Lambertini

Ebbero a progenitore nel secolo X Petrone duca, come i Lambertazzi, e anch' essi derivarono il casato da un Lamberto, detto Lambertino, vivente nel 1165. Nemici di parte a que' loro consanguinei, furono geremei. Fino dal 972 Onorio arcivescovo di Ravenna aggiunse alle loro investiture più antiche quella di Poggio renatico, che possederono quasi continuo per nove secoli (1). Occupate altre terre circostanti, composero nel 1225 con Simone arcivescovo di'Ravenna e rientrarono nei soli possedimenti anteriori, dei quali Obizzo I signore di Ferrara infeudò Roberto Gozo Lambertini nel 1291. Il castello del Poggio, assalito e preso dai viscontiani nel 1363, fu riconceduto dal comune di Bologna ai Lambertini nel 1390 (2). Espugnato di nuovo nel 1443 dalle i milizie del marchese di Ferrara, fu restituito l'anno dopo dai XVI riformatori, aggiuntovi il territorio di Caprara con mero e misto impero. Nel 1510 fu elevato a contea da Giulio II, nel secolo XVII a marchesato, nel susseguente a principato. Cornelio Lambertini, esercitando la comitale giurisdizione, fece decapitare al Poggio nel 1591 un reo d' omicidio (3).

Un ramo di questa famiglia si trapiantò nelle Fiandre, a Anversa, un altro fu stabilito a Trani da Guido e da Lambertino fratelli, che nel 1268 seguirono con una schiera di cavalieri re Carlo nella sua prima spedizione. Ebbero grado di cattani e i loro discendenti, che si spensero nel secolo XVII, quello di baroni (4).

In patria i Lambertini tennero ripetutamente il consolato e cento furono anziani. Dal 1484 in poi ebbero il grado senatorio, che fu tolto ad Egano nel 1486 incolpato di falsa monetazione; ma fuori trovò fortuna e divenne vicerè di Sicilia. Fino a venti volte i Lambertini furono chiamati a podestà, e nel 1270 tre di loro contemporaneamente, forse senza esempio tra noi, ressero tale ufficio a Cesena, ad Asti e a Tortona (5). Guido, che lo reggeva in Reggio nel 1199, assoggettò Bismantova e Pugliano con le armi, siccome ricorda tuttavia un marmo contemporaneo. Podestà a Faenza nel 1215, le risparmiò una guerra preparata contro altre città di Romagna cui fece piegare per trattati (6). Lo stesso Guido rappresentò il comune di Bologna ai parlamenti di Borgosandonnino (1194) e di Ravenna (1201), e fu arbitro negli accordi fra Bolognesi e Ferraresi (1203). Altri di sua famiglia andarono oratori per gravi negozii ai Veneziani (1270), a Bernabò Visconti (1355), a papa Innocenzo VI in Avignone (1360), a Urbano VI a Roma (1378) ed a Giangaleazzo Visconti (1402). Pietro, detto Caprezio come un suo antenato, lettore di diritto canonico e arciprete di s. Giovanni in Persiceto, ottenne dalle fazioni di quella terra cospicua una libera plenipotenza sanzionata dal comune di Bologna; ma, avendone abusato, fu costretto dal suddetto comune a dimettersi ed i Persicetani vennero reintegrati ne' loro diritti (7).

I Lambertini si distinsero specialmente nelle armi, e nella gloriosa giornata di Fossalta Lambertino di Guido, insieme con un Bottrigari ed un Orsi, disarmò e fece prigione Enzo re, figlio di Federico II imperatore. Guido, Lambertino, Galeotto e Pietro militarono col re Carlo chiamato in Italia da Clemente IV (1265), e conseguirono ricchezze e dominio (8). Francesco andò in aiuto de' Fiorentini, quando Enrico VII imperatore tentava di espugnare Firenze ( 1312), onde da lui fu citato come ribelle. Francesco e Giordano militarono anch'essi pe' Fiorentini nella guerra di Montecatini (1315): Uguccio e Nardo pel duca di Calabria (1326): Lamberto pel comune, contro i Marchesi d' Este nel Polesine (1333). Guglielmo munì e difese i confini presso il ferrarese (1333) (9); Egano liberò Massumatico dai banditi e se ne impadronì (1376); impedì alla compagnia di ventura, detta della stella, di passare sul bolognese (1379), andò in aiuto de' Fiorentini con 700 tra cavalli e pedoni (1380); soccorse Castel Sanprospero con 800 lancie (1385) e difese la Bastìa nostra con tutta la cavalleria bolognese (1385). All' assedio di Barbiano scoprì traditore il venturiero conte Lucio Lando, che fu dimesso e condannato (1386); capitano generale di tutte le milizie del comune scorrazzò sul territorio di Faenza ( 1386) (10). Bernardino combattè e morì nel 1476 per Carlo il Temerario, il quale, rotto a Morat, perì anch' egli miseramente sotto Nancy. Nel secolo XVI Bartolommeo militò sotto Fabrizio Colonna; Aldraghetto fu capitano generale de' Veneziani; Malatesta e Guidantonio combatterono in Piemonte lasciandovi il secondo la vita nell' assalto d' una fortezza; Sertorio guerreggiò in Olanda (11).

Ma se i Lambertini eran proclivi alle armi per la difesa della patria e degli alleati, e per desìo di gloria, lo erano pur anco per le civili discordie, a tal che nel 1238, essendo dei capi di parte geremea, si diedero a levar tumulto nella città (12); poi nel 1258 cominciarono ad azzuffarsi con i Scannabecchi e seguitarono nel 1260, nel 1265 e nel 1267. Ma poichè Brandelisio e Guglielmo uccisero Scannabecco Scannabecchi, la sua famiglia lo vendicò, prima ardendo ed abbattendo le case degli uccisori, poi uccidendo uno dei due, cioè Brandelisio (13). Nel 1271, nel 1272 e nel 1274 i Lambertini battagliarono insieme con tutta la loro fazione contro la lambertazza, e nell' ultimo combattimento si attaccarono di nuovo co' Scannabecchi. Giurarono la pace tra le fazioni nel 1279, ma, essendo stata rotta l' anno dopo, concorsero a superare e scacciare i lambertazzi. Furono perciò citati da Bertoldo Orsini fratello del papa, conte della Romagna, e presi in ostaggio (14). Banditi, ciò non ostante, nel 1305 per taccia di ghibellinismo, vennero richiamati sei anni appresso. Saraceno, cui era stata destinata dal comune una gratificazione di 600 lire, non avendo potuto averla per opposizione degli anziani e particolarmente di Mercadante de' Vendoli, rapì la moglie a costui. Alcuni de' Lambertini tramarono l' uccisione del signore di Bologna Taddeo Pepoli e de' suoi figli ( 1337) (15), ma, essendo stati scoperti, fuggirono. Altri congiurarono contro il governo popolare (1412) e furono puniti o col bando o nel capo. Egano, per ciò rimasto orfano, ricorse per istigazione della madre a Giacomo Isolani, affinchè gli vendi casse il padre togliendo il governo al popolo. Giacomo aderì, mercanteggiò Bologna col papa e n' ebbe in premio il cappello di cardinale (16).

Nei fasti religiosi i Lambertini noverano due donne, Imelda e Giovanna, elevate all' onor degli altari. Nei fasti scientifici sei professori di leggi tra il XV e il XVI secolo, e fu celebre Pietro detto Caprezio (17). Ma la gloria di questa famiglia è il suo Benedetto XIV, che fu amato dai cattolici e stimato dai protestanti. Saggio per eccellenza, secondo che lo nominava la eterodossa Elisabetta imperatrice di Russia; quegli che ammaestrò il mondo con gli scritti e l' ornò con le virtù, al dire di Voltaire; monarca senza favorito, papa senza nipoti, e, malgrado il suo talento e la sua scienza, dottore senza orgoglio, censore senza severità, siccome è scritto nel monumento eretto a Benedetto XIV in Inghilterra dal protestante figlio del celebre ministro Walpole.

L'ultimo de' Lambertini fu don Cesare morto nel 1821. Il cognome e lo stemma, altro non essendo rimasto a questa già doviziosa famiglia che nel 1257 aveva 163 servi (18) furono ereditati dai Righi. I Lambertini ebbero due torri, una che fu unita al palazzo vecchio del comune, ossia del podestà, l' altra presso il Mercato di mezzo. Avevano edificata la prima tra il 1120 e il 1142 (19) appo le case loro, che si trovano enumerate nella ricognizione dei termini pubblici del 1294, e che in quel tempo appartenevano quali agli eredi di Galeotto, quali a Paolo, quali a Filippo de' Lambertini. Le suddette case avevano ricevuto ospite nel 1217 Pietro conte di Auxerre, coronato in Roma imperatore di Costantinopoli. Avevano insieme con la torre sostenuti gli assalti de' lambertazzi nel 1243 ed eran state messe a ferro e fuoco dai Scannabecchi, capitali nemici, che dimoravano in quelle vicinanze (20): e questa torre e l'altra della stessa famiglia erano state multate di 6,000 lire nel 1260, per gli azzuffamenti succeduti tra i padroni di esse e gli Scannabecchi (21).

Tanto delle case quanto della torre è menzione in un atto del 1288 e son dette situate nella parocchia di s. Giusta, sul trivio de' Lambertini, presso la piazza, e appartenenti in parte a Lanzalotto del già Tommaso ed a Paolo, ed in parte a Jacopo ed agli eredi d' Ugolino Caprezio, tutti de' Lambertini (22). Ma poichè il comune, dopo avere ampliato il proprio palazzo vecchio dal lato ove s' estolle balda ma arida la fontana del Netunno, volle aggrandirlo eziandio dal lato opposto, così comprò nel 1294 da Paolo e da Filippo fratelli Lambertini le case e la torre vicine. La qual torre divenne per ciò parte del palazzo del comune e fu detta del capitano del popolo, per esser state assegnate a lui le abitazioni an nesse: avvegnachè nel 1255 il popolo aveva tolto al podestà il comando della milizia e investitone un proprio rappresentante, che veniva scelto in altre città. Nel 1327 fu ridotta a carcere di donne; più tardi il podestà e il capitano del popolo vi ebbero le prigioni (23). L' Oleggio, mentre tiranneggiava Bologna, fece collocare in questa torre il primo orologio pubblico, trasportatavi la grossa campana dell' arringo dal palazzo nuovo del comune (1356) e fu un avvenimento registrato con molte particolarità nelle cronache contemporanee (24).

La torre dei Lambertini sussiste, in parte, nell' angolo esterno del palazzo del podestà, che fronteggia il vicolo chiuso detto delle Accuse o del Pozzo del capitano (25). È dessa allineata con le pareti del palazzo, ma da un lato si manifesta costrutta separatamente, poichè tra la torre e il palazzo è una fessura, più larga in alto che in basso secondo che il suolo ha ceduto. La torre è mozzata poco oltre il tetto, all' altezza di 25 metri, ed ha quattro ordini di finestre grandi arcuate a tutto sesto: è larga met. 6, 55, ed ha muri grossi met. 0,90.

Non guari lontano, cioè nel Trivio de' Bonizzi, poi vicolo Tosapecore, presso il Mercato di mezzo (casa n. 62, 2°), i Lambertini ebbero un' altra torre pervenuta loro fin dal 1237 per contratto feudale co' Tantidenari, siccome appare da una dichiarazione di costoro fatta in tal anno a Guido di Guido, a Mondolino di Mondo e a Iacopino di Lamberto tutti dei Lambertini, confermata cinque anni dopo a Giborra vedova del suddetto Jacopino Lambertini (26). Di questa torre con la casa annessa, accanto ai nemici Scannabecchi, era assoluto proprietario Jacopo del già Guido Lambertini nel 1283, il quale ne fece vendita per 300 lire ad un Corvi e ad un d' Alessio (27). La torre fu rovinata e forse confiscata nel 1445 in seguito dell' uccisione d' Annibale Bentivogli, poi passò ai Boccadiferro come fu notato dall' Alberti (28), dall' Indicatore e dall' Alidosi (29) e tornò per compra ai Lambertini nel 1577 (30).

Attualmente è ridotta ad altana e s'innalza met. 22; vi si contano diciotto ponti e vi sarebbe spazio per un altro. È larga met. 7, 19, per 6, 40 con muri grossi circa met. 1, 30. Se ne vedono due lati da cima a fondo, non alterati da scialbo; uno con lunga finestra a tutto sesto dà sul cortile della locanda l' Universo, già Leon d' oro, l' altro nel cortile del caffè i Tre mori ed ha la porta con architrave di gesso ed arco ogivale largo, con fascia e fascetta in terra cotta (31). Le crepacce che vi si scorgono furono probabilmente causate dal tremuoto del 1365, che rovinò tre case dei Lambertini (32). Un' altra porta, ma ad arco semicircolare e con a lato parallelepipedi della scarpa della torre, dà sul vicolo chiuso di Tosapecore (33). Quindi questa torre aveva due porte da basso come la torre Catalani, con questo però che una è ad arco semicircolare, l' altra ad arco acuto.

Ai Lambertini pervenne eziandio la metà delle case e della torre dei Radici, situate vicino al Mercato di mezzo ed alla via de'Zampari; e fu Guglielmo Lambertini che la ereditò nel 1277 da Giovanna del già Guido Radici, e immediatamente la vendette per 700 lire a Rolandino Tencarari (34). Ma dovett' essere un contratto fittizio, poichè nel 1282 la metà di quelle case e di quelle torri apparteneva al medesimo Guglielmo Lambertini ed a Calorio suo figlio. Se non che vi aveva dei diritti Lambertina del già Saraceno Lambertini, poichè contemporaneamente essa dava 400 lire della sua dote su questi edificii, al suo sposo Ubaldino Malavolta (35). E dovett' essere per questo motivo che il Malavolta venne in possesso della metà d' una di quelle torri, che fu da lui venduta con casamenti all' anzidetto Guglielmo Lambertini per 300 lire, nell' anno successivo (36).

Non erano però trascorsi che sei giorni quando il costui figlio Calorio, emancipato da Guglielmo, vendette metà d' una delle stesse torri e del suo portico a Sanuto di Otta, rimanendo comune la scala di gesso con Bartolommea (Radici) in Galluzzi, proprietaria dell' altra metà di torre (37).

(1) Savioli, v. 1 pag. 221. Nell'atto di concessione (v. 2, pag. 52, 53) si legge: « Podio ubi turrem edificata esse videtur ».

(2) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 271, 439, 542. Savioli, Ann. v. 5, pag. 30.

(3) Dolfi, Oonolog., pag. 443, 446, 448. Savioli, Ann. v. 1, pag. 122.

(4) Dolfi, Cronolog., pag. 435. Savioli, Ann. v. 5, pag. 408, 414.

(5) Be Bursellis Hier. Annal. col 906. Ghirardacci, Hist. v. 3 nis. ann. 1486. Dolfi, Cronolog., pag. 444, Savioli. Ann. v. 3, pag. 349; v. 5, pag. 257, 343, 362, 412, 435, 448, 460, 472 487.

(6) Savioli, Ann. v. 3, pag. 232, 349.

(7) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 228, 244, 370, 535. Sarti, De clar. archig. v. 1, pag. 377. Savioli, Ann. v. 3, pag. 204, 249, 262; v. 5, pag. 421, 431.

(8) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 265. Savioli, Ann. v. 5, pag. 221, 385, 388.

(9) Ghirardacci, Hist, v. 1, pag. 559, 562, 582; v. 2, pag. 71, 106.

(10) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 239, 380, 381, 399, 402, 403.

(11) Dolfi, Cronolog., pag. 444, 445, 446.

(12) Savioli, Ann. v. 5, pag. 141.

(13) Histor. misceli, col 276. Savioli, v. 5, pag. 321, 341, 382, 399, 456, 460.

(14) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 252, 254, 444, 448.

(15) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 488, 555; v. 2, pag. 138. Savioli, Ann. v. 5, pag. 421.

(16) Hist. miscell, col. 600, 601, 603. Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 581, 592.

(17) Melloni, Atti di uom. illust. v. 2, pag. 62 e segg. pag. 276 e segg. Sarti De clar., archig. v. 1, pag. 377. Fantuzzi, Notiz. v. 5, pag. 9. Mazzetti, Repert., pag. 175, 176.

(18) Ne avevano:

Mondolino di Guido 16

Guido di Mondo 37

Guido di Lambertino 36

Ugolino di Guido 33

Guido e Lambertino di Jacopo di Guido 18

Ugolino del già Pietro di Guido 21

Petrizzola moglie di Lambertino Pizzela 2

(19) Savioli, Ann. v. 1, pag. 191. Guidicini Cose not. v. 2, pag. 401.

(20) Alidosi, Instrut., pag. 109. Savioli Ann. v. 3, pag. 370; v. 5, pag. 177, 382.

(21) Villola, Cron. ma. fol. 410.

(22) Docum. n. 165.

(23) Ghirardacci, Hist. v. 1 ; pag. 186. Alidosi, Instrut., pag. 163, 193. Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 401.

(24) Histor. miscell, cui. 444. Guidicini, Cose not. v. 2, pag. 402. È da vedersi la Dissertazione del cav. Podestà su i primi oriuoli pubblici in Bologna, nei secoli XIV e XV (Atti e memor. della R. Deputazione di stor. patr. per le Romagne, anno 8, pag. 141 ). Ma è da avvertire che nacque equivoco tra la torre del capitano del popolo (già de' Lambertini ) e quella del podestà che non ha mai avuto orologio meccanico.

(25) Alidosi, Instrut., pag. 193; e Nomi delle strade, pag. 9.

(26) Guidicini, Cose not. v. 3, pag. 224.

(27) Docum. n. 130.

(28) Histor. lib. 6, deca 1.

(29) Instrut., pag. 194.

(30) Guidicini, Cose not. v. 3, pag. 225 e Abecedario ms. di notiz. patr. nella collezione Gozzadini.

(31) Altezza della porta fino all'architrave met. 1,70

larghezza della porta met. 0,84

dall' architrave alla cima dell' arco cieco met. 0,42

larghezza delle fasce dell' arco met. 0,10

(32) Ghirardacci, Hist. v. 2, pag. 289. Queste osservazioni le scrissi nel 1869 e non ho voluto cambiarle: devo però aggiungere che nel 1873 recatomi di nuovo ad osservare la torre per farne disegnare la porta ogivale, che avevo veduta ben conservata, la trovai sostituita da una prospettiva dipinta e il rimanente della torre scialbato.

(33) Altezza della porta fino all'architrave met. 1,79

larghezza della porta met. 0,84

lunghezza dell' architrave met. 1,75

altezza dell'arco cieco met. 0,42

larghezza dell' arco cieco met. 0,84

larghezza della fascia dell' arco met. 0,10

(34) Docum. n. 102.

(35) Docum. n. 115.

(36) Docum. n. 126.

(37) Docum. n. 127.