 febbraio. Lorenzo di Carlo Ratta compra da Alessandro di Vincenzo Recordati una casa sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione. Confina l'abitazione del compratore, gli eredi di Rinaldo Balzani, ed una stalla nella via dei Chiari. Confina una casa del compratore da due lati, la via pubblica e i Chiari, per L. 19000. Rogito Dionigio Mesorotti, ed Orazio Montecalvi. I Recordati vennero da Budrio. Ebbero la cittadinanza nel 1480. Furon detti dal Mellone, perchè alla loro bottega da speziale ebbero per insegna un mellone. Alessandro, che testò li 29 novembre 1645, fu l'ultimo dei Recordati. Il fidecomesso passò ai Padri di S. Gio. in Monte, agli Agostiniani della Misericordia, ed ai Serviti di Budrio.
Si passa la via dei Chiari.
N. 384. Palazzo senatorio Guastavillani (3).
Bartolomeo Guastavillani abbandonò le antiche sue case nella via del Pradello, e li 11 marzo 1474 comprò da Besia Nizari vedova di Floriano Zena, e da Gio. Battista e Nicolò fratelli Zena, una casa grande nella via dei Chiari, sotto S. Gio. in Monte, per L. 400. Rogito Pietro Comelli e Battista Garzaria.
1476, 24 dicembre. Lo stesso Bartolomeo comprò da Andrea Nordoli una casa sotto S. Gio. in Monte, in Strada Castiglione, in confine di detta strada, della via dei Chiari di sopra, di Filippo e fratelli della Testa, degli eredi di Donino da Zena nella parte posteriore, per L. 1000 d' argento. Rogito Taddeo Mamellini. Si noti che il titolo di erede da quei giorni s' intendeva dai notari anche apponibile al successore per compra.
1517. Un decreto del Senato delli 29 ottobre 1517 ci dà la data della fabbrica di questa casa di Filippo Guastavillani. "Guastavillani ha l' antica sua abitazione in Strada Castiglione nell' angolo che va a Santa Maria dei Chiari, ed ha certo portico a niuno inserviente, di lunghezza piedi 20, che si permette chiuderlo, donando al pubblico oncie 14. Qual casa intende di ornare ed ampliare".
1521, 9 novembre. Filippo Guastavillani compra da Cristina Chiari una casa sotto S. Gio. in Monte, in via dei Chiari. Confina detta via dalla parte davanti, altra strada nella parte posteriore, gli eredi di Francesco da Savignano, Vincenzo del fu Petronio Rossi alias Astolfi, e Matteo Scribanari, per L. 1050. Rogito Vitale Antonio Mantacheti.
1522, 16 giugno. Il detto Guastavillani Filippo compra la casa di Vincenzo Rossi in via dei Chiari, per L. 700. Rogito Lodovico Dainesi.
1544, 23 maggio. Gio. Savignani ed Angelo Michele Guastavillani fanno permuta di casa. Il Savignani dà una casa nella via dei Chiari, che confina coi Guastavillani a mattina ed a sera, e la strada a mezzodì. Riceve il Savignani la casa in angolo di Fregatette e la via Nuova (cioè della Madonna dei Chiari). Rogito Antenore Machiavelli. Pare che il Guastavillani avesse ceduto la casa della Cristina Chiari al Savignani, e che il Guastavillani avendo comprato quella dello Scribanari, facessero questo cambio ritenendosi il Savignani quella porzione che poteva unire la sua casa in Strada Castiglione a quella in Angolo Fregatette.
1579, 9 marzo. Girolamo Guastavillani compra da Clemente Cavazza di Modena, e da Cristoforo Savignani, per scudi 625 d'oro di Zecca, la casa nell'angolo di Fregatette e della via Nuova. Rogito Ercole Cavazza e Carlo Garelli. Nel 1627 la via ora detta Monticelli si chiamava Spiegabrette.
N. 383. Casa abitata da Matteo del fu Pietro Concolino alias Testa o dalla Testa, unita a quella dei Savignani, e che poi assieme all' altra casa susseguente erano indivise con Pietro Schianti.
1598, 29 agosto. Il capitano Protesilao Savignani la comprò per L. 13483, 6, 6. Rogito Cristoforo Roti. Si dà per posta sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione ed in confine dei Guastavillani. Questa casa aveva colonne di legno quando fu comprata dai Guastavillani.
1578, 24 giugno. La casa di Cristoforo Savignani, in confine dei Guastavillani verso la via dei Chiari, ed altra casa di questa ragione di dietro, e da due parti colla strada, fu stimata dal Terribilia L. 4050. La famiglia Savignani terminò in Girolamo Lorenzo di Protesilao, Abbate secolare, morto all'improvviso li 24 ottobre 1717, la cui eredità passò alle due sorelle Laura maritata in Mario di Giuseppe Lallata di Parma, e la seconda in Scapinelli di Reggio. Il conte Antonio Scapinelli prese possesso di questa e dell' annessa casa li 24 novembre 1717. Rogito Gaetano Gardini.
1723, 3 giugno. Permuta del conte Nicolò Barbieri alias Beroaldi, e di donna Gentile Banzi Iugali col conte Antonio Scapinelli, nella quale detto Scapinelli cede ai detti Beroaldi la casa nobile Savignani in Strada Castiglione, sotto S. Gio. in Monte, stimata dai periti L. 15000. Rogito Camillo Canova ed Ignazio Ucelli, e ciò per i diritti della detta Gentile Banzi vedova del cav. Pietro Francesco, fratello del detto Girolamo ultimo dei Savignani. L' antica famiglia Beroaldi conta il famosissimo dott. Filippo di Giovanni, nato li 7 novembre 1453, morto li 17 luglio 1505 di malattia sconosciuta, della quale altri molti morirono, e che si giudicò cagionata da paura del terremoto sofferto in Bologna nel gennaio di detto anno. Maurizio del conte Carlo Maria alias Nicolò Barbieri, fu il primo a godere l'eredità Barbieri, mediante Giuditta figlia di Nicolò Barbieri, e madre di Valeria Guidotti.
I Barbieri Beroaldi si estinsero nel canonico Filippo Federico del conte Nicolò, morto li 8 febbraio 1806 lasciando eredi Vincenzo, Alessandro e Giorgio del conte Carlo Tozzoni d' Imola, i quali vendettero gli stabili al confinante Guastavillani, e questi nel 1824 uniformò il portico e la facciata a quella del suo palazzo.
Si passa la via Monticelli.
N. 382. Casa che del 1546, 24 marzo, fece parte della dote di Camilla Bargellini vedova di Orso Orsi, e futura moglie di Gio. Bolognini, che è detta confinare con la via Fregatette, con Marco Tullio Simj, ed altra casa della stessa Bargellini, posta in Miola. Li 30 maggio 1552 i Dal Ferro vendettero questa casa ai Bandini. Rogito Angelo Picinardi.
1563, 14 dicembre. Il senatore Astorre di Gio. Bandini vende ad Alessandro Dosi una casa in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte. Confina lo stradello che va a detta chiesa, gli eredi di Marco Giulio Simj e detto Bandini di dietro, per scudi 300 d' oro in oro d' Italia. Rogito Ferrante Gargiaria.
1667, 18 settembre. Il detto Alessandro Dosi la vendette ad Astorglo Biondini per scudi 350 d' oro. Rogito Antonio Borgognoni ed Ermete Gargiaria. Convien credere che questa vendita fosse a patto di francare, e che il prezzo riportato l'ottenesse in causa dei bonifici notabili, poichè nel 1715 continuava ad esser del Dosi. Fu acquistata dal Sindaco Landi morto nel 1785, del quale fu erede l' unica figlia Anna moglie del dottor causidico Carlo Tadolini, e da questa venduta al carozzaro Taramella che la rifabbricò quasi di pianta, nel 1786 poi passò al negoziante Luigi e fratelli Zamboni.
N. 381. Casa che del 1549 era di Marco Tullio o Giulio Simj e di Agostino Simj, e che, secondo un rogito di Giuseppe Lodi del 22 dicembre 1674, era di D. Giacomo Nuzzi. È detto trovarsi in Strada Castiglione rincontro ai Fasi, e confinare a settentrione coi Ballattini, a mezzodì questa ragione, ed essere affittata a Gio. Pietro Fabri. Altra casa vicina confina la precedente e gli Ottoboni.
1734, 15 luglio. Fu pubblicata la subasta dalla Commissione della Rerenda Camera di S. Pietro di Roma, per la graduatoria del concorso dei creditori di D. Giuliano Nuzzi, nella quale si annunzia una casa grande in Bologna sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione, e casetta annessa alla suddetta. Le eredi di detto Nuzzi furon le suore della Maddalena, in causa di suor Maria Gesualda Nuzzi.
1736, 13 gennaio. Questa casa fu fabbricata da Pellegrino Praigoni, rogito Gio vanni Maria Bertuzzi. Il primo ad abitarla fu il marchese Achille Angelelli nel 1762, e vi mori nel 1767. Nel 1788 fu venduta per L. 14000 alla ballerina Rosa Bernardi, che le ridusse in una sola. Ultimamente era del conte Turrini, il quale del 1825 gli fece la facciata.
N. 380. Dal testamento di Pietro Berto di Domenico, drappiere, fatto li 12 gennaio 1446, a rogito Pietro da Castel S. Pietro e di Gabrielle da Fugnano, si sa che gli apparteneva questa casa, e che la lasciò alle di lui figlie vedove, ed alle figlie di queste, e di lor nipoti, indicando esser sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione, e confinare colla Loggia dei Pepoli. Fu dei Cospi eredi Ballattini, poi dei loro successori per vendita, indi degli eredi Loreti.
Qui termina secondo le lapidette la Strada Castiglione, e comincia la via dei Pepoli.
Si passa la strada Miola.
N.1325. Questo numero era applicato ad una delle quattro croci che diconsi fabbricate da S. Petronio negli angoli, o dove erano le porte di Bologna ai tempi di questo nostro vescovo. È certo che le dette quattro croci furono innalzate allo scoperto da piccole capelle con altare, che a stento vi si capiva, ed ove si celebrava quotidianamente la messa. Questa dedicata alle Sante Vergini si disse di Strada Castiglione, di S. Damiano, ed anche dei Casali dal vicino palazzo di quella famiglia senatoria.
Nel 1303 fu rovinata per la caduta delle case di Gallesio da Vercelli, che erano probabilmente dove poi fu il teatro dei Formagliari. Il vicinato fece istanza perchè la croce fosse risarcita, ed infatti gli Anziani, sotto la data delli 20 novembre 1304, decretarono che fosse coperta, poi li 21 maggio 1315 ordinarono che un domenicano vi celebrasse ogni giorno la messa.
Nel libro provisionum segnato E, coperto d'assa, degli anni 1303, 1304 e 1305, fol. 158, verso 11, dice: "È una delle quattro croci edificate e fatte dai SS. Ambrogio e Petronio di lor mano per difesa della città". Si osserva però che Sant'Ambrogio si dice che fosse a Bologna del 382, e che morisse del 397 alli 4 aprile. Felice, antecessore di Petronio, morì, secondo il Sigonio, del 429, dunque l' incontro in Bologna dei due santi era seguito 47 anni prima che Petronio fosse nostro vescovo, lo che rende impossibile il concorso di uno dei due santi nell'erezione dalle quattro croci di Bologna.
La detta croce delle Sante Vergini era a pochissima distanza dal marciapiede dei Casali, ed a linea del muro di fianco al detto palazzo in Strada Castiglione.
1317, 7 marzo. I Padri di S. Gio. in Monte concessero al massaro e uomini della compagnia dell' arte della lana gentile, di poter tenere una campana sopra la croce di Strada Castiglione, all' effetto di batter l' ore per cangiare i maestri che lavoravano in detta arte. Confina la via pubblica da tre lati, e Bombologna Pepoli. Rogito Guido Zambonino. Ciò prova che la capelletta fu appoggiata al muro della casa Casali allora Pepoli, e che in quelle vicinanze vi erano a quei giorni molti lanifici.
Si passa il Vivaro dei Pepoli.
Palazzo dei conti Pepoli (4). Secondo un rogito di Nicola del fu Milamento delli 12 aprile 1288 eran quivi quattro stabili dei figli di Paganino Cazziti consistenti nella casa grande in Strada Castiglione sotto Sant' Agata, in confine di altra casa di questa ragione detta il Campo, e delle vie pubbliche da due lati, della casa detta Merlata, in confine di Romeo Pepoli da due lati, dell' androna che trascorre fra la detta casa grande e quella di Romeo; in una casa col forno pure sotto Sant'Agata, in confine degli eredi Pepoli, di Poltrone Rodaldi e della strada. Per la enunciata ,casa detta Campo, vedi Vivaro dei Pepoli.
1453, 13 luglio. Girolamo e Francesco del fu Andrea Bolognini comprarono da Bartolomeo di Beno Mazza una casa in Strada Castiglione sotto Sant' Agata, per lire 1550. Rogito Francesco Muletto.
1483, 24 dicembre. Giovanni del fu Francesco Bolognini fa permuta con Galeazzo del fu Bartolomeo Bolognini. Il primo assegna al secondo una casa sotto Sant'Agata ed una casetta nel Vivaro S. Stefano, e riceve una casa con botteghe sulla piazza di S. Stefano e L. 263 d'argento in pareggio. Rogito Bartolomeo Panzacchia.
Questa casa sotto Sant'Agata aveva portici di tre archi sulla via del Vivaro, ed apparteneva li 22 marzo 1557 agli Orsi, come da rogito di Cesare Gerardi e Mario Alberi. Angelo Maria, naturale di Luigi Maria Alessandro Orsi, la possedeva e l'abitava, e vi testò li 6 marzo 1633, rogito Carlo Ciamenghi. Fu egli marito di Anna Maria di Carlo Beliossi alias Gio. Remondini, la quale fu erede e passò in seconde nozze con Pietro Castellani, e mori li 6 aprile 1659. Angelo Orsi lasciò una sola figlia, Alessandra contro la quale fu promosso giudizio sull'eredità paterna che terminò con una transazione colla quale questi stabili passarono a Francesco Orsi che li possedeva nel 1663. I suoi successori li vendettero a Gerra Tarlato conte Pepoli, il quale fabbricò questo palazzo uniforme a quello dei Pepoli nel 1702, trovandosi che li 29 agosto di detto anno ottenne suolo nel vicolo dei Pepoli di piedi 3 in larghezza, e piedi 47 e oncie 2 in lunghezza, per fare un muro ed eguagliarlo alla sua casa. Nel 1703 fu atterrato il sumentovato portico.
NN. 1337, 1338, 1339. Porte dell' antico palazzo dei Pepoli.
Non vi ha alcun dubbio che i Pepoli stessero in Strada Castiglione fino dal 1233, ma non è ben provato se allora abitassero sotto la parrocchia di Santa Lucia, di Sant'Agata, o di Santa Maria di Porta Ravegnana. Questo dubbio nasce da un rogito dell'Archivio dei Padri di S. Michele in Bosco delli 3 aprile 1246, col quale i Padri vendono una casa in Strada Castiglione ad Albizo Provenzale, e a Tommasino e Zagnibone del fu Iacobo Zagnibone, posta presso gli eredi di Dulnazio de Pepoli, di Zerra, di Romeo Pepoli, il qual Zerra è designato per Zerra di Strada Castiglione nel suo testamento a rogito del famoso Rolandino di Rodolfino Fioretta delli 8 dicembre 1251, col quale lascia L. 900, somma rispettabilissima per quei tempi, da restituirsi a chi era stato mal tolto per usure. Nomina eredi Richeldina, Egidia e Villana sue figlie, ed a loro commissario frate Aspinello conventuale, anch' esso suo figlio. I testimoni furono Ugolino e Zoene fratelli Pepoli. Il primo rogito che si trova nell'Archivio Pepoli è del IV Kal. iunii 1200, col quale Giacobino Pepoli, anche a nome di Federico, Alberghino, Giacomino, Bonacursio e Romeotto figli di Ugolino, compra da Bongiovanni Guido da Corticella tornature 40 poste in Gavaseto a L. 9, 10 la tornatura. Rogito Guido Veruli. Il suddetto Giacobino era figlio di Pepolo di Alberto di Ugolino di Guido Pepolo I che viveva circa il mille.
1276, 30 ottobre. Sentenza a favore di Romeo del fu Zera Pepoli, contro Paolo, Pietro e Ugolino fratelli e figli del fu Lorenzo Cazziti e contro Caccianemico Cazziti come debitori di più somme a detto Romeo, e successivo possesso da questi preso di una casa dei detti Cazziti posta sotto la parrocchia di Sant'Agata. Rogito Simone di Giacomo Bianchi.
1278, 8 novembre. Compra Romeo del fu Gio. Pepoli da Floralisia del fu Alberto di Rolando da Sesto, colla presenza e consenso di Provinciale da Dugliolo di lei marito, una casa col suolo ed edifizio posta in parrocchia Sant'Agata, per L. 70. Rogito Villano del fu Gerardo. 1278, 8 novembre. Compra di Romeo del fu Gio. Pepoli da libertina del fu Testa Rodaldi moglie di Petrizolo Tettalasini, di un casamento e suolo posto in Bologna in parrocchia Sant'Agata, per L. 250. Rogito Petrizolo Vandolo.
1278, 8 novembre. Compra Romeo del fu Zera del fu Ugolino Pepoli, da Floralisia da Sesto, e da Provinciale da Dugliolo suo marito, una casa con suolo, edifizio e con un casamento contiguo, tutto posto sotto Sant'Agata, per L. 90. Rogito Milano del fu Gerardo di Azzo da Fiesso.
1288, 20 novembre. Gio. Pepoli compra dalle suore di Santa Maria della Misericordia la metà di una casa sotto Sant' Agata, per L. 150. Rogito Corradino dall'Armi.
1290, 22 dicembre. Compra Romeo del fu Zera Pepoli da Accarisio Toschi una casa piana col suolo ed edifizio, e con un casamento contiguo, tutto posto sotto Sant'Agata, per L. 32. Rogito Petrizolo Vandoli.
1292, 31 gennaio. Romeo Pepoli compra da Giovanni Simone, e Francesco del fu Uguzzone Rolandi un casamento posto in Strada Castiglione ed in parrocchia Sant'Agata. Rogito Pedrizzolo Vandoli.
1350, 8 febbraio. Compra di Giovanni di Taddeo Pepoli da Bartolomeo del fu Giovanni detto Guerzo de Zovenzoni erede di Bettina del fu Provenzale Biancuzzi, di un casamento e terreno in Strada Castiglione, nel cortile dei Zovenzoni (Bargellini) sotto la parrocchia di Sant'Agata. Rogito Giacomo di Cursio Vincenzo.
Il predetto Taddeo sul suolo degli acquisti fatti da Romeo suo padre in questi contorni cominciò i due palazzi Pepoli nel 1315 nella parte di mezzo.
1361, 2 febbraio. Compra di Samaritana da Sassuolo moglie di Giacomo Pepoli di una casa con terreno ed edifizio posta sotto Sant'Agata, per L. 200. Rogito Giacomo di Curtio.
1371, 30 giugno. Andrea, Romeo, Taddeo, vendettero per 4000 fiorini d'oro a Gregorio Papa XI una casa, ossia palazzo nuovo con edifizio ad uso di stalla, sotto Sant'Agata in Strada Castiglione per erigervi il Collegio Gregoriano. Rogito Agostino Strazapata notaro di Pavia.
1373, 18 giugno. Gregorio XI scrive al Vescovo Bernardo che presso il palazzo ove è collocato il Collegio Gregoriano essendovi contigue tre casette che confinano coll'osteria della Luna appartenente già a Gio. Pepoli, i cui beni furono confiscati a pro della Camera, vuole che siano consegnate al Collegio perchè siano demolite affine di completare e rendere più comodo l'orto del Collegio stesso.
Il Ghirardacci sotto l'anno 1393 riporta che Astorgio Manfredi cambiò la casa già di Alberto Conoscenti, donatagli dal Senato nel 1390, con quella del Collegio Gregoriano, aggiungendo a pareggio 2000 ducati. Pare però che questo cambio non avesse effetto.
1456. La compagnia del Buon Gesù si raccoglieva nel Collegio Gregoriano e nella casa di Bartolomeo dalla Calcina dove pagava L. 7, 10 d' annuo affitto. Si trova che del 1458 il palazzo Gregoriano era affittato a Nicolosio e fratelli Poeti per L. 90 di Picchioni, affitto che continuava anche nel 1466, nel qual anno essendo venuto a Bologna il Papa li 22 maggio in compagnia di Galeazzo Visconti, il Comune collocò il Visconti in questo palazzo e pagò ai Poeti L. 45 di Picchioni, metà dell' affitto che per il medesimo da loro si pagava.
1474, 18 aprile. I conti Guido e Galeazzo del fu dottor Romeo Pepoli comprano dal Vescovo di Bologna, che vende a nome della Santa Sede ed a comodo della mensa vescovile di Bologna, un palazzo, ossia casa grande merlata, chiamata la casa Gregoriana. con corte ed orto, posta sotto Sant'Agata o Santa Maria di Porta Ravegnana. Confina la via pubblica, la via vicinale da due lati, il dott. Giacomo Muzarelli e Giacomo Bolognini dalla parte di dietro dell' orto, per L. 5000, ateso che detta casa minacciava di cadere. Rogito Giacomo Manzini e Francesco Panna.
1474, 8 agosto. Brevetto di Sisto IV col quale assolve il Capitolo di S. Pietro e i Pepoli dal dazio delle carteselle per la compra e vendita rispettiva della casa Gregoriana.
1477, 8 ottobre. I suddetti compratori furono assolti dal Capitolo e Consorzio di S. Pietro del prezzo di detto palazzo. Rogito Maione Savi e Gio. Mattesilani.
1478, 25 agosto. Bolla di Sisto IV a favore di Guido e Galeazzo fratelli Pepoli, colla quale concede a tre canonici deputati alla fabbrica della chiesa di Bologna di assolverli dal restante del prezzo della casa Gregoriana. I suddetti Guido e Galeazzo di Giovanni di Taddeo nei quali si consolidò anche l'eredità dei figli di Iacopo di Taddeo, morti senza successione, terminarono le fabbriche di questi palazzi nella forma e simetria che oggi li vediamo, e dalla casa in Miola dove abitavano trasferirono il loro stabile domicilio nei medesimi circa il 1420.
1522, 15 dicembre. Francazione del conte Girolamo del fu Guido Pepoli cessionario di Carlo Poeti dal rettore del benefizio all' altare di S. Michele nella chiesa di San Tommaso del Mercato, di certo terreno, o cortile ad uso d' orto, con stanze, loggia, colombara, e chiavica che scorre per mezzo di dette camere e loggia, il tutto parte di una casa sotto Sant' Agata già condotta in enfiteusi dal detto Poeti col patto di poterla francare, poi da detto Poeti ceduta al Pepoli per L. 160. Rogito Cesare Rossi alias Vallate.
Siccome nei palazzi Pepoli ebbe il suo inauguramento e soppressione il Collegio Gregoriano, in esso concentrandosi le rendite dell' Avignonese, Bresciano, Reggiano e di Urbano V, così si darà qui la storia dei collegi stessi per ordine cronologico.
Collegio Avignonese.
Zoene Tencarari vescovo avignonese legato ai suoi successori nel vescovato un latifondo, volgarmente detto podere, che possedeva nella villa o territorio di Saliceto diocesi di Bologna, sotto condizione che colla rendita di detto latifondo si mandassero otto poveri scuolari avignonesi allo studio di Bologna. Per quarant' anni fu religiosamente osservata questa disposizione, ma al tempo di Napolione cardinal diacono di Sant' Adriano, allora Legato apostolico, essendo stato interdetto lo studio di Bologna, Paolo Tincarari lettor Bolognese, con mandato del priore dei Predicatori e del guardiano dei Minimi di Bologna, esecutori di detta pia istituzione, vendette i beni e distribuì il denaro ritratto. Per le quali cose fu ingiunto ai predetti commissari apostolicii, di chiedere agli Anziani di Bologna la restituzione dei sopradetti beni, e nel caso di rifiuto per parte dei compratori, riferire aspettando la Pontificia risposta, da Avignone VIIII Idus Iann 1318. In seguito il Papa ordinò al Podestà capitano degli Anziani, e al Consiglio di Bologna di prestare il braccio secolare quante volte occoresse contro i suddetti esecutori testamentari.
Li 10 febbraio 1257 mons. Zoene Tencarari vescovo d'Avignone con suo testamento lasciò i suoi beni nel comune di Saliceto presso i Ligapasseri ed il fiume Savena ai Vescovi d'Avignone pro tempore, perchè eleggessero tre canonici di detta chiesa, due chierici della città, due chierici scuolari di Castel Novo, e uno di altri ca stelli della Diocesi di Avignone, e li mandassero per anni cinque allo studio di Bologna dando a ciascuno L. 24 annue di bolognini; terminato il loro corso ordina che il vescovo passi a nuova nomina, e cosi successivamente. Mancando il vescovo predetto di nominare scuolari sia per appropriarsi le rendite, sia per vendere i fondi, vuole che subentri in questo diritto la chiesa di S. Michele in Bosco di Bologna per la nomina di otto scolari avignonesi o Arelatensi che si trovassero in Bologna. Ed in caso che detti frati trascurassero il mandato, allora ne subentri il capitolo di Avignone. Che se poi mancasse del tutto lo studio in Bologna, vuole che il Vescovo di Avignone venda i fondi nel Bolognese, e ne impieghi il ricavato in altri della provincia Avignonese perchè gli otto scuolari studino in altro studio generale. Lascia a Tommasino suo nipote e ad altri suoi parenti tutta la porzione a lui spettante della torre e casa dei Tincarari, rogito Sinardo di Giannino Picciolpassi, fatto nella chiesa di Savena di Sant'Antonio in Bologna dove abitava il testatore. In un codicillo modificò e spiegò le cause di caducità, ed ordinò che nel caso si dovessero vendere i beni dal Priore dei Domenicani e dal Guardiano dei Minori, si faccia previo il consiglio di più giurisprudenti di Bologna, e si vendano a Paolo di Tencarari, o al di lui figlio Tommaso per L. 800 di bolognini, e che questo prezzo sia distribuito ai poveri.
La Commissione dei beni del Collegio Avignonese era amministrata dal Priore di S. Michele in Bosco, il qual priore, di nome fra Piero, la rinunziò li 20 febbraio 1308 al Priore di S. Domenico ed al Guardiano di S. Francesco. come da rogito di Zarlotto di Guido Bonaparte, e questi li 24 dicembre 1308 vendettero per L. 800 i beni posti in Saliceto e Sant' Egidio a Paolo di Toninio Tincarari. Rogito idem.
Gli alunni di questo collegio vivevano sparsi nelle case e negli alberghi della città, e sembra che qualche volta fossero in sette. Giovanni XXII li 23 novembre 1330 approvò il disposto del Legato, e cioè di aver applicati i beni dell'arciprete Galluzzi e di Zoene avignonese, e di altri, per erigere prebende a comodo di poveri scuolari. e aggiunse, che a perfezionare la pia opera, e per uso dei detti scuolari, si stabilisse una casa con clausura come si praticava in Parigi, dove gli scuolari solevano vivere in comunità, e siccome coi detti beni si aveva di che mantenere completamente trenta poveri scuolari, volle che ciò si facesse, e non essendo sufficienti si supplisse con altri beni confiscati.
Questa ordinazione ci fa conoscere da dove nacque il primo progetto di unire in un locale li studenti e di farli vivere colleggialmente. Eugenio IV uni le rendite del Collegio Avignonese al Gregoriano.
Collegio Bresciano.
N. 400. Palazzo Zambeccari. (Vedi via Barberia).
Collegio di Reggio.
Fu fondato da Guido di Filippo Ferrari da Bagnolo diocesi di Reggio di Lombardia, medico famoso morto nel 1362. Nel suo testamento delli 12 ottobre del predetto anno dispose di scudi 1500 d' oro da erogarsi in beni, e stabili, dichiarando che l'am ministrazione delle rendite da distribuirsi agli scuolari di Reggio debba spettare al vescovo di Bologna, rogito Paolo Gabusi notaro di Reggio. Fu aperto nel 1368 come dalla cro naca manoscritta di Guido Panziroli. Un rogito di Nicolò Beroaldi delli 9 ottobre 1471 ci apprende che gli scuolari erano in numero di nove. Pare che abitassero nelle Chiavature sotto la parrocchia dei SS. Vito e Modesto dei Lambertazzi. Un buon numero d' istrumenti attinenti a questo collegio sono conservati nell' archivio di Gio. Masini.
Innoceozo VIII sotto la data delli 23 ottobre 1488 ingiunge a questi collegiali di assumere i gradi di baccilierato e del dottorato. Li 11 gennaio 1689 l'arcivescovo di Bologna locò i beni del Collegio di Reggio ai Bedori. Rogito Giuseppe Lodi.
Collegio di Urbano V.
Urbano V fondò a Montpellier, dove aveva studiato, un collegio per dodici studenti in medicina, e manteneva in diverse accademie fino a mille scuolari.
Una sua Bolla dell'anno undecimo del suo pontificato dettata da Avignone li 16 giugno 1364 fa menzione di una specie di collegio da lui istituito in questa nostra università a comodo di tre scuolari della provincia di Romagna, di due della città e provincia di Bologna, di uno di Ferrara, perchè studiassero il jus pontificio, e di altri quattordici scelti da altri luoghi sogetti alla chiesa e tutti mantenuti a di lui spese. Questo Pontefice con Breve delli 28 aprile 1365 dato anch'esso da Avignone, ordinava a Raffaele dalla Torre, canonico di Genova e nunzio apostolico, di mandare a Bologna tutti i libri di ragion civile e canonica che nel termine di tre anni avvenire pervenissero nelle di lui mani dagli spogli dei Prelati, e chierici che morissero, e questi per servizio dei poveri scuolari da lui mantenuti nello studio di Bologna. Nel 1369 Urbano V assegnò agli scuolari che manteneva a Bologna le rendite del dazio nel Ferrarese per due anni. Il detto Pontefice con altro Breve. dato in Roma li 21 gennaio 1370, proibisce ai dottori e maestri dello studio di Bologna di non poter esigere e pretendere cosa alcuna dagli scuolari da lui mantenuti nello studio di detta città in occasione di adottorarsi. Urbano V fu eletto in settembre 1362, e mori li 19 dicembre 1370 d'anni 69. È probabile che dopo la di lui morte mancasse questa istituzione che fu surogata da quella del suo successore Gregorio XI.
Collegio Gregoriano.
Gregorio XI li 5 aprile 1370 assegnò un fondo per il Collegio Gregoriano da lui istituito nel Gimnasio di Bologna pro Lemovicensibus. Ingiunge anche al Vescovo Bernardo che un qualche scuolaro del collegio sia eletto a Rettore (vedi raccolta diplomatica, ed il Ronconi Catalogus monumentorum Bon. nella Biblioteca dell'Istituto). Li 23 febbraio 1371 il medesimo scrive ad Anglico vescovo albanese, di lui vicario generale in Italia, che dei beni applicati, o confiscati, o da confiscarsi, tanto nella città e contado di Bologna, quanto nella Romagna o nella Marca di Ancona, si detragga un' annua rendita di 1500 ducati d' oro per la sussistenza del collegio da lui fondato, e che impieghi nella compra dall' ospizio degli eredi del fu Gio. Pepoli 4000 ducati d'oro, e per la riedificazione dello stesso stabile altri ducati 500, ingiungendogli di passare le somme a Bernardo di Guido ed a Giovanni di Siena. Andrea, Romeo, Taddeo e figli di Gio. Pepoli, e Galeazzo, Francesco e Guido fratelli e figli di Giacomo Pepoli vendettero il predetto palazzo, rogito Nicolò di Gio. Battagliucci, e Giovanni di Angelino Angelelli. Bernardo di Guido priore di Marmanda ne prese possesso li 30 giugno cosi ne riferisce il Ghirardacci.
Il primo gennaio 1372 inviò il Papa da Avignone vari ordini relativi alla sua fondazione, che sono qui sotto indicati.
1° Dichiara che le casa o palazzo degli eredi del fu Gio. Pepoli soldato di Bologna, posto in via Castiglione sotto le parrocchie di Sant'Agata e di Santo Stefano, debba essere del Collegio Gregoriano e dei poveri scuolari che vi saranno ammessi.
2° Il primo gennaio suddetto in data d' Avignone scrive al Massaro che gli abitanti e Comune di Castello di Bagnacavallo assegnino al Collegio Gregoriano ducati 1500 dei 2000 fiorini che essi avevano dalla Camera.
3° Applica e nello stesso giorno ordina a Raimondo abbate del monastero di San Nicolò al Lido di Venezia, di provvedere le pianete necessarie per la cappella di detto Collegio, e che siano assegnati 3000 ducati d' oro per comprar rendite, per riparar edifizi e per alimentare li scuolari.
4° Lo stesso giorno ordina al tesoriere della Marca di consegnare al Rettore del Collegio Gregoriano, o al di lui procuratore, i boschi e pascoli nel territorio di Sinigaglia, e tutti i diritti e pertinenze a quelli aderenti.
5° Ordina al vescovo Bernardo, sotto la stessa data, che sia eletto il rettore, acciò regga e governi il Collegio, e poscia riceva l'inventario da Bernardo di Guido, priore di Marmanda dell'ordine di S. Benedetto, e quello assolvi.
6° In detto giorno autorizza Bernardo di Guido suo nunzio speciale di comprare in nome pontificio tante possessioni ed annue rendite per ducati 1500 d' oro, ed assegna 40 ducati d'oro annui a quei scuolari che si debbono mantenere fuori del collegio.
In detto giorno il collegio contava 30 scuolari, 6 preti e 15 serventi.
Il fondatore provvide il collegio di libreria, la quale nel 1372 contava 193 sceltissimi volumi.
Li 18 dicembre 1372, in data d'Avignone, il Papa invia le costituzioni al Collegio Gregoriano.
1373, 25 gennaio. Il Papa scrive agli Anziani di Bologna raccomandandogli lo studio generale di questa città e la cura del Collegio Gregoriano. Accorda ai detti Anziani il jus di nominare sei giovani studenti.
1373, 30 marzo. Ordina ai patriarchi arcivescovili, vescovi, ecc. di permettere il libero transito per qualunque libro, od altra cosa diretta al suo collegio di Bologna.
1373, 1 aprile. Essendosi aumentato oltre le viste del fondatore il numero dei convittori, ordina il Papa al vescovo di Bologna di restringerlo a 30, e di rimandare i superfiui.
1373, 10 giugno. Gli statuti del collegio sono presentati agli studenti, e fu eletto rettore Bernardo priore di Marmanda, come da rogito di Enrico Multore.
1374, 9 novembre. Deputa Guglielmo Cardinal di Sant' Angelo riformatore degli eccessi del Collegio.
Il cardinal Baldassare Cossa Legato di Bologna nel 1404 dilapidò vari beni pubblici, e nel 1408 anche quelli del collegio Gregoriano, fino a dar il palazzo a godere agli Scacchesi, e quindi a sopprimere affatto il collegio. Innalzato al pontificato col nome di Papa Giovanni XXIII, nella sessione XI del concilio di Costanza, Andrea Lascaris vescovo di Posnania, lo accusò, nel 32° dei 54 articoli d'accusa, di aver venduto i beni stabili ed immobili del Collegio Gregoriano assegnati a sostentamento di 50 poveri scuolari, e ridotto appena per quello di uno; più di aver dato ad abitare la casa del collegio ai sacardi (5), gente di sacco e di corda, i quali l'avevano pressochè distrutta. nè esso Cardinale si sarebbe peritato venderla se ne avesse trovato il compratore. Quest'accusa fu provata da due vescovi, da un arcivescovo, da un segretario del Papa, da uno scrittore del Papa, e da molti altri de auditu pubblica voce, fama et comuni reputatione. Nicolò V li 8 maggio 1451, e Calisto III li 25 novembre 1455, decretarono che le rendite dei tre collegi, Gregoriano, Avignonese e Bresciano, fossero passate ai Domenicani.
1459, 9 maggio. I Domenicani stabilirono di vendere il palazzo Gregoriano.
1459, 15 giugno. Pio II proroga per due anni la percezione delle rendite dei suddetti collegi ai Domenicani.
1460, 4 giugno. Processo per l' assegno dei beni dei detti collegi alla sacrestia di S. Pietro. Le rendite erano percette dai Domenicani e prorogate per l'instaurazione della libreria del loro convento. Rogito Graziano del fu Giacomo Grassi.
1461, 12 febbraio. Pio II applicò le entrate dei tre collegi alla sagrestia di San Pietro di Bologna ad istanza del cardinal Filippo di S. Lorenzo in Lucina, dietro le rappresentanze fatte da Giacomo Grati ambasciatore. Ordina poi che uniti tutti. i collegi di Bologna, fuori di quello di Spagna, se ne formi uno solo nella casa Gregoriana ritenendola come più addatta. Nello stesso giorno inviò una Bolla diretta al Legato cardinal Angelo Santa Croce, al quale diede facoltà di fare la detta unione, e di permettere al comune di Bologna la vendita di alcune possessioni ed edifizi per riparare gli stabili delle scuole dello studio Gregoriano, e di altri antichi collegi di Bologna, e ciò in benefizio dell' università e studio di Bologna.
1470, 31 marzo. Paolo II concede a Filippo vescovo di Bologna di applicare per anni dieci alla fabbrica delle case canonicali delle chiese di Bologna, le entrate del Collegio Gregoriano ed uniti.
1470, 20 dicembre. Bolla che conferma la soppressione del detto collegio e l'applicazione delle rendite al capitolo della chiesa di Bologna.
1471. Il Capitolo di S. Pietro subentra ai Domenicani nella percezione delle rendite del Collegio Gregoriano.
Sull'angolo della via detta volta dei Sampieri vi è uno stabile con portico in faccia alla strada delle Chiavature, che era separato dal vecchio palazzo dei Pepoli mediante una via denominata il Paese che fu chiusa da questa parte nel 1382, e ciò rilevasi dalla diversità del fabbricato fatto sul suo suolo che differisce da quello dei due stabili ad esso ora uniti.
Sembra che questa casa sia la stessa comprata da Gio. di Taddeo Pepoli li 26 settembre 1343, e venduta da Francesco e Pietro del fu Lazzaro Fogazi per L. 700. Rogito Federico Ghiberti, la quale è qualificata per grande, con terreni ed edifizi sotto la parrocchia di Santa .Maria di Porta Ravegnana, a cui fu aggregata l' altra venduta per L. 70 da Obice e figli Tettalasini al conte di Gio. di Romeo Pepoli, posta sotto la predetta parrocchia, rogito Pietro Sinardi, non chè il casamento acquistato li 19 febbraio 1352 dallo stesso conte, e vendutogli da Pietro e fratelli del fu Oro Piccolpassi essa pure sotto la stessa cappella e pagata L. 200. Rogito Giacomo Fantuzzi.
Bisogna aver presente che la giurisdizione di Santa Maria di Porta Ravegnana si estendeva al di là della Volta dei Sampieri, e che i Pepoli acquistando queste case che unirono al loro palazzo, ne conseguì che fossero aggregate alla cappella di Sant'Agata, sotto la quale vi avevano i nuovi ingressi.
Si passa la vìa detta Volta dei Sampieri.
Questo tratto di strada dalle Chiavature fino alle Caprarie si disse Trebbo dei Banchi per esservi le botteghe di banco degli usurai, poi si chiamò via di Betlem per la chiesa di Santa Maria di Betlem alias del Carrobbio, finalmente della Gabella vecchia in causa che qui fuvvi questo pubblico uffizio. Quest' ultima denominazione fu la prescelta da chi diresse l'affissione delle lapidette alle strade.
Vi ha qui la parte posteriore del palazzo Sampieri, pel quale veggasi Strada San Stefano N. 73. Ma siccome in detta parte vi erano stabili aventi il loro ingresso nella Strada Castiglione e meritevoli di essere ricordati, cosi per maggior chiarezza vengano dettagliati separatamente dal palazzo di cui oggi fanno parte.
1343. Nell'angolo della via Volta dei Sampieri vi erano tre case di Fabriano di Pietro Bolneti, e di Salvietto di Bortolazzo Paleotti, confinanti con Giacomo de' Pepoli, ed in suo luogo il Comune di Bologna, con Guglielmo Clarissimi erede di Francesco di Gio. Lupari, e con Strada Castiglione, vendute nel 1388 a Santo Benedetto Giovanni Filippo, e Martino di Bartolomeo di Sante dalla Seta (Muzzarelli).
La cronaca Ghiselli ci instruisce che Nicolò di Andrea di Romeo Pepoli nel 1336 vendette per L. 300 una sua casa con due torri posta vicino a Santa Maria del Carrobbio, e rincontro la casa degli eredi Bolognetti, per farvi la Dogana. L'archivio secreto del Senato dice sotto la data del 6 ottobre 1379 che gli eredi di Nicolò Pepoli vendettero la casa al pubblico per mettervi la Gabella della mandaria del Comune. L'Alidosi dice per L. 3000, e che il contratto fu stipulato li 21 marzo 1382 per aggrandire la Gabella. Altri aggiungono che vi fossero anche le case dei Castellani.
La prima delle dette torri che era quadrilunga trovavasi ove è oggi la seconda finestra del palazzo Sampieri andando verso Porta Ravegnana, sul cui conto si ha che li 7 ottobre 1273 Ugolino di Gualandino Codicelli ne vendette la sesta parte per indiviso della medesima per L. 40 a Zoane Upicino, e Francesco di Romeo di Pietro di Opicino di Zoane Pepoli ed è detto confinare coi compratori e coi figli di Lamberto Codicelli, ed essere in capella di Santa Maria di Porta Ravegnana. Rogito Patrizolo.
1306, 11 dicembre. Nicolò del fu Andrea di Romeo Pepoli comprò da Lambertino del fu Obice dalle Perle una casa con suolo ed edifizio, più una torre alta e grossa posta in Strada Castiglione, sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 300. Rogito Pietro Isnardi.
1318, 16 febbraio. Compra Romeo Pepoli da Galapanicio del fu conte Maghinardo da Panico una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 200. Rogito Pietro di Salomone.
1380. Fu comprata una casa di Nicolò Fava per fare il Carrobbio per la Mercanzia e per tenervi ragione e giustizia. Nel 1366 la Gabella delle Mercanzie di Bologna era affittata dal Comune e dagli ufficiali di S. R. Chiesa per L. 15500 a Giacomo di Gerardo Mezzovillani. Memoriale di Giacomo del fu Nicolò Federici.
1447. I Ghisellardi locarono alla compagnia dei banchieri una casa nel Carrobbio presso la Dogana perchè vi risiedesse tribunalmente il giudice.
1473, 15 febbraio. Concessione della Camera di Bologna a Bartolomeo di ser Pietro Bolognetti dell' uso di due botteghe con certa torre posta presso la Gabella Grossa, come pure di certe stanze presso detta torre, e sopra un corridore della Gabella Grossa sino a certo pozzo di detta Gabella ivi esistente con la comodità e gius di aver acqua da detto pozzo. e con altre abitazioni, poste sopra detti casamenti altre volte destinati ad uso dei giudici dei mercanti, e dove detti mercanti si radunavano, e tutto ciò pel corso di anni dieci, e per l' annuo censo di tre bolognini d'argento; i quali edifizi dovrà riparare e mantenere. Scorsi li detti dieci anni tornino questi stabili alla Camera.
1575, 10 giugno. Fu abbandonato questo locale trasportando le merci che vi erano depositate alla nuova Dogana sotto i volti dei pollaroli in faccia la torre delle carceri.
Nel 1499, 26 febbraio, le case dei Sampieri confinavano a mezzodì, oriente ed acquilone con le vie pubbliche, col palazzo della Mercanzia, con i Bianchini, e colla Gabella Vecchia.
1576, 13 aprile. Compra di Francesco di Lodovico Sampieri dai creditori dei Morelli e Gualchiere di Bologna di una casa grande con due corti, stanze, magazzini e loggie dove anticamente si faceva la Gabella, sotto Santa Maria del Carrobbio, in confine del Foro dei Mercanti, per L. 7500. Rogito Bartolomeo Dondini.
Questo antico edifizio nel pian terreno serviva in parte ad uso di rimesse, nelle quali sono conservate le antiche volte e pillastri che lo sostengono.
Nel muro esterno esiste anche in oggi la lapide dimostrante l'esenzione dei dazi della mercanzia goduta dagli scuolari dell' Università per loro uso, come superiormente fu detto, e fra le predette scuderie Sampieri ed il palazzo della Mercanzia vi sono gli avanzi di altra torre che dicesi esser appartenuta a Giacomo d' Aimerico Bianchi pretendendosi che li 26 febbraio 1499 questo suolo appartenesse a detta famiglia, la quale poi lo cedette al Foro della Mercanzia di cui in oggi fa parte. Altri vogliono che qui vi fosse anticamente la casa di Bianco Bornino di Cosse. Questa torre crollò il sabato 3 aprile 1484 giorno di S. Lazzaro, alle ore 17 italiane, sulle case di Antonio e di Gio. Bolognetti, due delle quali furono spianate. Perirono 12 persone, si salvò un figlio di Giovanni con un domestico per essere nelle cantine, e due figli di Antonio per essere fuori di casa.
Strada Castiglione a sinistra dalla porla della città fino alla via delle Caprarie.
Si passa il Borgo dell'Oro.
NN. 346, 347. Chiesa e conservatorio di zitelle dette di S. Giuseppe. Il padre Giorgio Giustiniani gesuita istituì nel 1606 un ritiro per povere ragazze in certe case prese in affìtto. Stabilì per il suo governo una congregazione di dodici gentildonne, alle quali nel 1632 furono associati sei gentiluomini col consenso dell' arcivescovo Colonna, come da rogito Paolo Monari. Raccolte le ragazze in una casa dei Greci, fu aperta una chiesuccia nell' angolo di Strada Castiglione con Borgo dell' Oro, presso la quale li 22 marzo 1628 si comprò per L. 3600 quella di Gio. Francesco e Pietro Paolo Lolli come da rogito di Vittorio Biondini. L' arcivescovo Lodovico Lodovisi approvò questa istituzione li 17 novembre 1628.
Nel 1636 si cominciò la fabbrica dell' attual chiesa, che finita nel 1639 ed intitolata S. Giuseppe, fu profanata l'altra, ed unita al locale del conservatorio, che venne ampliato nel 1646 con la chiesa di S. Paolo di Borgo dell' Oro, edificata nel 1630 dai tessitori di lana, e da loro in progresso di tempo abbandonata.
Li 17 dicembre 1801 queste zitelle in numero di 15 furono traslocate, assieme alle loro maestre, nel conservatorio di Santa Croce in Strada S. Mamolo, ove rimasero fino al 16 agosto 1802, quindi restituite nel loro primitivo locale, e finalmente li 10 dicembre 1808 di nuovo rimesse in Santa Croce d' ordine dell' Opera di Carità, la quale nel 1809 concesse questo conservatorio a varie educande e pensioniste che erano state dapprima unite nel convento delle terziarie di S. Francesco nella Nosadella. Cessato questo istituto, l' abitazione fu affittata, poi ceduta a certe suore già di Santa Egiziaca, sulle quali darassi contezza quando si parlerà della via Borgo dell' Oro.
La chiesa fu fatta parrocchia sotto il titolo di S. Giuseppe per decreto dell' eminentissimo Oppizzoni Arcivescovo di Bologna.
N. 348. Casa dei Rainieri rimpetto alla Croce del Battocchio di Strada Castiglione e di Borgo Orfeo, valutata L. 4000 circa alla metà del secolo XVI.
N. 349. Casa con forno in Strada Castiglione nell' angolo del Borgo degli Arienti. Fu venduta li 27 aprile 1556 a Vincenzo e Pietro Rainieri per L. 1400 da Camilla e Cassandra dal Ponte, e da Benedetto dalla Croce, posta sotto Santa Lucia. Confina detta strada, Tommaso Falconi, e le monache di S. Lorenzo. Rogito Alessandro Stiatici. Passò al conte Astorre Orsi, rogito Alessandro Marsimigli delli 26 agosto 1647, indi ai Tortorelli, i quali cedettero le loro ragioni li 23 agosto 1792 al notaro Giovanni Luigi Cappelli.
Si passa Borgo degli Arienti.
N.353. Vincenzo del fu Francesco Rainieri comprò li 12 maggio 1571 da Gio. Pastarini una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia. Confina detta strada, l' altra del Borgo degli Arienti e Tommaso Falconi, per L. 1700. Rogito Nicolò Panzacchia.
Alessandro del fu Francesco Rainieri comprò da Stefano di Gio. Cocchi una casa sotto Santa Lucia in confine di Strada Castiglione a mattina, del venditore, del Silvestri e dell' Orfei, per L. 2000. Rogito Cristoforo Guidastri.
1577, 7 maggio. Tommaso del fu Girolamo Falconi vende al predetto Alessandro Rainieri una casa, più due poste, una in Strada Castiglione, l'altra nel Borgo degli Arienti. Confina il compratore da tre lati, e Ferrari dall'altro, per L. 3100. Rogito Innocenzo Brunetti.
La casa dei Rainieri fu ereditata dai Gesuiti.
Il vicolo che contorna l' antico monastero di Santa Maria del Cestello ha il suo principio in Strada Castiglione ed il suo termine in quella del Cestello. Fu chiuso alle due estremità con cancelli di legno per decreto delli 28 aprile 1715 col consenso dei vicini, che si riservarono l' adito e il diritto di aver le chiavi dei rastelli. Rogito Giacomo Antonio Bergamori.
Li 29 giugno 1514 per atti seguiti fra le suore di S. Lorenzo, e Girolamo Forracchi si sa essersi rilevato che essendo stata aperta per ordine del Governatore una strada dintorno al monastero, e non essendo questa occupata dai vicini per esser stata chiusa ne' capi, e nel mezzo da più persone, ed avendo Girolamo Forracchia fatto in quello un edifizio di un'altezza che sopravanzava le muraglie della clausura a modo che le suore non potevano comparire nell'orto senza esser viste da quelli che si trovavano in detto edifizio, come pure avendo altre persone nell'altra parte verso la via del Cestello conficato legni nel muro esistente in Strada Castiglione, sino alla muraglia di detto convento, e della casa di Vincenzo Rainieri, comanda sia distrutta e levata una scala, che occupa una parte di detta via aperta, e che Girolamo Foracchia debba fra quattro giorni aver distrutto ed abbassato il di lui edificio fatto nella sua casa ed in guisa, che la sommità del tetto non sopravanzi quella della muraglia di detta clausura, e ciò a sue spese, anzi che la sommità della muraglia sia un poco più alta dei tetti di detto Girolamo. Parimenti si ordina che nell' angolo di detto muro verso la via del Cestello sia demolito l' edifizio della casa ad esso opposto, in modo tale che la larghezza sia uguale all' altra parte, che siano levati i legni apposti e piantati in dette muraglie. nelle quali vi è la porta che va verso il Cestello, e che sia aperta e distrutta in modo da rendere libero il passaggio per detta via senza alcun impedimento. Rogito Orso Caccianemici.
N. 356. L' ornato dell' antica porta di questa casa ha in basso rilievo una quantità di sorci che si corrono dietro l' un l' altro, lo che ha fatto credere a molti che questo stabile possa esser appartenuto alla famiglia Sorghi. Il portico attuale di cinque archi fu fatto dalle monache di S. Lorenzo. Dicesi esser stato dei Musi, che si estinsero in Lazzaro che si adottorò li 5 settembre 1726. Passò alle canonichesse di San Lorenzo, ed ultimamente era del cav. Nicola Brighenti di Modena.
N. 357. Santa Maria del Cestello. Li 10 settembre 1251 Agnese abbadessa dell' ordine del Cestello di Borgo S. Felice fuori della Circla, acquistò per essa e per le sue monache dimoranti in detta chiesa e luogo, da Arriverio di Aluserio Carbonesi una pezza di terra arativa e vigneda, posta nel borgo di S. Felice, ed una fornace posta in detto luogo, sopra la qual pezza di terra era già fondato detto luogo e la chiesa. Il venditore rinunzia a qualunque iuspatronato sopra detto edifizio, a condizione però che il detto luogo o chiesa sia sempre libero ed esente tanto da detto venditore quanto da tutti gli altri laici e chierici, nè in alcuna maniera sia soggetto o sottoposto al luogo o chiesa di Santa Maria degli Orti di Parma, nè ad alcun altro, escluso ben anco il caso che l'abbadessa od alcun altra signora di questo luogo fosse di Parma o dello stesso luogo di Parma, volendo che lo stesso luogo e chiesa ne sia sempre libero ed esente. Questa pezza di terra confina a mattina con Guido di Prospero, con Martino dal Borgo, e con Olderigo di Ugo Albrighi, a sera con Saviolo e Mattia di Allerario. a mezzogiorno con una via che è vicina al Naviglio, ove sotto havvi la strada per la quale si va a Modena, e tutto ciò per L. 200, colla condizione espressa che esso Arriverio e di lui eredi siano obbligati alla difesa di detto luogo e terre, che lo stesso cedette e rinunciò a detta abbadessa e suore abitanti in detto luogo, con tutte le ragioni a lui spettanti contro Petrizolo di Ansaldina muratore di Porta Nuova, e suoi eredi, per fatto della vendita di predetta pezza di terra e fornace. Stipulato avanti la finestra di ferro del parlatorio alla presenza di frate Bombologna Camanzarini, Petrizzolo Bondifrate Gerardo fabbricator di panni che fu da Parma, e Montanara moglie di detto Arriverio. Rogito Filippo Calzolari.
1255. Bolla di Frate Giacomo vescovo di Bologna (Boncambi vescovo 60) a favore delle monache di Santa Maria del Cestello, colla quale concede 40 giorni d' indulgenza a quelli che opereranno con le proprie mani o faranno elemosina a dette suore per la fabbrica del loro monastero cominciato da esse a fabbricarsi presso la città di Bologna sulla strada di borgo S. Felice.
1267, 15 gennaio. Compra di suor Carità abbadessa di Santa Maria (orig. Marta, errore di cui il Breventani non si accorse) dell' ordine Cisterciense fuori della cerchia del borgo di S. Felice, a comodo di esse monache, da Giovanni del fu Guido Tencarari, di due tornature di terra vigneta poste nella guardia della città di Bologna. Confina presso il monastero di esse monache a mattina, presso Tebaldino di Pietro Marchese a mezzodì, presso il venditore a sera, e Quiriaco del fu Zaccaria a settentrione, per L. 100. Rogito Bongiacomo di Pietro di Marchesello.
1268, 5 luglio. Compra la suddetta suor Carità da Aldeburga Ansaldini una pezza di terra vigneta posta fuori della cerchia del borgo di S. Felice. Confina il monastero da tre lati, e la via pubblica, per L. 83, 16, 4. Rogito Giacomo di Amonito Barbieri.
1268, 4 agosto. Le monache sono sottoposte alla visita e correzione dell' abbate di Colomba, e si dichiara che il convento debba dirsi Santa Maria della Stella, e che non si debbano accettare, oltre le 32 suore esistenti, altre persone, sinchè non siano aumentate le rendite. Rogito Giacomo Guizzardini.
1334, 8 luglio. Licenza concessa dal Vicario generale di Beltramino Vescovo di Bologna alle monache di S. Lorenzo di vendere per L. 700 a Bartolomea figlia di Bonifacio Samaritani, e moglie di Taddeo Pepoli, una casa con edifizio, corte e broilo. posta sotto Santa Lucia. Confina Strada Castiglione, Guido dal Gesso, Biagio Tersari, e Bertolino Cavretta. Rogito Bartolomeo Mansori. Questa compra riguarda il sito dove fu poi piantato il convento di Santa Maria del Cestello.
1354, 22 aprile. Mandato di procura fatto da Gio. Pepoli a Nicolò Braiguerra per vendere una casa grande con suolo, terreno, edifizio, orto, broilo e casamenti, situato in Strada Castiglione, in confine di detta strada, di altra via dalla parte di sopra, o di mezzogiorno verso borgo dell' Argento. Rogito Francesco Caimbasilica notaro di Milano.
1354 , 3 maggio. Trattato delle monache di Santa Maria della Stella, abitanti vicino la cerchia di S. Felice, dell'ordine Cisterciense , capitolarmente congregate. In quello veniva ad esse esposto da suor Giovanna Gessi, loro abbadessa, essere situata e costrutta la chiesa, casa ed edifizi di detto loro monastero vicino la fossa della città di Bologna e contigua ai muri e fortilizi del castello fabbricato dentro la città di Bologna dal Reggimento della medesima per la conservazione del di lei stato (Castello del Pradello fatto dai Visconti) e per questo non essendo sicure in detto luogo, per potere questi loro edifizi esser di ostacolo all'espugnazione di detta fortezza, e conseguentemente poter essi causar pericoli maggiori alla detta città, perciò esser stato risoluto dal Reggimento di voler rimovere da detto luogo il loro monastero, chiesa, casa ed edifizi, comprando i legni e materiali dei medesimi edifizi per il prezzo competente, perciò esser necessario che dette monache provvedano al modo di poter fare tale vendita per poi determinarsi nella scielta di altra abitazione. Dopo maturo consiglio decisero, che ritenuto per esse il suolo, si vendessero i materiali, e che col prezzo da ricavarsi si comprassero stabili dentro la città in luogo congruo e decente per rifare il loro convento, al qual effetto si supplicasse l'abbate di Colomba a dare l' opportuno consenso, e che per mettere ad esecuzione tutto ciò si costituisse un sindaco particolare. Rogito Giacomo Vincenzo, e Graziano di Castel Franco.
Nello stesso giorno fecero mandato in D. Gabrielle Brevi monaco di Chiaravalle, e in Rustigano Rustigani in solido. Li 8 maggio 1354 riportarono il consenso dall'abbate di Colomba, e li 16 giugno susseguente si stipulò la compra della casa grande di Giovanni del fu Taddeo Pepoli con suolo, terreno, edifizio, orto, broilo, casamenti posti dopo detta casa e dentro i muri che sono attorno di quella. Essi muri erano posti in parrocchia di Santa Lucia in Strada Castiglione, in confine d' altra via pubblica dalla parte di sopra, o mezzodì verso borgo dell' Argento (il piccol vicolo era chiuso con cancelli di legno) di Simone e Giacomo Tersari, di Masio Trentaquattro, di Uberna moglie di Checcolo di Gio. Beccari, di Gerardino figlio di Cino Guidotti, di Lippo di Nicolò, di Giacomo di Benvenuto Pellizari, dei frati eremitani, di Zuntino Calzolari, del Priore di Voglo, di Nane Pianellari, di Guidazolo Zubonieri, delle suore di Santa Maria della Pugliola, e dalla parte di dietro verso sera presso certa casa, e casamento di Giacomo Pellizzari suddetto, ed altri confini, per L. 1700. Rogito Giacomo Vincenzi e Graziano da Castel Franco.
Questo stabile Pepoli sembra quello ricordato da un rogito di Bartolomeo Mansori delli 8 luglio 1334, che con mandato di procura delle suore di S. Lorenzo di Bologna in Bolognino del fu Ridolfo Ripoli ottennero di poter vendere a Bartolomea moglie di Taddeo Pepoli, figlia del fu Bonifacio Samaritani, una casa con terreno, edifizio. corte e broilo, il tutto posto in Bologna nella parrocchia di Santa Lucia, nella via di Strada Castiglione, per L. 700.
1354, 16 giugno. Compra di Petrolo del fu Gregorio Balbi da Milano dei materiali della chiesa, casa e edifici, ossia monastero fuori della cerchia di borgo S. Felice vicino alla fossa della città di Bologna, contiguo ai muri e fortezza del castello fabbricati in detta città, per L. 2100, riservando il suolo alle venditrici. Rogito Giacomo Vincenzi e Graziano di Castel Franco.
1357, 10 marzo. Licenza di Gio. Nasi vescovo di Bologna alle suore di Santa Maria delle Stelle di edificare un monastero colla chiesa ed oratorio, lungo piedi 60, largo 30, col campanile. e questo sotto il titolo di Santa Maria delle Stelle, e di edificare un monastero nel chiostro di detto monastero, nella via di Strada Castiglione, sotto Santa Lucia, senza pregiudizio del jus di detta parrocchia.
1358, 28 marzo. Frate Graziolo rettore della chiesa di Santa Lucia concede alle monache di costruire nei limiti di detta parrocchia il convento, chiesa con più altari, campanile, e cimitero. Rogito Lorenzo Cordoni.
1400, 10 agosto. Fu consacrata la chiesa delle suore del Cestello in Strada Castiglione di sopra al serraglio di detta strada, e rimpetto al monastero di S. Lorenzo, e dedicata a Santa Maria e al glorioso abbate e confessore S. Bernardo.
1473, 1 luglio. Sisto IV, stante l' angustia del convento di S. Lorenzo incapace di contenere sessanta individui, accordò l' unione del convento di S. Lorenzo, mediante via sotterranea, a quello di Santa Maria, siccome seguì li 11 settembre 1473. Ma le sette monache e la badessa di Santa Maria della Stella, Cisterciensi, non amando unirsi alle altre della regola di Sant'Agostino, passarono a Sant'Orsola fuori di Porta S. Vitale, alle quali furono consegnati i loro beni eccetto il convento.
1484, 27 giugno. Le suore di Sant'Orsolina, già del Cestello, prendono in enfiteusi dal rettore di Sant'Agata in Santa Maria Maggiore, due tornature di terra poste fuori di Porta S. Felice verso il canale di Reno. Confina la fossa della città mediante strada. il canale di Reno mediante pure via pubblica, e i beni di detto monastero. Rogito Albice Doglioli.
1525, 29 novembre. Le suore affittarono la possessione sotto Santa Cristina in borgo S. Felice. Confina la via pubblica, e quella mediante le fosse della città, e altra via pubblica mediante il canale di Reno. Rogito Andrea Bue.
Il conte Carlo Ranuzzi acquistò questo locale a rogito Luigi Aldini li 2 marzo 1799, e lo rivendette, come da rogito Modenesi, li 25 gennaio 1804 a Nicola Vittorio Brighenti, ingiungendogli di ribassare il muro circondario dell' antica clausura lungo la via del Cestello.
Si passa la via del Cestello.
NN. 358, 359. Aggregato di due case che tali si manifestano anche oggidì per la differente costruzione dei loro prospetti sulla strada, che nel 1431 appartenevano all' arte della lana.
Gli autori di storia bolognese sono fra loro d'accordo che l'arte della lana sia stata introdotta in Bologna nel 1230, che fossero accordati molti privilegi agli esercenti di quest' arte. e che si moltiplicassero prodigiosamente.
Nel libro degli statuti del 1249 e 1250, in data del 1222, si trova la seguente iscrizione : "Factores panni lana, et pignolati immunes sint a pubblicis factionibus". Forse allora aveva principio quest'arte. Eleggeva essa ogni anno nelle calende di luglio un rettore, che doveva essere forestiero, ed approvato dagli Anziani. Questo era un giudice con L. 50 di emolumento, e con partecipazione di certa quantità delle condanne da lui fatte. Gli era dato un notaro, ma anch' esso forestiero. La compagnia aveva il massaro e due castaldi. Al rettore, al massaro ed ai due castaldi incombeva la custodia delle acque del canal di Savena, le riparazioni della chiusa del ramo di S. Ruffillo, del canal di Savena, e della Seliciata dal serraglio di Strada Castiglione fino alla fine di detta strada, e siccome l' acqua di detta strada dura e corre nella stessa strada a spese dei vicini e di quelli che ne ricevono vantaggio, cosi il rettore doveva invigilare acciò il canale non fosse fangoso per il detto tratto inferiore.
II rettore era fornito di casa, ma colla riforma approvata dal Reggimento li 28 aprile 1665, invece di abitazione gli fu aumentato il soldo di L. 100. Nella stessa riforma fu prescritto che il notaro dovesse essere bolognese.
I fabbricatori dell'arte della lana furono nei tempi antichi in numero cosi grande, che fu duopo dividerli in tre classi, ciascuna delle quali costituiva da per sè un corpo ragguardevole, o compagnia separata dalle altre, e cioè:
1. Arte di lana gentile, che fabbricava lavori alti di lana.
2. Arte di lana bassa, che si occupava di lavori bassi non vendibili al ritaglio nè all'ingrosso, ma che dovevano portarsi alla casa dell' arte, dove approvati per buoni, venivano consegnati ad un pubblico officiale, chiamato il mastro di gargeria, che secondo il prezzo fissato ai padroni dei panni, li vendeva ai drappieri.
3. Drappieri che formavano la terza corporazione, la quale scavezzava, e vendeva al minuto il detto panno.
Ciascuna di queste tre compagnie aveva il suo particolare statuto. Quella dei drappieri e della lana gentile teneva ciascuna sede appartata nel magistrato dei collegi, e tutte due separatamente facevan parte delle dodici arti del foro dei mercanti.
Cominciò a declinare l' arte della lana in generale, per cui bisognò permettere di lavorare promiscuamente di alto e di basso, e di vendere al minuto. Ai drappieri poi fu concessa la fabbricazione a modo che uno solo faceva quello che già da tre era disgiuntamente esercitato. Non per questo le tre compagnie cessarono di nominare i loro massari fino alli 26 agosto 1599, in cui il Reggimento unì la compagnia dei drappieri con quelli di lana gentile, che nominavano un solo massaro detto dei drappieri e di lana gentile uniti. Nella sede che il massaro soppresso teneva presso il magistrato, fu poi sostituito il massaro dell' arte dei pittori, e nel luogo che godeva l' arte di lana gentile nel foro dei mercanti fu messa la compagnia dei salaroli. Finalmente nel 1609 alla suddetta arte unita fu aggiunta quella della lana bassa.
La compagnia dei strazzaroli che poteva soltanto comprare e rivendere robba vecchia, e non poteva maneggiar drappi se non logorati, si volle intitolata arte dei drappieri. Contro questa indebita usurpazione ricorsero i veri drappieri al Senato nel 1688 perchè fosse proibito ai strazzaroli di servirsi di tal nome, e perchè fosse levato dalle lapidi e dai luoghi pubblici ove era stato apposto. Il ricorso fu sottoscritto dal dott. Luigi Camuncoli rettore dei drappieri e della lana gentile uniti.
Esisteva l' unione delle quattro arti, la quale aveva molto rapporto coll' arte della lana in genere, la qual unione era composta dei
Tessitori di lana,
Purgatori e rivedini,
Manifatturieri di lana detti. lanini,
Capellari.
Queste quattro arti furon separate li 5 luglio 1784. Rogito Angelo Michele Bacialli.
I capellari ottennero di far arte da sè, assegnando loro lo stabile e i beni di ragione delle arti suddette soppresse, approvando come consiglieri i sei capellari già ascritti alle quattro arti, e stabilendo il consiglio della nuova arte nel numero di dodici fabbricatori o spacciatori di capelli, compresi sempre i sei suddetti capellari.
I purgatori furono istantaneamente uniti all'arte dei tintori, aggregando al consiglio quel purgatore che era delle arti soppresse.
I manifatturieri di lana come i tamarazzari furono assogettati all'arte dei drappieri e lana.
Finalmente l'arte dei bisilieri ridotta a tre soggetti fu unita a quella dei drappieri e lana, conferendo in essa beni e ragioni (vedi Miola N. 1070).
Un breve di Sisto V del 1 settembre 1589 assicura che l'arte della lana occupava negli antichi tempi da 15000 persone sparse nella città e nel territorio.
Le vie borgo dell' Oro, dell' Argento, borgo Orfeo, borgo delle Pallotte, Savonella, le vie del Cestello, di Fiaccalcollo, degli Angeli, dei Coltelli o Coltellini, e parte di Strada Castiglione, erano popolate da lavoranti di lana gentile, bisella, ecc.
A perfezionare i panni bisognava esporli al sole in certe fabbriche che si dissero chiavare o chiodare, e di queste ve ne erano due nelle vicinanze di Strada Castiglione.
Uno storico dice, sotto la data del 1278, che il convento dei frati Gaudenti era nelle Chiuvare dov' è l'ordegno per dar il sole ai panni, quantunque la loro chiesa fosse presso S. Bernardo. Queste Chiuvare erano presso le mura della città fra la porta di Strada Castiglione e quella di S. Mamolo.
La prima Chiuvara di cui si abbia memoria era circoscritta dalla via del Cestello, dal torrente dell' Avesa, dalla Strada Castiglione e dal borghetto di Santa Lucia.
1310, 5 novembre. Cambio di Bencivenne da Firenze abitante in Ferrara, che aveva 150 chiusi di terreno dove si tiravano i panni di lana gentile, in Bologna nella via di Strada Castiglione. Rogito di Gherardo di Manfredino di Gherardo da Sesto.
1421, 17 febbraio. Un rogito di Antonio Baldini e Bernardino Muletti dice che l'arte e compagnia della lana aveva una pezza di terra arborata e ortiva con undici case fornite di tuate (cantine) e peschiera posta in confine di Strada Castiglione, della via che va al ponte sopra l' Avesa dei Padri di S. Domenico (via del Cestello) che fu affittata per annue L. 36 a Giovanni del fu Nanne Marini.
1430, 26 maggio. La detta compagnia ed arte della lana gentile compra da Giovanni Cari, per L. 650, una pezza di terra ortiva con case ed edifizi ad uso di Chiuvare e tintoreria, posta sotto la capella di Santa Lucia, in confine di Strada Castiglione, della via che va al ponte dell' Avesa, di detta Avesa, e del terreno dei Padri di San Domenico. Rogito Nicolò di Savignano.
Le confinazioni citate in questi due contratti sembrano essere i medesimi, se però non fosse chiarito che il vicolo detto delle Dame del ritiro conduceva anch'esso al detto ponte sopra l' Avesa.
1431, 11 aprile. Assegnazione fatta dalla suddetta arte a Giacomo e Michele fratelli del Mangano, di una casa ad uso di tintoreria sotto Santa Lucia, per L. 900. Rogito Francesco Bonazoli e Giacomo Ottoboni.
1434, 23 marzo. Per determinazione presa li 3 marzo onde far fronte ad alcuni bisogni dell'arte fu venduto, col patto di francare, a Battista del fu Matteo Canetoli una pezza di terra di mezza tornatura circa, con casa ad uso di tintoreria, ed altra ad uso di Chiuvare, ossia di tirar panni, sotto Santa Lucia, in confine di vie pubbliche da tre lati, di Gio. Cari, di Giacomo e Michele dal Mangano, e degli eredi di Giovanni Ercolani, per L. 3500. Rogito Giacomo Zenzifabri. Nella successiva locazione l' arte si obbligò di pagare al Canetoli annue L. 260, un' oncia di zaffarano, ed una libra di pesce.
Bisogna notare che gli Ercolani possedevano nel Campetto di Santa Lucia.
1522, 18 gennaio. Costanza del fu Ercole Bentivogli vedova di Iacopo Strozzi di Ferrara aveva 142 parti di 260 di una pezza prativa con casa ed edifizio ad uso di Chiuvare per stendere i panni tinti di lana gentile, ed una casa ad uso di tintoreria e di purgar panni, posta sotto Santa Lucia, in confine di via pubblica da due lati, degli eredi di Gio. Ercolani di Faenza, e dei successori di Tommaso Zanettini. Rogito Virgilio Gambalunga. Questa pezza fa parte di quella venduta col patto di francare al Canetoli li 6 aprile 1434. Rogito Giacomo Zenzifabri.
L'altra porzione di detta Chiuvara apparteneva a Gualenzo Ghisilieri, il quale nel 1530 fu successore dell'altra porzione goduta dalla suddetta Bentivogli Strozzi. Nell' inventario legale dell' eredità di detto Gualenzo di Giorgio Ghisilieri, fatto nel 1534, si citano due Chiuvare sotto santa Lucia e un purgatore di una tornatura presso le dette Chiuvare. La tintoreria in Strada Castiglione confina le vie pubbliche, i Caprara e i Balzani.
1532, 3 marzo. Lodovico di altro Lodovico Felicini possedeva cinque parti delle Chiuvare, e gli eredi di Stazio Paleotti altre undici parti. Rogito Alessandro Stiatici. Filippo Bombelli, e Matteo Capponi.
1585, 4 febbraio. Cornelio e Cesare Lambertini vendettero all'arte della lana cinque delle sedici parti delle Chiuvare, per L. 600. Rogito Annibale Rustighelli.
1624, 14 maggio. L' arte della lana ricupera quanto per patto di francare godevano gli eredi di Gualenzo Ghisilieri nelle Chiuvare.
1625, 8 luglio. Andrea Pastarini, Giacinto Orsoni, Bartolomeo Accarisi, ed altri dell' arte della lana vendono a Gio. Antonio del fu Giacomo Roffeni parte di una pezza di terra di detta università posta sotto S. Damiano, sopra la quale vi fu una Chiuvara. Confina i Balzani, detto Roffeni successore di Laura Poeti, e i Dalla Torre a mezzodì, Caprara a tramontana, e i beni soggetti alla tintoreria deli' università a sera, per lire 1359, 8. Rogito Antonio Malisardi.
1686, 5 febbraio. Il senatore Annibale Ranuzzi compra dall' arte della lana gentile la tintoreria e prato unito delle Chiuvare, casetta e forno separato per cuocer cenere, con tutti gli ordegni e gius attinenti a detta tintoreria, compresovi tutto il sito dal portone che è sulla Strada Castiglione (vicolo del Ritiro delle Dame) sino all'altro portone grande nella via del Cestello, il lutto posto sotto la parrocchia di S. Damiano nella via del Cestello, per L. 10700. Rogito Giuseppe Cavazza.
Il Ghiselli nella sua cronaca sotto l'anno 1715 ricorda che in quest'anno l'arte della lana vendette l'edifizio più piccolo delle Chiuvare lungo piedi 200 per L. 270 all' oste dei due Angeli presso S. Giobbe, e aggiunge che questa fabbrica fu fatta per servizio di detta arte nel 1470, e che l' oste demolendo la chiuvara, ricavò i seguenti materiali:
Chiodi e ferramenti L. 1800
Coppi N. 18000 L. 270
Selci N. 46 L. 270
Legna da fuoco L. 1200
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Totale L. 3540
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Spese . L. 370
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Utile L. 3170
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Il fatto è certo mentre ci è trasmesso da autore allora vivente, ma si è indotti a sospettare che la Chiuvara esistesse in questo sito, mentre la compra Ranuzzi pare che riguardasse tutto il resto della possidenza dell' arte della lana; se poi la Chiuvara era nel borgo dell' Oro, sbaglia l'autore, perchè colà non poteva esser fabbricata nel 1470, ma molto più tardi.
Dopo aver date queste notizie generali sull'arte della lana, sulle Chiuvare e sul terreno dov'erano edificate, continueremo ora la storia delle case fabbricate sul suolo che appartenne alla compagnia stessa in Strada Castiglione.
N. 358. Li 11 aprile 1431 l' arte della lana assegnò a Giacomo e Michele fratelli del Mangano un casa ad uso di tintoreria sotto Santa Lucia, per L.900. Rogito Francesco Bonizoli e Giacomo Ottoboni.
1443, 22 maggio. Sentenza a favore dell' arte della lana contro Matteo del fu Antonio Barbieri, di ridurre la via, che da Strada Castiglione va alle Chiuvare nuove verso la Castellata, come era prima, cioè larga piedi 10. Rogito Petronio Macchiavelli. (Pare la via del Ritiro, ma non si combina colla Castellata, perchè avrebbe dovuto dire Cartoleria Vecchia).
1456, 3 luglio. l'arte della lana concede a Nicolò Sani di fabbricare la sua casa sopra la via che da Strada Castiglione va alle Chiuvare. Rogito Pietro Bruni. (Pare il vicolo del Ritiro delle Dame).
1453, 3 marzo. Giovanni del fu Francesco di Andrea del fu Bartolomeo Bolognini compra da Guido tintore e da Giovanna Culti lugali due parti di una casa, che contiene in sè un' altra casa dalla parte posteriore, sotto la parrocchia di Santa Lucia presso il serraglio di Strada Castiglione, per L. 300 di picchioni. Rogito Carlo Bruni e Cesare Panzacchia.
1458, 15 marzo. Casa di Lodovico ed Alessandro fratelli de' Manzoli, ad uso di tintoreria con corte, sciaquajoio, battocchio, acquedotto, caldaie di rame e tre tine di legno, posta sotto Santa Lucia nella contrada detta suso il Fossato (Cestello) rimpetto la chiesa di S. Lorenzo, in confine degli eredi di Antonio Vandolini. Rogito Cristoforo Fabri. Questa casa fu data in enfiteusi a Nicolò Zanchini li 12 dicembre 1458.
1464, 24 dicembre. Locazione enfiteutica concessa da Francesco Bolognini ad Andrea da Cento e a Rinaldo da Matuliano, della terza parte di una casa con edifizio ad uso di tintoreria sotto Santa Lucia, fuori del serraglio di Strada Castiglione, in confine di due vie, degli eredi di Domenico Ghelini, di quelli di Tommaso Bellucci, e di Giacomo tintore, per annue L. 16, 10. Rogito Domenico Panzacchia.
1475, 11 aprile. Gio. Bolognini assegna la suddetta casa in dote a Dorotea ed Elisabetta sue figlie, monache in S. Lorenzo. È detto essere sotto Santa Lucia di là dal serraglio di Strada Castiglione, con bottega ad uso di tintoreria, battocchio, ossia peschiera. Rogito Alessandro Bottrigari e Domenico Fabruzzi.
1478, 11 settembre. Le suore di S. Lorenzo comprano da Antonio Cesti una casa con archi, pillastri, corte, pozzo e orto, in Strada Castiglione, per L. 800, pagate da Gio. Bolognini per redimere la suddetta tintoreria. Rogito Bartolomeo Zani e Alessandro Bottrigari.
1510, 18 gennaio. Francesco e Lodovico Bargellini vendono a Girolamo, Gio. Paolo ed Ercole Crescimbeni un casamento con case e botteghe ad uso di tintoreria assieme unite e poste in Strada Castiglione sotto Santa Lucia dal Torresotto. Confina la detta strada, Domenico Balzani orefice, altra strada detta la Castelli (Cestello), gli eredi Fava di dietro, e una chiavica, per L. 4000. Rogito Melchiorre Beroaldi.
1543, 13 novembre. Giovanni, Gio. Camillo e Giacomo di Antonio Brascaglia comprano da Galeazzo del conte Girolamo Riari una casa con portico, pillastri, e bottega ad uso di tintoreria, con aderenze e arnesi per detta arte, posta in Strada Castiglione presso il torresotto dei Balzani. Confina la via del Crocifisso e le Chiuvare dell'arte della lana, per L. 3000. Rogito Giacomo Conti.
1545, 12 giugno. Gio. Camillo e Giacomo Antonio Brascaglia da Formigine tintori da seta comprano dai figli di Antonio e di Cesare Grassi una casa ad uso di tintoreria con arnesi e bottega sotto il portico, in Strada Castiglione, sotto la cappella di Santa Lucia. Confina i compratori, la via del Cestello, ossia del Crocifisso, e Strada Castiglione. per L. 2200. Rogito Giacomo Conti, Tommaso Ruggieri, e Pietrantonio Mengoli.
1575, 4 luglio. I Padri di S. Francesco comprano dai creditori di Giacomo e Antonio, padre e figlio Brascaglia, lo stabile suddetto senza gli utensili di tintoreria, per L. 800. Rogito Annibale Belvisi. Confina Antonio Caiti, Domenico dalla Torre, la via del Cistello, ossia del Crocifisso, e Strada Castiglione.
1588, 23 giugno. I Padri di S. Francesco vendono la suddetta tintoreria a Giovanni di Gio. Francesco Costei, per L. 12800.
1590, 3 luglio. Assegnazione del dott. Giovanni del fu Gio. Francesco Costei, alias Costi da Lodi, a Zaccaria del fu Matteo Pasqualini della parte di una casa sotto Santa Lucia, in Strada Castiglione, in confine dei Caiti, per L. 3000. Rogito Vincenzo Fabretti. Del 1627 era dei tintori Felina.
1694, 27 novembre. Il sacro altare della Vita permutò la casa passato il toresotto di Santa Lucia, a rogito di Gio. Giacomo Carboni, contro L.9000 di crediti del Monte, con Clemenza Ercolani.
N. 359. Casa grande e nobile, una parte della quale è di qua, e l'altra di là dal Toresotto di Strada Castiglione, il quale ultimamente apparteneva al proprietario di questa casa.
Il torresotto fu ceduto dal Comune ai Padri di S. Domenico per compenso.
Nel 1440 era affittato a Bartolomeo di Zardolo per annue L. 1, e li 4 luglio 1447 il detto conduttore lo comprò dai Domenicani per L. 25. Rogito del Bruno.
Fra la tintoreria ed il toresotto vi era la casa che del 1590 era di Antonio e Cesare Caiti. Li 2 dicembre 1623 la vendettero a Laura Poeti, erede Banti, per L. 15000. Rogito Vittorio Biondini. Dopo la casa dei Caiti veniva quella dei Dolfoli.
1450, 15 maggio. Vendita di Antonio Dolfoli, di Guido e Bartolomeo Gandoni a Nicolò Seni di una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, per L. 350. Rogito Carlo Pietro Bruni e Cesare Panzacchia.
1456, 5 luglio. Compra Luca di Gio. Dolfoli da Baldo di Giovanni falegname una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, per L. 400. Confina il compratore e i beni dell'arte della lana da due lati. Rogito Giacomo Zanetti e Andrea Leoni.
1467, 11 dicembre. Licenza dei difensori dell'Avere a Luca del fu Gio. Dolfoli di fabbricare due pillastri ed un portico avanti la sua casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia dal Toresotto, presso Giacomo de' Venetij tintore, presso la via che conduce alle Chiuvare, cioè da settentrione verso il toresotto fin dove arriva la fronte delle case, facendo portico in volto. Rogito Boatero Boateri. È certo che questa casa del 1510 era di Domenico Balzani. Si dice che fu degli Oddofredi, e che li 10 settembre 1551 fu divisa fra i Balzani e i Casarenghi. Ai primi toccò il pian terreno, ed il resto ai secondi.
1610, 13 febbraio. Diomede Casarenghi del fu Sebastiano comprò da Elena del fu Girolamo Luna vedova di Vincenzo Balzani, e da Romeo Bombasari la parte davanti della medesima detta del torresotto. Rogito Antonio Castellani. Un' appartamento di questa casa del voltone di Santa Lucia, che fu già tutta dei Balzani, l'ereditarono i gesuiti che la vendettero ai commissari di Clemenza Ercolani fondatrice del ritiro delle Dame.
1639, 25 gennaio. Alberto del fu Diomede Casarenghi aveva casa sotto S. Damiano in Strada Castiglione, in confine di Floriano Nanni, e della via. Idem un appartamento sotto detta parrocchia, presso il torresotto, in confine degli eredi di Antonio, di Maria Banti e di Bernardino Balzani. Rogito Giulio Cesare Cavazza. Il torresotto era dei Casarenghi.
1627, 3 marzo. Compra il dott. Gio. Antonio Roffeni da Laura del fu Luigi Banti moglie di Teodosio Poeti, per L. 15000, due case sotto S. Damiano in Strada Castiglione. Rogito Vittorino Biondini. Una di esse è qualificata per casa nobile già sotto Santa Lucia, ora sotto S. Damiano in Strada Castiglione. Confina detta strada a mattina, i beni di Gio. Battista Feline tintore a mezzodì, l' infrascritta casa a sera, coll'arte della lana gentile, Lorenzo Torri e i Balzani a settentrione, l' altra casa nella via del Cestello, che confina detta s!rada a mezzodì, i beni Feline a mattina, la suddetta casa grande a settentrione, ed a sera.
1650, 3 agosto. Compra alla subasta di Girolamo Bavosi dei beni del fu Gio. An tonio Roffeni, e cioè di una casa grande in Strada Castiglione che confina coi Balzani, coi Casarenghi e coi Torri ; più l' edifizio delle Chiuvare che confina a settentrione con Feline, ed a mezzodì colla via del Cestello. Rogito Paolo Monari e Domenico Baldini.
Questi stabili, che al finire del secolo XVII erano dei Bavosi dalla via del Cestello al torresotto, e dal toresotto al vicolo del Ritiro delle Dame erano dei Balzani, appartenevano nel 1715 agli eredi Leoni per una fronte di piedi 135, 10.
Clemenza del conte Girolamo Ercolani, discendente da Girolamo seniore di Vincenzo, primo senatore della famiglia Ercolani, e vedova di Carloandrea Leoni, morì li 31 ottobre 1698, con testamento delli 20 agosto precedente lasciando erede l'istituto da lei ideato sotto il titolo della Santa Umiltà e sotto l'invocazione di Santa Cattarina da Siena e di Santa Elisabetta regina d' Ungheria, e cioè un ritiro a comodo di vedove e fanciulle nobili bolognesi.
Il locale fu aperto circa dopo 23 anni dalla morte della fondatrice. e cioè il primo gennaio 1721. Per la cattiva amministrazione tenuta dei beni e delle rendite di questo stabilimento, si trovò talmente gravato di debiti, che Benedetto XIV con suo chirografo delli 31 luglio 1747 ordinò di sospendere l' ammissione di vedove e di ragazze nel ritiro, di lasciare il godimento dell' abitazione alle quattro che vi si trovavano, e di passarvi scudi 40 annui per cadauna. Dopo vari anni si riaperse accogliendo qualche vedova proporzionatamente alle forze delle rendite dell'istituto. Li 9 settembre 1780 Pio VI applicò i beni del collegio dell' Umiltà di Bologna alle religiose Orsoline di Roma, gravandole di dover nel loro convento accettare 15 dame vedove, 8 putte bolognesi, e pagare 740 scudi annui alla Palmieri Bocchi, e alla Bargellini Fantuzzi vita loro natural durante.
1787, 9 novembre. Il Senato prevalendosi del diritto di nominare cinque zitelle nel caso non fosse completo il numero delle quindici vedove, nominò Teresa del senator Ulisse del fu Alessandro Gozzadini, per essere educata gratis come zitella nobile bolognese nelle Orsoline di Roma. Il Gozzadini era ambasciatore del Senato di Bologna presso S. S. Papa Pio VI.
I beni stabili del ritiro delle Dame, tanto urbani che rurali, furon messi all' asta pubblica, e deliberati all'avv. Antonio Aldini, ma per certe illegalità intravenute, fu deciso di ripetere l'asta stessa, nella quale il maggior offerente fu Vincenzo Galli appaltatore dei tabacchi di Bologna, il quale ne pagò l'importare in tanti crediti del Monte Benedettino. Li 3 agosto 1797 furono avvocati alla Nazione, e trovati dell' ammontare di L. 108784, 9, 10, la qual somma fu applicata allo spedale della Morte.
I numeri 716 al 720 inclusivi della via del Cestello, i numeri 358 e 359 di Strada Castiglione, ed il numero 966 nel vicolo morto del Ritiro delle Dame, appartennero al suddetto Vincenzo Galli come successore delle Orsoline di Roma.
II N. 359 di Strada Castiglione segna l'ingresso alla chiesa di Santa Cattarina da Siena e di Elisabetta regina d' Ungheria, alias di Santa Maria dell' Umiltà.
1361, 11 giugno. In Strada Castiglione si cominciò a macinare in due molini, l'uno vicino al torresotto, l' altro in certa casa di Gio. Lamaresi sul cantone di un viottolo per il quale si andava al pozzo dell' acqua buona, il qual viottolo fu chiuso dai frati di S. Domenico.
Si passa il vicolo del ritiro delle Dame.
NN. 360, 361. Casa che li 25 settembre 1538 Sebastiano del fu Guido Casarenghi comprò in parte da Terenzo e Nicolò Caprara per L. 1100. Rogito Tanaro Tanari e Giorgio Marchetti.
1541, 6 ottobre. Assoluzione di Cesare Nobili a Sebastiano del fu Guido Casarenghi per una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia. Rogito Annibale Coltelli.
1624, 28 aprile. Alberto Casarenghi fabbricava nell'andito (vicolo) che parte da Strada Castiglione e va alle Chiuvare dell'arte della lana dietro il muro della casa dei Balzani, e costruiva il vòlto sopra lo stradello.
1629, 19 dicembre. Sentenza dell' Auditore Generale di Bologna, colla quale dichiara esser lecito ad Alberto Casarenghi di fare il vòlto sopra lo stradello che dalle Chiuvare va in Strada Castiglione, purchè non sia impedito nè innovato cosa alcuna nel suolo di detto stradello dichiarato proprietà dell'arte della lana. Atti di Giovanni Matteo Magnoni.
1644, 22 agosto. Compra Procolo di Paolo Fabri da Alberto di Diomede Casarenghi una casa in Strada Castiglione per L. 9500. Rogito Bartolomeo Cattanei.
1659, 19 gennaio. Era d'Isabella del fu Francesco Vignoli moglie di Lorenzo del fu Angelo Carrati. Confina uno stradello, Vincenzo Casarenghi successore Balzani, il prato delle Chiuvare, il dott. Nanni, e Lorenzo del fu Paolo Garofali. Del 1715 era degli eredi del capitano Santamaria che vi abitarono finchè passarono nei Pellacani. Fu comprata dai Patellini. Il N. 361 è la porta sotto il portico.
N. 362. Casa dei Caprara (6). Li 30 marzo 1528 Antonio del fu Alessandro Cospi compra da Giacomo e da Alessandro fratelli Caprara del fu Egano, la parte anteriore di una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina Andrea Longhi, Rizzardi, Bentivogli, il torrente Aposa, per L. 600. Rogito Vitale de' Buoi. Questo ha tutta l'apparenza di un patto di francare. I Cospi non avevano il palazzo N. 374 che è sotto S. Gio. in Monte.
1529, 8 luglio. Compra Matteo Casarenghi del fu Guido da Giacomo, Alessandro e Vincenzo fratelli e figli del fu Egano Caprara, la parte posteriore di una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Rogito Andrea Fabri.
1539, 5 dicembre. Matteo di Guido Casarenghi dichiara d'aver acquistato per lire 600 la parte anteriore della casa già comprata dai Cospi, a total comodo dei fratelli Caprara.
1541, 22 agosto. Compra Lorenzo del fu Giacomo Caprara da Achille di altro Achille Galli una tintoreria sotto Santa Lucia, per L. 2000. Rogito Francesco Parolini e Antonio Benni. Confina coi padri di S. Domenico, col compratore, con Sebastiano Casarenghi, e coll' arte della lana.
1552, 17 giugno. Compra Girolamo Caprara da Corradino Galli, una casa in Strada Castiglione. Rogito Alberto Sassomolari.
1559. Compra il suddetto da Diomede e fratelli Casarenghi una casa in Strada Castiglione per L. 2980. Rogito Girolamo Leoni.
1562, 16 ottobre. Il suddetto compra da Maria Zanna degli Accursi una casa per L. 700. Rogito Ippolito Peppi.
1562, 16 ottobre. Il detto Girolamo è assolto da Elisabetta e Lucia, sorelle della Moneta, di L. 1400, parte di prezzo della casa da Santa Lucia. Rogito Evangelista Colli.
1563, 22 febbraio. Compra il suddetto Girolamo del fu Giacomo Caprara da Pellegrino Longhi una casa sotto Santa Lucia per L. 1100. Rogito Ippolito Peppi.
1575, 11 luglio. Compra il predetto Girolamo, battocchio, orto sotto Santa Lucia, rogito Ippolito Peppi, che li 6 aprile 1424 locavasi in enfiteusi dall' arte della lana a Giacomo Zenzifabri. Rogito Domenico Maria Giordani. Eredi di questa famiglia Caprara furono i Canonici derivanti da Iacopo Rusconi da Mugello, lettore di legge canonica, che venne a Bologna nel 1161. Si dissero dei Canonici da un Canonicus Arardi del 1198.
N. 363. Casa che Enrico di Orsino Orsi vendè a Carlantonio Berò assieme ad una stalla li 16 maggio 1589 per L. 21000. Rogito Girolamo Berò. Questo ramo Berò fini nel conte Gio. Agostino del conte Federico, morto li 2 febbraio 1761, lasciando una sola figlia, contessa Ginevra, maritata nel senatore Carlantonio di Guglielmo Dondini Ghiselli, morta senza successione li 11 ottobre 1761. Nel predetto anno fu stimata L 15006. Dal citato conte Federico fu quasi tutta fabbricata, aggrandita e nobilitata. La vedova del conte Giovanni Agostino, contessa Bianca Tanara Berò, morta li 18 giugno 1776, contrattò questo stabile coi fratelli Giovanardi banchieri, dai quali passò ad Angelo Maria Cermasi mercante da seta, i di cui figli la possedevano anche ultimamente.
N. 364. Casa che li 7 ottobre 1318 era di Giacomo e Girolamo Conti, e che un rogito di Lodovico Dainesi la dice in Strada Castiglione in faccia a S. Lucca. Si abbia presente che la chiesa vecchia di S. Lucca era nell'angolo del Campo di Santa Lucia, e che il detto campo era in faccia al vicolo morto detto Campetto di Santa Lucia.
1582, 32 ottobre. Casa di Giulio del fu Giacomo Conti in Strada Castiglione sotto Santa Lucia. Confina la via pubblica a mattina, certo stradello a settentrione (Campetto di Santa Lucia) Orsino Orsi a mezzodì, e certa casetta di detto Conti a sera.
1598, 14 febbraio. La casa di Francesco Conti in Strada Castiglione, in confine del Campetto di Santa Lucia e dei Berò, fu assegnata in parte a Matteo Buratti.
1601, 28 agosto. Assegnazione in solutum di Francesco del fu Petronio Conti ad Antonio del fu Costanzo Roffeni della casa in Strada Castiglione rimpetto a Santa Lucia, in confine dei Berò e di un vicolo. Rogito Giacomo Maria Gilardi notaro di Roma.
1635, 9 luglio. Casa che fu di monsignor Buratti, pervenuta in eredità agli Orsi del ramo senatorio, posta in Strada Castiglione rimpetto la porta della chiesa di Santa Lucia, con casetta e stalla nel borghetto di Santa Lucia.
1648, 22 febbraio. Nell'inventario legale dell'eredità del fu Gio. Buratti è citata una casa grande in Strada Castiglione rincontro la porta grande della chiesa di Santa Lucia, e una casetta di dietro nel Borghetto. Confinano Lucrezia Castelli Berò, e Accursio Bolognetti. Passò per compra al confinante Berò, e pare che vi fosse a' suoi giorni un forno, che fu tolto quando fu cominciata la fabbrica della facciata, il cui interno non è finito. Dai Berò passò ai Giovanardi, poi ai Cermasi nel 1789, e Gabrielle Cermasi mercante di seterie la pagò L. 22000. Nella casa che fa angolo col Borghetto vi era un'arma con un leone rampante.
Si passa il Borghetto di Santa Lucìa.
N. 365. Nel 1636, 18 gennaio, il P. Agostino Galli gesuita lasciò al Collegio di Santa Lucia la casa senza portico nel cantone del Borghetto di Santa Lucia, quasi rimpetto alla chiesa vecchia di Santa Lucia, rogito Giulio Cesare Cavazza, che si rogò li 26 luglio 1630. Fu ampliata e fabbricata, dopo di che si valutò lire 7500. I Galli erano successori Accursi.
NN. 366, 367. Nel 1520, 27 luglio, si concede licenza a Traiano ed a Baldassare del fu Giovanni Accursi di fare il portico alla loro casa in Strada Castiglione sino al l' angolo di altre loro case presso un viazzolo chiuso (Campetto di Santa Lucia) e ciò presso il canale, concedendogli qualche poco di terreno pubblico per tirar a filo detta fabbrica, lasciando però essi maggior spazio di terreno a pubblico uso.
1629, 7 settembre.Testamento di Gio. Francesco del fu Baldassare Accursi, aperto nel 1668, col quale instituisce eredi Lucrezia e Francesca sue figlie legittime, con obbligo di tener aperta la casa da lui abitata in Strada Castiglione. Confina i Grassi, i creditori di Gio. Galli, la via e l'Avesa. Mancando le figlie senza successione sostituisce Lorenzo del fu Gio. Battista Sampieri e il Rettore delle putte del Baracano per instituire un collegio per sacerdoti da alimentarsi a spese della sua eredità, e convivere nella sua casa. Rogito Gio. Felini.
L' eredità di Gio. Francesco Accursi, probabilmente discendente dal famoso Accursio fiorentino discepolo d' Azzone, morto nel 1294, passò in Lucrezia Accursi, la quale dalle sue prime nozze ebbe Fulvia Bolognetti Facchini, e suor Fulvia Catterina in Sant' Agnese.
1677, 15 luglio. Rogito Francesco Maria del Sole. Assegnazione della contessa Fulvia Catterina Bolognetti Facchini, anche a nome delle suore di Sant'Agnese per la persona di suor Fulvia Canarina Bolognetti figlia ed erede del fu Gio. Francesco Accursi, e da Vittorio Vittori marito secondo della suddetta Lucrezia, a Gio. Battista del fu Francesco Sampieri. ed al rettore delle putte del Baracano di una casa con giardino sotto San Damiano in Strada Castiglione, in confine dei Grassi per
L. 25448, 05, 3
Più per una stalla nel Borghetto L. 1200, 00, 0
Nove casette in detto vicolo stimate L. 7014, 00, 0
Una casa in S. Mamolo L. 7300, 03, 5
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L. 40962, 08, 8
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E per compimento delle L. 41000 pagano L. 37, 11, 2
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Totale L. 41000, 00, 0
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Ne venne quindi che così accumulati tutti questi capitali costituirono il patrimonio del suddetto collegio che fu aperto nel 1678.
1748, 11 dicembre. Benedetto XIV assegna ad uno dei figli di Antonio Maria Lorenzo Sampieri le entrate dell' eredità del fu Gio. Francesco Accursi, con obbligo di vestire l'abito clericale, ed abitare la casa del testatore. Questo benefizio fu applicato a Domenico Sampieri secondogenito, mediante breve dato in Roma li 10 gennaio 1747, come dagli atti di Tommaso Lodi.
La suddetta casa appartenne poi al marchese Francesco del marchese Giuseppe Banzi.
N. 368. Casa di Paolo di Facciolo dalla Lana nel 1450, e dicesi che del 1568 fosse dei Grassi, e certamente li 14 dicembre 1594 era di Agostino del fu Lattanzio Grassi in Strada Castiglione. Confina Gio. Maria Castellani, Baldassarre Accursi, e l'Avesa.
1680, 1 luglio. Rogito Lucantonio Tiraferri. La casa Grassi in Strada Castiglione fu assegnata in dote ad Innocenza di Carlagostino Grassi moglie del dott. Sforza Maria Lemi figlio di Francesco. La detta Grassi ultima di sua famiglia morì li 9 gennaio 1743. I creditori di Carlo Lemi suo figlio la vendettero nel 1750, per L. 15000, a Gio. Battista Membrini milanese, che la rifabbricò nel 1753, avendo ottenuto suolo pubblico per la medesima il primo dicembre 1752. Li 28 luglio 1752 acquistò dai Padri Domenicani un pezzo di terreno ortivo, prativo, con piazzale, in confine dell' Avesa che corre scoperta e separa i detti beni dal muro che chiude l' orto dei Domenicani, e più la ripa aderente a detto muro, e ciò per L. 4500. Rogito Tommaso Lodi.
Il Membrini coperse l'Avesa, accorciò il borghetto di Santa Lucia, atterrò alcune case, e con il suolo acquistato dilatò il suo quartiere, o prato. Dal Membrini, nel 1759 passò a Ferdinando Montignani mercante di droghe che fece la facciata nel 1760, ed aggiunse un arco di portico dalla parte del torresotto. Morto Giovanni del detto Ferdinando li 17 febbraio 1799, il suo erede e nipote ex sorore il dottor Cesare di Antonio Machiavelli la vendette al senatore Carlo del marchese Costanzo Zambeccari li 13 agosto 1803 a rogito del dott. Paolo Cella. Morto il predetto senatore, li 26 luglio 1807 i di lui eredi la vendettero a Giovanni Frizzati intendente del conte Odoardo Pepoli, e dell'eredità del conte Alessandro di Cornelio Pepoli, il quale fece coprire un' altra porzione dell' Avesa, in confine del conte Carlo Ranuzzi, e della chiesa del Crocefisso del Cestello.
N. 369. 1450, 27 luglio. Locazione enfiteutica fatta dai Padri di S. Gio. in Monte a Baldassarre e Melchiorre di Giovanni da Reggio tintore, di un terreno sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina Paolo di Faciolo dalla Lana, gli eredi di Giovanni Benedetto dalla Ratta, e l' Avesa, sopra il qual terreno vi è una casa con orto Rogito Francesco Muletti.
1693, 27 ottobre. Casa del fu Andrea Castellani ad uso di tintoreria, detta la Portazza, in Strada Castiglione. Confina i Grassi, i Ratta, e l' Avesa. Rogito Domenico Maria Giordani. Passò ai Zambeccari che la possedevano li 23 aprile 1701, e la possedevano ancora del 1790.
N. 370. I monaci Olivetani di S. Benedetto vicino a Siena addirono li 21 maggio 1362 all'eredità di Ughetto Carrario, loro pervenuta in conseguenza della nomina a favore di essi, come poveri di Cristo, fatta da Bartolomeo Priore di S. Remigio di Bologna, dal dott. Gio. Calderini, da Giacomo Minetto di frate Pietro Angelelli, e da altri esecutori testamentari di detto Carrario. Rogito Graziano Lambertini.
1363, 10 febbraio. Compra Bartolomeo di lacobino di frate Guglielmo, della parrocchia di Santa Lucia, che è quello da cui discendono i Dalla Ratta, dai monaci Olivetani di S. Benedetto vicino a Siena, due case contigue con orto, poste sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, per L. 330. Rogito Francesco Lambertini. Questa vendita fu fatta dal ven. frate Lorenzo di Cioni Olivetano da Arezzo, per comprare due case nel borgo degli Arienti, ed unirle a S. Bernardo.
Un rogito di Bonifacio da Loiano delli 4 marzo 1475 dice che Bartolomeo del fu Gio. Dalla Ratta abitava sotto la parrocchia di Santa Lucia di Barbiano nella contrada detta della Ratta.
1517, 7 agosto. Compra Dionigio Ratta da Alessandro Gullotti una casa sotto Santa Lucia, per L. 1025. Confina la strada da due lati e gli Azzolini.
1581, 12 luglio. I Ratta accrebbero queste case mediante porzione di quella del confinante Francesco di Antonio Dainesi. Questo stabile fu notabilmente risarcito dal cav. Luigi Ratta nel 1781. Continuava anche ultimamente ad essere del ramo Ratta Garganelli.
N. 371. Casa dei Dainesi, famiglia riputata per un ramo dei Lambertazzi, che ripatriata cambiò cognome. Si estinsero i Dainesi nel dott. Andrea, morto li 15 ottobre 1679, del quale furono eredi Camillo Boccaferri e i Grimaldi.
1642, 25 settembre. Case e casette in Strada Castiglione del fu Trofanini, in confine degli eredi di Lorenzo Bonsignori, dei Ratta, e della via dell'Orto, valutate lire 32000. Rogito Domenico Albani.
Una casa assieme ad una piccola annessa era stata venduta da Sigismondo Dainesi ad Alberto Massarenti, per L. 7100, li 14 luglio 1650. Rogito Filippo Carlo Zanatti, alias Azzoguidi. E si dice posta in Strada Castiglione, in confine dei dal Ferro e dei Ratta. Questi stabili furono comprati da Girolamo Cavazza, che li rifabbricò nell'interno.
Nel 1741 passarono ai creditori di Antonio del detto Girolamo, che li vendettero a Pietro, e al canonico D. Sebastiano fratelli e figli di Matteo Conti.
I Conti diedero a conto del prezzo la casa nella seliciata di Strada Maggiore, detta la casa del Re Erode, per L. 13000.
1743, 17 maggio. Pietro Conti ottenne di levare i legni e le basi di gesso del suo portico in Strada Castiglione, di costruire tre colonne e due pillastri, occupando piedi 15 e oncie 3 di suolo pubblico oltre quello delle basi, ritirandosi indietro col muro, e lasciando cosi più spazioso il portico.
Dopo avere il Conti ornato di facciata questa casa, la vendette li 27 gennaio 1746 al marchese Antonio di Gioseffo Zagnoni per L. 40000. Rogito Giuseppe Pedini. Ultimamente apparteneva alla principessa Beaufort.
N. 372. Palazzo Zagnoni, ora dei principi Spada, composto dall'unione di diverse case nobili.
La prima in ordine era quella dei Bonsignori, detti anche Monsignori, e del 1551 Gio. Battista di Bartolomeo, della parrocchia di Santa Lucia, era anche detto dei Ricci. Lorenzo di Pompeo, morto nel 1637, fu l'ultimo della famigiia, della quale fu erede in parte Carlo Beccadelli.
1647, 5. settembre. Compra Gio. Battista Ferri, o dal Ferro, da Carlo Beccadelli una casa in Strada Castiglione. Rogito Bartolomeo Cattani. È detto che fu dei Bonsignori, e che aveva quattro archi di portico di legno.
Nel detto stabile pare che vi fossero incluse due case, una dei dal Ferro, e l'altra dei Simj, poichè nel 1545 è certo che Agostino Simj aveva una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia, presso Orso Orsi, che come si vedrà più sotto, possedeva in quelle località del 1628, e presso Boncompagno dal Ferro, la qual famiglia non acquistò che del 1647 la casa dei Bonsignori vendutagli dall' erede Beccadelli.
1666, 6 marzo. Cesare e fratello Zagnoni comprano da Guidantonio Ferri una casa grande in Strada Castiglione per L. 27000. Rogito Silvestro Zucchini. Il suddetto Cesare, ebbe in moglie Margarita sorella di Antonio di Paolo Masina autore della Bologna perlustrata.
La seconda sotto Santa Lucia, continuando la strada verso settentrione, era di Ginevra Bolognetti e di Costanzo Aristoteli, che la vendettero assieme a quella nella via dell'Orto. per L. 7250, li 24 luglio 1528. Rogito Andrea Pietramellara e Lodovico Orsi. È descritta per casa grande con tre corti e orto. Confina gli eredi di Galeazzo Poeti, quelli di Nicolò Bonsignori, l' Aposa di dietro, e la seguente casa piccola sotto S. Damiano nella via dell'Orto, la quale confina i Poeti, Zanino della Ratta e l'Aposa.
1545, 2 luglio. Compra Ginevra del fu Francesco Fantuzzi, vedova di Lorenzo Ariosti, da Orsino del fu Lodovico Orsi, una casa con stalla sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina Paolo Poeti a settentrione, la via dell'Orto ad occidente, Lorenzo Bonsignori a mezzogiorno, e Strada Castiglione a levante, per L. 6000. Rogito Annibale Coltelli e Silvestro Cavazzoni.
1557, 18 febbraio. Gli Ariosti fabbricavano la loro casa in Strada Castiglione.
1673, 18 giugno. Compra Giuseppe Maria Zagnoni dal conte Ugo Ariosti una casa nella via dell' Orto, in confine della casa grande dei Zagnoni, per L. 6250. Rogito Carlantonio Mantini.
1706, 16 dicembre. Compra Giuseppe Maria Zagnoni dai conti Ugone, Vincenzo e Corradino Ariosti la casa vecchia Ariosti in Strada Castiglione, per L. 10000. Rogito Ignazio Uccelli. Aveva portico con colonne di legno.
Questi Ariosti passarono in Strada S. Felice da S. Lorenzo di Porta Stieri.
Cesare di Giuseppe Zagnoni risarcì moltissimo questi stabili riuniti in un solo.
1756, 28 aprile. Il marchese Antonio Zagnoni ottenne facoltà di dirizzare il muro della casa da lui comprata presso quella di sua abitazione in Strada Castiglione, di fare un nuovo portico con colonne di pietra, e con occupazione di suolo pubblico. Fu in questo tempo che si fece l'attuale facciata.
L' ultimo Zagnoni, il marchese Giuseppe di Antonio, morto in Roma li 14 dicembre 1803, fece un contratto vitalizio di questi e dei vicini stabili col principe Giuseppe Nicola Gaspare del senatore Muzio Spada, i cui discendenti ne sono ancora proprietari.
N. 373. Palazzo senatorio Poeti (7), fabbricato da Nicolò Poeti, morto li 4 febbraio 1491. Questo palazzo per la sua magnificenza era al livello dei principeschi.
1754, 11 gennaio. Compra il marchese Antonio Zagnoni dalla marchesa Laura Poeti un palazzo in Strada Castiglione, per L. 185000. Rogito Pietro Amadesi. Ora spetta ai principi Spada (Vedi via Galliera N. 548).
Si passa la via Poeti.
Nell' angolo della via Poeti, sia da questa, sia dall' altra parte, si ha memoria puramente storica esservi stata una chiesa, annessa alla quale trovavasi un molino di Giovanni Lanarisi. Diffatti esiste un rogito di Francesco Argile delli 22 agosto 1367 col quale Giovanni di Fuccio Lanarisi di Luca compra da Como di Giovanni mercante un casamento da Santa Lucia per L. 35, il quale si dice essere sotto la parrocchia di S. Gio. in Monte, in confine del compratore, della via pubblica da due lati, dell'Avesa di dietro, era molino, poi diventò filatoglio.
Si trova li 14 febbraio 1340 che Giacomo Pepoli comprò da Ugolino e Basino Aqualti certo casamento o terreno posto in Bologna sotto S. Gio. in Monte, largo in testa della via di Strada Castiglione piedi 6 e oncie 9, e di larghezza in testa dal lato della casa del molino dei Luteri piedi 24, per L. 35. Rogito Bolognetto Bolognetti.
1340, 14 febbraio Giacomo Pepoli compra da Mellino del fu Lippo Luteri un casamento sotto S. Gio. in Monte, largo in testa piedi 24 dal lato della via. Rogito Bolognetto Bolognetti.
1365, 24 agosto. Mandato di procura di Giberto e Tarlato del fu conte Pepoli per vendere a Giovanni del fu Taddeo Pepoli l' ottava parte per indiviso con detto Giovanni di una casa grande in Strada Castiglione. Rogito Paolo Magnani.
1365, 28 settembre. Compra Giovanni del fu Taddeo Pepoli da Nicolò del fu Romeo Pepoli della quarta parte di una casa grande, ed altra casa con orto in Strada Castiglione, sotto Santa Lucia. Rogito Giacomo del fu Nicolò Magnani.
N. 374. Palazzo senatorio Cospi (8), che fu anticamente dei Sampieri. Nel libro degli estimi del 1372 si trova che Giorgio di Paolo di Castel S. Pietro, e Ugolina di lui madre, avevano una casa sotto S. Gio. in Monte, in confine di Giacomo Mengozzi, di Perregrino mercante, della strada pubblica, e di Andrea Trentaquattro, valutata in estimo L 600.
1487, 5 settembre. Nel testamento di Marco di Battista Sampieri, a rogito di Francesco Conti e di Giacomo Loiani, si fa menzione della casa grande del testatore indivisa con Battista ed Ercole di lui nipoti, la quale ha orto, peschiera e stalla, posta in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte, in confine della via pubblica da due lati, dell' Avesa, e degli eredi di Taddeo Bonafede. Passò ai Cospi per l'eredità di Virginia di Francesco Maria Cospi, vedova di Mario di Raffaele Sampieri, che testò li 6 luglio 1614 a favore di Angelo suo fratello, e di Francesco suo nipote ex fratre. ll ramo Cospi che qui abitava terminò nel senatore Tommaso di Francesco, morto li 28 aprile 1650, a cui successe nei fidecomessi il ramo Cospi in Strada S. Stefano, rimpetto alla Ceriola, il quale anche ultimamente possedeva questo palazzo.
NN. 375, 376, 377, 378. Casa di D. Cristoforo, di Andrea e Lorenzo, fratelli e figli del fu Giulio Pensabene, comprata da Alberto del fu Battista Alberti per L. 5180. Rogito Annibale Rusticelli. È detto aver orto, e confinare di sopra con Alberto compratore, e di sotto Vincenzo Pensabeni. Nella famiglia Alberti vi fu Onesto famoso leggista e poeta, che fu collega ed amicissimo del Petrarca mentre studiava leggi in Bologna. Fioriva nel 1320.
Dal 1561 al 1582 i Duglioli comprarono da Alberto Alberti e da Vincenzo Pensabeni diverse case in Strada Castiglione, in confine di Nicola Lazzari a settentrione, di Marto Sampieri a mezzodì, e dell' Aposa di dietro, ossia a ponente.
1575, 15 febbraio. Assoluzione in solutum di Alberto Alberti al dott. Annibale Duglioli di una casa sotto S. Gio. in Monte, per L. 8000. Confina i Sampieri e l'Aposa. Rogito Domenico Passarotti.
1582, 23 gennaio. Compra Albizo Duglioli da Alberto Alberti il residuo di una casa in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte, per L. 6000. Rogito Marco Tullio Razzali.
1582, 26 gennaio. Assegnazione di Vincenzo di Bartolomeo Pensabene ad Orazio d' Albice di Rinaldo Duglioli, di tre case contigue in Strada Castiglione, sotto S. Gio vanni in Monte. Confina i successori di Cristoforo Pensabene, Alessandro Viggiani, e l'Avesa, per L. 8000. Rogito Tommaso Passarotti.
1584, 22 ottobre. Compra Mario di Raffaele Sampieri da Albizo Duglioli una casa grande sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione, per L. 12000. Rogito Marco Tullio Razzali.
Si noti che v' è motivo a credere che questa casa abbia servito ad ingrandire il palazzo Cospi dalla parte della Croce dei Casali.
1614, 11 gennaio. Permuta di Rinaldo e di monsignor Tolomeo Duglioli col senatore Giovanni Angelelli di quattro case unite in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte, valutate L. 14000. Rogito Achille Canonici.
Una di queste case li 5 aprile 1543 fu venduta da Dorotea Cospi del fu Giacomo, vedova del dott. Giacomo Savi e moglie del cav. Carlo Uberti, al di lui fratello Francesco Maria del fu Giacomo Cospi. È detto essere in Strada Castiglione sotto San Gio. in Monte, in confine dei Bianchini, per L. 3500. Rogito Matteo Rognoni.
Li 2 gennaio 1549 fu venduta dal Cospi ad Emilio di Pizzo Vizzani, per L. 3200. Rogito Francesco Manzolini.
NN. 377, 378. Case che Alessandro Vizzani le vendette li 15 maggio 1590 al dott. Albice Duglioli, le quali diconsi unite e poste in Strada Castiglione sotto S. Giovanni in Monte, in confine del compratore a mezzodì, di Alberto Pasi a settentrione, di Vincenzo Lucchini verso l' Aposa o a sera, e col vicolo di S. Damiano dalla stessa parte, per L. 19000. Rogito Francesco Maladrati.
Pare che questo patto fosse di francare, poichè li 23 febbraio 1607 Emilio e Alessandro Viggiani le vendettero a Bartolomeo e Vincislao Lazzari per L. 19000. Rogito Giuseppe Brunetti. Confinavano Gio. Battista Pasi, i Duglioli, l'Avesa, i Lucchini, ossia Gio. Angelelli.
1667, 23 febbraio. Vincislao Lazzari fece testamento lasciando usufruttuaria Diamante Guidotti Lazzari sua moglie, e proprietario Luigi Rossi suo cognato. Rogito Ercole Forti. Nell' inventario legale è compresa questa casa.
I Lazzari terminarono in Paolo naturale, che testò li 7 settembre 1798 a rogito Gio. Maria Pedini, lasciando erede l'ospitale della Vita, e in Anna Maria di Gio. Lazzari e di Diamante Guidoni moglie del conte Luigi Rossi, il quale li 15 maggio 1659 comprò questa casa nobile alla subasta per L. 10025, per poscia rivenderla e pagare i debiti che erano sopra i beni dotali di sua moglie, posti nel comune di S. Marino. Rogito Silvestro Zocchini. Nel 1715 continuava ad essere dei Rossi.
II N. 377 nel 1715 era del cav. Savignani, che dagli eredi Savignani passò ai Scapinelli eredi, che la vendettero li 24 dicembre 1723 per L. 2250 ai Beroaldi. Fu poi comprata dai Zambeccari, siccome pure il N. 378 fu acquistato dal Primicero Francesco Zambeccari, i cui eredi, come successori Angelelli, erano proprietari dal N. 375 al N. 378. Avevano portico con colonne di legno.
N. 379. 1371, 26 giugno. Testamento di Sibaldino del fu Accarisio drappiero, col quale lascia a Nicolò e Bartolomeo figli, la di lui casa sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione sino alla contrada, o via Bertolotto (vicolo di S. Damiano). Item un' altra casa sotto S. Damiano nella via Bertolotto. Rogito Filippo Alberghi.
1399, 26 luglio. Testamento di Bartolomeo Sibaldino, a rogito di Taddeo Mamellini, col quale lascia l'abitazione a Catterina sua moglie nella casa sotto S. Gio. in Monte, in confine della casa del testatore.
Gaspare del fu Giacomo Calderini affittò li 11 maggio 1482 a Nicola del fu Battista Boccadiferri una casa posta sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione in luogo detto dalla Croce di Strada Castiglione. Confina la Strada da due lati (Strada Castiglione e il vicolo di S. Damiano), gli eredi di Francesco Sibaldini, e i beni del l' arte della lana. Rogito Astorre Foscarari, con patto di francare.
1512, 13 settembre. Compra Pietro di Giacomo Bonfigli da Vincenzo Paleotti una casa ih Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte, per L. 1548, 6. Rogito Gio. Battista dal Bue. Confina Strada Castiglione, Bartolomeo Sibaldini, una via vicinale di dietro e i beni dell'arte della lana.
Alberto di Giacomo Pasi la stava fabbricando nel 1566.
1589, 2 maggio. Casa del cav. Alberto del fu Giacomo Pasi posta sotto S. Giovanni in Monte in Strada Castiglione. Confina Alessandro Viggiani di sopra, la casa della spezieria della Rota, e l'arte della lana di sotto, gli eredi di Vincenzo Cospi, e il vicolo detto la via Mozza di S. Damiano. La stalla confina i Cospi successori Saraceni, Vincenzo e fratelli Lucchini, e l'orto di S. Damiano mediante il torrente Aposa. Rogito Achille Canonici.
Nel 1593 confinava lo stradello di dietro gli eredi di Gio. Saraceni, Paolo Vitali da un lato, e dall' altro Vincislao Lazzari.
L'ultimo Pasi del ramo di Gio. Battista seniore, che qui abitava, fu Gio. Battista di Gio. Luigi, morto li 24 settembre 1677. I suoi fidecomessi, nei quali era compresa questa casa, passarono a Gio. Ippolito di Ranuccio che abitava nella via di Mezzo di S. Martino, i cui discendenti terminarono in Gio. Luigi di Gio. Ippolito, morto li 17 luglio 1782, che lasciò erede usufruttuario Antonio del conte Gio. Battista suo cugino, e proprietario il secondogenito del senatore Pietramellara, con obbligo di assumere c gnome e arma Pasi, e di abitare in questo palazzo. Morì il Ratta li 15 febbraio 1797, e il Pietramellara, cessati i fidecomessi, vendette questa casa al dottor causidico Giuseppe Melchiorre Longhi.
Si passa la via Ponte di Ferro.
Il tratto di strada dal Ponte di Ferro fino alle Chiavature in oggi si dice via dei Pepoli, quantunque faccia parte di Strada Castiglione.
NN. 1324, 1323. Case già Formagliari. (Vedi Ponte di Ferro NN. 1080, 1081). Guidalotto di Uguzzone Mazzi nel suo codicillo fatto li 26 settembre 1413, a rogito di Lodovico Codagnelli, dispone della sua casa in Strada Castiglione sotto la parrocchia di Sant'Agata.
1525, 13 luglio. In confine dei Formagliari in Strada Castiglione vi era una casa che confinava verso Porta Ravegnana coi Guidalotti, rogito Marco Millotti, la qual casa fu comprata li 4 giugno 1528 da Lattanzio o Guidalotti, rogito Camillo Savioli dall'Occa, e si dice che confinava altra volta coi Guidalotti, e poscia coi Cospi, ond' è manifesto che la casa dei Guidalotti fu comprata dai Cospi fra il 1525 e il 1528. Quivi abitò il senatore Tommaso di Bartolomeo morto Gonfaloniere di giustizia li 27 ottobre 1651. Uno storico racconta che li 28 aprile 1650 mori il senatore Tommaso di Francesco Cospi ultimo del ramo di Strada Castiglione. Aveva un nobile giardino rimpetto ai Casali in Strada Castiglione, denominato il Casino, con giuochi d'acqua e con ricchi marmi, i quali in parte furono impiegati ad ornare la memoria posta nella sua cappella in S. Petronio. Si noti che a quei giorni la cappella Cospi in S. Petronio era quella in oggi dedicata al detto Santo di proprietà Aldrovandi. Il fidecomesso di Tommaso iuniore passò ai Cospi già di Strada Stefano rimpetto ai Gozzadini, poi abitanti al N. 374 di Strada Castiglione. Reso libero quel fidecomesso, ne fu erede Livia Varesi sua madre, la quale dispose della sua eredità a favore di Pompeo Varesi, il cui successore Pompeo Valerio Priore Atti assegnò queste case li 9 agosto 1689 a Gio. Maria Bossi, come da rogito di Lorenzo Roselli notaro romano. Sono descritte per diverse case unite in Strada Castiglione sotto Sant'Agata, in confine della via pubblica a levante, dell'Avesa a ponente, e dei Formagliari a mezzodì.
Furono poi comprate da Vincenzo Bettoli speziale dalla Croce dei Casali, il quale rifabbricò un pezzo di facciata sulla piazzetta di Sant'Agata. In seguito il N. 1322 restò ai Bettoli, e il N. 1321 fu acquistato dal mercante setaiuolo Vizzani che lo rifabbricò nel 1794. I di lui creditori lo vendettero a Luigi Zamboni morto nel 1828.
Piazza di Sant'Agata che del 1582 dicevasi Piazzola dei Volta.
N. 1320. Casa che fu dei Padri dell' oratorio.
N. 1319. Casa con stalla, cortile grande, loggia grande, e conserva, che fu dei Cospi, poi venduta li 28 luglio 1723 da Gio. Michele Rossi al marchese Gio. Paolo Pepoli per L. 6500. Rogito Camillo Canova.
N. 1318. Parte posteriore delle case in via Toschi N. 1234 e 1235. (Vedi via Toschi).
1478, 6 maggio. Compra Andrea Barbazza da Gaspare dall' Oglio una casa sotto Sant' Agata, e nella piazzola di Sani' Agata. per L. 300, rogito Battista Bovi, la quale è ad uso di stalla, e s' innoltra dalla parte superiore verso la casa di Nicolò dall'Armi per circa piedi 10, la qual casa confina la detta piazzola, il detto dall' Armi e Girolamo Cospi mediante chiavica. La piazza di Sant'Agata da Strada Castiglione fino alla Canonica è pertiche 14, 1, e di superficie pertiche 42, 41, 6.
N. 1317. Chiesa parrocchiale di Sant'Agata, che dicesi restaurata nel 1195 mentre aveva il titolo di Santa Maria dei Castiglioni. Secondo una decretale di Innocenzo III fu eretta dall' arciprete della Pieve di Pasto, o di Pastino, circa la metà del secolo XII, la qual chiesa di Pastino, ad un miglio da Stifonte, e circa dieci fuori di Strada Maggiore, era governata da alcuni canonici regolari. Li 28 maggio 1202 Federico Pepoli fece un legato di soldi 5 alla chiesa di Sant' Agata sua parrocchia, e soldi 3 al rettore di quella. Rogito Leone.
Nel 1371 si trova nominata Santa Maria Rovescia, e del 1380 Santa Maria Ronte. Il suo patronato era dei Volta acquistato per averla dotata del 1528, che fu poi ceduto dall'ultimo dei Volta, Achille Vincenzo di Astorre, morto li 8 dicembre 1739, ai conti Ercole e Cornelio Pepoli, colla condizione di conservare la sua arma nella facciata della chiesa. I Pepoli nominarono per la prima volta il rettore nel 1699. La chiesa, quantunque non più parrocchiale. e che dovesse esser chiusa li 16 agosto 1808, ha continuato ad esser sempre ufficiata.
1633, 23 aprile. Ad istanza del curato di Sant' Agata si permette di fare il volto sull'Avesa cominciando dal vicolo fra gli eredi di Ercole Pepoli e dei Volta fino alla parte contro la chiesa di Sant'Agata, e cioè dal portone della cavallerizza Pepoli a venire fino al di dietro della chiesa di Sant'Agata.
N. 1316. Astorre, Battista e Gabrielle della Volta vendono una casa a Gabrielle Manzoli sotto la parrocchia di Sant' Agata in Strada Castiglione. Confina la via pubblica, i beni della chiesa di Sant' Agata, e la piazza avanti la detta chiesa, goduta per indiviso cogli eredi di Carlo Bianchini, per L. 550. Rogito Bartolomeo Panzacchia delli 27 ottobre 1454.
Nello stesso giorno Alamano Bianchini vende la sua metà a Gabrielle Manzoli per L. 400, delle quali il compratore paga L. 100 ad Astorre e fratelli Dalla Volta per francazione di rata e parte di detta casa. Le residuali L. 300 le paga a Giovanni Bianchini. Rogito Bartolomeo Panzacchia.
1459, 11 maggio. Locazione enfiteutica di 29 in 29 anni di D. Cesare Selli parroco di Sant'Agata a Gabrielle Manzoli di una casa rovinosa sotto Sant'Agata verso la piazzetta di detta chiesa. Confina il muro di detta chiesa, l'Avesa, e la canonica di detta chiesa, per annue L. 5, da pagarsi per S. Michele di settembre. Rogito Graziano Grassi.
1456. Transazione fra Lucrezia Manzoli moglie di Camillo dalla Volta, e Alessandro del fu Lodovico dalla Volta, colla quale dividono la casa in Strada Castiglione nella piazzetta di Sant'Agata.
1461, 19 agosto. Rinnovazione d'enfiteusi del curato di Sant'Agata ad Alessandro Dalla Volta e suoi, come eredi, Gabrielle Manzoli. Come e quando fosse alienata non è noto, si sa bensì che del 1652 era di Bartolomeo Civetti, il quale li 14 novembre dell'anno predetto la permutò con Cesare Grati.
Non si sa come questa casa ed annessi passasse ai Civetti, il fatto è che Bartolomeo Civetti li 14 novembre 1652 fece la seguente permuta con Cesare Grati:
Il Grati riceve una casa grande con stalla posta nella piazzola di Sant'Agata, e una casa annessa. Confina davanti la piazzola, dall' altro lato la via pubblica, ossia il canale di Strada Castiglione. di dietro certo stradello fra le case del conte Odoardo Pepoli, dall' altro lato la seguente casa, e con detto Pepoli mediante il precitato vicolo proprio del Civetti, mercante, della parrocchia di S. Giorgio. La casetta in detto vicolo chiuso confina la chiesa di Sant'Agata, e dalla parte anteriore la piazzola di dietro la chiesa predetta. Rogito Girolamo Savini.
1652, 14 novembre. Cesare di Alessandro Grati vende al conte Odoardo di Ercole Pepoli una casa grande, detta casa Volta, con due corti, un vicolo privato, altana, stalla, rimessa per carozze, e stalla di dietro la chiesa di Sant'Agata, posta nella piazzola e sotto la parrocchia di Sant'Agata, ed altra casa in detto luogo. Confina detta piazzola davanti, dall'altro lato la via pubblica, ossia canale di Strada Castiglione, di dietro certo stradello fra questa casa e quella del conte Odoardo Pepoli, e dall'altro lato il compratore mediante il vicolo privato del venditore compreso in questo contratto. L'altra casa contigua alla suddetta, che aveva lume da detto vicolo privato, confinava la chiesa di Sant' Agata, la casa grande, il vicolo chiuso, e quello mediante il conte Odoardo Pepoli, e dalla parte anteriore la detta piazzetta, di dietro la suddetta chiesa. Rogito Girolamo Savini.
Eredi del suddetto Grati furon le suore di S. Guglielmo e di S. Pietro Martire.
1782, 29 agosto. Suolo concesso alla contessa Marina Grimani Pepoli per la casa da Sant' Agata, alla quale leverà i modioni, o stramazzi. La fabbrica di questo stabile fu terminata nel giugno del 1783.
La casa Volta fu stimata li 30 gennaio 1699 L. 31753, 19.
NN. 1315, 1314, 1313. Palazzo nuovo Pepoli, anticamente della famiglia Geremei, da questi ristorato nel 1290. Un ramo Geremei ricchissimo terminò nel 1235, ed abitava sotto S. Sebastiano.
1478, 12 febbraio. Antonio, Giacomo e Matteo fratelli, e figli del fu Matteo Magnani, mercanti sotto la cappella di S. Tommaso della Braina, vendono ad Andrea Barbazza (9) la casa grande ad uso d' osteria detta del Montone, con varie botteghe e fondachi, uno dei quali condotto da Giacomo Orsi, e ultimamente da Bartolomeo Guastavillani e da quei da Loiano, fabbricatori di seta, il qual fondaco, o bottega, è posto rimpetto al palazzo Gregoriano, poscia dei conti Guido e Galeazzo Pepoli.
Altro fondaco era condotto da Michele e fratelli Casali, ad uso di mercante.
Altro era condotto dai Magnani.
Altro affittato a Gio. Malvezzi ad uso di stalla.
Due botteghe nella parte posteriore dell* osteria. Il lutto sotto Santa Maria del Carrobbio e di Sant'Agata, in luogo detto le Chiavature. Confina la via di Strada Castiglione a mattina, altra via pubblica nella parte posteriore, l'ospizio del Leone a sera, di sotto la via delle Chiavature, e venendo verso oriente fino alla bottega condotta da Michele Casali confina Giacomo Sibaldini. e le suore di S. Lorenzo mediante chiavica.
Una casa ad uso di stalla sotto Sant'Agata nella via pubblica, che divide l'osteria e detta stalla, in confine della stalla dell' osteria del Leone, di certa via vicinale di sopra, per la quale si ha accesso all'Avesa, presso gli eredi del fu Gabriele Mazzoli, a mattina gli stessi Mazzoli, e in parte presso alcune case ad uso di tintore. Fu questa compra fatta per L. 7500, a rogito Melchiorre Zanetti, compresivi i mobili dell' osteria.
1478, 28 marzo. Costanza Sibaldini rinunzia ad Andrea Barbazza due botteghe nelle Chiavature assieme congiunte, una ad uso di cavestraro, l'altra di spezieria, in confine del compratore da un lato, e delle suore di S. Lorenzo di dietro. Rogito Gio. Battista Bovi. E nello stesso giorno Giacomo Sibaldini le vende al Barbazza per L. 1176, 19, 10. Rogito idem.
1577, 20 settembre. Compra il conte Girolamo, e Annibale di Sicinio Pepoli, dal conte Ugo e fratelli Barbazza Manzoli, diversi edifici nelle Chiavature, per L. 35150, rogito Cornelio Berti, e cioè un grand' edifizio sotto la parrocchia di Sant' Agata e del Carrobbio, nel quale vi è l'osteria del Montone, botteghe, stalle, ecc. Confina Strada Castiglione in faccia al palazzo dei Pepoli, la via delle Chiavature, uno stradello, e rispetto a certe porzioni di detto edifizio in confine dei Volta, della bottega dei Ghelli, e dell'osteria del Leone. La spezieria era all'insegna del Carro, e l'osteria era affittata a Domenico Artemini.
1460, 8 maggio. Antonio di Domenico Bonafede compra da Giacomo Poncy alias da Bergamo due casette contigue sotto il Carrobbio nella via del Justo. Confina la via pubblica, l'Avesa di dietro, Gio. Bolognini, e l'osteria del Leone, tenuta da Bartolomeo Lambertini, e dagli eredi di Castellano Gozzadini. Per L. 140 d' argento. Rogito Floriano Mantachetti.
Questa via del Justo, o è sbaglio, e dirà forse Toschi, o è la via dei Toschi che allora si diceva del Justo.
1463, 19 novembre. Compra di Lodovico Sampieri, e di Antonio di Domenico Bonafede, da Bartolomeo di Alberto Lambertini, della metà di alcune case ad uso di osteria indivise con Michelangelo, e Testa di Castellano Gozzadini, poste sotto il Carrobbio. Confinano Gio. Bolognini, due strade, cioè le Chiavature, e la via Toschi, e l'Avesa. Item la metà di certe altre casette e stalle sotto Sant' Agata, cioè nel vicolo detto delle Osterie. Il tutto per L. 1650. Rogito Matteo Curialti.
1511, 12 dicembre. I fratelli Sampieri possedevano una casa grande ad uso di ospizio detto del Leone nella via delle Chiavature sotto Santa Maria di Porta Ravegnana. Confinava dalla parte anteriore colla via delle Chiavature, cogli eredi di Michele e Francesco Casali mediante bottega che serviva di fondaco e di banco a detti Casali. Vi era una spezieria all'insegna della Cicogna in confine di altra strada, che dalla via delle Chiavature va direttamente a S. Domenico (via Toschi) dalla parte occidentale, e dalla parte orientale confinava coll' ospizio dell'Ariete, alias Montone. Nella parte posteriore poi vi erano, al di là di una via detta delle Osterie, le stalle che confinavano con Alessandro dalla Volta e coi Barbazza verso levante.
In proposito di osterie convien credere che negli antichi tempi fossero spopolate, perchè gli artigiani, i maritati, e i figli di famiglia non potevano andarvici.
L'osteria del Leone si disse Zecca Vecchia.
Gio. Francesco del fu senatore Carlantonio Fantuzzi, marito di Ginevra del fu Marcantonio Sampieri, possedeva la terza parte di una casa altra volta detta osteria del Leone, poi ad uso di Zecca, posta nelle Chiavature, in confine dell' osteria del Montone, la qual terza parte rendeva scudi 63 1/3 d' oro. Rogito Gio. Picchioni e Gio. Battista Rinieri.
1569, 14 gennaio. Locazione
di Vincenzo del fu Domenico Maria Sampieri per una sesta parte,
di Alessandro del fu Francesco, e di Francesco del fu Lodovico Sampieri per un'altra sesta parte,
di Gio. Francesco Elefantuzzi, anche a nome di Ginevra Sampieri sua moglie, per una terza parte,
di Paolo Emilio Elefantuzzi, anche a nome di Sforza e Carlantonio di lui figli e della fu Elisabetta Sampieri, per una terza parte,
a Camillo Bolognini Gonfaloniere, e ad altri senatori assunti della Zecca per la Camera di Bologna, di un edifizio ad uso di osteria all' insegna del Leone, con bottega posteriore ad uso di sellaro, con corte, cantina, ecc., posto nella via delle Chiavature.
Item altro edifizio diviso in tre stalle, con casa e bottega sotto, ad uso di fabro-ferraio, i quali edifizi sono tutti condotti in affìtto da detti assunti, ad effetto di porli ad uso di coniar moneta e per abitazione del zecchiere, e ciò per anni 9, e per l'annuo affitto di scudi 190 d' oro, e con diversi patti circa la fabbrica e la riduzione di detti beni al predetto uso. Rogito Gio. Battista Cevenini.
1577, 23 marzo. Il Senato decretò che si trovasse altro sito per la Zecca, allora posta nelle Chiavature nell' osteria del Leone, di ragione Sampieri e Fantuzzi, condotta in affitto dalla Camera per anni 29.
1577, 26 aprile. Sublocazione fatta dalla Camera di Bologna, al conte Girolamo del fu Sicinio Pepoli, di un edifizio ad uso d'osteria all'insegna del Leone, con bottega di dietro, stalla e casa, tutto assieme unito e posto di dietro a detta osteria nella via che si va alla casa dei Pepoli, per annui scudi 190. Rogito Alessandro Silvestri, Domenico Barbieri e Cornelio Berti. 1577, 20 settembre. Compra fatta dai conti Camillo, Ugo, Bartolomeo, Giulio Cesare, Gio. Romeo, e Alessandro del fu Guidantonio Manzoli, alias Barbazza, di un edifizio grande con botteghe e stalla, posto parte sotto Sant' Agata, e parte sotto il Carrobbio, il quale fu poi ad uso d' osteria all'insegna del Montone, per L. 35150. Rogito Cornelio Berti.
1590, 5 gennaio. Compra del conte Annibale Pepoli da Ercole e Carlantonio Eiefantuzzi della terza parte di una casa, già osteria all'insegna del Leone, in via Chiavature, e una terza parte di una casa già ad uso di marescalco e di due stalle, e stallino per i barberi, per L. 8000. Rogito Cristoforo Guidastri e Gio. Francesco Grati. La casa era già abitata dal detto conte Annibale.
1590, 4 maggio. Compra Giulio Cesare Veli da Pirro del fu Gio. Maria Bolognini la casa con due botteghe nelle Chiavature sull'angolo della via Toschi. Confina Girolamo e Annibale Pepoli, i Casali, ecc. Per L. 4000. Rogito Lorenzo Bettoli.
Quantunque Annibale Pepoli fosse proprietario di un solo terzo di questo stabile, e inquilino dei due altri terzi, pure li 29 aprile 1596 vi aveva speso in fabbriche L. 40318, 9, 8.
1606, 10 maggio. Compra Annibale Pepoli da Gio. Gabrielle Guidotti, cessionario di Carlo Elefantuzzi, della terza parte per indiviso cogli eredi di Vincenzo e Lodovica Sampieri di un edifizio già ad uso d' osteria all'insegna del Leone, sotto il Carrobbio nelle Chiavature, dove abitava il detto conte Camillo. Item la terza parte degli edifizi posteriori a detta casa, per L. 9000. Rogito Galeazzo Maria Veli.
1648, 3 marzo. Il conte Odoardo Pepoli compra da Enrico e dal senatore Filippo fratelli Sampieri, e da Alessandro e frate Lodovico Sampieri, una rata, e parte dei beni stabili in via Chiavature, già ad uso di osteria del Leone, con bottega di dietro e parte di un edifizio già ad uso di stalla, con andito, e una casa con bottega sotto ad uso di fabro-ferraio, i quali beni sono stati ridotti per detto compratore ad uso di palazzo nobile e stalle. Per L. 9500.
Nello stesso giorno compra da Enrico e dal senator Filippo, fratelli Sampieri, due botteghe annesse, poste nella via chiavature sotto il Carrobbio, per L. 3000. Rogito Girolamo Savini.
Inoltre, fatti i conti delle pigioni decorse e non pagate, restò debitore il detto conte Odoardo di L. 5309, 4, le quali promise pagarle entro tre anni. Rogito Girolamo Savini.
1673, 13 febbraio. Compra il senatore Odoardo Pepoli dai creditori dello stato del fu dottor Giacomo Barbieri una bottega grande, con magazzeno sopra, nelle Chiavature, per L. 2500. Rogito Domenico Maria Boari.
Questo palazzo fu cominciato da Annibale, proseguito dal conte Odoardo di Sicinio, e terminato dal conte Ercole nipote ex figlio di detto Odoardo, il quale fece le due facciate, ed in questa occasione fu demolito il portico de' Geremei sostenuto da altissime travi, che il Ghiselli dice contasse allora 711 anni d'esistenza, demolizione che si cominciò li 16 settembre 1699.
1699, 22 ottobre. Licenza dell' Ornato al senatore Ercole Pepoli di distruggere il chiavicotto che passa sotto il suo palazzo, dal sito ov' è la torre posta a mezzogiorno, e che termina nell'Avesa, il quale serviva per regolare le acque che scorrevano per la chiavica comune verso Porta Ravegnana, rifacendolo sotto la piazza di Sant' Agata in guisa che andasse a terminare nell' Avesa, come dagli atti di Galeazzo Nelli. 1709, 28 aprile. Fu concesso suolo pubblico al conte Alessandro Pepoli nella via delle Chiavature per fare l'ornato della porta, che resta sempre chiusa, e ciò per evitare certe suscettibilità parrocchiali prevedibili fra i parrochi di Sant' Agata e del Carrobbio. La sala del palazzo è lunga piedi 50, e larga piedi 30 e oncie 6.
Si passa la via delle Chiavature.
II tratto di strada dalla via Chiavature sino alle Cavrarie, in oggi si dice via della Gabella Vecchia. Fu detta via della Mercanzia, e anticamente Trebbo dei Banchi.
N. 1311. Casa grande con sei botteghe. che li 17 giugno 1419 Lorenzo e Mercadante del fu Zordino Cospi vendettero a Michele e Filippo Mattugliani, posta sotto santa Maria di Porta Ravegnana. Confina la via pubblica che va dalla piazza all' osteria del Leone, con altra via che va verso le strazzarie, cogli eredi di Pietro Piatesi, e con Nofrio da Firenze. Questa casa li 2 ottobre 1452 era di Leonardo Mattugliani, come da rogito di Carlo Bruni e di Cesare Panzacchia. Confinava il dottor Bartolomeo Lambertini, Marta vedova di Ghilino Argile, L'Avesa, e Gio. Pellacani mediante certa androna.
1554, 18 settembre. Casa di Luca e figli de Luca, con cinque botteghe sotto Santa Maria del Carrobbio, in contrada detta della Gabella, comprata dal cardinal Giovanni Poggi e da Lucrezia Poggi moglie di detto de Luca. Confina Costanzo Malvasia nell' angolo verso la Gabella, i Gesuiti verso la via delle Chiavature. Giovanni e Lodovico Savignani, e i Lucchini nel viazzolo verso Camillo Bolognetti, per L. 9594. Rogito Bartolomeo Bulgarini, o Baluzani.
1561, 6 febbraio. Cristoforo Poggi, erede del cardinale, vende una casa a Giovanni Francesco Grati causidico, posta sotto Santa Maria del Carobbio, in confine del la Gabella Grossa. della via delle Chiavature a mezzodì, di altra via, o piazzola della Gabella, a settentrione, Costanzo Malvasia nell'angolo inferiore di detta casa, e presso i beni dei Savignani dal lato posteriore, per scudi 1025 d' oro. Rogito Alessandro Porzio dal Gambaro. Del 1616 fu tutta affittata a Tommaso Capelli per L. 1800. Rogito Gio. Bertolotti.
1628, 25 gennaio. Compra Ercole Locatelli da D. Giacomo e Cesare fratelli, e figli del fu dottor Alessandro Grati, una casa grande con due botteghe, stalla e teggia separate, posta sotto il Carrobbio, per L. 23000. Confina la via predetta che va in Porta, i beni dei Gesuiti posti nell'angolo delle Chiavature, la via delle Chiavature dove sono dette botteghe, lo stradello fra detta casa e quella di Camillo Bolognetti, il quale conduce a detta stalla, Giuseppe Brunetti, il conte Pietro Bianchini, e i Falcetti. Rogito Carlo Bosi,
1632, 9 aprile. Compra Cesare di Domenico Locatelli, da Matteo di Girolamo Fabretti, una casa nelle Chiavature sotto il Carrobbio, per L. 2250. Confina il compratore, e il conte Pietro Bianchini. Rogito Bondì, detto Serafino, di Pompilio Bartoleri.
1632, 1 luglio. Compra Cesare di Ercole di Domenico Locatelli, dai Padri Gesuiti, una piccola casa con bottega sotto il Carrobbio, nell'angolo delle Chiavature, per L. 2400. Confina il compratore. Rogito Serafino di Pompilio Bartoleri.
1693, 18 marzo. Inventario legale dell'eredità del dottor Ercole di Antonio Locatelli fatto dai commissari testamentari, i quali li 11 luglio 1695 dimisero la detta eredità a Vincenzo del fu Lodovico Tanari nipote ex sorore del detto Locatelli, il qual Locatelli testò li 26 settembre 1691, a rogito Carlo Verri, e morì li 22 novembre dell'anno medesimo. Il detto Vincenzo fu erede in causa di Silvia Locatelli nipote del testatore, e moglie di Lodovico Tanari.
1684, 25 agosto. Il senato accordò di poter mettere due portoni alle bocche del vicino vicolo detto Capraria. il quale termina nelle Chiavature vicino al portico del l'arte della seta. Li 25 ottobre susseguente furon messi i portoni.
1724, 25 agosto. Fu accordato ai confinanti della piazzetta, che precede questo vicolo dalla parte di Strada Castiglione, di occuparla con fabbrica e di continuare il portico. ma i confinanti però non ne approfittarono.
1515, 15 marzo. Francesco Gombruti e Matteo Salaroli vendettero a Giovanni Casappi da Carpi, per L. 700, una casa sotto il Carrobbio, in confine della via che è ed incomincia di faccia la Gabella, di Nicola Lucchini, di Giacomo Maria Bolognetti mediante chiavica. Rogito Battista de' Buoi. Li 13 ottobre 1606 Giovanni Battista Casappi la permutò con Livio Calderoni. Rogito Achille Canonici. Confinava cogli eredi di Giovanni Francesco Grati causidico, quelli di Gio. Maria Brunetti, e Camillo Bolognetti.
N. 1310. Due case che li 14 ottobre 1336 erano abitate da Graziolo di Bolognetto notaro (10), come da rogito di Gregorio di Benedetto da Casio. Nel 1484, una era di Antonio, celebre iureconsulto, l' altra di Giovanni, fratelli, e figli di Pietro Bolognetti. L'uno e l'altro dei detti fratelli Bolognetti furono vittime della ruina dell' altissima torre di Giacomo e Bianchino Bianchi, ricchissimi mercanti, che rovinò le loro case e quella dei Ghisilardi locata in prossimità a quelle della compagnia dei Banchieri e residenza del giudice. Questa catastrofe seguì li 3 aprile dello stesso anno in venerdì sull' ora nona. Due figli di Antonio furon salvi per essere a scuola, e cioè Lodovico, che fu poi ucciso da Emilio Paolo suo figlio, e Giacomo, la cui discendenza finì nel senatore Giacomo. del quale fu erede Girolamo Cenci di Roma detto Bolognetti. Ercole di Giovanni si salvò perchè trovavasi in cantina con un domestico, come superiormente dicemmo. Atterrò in lungo piedi 100, ed in largo piedi 60. Era nel trebbo del Carrobbio fra la residenza della Mercanzia, ove i loro giudici tenevano ragione, e la Gabella Grossa.
Li 13 maggio 1484 il Luogotenente Generale di Bologna decretò a favore di Giacomo Maria e fratelli Bolognetti l'esenzione dei dazi e gabelle a causa della ruina delle loro case, e della morte del loro padre cagionata dalla caduta della torre. Questo stabile fu rifabbricato dai fondamenti da Camillo Bolognetti nel 1551.
1551, 28 aprile. Il Senato concede a Camillo Bolognetti la chiusura delle botteghe sotto la sua casa, e nella piazzola incontro la Gabella Vecchia, che confinavano a mezzodì colla casa di Luca di Dionisio Luca, ad occidente un vicolo che ha uscita nelle Chiavature, e gli vien concesso suolo per dirizzare tutti i muri che le componevano fino al suolo di suddetta piazzola.
Nel 1600 il palazzo Bolognetti dalla Mercanzia fu stimato da Agostino Barelli lire 32000.
1745, 14 aprile. A rogito Antonio Sacchetti fu comprata quindi abitata dal marchese Leonida del marchese Muzio Spada di Faenza. Avuta l'eredità del marchese Giuseppe Spada, ultimo del ramo del marchese Gregorio, passò ad abitare nel palazzo da San Martino, e vendette questa casa nobile a Gaetano Savini mercante di seta e tele, per L. 25000. Rogito Aurelio Brusi. I Savini oriundi da Budrio si stabilirono in Bologna ad esercitare la tintoreria presso la porta di Strada S. Vitale.
Il vicolo intermedio fra questa casa e la chiesa del Carobbio, termina nelle Caprarie sotto il volto a sinistra dirigendosi verso gli Orefici. È chiuso alle due testate con portoni mediante permesso delli 8 aprile 1690, rinnovato li 29 ottobre 1725 dietro pagamento di L. 70, dal quale furono dispensati gl'interessati li 6 luglio 1726, a condizione di mettere due porte colle armi di Bologna ai due capi di quest'angusta via, e di darne le chiavi agli ufficiali dell' Ornato.
N. 71. Chiesa parrocchiale di Santa Maria di Porta Ravegnana, di Santa Maria del Carobbio, ed un rogito di Guido Guidoni di Modena del 16 gennaio 1412 la chiama Santa Maria Roversa alias del Carobbio.
Questa chiesa è reputata per una delle più antiche di Bologna. Si pretende che fosse sotterranea, e che sopra di essa vi fosse innalzata una seconda chiesa della quale si ha memoria del 1195. Il jus patronato l' avevano i parrocchiani.
Si è preteso da qualcuno che prima del 1284 vi stessero suore Camaldolesi, e che in detto anno si allontanassero, poi vi ritornassero nel 1389 ma per poco tempo mentre nel 1508 era parrocchia. Il P. Melloni è di parere che presso Santa Maria di Porta Ravegnana non vi abbian mai risiedute monache di alcuna religione, che la chiesa del Carrobbio sia sempre stata parrocchiale governata da un prete, e che Innocenzo III ne faccia menzione in una Decretale.
Venendo ora alla etimologia del Carobbio, o delle Carobbie, si trova uno storico che crea una famiglia Carobbi con una casa nella piazzetta della Mercanzia, e fondatrice della vicina chiesa, ma tutte queste dicerie sono un vero sogno.
I Beccadelli vendettero una casa cum Carobbio et Banchis. I Garisendi, che erano cambisti, ebbero un Carobbio che fu comprato dal Comune. La strada del Comune fino a Porta Ravegnana era detta Trebbo dei Banchi, perchè questo tratto di strada era pieno di botteghe da cambisti. La residenza della compagnia dei cambisti era presso Santa Maria di Porta Ravegnana, la qual chiesa si cominciò a chiamar Carobbio nel secolo XV.
I Cambisti prestavano ad usura contro pegno.
Da tutto questo si desume che Carobbio era una bottega da cambio, alcune delle quali erano di legno con mobili a foggia di Cassoni, che stavano sulla piazza Maggiore, che avevano quattro ruote siccome un carro. Un utensile dei nostri coltivatori nel bolognese veniva pur chiamato carobolo, ed aveva esso pure due ruote.
La chiesa di Santa Maria di Porta Ravegnana fu chiusa li 14 agosto 1808, e li 8 novembre 1810 fu venduta a Gaspare Aria.
L'Alidosi e il Lasarola (Salaroli) dicono che per Carobbio debbasi intendere i banchi dei cambiatori, che ogni giorno seco traevano per esercitarvi il loro mestiere. Queste botteghe però dovevano servire ai cambiatori di basso rango, mentre i primari stavano in botteghe stabili. - Case cum Carobbio et Banchis -. Dunque il banco era cosa ben differente dal carobbio.
L'Alidosi chiama Santa Maria di Betlem, Santa Maria di Bilieme, la quale era la chiesa che poi fu detta Sant' Ambrogio di Villanova.
N. 70. Casa che dicesi aver appartenuto ai Sampieri. Li 23 marzo 1658 era di Giovanni e di Orsina Iugali Calvi, che in tal giorno la liberarono da un patto di francazione di L. 9000 fatto da Girolamo Bavosi. Si descrive per grande con tre botteghe, una delle quali da speziale, posta sotto il Carobbio, contigua a detta chiesa, e in faccia alla piazza della Mercanzia. Rogito Domenico Baldini.
Pare che del 1715 fosse dell'Opera dei Mendicanti. Appartenne a Carlantonio Pedretti che la restaurò, poi li 8 agosto 1748 l'assegnò ad Alessandro e Domenico, fratelli, e figli del fu Francesco Pellegretti. Rogito Aurelio Antonio Brasa. Si annunzia per essere sotto il Carobbio, in confine delle Caprarie. I suddetti Pellegrtti la vendettero a D. Carlo e Paolo fratelli, e figli di Carlo Trebbi. Per il resto della strada fino a Porta Ravegnana veggasi Strada Santo Stefano.
Aggiunte.
Sotto la parrocchia di Santa Lucia vi era il Borgo del Lauro.
Sembra che fra le case degli Ariosti e dei Poeti vi fosse una casa un di appartenente agli Alè, poi ai Pagnoni.
1227, 4 dicembre. Inventario legale di Guido. di Ubertino. e fratelli Boncambi. Oltre due case. delle quali non si conosce l' ubicazione, avevano un casamento in Strada Castiglione. Rogito Pertigano Peiati.
1274, 5 gennaio. Compra Romeo del fu Zera. e Giovanni del fu Romeo Pepoli, da Giacomo del fu Ugolino Bosi, una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia, per L. 120. Rogito Giacomo di Bonaventura.
1276. 3 aprile. I Padri di S. Michele in Bosco vendono case sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, ad Albizo Provenzale, e a Tommasino Zagnibono del fu Jacopo Zagnibono, poste presso gli eredi del fu Dulmuzio dei Pepoli.
1285, 11 maggio. Casa di Girardetto e di Pietro Picciolpilli, sotto Sant' Agata. Rogito Gio. Biondini.
1288, 20 novembre. Le suore di Santa Maria della Misericordia comprano la metà di una casa, sotto Sant'Agata, per L. 150, in confine degli Algardi, dell' Avesa, e dei Picciolpilli. Rogito Corradino dall' Armi.
1291, 25 agosto. Divisione di Ugolino e Bongiovanni fratelli de Dosii, di una casa in Strada Castiglione, con suolo e broilo, sotto Santa Lucia. Rogito Corradino dall' Armi. Confina la strada pubblica davanti e di dietro.
1291, 26 agosto. Obizo Bacilieri compra da Gherardo e fratelli Picciolpilli una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 700. Confina Cristoforo Algardi, e pare pur anco i Pepoli. Rogito Ognibene Gozzadini.
1299, 12 febbraio. Divisione fra Maggio e Pietro Ragorgiti. A Maggio toccò una casa in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte.
1396. 5 marzo. Le suore di Sant' Agnese comprano da Lenzio Caccianemici una casa in Strada Castiglione, per L. 150. Rogito Feliciano Lauri. Confina i Pepoli e la strada da due lati.
1315, 2 aprile. Permuta di Romeo Pepoli con Giovanni di Ambrosino tintore, col la quale il primo assegna una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione, più altra casa ed orto dopo la predetta, con casamento aderente, e riceve una casa con altra di dietro, poste nella stessa strada e parrocchia. Rogito Filippo di Isnardo.
1318, 16 febbraio. Compra Romeo Pepoli da Galapanisia del fu conte Maghinardo da Panico una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 200. Rogito Pietro di Salomone.
1330, 20 ottobre. Francesco detto Tarlato di Romeo di Gera Pepoli, nel suo testamento a rogito di Giacobino Angelli, lascia l'usufrutto della casa da lui abitata sotto Santa Lucia, e per esso comprata da Gio. Ambrosini, a Bisia del fu Bonifazio Galluzzi di lui moglie, ed eredi universali Taddeo, Giovanni, Gera, e Nicolò Pepoli.
1345, 26 settembre. Compra Giovanni di Taddeo Pepoli, da Francesco e Pietro del fu Lazzaro Fogazii, una casa grande con terreni ed edifizi posti sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 700. Rogito Federico Ghiberti.
1346, 10 gennaio. Il Conte del fu Giovanni del fu Romeo Pepoli, compra da Obice e figli Tettalasini, una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 70. Rogito Pietro Isnardi.
1352, 9 febbraio. Conte del fu Giovanni del fu Romeo Pepoli compra da Pietro e fratelli Picciolpassi del fu Orio, uu casamento sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, per L. 200. Rogito Giacomo Fantuzzi.
1356, 19 luglio. Locazione di Belda di Viviano Lanzaverli, moglie di Cambio Zambeccari, a Giovanni Barbieri, di una casa con orto in Strada Castiglione sotto Santa Lucia, per annue L. 11. Rogito Paolo Castagnoli.
1365, 24 agosto. Mandato di procura di Giberto e Tarlato del fu conte Pepoli per vendere a Giovanni del fu Taddeo Pepoli una delle otto parti per indiviso con detto Giovanni di una casa grande in strada Castiglione. Rogito Paolo Magnani.
1365, 28 settembre. Compra Giovanni del fu Taddeo Pepoli, da Nicolò del fu Romeo Pepoli, della quarta parte di una casa grande, e di altra con orto in Strada Castiglione sotto Santa Lucia, per ducati 20 d'oro. Rogito Giacomo del fu Nicolò Magnani. Pare che i detti due contratti riguardino Io stesso stabile.
1379, 20 marzo. Compra Nicolò del fu Giacomo Ferlini, da Franceschino del fu Guglielmo da Argile, una casa sotto S. Gio. in Monte in Strada Castiglione, per L. 450. Rogito Lodovico Desideri. Confina coi Trentaquatlro.
1388. Compra Santo, Benedetto, Giovanni, Filippo, Martino di Bartolomeo di Santo Da Seta, da Fabriano di Pietro Bolnisi, e da Salvietto di Bertoluzzo Paleotti, tre case presso Iacomo de Pepoli, e in suo luogo il Comune di Bologna, e Guglielmo Clarissimi, eredi di Francesco di Gio. Lupari, et juxta Strada Castiglionis.
1391. Compra Giovanni, Santo, Benedetto, Martino, Filippo di Bartolomeo di Santa Da Seta (forse Muzzarelli) da Gio. Battista Anelli, da Nicolò di Ghetto Guidoni, e da Giorgio di Andrea Bonafede drappiere, una casa presso Giovanni Goluzzo de' Tordi Da Seta mediante una viazzola vicinale, e presso Bartolomeo Collazzini, in Strada Castiglione, sotto Sant'Agata, e la detta casa è quella che fu poi dei Pepoli sul canto delle Chiavature e di Strada Castiglione. Confina pure Filippo di Iacopo Muzzarelli Da Seta, e Catterina di Giovanni del fu Bonafere, o Bonafede, moglie di Battista di Giovanni Dalle Anelle.
1426, 9 febbraio. Casa di Gicobino Seda e di Margarita Cristiani Iugali, posta sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, affittata a Matteo e Battista, padre e figlio Magnani, per L. 120 annue.
1427, 11 aprile. Compra Bartolomeo barbiere del fu Zardo, e di Cattarina Dolfoli, Iugali, da Pietro del fu Antonio Paciti, una casa sotto il Carobbio, per L. 735. Confina il fu dottor in leggi Guglielmo Argile, e la via da tre lati. Rogito Franceschino da Casio. (Potrebbe essere la casa Poggi Grati).
1433, in gennaio. Compra Giacomo Sanuti, da Ruggero Dalle Anelle, una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana. Rogito Giacomo da Muglio.
1435, in ottobre. Vendita di Giovanni Dalle Anelle a Giacomo Sanuti di molte case sotto Santa Maria di Porta Ravegnana. Rogito Giacomo da Muglio.
1435, in dicembre. Compra Nicolò Sanuti una casa sotto S. Tommaso della Braina da Tommaso Mascari, o Dalle Mascare. Rogito Giacomo da Muglio.
1437, 18 gennaio. Fu preso Basotto di Iacopo da Arzele, che stava in Strada Castiglione dirimpetto ai Zanettini.
1446, 8 ottobre. Adiucazione a favore di Gio. Nasi dei beni Canetoli, fra i quali una casa in Cappella Santa Lucia, dove abitava il giudice dell' arte della lana.
1453, 13 luglio. Bolognini Girolamo e Francesco del fu Andrea di Bartolomeo, comprano da Bartolomeo di Benno Mazza una casa in Strada Castiglione sotto Sant'Agata, per L. 1550, Rogito Francesco Muletti.
1456, 3 luglio. Proroga concessa dai Sindaci dell' arte della lana a Nicolò di Tuzio Seni per coprir la strada che va verso le Chiuvare in Strada Castiglione, durante la sua successione mascolina.
1460, 5 aprile. Dichiarazioni di Tommaso e fratelli Bonsignori, e di Alessandro Amorini, sopra i confini delle rispettive case sotto Santa Lucia. Rogito Tommaso da Fagnano. I Bonsignori ebbero casa dove fu il palazzo Zagnoni, oggi Spada.
1478, 6 novembre. Casa grande ed una piccola di Lodovico e di Bartolomeo di Andrea Bovio, in Strada Castiglione. Rogito Matteo da Tossignano.
1483, 24 dicembre. Permuta di Giovanni del fu Francesco Bolognini con Galeazzo del fu Bartolomeo Bolognini. Giovanni assegna a Galeazzo la casa in Strada Castiglione sotto Sant'Agata, e una casetta nel Vivaro sotto Santo Stefano, e riceve una casa con botteghe in piazza S. Stefano, e L. 263 d'argento in pareggio. Rogito Bartolomeo Panzacchia.
1534, 25 gennaio. Bolognini Gio. Andrea del fu Taddeo vien francato di L. 1000 per un casamento ceduto ad Alessandro Pepoli. Rogito Lattanzio Panzacchia.
1538, 25 settembre. Compra Sebastiano dei fu Guido Casarenghi, da Terenzio e Nicolò Caprara, parte di una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia, per L. 1100. Rogito Tanaro Tanari e Giorgio Marchetti.
1541, 22 agosto. Compra Lorenzo del fu Giacomo Caprara, da Achille d' altro Achille Galli, una casa ad uso di tintoreria sotto Santa Lucia, per L. 2000.
1541, 6 ottobre. Assoluzione di Vincenzo del fu Cesare Nobili a Sebastiano del fu Guido Casarenghi, per una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia. Rogito Annibale Coltelli.
1543, 5 aprile. Compra Francesco Maria del fu Giacomo Cospi, da Dorotea sua sorella, vedova del dottor Giacomo Savi, e moglie del cav. Carlo Uberti, una casa in Strada Castiglione sotto S. Gio. in Monte, in confine dei Bianchini, per L. 3500. Rogito Matteo Zagnoni.
1546, 24 settembre. Locazione fatta da Costanza di Cristoforo Guidotti, vedova di Bartolomeo Recordati, anche come tutrice de' suoi figli, di una casa grande sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina gli eredi di Silvio Guidotti (i Ratta), la via dei Chiari, e Camillo Chiari, per L. 66 annue. Rogito Nicolò Coltelli. Tre parti delle quattro di una casa in Strada Castiglione, appertenevano all'eredità Sanuti. Confina questa la strada a mattina, Gio. Pasolini a sera, la via pubblica di sopra, gli eredi di Cesare Dal Calice, e di sotto Nicolò Dalle Forbici. Rogito Melchiorre di Senesio Zanitti.
1548, 7 maggio. Assegnazione di Alessandro del fu Vincenzo Bolognini, e di Taddeo Poeta, a Nicolò del fu Giacomo Savi, della parte di una casa di detto Bolognini, sotto il Carobbio, per l'importo di L. 3000, in luogo di una casa venduta dal fu Gio. Giacomo Savi al detto Taddeo Poeta. Confina i Bolognetti, i Sampieri, e un Bolognini. Rogito Giacomo Maschelli.
1549, 2 gennaio. La predetta casa del Cospi fu comprata da Emilio di Pirro Vizzani, per L. 3200. Rogito Francesco Manzolini,
1556, 27 aprile. Vincenzo e Pietro Ranieri comprano per L. 1400, da Camilla e Cassandra Dal Ponte, e da Benedetto Dalla Croce, una casa con bottega e forno sotto Santa Lucia. Confina strada Castiglione, Tommaso Falconi, e le monache di S. Lorenzo. Rogito Alessandro Stiatici.
1559, 23 maggio. Girolamo del fu Giacomo Caprara compra da Diomede del fu Sebastiano Casarenghi una casa in Strada Castiglione sotto Santa Lucia, per L. 2980. Rogito Girolamo Leoni.
1569, 25 gennaio. Compra il Seminario di Bologna, dai conti Guido e Filippo del fu Cornelio Pepoli, una casa grande in Strada Castiglione. Rogito Oldrando Garganelli.
1570, 30 giugno. Compra Fabrizio del fu Marcello Garzoni, dalla Sacra Inquisizione, proprietaria dei beni confiscati a Pompeo Loiani, una casa antica ad uso di forno posta sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. per scudi 200 d' oro in oro d'Italia. Rogito Antonio Balzani. Questo Pompeo di Lodovico Loiani, lo stesso che li 3 novembre 1568 vendette la sua casa di Strada Maggiore ai Riari, fu poi impiccato e bruciato in Roma per eretico li 13 giugno 1579.
1571, 21 maggio. Vincenzo Ranieri del fu Francesco compra da Gio. Battista Pastorini una casa sotto Santa Lucia in Strada Castiglione. Confina detta strada, l'altra detta Borgo degli Arienti, e Tommaso Falconi, per L. 1700. Rogito Nicolò Panzacchia.
1573, 6 marzo. La detta casa fu venduta col patto di francare a Prospero di Francesco Ferraresi per altri scudi 300. Rogito Marcantonio Golfardi. Poi li 5 ottobre 1574 gli fu rilasciata liberamente per altre L. 3000. Rogito del detto Golfardi.
Li 21 giugno 1582 passò per testamento alle suore di Sant' Elena. Rogito Carlo Garelli.
1575, 9 maggio. Stefano del fu Giacomo Cocchi vende ad Alessandro del fu Francesco Rinieri una casa sotto Santa Lucia, per L. 2000. Confina Strada Castiglione a mattina. il venditore, Silvestri, e Orfei. Rogito Cristoforo Guidastri.
1577, 7 maggio. Alessandro del fu Francesco Rinieri compra da Tommaso del fu Girolamo Falconi una casa con due porte, una in Strada Castiglione, l'altra nel borgo degli Arienti, per L. 3100. Confina il compratore da tre parti, e Ferrari, o Ferraresi, dall'altra. Rogito Innocenzo Brunetti.
La casa dei Rainieri in Strada Castiglione fu ereditata dai Gesuiti.
1589, 9 gennaio. Compra di Alessandro Foscarari, dalle suore del Corpus Domini, della quinta parte di una casa indivisa da altra quinta parte di sua proprietà, con due botteghe ed una stalla, sotto Santa Maria del Carobbio, per L. 1500. Rogito Tommaso Passarotti. Questa casa fu già tutta di Alessandro Bolognini, che lasciò la detta parie alle suddette suore. Confina con Lorenzo Sampieri, poscia Lorenzo Rinaldini, cogli eredi dei Lombardi, e con Agostino Bolognini. - Pare lo stallatico dalla Mercanzia.
1615, 7 febbraio. Casa di Lucrezia Barbieri sotto Santa Lucia. Confina i successori di Paolo Alè, e i Savignani. Fu assegnata li 17 dicembre 1639 da Francesca Pancredi, erede di Domenica Martinelli, e moglie di Giacomo Barbieri, alla suddetta Lucrezia di lei figlia. Rogito Paolo Salaroli.
1610, 13 febbraio. Compra Diomede del fu Sebastiano Casarenghi, da Elena del fu Girolamo Luca, vedova di Vincenzo Balzani, e da Pompeo Bombasari, la parte davanti della casa del torresotto. Rogito Lodovico Gambalunga.
1617, 20 gennaio. Alberto del fu Diomede Casarenghi compra il resto alla subasta. Rogito Antonio Castellani.
1644, 22 agosto. Compra Procolo di Paolo Fabri, da Alberto di Diomede Casarenghi, una casa in Strada Castiglione sotto S. Damiano, per L. 9500. Rogito Bartolomeo Cattanei.
Crediamo interessare i nostri benevoli lettori col dare qui nota dei quadri che furono esposti in vari portici di questa contrada per la ricorrenza della solenne general processione del SS.Sacramento per la parrocchia di S. Domenico il primo giugno dell'anno 1823, dalla quale si rileverà quali preziosi oggetti d' arte esistevano in essa e presso chi, siccome si farà con altre per dimostrare che i nostri patrizi di un di curavano in simil guisa il lustro ed ornamento delle lor case.
Portico dei marchesi fratelli Ratta cominciando dalla parte della via dei Chiari.
Soggetto Autore Proprietario
1. S. -Giovanni Boccadoro. Preti detto il Calabrese. Marchese Pompeo Ratta.
2. Davidde vittorioso incontrato Donducci detto il Mastelletta Marchese Francesco Ratta
da fanciulle ebree.
3. Crocefisso. Leandro da Ponte Marchese Pompeo Ratta.
detto il Bassano.
4. Cristo a cui gli Erodiani Giacomo Cavedone Marchese Pompeo Ratta
mostrano la moneta.
5. Sant'Agnese. Carlo Dolci Marchese Francesco Ratta
6. Beata Vergine. Cavaliere Giacinto Prandi Marchesa de' Scarani Ratta
7. Alcune Femmine colla manna. Emilio Savonazzi Marchese Francesco Ratta
8. Sant'Agata. Giacinto Sementi Idem.
9. Testa d' uomo con fiaccola. Scuola di Guido Idem.
10. Sposalizio di Santa Lavinia Fontana Marchese Pompeo Ratta
Catterina.
11. Santa Maria Maddalena. Gio. Giuseppe dal Sole Idem.
12. Puttino con colomba. Scuola di Guido Idem.
13. SS. Annunziata. Giovanni Viani Idem.
14. Santa Maria Maddalena. Spisanelli Idem.
15. B. Vergine. S. Giovanni, Mastelletta Idem.
e S. Giuseppe.
16. Beata Vergine. Copia di Guido Marchese Francesco Ratta
17. Sibilla. Girolamo Bonesi Marchese Pompeo Ratta
18. Immacolata Concezione. Bagnacavallo Idem.
19. Ritratto del Cardinal Ratta. Si crede del Domenichino Idem.
20. Due ritratti. Passarotti Idem.
21. Adorazione dei pastori. Disegno in cartone di Idem.
Raffaello
22. Stampe: Rubens Idem.
Assunta.
Tobita resuscitata da
San Pietro. . .
23. Disegni N. 12 Guercino. Idem.
a chiaro scuro. Burrini. Idem.
Tintoretto. Idem.
Gio. Giuseppe dal Sole. Idem.
Simone da Pesaro. Idem.
Pietro da Cortona. Idem.
Guido Reni. Idem.
Canuti. Idem.
Mastelletta. Idem.
Portico Groggia — bonghi — Maldini.
Soggetto Autore Proprietario
1. Sant' Anna. Girolamo Bonesi. Vincenzo Longhi
2. Ritratto di Vecchia. D'incerto. Vincenzo Longhi
3. Parca. Gio. Giuseppe dal Sole. Vincenzo Longhi
4. B. Vergine. Girolamo Bonesi. Vincenzo Longhi
5. Giuditta. Pedretti. Vincenzo Longhi
6. Istituzione del SS. Rosario. Brizzi. Vincenzo Longhi
7. S. Giovanni. Bonesi. Vincenzo Longhi
8. Ratto d'Europa. Breveglieri. Vincenzo Longhi
9. L' Autunno. Bonesi. Vincenzo Longhi
10. S. Giacinto. Domenico Viani. Vincenzo Longhi
11. S. Girolamo. Bonesi. Vincenzo Longhi
12. Giacobbe a cui viene Gionima. Vincenzo Longhi
presentata la veste
insanguinata di Giuseppe.
13. Battaglia. Borgognoni. Vincenzo Longhi
14. Visione di Giacobbe. Gio. Giuseppe dal Sole. Vincenzo Longhi
15. La circoncisione di Gesù. Idem.
Portico di Santa Lucia dei Padri Bernabiti cominciando dalla parte della Chiesa
Soggetto Autore Proprietario
1. Adorazione dei Magi. Agostino Caracci. Giuseppe Palagi.
2. Santa Maria Maddalena Lanfranchi. Idem.
portata dagli Angioli.
3. Martirio di S. Sebastiano. Varotti. Idem.
4. B. Vergine col Bambino. Albani. Idem.
5. S. Giuseppe. Gio. Gioseppe dal Sole. Padri Barnabiti.
6. S. Francesco che riceve Gio. Antonio Burrini. Marchese Pompeo Ratta.
le stigmate.
7. Testa di guerriero. Giulio Romano. Dott. Gius. Melchior Longhi.
8. Erodiade col capo Guido Reni. Idem.
del Battista.
9. Testa di un Angelo. Parmiggiannino. Idem.
10. Maddalena che Lucio Massari. Marchese Francesco Ratta.
compera il balsamo.
11. Testa del Salvatore. Cavedone. Dott. Gius. Melchior Longhi.
12. B. Vergine col Bambino. Andrea del Sarto. Giuseppe Palagi.
13. S.Pio V Prospero Fontana Dott. Gius. Melchior Longhi.
14. Cristo coi pellegrini Alessandro Tiarini Marchese Francesco Ratta.
di Emaus
15. Testa di un Caracci di esso Caracci Dott. Gius. Melchior Longhi.
16. Apparizione di Maria Spagnolo Idem.
al B. Bernardo Tolomei
17. Testa di S.Girolamo Aretusi Idem.
18. B.V. e S.Francesco Calvart Idem.
19. Ritratto Benedetto Gennari Marchese Pompeo Ratta.
20. S. Gio. Battista Albani Giovanni Galazzi.
21. Ritratto Benedetto Gennari Marchese Pompeo Ratta.
22. Isacco che benedice Giovanni Viani Vincenzo Longhi.
Giacobbe
23. Apollo che scortica Marsia Leonello Spada Marchese Pompeo Ratta.
24. Fiori, Frutti e Animali Candio Vitali Marchesa de' Scarani Ratta.
25. Sibilla Domenichino Marchese Francesco Ratta.
26. Sibilla Guercino Idem.
27. Ritratto Giorgione Giuseppe Palagi.
28. B. Vergine col Bambino Vincenzo Catena, Veneto Idem.
29. B. Vergine col Bambino Scuola di Agostino Caracci Idem.
30. Cristo Orante nell'Orto Giovanni Viani Marchese Francesco Ratta.
31. Addolorata Tiarini Dott. Gius. Melchior Longhi.
32. S.Francesco d'Assisi Leonello Spada Idem.
33. Sibilla con puttini Lorenzo Pasinelli Marchese Pompeo Ratta.
34. Maddalena Agostino Caracci Gio. Galazzi
35. Concezione con due Vescovi Gio. Antonio Burrini Marchese Pompeo Ratta.
36. S.Giovanni Evangelista Sementi Dott. Gius. Melchior Longhi.
37. S.Giuseppe Bambino Guido Reni Marchesa de' Scarani Ratta.
38. S.Pietro Gessi Dott. Gius. Melchior Longhi.
39. Sansone che uccide i Scuola del Viani Vincenzo Longhi.
Filistei
40. S.Francesco d'Assisi Salvator Rosa Giovanni Galazzi.
41. Presepio Autore incerto Dott. Gius. Melchior Longhi.
42. Visitazione di Santa Autore incerto Idem.
Elisabetta
43. La SS.Triade Samacchini Idem.
44. Redentr colla Croce Scuola di Lodovico Caracci Giuseppe Palagi.
45. Maddalena Sementi Dott. Gius. Melchior Longhi.
46. Addolorata Gessi Idem.
47. Predicazione di S.Giovanni Idem. Marchesa de' Scarani Ratta.
Battista
48. B. Vergine col Bambino Opera rara del Masaccio Giuseppe Palagi.
e S. Giovanni. Fiorentino.
49. Loth colle figlie. Giacomo Sementi. Marchesa de' Scarani Ratta.
50. Sibilla che abbrucia i libri Canuti. Marchese Pompeo Ratta.
dinanzi al re Tarquinio.
51. S. Bartolomeo. Tiarini. Dott. Gius. Melchior Longhi.
52. Maddalena. Gessi. Idem.
53. S. Bartolomeo. Cavedone. Idem.
54. Mosè ritrovato nel Nilo. Giovanni Viani. Vincenzo Longhi
Portico di S. E. il Principe Spada.
Prima arcata
dalla parte della scuderia dei marchesi Ratta.
Soggetto Autore Proprietario
Scuola di musica. Michel Angelo da Caravaggio Principe Spada
B. Vergine col Bambino. Dossi di Ferrara Idem.
Seconda arcata
Abigaile che incontra Quajini. Idem.
Davidde.
B. Vergine col Bambino, Giacomo Francia. Idem.
San Giuseppe e la Maddalena.
Sopra la porta
B.Vergine col Bambino Guido Reni Idem.
Quarta arcata
Rebecca e Abramo Franceschini Idem.
B.Vergine col Bambino Scuola Parmigiana Idem.
Quinta arcata
Gesù che porta la croce, Tiarini Idem.
con manigoldo
B.Vergine col Bambino e Andrea Sirani Idem.
S.Giovanni
(1) Accarisio, Accarixius con Guido e Azzo suoi fratelli sono nominati fra i più celebrati uomini di Monteveglio che giurarono lega con quelli del Frignano nel 1170.
Accarisio di Guido fu dottor insigne in leggi e lettere nel 1264.
Arnaldo, che da alcuni è detto vescovo di Bologna nel 1322, non lo fu di fatto.
Baldassare di Graziolo era dottor di leggi e lettere nel 1431.
Bonifacio di Lambertino pagò il 3 dicembre 1272 ai frati umiliati del Borgo delle Lamme L. 20 per la condanna avuta dal Podestà in causa di avergli i birri rinvenuto un coltello indosso.
Gottifredo cav. Gaudente morì di cordoglio li 16 dicembre 1302 per la morte di Iacopa Mattugliani sua moglie donna di molto senno e valore, che ebbe luogo nell'agosto dello stesso anno. Fu esso sepolto in Santa Maria Maddalena di Val di Pietra, fuori di Porta Saragozza, ora S. Giuseppe.
Accarisi Graziolo fu autore dell'opera "Trium Bon. Civitatis Gloriarum" stampata in Bologna dal Ferroni nell'anno 1665. Il manoscritto originale trovavasi nell'archivio Masini. L' Alidosio a carte 113 dice esser egli stato flglio di Zacco di Antonio (cioè Iacopo) conte d' Agnano diocesi di Volterra, di famiglia Lambertacci, onde si trovò a Tossignano, quando vi nacque Graziolo. Si ricondusse a Bologna dove Graziolo si addottorò del 1403, poi fatto notaio e lettor pubblico, indi passato a Roma, e flnalmente avvocato concistoriale. Scrisse la sua opera nel 1465, e morì nel 1469 d' anni 110. Sarebbesi addottorato di anni 53 e scritta l'opera d'anni 105 (il che sembra molto strano e niente probabile). Dice che la scrivesse in occasione della grazia ottenuta dalla Beata Vergine di S. Luca sotto il Gonfalonierato di Filippo Bargellini, essendo egli giudice degli Anziani, bimestre V, anno 1457; dunque invece del 1465, sembrerebbe l'avesse scritta del 1457. Alcuni invece pretendono che si addottorasse di anni 20; posto ciò l'avrebbe scritta di 78 anni. Rispetto poi alla sua morte avvenuta del 1462 non può stare, poichè era iscritto nel Rotolo dei dottori fino a tutto il 1468, e non più oltre, per cui sembrerebbe più probabile che la sua morte fosse avvenuta nel 1469. Posta quindi l'età di 110 anni, sarebbe nato del 1359. Fu esso Graziolo promotore delle Rogazioni della Beata Vergine di S. Luca, e non Graziolo Grazioli, come erroneamente dice Leandro Alberti. E siccome nel quarto bimestre di ciascun anno allora si faceva la cavalcata alla Madonna del Monte in ricordanza della vittoria riportata dai Bolognesi li 14 agosto 1443 sopra Luigi conte del Verme nelle vicinanze del castello di S. Giorgio di Piano, al quale inauguramento concorse pure il più volte mentovato Accarisio, cosi non sarà inopportuno dare qui notizie relative a questa devota e magnifica funzione che ebbe luogo per molti anni consecutivi.
Era Gonfaloniere Lodovico Bentivogli, ed anzlani Pietro dott. Magnani, Leonardo Codi, Valentino da Panzano, Bartolomeo Loiani, Filippo Bargellini, Gio. Sangrini, Bartolomeo Boccadiferro e Giacomo Orsi, quando il Senato e il popolo di Bologna immaginò di fare un offerta alla B. V. del Monte, e di stabilire una festa annua che ricordasse ai posteri la gloriosa riportata vittoria. A fissare l'una e l'altra ne incaricarono una Commissione formata dal dott. Graziolo Accarisi, dal notaro e procuratore Bernardino Muletti, da Matteo Marescalchi, da Gio. Battista Gozzadini e da Martino Ubaldini notaro, i quali proposero di regalare fiorini 100 d'oro per riparare la chiesa della B. V. o di assegnare per il primo di agosto di ciascun anno alla Camera dl Bologna L. 130 di bolognini da impiegarsi in una oblazione alla B. V. li 15 di agosto. Questo progetto fu compilato in cappella S. Giusto davanti la porta della tesoreria del Comune, ed in appresso sanzionato dalle superiori autorità con soddisfazione ed aggradimento di tutta intera la popolazione vedendosi cosi perpetuata una gloriosa memoria.
La somma applicata alla riparazione della chiesa fu subito pagata, e li 14 agosto 1444, vigilia dell'Assunta, fu portata l'offerta al monte colle seguenti formalità:
Nella notte precedente alla vigilia suddetta, dopo la campana del giorno, incominciarono le campane tutte del Comune a suonare a festa.
Le botteghe stettero chiuse fino all' ora nona, e cioè finchè fu terminata la processione, nè alcuno osò darsi ai giornalieri lavori.
La mattina alle ore 10 incominciò la processione, che s' incamminò per la strada di S. Mamolo di sotto da Valverde, la qual strada terminava fra il convento dei frati dell'Osservanza e la chiesa della B. V. del Monte presso il portico, ma nel ritorno discese per la via superiore.
Precedevano tutte le società spirituali dei Battuti.
Poscia tutti gli ordini religiosi.
Venivano in appresso i Capitoli, i Chierici ed altri sacerdoti.
Dopo si videro gli Anziani coi loro donzelli che portavano ciascun di essi un cereo di libbre 12 di cera nuova, ed erano in numero di nove. In compagnia degli Anziani andarono due ambasciatori, quello cioè della Repubblica di Venezia e quello del conte Francesco, a' quali pure furono consegnate torcie del peso di libbre 12.
Seguivano i Rettori dello studio ed il Podestà, e ciascun di essi portava un cereo di libbre 8. Dopo venivano i sedici Gonfalonieri del popolo, che essi pure avevano altrettanti cerei di libbre 8.
I dieci Decani di Balia tenevano dei cerei dello stesso peso.
I notari delle riformazioni ebbero due torcie di libbre 4 ciascuna.
I 17 ufficiali portarono un cereo di libre 15 a loro spese.
Chiudeva la marcia tutta la società delle arti coll' ordine che più loro piacque.
Durante la funzione furono accese due torcie di libbre 3 ciascuna avanti l' immagine di M. V. che è sopra le armi dei Gigli nel muro del palazzo dei signori Anziani, e le bandiere furon portate al palazzo dei Signori, dove stettero esposte tutta la vigilia, e il giorno della festa.
L'avanzo della cera fornita dalla Camera rimase in offerta alla chiesa della B. V.
Questa devota funzione si ripetè ogni anno con pompa, intervenendovi pure il Legato e l' Arcivescovo, ma in seguito essendosi deliberato di recarsi al Monte a cavallo in causa della strada piuttosto erta e malagevole, la processione prese il nome di cavalcata.
II Cardinal Farnese fece aprire la nuova strada che ora vediamo la quale si presenta comoda e facile per recarsi alla sommità di quel colle. Al cominciare del secolo XVIII vediamo dalle storie che le autorità cominciarono a trascurare questa funzione a modo che la cavalcata era più di nome che di fatto. Nel 1717, sotto il. pontificato di Benedetto decimoquarto, essendo Gonfaloniere Francesco Gio. Maria Sampieri, ed Anziani il conte Giuseppe dott. Vernizzi, Guglielmo Gaetano, Dondini Ghiselli, marchese Pier Paolo Silvestri Bovi, marchese Giuseppe Carlo Banzi, marchese Annibale Marsili Rossi, conte Camillo Orsi, Antonio Tortorelli e il conte Carlo Antonio Fava, si volle restituirla al suo antico splendore, e difatti si riuscì di farla con quella magnificenza praticata dai nostri antenati; ma il nobile esempio dato dai summenzionati magistrati non fu seguito dai loro successori, in guisa che si finì per trascurarla affatto, limitandosi a mandare l'offerta alla B. Vergine e a visitare a piedi la chiesa della Madonna delle Grazie, la qual visita negli ultimi tempi era pure andata in disuso.
L' ordine della processione fatta nel dopopranzo delli 14 agosto 1747 fu il seguente:
Aprivano la marcia i due trombetti dei cavalleggieri, e il servitore dell' alfiere dei medesimi.
Seguitavano l' alfiere predetto alla testa di 40 cavalleggieri, dopo de' quali vi erano il foriero ed il marescalco della stessa guardia.
Si vedevano il paggio del Podestà, e dopo di esso dodici donzelli e mazzieri degli Anziani.
Poi il cameriere del Gonfaloniere e il cavallerizzo pubblico.
Venivano in appresso quattro camerieri del Legato, indi il cappellano degli Anziani, e tre del Legato.
Succedevano sedici cavalieri di corteggio, poi il siniscalco degli Anziani, e tre gentiluomini del Legato.
I cinque stendardieri, il crocifero, il capitano della guardia svizzera, il capitano dei cavalleggieri, ed il mastro di Camera precedevano il Legato, che teneva a destra il Gonfaloniere, ed a sinistra il Podestà. Se l' Arcivescovo, che era Benedetto XIV, si fosse trovato in Bologna, avrebbe preso posto a destra del Legato, e il Gonfaloniere sarebbe passato a sinistra, mentre il Podestà si sarebbe collocato fra il Priore e il dottore degli Anziani.
Gli otto Anziani si presentavano dopo il Legato, e dietro loro i due notari uniti a detto magistrato. Seguivano questi i quattro mazzieri dei tribuni della plebe, poi i sedici tribuni assieme al loro cappellano e ai due notari.
La processione era chiusa dalla segretaria e milizia, dai mazzieri, corrieri, e cavallari del Reggimento, finalmente dai Senatori.
A cominciare dal siniscalco degli Anziani a tutto il Senato era la comitiva scortata ai lati e di dietro dalla Guardia Svizzera, la sola che marciasse a piedi.
(2) Ratta, o dalla Ratta. Nel 1449 Gio. di Benedetto era mercante, e lo era ancora Lorenzo di Benedetto nel 1558. Nel 1708 si calcolava la loro rendita a Scudi 6000. Si pretende che discenda da un' antica famiglia dei Lana; che Lambertino Lana, che visse circa il 1300, avesse sei figli, cioè Vincenzo, Bartolomeo, Bolognino, Tommaso, frate Guglielmo e Dina; che Dina fosse moglie di Matteo Orsi; che Vincenzo prendesse Ghina Bombacci; che Tommaso fosse stipite della famiglia Zecca, perchè i suoi posteri furon per lungo tempo soprastanti alla Zecca; che Guglielmo cav. Gaudente nel 1320 fosse padre di Giacomino detto Mino marito di Iacopa Beccadelli, da cui nacque Bartolomeo che cominciò a chiamarsi dalla Ratta per aver la casa a piedi della ratta di S. Gio. in Monte; che finalmente Giovanni, cugino del suddetto, uno dei primi egli pure a chiamarsi della Ratta, fosse padre di Antonia moglie di Biagio Mezzavacca, e di Venturino Luzzati.
Dionigi primogenito del marchese Lodovico fu senator IV.
Marchese Francesco di Giuseppe Carlo senator I. Nel 1709 abitava nel palazzo Vizzani in Strada S. Stefano. Nel 1657 militò nello Stato di Milano in qualità di capitano d' infanteria nel reggimento d'Echefeurt. Testò nel 1714. Mori li 27 marzo 1716, e sepolto negli scalzi. Fu quartogenito.
Marchese Giuseppe Carlo di Luigi Gaetano senator II. Fu fatto marchese di Mandal assieme a suo fratello nel 1711 dal Re di Danimarca. Fece la bella Rocca a Vedrana, e morì nel 1726.
Marchese Lodovico di Luigi Gaetano senator III, detto Ratta Garganelli, perchè essendo minor genito ebbe l'eredità Garganelli. Fu fatto marchese col fratello dal Re di Danimarca nel 1709. Li 15 settembre 1710 sposò Lisabetta del conte Pompeo Ercolani nella chiesetta della Madonna della Sanità. La suddetta era stata cresimata nel giorno avanti dall' Arcivescovo, nelle monache di S. Bernardino in occasione di una vestizione. In aprile del 1711 giunse in Bologna il Diploma del marchesato di Mandal conferito dal Re di Danimarca alla casa Ratta. Il Re dispose in Bologna di questo favore dichiarando di farlo a riguardo del Senatore Vincenzo Ferdinando Ranuzzi che l'aveva alloggiato in sua casa; nella minuta che fu fatta in Bologna ciò non si esprime, e fu creduto che i Ratta si meravigliassero di simile omissione. Questo Diploma fu presentato e messo in Reggimento li 25 aprile 1711. Fu terzo erede Garganelli. L'Ercolani morì nel 1759 a ore 23, e Lodovico morì nel 1765 a ore 4 1/2, e fu sepolto in S. Gio. in Monte.
(3) Lo stipite dì questa nobile famiglia è oriundo da Gesso nel 1234. Un Albertino di Guastavillano viveva nel 1236. L' avere fabbricato il Castello di Poggio Rognatico, che poi passò per linea di donne ai Lambertini, e dotato nel 1300 l'ospitale di Anzola, e nel 1308 il monastero dei Ronchi di Venezano, provano l'antichità di questa famiglia. Il Dolfi annunzia la genealogia Guastavillani assai nobile, ed annovera in questa molti valorosi soldati, e parentadi molto illustri nei secoli più remoti. Ricorda una Diana Malavolti moglie di Lambertino, ma questa fu maritata ad un Guglielmo, come da rogiti molto autentici, coll'assistenza dei quali esistenti in S. Francesco, pare debba stabilirsi che i primi di questa famiglia appartenevano alla classe agricola, e precisamente oriundi del Comune e Castello di Gesso, e che nei secoli ne' quali il Dolfi ed altri gli danno provenienze di uomini illustri e dati alle armi, invece attendessero ai traffici di campagna, grani e bestiami, e da questa fonte si procurassero immense richezze, formandosi un ricco patrimonio coll'acquisto di terreni, come si rileva dalle molte e continue compre che facevano nel secolo decimoterzo in diversi comuni. A prova di quanto fu esposto, gioverà indicare un rogito enunciato nel repertorio del 1030, che dal carattere incerto deve ritenersi invece del 1230 ai 24 ottobre, rogito di Guido Loschi archivio di S. Francesco, errore che si riconosce sé non altro dal nome del notaro e da quello di altre persone in quello enunciate che non vivevano nel 1030, che descrive un mandato di Meliore figlia di Alberto Magnoni da San Gio. in Persiceto in Magnone suo padre, per rinunziare al villano Guastavillani le ragioni sue su di un prato nel Comune di S. Gio. in Persiceto in luogo chiamato Liveratico presso il fiume del Cavamento, e ciò in occasione della di lei dote - Actum in s. Giovanni in Persiceto.
In progresso di tempo però furono nobilitati, e conseguirono illustri parentadi colle prime famiglie di Bologna. Ebbero Senatori e Cardinali. La cappella maggiore di S. Francesco fu risarcita ed abbellita dal Cardinal Filippo, e sotto l'altare vi è la sepoltura della famiglia. La Certosa di Bologna in parte è fabbricata sul terreno che era dei Guastavillani: del quale ne furon vendute tornature sette nel 1334 da Benincontra di Guastavillani per L. 200.
Il convento dei frati minori dei Ronchi di Venezano fu fabbricato dai Guastavillani, l' eremo dei Camaldolesi in Ceretolo fu pure fondato su terreno a loro appartenente, nonchè l'ospitale dell'Amola a cura di Martino alias Martinetto che lo dotò. Ebbero padronato di una capella con capellania dedicata a S. Filippo e Giacomo nella Santa Casa di Loreto per opera del Cardinal Filippo. Nell' inventario legale delli 10 ottobre 1651, a rogito Domenico Balducci, dell' eredità di Filippo del Senator Angelo Michele, è notato : - Casamento in Strada Castiglione con edificio ad uso di teatro - e questo sarebbe riferibile al teatro Formagliari che gli apparteneva. Ebbero anche l' esenzione dei dazi Gabelle per concessione di Gregorio XIII, modificata poi da Clemente VIII.
Il palazzo Guastavillani nel 1560 e 1569 fu valutato L. 86000. Il cardinal Guastavillani, nipote di Gregorio XIII, fabbricò il grandioso palazzo di Barbiano, che li 21 giugno 1695 fu venduto ai Gesuiti dal senator Angelo Guastavillani, assieme alle terre adiacenti, per la miserabil somma di L. 22750. Rogito Melchiorre di Antonio Magnani. I compratori, temendo che un giorno questo contratto potesse essere attaccato da lesione, vollero che nell'istrumento fosse dichiarato che il detto acquisto era compra non solo, ma donazione. Aboliti i Gesuiti dall' immortale Clemente XIV, ricorse a Roma la famiglia Guastavillani per riaver Barbiano, e tanto si adoperò che finalmente li 11 maggio 1781 ottenne, a rogito Antonio Zanatti Azzoguidi, di stipulare una sublocazione enfiteutica del medesimo fatta dal tesoriere Antonio Guidi al senator Francesco del fu senator Angelo Guastavillani, da perdurare finchè continuerà la discendenza mascolina e femminina del sublocatore Gnudi, per annue L. 823, 18.
L'archivio Guastavillani conserva il rogito di Gerardino Gessi della compra fatta da Martinetto e Guastavillano Guastavillani da Lainocino e Gosberto fratelli, di un vigneto, li 9 ottobre 1116, che deve ritenersi come documento di estrema rarità.
(4) In un atto dell'Archivio della Badia di S. Stefano trovasi del 1144 Pepulus et loannes Ubertus, cioè Uberti da Salustra, lo che conferma che i Pepoli vengono da Salustra comune dell' Imolese presso Dozza; e si noti che Pepulus Ubertolli e Ugolinus Pepoli sono nomi notati nell'atto del 1178. col quale vennero a giurar fedeltà ai Bolognesi. Il Crescenzio opina venir essi da Giovanni terzogenito di Alvaredo Re d'Inghilterra.
Il Dolfi riprova l'opinione di F. Leandro Alberti, per aver attinta l'origine di questo stipite da una memoria in casa Beccadelli scritta da un Beccadelli di fazione contraria ai Pepoli, e perchè trovasi una discendenza assai più antica mediante instrumenti di matrimoni estratti dal pubblico Archivio da Annibale Gozzadini. Lo stesso Dolfi dice che alcuni la fan derivare da Pepo glossatore antichissimo, cioè circa l'ottocento.
Un ramo Pepoli abitava in Trapani di Sicilia.
Questa famiglia era divisa in più rami, e cioè:
Ramo del conte Alessandro. Possedeva porzione del palazzo nuovo e del palazzo vecchio in Bologna, scuderia e annessi, palazzo e tenuta in Raigosa con Badia annessa, tenute della Palata, della Filippina, della Guisa e Valbona, di Lagoscuro, Trecenta. Aveva palazzo sulla piazza di Ferrara, alcuni beni sparsi alla Crocetta di Crevalcore, porzione della contea di Castiglione, il Senatorato, la nobiltà veneta, romana e ferrarese. Aveva il padronato della parrocchiale di Sant'Agata, di Santa Maria delle Vergini, cappella e arca in San Domenico. L'agente che tenevano i Pepoli in Ferrara con titolo di avvocato, aveva lo stesso trattamento che avevano gli agenti dei duchi della Mirandola e della Massa. Questo ramo aveva pretensioni all'eredità Borromei.
Ramo del conte Odoardo. Aveva porzione del palazzo vecchio e nuovo, scuderie e annessi in Bologna, palazzo e tenuta della Stellata nel Ferrarese, tenute della Cà de' Cuppi, e della Crocetta, possessioni alla Palata, palazzo e tenuta a S. Lazzaro, beni sparsi, e porzione della contea di Castiglione; nobiltà veneta, romana, ferrarese; compadronato di Santa Maria delle Vergini, cappella e arca in S. Domenico.
Ramo del marchese Giuseppe. Aveva porzione del palazzo vecchio, scuderia e annessi; tenuta e palazzo a Crevalcore, tenuta di Durazzo, possessioni alla Galeazza, beni sparsi, porzione della contea di Castiglione e marchesato delle Casette nel territorio di Cesena, nobiltà veneta, con padronato di Santa Maria delle Vergini, e della cappella e arca in San Domenico.
Ramo dei marchesi Guido e Lucrezio. Aveva porzione del Palazzo vecchio, scuderie e annessi, palazzo e tenuta della Fratta nel Polesine di Rovigo, palazzo e tenuta della Galeazza, tenuta del Secco a Durazzo, palazzo e beni al Sasso, beni e valli alla Castellina, porzione della contea di Castiglione, marchesato della Preda nel Parmeggiano, marchesato delle Caselle in condominio col marchese Giuseppe, palazzo e beni allodiali a Castiglione, nobiltà veneta, compadronato di Santa Maria delle Vergini, padronato e rettoria della chiesa e benefizio di S. Vito fuori porta Castiglione, cappella e sepoltura in S. Domenico.
Ramo dei figli del conte Galeazzo, o ramo bastardo. Aveva porzione del palazzo vecchio, scuderie e annessi, palazzo e tenuta a Durazzo, palazzo e tenuta alla Palata, tenuta delle. Pausane nel modenese, beni nell' Imolese, casino e podere a Belpoggio, titolo di conti.
Avevano poi marchesato delle Caselle nel territorio di Cesena, diocesi di Sarsina, che era contea quando il marchese Taddeo del conte Fabio la comprò, e Paolo V, li 26 febbraio 1608, lo eresse a marchesato a di lui favore e de' suoi discendenti. Questo marchesato appartenne ai marchesi Guido, Lucrezio e Giuseppe discendenti del detto marchese Taddeo.
Castiglione della Gatta, contea del S. R. I,. Ne furono investlti da Carlo IV. Avevano prima avuto Baragazza e Bruscolo dai fiorentini nel 1341. Taddeo Pepoli aveva comprato questo Stato da Ubaldino dei conti Alberti di Mangone nel 1340. Consisteva questa contea nella terra di Castiglione, nella comunità di Baragazza e Sparvo, e ne' luoghi di Calvane, Muscarolo, Casaglio, Prediera, Rasone, Bruscolo, Boccadirio, ove è il magnifico e celebre Santuario della Madonna posto sull'Alpi che dividono la Toscana dal Bolognese e confinanti colla contea di Vernio dei conti Bandi. Tutte le linee legittime e naturali, e per legittimo matrimonio discendenti da Taddeo Pepoli, furono investite di questo feudo; ma la reggenza, per antico patto di famiglia, si esercitava tre anni da ciascun colonello, i quali ultimamente erano tre: 1° marchese Giuseppe, 2° marchesi Guido e Lucrezio fratelli, 3° conte Alessandro e conte Odoardo cugini. Il palazzo baronale di Castiglione era comune a tutti i condomini, usato però solamente da quello che pro tempore era reggente. Vi erano però due altri palazzi fabbricati dal marchese Paolo per uso proprio e de' suoi eredi, uno sulla piazza della terra di Castiglione, l'altro fuori in mezzo ai boschi, detto perciò il palazzo dei Boschi. Fu concesso privilegio da Leopoldo I imperatore, con diploma 20 aprile 1700, al conte Ercole Pepoli di poter batter moneta nel feudo di Castiglione. Li 18 giugno 1700 la Legazione di Bologna pubblicò un bando ad istanza dei conti Pepoli, mediante il quale la. Legazione di Bologna non accordava ricetto ai sudditi di Castiglione contumaci. La prima investitura fu assegnata ai figli di Iacopo di Taddeo nel 1360.
Preda, marchesato nei confini delle montagne di Reggio. Consisteva nel castello detto la Preda, nei castelli di Borzano, Vedriano, Compiano, colle ville di Roncovecchio, Roncovetro, Covagnolo, dell' alto dominio del duca di Parma. Il marchese Cesare comprò questo feudo dai conti della Palude nel 1594. Dopo la morte del marchese Cesare passò al marobese Taddeo di lui fratello, perciò ultimamente apparteneva al marchese Guido di lui discendente.
Nel Bolognese ebbero S. Gio. in Persiceto, Crevalcore, e Sant'Agata quando i figli di Taddeo vendettero Bologna al Visconti nel 1350, riservandosi queste tre castella, che gli furon poi tolte da Gio. d' Oleggio.
Nel Modenese e Reggiano ebbero la signoria di Nonantola, e la contea di Cerè data dal Duca di Modena al conte Ugo Giuseppe nel 1680. Il marchese Ugo nel 1611 fu marchese di Sourano nel Reggiano.
Nella Romagna ebbero il dominio di Lugo nel 1340. La signoria nel 1344. Signoreggiarono Bertinoro, Crovara, Sassatello, Montecaduno, la Libra, Castel dell' Albero, Dozza e Fiagnano.
Nell' Orvietano ebbero Seravalle, e Begne date dagli Orvietani al conte Gio. Pepoli loro Podestà nel 1300.
Nel regno di Napoli e di Sicilia, la Regina Giovanna donò a Gio. di Taddeo nel 1350 le seguenti terre, che poi perdette per le rivoluzioni di quel regno.
Bittondo, Rubbio, Terracina, Laurito contee; Ciglio di Gualdo, Campo Marino, Campo Basso contea; Capaccio, Temoli contee; Guastamini d'Ortona, Trivento contea.
Il Re Lodovico d'Angiò donò a Gio. di Taddeo nel 1350, e che poi perdettero per le disgrazie della famiglia d' Angiò, Melfi contea, e Trapani città nella Sicilia.
Vallemaggiore nel Regno di Napoli fu comprata da Taddeo di Romeo nel 1346.
Ebbero i seguenti giuspatronati:
Sant'Agata parrocchiale, già padronato dei Volta, de' quali l'ultimo, che fu Achille, ne fece donazione ai conti Ercole e Cornelio Pepoli.
Angeli, o Madonna dell'Angelo fuori porta S. Mamolo. Fu già monastero di monache edificato da Gerra Pepoli fratello di Taddeo nel 1338. Fu poi monastero di Camaldolesi ridotto in commenda, che poi Sisto V incorporò al collegio di Montalto.
Baragazza, chiesa parrocchiale nella contea di Castiglione.
S. Bartolomeo di Porta Ravegnana. L'istituzione dell'esposizione del Venerabile, discorso, e benedizione ogni lunedi dopo pranzo per i morti, fu inangurata dal marchese Ugo nel 1633.
S. Bernardino delle Pugliole. Nicolò Pepoli dottor in leggi e lettor pubblico aveva la sua casa nelle Pugliole, e la donò al B. Bernardino da Quintavalle uno dei compagni di S. Francesco, da lui mandato a Bologna, e servi di primo ricetto e di abitazione ai frati Minori sinchè fu fabbricato il convento di S. Francesco, ove poi si portarono ad abitare. In questo sito fu poi fabbricato il convento di S. Bernardino e Marta nel 1219.
Boccadirio, ossia Madonna di Boccadirio. Immagine di Maria Vergine celebre, e luogo di molta venerazione in fondo all'Alpe di Bruscolo nella contea di Castiglione. Vi è un magnifico edifizio in quel luogo alpestre consistente in un tempio, in un claustro quadrato di macigni bene architettato, con altri edifizi fabbricati con limosine di divoti e in gran parte colle contribuzioni della famiglia .Pepoli, che aveva molta venerazione per questo santo luogo, e che vi fondò offlciature ed altre pie instituzioni, oltre averne arricchito di sontuosi ornamenti la sacra Immagine, e di sacri arredi la chiesa.
Castiglione. Chlesa arcipretale della terra di Castiglione.
Cumolo della misericordia istituito dal conte Giovanni Pepoli. L' intenzione dell' istitutore fu di sovvenire i poveri in tempo di carestia.
In S. Domenico avevano: La capella del Santissimo Sacramento da loro edificata e dotata, e sepoltura per tutta la famiglia.
Al convento molti legati e donativi di fondi fatti da Tarlato fratello di Taddeo, per cui i Padri celebravano ogni anno un anniversario.
In detta chiesa dovevano cantarsi ogni sabato dopo pranzo, e ogni vigilia di solennità della B. V. le litanie in musica innanzi l'altare del Rosario, per legato del marchese Ugo fatto nel 1636.
Nella cappella dei Pepoli dovevano dispensarsi ogni anno 4 doti di L. 50 cadauna per legato del conte Filippo nel 1630.
Nel martedì sera di Pasqua di Ressurrezione si doveva dare una cena ai pellegrini nell'ospitale di S. Francesco, per istituzione di Giovanni nel 1574.
La cappella di Santa Brigida in S. Petronio apparteneva ai Pepoli del Colonello del conte Galeazzo, perchè la comprò dalla fabbrica di S. Petronio il conte Giovanni loro ascendente. Vi avevano sepoltura e vi fondarono una quotidiana officiatura.
Madonna di Porta Ravegnana, piccola chiesa a piedi della torre Garisendi, alla quale il conte Ercole fece molti benefizi e ornamenti.
Rigosa. Badia nella tenuta di Rigosa. Era del conte Alessandro.
Sasso, o Madonna del Sasso, chiesa scavata collo scalpello nel vivo sasso, dieci miglia da Bologna, lungo il Reno, ed in faccia allo sbocco di Setta. Fu padronato del ramo Pepoli che terminò nel conte Radorico, poi passò ai conti Marescalchi per le ragioni peritate nella loro casa dalla contessa Lisabetta di Rodorico Pepoli in Marescalchi.
Sparvo. Chiesa curata della contea di Castiglione.
Vergini, o Santa Maria delle Vergini, capella a piedi del campanile di Santa Margarita, fabbricata e dotata dal conte Giovanni di Romeo di Giovanni di Taddeo nel 1432, con obbligo al rettore di questo benefizio, che era assai pingue, di celebrare la messa, e recitarvi quotidianamente le ore canoniche. Il conte Giovanni che la fondò vi fu sepolto, e ne riserbò il padronato alla casa Pepoli.
S. Vito. Chiesa fuori di Porta Castiglione, rimpetto a Santa Maria della Misericordia, fabbricata dal conte Francesco detto Tarlato sopra un suo podere detto Misericordia, con fondazione di un benefizio, di un' officiatura quotidiana, e di altri suffragi, come nel di lui testamento del 1330.
Il padronato di questa chiesa era del ramo Pepoli dei marchesi Guido e Lucrezio Bartolomeo Galeotti dice che avevano un palazzo in Bologna con 200 camere da letto, ove dimoravano 180 salariati, che avevano 50000 scudi di rendita, e che 3800 persone non bastavano a coltivare i loro terreni.
In Bologna furono capi della fazione Scacchiere. La cittadinanza e nobiltà veneta fu concessa a Taddeo di Romeo Pepoli conservatore della giustizia e della pace della città di Bologna, per privilegio di Francesco Dandolo Doge di Venezia, li 15 novembre 1338.
Ebbero il senatorato nel 1506. Gio. di Taddeo nel 1329 ebbe per sè e suoi posteri il privilegio di crear cavalieri, dottori, notari, legittimar bastardi, dall'Imperator Lodovico Bavaro.
Taddeo ebbe il privilegio di batter moneta nel 1341.
I loro contadini erano esenti dal comando del Reggimento anche in tempo di guerra.
I Pepoli avevano una possessione destinata ad essere assegnata in godimento, vita naturale durante, ad un qualche famigliare o benemerito della casa, a voti unanimi di tutti i Pepoli de' rami legittimi.
II palazzo degli Anziani e la loggia del Podestà furon fabbricati da Taddeo conservatore nel 1347.
La sega dell'acqua fu fabbricata da Matteo nel 1347.
La libreria di S. Michele in Bosco fu fondata, fabbricata, e corredata di libri, poi fatta dipingere dall' Abbate D. Taddeo di Alfonso Pepoli.
Palazzo vecchio. Dicesi che l' eredità Tettalasini passasse nei Pepoli mediante il matrimonio di Romeo con Biagia Tettalasini, e che fra gli effetti di questa eredità vi fossero le case dei Tettalasini in Strada Castiglione, ove poi Romeo figlio di Taddeo e della detta Biagia fabbricò il presente palazzo dei Pepoli. Questo matrimonio ebbe luogo circa il 1300, ma molto prima i Pepoli abitavano in Strada Castiglione, poichè dal testamento di Gera o Zerra di Romeo, fatto nel 1251, si ha che sin d'allora i Pepoli abitavano in detta strada. Potrebbe essere che in Strada Castiglione abitassero tanto i Pepoli quanto i Tettalasini, e che poi le case dei Tettalasini fossero, o per eredità o per contratto, acquistate dai Pepoli. Egli è certo che molto tempo prima di Taddeo, nelle antiche autentiche pergamene, i Pepoli sono annunziati essere della parrocchia di Sant' Agata, e abitanti in Strada Castiglione nel 1223.
Certo è ancora che Gera di Romeo Pepoli fratello di Taddeo, comprò una casa nella contrada di Miola da Bonaventura Trentaquattro, nella quale abitarono i Pepoli sinchè finiti furono i palazzi cominciati da Taddeo in Strada Castiglione nel 1292.
Questa casa dicesi situata in Miola passato il palazzo Casali andando verso Strada San Stefano, che anche ultimamente era del marchese Giuseppe Pepoli, quando invece non lo fosse ove era il palazzo dei Casali, prima dei Pepoli.
Parimenti egli è certo che Bombologno di Bongiovanni Pepoli possedeva casa sotto la parrocchia di Sant'Agata, poichè ne dispose nel suo testamento fatto nel 1320, e che si conserva nell'archivio di detto Marchese Giuseppe. Tutto ciò sussisteva avanti Taddeo conservatore. Questi indubitatamente fu quegli che cominciò i due palazzi in Strada Castiglione, i quali oggi uniti insieme formano un solo antico palazzo, che è il presente palazzo vecchio dei Pepoli.
Dopo la morte di Taddeo, e dopo la vendita di Bologna fatta da' suoi flgli ai Visconti, essendo i Pepoli fuorusciti, questi palazzi furono da Papa Gregorio IX destinati per il Collegio da esso fondato a Bologna, detto perciò Gregoriano, il quale effettivamente fu in detto palazzo aperto. Alcuni dicono che i figli di Giovanni del fu Taddeo lo vendessero a questo Papa nel 1371, altri dicono che detto Papa lo assegnasse come fondo a lui devoluto per la fondazione di detto Collegio, stante la contumacia dei Pepoli. Ma dopo politici cambiamenti essendo i Pepoli ritornati in Bologna e rimessi in possesso de' loro beni, ed essendo il Collegio Gregoriano andato in decadenza, rientrarono i Pepoli nel dominio di questi palazzi. Galeazzo e Guido, figli di Gio. di Taddeo, in cui si erano consolidate le ragioni ancora dei figli di Jacopo del detto Taddeo, che eran morti senza successione, terminarono la fabbrica di questi palazzi nella forma e simetria che in oggi si vede, toltone alcune aggiunte delle quali si parlerà più avanti, e dalla casa in Miola ove abitavano si trasferirono in questi circa l'anno 1420. Tutte le famiglie Pepoli abitavano in questo pa lazzo, o vi avevano il rispettivo loro quarto, perchè i conti Alessandro e Odoardo abitavano nel palazzo nuovo, che è rimpetto a questo fabbricato dai loro antenati, ma ritenevano altresì le abitazioni di loro proprietà in questo palazzo vecchio.
Questo palazzo è vastissimo, con facciata di antica e semplice simetria, e con merli in segno di antichità e di signoria, ha quattro porte con loggie, scale comuni e particolari, molti cortili, e circa 200 stanze da letto. La parte di mezzo è quella che è composta dei due palazzi cominciati da Taddeo e terminati dai conti Guido e Galeazzo, ma che essendo stati uniti con facciata uniforme non mostrano al di fuori indizio della loro divisione, la quale però si rileva al di dentro.
Le due estremità sono state aggiunte successivamente.
L' estremità che fa angolo con Strada Castiglione, e il vicolo detto via del Luzzo che porta a Santo Stefano, e che ha tre archi di portico, era una casa dei Muzzarelli, la quale era divisa dal palazzo Pepoli mediante un vicolo che andava a metter capo nella suddetta via del Luzzo, i cui avanzi si vedono ancora, ma restano chiusi da un portone. I Pepoli comprarono la detta casa dai Muzzarelli, e l' unirono ai loro palazzi chiudendo l'imboccatura del vicolo che era in Strada Castiglione.
L'altra estremità verso i Casali fu aggiunta dal conte Gerra del conte Giovanni, il quale comprò una casa, che quivi era appartenente al marchese Orsi, la spianò e vi alzò una grandiosa fabbrica con giro di appartamenti che prendevano in mezzo un nuovo cortile nel quale si entrava per la quarta porta da esso aggiunta a questo palazzo. Tirò innanzi la facciata sino all'angolo del vicolo del Vivaio, imitando però l'antica facciata merlata onde conservarne l'uniformità. Questo Gerra sposò, li 28 novembre 1706, Olimpia Bianchini con dote di scudi 20000, e mori senza successione, benchè nel 1721 passasse in seconde nozze con Teresa Pallavicini genovese.
Il marchese Guido e il marchese Lucrezio possedevano parte di questo palazzo composta della casa che fu già dei Muzzarelli, e dal lato opposto del primo cortile annesso, che ha la porta rimpetto al palazzo nuovo.
Il marchese Giuseppe aveva i suoi appartamenti dalla parte di dietro di detto cortile, che andavano a confinare in Strada S. Stefano ove aveva una porta.
Il conte Alessandro e il conte Odoardo avevano i loro quarti in detto primo cortile a linea di quelli del marchese Guido, e in parte di faccia al palazzo nuovo.
Tutto il rimanente cominciando dalla seconda porta sino al vicolo del Vivaio apparteneva ai figli del conte Galeazzo. L' angolo poi che volta verso Strada S. Stefano, in cui vi era una bottega da speziale, poi da pastarolo, sino alla porzione che aveva il marchese Giuseppe in detta strada S. Stefano, spettava al senatore Marescalchi per eredità portatagli da Lisabetta flglia del conte Roderico Pepoli avola paterna. Le scuderie, rimesse, teggie delle famiglie Pepoli erano per la maggior parte nel predetto vicolo detto il Vivaro, ed i marchesi Guido e Lucrezio le avevano nel vicolo che dalla piazzetta di Sant'Agata va verso l' Avesa.
In questo palazzo vi sono le vestigia di una torre, che secondo il Negri, sarebbe appartenuta ai Tettalasini.
Altre case avevano i Pepoli nella via delle Pugliole come antecedentemente si è detto.
Il palazzo nuovo fu fabbricato dal senatore conte Odoardo.
Nel far la fabbrica fu trovato un pavimento antico di marmo a mosaico in sito più basso del fondo dell' Avesa, che passa sotto detto palazzo.
II conte Ercole nipote ex filio del conte Odoardo terminò la fabbrica di questo palazzo intrapresa dal detto conte Odoardo, e fece ed ornò le due facciate una in Strada Castiglione e l' altra nelle Chiavature, perchè nella divisione che fece col conte Cornelio suo fratello, a lui toccò la porzione non finita, ed egli la terminò.
I Pepoli ebbero le seguenti eredità:
Quella dei Borromei pretesa dai Pepoli del conte Alessandro per sostituzione fide-commissaria.
Il conte Sicinio iuniore sposò D. Eleonora del principe D. Marcantonio Colonna. Questi da D. Diana Paleotti sua moglie ebbe due sole figlie, D. Eleonora suddetta e D. Anna. La prima sposò il detto conte Sicinio, e l' altra il conte Riniero Aldrovandi. Il Contestabile Colonna, e per la dote delle suddette, e per le ragioni di D. Marcantonio loro padre, acquistò dalla casa Falconieri i beni che furono della casa Boncompagni, i quali, toltone il palazzo in Bologna, erano stati assegnati in pagamento di debiti dai Boncompagni alla casa Falconieri, e questi per le ragioni suddette li assegnò alle case Pepoli e Aldrovandi. Mediante questo assegno pervenne al conte Sicinio il magnifico palazzo a S. Lazzaro con possessioni e beni annessi, e con diversi stabili urbani. Questi beni ultimamente appartenevano al conte Odoardo figlio del detto conte Sicinio e di D. Eleonora Colonna.
Laura Contrari moglie del conte Sicinio seniore, essendo morto un di lei fratello, il marchese Ercole Contrari, senza figli, fu aperta la vocazione alla di lui successione Contrari a favore del conte Ercole del conte Girolamo nato del conte Sicinio e da Laura Contrari.
Erano i Contrari nobili ferraresi, e l' eredità comprese i beni che i Pepoli ebbero nel ferrarese, cioè il palazzo nella piazza di Ferrara, e lo tenute di Trecenta, Lagoscuro e Stellata. Ultimamente le prime due erano possedute dal conte Alessandro, e l'altra dal conte Odoardo, amendue discendenti dal conte Sicinio suddetto e dalla Contrari. Fu per questa circostanza che divennero nobili ferraresi.
Il conte Fabio ebbe in moglie Isabella di Gio. Paolo Manfroni generale dei Veneziani, il quale acquistò nel Polesine di Rovigo la tenuta della Fratta, che assogettò a fidecommesso nel 1545. Essendo mancata l'agnazione dei Manfroni fu aperta la vocazione fide-commissaria a favore dei secondogeniti discendenti da detta Isabella Manfroni Pepoli, e perciò il palazzo e tenuta della Fratta appartenne al marchese Guido del marchese Francesco discendente da delta Isabella. Nella suddetta linea secondogenita procede poscia con ordine di primogenitura.
L'eredità Musatti appartenne al conte Alessandro.
Il conte Francesco Ranuzzi Manzoli figlio di Girolama sorella del marchese Guido Pepoll istituì eredi i marchesi Gio. Paolo e Fabio Pepoli suoi fratelli cugini, e con tale eredità entrarono in questo ramo Pepoli i beni del Sasso e Giardino, e i beni della Castellina.
Ebbero poi i seguenti beni:
Podere nel Comune di Santa Maria degli Alemanni.
Possessione in Argile.
Prati in Bagnarola,
Palazzo con poderi, prati, orti, torri od altri edifici, che fu già fabbricato da Gio. II Bentivogli a Belpoggio. poi passò ai conti Sforza, Attendoli, Manzoli, indi al marchese Azzolini, poi acquistato per L. 30000 dal marchese Iacopo Pepoli, il quale morì senza figli nel 1710, ed allora questo fondo passò alla marchesa Teresa Pepoli sua sorella ed erede, moglie del marchese Filippo Coccapani modenese. Ultimamente apparteneva al marchese Filippo Ercolani per eredità di sua avola paterna contessa Lucrezia Orsi Ercolani, che lo comprò dal marchese Coccapani.
Palazzino con orto e podere a Belpoggio. Apparteneva al marchese Camillo Pepoli, poi al marchese Cesare suo figlio, che vi morì nel 1702. Il marchese Antonio Pepoli lo vendette ad Antonio padre del marchese Giuseppe Zagnoni.
Casino sopra Belpoggio con podere. Fu già dei conti Vittori. Il conte Giovanni figlio del conte Galeazzo lo comprò dal conte Fabio Vittori, lo rifabbricò, l'adornò ed ampliò.
Cà di Cuppi, tenuta.
Castellina, eredità Ranuzzi, valutata L. 2000 di rendita.
Possessione a Castel S. Pietro in luogo detto Collina, passata ai Guastavillani in parte di dote di Elena Pepoli sorella del conte Francesco, e moglie del senator Filippo Guastavillani.
Castenaso, palazzo e beni permutati dal conte Girolamo del conte Guido Vecchi con beni a Crevalcore, Stufinone e Ronchi, con Cesare e Francesco ed altri dei Caccianemici, nel 1534 e 1542. Questi beni erano ultimamente del marchese Francesco senator Davia, che li vendette alla contessa Silvia Bolognetti moglie del senatore conte Lodovico Savioli.
Podere nei Comuni di Ceretolo e di Gesso. Colombara Storta. Dopo la morte del marchese Gio. Paolo del marchese Cesare, passò in casa Aldrovandi pel matrimonio d'Isabella di lui sorella col conte Filippo Aldrovandi.
Palazzo e beni in Cò Lunga.
Palazzo, terreni, con oratorio dedicato a S. Gio. Battista nel territorio di Conselice nel Ferrarese.
Ampi terreni a Crevalcore, Stuffione, Ronchi, Sant' Agata. S. Gio. in Persiceto. I beni di Crevalcore erano quasi tutti enfiteutici della badia di Nonantola. Questi terreni erano divisi in tre tenute, cioè Crocetta e Guisa in Crevalcore, e Valbrona in Sant'Agata. La Crocetta di Crevalcore era dei Montecucoli, e fu acquistata dal conte Odoardo seniore.
Podere alla Croce del Biacco.
Durazzo, Paderno, Villafontana, S. Martino in Argine, Romeo di Gera li comprò da Bornio e Francesco Samaritani nel 1316 per L. 9000, ed erano affittati per L. 700 d' argento. La parte di questa tenuta, che restò nell'eredità libera del conte Rodorico, fu da sua figlia Lisabetta portata in casa Marescalchi, ed era quella parte di valli e boschi che confinava con Marmorta. In questa tenuta di Durazzo il conte Galeazzo iuniore vi fabbricò un ampio palazzo.
Farnè, o Farneto, antichissimo possedimente Pepoli fino ai tempi di Taddeo I. Il marchese Giuseppe vi possedeva due palazzi, uno vecchio e l'altro nuovo da esso in gran parte fabbricato, amendue circondati da recinti di muri con delizioso giardino, orti, poderi, stalle, rimesse ed altri edifizi. Il detto marchese Giuseppe lo vendette al Commendatore conte Marcello Legnani per L. 60000.
Filippina, tenuta in Crevalcore, cosi detta dal conte Filippo del conte Guido il vecchio, che la possedeva. Questa tenuta consisteva in un palazzo con 10 possessioni e 12 livelli di circa 4000 torniture di terra, della rendita di scudi 2000.
Beni in Gaggio di Piano che poi passarono ai conti Sora.
Galeazza, tenuta con palazzo, botteghe, case, edifizi diversi e chiesa, così detta da Galeazzo di Giovanni di Taddeo, che vi ediflcò il palazzo con alta e bella torre nel 1436. Ai tempi di Guido il vecchio soffri grave danno negli edifizi e nei piantamenti per una scorreria che vi fece nel 1470 Sigismondo marchese d' Este fratello di Borso Duca di Ferrara, in vendetta di scorrerie che aveva fatte il conte Guido a danno dei Finalesi. Si calcolava di rendita Scudi 2000.
Giovannina. Il senatore conte Giovanni, strozzato nel 1585, fabbricò il palazzo che da esso prese il nome. Consisteva in otto possessioni, passate poi in casa Aldrovandi per il matrimonio d' Isabella secondogenita del marchese Cesare di Fabio, moglie del conte Filippo il vecchio.
S.Lazzaro e Bellaria. Il primo è un magnifico palazzo già Boncompagni, poi pervenuto ai Pepoli per il matrimonio di Leonora Colonna moglie del conte Sicinio. Il palazzo di Bell' Aria fu fabbricato dal conte Gera del conte Guido. Il conte Galeazzo suo nipote lo vendette a Filippo Boschi coi poderi annessi. Era poco lontano da S. Lazzaro. Il casino di Bellaria fu comprato dal conte Sicinio dallo stato Cevenini. Fu poi assegnato in parte di dote al marchese Costanzo Zambeccari, marito di Beatrice di Sicinio Pepoli.
Malalbergo e Altedo. Romeo, naturale del conte Alessandro, fabbricò il molino. Il conte Roderico, mancando i figli maschi, s' accomodò col marchese Camillo di Taddeo liquidando il fidecommesso in L. 170000, e disponendo che Lisabetta in Marescalchi si ritenesse queste tenute in prezzo di L. 14000, e cosi passarono in casa Marescalchi.
Montecalvo e Croara. Palazzo con beni, vigne, prati e boschi. Passò in eredità a Gentile Montecalvi moglie del conte Iacopo naturale del conte Gio. Pepoli.
Un podere in Monte S. Giovanni.
Palata, vastissima tenuta, che nel 1470 apparteneva al conte Guido Pepoli, il quale avendo fatto scorrerie e saccheggi nel territorio del Finale, siccome sopra fu riferito, dovette soffrire le rappresaglie del marchese Sigismondo d' Este, il quale alla testa di buona mano di gente si portò alla Palata, tagliò viti, incendiò e spianò case nello stesso anno.
Mentre una porzione di questa tenuta era goduta dal conte Giovanni, essendo questi contumace nel 1564, il Papa mandò soldati e artiglieria per occupare questi luoghi, ove detto conte Giovanni erasi trincerato, ma per interposizione di principi l'affare si accomodò. Il conte Filippo del conte Cornelio nella sua porzione vi fabbricò un palazzo assai vasto con orti e giardini nel 1619. Questo palazzo era diviso fra i figli del conte Galeazzo, il conte Alessandro ed il conte Odoardo. La porzione di tenuta dei conti Alessandro e Odoardo era composta di 20 possessioni e di altre adiacenze con casino e razza di cavalli, in tutto costituiva una rendita di scudi 8000.
La Quiete, palazzo sopra il monte rimpetto alla Madonna del Sasso. Era della famiglia Albani, e il pittore Francesco vi soggiornava spesso. Il conte Odoardo seniore lo comprò coi poderi e boschi annessi, dallo stato Albani, e il conte Alessandro suo sucessore lo vendette ai Caprara.
Rigosa, o Raigosa, tenuta. ll cardinal Guido fabbricò il palazzo e i muri circondari. Esisteva una badia che era padronato della casa. La rendita della tenuta era riputata scudi 1600.
ll molino in Castel Franco detto Riolo era di diretto dominio del conte Filippo Pepoli nel 1601.
Sasso. Palazzo detto dall'Armi perchè fu già della famiglia dall'Armi. Il palazzo non era gran cosa, ma avea bellissimi giardini, amena situazione con poderi e vigne.
Sasso e Madonna del Sasso. Lisabetta di Roderico portò i diritti della chiesa della Madonna del Sasso ai Marescalchi. Vi erano anche beni, ma si ignora come siano stati alienati.
Sesto-Casino, con podere sulla strada di Pianoro. Il marchese Giuseppe iuniore lo vendette al sig Francesco Galli erede del fu Consultore Galli, il quale morendo lasciò erede Metilde Casalgrandi sua moglie, che lo vendette ai Mazzetti oriundi da Libano, ma poi stabiliti in Bologna.
Una possessione a Sirano.
Santa Viola, ossia Borgo. Un podere assegnato dal conte Francesco del conte Iacopo in prezzo di L. 10000 per parte di dote di Elena sua sorella, maritata nel senatore Filippo Guastavillani nel 1642.
Zola, Amola, S. Lorenzo in Collina, tornature 710 di prati. Erano di Romeo di Zerra Pepoli nel 1302.
Finalmente nel Ferrarese, Modenese, Imolese o Veneziano avevano i seguenti beni:
Palazzo in Ferrara ove risiedeva l'agente di casa.
Pausame nel Modenese, ossia Mirandola.
Stellata, tenuta Contrari nel Ferrarese.
Trecenta, tenuta Contrari nel Ferrarase. Il conte Ercole del conte Filippo Candido vi fabbricò un grandioso e magnifico palazzo e un casino nei confini. La tenuta consisteva in nove possedimenti. Quivi era una reputata razza di cavalli detta della staffa rovescia. Si calcolava la rendita a scudi 7000.
Conte Alessandro del conte Guido, senator I, conte di Castiglione, marito di Ginevra Sanvitali dei conti di Fontenellato, primogenita. Nel 1506 fu fatto dei 40 da Giulio II. Nel 1511 fu segretario di Stato del Duca di Ferrara, e dei 31 senatori dei Bentivogli. Nel 1513 fu dei 40 di Leone. Nel 1507 fu accusato al Papa d'aver tentato d'insignorirsi di Bologna, e perciò fu chiamato a Roma, nel 1508, per certo trattato scoperto, fuggì a Modena; fu confinato in Inghilterra e deposto dal Senatorato. Nel 1550 fu uno dei quattro senatori ambasciatori a Pio IV per rallegrarsi della sua assunzione al pontificato. Morì li 25 gennaio 1553, e il suo posto fu dato al conte Filippo Pepoli.
Conte Camillo del conte Guido, senator II, marito d' Isabella Gonzaga. Era protonotario apostolico quando il Papa lo fece senatore in luogo del conte Alessandro suo fratello, deposto dal senatorato nel 1508. Fu poi segretario di Stato, e condottiero di fanti del Duca di Ferrara. Mori li 31 maggio 1516, e sepolto in S. Domenico. Il senatorato fu restituito al conte Alessandro. La Gonzaga era contessa di Novellara. Lasciò un figlio postumo detto Camillo che mori infante, e una bastarda per nome Isotta.
Conte Filippo del conte Guido, senator III, marito di Camilla Fantuzzi. Nel 1500 radunò 500 fanti per i Cremonesi. Nel 1511 era cameriere segreto di Giulio II. Nel 1508 fu mastro di campo nelle armate del Papa nella guerra contro Perugia. Nel 1553 fu fatto senatore in luogo di Alessandro suo fratello. Fu generale delle fortezze dell' Umbria, comandò 100 archibugieri a cavallo, e 1000 fanti nelle armate di Francia sotto monsieur Lautrech. Morì li 15 ottobre 1555, benchè alcuni pretendano che morisse li 3 maggio 1554. Ebbe tre mogli, Elena Fantuzzi, Giulia Cesarini, e Ginevra Baragazza dal Calice. Il suo posto l'ebbe suo figlio.
Conte Giovanni del conte Filippo, senator IV. Entrò senatore li 12 maggio 1554 in luogo di suo padre; altri dicono che entrasse solamente li 22 novembre 1555. Li 11 dicembre 1564 parti per Roma, dove era stato chiamato dal Papa per aver dato ricetto ai banditi, e circa quattro mesi dopo il Vice-Legato mandò alla Palata o Galeazza due pezzi di artiglieria per gettare a terra quella fortezza, come pure cavalleggieri e molti battaglioni assieme coll' Auditor del Torrone. Ma le cose poi passarono bene, essendosi interposto l' ambasciatore di Venezia col Papa a favore dei Pepoli; e il conte Giovanni li 28 giugno 1566 tornò a Bologna avendo accomodato tutto.
Ebbe vari figli bastardi da Vincenza Mamolini di Bagnacavallo sua concubina.
Nel 1568 vendette al cardinal Paleotti una casa in Strada Castiglione per collocarvi i Seminaristi, ma altri dicono che fosse il conte Cornelio.
Li 15 marzo dello stesso anno pagò alla fabbrica di S. Petronio L. 2091 per la cappella di Santa Brigida in detta chiesa, e la fabbrica si obbligò di pagare un cappellano che quotidianamente celebrasse la messa, come pure di far celebrare ogni anno un anniversario in perpetuo nel giorno della morte del detto conte. Rogito Giulio Giusti e Dionigi Rossi.
Nel marzo del 1573 fu uno dei quattro senatori assunti per determinare i confini coi ferraresi.
Li 20 marzo 1578 andò a Roma col conte Ugo suo figlio naturale. Li 19 novembre 1580 andò a Venezia per abboccarsi col conte Girolamo Pepoli, e trattare circa un'imputazione datagli dal Cardinal Legato. Comandò come colonnello 1500 fanti del Principe di Macedonia nella guerra del Papa contro il Duca Ottavio Farnese, fu presidente della fabbrica di S. Petronio, fece costruire il palazzo della Giovannina, che poi passò agli Aldrovandi. Nel 1574 instituì la cena da darsi ai pellegrini nell'ospitale di S. Francesco, fu pio e benefico, eresse il Cumulo della Misericordia. Li 14 settembre 1576 assegnò 4000 scudi ai procuratori dell'Opera dei Vergognosi acciò si comprassero 4000 corbe di grano, da vendersi negli anni di penuria al Senato, il cui prezzo dovesse di nuovo investirsi in grano negli anni facili e abbondanti. L' instrumento fu fatto in claustro secundo S. Dominici.
Li 23 maggio 1583, non avendo voluto i procuratori dell'Opera dei Vergognosi proseguire nell' amministrazione del detto capitale, parendo loro aliena dall'istituto che era di attendere solo alla causa dei poveri vergognosi, ne diedero l' amministrazione suddetta al Rettore, ed officiali dell'ospedale della vita. Il contratto fu stipulato nel palazzo di Giovanni. Rogito Annibale Rustighelli.
Nel 1619, IX Kal. augusti, Paolo V, informato che questo capitale era amministrato negligentemente, con suo breve ordinò che fosse governato da una congregazione da deputarsi dal cardinal Capponi Legato, e che dovesse dipendere e render conto ai Legati e Vice-Legati pro tempore.
Nel 1621, 22 settembre. Gregorio XV con suo breve avendo narrato che i signori dell' ospitale della Vita poco bene amministravano i detti capitali, Ugo, Riccardo e Jacopo figli di Gio. Pepoli pretesero che per tale innosservanza, dovesse esser loro devoluto detto capitale, e perciò fecero ricorso a Paolo V, il quale ordinò che, stante la difficoltà di eseguire la volontà dell'istitutore, fosse il capitale investito in terre o crediti sotto nome di Cumulo della Misericordia, imponendo perpetuo silenzio ai suddetti conti Ugo, Riccardo e Iacopo e ad ogni altro pretendente sopra dette proprietà. L'amministrazione fu data al cardinale Lodovico Lodovisi arcivescovo di Bologna, con obbligo d'impiegare i redditi in limosine ai poveri ed ai monasteri di Bologna a suo arbitrio, e dopo lui agli arcivescovi pro tempore di Bologna.
Il detto conte giovanni poi morì strozzato nell'agosto del 1585.
Conte Filippo del conte Cornelio senator V. Li 7 agosto 1603 furon posti alla subasta i di lui beni per L. 25000 in oro, ad istanza di monsignor Battista Volta. Nel 1608 andò a Firenze per le nozze di Cosimo figlio di Ferdinando I di Toscana. Nel 1614 fu complice cogli altri Pepoli dell'uccisione del senator Aurelio Armi, e porse loro aiuto a fuggire mandandogli cavalli e armi. Il Cardinal Legato gli mandò un sotto-auditore a casa esigendo una sigurtà di 20000 ducati, alla quale riuscì di sottrarsi. Gli morì poscia la moglie di parto li 31 luglio 1616, che era Laura degli Obizzi. In dicembre del 1620 partì per Roma ambasciatore ordinario in luogo di Gio. Battista Sampieri. Nel 1621 il conte Gerardo Rangoni, confinante colla Palata dei Pepoli, nell'andare a caccia spesso s' innoltrava nei beni del conte Filippo, il quale mal soffrendo tale indiscrezione, fece con serraglie chiudere alcuni capi di strada per impedirne l'entrata. Ciò saputosi dal Rangoni, un giorno armò molti uomini delle milizie ducali da lui comandate in quei contorni, e con essi si innoltrò senza riserva nella Palata, spezzando con mannaie le stanghe che chiudevano le strade. ll conte Cornelio tìglio del conte Filippo determinò di vendicarsi, perciò radunò molta gente e la compartì in modo che fosse pronta per unirsi ad affrontare il Rangoni la prima volta che avesse tentato di entrare nella Palata. Un prete che serviva in casa Pepoli avvertì il conte Cornelio che talvolta in detta caccia vi si trovava di persona il principe Alfonso di Modena, per cui avrebbe commesso grave inconseguenza movendosi contro il conte Gerardo. Simile avviso però non trattenne il conte Cornelio, che anzi avendo per mezzo di spie saputo che il Rangoni usciva alla caccia e si poteva con facilità affrontare, si dispose ad assalirlo. L'avviso era vero, come pure era vero che il principe di Modena doveva esservici, ma l'inaspettato arrivo di una forestiera a Modena, sospese la caccia. I nemici dei Pepoli colsero questa circostanza per far credere al principe che il conte Cornelio fosse risoluto di vendicarsi del Rangoni, e che la sua presenza non l' avrebbe trattenuto. Il principe credette che il conte Cornelio meritasse la sua indignazione, per cui ne informò il Duca suo padre, istigandolo a risentirsene presso la casa Pepoli. Ne seguirono molte male intelligenze, dappoichè il duca ordinò che si procedesse per via d'inquisizione contro di loro, e furon perciò mandati alcuni commissari da Modena per iniziare il processo li 9 gennaio 1621. L'inquisizione emise una lunga nota di persone alla testa delle quali erano il conte Cornelio e il conte Filippo, padre e figlio, e il marchese Ugo, che si accusavano di avere fino del 1619, nel palazzo alla Palata, tramato d' uccidere il principe Alfonso d' Este; più che il marchese Ugo, quantunque vassallo del Duca di Modena, aveva istigato gli altri a questo delitto, ed aveva esibito sicari; infine di avere deliberato darvici esecuzione nel mese di settembre 1619 sapendo che il principe Alfonso andava spesso a caccia con poca comitiva nel distretto del Finale. Questa inquisizione fu cominciata li 11 ottobre 1621, ma non ebbe seguito.
Marchese Girolamo del marchese Taddeo senator V, marito di Anna Montecucoli. ll primo figlio che gli nacque, che fu Taddeo, fu tenuto al battesimo dal Re di Francia Lodovico XIII, che gli mandò un suo cavaliere per tal funzione , ma il ragazzo non visse. Il marchese Girolamo fu ucciso da Ciro Marescotti, e la vedova si rimaritò al marchese Carlo Bevilacqua, la quale ebbe in dote L. 88000, ed era figlia del marchese Francesco.
Marchese Francesco del marchese Taddeo, senator VII, dottore in lettere e marito di Isabella Angelelli, che, rimasta vedova, sposò il marchese Costanzo Zambeccari.
Conte Odoardo del conte Ercole, senator VIII, nato li 20 novembre 1612. Sposò nel 1632 Maria del conte Filippo Pepoli, poi nel 1639 Vittoria del marchese Cesare Pepoli, vedova del marchese Gonzaga, e del marchese Filippo Capponi. Fabbricò il palazzo nuovo delle Chiavature, e mori li 27 marzo 1680.
Conte Ercole del conte Filippo Candido, senator IX. In marzo del 1707 rinunziò il senatorato al conte Cornelio suo fratello. Nacque nel 1656. Fu marito di D. Beatrice Bentivoglio d'Aragona nel 1616. Fu cavalier splendidissimo. Nel 1701, stando a Venezia, serviva col figlio il cardinale d'Estré, ma con maggior confidenza lo trattava il conte Filippo suo figlio. Il governo lo fece avvertito che si ricordasse d' esser nobile veneziano, e sorvegliasse se la condotta del conte Filippo poteva piacere al governo e produrre qualche funesta conseguenza, perciò senza indugio mandò il figlio a Bologna, ed esso andò più cauto. Fabbricò il palazzo e il casino a Trecenta. Mori li 12 marzo 1707 dopo luuga e penosa malattia, d' anni 51, d' idropisia. Lasciò 300000 lire di debiti, e L. 800000 di capitali liberi. Lasciò erede il conte Cornelio suo fratello. Li 6 novembre 1709 D. Beatrice sua moglie partì da Bologna per Roma, dove andò a stabilirvisi con monsignor Cornelio suo fratello.
Conte Cornelio del conte Filippo Candido, senator X. Ebbe per rinunzia il senatorato del conte Ercole suo fratello in marzo del 1707. Sposò Cattarina del marchese Ulisse Bentivogli nel 1680, mori li 31 agosto 1707 d'anni 49, e il suo senatorato l'ebbe il conte Alessandro suo figlio. La sua morte fu quasi repentina, perchè si ammalò di febbre terzana semplice, che si volse tosto in maligna, e in due giorni ne mori, con sommo rincrescimento di tutti. Lasciò due figli giovinetti, privati cosi del suo valido aiuto per dar sesto agli affari della casa lasciata in qualche disesto dal conte Ercole. Era versato in quelle scienze che adornano un cavaliere, essendone il più ricco di Bologna, perchè dopo morto il fratello aveva 40000 scudi di rendita. Fu sepolto in S. Domenico, allo cui esequie intervennero 120 Battuti dello spedale della Morte, quasi tutti nobili, e tutti i frati domenicani con torcia che ammotavano a 200 circa.
Mentre era ammalato aveva il dottor medico Fantini che dormiva nella camera vicina alla sua. La notte prima che gli sopravenisse la febbre maligna si alzò, recandosi alla camera dell'astante dicendo di voler dormir seco lui per distogliersi da un sogno che l'aveva turbato fortemente, e gli raccontò che stando fra veglia e sonno, si era veduto comparire innanzi la defunta sua consorte Cattarina Bentivogli vestita di bianco e bellissima, come lo era stata vivente, e che nello stesso tempo aveva veduto la sua arca in S. Domenico aperta, con teste di morto. Il Fantini lo confortò esortandolo a non dare ascolto a sogni, prodotti da vapori febbrili. ll susseguente giorno gli venne la febbre maligna che lo portò al sepolcro. Mori rassegnato, benedì i suoi figli, e li esorlò a vivere da cristiani, e a sprezzare le vanità del mondo. Aveva raccolto una bellissima libreria, che fu poi venduta dai figli.
Conte Alessandro del conte Cornelio senator XI, fu fatto senatore per rinunzia del conte Cornelio suo padre, e ne prese possesso il primo ottobre 1707. Sposò Ginevra Isolani li 10 novembre 1704 con dote di L. 70000, la quale morì nel 1753 in concetto di santa, e fu sepolta in S. Bartolomeo. La sera del primo gennaio 1709 diede una sontuosa accademia in casa sua come principe dei Gelati. Nel dicembre del 1700 parti per Roma col conte Filippo Aldrovandi suo zio, che vi andava come ambasciatore. Li 12 febbraio 1709 diede una cena con ballo al generale Daun e all'ufficialità tedesca. Li 2 aprile 1711, con universale disapprovazione, vendette a vilissimo prezzo la bella libreria raccolta dal conte Cornelio suo padre. Nel 1711 Carlo III lo creò suo coppiero. Conte Cornelio del conte Alessandro, senator XII, sposò Marina Grimani veneta, li 20 gennaio 1755 nella chiesa di Murano. Fu cavaliere di modi gentili, cultore di belle lettere e specialmente della poesia. Nel 1748 ebbe differenze colla Legazione in tempo del card. Doria per disarmo di sbirri fatto fare dal detto conte Cornelio, Morì in Venezia, ove dimorava da molti anni, alle ore 6 del giovedì 16 gennaio 1777. Il suo corpo fu trasportato a Bologna e sepolto in S. Domenico li 24 dello stesso mese.
Nel 1585 il famoso bandito detto Gratizino, della Valle di Scanello, fu inseguito dagli uomini delle Comunità di montagna, in guisa che li 3 agosto di detto anno fu fatto prigione, e condotto nelle carceri di Castiglione col fermo proposito di consegnarlo poi al governo di Bologna. Il detto Gratizino fu quello che nientemeno aveva castrato il Commissario di quella terra. Subdoratosi simile arresto dall'altro famoso bandito Battistino da Toledo, recossi con 40 compagni a Castiglione, dove chiamato il Commissario Prediera fu strettamente legato, poscia armata mano ne liberò il Gratizino dalla prigione. Li 5 agosto il Legato mandò a chiamare il senatore Gio. Pepoli, e gli chiese il Gratizino, che recisamente fu riflutato, dichiarando che egli stesso l'avrebbe punito, ma non mai consegnato, volendo rispettato il diritto che gli si competeva siccome feudatario imperiale.
Il Pepoli però ignorava la liberazione forzata che aveva avuto luogo del Gratizino. ll Legato montato su tutte le furie per tal rifiuto, intimò al Pepoli il carcere nel Torrone, che gli fu comutato nelle camere stesse già abitate da Girolamo Pepoli, che sono due sporgenti nel cortile, le di cui finestre erano state murate, avente lume da un piccolo pertuglo. Gli furono concessi due servitori essendo malatticcio e vecchio d'anni 65. Offri una cauzione di scudi 80000 per potersene rimanere nel suo palazzo, ma non fu accettata. Il Gratizino si ritirò a Firenze. Li 13 agosto il Pepoli fu esaminato, ma fermo ed irremovibile riconfermò quanto aveva già detto al Legato.
(5) Sacardi, o Satardi, chiamavansi nei bassi tempi coloro che sotto pretesto di seppelire gli appestati s' introducevano nelle case per derubarne gli abitanti. Gente di sacco e di corda. Vedi Glosarium novum supplementum, Glossariij Cangiano. - Paris Carpentier 1766.
(6) Quando s'imprese la pubblicazione di quest'opera, si era determinati attenersi rigorosamente al testo. Per renderla però più interessante si è creduto far cosa grata agli studiosi ed amatori di storia patria illustrarla con note che riguardano le famiglle bolognesi, le quali fanno parte di un lavoro separato che l'autore aveva compilato. Così quelle poche famiglie che non furono ricordate sul principio della nostra pubblicazione, cercheremo all'opportunità di riportarle come ora facciamo circa la famiglia Caprara, il di cui maggior palazzo fu già descritto nella via delle Asse.
Crediamo che i proprietari di questa casa siano dl quello stipite, siccome vedremo in appresso.
Parecchi storici li dicono oriundi da Reggio, altri da Caprara, o S. Martino di Caprara castello del Bolognese, e che si chiamassero della Madalena. Le linee mascoline sono terminate. Il ramo dei Fusari si estinse nel Cardinal Alessandro morto nel 1711, e fu suo erede testamentario il senator conte Nicolò Caprara del ramo senatorio da S. Salvatore, il quale pure morì senza discendenza maschile. La contessa Vittoria, unica sua figlia, sposò il marchese Francesco Montecucoli, che assunse il cognome Caprara, per cui la casa Montecucoli fu inserta nella Caprara. Ebbero capella e sepoltura in S. Francesco.
Nel 1545 Giacomo ed Alessandro fratelli Caprara erano mercanti.
Ebbero la signoria distinta di Siklos in Ungaria, ottenuta dal maresciallo conte Enea, ma poi la perdettero. Fu pure principe di Warasdin.
Questa famiglia ebbe il senatorato nel 1616.
Il Cardinal Alessandro istituì la prelatura Caprara, ebbe la contea di Pantano nel Reggiano nel secolo XVII.
Enea Antonio del conte Nicolò, e di Vittoria Piccolomini, fu generale di cavalleria al servizio di Leopoldo I Imperatore, sotto gli ordini del generale Montecucoli nel 1673, sul Reno contro Turrena.
Nel 1674 respinse il conte Bonvisi general francese, dal Palatinato fino a Lindau, con grave perdita, fu comandato, di conserva col duca di Lorena, di socorrere l' Elettor Palatino contro Turrena, e fu alla battaglia di Stulzheim li 6 giugno 1674. Respinse il Turrena, che aveva attaccato a Malhausen i posti degli alleati, colla morte di 800 francesi, essendo allora generale di campo.
Fu in Ungheria alla presa di Nevehausd, espugnò Eperies Carchau. e distrusse quei ribelli; difese il campo imperiale da lui comandato a Peter-Varedino colle navi sul Danubio attaccato dai turchi nel settembre del 1694, per cui dovettero ritirarsi.
Nel 1697 ridusse al dovere i Vallachi, che tramavano di ribellarsi, poi fu maresciallo di campo dell'Imperatore. Ebbe il supremo comando in Ungheria nel 1685, nel qual anno espugnò Nevhausd, Tokai, Kulò, Kassovia, e nel 1688 prese Illok e Peter-Varadino. Fu cavalier del toson d'oro. Nel 1683, prima dell' assedio di Vienna, introdussevi della fanteria per soccorrerla, e restò ferito nella liberazione della medesima.
Si trovò all'assedio di Buda, ove impedi ai Turchi il passaggio del fiume Sevrte. Fu cameriere dell' Imperatore ed ultimo suo consigliere di Stato e di guerra, vice presidente delle medesime, colonello di un reggimento di corazzieri, general perpetuo di Varardino in Croazia, e dei confini di Schiavonia e Petrinia, infine maresciallo comandante in Italia.
li 13 gennaio 1694 consegnò il suo testamento secreto, nel quale aveva istituito erede il conte Lodovico Girolamo suo fratello, con fidecomesso di primogenitura in primogenitura, con obbligo di assumere armi, cognome e di abitare nel palazzo di Bologna, rogito di Alessandro Giuseppe Trombetti. Morì in Vienna li 3 febbraio 1701.
Il cadavere fu trasportato a Bologna, e consegnato soltanto li 22 settembre 1725 ai Padri di S. Francesco. Aperta la piccola cassa confezionata a guisa di un baule, ne fu trovato il cadavere con le coscie piegate all' insù, le gambe tagliate, ed imbalsamato il suo corpo soltanto per metà, la testa intiera, e vestito con abito ossia cappa di saglia nera. Rinchiusa la cassa fu messo nell' arca dei Caprara.
Conte Carlo Francesco del conte Nicolò senator II si sposò con Olimpia del marchese Bernardino Naro, romana; militò in Germania sotto gli ordini del generale Piccolomini. Nella giovanile età di 22 anni intervenne al consiglio di guerra, in cui fu stabilito dovesse recarsi in soccorso di Lilla.
Nel settembre del 1634 era stato fatto senatore da Urbano VIII, in luogo di suo padre, sebbene non avesse che 12 anni, e ciò in contemplazione dell' Arcivescovo di Siena suo zio materno, siccome da Breve dello stesso Ponteflce.
Li 13 aprile 1635 fu rinnovata a lui ed a' suoi fratelli l'investitura della contea di Pantano dal Duca di Modena. Rogito di Paolo Favolotti notaio di Modena.
Fu uomo distinto, di tratti cortesi, e politico esperimentatisslmo. Morì li 13 maggio 1697 essendo Gonfaloniere. Il pubblico non volle che avesser luogo i solenni funerali in S. Petronio, siccome gli competevano per la carica di cui era insignito, e ciò per esser morto prima di esserne entrato in possesso. Gli furono però fatti con tutta la pompa possibile dalla sua famiglia.
Conte Francesco del marchese Gio. Battista Montecucoli modenese, chiamato alla primogenitura Caprara, senator IV, sposò Vittoria figlia ed erede del conte Nicolò Caprara e ne assunse il cognome.
Fu cavaliere del toson d'oro, testò li 24 gennaio 1770, e morì li 30 maggio dello stesso anno ad ore 19 3/4, e fu sepolto nel Corpus Domini.
Conte Nicolò di Francesco, senator I, sposò Vittoria Picolomini d'Aragona. Nel 1612 arrivò da Siena colla moglie che gli aveva portato in dote scudi 30000, e nel 1616 fu fatto senatore in luogo di Marcantonio Seccadenari morto li 30 novembre dello stesso anno.
Fu uomo d' animo generoso e di maniere gentili, versatissimo nell'arte cavalleresca, giostrante esperto e rinomato maneggiatore di cavalli. Fu esso pure, come i suoi fratelli, fatto conte di Pantano dal Duca di Modena. Fu cavaliere di S.Iago. La contea l'ebbe li 24 aprile 1608, a rogito di Francesco Paniga notaio di Modena, e Cancelliere della Camera Ducale II Breve di senatore è delli 3 dicembre 1616 di Paolo V.
Pantano è villaggio dell'Appennino contado Reggiano. Ne furono investiti per loro e suoi discendenti maschi di leggittimo matrimonio, col disborso di 12000 ducatoni da soldi 85 l'uno moneta bolognese, con obbligo di pagare ogni anno alla Camera del Duca nel giorno di Pasqua di Risurrezione un paio di guanti del valore di un ducatone. Mancando la linea mascolina di leggittimo matrimonio, o non pagando lo scudo per due anni consecutivi, fu convenuto che dovesse tornare alla Camera.
(7) Poeti, già dal Poeta. Non manca chi abbia scritto che questa famiglia discenda da Ruffo Poeta bolognese, morto in Roma l' anno di Cristo 56, lodato da Cicerone e da Marziale, perchè anticamente si diceva dal Poeta, ma è più certo che derivino da altro più recente e celebre poeta di nome Vincenzo, come può essere comprovato da autentiche scritture.
Nel 1284 avevano beni alla Beverara presso il Naviglio, il molino a Corticella, che poi fu dei Gozzadini. Questo molino nel 1383 era di Benedetto di Bartolomeo Ratta.
Nel 1298 aveva beni nel comune del Polesine, della Longara, di Sant'Egidio, ed a Fossolo.
Nel 1317 possedevano a Crevalcore.
Ebbero l' eredità Banti, in causa di Camilla Banti moglie di Luigi Poeti nel 1402
Avevano sepoltura in S. Domenico nel 1491.
Simone d'Orlando di Poeta, d'Orlando di Domenico, nel 1340 abitava sotto la parrocchia di S. Michele dei Leprosetti, e Carlo di Gabriele nel 1530 era di Santa Maria Maggiore.
Il capitano Teodoro aveva casa sotto Sant'Andrea degli Ansaldi, che fu poi dei Zanchini, nella quale, dopo la sua morte seguita nel 1551, fu aperto, come altra volta si disse, il collegio dei Poeti, che vi perdurò flno al 1592, nel qual anno fu trasferito in una casa rimpetto a S. Gio in Monte.
Ercole di Virgilio senator IV, capitano, entrò in possesso del Senatorato nel 1510 in luogo del padre. Mori li 3 luglio 1554, ed il suo posto fu dato a Paolo Poeti suo parente. Fu marito di Gabriella d' Aldrobandino Malvezzi.
Nel 1324 capitanò 100 cavalli al servizio del Re d'Inghilterra, fu colonello di Venezia, e generale delle armate della Repubblica, poi governatore di Cremona. Il Dolfi dice che morì li 20 marzo 1556.
Galeazzo di Paolo, senator IV, entrò in possesso del senatorato li 4 agosto 1572 in luogo di suo padre.
Li 9 novembre 1580 fu nominato ambasciatore del Senato per complimentare Alessandro Cardinal Sforza che si trovava a Ravenna.
Nel 1591 fu uno degli ambasciatori spediti a prestar obbedienza ad Innocenzo IX per la sua esaltazione al Pontificato.
Fu marito di Orsina Ruini.
Nel 1575 si laureò in filosofia. Fu uomo di lettere e poeta.
Ippolito di Galeazzo, senator VII, fu marito di Laura Bentivogli. Fu uomo illustre in armi ed in belle lettere, e nelle ore di solazzo con molta cura attendeva alla coltivazione del suo magnifico giardino posto a porta Galliera, ora possidenza Garagnani, come si vedrà a suo tempo dettagliatamente. Mori esso alla fine del 1621, ed il Breve del suo Senatorato fu conferito a Vizzani, essendo spedito il primo gennaio 1622.
Nicolò detto Nicoloso di Battista, senator I, era agli stipendi del comune di Bologna il primo settembre 1450, ed ebbe in moglie Agata Guidotti.
Nel 1466 fu creato senatore a vita, e dei ventuno da Paolo II.
Nel 1446 fu ambasciatore a Milano, e nel 1456 a Venezia ed a Firenze.
Fu comandante dell' armata di Filippo Maria Visconti Duca di Milano. Mori li 13 febbraio 1491, e fu sepolto in S. Domenico.
Paolo di Gio. Galeazzo, senator V, entrò senatore li 29 luglio 1554 in luogo di Ercole Poeti suo parente, e sposò Ginevra figlia bastarda del conte Alessandro Pepoli, che morì li 7 maggio 1562.
Nel 1572 fu eletto dal Reggimento ambasciatore a Roma per l'elezione di Papa Gregorio XIII, in unione di Francesco Maria Casali, ripatriando entrambi li 2 luglio. Morì li 29 luglio 1573, ed il suo senatorato passò a Galeazzo suo figlio.
Poeta di Nicolò detto Nicoloso, senator II, sposò Camilla Ghiselardi nel 1497. Testò li 28 aprile 1505, rogito Iacopo Conti, morì li 20 aprile 1505, e fu sepolto in S. Domenico.
Virgilio di Alessandro, senator III, fu marito di Pandora Malvezzi. Nel 1506 fu fatto dei quaranta da Giulio II.
Nel 1510 fu comandante nel campo dei Bolognesi contro i Francesi e i Bentivogli.
Nel 1511 fu privato del posto dai Bentivogli. E qui tale notizia cade in acconcio dacchè conferma quanto altra volta si disse sulla inesatezza della data appropriata dal Fantuzzi, dal Quadrio e dall' Orlandi alla pubblicazione del cantico di Fasianino per la seconda venuta di Giulio II a Bologna. Nel 1512 fu rimesso da Leone X, nel 1515 spedito ambasciatore al Papa, e nel 1520 di nuovo fu fatto comandante delle truppe Bolognesi.
Nel 1518, unito a suo figlio, Annibale assali sulla piazza maggiore Ercole Marescotti e l' uccise.
Mori del 1530, ed il suo posto fu dato al capitano Ercole Poeti suo figlio.
Nel 1512, in una casa di Gio. Galeazzo Poeti in Galliera, fu edificata la chiesa di San Giulio ad onoranza e memoria di Giulio II sommo Pontefice, la quale poi in progresso di tempo fu la chiesa delle suore di Gesù e Maria.
Nel 1660 il conte Giuseppe Maria Poeti testò, e precisamente li 8 aprile, a rogito Antonio Bortolotti, che fu poi reso di pubblica ragione li 8 gennaio 1670. Con questo ordina che mancata la sua successione e quella di Galeazzo suo fratello, siano imbussolati uno della famiglia di Antonio Bovi, altro di Luigi Malvezzi, ed un terzo della famiglia del senator Gozzadini, e che l'estratto per primo abbia la primogenitura Poeti, e cioè l'orto e palazzo Poeti alla porta Galliera, ed il molino coi beni di Corticella.
Li 9 settembre 1733 mori il marchese Ercole Poeti ultimo maschio della sua famiglia, e li 6 maggio 1735 fu estratto il senator Alessandro Gozzadini. Rogito Antonio Nanni.
(8) Cospi, famiglia originaria da Ganzanigo, cura di Medicina, venuta a Bologna nel 1350. Il Dolfi fa menzione di un Azzolino Cospi che andò alla crociata nel 1217. Anticamente avevano nel loro stemma un cospo, cioè una specie di zoccolo. Non è vero che i Cospi fossero un tempo chiamati Franzoni, perchè molto prima dei Franzoni si trova citato nelle cronache il casato Cospi. Alcuni vogliono che venissero dalla Toscana, ma ciò che è fuor di dubbio, e provato da documenti si è che la famiglia è bolognese, e molto antica. Ebbe il senatorato soltanto nel 1406, e furon fatti marchesi nel secolo XVIII. Era di sua proprietà la cappella di S. Vincenzo Ferrerio che trovasi in S. Petronio. Avevano cappella e sepoltura in S. Gio. in Monte dov'è la tavola dell'Annunziata con due angeli sopra, opera del celebratissimo pittore Guido Reni.
Il ramo di strada S. Vitale ebbe l'eredità Saraceni, ed a mezzo di questa la cappella di Sant'Antonio posta in S. Petronio. Nel 1551 Iacopo d'Alessandro era della parrocchia di S. Gervasio, e nel 1574 Tommaso di Francesco senatore abitava sotto la parrocchia di Sant' Agata, ed aveva palazzo di struttura antica rimpetto alla chiesa delle suore di S. Vitale.
Il ramo di Strada Castiglione aveva il palazzo che era della eredità di Virginia Cospi vedova Sampieri, nel 1614 lasciato da essa ad Angelo suo fratello ed a Francesco suo nipote ex fratre. Il palazzo Cospi era in Strada Stefano sotto la parrocchia di Santa Maria di Castel de' Britti, poscia Boselli, e ciò nell'anno 1630.
Il ramo di Strada S. Vitale è ora estinto. L' eredità passò nel secondogenito della famiglia Ranuzzi. Oltre l'eredità Saraceni ebbero i beni a Bagnarola col palazzo fabbricato dal conte Vincenzo Ferdinando Cospi, essendone stato il vecchio preesistente da lui atterrato. Possedeva questo ramo quella parte di casa, che uscendo dal voltone di Porta Castello si proseguiva a mano destra verso S. Sebastiano, in confine del senator Gessi. Aveva pure casino con tornature 188 di terreno nel comune di Anzola in luogo detto Confortino, che fu poi venduto ai Fogliani nel 1629.
Un ramo Cospi abitava del 1576 sotto la parrocchia di S. Tommaso in Strada Maggiore. Il ramo di Strada Castiglione aveva palazzo, terreni e molti casamenti a Casalecchio, una macina ed un quarto nel molino fuori di Galliera, proveniente dai Sampieri e la casa in Miola d'eredità Ballatini, poi venduta al sindaco Landi, beni a Saletto, che possedevano fino nel 1279. Nel 1534 avevano beni a Castenaso portati in casa da Catterina Testa moglie del senator Alberto Cospi. Nel 1640 avevano beni a Marano, più la tenuta di Santa Maria Maddalena di Cazzano, e beni a S. Giorgio di Piano.
Angelo del senator Tommaso, senator II creato da Leone X, tradusse dal greco in latino Diodoro Siculo, opera egregia che fu molto commendata.
Battista del senator Tommaso, senator III, fu fatto senatore nel 1525, e morl nel 1546.
Battista Angelo Antonio del senator Filippo Angelo, senator II, sposò Lucrezia Teresa Bovi, poi Pantasilea Orsi, di più portò il cognome Ballatini per eredità della madre.
Ferdinando di Vincenzo, senator IX, Bali e commendatore di S. Stefano, aveva in moglie Smeralda Banzi. Donò esso il suo prezioso e ragguardevole museo al Senato, che lo collocò del 1666 in una carnèra del palazzo prossimo a quello dell' Aldrovandi. Lorenzo Legati cremonese ne fece accuratissima descrizione. Gli oggetti preziosi che Io componevano furono sparsi, e gran parte di essi collocati nelle camere dell'Istituto. Ferdinando fu primo paggio di valigia del granduca Ferdinando II, poi suo gentiluomo di camera. Era esso figlio di una Saraceni ultima di sua famiglia. Nel 1628 fu padrino nel torneo che ebbe luogo in Bologna.
Filippo Angelo di Battista, senator X, sposò Isabella Ballattini e fu cavaliere di Santo Stefano, poi senatore in luogo di Ferdinando Cospi. Sua moglie Isabella era vedova di Galeazzo Poeti e la sua mano fu richiesta da Angelo Michele Guastavillani, che essa rifiutò. Il Guastavillani incollerito, incontrandola un giorno in Miola mentre tornava dalla messa avuta in S. Gio. in Monte, gli si buttò al collo e la baciò. Per questo fatto fu obbligato partire da Bologna. Essa poi sposò Cospi portandogli l'eredità ed il nome Ballattini.
Francesco del senator Tommaso, senator VII, che ebbe in moglie Laura Varesi romana circa il 1600 era della parrocchia di Sant'Agata. Fu esso cavaliere virtuosissimo e di modi gentili , risiedette ambasciatore a Roma, e nel lasso di tempo che ivi coprì sì dignitosa carica Urbano VIII si compiacque moltissimo di conferire seco lui. Mostravasi in pubblico pel solo disimpegno de' suoi attributi governativi, ma dedicato indefessamente allo studio ed all'industria viveva ritiratissimo. Fu mandato a Roma nel 1604 per affari d'acque e nel 1605 unito ad altri personaggi per l' esaltazione di Leone XI. Nel 1611 fu ambasciatore di compagnia al Legato Giustiniano. Li 2 marzo 1615 fu uno dei due padrini del conte Alessandro Bentivogli pel torneo che ebbe luogo nella sala del Podestà. Morì li 3 novembre 1640 dopo aver avuto l' eredità di Monsignor Angelo Cospi. La Varesi sua consorte viveva ancora nel 1653, ed era stata erede di suo figlio Tommaso, mancato ai vivi nel 1650.
Tommaso di Bartolomeo di Lorenzo di Gardino, senator I, fu eletto dei venti dal popolo sopra i tumulti della città, con ampie facoltà. Fu fatto senatore da Giulio II nel 1506.
Girolamo Angelo del marchese senator Battista Angelo, senator XII, dottor in legge e lettor pubblico, morì d'apoplesia li 30 gennaio 1776, e fu sepolto in S. Gio. in Monte.
(9) Famiglia stabilitasi in Bologna da Andrea dottor in leggi, siciliano, nel 1471. Ebbero l'eredità Manzoli, e porzione della Scappi, cappella e sepoltura in S. Petronio ed in S. Domenico, palazzo a Marzabotto. E qui giovi il sapersi che questo palazzo è oggi proprietà del sig. cav. Giuseppe Aria, che con lodevole intendimento, senza risparmio di spese va facendo escavazioni nelle adiacenti terre che gli procurano preziosissime ed importanti scoperte, a riprova di che diamo qui un sunto di un rapporto che il chiarissimo sig. conte Gozzadini, presidente di questa nostra Deputazione di Storia Patria, riferiva, con quel sapere che tanto lo distingue, in una delle ultime tornate che ebbe luogo in quell'egregio consesso. Questo palazzo e sue adiacenze subirono per fatto del suo odierno proprietario una prodigiosa metamorfosi, per cui nella nuova Guida sarà mestieri indicare allo straniero che quivi sonvi tesori antichi e prodigiosi degni della loro ammirazione.
"Descrive il conte Gozzadini in questa ultima parte del suo lavoro gli adornamenti e oggetti di lusso rinvenuti per le tombe scoperte, illustrandoli dello opportune erudizioni e raffrontandoli, ove bisogni, ad altri già conosciuti ne' musei. Di vetro sono alcune sferoidi a diversi colori e forate, che tramezzate a grani d' ambra formavan monili; un pezzo fusiforme, due fuseruole variate di fili d'altro colore, capocchie d'aghi crinali, e qualche oggetto d'ignoto uso, di bronzo, poche armille e fibule, d'argento, rarità per la materia e pel genere, una fibula grandicella. Ma d' oro sono altre fibule, sottilissime . e finissime in punta, da far immaginare che servissero a fissar veli: e laminette d'oro trovaronsi, triangolari o esagone: stampate a palmette o a foglie, consistenti, e tutte con fiorellini per i quali si può supporre che venissero, come chi dicesse, cucite su le vesti o gli adornamenti; e striscie e striscioline di simili laminette attortigliate in modo da far supporre che fossero avvoltolate sopra fili a quella guisa che costumasi coi filati d'oro. D' egual materia si rinvennero parecchi orecchini; i più costrutti per forma da stringere l' orecchio un po' sopra del lobo; uno, elegantissimo, da trapassarlo. Più nuovo gioiello, non si però che non abbia qualche riscontro in una collana di Vulcl, un dente umano incisivo di prima dentizione leggiadramente legato in oro; ricordo, forse prezioso, a una madre amorosa. Lavorati finissimamente e con quella delicatezza di granulazione minutissima che dispera l' emulatrice arte moderna sono più sferoidi, altre mescolate a pallottoline per uso di monili, altre schiacciate e con due o tre cannellini sotto capaci di un filo, che probabilmente avran servito ad uso di bottoni, e due pendagli, incomparabilmente belli, da sospendere forse ad un torque, come vedesi nell' ornatura d' Elena rappresentata in uno specchio etrusco dato dal Gerhard. Gli anelli abbondano, in bronzo schietto, in bronzo e in argento dorato, in oro: fra questi ultimi, uno massiccio, d' intaglio a cesello, profondamente incavato nella parte superiore, che dimostra assere stato adoperato a segnare, con una figura d' androgino; ed è, a giudizio del ch. dissertatore, uno dei più antichi monumenti italici di ermafroditismo, dell' ermafroditismo che simboleggiava un'alta idea cosmogonica. Nuovi poi affatto per queste contrade sono gli anelli con paste a immagini di scarabei impreziosite di lavori glittici. Dopo avere largamente dissertato sul culto speciale che ebbero gli egizii per questo insetto, che non è la cetonia aurata ma il copris sacro (scarafaggio), il quale simboleggiava loro il sole e il valore civile e quindi la generazione o la creazione, e come cotesta simbolica ed artistica rappresentazione dagli egizi passasse agli etruschi, e come nell' un popolo e l'altro pare che lo scarabeo, simbolo, come è stato accennato, del valor civile, fosse un ornamento distinto dei guerrieri; il conte Gozzadini passa a descrivere gli scarabei dissepolti in Marzabotto. Il primo è di quella stessa pasta verde onde sono formati gli egiziaci, e presenta intagliata nella parte piana inferiore una figura umana, pigmea, caudata, deforme, risentita, che azzuffata con un griffio gl' immerge un gladio nel petto. È il Tifone, imagine del dio della luce, come riscontrasi in molte rappresentanze egiziane ed etrusche ove appresso ha figurato il sole, in lotta col genio delle tenebre, simboleggiato dal griffio, che pur nelle antiche rappresentanze ha figurata acanto la luna falcata. Questo simbolismo dà occasione al ch. archeologo d' una opportuna digressione sul dogma teosoflco del perenne contrasto fra il bene e il male, che dall'oriente dell'Asia passò ai fenici e agli egizii, e da questi agli etruschi, i quali nel primo periodo della lor civiltà resero piuttosto le idee teologiche e le forme artistiche dell' Egitto che non quelle della Grecia, alle quali si volsero nel periodo ultimo. Dopo due scarabei in corniola, con una figura di guerriero, per ciascuno, ed in uno a soli contorni, ne seguita pure in corniola un quarto che rappresenta pure a contorni un centauro, Chirone, il quale volgesi amicamente a un garzonetto ch' e' porta su 'l dorso, Achille. Altri due, ancora in corniola, ne descrive il conte Gozzadini, più finemente lavorati nelle più minute parti, non solo a ruota ma a punta di diamante: uno arcaico, con figura femminile, alata, che ha una lancia ad armacollo e l' egida al petto, la Minerva, una delle tre grandi divinità delle città etrusche: il secondo porge una figura atletica, con clamide, in riposo, che accostasi al volto con la sinistra il capo d'una ignuda giovinetta alata che non ha ancor tocco del piè sinistro la terra, l'Ercole primitivo, insomma, non ancora dio, nel punto di essere salutato dopo le gloriose fatiche dalla divina vittoria. La serie degli scarabei di Marzabotto è chiusa da un cristallo di monte, benchè solamente convesso anzichè scolpito a foggia del mistico insetto; e porta mirabilmente intagliata, Io giovenca che si dibatte sotto la persecuzione del diptero, la cui figura nella gemma felsinea riscontra esattamente all'imagine dell' assillo data dall'illustre naturalista Reamur; il che dà argomento al ch. dissertatore di estendersi su le diverse opinioni di eruditi e naturalisti circaVoestros od asilus, che alcuni volevano fosse il tafano, quand'è certamente l'assillo. Agli scarabei egizii assomiglia pure una pasta vetrificata e turchiniccia con incavato un toro. Questa pare fosse incastonata in un anello: le altre, e forse anche il cristallo, sono, od erano, legate in oro o in argento. Si rinvennero quali dentro, quali intramezzo le tombe ; ma le più sotto i cumuli di sassi che coprivano gli scheletri."
Ebbero pure i Barbazza possidenze al Lino, a Roncorio, a Mezzolara, Bagnarola, Co di Fiume, Recardine, e Sant'Egidio. Erano pure proprietari di un quarto del palazzo Manzoli in Strada S. Donato, che fu poi dei Malvasia, di beni al Borgo, allo Spirito Santo, a Villa Fontana, ed in S. Chierlo.
Andrea del conte Bartolomeo del conte Guido Antonio, nato li 7 novembre 1597, fu senator I in luogo del conte Filippo Aldrovandi, e marito di Bianca Bentivogli, poi di Silvia Boccadiferro. Fu cavaliere di S. Michele e tesoriere del Papa. Morì li 7 agosto 1650.
Nel 1622 fu ucciso il marchese Fabio Pepoli dal conte Guidantonio Barbazza, perchè vagheggiava Bianca Bentivogli moglie di Andrea. Bianca morì poco dopo consunta da lunga e dolorosa malattia che credesi gli fosse cagionata dal veleno. La Boccadiferro mori li 7 agosto 1656. La Bentivogli ebbe L. 50000 in dote, ed era figlia della Capello.
Andrea di Guidantonio, nato il primo luglio 1704, fu senator V, e marito di Maria Francesca Zambeccari. Mori li 4 aprile 1773, in domenica, ad ore 12, d' idropisia di petto, d'anni 69, e fu sepolto in S. Domenico. La Zambeccari ebbe L. 60000 in dote, e fu sposata li 20 aprile 1735. Li 7 gennaio 1752 andò in possesso dei beni Manzoli dopo la morte del senator Francesco Manzoli.
Ferdinando del conte Andrea e di Bianca Bentivogli, cavaliere di S. Iago, fu tesoriere del Papa per diversi anni, e senator II, marito di Settimia Mardoni patrizia Reggiana, morta li 5 febbraio 1605, e sepolta nel Corpus Domini, Fu fatto marchese, morì li 21 dicembre 1678, e fu sepolto negli Scalzi. Vinse in parecchi tornei a Bologna, Roma, e Firenze. Fu uno dei più gentili e valorosi cavalieri de' suoi tempi. Il Legato Caraffa non volle che entrasse Gonfaloniere. La Mardoni gli portò L. 36000 in dote.
Marchese Filippo Maria del conte Andrea, figlio della Boccaferri, sposò Maria Lucrezia Campeggi che morì li 29 agosto 1669 che fu sepolta nel Corpus Domini, poi Alessandra Scappi che morì il primo dicembre 1735, e sepolta nella Madonna di Galliera. Fu senator terzo in luogo del fratello nel 1680. Fu ucciso presso la chiesa del Buon Gesù da un'archibugiata li 11 settembre 1700, nel qual anno aveva avuto un alterco col senator Giuseppe Marco Foscarari. Rimasta vedova la seconda moglie, andò ad abitare nel palazzo Scappi, ed instituì erede il marchese Andrea Barbazza suo nipote ex filio.
Guidantonio del marchese Filippo Maria sanator IV, fu marito di Teresa Maria Cattarina Segni. Prese possesso del senatorato li 29 dicembre 1700. Il primo novembre 1702, uscendo dal Gonfalonierato, diede un sontuoso pranzo e fece un magnifico dono alla Segni sua promessa sposa. Morì li 21 settembre 1734, d'anni 61, e fu sepolto in S. Domenico. La sposa ebbe in dote L. 55000 in contanti.
Guidantonio del marchese Andrea senator VI sposò Claudia del marchese Muzio Spada nel 1772, la quale morì li 4 aprile 1774 dopo otto giorni di parto. Passò in seconde nozze colla contessa Laura Aldrovandi li 27 settembre 1781, e si portarono subito a Marzabotto. La Spada gli aveva portato in dote L. 60000.
(10) Questa famiglia anticamente dicevasi degli Atti, fu poi chiamata dei Bolognetti da uno che aveva nome Bolognetto.
Ebbero cappella e sepoltura in S. Gio. in Monte, come pure nei Servi, e la cappella del Crocifisso in Santa Lucia, che fu eredità Alamandini.
Eravi una famiglia Surghi, o Sorghi, che poi si chiamò dei Bolognetti nel 1616.
Un ramo Bolognetti ebbe l'eredità Locatelli nel 1550, poi il senatorato nel 1556.
Si crede che nel 1262 fossero merciai.
Alcuni Bolognetti erano della parrocchia di S. Tommaso della Braina nel 1525, ed altri nel 1554 di S. Matteo delle Pescarie.
Avevano beni in Castel S. Pietro nel 1590.
Nell' archivio di S. Francesco si trova un rogito Carobino Nascimbene, col quale un Zamboncello Bolognetti da Masumatico li 15 agosto 1277 si obbliga di pagare fra sei mesi a Bonincontro Guastavillani soldi 36 per prezzo d'erba di un prato di tornature sei.
Furonvi moltissimi rami di questa illustre famiglia, e cioè:
Ramo che abitava in Galliera del quale per metà furono eredi i Solimei, e per metà il conte Filippo Maria del conte Giulio Bentivogli. Al Bentivogli toccò la casa in Galliera ed i beni a Cò di Fiume. A Solimei i beni di Casalecchio di Reno, ed i boschi al Sasso ed a Rio Verde, e possedeva casa e filatoglio nelle Lamme.
Ramo primogenito senatorio antico del cardinal Alberto Bolognetti che abitava in Strada Maggiore, possedeva il palazzo al Toiano, ed ebbe il senatorato nel 1576. Questo ramo si estinse in Antonio del senator Alberto, in Giuseppe Antonio senatore del senator Francesco, ed in Andrea suo fratello, e l'eredità passò a Girolamo di Camillo Bolognetti suo cugino.
Ramo Bolognetti Locatelli discendente da Gio. Battista fratello cadetto di Francesco senator primo, il cui figlio Alessandro sposò Camilla Locatelli. Suo figlio Alberto erede assunse il nome Locatelli, ma non ebbe discendenza, onde questo ramo ebbe tosto fine. Abitavano sotto la parrocchia di S. Michele dei Leprosetti.
Ramo del conte Pompeo, godette la casa dal Carobbio, ma gli fu evitta dopo da altri Bolognetti. Il conte Pompeo ebbe pure casa dalla Volta dei Barberi, che fu dei Canobbi Tizzinali per ragione materna , risarcita quando prese in moglie la Zambeccari, che poi l' abitò e vi morì. Questò ramo era molto povero avendo pochi beni con casino alla Mezzolara ed una possessione verso il medesimo che avevano avuto per sostituzione fide- commissaria di Prospero Passipoveri Pattarazzi. Passarono poi in casa Savioli pel matrimonio di Silvia del conte Pompeo Bolognetti col senator conte Lodovico Savioli.
Ramo del padre Angelico capuccino. Questo ramo esercitò la mercatura, ed abitò sotto la parrocchia di S. Matteo delle Pescarie nel 1537. Terminò questo ramo in Sigismondo che si fece capuccino, morto nel 1666. Esercitarono anche l'arte di banderaro nel 1579.
Ramo di Cecco. Abitava in Strada S. Vitale nella casa dove ultimamente morì il segretario Alessandro Fabbri sotto la parrocchia di Santa Maria dei Leprosetti. Questa casa dopo l' estinzione di questo ramo passò ai Bolognetti di Strada Maggiore nel 1702.
Ramo di Roma, Bolognetti Primo. Questo ramo si estinse in monsignor Giorgio, ultimo di molti fratelli, che tutti morirono senza figli. Egli lasciò erede del richissimo suo patrimonio, che si fece ammontare all'annua rendita di scudi 30000, i figli di Paolo di Girolamo Bolognetti suoi cugini, da cui vengono i Principi di Vicovaro. Questo Ramo abitava sotto la parrocchia di Sant'Andrea dei Piatesi nel 1551, e furono anche sotto la parrocchia di Strada Maggiore nel 1570. Ramo dei Principi di Vicovaro. Questo abitava nella casa dal Carobbio, siccome sopra-enunciato. Ereditò il palazzo in Strada Maggiore, il palazzo e la tenuta di Toiano dopo l'estinzione del ramo primogenito senatorio. Ebbe l'eredità Alamandini da cui gli pervenne il palazzo in Strada S. Felice, ed il palazzo e la tenuta alla Croce del Biacco. Comprarono il Principato di Vicovaro che apparteneva agli Orsini della linea di Bracciano. Il conte Iacopo ultimo di questo ramo vendette la casa dal Carobbio al marchese Leonida Spada.
Questa estesa famiglia ebbe poi Alberto del senator Alessandro, senator III, marito di Carlotta dei conti di Sangiorgio Piemontese, cavaliere di molto spirito, eruditissimo nelle lettere, ed esperto nel maneggio delle armi.
Alessandro di Francesco, senator II, marito di Giulia Canobbi Tizzinali:, fu ambasciatore del Granduca di Toscana nel 1590, ed ambasciatore residente in Roma nel 1593. Del 1591 si recò a Roma come ambasciatore per prestar obbedienza a Gregorio XIII, e così pure del 1605 a Paolo V. Fu uomo di grande eloquenza e profondo diplomatico, per cui quando si recò da Paolo V, siccome il più vecchio dei quattro senatori, fu il prescelto per far l'orazione.
Il conte Camillo del conte Paolo senator V, sposò Lisabetta Bargellini erede, la quale viveva ancora nel 1772. Fu questo inviato a Vienna per affari del Reno. Li 14 novembre 1768 fu dato dal Senato in ostaggio al maresciallo Daun, e li 16 andò col senator Bovio suo collega a presentarsi a Daun che era in Imola. Fu liberato il primo febbraio 1709.
Francesco di Alberto, senator I, marito di Lucrezia Fantuzzi, entrò senatore nel 1556 in luogo del conte Lodovico Lambertini. Fu egregio poeta e scrisse il Costante, poema in 16 volumi, fu dottor in leggi. Era Gonfaloniere nel 1562, quando si adottorò Alberto suo flglio che fu poi cardinale, perciò vi intervenne con tutti i magistrati. Nel suo palazzo rimpetto ai Servi vi pose una magnifica galleria di quadri frai quali fuvvi il famoso Alce intiero, che presentemente trovasi all'Istituto.
Nel 1569 Girolamo Ghiselli uccise Dorotea sua sorella vedova del conte Vincenzo Fontana, perchè avendogli promesso di sposare il conte Francesco senator Bolognetti, cangiò consiglio, adducendo non voler essa trovarsi con tanti figliastri. Nel 1573 fu uno dei soci della stamperia Bolognese, il che prova in quanto conto a quei di si teneva dalle più illustri e considerate famiglie l'arte tipografica, che fu sì degnamente rappresentata dagli Azzoguidi, dai Beroaldi,dai Benacci, i di cui preziosi esemplari furono commendati dai più celebrati bibliografi.
Francesco del senator Alessandro, senator IV, fu dottore in legge, collegiato canonico di S. Pietro. Entrato in prelatura fu Referendario, Governatore di Lodi, poi di Faenza. Essendo morto suo fratello rinunciò la prelatura e fu fatto senatore nel 1629, e sposò Ippolita Venenti. Morì Gonfaloniere.
Conte Iacopo del conte Ferdinando, senator IX, si sposò con Faustina Acciaiuoli nipote del cardinal Acciuoli. Fu principe di Vicovaro dove edificò una magnifica chiesa per la quale spese 2000 scudi. Rinunziò al senatorato, e morì in Roma nel 1775.
Conte Paolo di Girolamo, senator VI, si maritò con Veronica Alamandini, per cui i suoi discendenti ebbero l' eredità Alamandini. Fu egli erede del senator Francesco Bolognetti e di Giuseppe ultimo del ramo di Teseo. Li 23 giugno 1703 rinunziò il senatorato al conte Camillo suo figlio. Li 21 giugno 1709 nelle contingenze del passaggio dei tedeschi mandò al Senato mille doppie d' oro per valersene, senza corrisposta di frutto.