Bertiera Scoperta e Coperta, dal I volume delle "Cose Notabili..." di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Questa contrada che comincia da Galliera e termina nella via delle case nuove di S. Martino, vien distinta in scoperta e coperta. Il primo tratto è quello che da Galliera termina alla via Malcontenti, il secondo quello che da detta via termina alle suddette Case Nuove.

Bertiera Scoperta è lunga pertiche 33, 05, 6.

Bertiera Coperta pertiche 47, 08, 6.

La prima è di superficie pertiche 42, 23, 7.

La seconda pertiche 60, 21, 0.

Le misure sono prese da Galliera alla via Malcontenti compresi i portici delle due strade.

Dall' angolo delle Case nuove di S. Martino fino all' ultimo pilastro della casa già dei notari, esclusa la larghezza della via Torresotto Piella e della via del Giardino. si disse Fossato anticamente, perchè lungo questa strada costeggiavano le fosse del se-' condo recinto, le quali dal voltone del Poggiale fino alle Case Nuove di S. Martino servono in oggi di alveo al canale di Reno, ossia dei Molini. Bertiera ora detta coperta, per esservi portici da una parte, è ncordata li 25 novembre 1263 da un rogito di Simoncello di Dondidio, chimandola Bertiera della parrocchia di S. Tommaso del Mercato. Alcuni l' hanno chiamata in generale contrada Brettona, come da un rogito delli 18 maggio 1538, altri Brettiera, e qualcuno Bretta. pretendendosi che il nome lo abbia avuto da una famiglia delli Beretta che vi abitava, ma tale supposizione è totalmente priva di fondamento.

Bertiera Scoperta a destra cominciando da Galliera.

Si passa il vicolo Quartirolo ed il Campo di Fiori.

N. 1857. Casa dei Castelli anche del 1715, poi di Luigi Collina.

N. 1856. Casa dei Saccenti Fiorenzi sotto Santa Maria Maggiore in Bertiera Scoperta. Confina cogli eredi di Andrea Castelli, di Salvatore Santi. Ora è dell' Opera dei vergognosi.

N. 1852. Casa grande dei Castelli della famiglia del Sindaco (vedi via Larga di S. Domenico), poi dei Marescotti Berselli. Fra il detto numero ed il 1853 vi è una intercapedine.

Si passa la via dei Malcontenti e si entra in Bertiera Coperta.

Bertiera Scoperta a sinistra entrandoci per Galliera.

N. 1862. Casa che Catterìna Machiavelli vedova di Giacomo Bettini vendette li 2 novembre 1638 per L. 7100 a Flaminio Cortellini. Rogito Gio. Lodovico Balzani. Il detto Coltellini testò li 3 dicembre 1667 a favore dei Padri dell'Oratorio. Ora è di Sarti già mercante di pannine. Nell' archivio dei Padri dell' Oratorio si trova che i Mogli avevano casa in questa strada nel 1649, e si presume che fosse il N. 1863.

N. 1865. Casa dei Dalle Balle, poi Fanti.

N. 1866. Dall'archivio Ariosti si ha che Bonifacio, Guido. Rinaldo. Guglielmo di Tommaso Ariosti, ebbero una casa in Bertiera Scoperta. Il rogito è di Bondomenico da Cento delli 5 dicembre 1330, che cosi la descrive: Edifizio di una casa a terreno, e ragioni sul terreno, spettante al Comune di Bologna per andare verso il canale, il qual edifizio a terreno è sotto S. Tommaso del Mercato, o sotto Santa Maria Maggiore in Bertiera. Confina Chiara di Benedetto, Giovanni di Giacomo, ora il Vescovato, la via pubblica ed il Naviglio, di valore L. 24.

N. 1868. Casa quasi rincontro la via Campo di Fiore, sulla cui facciata vi era un' arma con un leone rampante che tiene fra le zanne un ramo di sgarzi, ed in testa dello scudo vi è una crocetta con due gigli. Fu dei Cavalca.

Bertiera coperta a destra cominciando dalla via Malcontenti.

Si passa la via dei Cattani, la via del Giardino, e l'Androna dei Grassi ora chiusa.

N. 1882. Casa che fu di Lorenzo Pasinelli. secondo l'Oretti, poi dei Tassi Biancani.

Bertiera coperta a sinistra entrandovi per la via Malcontenti.

N. 1872. Casa di Andrea di Perinito o Painito. al quale li 14 settembre 1382 fu concesso dagli Anziani e Consoli di costruire un corridore sopra il canale di Reno al l' altezza di piedi 18, affine di dar comunicazione a due case poste sotto S. Tommaso del Mercato, una delle quali è sul suolo proprio del Painito e l'altra sul terreno del Comune dalla parte del Mercato. Rogito Andrea Cambi. Era dei Dolfi, poi dei Ratta.

NN. 1873, 1874. 1875. Casa nella quale è inchiusa quella degli eredi di Pietrantonio Coltellini, che la possedevano li 18 maggio 1538, e cioè il N. 1875, e che li 28 novembre 1658 fu venduta dall'Opera dei vergognosi al dott. Gio. Antonio Stancari per L. 7000, rogito Filippo Carlo Zapatti Assoquedi. Questa famiglia proveniente da Crevalcore conta D. Sante che fu maestro di Lambertini salito poi al pontilicato sotto il nome di Benedetto XIV (1). Fu poi comprata dal pescatore Ceneri che la vendette all'abbate Clò, quindi passò al Gherardi affittuario da S. Giorgio di Piano.

NN. 1876, 1877. Fu dei Tassi e Biancani.

NN. 1878, 1879. Fu del dott. Paolo del fu Lodovico Piella Conti, in Bertiera sotto S. Tommaso del Mercato. Confina detta via, la via del Giardino, Domenico Dalla Valle ed il canale di Reno, rogito Gio. Antonio Marsimigli. Erano case di Vincenzo e Pompeo Albiroli, come da divisione delli 18 maggio 1538.

Si passa la via del Giardino.

Alcuni pretendono che quest'ultimo tratto di Bertiera si dicesse Quartirolo, e che nel XIV secolo fosse conosciuto per via dei Fiori in causa della famiglia Fiori che vi possedeva molte case. Al cominciare del secolo XVIII si diceva via del Mangano.

N. 1917. Casetta che del 1715 era delle suore di S. Martino, poi dei frati di S. Martino.

N. 1916, 1915, 1914. Case dei Fiori che si dice le godino da quattro secoli, e che tutte le restaurarono nel secolo XVI; cosa che può essere, ma che per provarlo è necessario l' ispezione dei documenti. Il Masini ristampato racconta che qui si trovavano gli avanzi di un convento di monache, detto di S. Raffaele e Gabriele, giudicato per esistere nel 1320, di proprietà Fiori Alessio, che dicesi facesse vedere la chiesa tuttavia conservata, e i resti del campanile ridotto ad altana, suppone ancora che sia stata parrocchia, per avervi trovato un cimitero con ossa di cadaveri d' ambo i sessi ; ma prima di dichiarare che questo cimitero fosse quello di una parrocchia. dovevasi verificare se quei cadaveri avevano appartenuto a persone adulte od a bambini. Finalmente si aggiunge che il convento sia stato abbandonato nel 1350, e che le monache, ridotte a piccol numero, passassero ad abitare nella Mascarella. Tutta questa leggenda del Masini ristampato è una vera favoletta. Nessun elenco di chiesa, ricorda chiesa, parrocchia, o convento intitolato S. Raffaele e Gabriele; in prova di che veggansi gli elenchi del Melloni nelle sue opere, e quello del 1408 manoscritto.

Si termina col dire che a sinistra della loggia del N. 1916 è murata una lapide con questa leggenda: "Pregate per i morti e fate bene ai vivi". Di queste lapide ve ne sono altre due in Bologna. una nella vicina strada delle Oche presso la via Case Nuove di S. Martino, e l'altra nel principio della via di Fiaccalcollo presso la via di Rialto.

Si trova che nel 1636 fossero in Bertiera Terziarie Carmelitane, e da ciò sarebbesi argomentato esser quivi il convento di S. Raffaele e Gabriele.

Aggiunte

Bertiera Scoperta.

1549, 1 luglio. Lodovico di Bartolomeo Muzzo assegna ad Annibale dalla Nave alias dal Ferro, ed a Floriano Mezzovillani metà di una casa sotto Santa Maria Maggiore in Bertiera Scoperta, per L. 806. Rogito Giacomo Simoni.

1584, 28 giugno. Licenza a Gio. Francesco Vasselli di levar un angolo presso la sua casa che ha vicina a quelle di Federico Armandi in Bertiera di sopra del Torresotto del Mercato, ed unirla a quelle del vicino occupando suolo.

1590, 29 marzo. Paolo del fu Domenico Bonaldi compra da Margarita del fu Massimiliano Federici vedova di Ciro Fasanini, ed ora moglie di Biagio Vernizzi, da Ulisse del fu Vincenzo Leoni, e da Agostino del fu Giorgio Recordati, una casa sotto Santa Maria Maggiore nella contrada detta Bertiera, per L. 11000, rogito Carlo Manzolini. Doveva essere in quella pare di Bertiera detta del Mangano.

(1) Poichè è avvenuto di nominare quest'illustre Pontefice bolognese le cui gesta e somme virtù furono decantate da molti autorevoli scrittori non solo, ma ben anco da' protestanti, ne piace d' indicare un preziosissimo oggetto che gli appartenne un giorno, e che poi dal compilatore di queste memorie fu acquistato dalla superstite famiglia Lambertini, ed oggi conservato dal figlio suo Ferdinando, consistente in un magnifico capo d'ar te, e cioè un bastone, citato dal Cancellieri nelle sue lettere l'area di Roma e della sua campagna, ed i patazzi pontifici entro e fuori di Roma, come pure nelle notizie sopra l'anello Pescatorio e degli altri anelli ecclesiastici, in Roma 1823 a pag. 81, finalmente nel diario del Chracas che al N. 1662 sotto la data 6 ottobre 1755 così si esprime per constatarne la proprietà e derivazione : "Essendosi Benedetto XIV recato un giorno a pesseggiare nella villa del Cardinal Alessandro Albani, questi gli presentò in dono un bellissimo bastone d'appoggio già appartenuto a S. S. Papa Urbano VIII (Barberini), del quale esso pure se ne serviva, poi acquistato dal suacennato Cardinale Albani. Questo bastone aveva un pomo d' avorio e vi si vedevano egregiamente dipinte quelle chiese destinate per l' acquisto delle indulgenze a chiunque le visiti dai primi vespri di un giorno fino al tramontar del sole dell'altro". Il cavalier Gaetano Giordani ne fece la seguente accurata ed estesa descrizione inserita nel numero 32 del giornale di Roma La Pallade, anno I, in data 21 settembre 1839. "Questa canna è del genere delle palustri comuni ne' paesi d'Italia. Per opera di un diligente intagliatore fu a bulino incisa con tanta maestria e finitezza di esecuzione, che di un fusto fragile e di niun prezzo, egli seppe farne un capolavoro, prezioso, raro, e degno di essere ammirato dagli amatori delle produzioni d'arte; e ritiensi cosa sorprendente in guisa che potrebbe far bella mostra di sè entro qualunque museo d'Europa". Avanti di accennare chi per congettura sia l'autore di questo insigne lavoro, ne descriveremo brevemente le rappresentanze, ed i principali pregi, che offro alla vista dell'intelligente osservatore. Ella è d'ordinaria grossezza ed altezza: quattro nodi la dividono: nella superficie de' cinque spazi, da un nodo all'altro si scorgono intagliale sottilmente diverse configurazioni, le quali l'artista ritrasse da esemplari assai celebrati, ed alcuni a colpo d'occhio riconosconsi anch'oggi essere ornamento di Roma moderna. Nel primo spazio vedesi figurato il Salvatore nostro dopo la sua risurrezione, in atto di benedire colla destra alzata; e tiene impugnato nella sinistra mano il santo vessillo della redenzione: egli è in piedi a mezzo di ameno paese con alberi e casamenti in lontananza. Sopra e sotto, quasi a contorno dello spazio descritto, vi hanno tralci di vite, carichi di fogliami, di pampini, e di grappoli d' uva, le quali vengono beccate da vari uccelletti, mentre in modi scherzevoli e naturali un sorcio, un scimiotto, ed un cane che correndo insegue un lepre, i movimenti loro esprimono. Lo spazio secondo ha due ripartizioni: nell' una evvi san Pietro principe degli Apostoli, con mossa ed espressione dignitosa, posto in un paese adorno di alberi fronzuti e fabbriche in prospettiva: nell'altra sorge la facciata del tempio Vaticano, profilata diligentemente in ogni sua parte: nel vano che resta formato per gli angoli estremi della stessa facciata s'innalza dal terreno un obelisco, e nell'aria lo stemma gentilizio di Urbano VlII in uno scudetto sormontato dal pontificio triregno e dalle sante chiavi : e lateralmente ad esso stanno nelle nuvole graziosi angioletti, che toccano musicali strumenti.

Il terzo spazio comprende due soggetti: nell'uno si dimostra la figura dell'Apostolo san Paolo, collocata in un bel paese con veduta della sua basilica Ostiense ed altri fabbricati in prospettica lontananza: per l' altro parimenti la figura di san Sebastiano martire, legato ad un albero; ed in qualche distanza pure la sua basilica, che vedesi fuori le mura di Roma, e di lontano altre fabbriche in grazioso paese. Il quarto spazlo è similmente diviso a due comparti : in quello superiore trovasi figurato san Giovanni Battista coll'agnelletto accanto; e vi si vedono nel fondo di un paesaggio, colline e casamenti, tra quali, più appresso alla figura del Santo, scorgesi il prospetto del sagro edificio che si denomina la scala santa; nell'inferiore la prospettiva della basilica, e del Triclinio lateranense, del pontificio palazzo, dell'obelisco vicino, e di altre fabbriche, come a quell'epoca sorgevano, e cioè innanzi alla loro rifabbricazione; e nel piano di questa prospettiva sono piccole figure che in que' dintorni s' aggirano. Nel quinto spazio che è rinchiuso da due graziosi festoni di viticci, con animaletti delle specie soprammentovate, havvi espressa la imperatrice sant' Elena; che regge la croce di Cristo, in un piano sparso d'erbe o sassolini, con in poca distanza la prospettica veduta della basilica Sessoriana, detta santa Croce in Gerusalemme: ed i lontani colli fioriti, che l' amenità lasciano vedere di un ridente paesaggio. Il pomo, o la impugnatura della descritta canna, è di bianco avorlo a foggia di martello; porta intagliato lo stemma dell'immortale Benedetto XIV nella liscia faccia che serve al battimento: nell' attaccatura o collo di esso pomo vi gira attorno una rilevata foglia; all'estremità della predetta canna invece di chiodo o punta, ovvi una mezza ghianda in parte liscia e parte a foglia pure ornata.

Dopo la descrizione de' soggetti figurati nella incisa canna, rimane ancora a dire alcunchè circa la difficoltà del lavoro, l pregi intrlnsici d'arte, ed il nome dell'autore suo. Al certo non senza sorpresa si ammira l' abilità somma e la diligenza estrema in •un tanto straordinario lavorìo, che in tutte le sue parti devesi riguardare come portentoso, sia per la nitidezza e varietà del taglio a meraviglia condotto, sopra una superficie cilindrica e fibrosa di fragile canna, la quale pare non possa acconsentire per ogni verso i tagli perpendicolari o diagonali alle fibra senza sgranarsi, o perdere de' suoi filamenti; e senza che il bulino sfugga nel seguire la curva e mantenendo sempre l'angolo stesso di inclinazione. Volendo notare i pregi delle cose rappresentate in essa, diremo che le figure degli Apostoli e Santi sembrano imitazione dalle stampe di Marc'Antonio Raimondi, e provenienti da' disegni del divino Raffaello; i tratti sono finiti e nitidi come nelle incisioni in rame; con molta intelligenza veggonsi disegnate le forme; ben espresse le teste loro: nel piegare de' panni riscontrasi grazia e naturalezza. È poi sorprendente la esecuzione finita e delicata di quegli angioletti che in gloria nel secondo spazio si ammirano; e così anche le lontananze ben degradate de' paesi ove ergonsi le fabbriche a debito punto vedute in prospettiva e profilate ed esatte in ciascuna linea, con molto effetto di rilievo e verità. Vivacissimi gli animali e più degli altri que' volatili scherzanti tra le foglie in varie guise sicchè nulla lasciano a desiderare. Chiunque non abbia mai osservato questo capo d' opera d' arte nel gener suo, giudicherà quasi impossibile che sia lavorato colla descritta precisione e preziosità. Diverse sono le opinioni rapporto alla valente mano che lo condusse a tale finimento e bellezza. A' tempi del pontefice Urbano VIII ebbero meritata rinomanza di egregi intagliatori, Comillo Grafico del Friuli, Raffaele Guidi toscano, Orazio Bongiovanni, Paolo Manzini, Giovanni Maggi romani, Lionardo Parasoli di Norcia, e la romana intagliatrice Isabella sua moglie, Giovanni Valerio bolognese, Giov. Giorgio Nuvolstella di Magonza, Enrico Golzio olandese, ed i fratelli Giusto, Giovanni, Egidio e Raffaello Sandeler. Dalle stampe loro, che abbiamo prese a particolare esame e riscontro, chiaro si vede, che molti tratti alla maniera di essi somigliano; e nella diligente condotta de' paesi in lontananza, le opere con amore finite dal Valesio, e dai Sadeler a prima vista ricordano: ed in que' capricci ed artificii delli bizzarri ornamenti in modo speciale si distingue Egidio Sadeler, come nelle figure aggraziate pare rifulga il sapere e la finitezza del fratel suo Raffaello. Forse ad un solo de' nominati fratelli, o a tutti insieme questo squisito lavoro aggiudicare, o fors'anco ad. alcuno degli incisori soprallodati: ma nella incertezza in cui rimasero pure egregi maestri dell'arte, non vorremo noi assolutamente farci ad asserire colla opinion nostra il vero autore: bastando attenerci al gludlzio degli intendenti, i quali lasciato a parte il nome dell'artista, e considerando solo l'eccellenza dell' opera, senza dubitare, affermano che ella è unica nel suo genere e meritevole dell'universale ammirazione. Ed eccone un ulteriore giudizio espresso con lettera dall'egregio incisore Rosaspina, in forma di lettera, che in gran parte concorda col Giordani: "Poichè mi si chiede un parere intorno al pregio d' arte, ed alla difficoltà del lavoro della intesa canna incisa a bollino sopra tutta la superficie, dirò sinceramente che non senza sorpresa vi ho ammirato l' abilità e la diligenza estrema. di quello straordinario lavoro, il quale riguardato come pregio d' arte, si riconosce l' ottimo stile dei cinquecentisti, e non poche figure degli Apostoli sembrano imitate dalle stampe di Marc' Antonio, e provenienti da Raffaello. Mirabile è poi la costante diligenza e nitidezza dell'intaglio in un lavoro tanto variato e faragginoso, nè solamente è ammirabile per la diligente esecuzione, ma vieppiù per la intelligenza di belle forme sì nelle teste che nelle pieghe unitamente a molta grazia e maestria. Quello .poi che a' miei occhi sembra straordinario tanto, che se non l'avessi veduto avrei giudicato impossibile, si è l' osservare un lavoro tanto finito e nitido, sopra la superficie fibrosa di una canna, la quale pare che non possa acconsentire ai tagli perpendicolari e diagonali alle fibre senza sgranarsi: più ancora mi sorprende come si possano continuare tagli netti per ogni verso sopra una superficie cilindrica senza che il bulino sfugga nel seguire sempre la curva, mantenendo esattamente l' angolo stesso d'inclinazione. Insomma io trovo questo lavoro veramente straordinario, e che ben meritava l'onore di avere servito a due pontefici, come rilevasi dai due stemmi, quello cioè di Urbano VII inciso nella canna, e l' altro di Benedetto XIV scolpito nel pomo d' avorio". Al giudizio del valente artista Rosaspina si associarono i professori Guadagnini e Guizzardi, quindi il celebratissimo statuario Bartolini vi aggiunse l' autorità del proprio nome per interposizione benevola del gran Rossini, il quale autenticò con dichiarazione la firma di questo suo illustre e vegliardo amico, e rese insieme vieppiù prezioso l' indicato documento.