Strada Santo Stefano, dalle "Cose Notabili..." di Giuseppe Guidicini, con le correzioni di Luigi Breventani

Questa strada, così detta dalla chiesa dedicata a questo Santo, comincia dalla porta della città, e termina al trivio di Porta Ravegnana.

La sua lunghezza è di pertiche 344 e piedi 2, e la superficie della seliciata spetta per tavole 625, 23, 8 al Governo, e tavole 237, 46, 11 alla Comune.

I bandi nel 1256 si pubblicavano in capo alla via di Borgo Nuovo, e nel Borgo di Santo Stefano in altre località. Nel 1289 si pubblicavano sul Trebbo d' Algarda, innanzi la casa di Bianco di Maria Cossa Berti, in bocca del Vivaro, nel Trebbo avanti la chiesa di Santa Tecla, innanzi la casa di Rizzardo Beccadelli nell'entrare in Borgo Novo, sopra il Ponte di Strada Santo Stefano, innanzi la casa di Pietro della Rimorsella, in capo alla Fondazza dinanzi la casa d'Ivano Brunetti.

La porta di Strada Santo Stefano è la più lontana dalla piazza di qualunque altra. Due palii si correvano per questa Strada, quello di S. Ruffìllo li 20 giugno, e quello del 17 agosto. (Vedi palazzo pubblico).

Nel 1711 i partiti erano divisi sulla scelta della strada ove fare il corso delle maschere. Molti avevano abbandonata la Strada di S. Mamolo, e andavano per Strada Santo Stefano, alcuni si attenevano all'antico corso di S.Mamolo, altri preferivano Strada S. Felice, e pochi favorivano Strada Maggiore. Prevalsero i primi, e questo divertimento fu stabilito d'allora in poi per Strada Santo Stefano. In proposito della maschera non dispiacerà il sapersi che li 24 settembre 1472 fu pubblicato il seguente bando:

"Si proibisce di portar qualunque sorta d'armi quando si sia mascherato, e camuffato, e quel qualunque che sia trovato con armi, possa essere liberamente e senza alcuna pena morto da 'ciascuna persona cosi il di come la notte. Lo stesso per quei mascherati, che per forza, di dì o di notte volessero con armi, o senz'armi entrare in una casa; ordinando al Podestà, che non possa inquisire contro chi ammazzerà, o ferirà mascherati"

Strada Santo Stefano cominciando dalla porta, e continuando a destra fino al trivio di Porta Ravegnana.

N.5(172). È voce, infondata però, che queste case fossero della famiglia Corvolini che dicesi abbia dato questo nome al vicino Borghetto, che dicevasi dei Corvolini anche nel 1388. Quello che è certo si è che al cominciare del secolo XVI erano quivi due case del consorzio di Porta Stiera, che confinavano coi Padri di S.Salvatore e coi Menarini. Aderenti alle due case vi erano due tornature di terra ortiva, comprate li 20 marzo 1522 da suor Barbara Orsi, ove incominciò la fondazione di un monastero col titolo della presentazione di Maria Vergine e di Santa Caterina Vergine e martire, sotto la regola di S. Benedetto. Questo locale fu presto abbandonato, e ceduto in permuta li 24 luglio 1526 all'abate di Santa Maria di Monte Armato, per la chiesa ed annessi di Santa Maria del Torleone in Strada Maggiore. L'abate di Monte Armato cedette queste case e terreno alla famiglia Gatti per l'annuo canone di L.40, la quale con altri acquisti ne dilatò i confini.

La colta Bologna non trascurò fin dal cominciare del secolo XVI gli studi botanici, trovandosi che fin d' allora era coltivato un orto di piante medicinali nel monastero di S.Salvatore, e poco dopo un secondo nella casa dei Gozzadini, poi Pozzi, in Strada Maggiore N.237.

Nel 1568 il Senato ne fece coltivare uno più ampio nel giardino detto degli Anziani nel palazzo pubblico, commettendone l'impresa a due celebri botanici, Cesare Oddoni e Ulisse Aldrovandi.

Essendosi divisato di fabbricare nel detto giardino la bella cisterna che ammiriamo anche oggigiorno, si pensò di fare un nuovo orto di piante esotiche. Il Pubblico rivolse Ie sue mire alle case ed orto di Cipriano Gatti, alla porta di Strada Stefano, e li 17 agosto 1587 ne fu fatta la compra dagli Assunti della Gabella Grossa per L. 11750, rogito Carlo Garelli, libera dal canone delle L. 40 annuali dovute all'abbate di Monte Armato, a favor del quale il Gatti acquistò una casa in via Valdonica capace a sostenere il detto peso. Ulisse Aldrovandi, professore di Botanica e dimostratore delle piante mediche ed esotiche, coadiuvato dal suo allievo e successore nella cattedra Cornelio Werwer, o Uterverio, di Delft, costruì questo nuovo giardino, al quale servì poi sempre di supplemento l'altro del pubblico palazzo ripristinato nel 1600. Parte della casa fu assegnata al prof. Aldrovandi, morto li 10 maggio 1605, ed altra porzione fu data al custode Filippo Duglioli.

Nell'anno 1700 furon fabbricate le stufe a capo dell'orto con architettura di Francesco Tadolini.

Traslocato il giardino nell'orto agrario e botanico presso Sant'Ignazio nel Borgo della Paglia, fu venduta questa casa a Gio. Battista Loreti, che poco dopo la rivendette all'architetto Giuseppe Nadi. (Vedi Palazzo Pubblico).

N.13(164). In questo stabile nel 1726 fu trasferito il ritiro delle Salesiane. (Vedi il N, 125 di questa strada).

N.14. Chiesa di S. Gabrielle, e convento di Carmelitane Scalze. Li 27 ollobre 1618 Cesare Bianchetti presentò al Cardinale Arcivescovo Ludovisi il Breve pontifìcio di Paolo V nel quale si faceva menzione dell'istanza di Marcantonio e Flaminio, fratelli Campana, perché fosse eretto in Bologna un convento di monache Carmelitane Scalze, per la qual fondazione eran pronti ad erogare parte dei loro beni, e a produrre la compra fatta per essi di un grande edifizio di case poste in Strada Santo Stefano nella parte opposta di S. Giuliano, pagato L. 1200, ed avente già la forma di monastero.

In seguito di questo Breve fu concessa la fondazione dal detto Arcivescovo li 31 ottobre 1618. Il Fiorini ne fu l'architetto.

Il giovedì 31 ottobre 1619 entrarono nel nuovo convento suor Maria di Gesù professa nel monastero di Gesù Maria di Genova la quale era figlia di Benedetto Spinola e di Maria Spinola genovesi, e suor Maria Maddalena del SS. Sacramento, figlia di Gio. Angelo Sanguineto e di Barbara Tassi genovesi, professa del monastero di S. Giuseppe di Cremona, con altre due compagne dello stesso convento.

Li 28 ottobre 1619 era stata consacrata la chiesa, che fu aperta il primo novembre 1619, ma per essere troppo addossata alla strada, si portò più addietro cominciandone la fabbrica nel 1624, e celebrandovi la prima messa li 11 novembre 1637.

Le case acquistale dai Campana erano degli eredi di Gio. Battista Chiesa, come da rogito Achille Canonici delli 26 ottobre 1618.

A questo convento furono unite le terziarie scalze degenti in via Cento Trecento li 8 settembre 1805, indi li 12 luglio 1810 furon soppresse le une e le altre. Il locale fu comprato li 4 settembre 1810, a rogito dott. Serafino Betti, dall'avvocato Giuseppe di Giovanni Gambari. La chiesa fu demolita. L'altar maggiore in marmo, e le belle sculture del Piazza, che l'adornavano, furono collocate nell'arcipretale chiesa di Minerbio. Fu parimenti demolita gran parte del convento, riservando la porzione più addatta per ridurla a privata abitazione. Ultimamente apparteneva per contratto vitalizio al conte Carlo Teodoro di Gaetano Merendoni. Venuta poi in possesso del nostro egregio concittadino cav. Enrico Levi, la ridusse ad un vero luogo di delizia, ed unico e pel magnifico giardino da esso ivi con somma cura erettovi, e pel riattamento pieno di buon gusto del palazzino ivi esistente.

N.21(146). Casa che appartenne al pittore Gio. Maria Viani, nella quale vi morì.

N.31(130). Casa con orto venduta da Vincenzo di Sebastiano Franceschi li 13 agosto 1648 a Francesco di Antonio Jussi per L. 4000. Rogito Camillo Franchi. Confinava con Antonio Copardi, cogli eredi di Gio. Francesco Panzacchia, e coi beni dei Catecumeni.

1738, 11 marzo. Giacomo e Antonio, Fratelli Gotti, comprarono da suor Matilde e sorelle Zamboni, una casa dal Baracano, a rogito Antonio Nanni, che sembra quella che fu già Jussi, e l'unirono a quella dei Cuppardi da loro ereditata per testamento da Antonio Cupardi del 25 settembre 1662, col quale lasciò erede Geminiano suo figlio, e questi mancando senza successione, nominò il P.D. Cupardi altro suo figlio, canonico di S. Giovanni in Monte, e dopo la di lui morte passò l' eredità a Virginia in Galeazzo Barozzi, a Benedetta caso sia al secolo, e a Chiara in Giacomo Gotti, metà alle due maritate, e metà alla nubile.

Chiara Copardi fu madre del Cardinale Vincenzo Gotti, domenicano.

N.38(118). Pio V istitui nel 1568 la pia opera dei Catecumeni per instruire gl'infedeli desiderosi di abbracciare la cattolica religione, e dicesi ad istigazione del Cardinal Gabrielle Paleotti, e la dotò dell'annua rendita di scudi 700. Era governata da 12 gentiluomini, e altrettante gentildonne. I catecumeni adulti restavano nel locale a tal fine destinato per 50 giorni prima, e per 30 dopo il loro battesimo. I ragazzi maschi vi erano trattenuti e provvisti di cibo e vestiario fino all' età di anni 13, le femmine finché eleggevano uno stato. La loro custodia era affidata ad un guardiano e ad una guardiana.

Sotto questo numero ebbe la sua prima istituzione il Catecumeno, dove si ha memoria che li 5 marzo 1513 Ercole Bovio comprò da Giacomo e fratelli Landi una casa sotto S. Giuliano, in confine del compratore, per L. 300. Rogito Battista Buoi.

Il detto Ercole li 12 agosto 1510 aveva locato a Sante muratore l'altra casa di sua proprietà posta sotto S. Giuliano in Strada Stefano, che aveva orto e prato di tornature 2, per annue L. 35, la quale confinava col locatore, con Gio. Battista di Giulio calzolaro, con Matteo dei Lorenzi, e colle suore di Santa Cristina. Rogito Girolamo Zani.

Il Cardinal Paleotti istituì il Catecumeno nel 1569.

Li 31 gennaio 1569 Ulisse Bovio vendette agli Assunti dei Catecumeni quattro casette in Strada Santo Stefano sotto S.Giuliano, per L. 7000, in confine di Giacomo Bruiello mantovano di sopra, dei Gabrini pellizzari di sotto, e di una pezza ortiva. Rogito Galeazzo Bovio.

Li 17 marzo 1734 la pia opera dei Catecumeni ottenne di atterrare la fronte della loro casa in Strada Santo Stefano in occasione della fabbrica della nuova facciata. Per supremo decreto le rendite di quest' istituto furono applicate nel 1745 al Collegio Seminario, col peso del mantenimento dei catecumeni tutte le volte che se ne presentassero, al qual effetto fu destinala la casa nella via dai Malcontenti N. 1799.

Il locale di Strada Santo Stefano fu acquistato dalle Terziarie Scalze li 20 ottobre 1742 per L. 18000. Rogito Tommaso Lodi e Giovanni Boschi.

Da un rogito di Paolo Francesco Fabbri delli 4 settembre 1737 sappiamo che nella via di Mezzo di S. Martino, sotto la parrocchia di Santa Cecilia, vivevano unite certe suore del terz'ordine di S. Martino. Li 22 febbraio 1740 si divisero. Alcune lasciarono l'abito, ed altre lo cambiarono. Li 14 gennaio 1742 alcune donne abitavano in una casa sotto il portico di S. Martino, e certe altre in Strada Maggiore sotto la parrocchia della Masone, dove vivevano segretamente senz'abito, frequentando la chiesa di S. Bartolomeo di Porta Ravegnana, e sembra che queste operassero una specie di riforma dandosi alla stretta regola di Santa Teresa. Il senator Spada dice che presero il nome di Scalze del 1741. I Carmelitani di S.Martino rinunziarono ai Carmelitani scalzi la cura di queste terziarie li 22 settembre 1742.

Li 14 gennaio 1743 entrarono in questo convento, ove nello stesso giorno presero l'abito di scalze.

Li 12 luglio 1744 aprirono una piccola cappella dedicata ai SS. Giuseppe e Teresa, e li 8 marzo 1709 morì suor Maddalena d'Angelo Braldi bolognese, considerata la fondatrice di questo convento e nuovo istituto.

La mattina del martedi 23 aprile 1782 le terziarie scalzine in numero di 12 e una professa entro quattro carrozze passarono al nuovo loro convento in Cento Trecento nel già collegio degli Ungari. Il convento abbandonato lo comprò Gio. Pietro Zanoni, i cui figli ed eredi lo possedevano anche ultimamente.

Si passa la strada della Fondazza.

NN.48,49(94,96). Il primo numero (48) indica la casa che nel 1289 apparteneva ad Ivano Brunetti. Davanti a questi due stabili si pubblicavano i bandi.

1554, 18 giugno. Giovanni Cavazza ottenne piedi 25 per allineare il muro della sua casa nell'angolo della Fondazza, e di Strada Santo Stefano, fra le case dei Righi e di Galeazzo Tacconi.

1583, 26 febbraio. Si concesse a Bartolomeo Triachini, in sussidio della locanda di Lucia Righi, di lui nipole ex sorore, per la costruzione di un portico avanti la casa dei Righi, posta nel principio della Fondazza verso la via Militare di Santo Stefano, e licenza di fare detto portico con colonne di legno.

La casa dei Righi fu poi venduta da Filippo Righi a Lorenzo di Leone Lorenzini, a rogito Domenico Baldini, e questi li 14 dicembre 1640 l'alienò per L. 7500 a Carlantonio di Gio. Battista Cavazza, che l' incorporò alla sua abitazione. Rogito Giorgio di Gio. Laurenzi.

Nel 1715 continuava ad essere dei Cavazza, ma in seguito passò a diversi compadroni che la vendettero a Gaspare Aria.

NN.53,54(86). Casa dei Bruni, poi dei Senesi eredi, che quivi abitavano nel 1591.

L'ultimo dei Senesi fu Florio procuratore, morto nel 1759, che lasciò erede Floriano Maderni milanese, nipote di sua moglie.

Ultimamente apparteneva agli eredi di detto Floriano che dicevansi Senesi Maderni.

N.55(84). Casa enfiteutica di Santo Stefano che del 1654 era dei Ciamenghi, e nel 1715 apparteneva a Gio. Battista Dal Buono.

N.56(82). 1654, 11 giugno. Casa già dei Tacconi, e ultimamenle di Agostino Mittelli, posta in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio. Confinava la strada a mezzodì, i beni di Santo Stefano affittati a Paolo e Giovanni Ciamenghi a levante, gli Scalzi a ponente, e la chiavica di dietro. Rogito Cristoforo del fu Gio. Francesco Sanmartini.

Il detto stabile passò poi al figlio del suddetto Mittelli, Giuseppe, incisore di qualche vaglia a' suoi giorni, che vi mori li 5 febbraio 1715. Fu in seguito di Carlo e Pietro fratelli Cella, i cui eredi lo vendetlero all' orologiaio Felice Bovi, che l'alienò al dott. Pistocchi, il quale vi uni il N. 57 che era delle monache della SS. Trinità.

N.58,59(80). I Carmelitani Scalzi, che diconsi venuti nel 1606 a Bologna, ma che par probabile venissero più tardi, presero possesso li 8 febbraio 1612 di queste case in Strada Santo Stefano vendutegli in gennaio per L. 6000 da Ginevra Prati vedova di Cornelio Grati, a rogito Giovanni Felina, col progetto di stabilirvi il loro convento, dove infatti li quattro marzo susseguente aprirono una cappella dedicata alla B. Vergine del Carmine, che fu profanata dopo che li 28 aprile 1618 il Reggimento concesse ai detti religiosi la chiesa di Santa Maria Lacrimosa fuori di Porta Maggiore, i quali si obbligarono di vendere gli edifizi, case e chiesa che avevano in Strada Stefano, quando fosse stato completamente accomodato l'oratorio e ridotti gli edifìzi fuori Porta Maggiore in forma di clausura per potervi abitare. Nel 1715 le dette due case erano dei fratelli Musiani, poi di diversi, e andavano ad uso osteria all'insegna della Bella Rosa. Nel 1795 furon comprate dal fabbricante di rosogli Giovannini, che la rifabbricò dandolo la forma che ha pure presentemente.

N.62(76). Casa che del 1577 era dei Gambalunga. Sotto la data delli 20 marzo 1590 era cosi descritta: "Due case contigue con orto sotto S.Biagio, in Strada Santo Stefano, in confine degli eredi di Giovanni Tacconi, dei beni della compagnia della Trinità, e degli eredi di Angelo Michele Dosi.

Nel 1617 apparteneva a D. Sinibaldo Biondi, che nella divisione della sua eredità colle suore della SS. Trinità, seguita nel 1632, toccò a Marcantonio Anselmi. Passò in seguito alla famiglia senatoria Grati, che la vendette all'avvocato Domenico Passarotti.

N.63(74). Casa che del 1289 era di Pietro della Rimorsella, e che li 19 dicembre 1577 ser Melchiorre del fu Ascanio Molli, notaro del Torrone, vendette agli istitutori dell'ospedale dei Convalescenti, per L. 1080. Rogito Antonio Scarselli. Confinava la via RimorseIla, i Gambalunga, e Sebastiano Tonsi lardarolo.

Li 2 aprile 1578 i confratelli della Trinità chiesero al Senato di poter fare una muraglia sotto e a piombo della casa comprata nel cantone della Rimorsella, altra volta detta Borgo di S.Biagio, alla qual domanda si opposero gli interessati di detta via con supplica delli 26 aprile dell'anno stesso, adducendo che la larghezza della medesima era di soli piedi 11, e che togliendogli per più d'un piede si rendeva diffìcile e pericolosa l'imboccatura della loro strada.

Li 28 maggio 1578 il Senato concesse agli uomini della compagnia della Trinità, che avevano acquistato alcune casuccie e orti in Strada Santo Stefano, a capo della via Borgo di S.Biagio, per fare un oratorio, di ricostruire a retta linea i muri tortuosi che erano in capo a detto Borgo in lunghezza di pertiche cinque, occupando suolo pubblico, e di costruire un nuovo portico pure a retta linea a capo del suddetto Borgo e della medesima lunghezza di pertiche cinque, occupando suolo. La misura delle cinque pertiche prova che non era il solo N. 63 che era destinato per questo ospedale, ma anche il N. 62, i quali complessivamente avevano la fronte in Strada Stefano di piedi 44 e oncie 6, e in via Rimorsella, sotto i numeri 496 e 495, di piedi 162 e oncie 9. I modiglioni, o stramazzi, sussistono anche oggi giorno nella Rimorsella. Li 20 maggio 1579 fu aperta la chiesuccia dedicata alla SS. Trinità. In appresso vista la ristrettezza del luogo, ed avendo la compagnia ottenuto dall'arcivescovo Gabriele Paleotti e da Sisto V il permesso di traslocarsi a Santa Maria delle Vergini sulla mura fra porta S.Felice e quella delle Lamme, partironsi processionalmente i confratelli il giorno 4 giugno di detto anno, e si stabilirono nel nuovo locale. In tale occasione Gio. Maria Albertazzi pubblicò un libro di poesie analoghe a detta circostanza.

Li 5 aprile 1591 la compagnia vendette la suddetta. casa ad Angelino Brunorio per L. 3600. Rogito Cristoforo Guidastri.

Nel 1715 era di Francesco Fabbri.

1790, 1 giugno. Comprò Giuseppe Trebbi dal senator Filippo Bentivogli, dai conti Girolamo e Clodoveo Cavalca e dallo stato ed eredità del fu Gio. Battista Sassi, cessionari del P. D. Petronio Fabbri filippino, due case unite poste sotto la parrocchia di S.Biagio, in confine di Strada Stefano e della Rimorsella. Rogito dott. Luigi Piana. Il Trebbi fu celebre suonatore di violoncello, e tenore, dopo la morte del quale la suddetta casa passò a' suoi eredi testamentari.

Si passa la Rimorsella

N.65(68). Casa che pretendesi esser stata dei Prati, famiglia estinta. Fu poi del ramo Ghiselli, terminato nel canonico di S. Petronio Antonio Francesco di Lorenzo Ghiselli, morto nel 1730, autore della voluminosa cronaca di Bologna, da lui venduta al senatore Ranuzzi, e da questi poi depositata nella biblioteca dell' Istituto.

Li 9 febbraio 1729 il detto canonico vendette questa casa per L. 5000 al dottor Gio. Maria Santini. Rogito Gio. Petronio Giacobbi.

Morto il Santini nel 1730, i suoi eredi la vendettero alla cantante Anna Peruzzi, che la rimodernò e vi fabbricò il terzo piano. Passò poi alle sorelle Marnò, e cioè Veronica moglie in seconde nozze del conte Michele Barboni di Venezia, ed Angela in Giuseppe Cella di Roma. Quest' ultima ebbe una figlia ed erede, maritata in Carlantonio Tondelli ultimo siniscalco degli Anziani, la quale, circa il 1775, cedette questa casa per L. 13100, e per L. 2000 di mobili, alla cantante Rosa Agostini moglie di Antonio Devizzi milanese suonatore di violino, i quali la vitaliziarono al conte Antonio di Carlo Marsili Duglioli, che alla sua morte la lasciò alla di lui moglie Pistorini, vedova in prime nozze di Pier Luigi Persiani cancelliere del Reggimento.

Gli eredi Pistorini vendettero la detta casa a Maria Bollo altra cantante, che non avendola che in poca parte pagata, fu dai Pistorini rivenduta nel 1723 ai fratelli Giuseppe e Giovanni fìgli di Giacomo Fornasari.

N.66(66). Casa che del 1715 era di D. Benedetlo Bartoletti, e poscia dei fratelli Fornasari.

N.66/2(64). Casa che del 1715 era del dott. Abelli, e, che poi passò ai frateili Fornasari.

N.67(64). Stabile formato di due case, e cioè di una a levante che del 1715 ora di Antonio Brunatti, lunga piedi 10 e oncie 12, e di altra grande a ponente, lunga piedi 32, con giardino, stalla e rimessa sotto S. Biagio, che li 26 novembre 1710 apparteneva ad Angelo Maria e fratelli Donati. Confinava coi Righi e, coi Brunatti. Rogito Gaspare Busatti. Questa casa grande appartenne poi ai confinanti Righi. Ambedue poi le case furon comprate da Diamante Scarabelli cantante rinomata, che fece vitalizio con Giacomo Filippo Monti negoziante spazzino. In seguito passò a' suoi successori.

N..68(62). Casa piccola dei Righi che loro apparteneva nel 1578. Morto l'avvocato Righi Giroldi, passò alI'Opera dei Vergognosi, e da questa ai mercanti Monti.

Detta casa toccò poi in divisione all' avv. Agostino Monti, che ne dispose a favore di Giuseppe del fu Giacomo suo nipote ex fratre.

N.69(60). Casa che li 23 maggio 1637 fu venduta dai legatari di Elena Brozzi. per L. 7000, a Gio. Matteo Peracini.

Nel 1710 questa casa era di Pellegrino Perracini, ultimo di sua famiglia, morto nel 1734, che lasciò erede D. Luca Martorelli. Questi poco dopo la vendette al perito Domenico Viazzi, che fece la facciata a due piani. I suoi eredi la vendettero poi al conte Giuseppe senatore De Bianchi.

Nel 1715 la casa dei Perracini era di piedi 26 e oncie 3.

N.70(58). Casa dei Dosi. Li 8 giugno 1409 Cristoforo Dosi comprò dai fratelli Pietro, Nicolò, e Baldassarre, figli del fu Graziano Colonna, una casa in Strada Santo Stefano, sotto San Biagio. Confinava Caterina vedova, Andrea calzolaio, e il Fossato di dietro. Pagava soldi 19 di canone, a Santo Stefano. Rogito Giovanni di Nanne Mamellini.

1470, 6 dicembre. Comprò Matteo del fu Bartolomeo Dosi, da Antonio Caldaresi, una casa enfiteutica di Santo Stefano, posta sotto S. Biagio, in Strada Santo Stefano, per L. 1100. Confinava il compratore, il venditore, e Gregorio brentatore. Rogito Girolamo Zani.

1475, 10 luglio. Comprò Matteo del fu Bartolomeo Dosi, da Vanesio Albergati commendatario di Santo Stefano, una casa in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio, per L. 22. Confinava la casa grande del compratore, i beni di detto monastero, i Gambalunga e i Caldaresi. Rogito Giuliano da Zapolino.

1578, 3 aprile. Comprò Petronio e Antonio Dosi, da Domenico Benedini, una casa in Strada Stefano, in confine del compratore e dei Righi. Rogito Antonio Malisardi.

1667, 13 settembre. In un rogito si trova citata una casa dei Dosi in Strada Stefano, in confine a levante di Pietro Paolo Perracini, e a ponente di Carlantonio Zani. In questo rogito è pure detto essere una fabbrica nuova, e valere L. 40000.

Questa casa nobile ed annessi fu venduta dal conte Valerio di Vincenzo Dosi al cav. Giuseppe Luigi del senator Ulisse Gozzadini, li 30 aprile 1802, per L. 30000.

N.71(58/2). Casa che li 13 febbraio 1570 Gio. Paolo dalle Rote vendette ad Antonio Dosi per L. 3000. Rogito Bartolomeo Vasselli. Era posta sotto S.Biagio, in Strada Santo Stefano, e confinava col capitano Marcantonio Zani e col compratore. Passò ai Grati in causa d'Isabella unica figlia del conte Giuseppe Maria, moglie di Antonio Maria del senatore Gio. Girolamo Grati, morta li 6 gennaio 1735. Camilla del senatore Giuseppe Ippolito Grati portò questa casa in conto di dote al di lei marito conte Mario di Alessandro Scarselli, sposato li 27 aprile 1738. Gli Scarselli, nella compra fatta del palazzo Piatesi in Strada S. Donato, vendutogli da Camilla Piatesi moglie di Francesco Angelelli, gli diedero a conto di prezzo questa casa, che la Piatesi vendette a Pietro Antonio Odorici tesoriere, per L. 11500.

Nel 1785 Antonio, nipote ed erede del predetto tesoriere, alzò di un terzo piano la facciata di detta casa. Dagli Odorici passò poi ai compadroni del vicino N. 72.

N.72(56). Palazzo dei Zani.

Alessandro Zani notaro ebbe licenza li 2 giugno 1548 di occupar suolo nella via celebre di Strada Stefano per comodo ed ornamento della sua casa, in lunghezza piedi 26 e in larghezza piedi 4, in confine dei Dosi, per farvi il portico.

1561, 24 marzo. Marcantonio del fu Dionisio Zani comprò da Gio. Battista Zanzoli, alias Roti, i miglioramenti di una casa con tre corti, posta sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 800. Confinava i beni già Rota, poi eredi di Antonio Montarselli, indi il compratore, e la chiavica di dietro. Rogito Girolamo Solimani. Questa casa fu già di Bernardino, alias Carlo Bisestri, e da lui locata in enfiteusi perpetua a Cristoforo Rota. Lo stesso ne possedeva una seconda presso Antonio Sampieri, ossia Cecilia Minarini, ed ambedue da lui permutate coll'eredità Sanuti in cambio di due case in S. Mamolo (N. 105 e 106).

1561, 24 marzo. I coeredi Sanuti diedero in enfiteusi al capitano Marcantonio di Dionigio Zani, successore di Gio. Battista Zenzoli, alias Roti, la casa con tre cortili, posta sotto S.Biagio, in Strada Santo Stefano, in confine degli eredi di Antonio Montersero, di quelli di Antonio Sampieri, e di una chiavica di dietro, rogito Vincenzo Solimani.

Il capitano Marcantonio suddetto francò poco dopo il canone ai coeredi Sanuti, e cioè li 29 luglio 1564, in via di permuta.

1562, 9 dicembre. Marcantonio Zani comprò da Lucrezia Chiudaroli e da Domenico del fu Pietro Santi, suo marito, un andito largo piedi 2 e lungo piedi 20, sotto S. Biagio in Strada Stefano. Confinava la casa comprata dal detto Zani da Gio. Paolo Botti a mattina, e i Minarini a ponente. Fu pagato L. 16 d'oro. Rogito Angelo Barbieri.

Intrapresero i Zani la fabbrica di questo palazzo nel 1562, alla cui facciata però fu posto mano soltanto li 8 aprile 1594 dai fratelli Gio. Alessandro e Angelo figli di Marcantonio Zani, e fu scoperta li 19 giugno, vigilia della corsa del palio di S. Ruffìllo. Floriano Ambrosini fu l' architetto, Nicola Donati e Domenico Canova i tagliapietre, e Baldassarre del Porto del Lago il capo mastro muratore.

I Zani, oriundi di Firenze, si stabilirono in Bologna nel 1379, come risulta dal decreto di loro cittadinanza ottenuto nel 1443. Ulpiano, detto ancora Volpino, figlio di Giovanni Zani, dottor in leggi, portò in Francia nel 1507 un processo tendente a provare che Giovanni Bentivogli aveva tentato di avvelenare Giulio II. Il conte Paolo di Valerio, cameriere segreto e coppiere di Benedetto XIV, ultimo dei Zani, vendette questo palazzo li 2 marzo 1743 all'abbate Pier Antonio Odorici per L. 20000 da pagarsi entro 10 anni, sborsando L. 2000 all'anno, riservandosi però l'uso di due appartamenti, l'uno per sé, l'altro per la contessa Beatrice Rosa del senator Vincenzo Manzoli, vedova del conte Francesco Salesio del detto Valerio Zani, loro vita natural durante. Morì in Roma li 16 settembre 1759, essendo premorta la Beatrice li 14 novembre 1750.

Il tesoriere Odorici passò ad abitare questo palazzo li 9 luglio 1701. Dopo la di lui morte fu erede del ricchissimo suo patrimonio Antonio di Domenico Bonfiglioli e di Rosa Odorici, suo nipote ex sorore, il quale in pochi anni dissipò tutto e morì miseramente li 13 maggio 1798. Fu egli che aggiunse la fabbrica delle scuderie e granai dalla parte di S. Petronio Vecchio. I creditori dello stato Odorici vendettero il palazzo e la casa annessa ai marchesi fratelli senator Carlo e Antonio figli del fu Costanzo Zambeccari, per L. 105000. Rogito Zenobio Teodori delli 22 giugno 1797. Il senatore Carlo alienò la sua porzione li 3 aprile 1801 al marchese Francesco del dott. Giacomo Marescotti Berselli, il quale la vendette nel 1834 ai fratelli Biagi negozianti, per L. 27500, che nel 1825 comprarono l'altra porzione dal marchese Antonio Zambeccari, per L. 30000.

N.73(54). Li 25 agosto 1545 fu fatto I'inventario dell'eredità di Cecilia di Antonio Minarini, moglie di Antonio Sampieri. In detto inventario è descritta una casa con orto, ed è detto esser posta sotto S.Biagio, in Strada Santo Stefano, e confinare con Properzio Rolandi e Lorenzo Refrigeri. Rogito Pietro e Teodosio Zanettini, e Francesco Boccacani.

1557, 15 maggio. Locazione enfìteutica dell'abbate di Santo Stefano a Vincenzo di Domenico Sampieri del suolo di una casa con orto ecc. posta sotto San Biagio, in Strada Santo Stefano, per il canone di soldi 24. Confinava Cesare Mazzanti e i Minarini. Rogito Lorenzo Cattanei.

Li 28 febbraio 1575 seguì un contratto fra Alessandra di Francesco di Vincenzo Minarini, moglie di Francesco Capo di Bue, erede di Cecilia di Antonio Minarini, moglie di Antonio di Domenico Sampieri, da una parte, e Bartolomeo padre e figli Sampieri, eredi del suddetto Antonio Sampieri, dall'altra, mediante il quale la suddetta Alessandra e Francesco, coniugi, vendettero ai detti Vincenzo e Bartolomeo Sampieri la casa grande e altra casetta, poste ambedue sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 4200. Rogito Alessandro Stiatici e Carlo Garelli.

1592, 4 novembre. Casa che li 15 marzo 1586 era di Bartolomeo di Vincenzo Sampieri, posta in Strada Stefano, lunga piedi 130 e larga piedi 20. Confinava ser Angelo Cedropiani mediante cloaca, e Vincenzo Minarini. I Sampieri del ramo dello del Ghetto, per abitare presso S. Marco, vennero a stabilirsi in questa casa presso i Zani nel 1614. Passò poi al cavaliere Giuseppe del fu dott. Carlo Rusconi, per ragioni dotali della di lui moglie Barbara del fu Gio. Battista Sampieri, sposata li 13 giugno 1808,

N.74(52). 1517, 8 agosto. Locazione enfiteutica rinnovata dall'abbate di Santo Stefano, a Stefano di Bartolomeo Tacconi, di una casa in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio, per l'annuo canone di soldi 24. Rogito Battista Buoi.

1528, 27 agosto. Comprò Cecilia d'Antonio Minarini, moglie di Antonio di Domenico Sampieri, da Bernardino di Floriano Tacconi, per L. 1700, una casa enfiteutica di Santo Stefano, in confine dei Pellizzari e dei Cedropiani. Questa casa pagava l'annuo canone di L. 14. Rogito Lorenzo da Massumatico.

1541, 31 marzo. Comprò Lorenzo di Bartolomeo Refrigeri, da Cecilia di Antonio Sampieri, una casa sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 1700. Confinava i Cedropiani e la venditrice. Rogito Properzio Rolandi.

1550, 8 marzo. Lorenzo di Bartolomeo Refrigeri vendette al dott. Tommaso di Francesco Maria Claudini una casa con orto in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio, per L. 1840. Confinava i Sampieri. Rogito Antenore Macchiavelli.

1606, 30 ottobre. Antonio di Giacomo Basacomari vendette al dott. Giulio Cesare di Tommaso Claudini una casa in Strada Santo Stefano, sotto S. Biagio, in confine del compratore, per L. 3800, con facoltà di francarne una parte dagli eredi di Bartolomeo Sampieri per L. 400. Rogito Vittorio Biondini.

1629, 29 gennaio. Vincenzo di Lattanzio Vasselli vendè a Francesco e Pompeo del dott. Giulio Cesare Claudini parte di una casa contigua a detto compratore, posta in Strada Santo Stefano, per L. 2400. Rogito Vittorio Biondini.

L' ultimo dei Claudini fu Francesco di Giulio Cesare dottore in filosofia e medicina, morto li 4 gennaio 1705, lasciando erede la sorella Maria Francesca moglie di Guidascanio di Antonio Guidalotti, morta li 20 aprile 1709.

1743, 24 luglio. Antonio Guidalotti Franchini vendè ad Antonio Lorenzo Sampieri, per L. 10300, una casa grande ed altra piccola, che apparteneva prima ai Claudini, ambedue situate in Strada Santo Stefano sotto S.Biagio. Rogito Domenico Giacomo Pedini.

Ultimamente questa casa passò poi al cav. Giuseppe Rusconi per le ragioni stesse annunciate nel N. 73.

N.75(50). Ermete, Carlo ed altri fratelli, figli del fu Gio. Muzza, comprarono da Bartolomeo del fu Cristoforo Muzza, per L. 6000, una casa ed altra casetta annessa, con orto, stalla, ecc., in confine di vie pubbliche (Strada Santo Stefano e San Petronio Vecchio) dei Dagli Organi, e dei Pezzi. Rogito Ippolito Pepi.

Li 4 gennaio 1576 Carlo e fratelli del fu Giacomo Muzza, aggiunsero alla suddetta casa un'altra comprata da Polidoro del fu Nicolò Magnani, la quale, secondo un rogito di Ippolito Pepi, si dice posta sotto S.Biagio, in Strada Santo Stefano, aver orto e stalla, e confinare col compratore, con Vincenzo Vasselli, e con una chiavica di dietro. Questa casa fu pagata L. 1500.

Nel 1613 la casa dei Muzza in Strada Santo Stefano confinava cogli stessi Muzza a ponente, e Pietro Vasselli a levante. 1616, 14 febbraio. Comprò Fabio Vittori da Giulio di Ermete Muzzi, per Lire 15100, una casa grande ed altra annessa nella parte posteriore, poste in Strada Santo Stefano e in S. Petronio Vecchio, sotto la parrocchia di S. Biagio, una delle quali enfiteutica di Santo Stefano. Confinava i Nati e i Vasselli. Rogito Floriano Dolfi.

1616, 14 maggio. Comprò il dott. Orsino del fu Mario Orsi, da Fabio del fu Girolamo Vittori, la casa suddetta, per L. 15100. Confinava a settentrione la casa enfiteutica di Santo Stefano, a levante Vincenzo Vasselli, e a sera i beni enfiteutici condotti dai Ratta successori di Giulio Muzzi. Quest'Orsino di Mario Orsi, di un ramo totalmente distaccato dal senatorio, fu dottor in leggi, canonico di S. Pietro nel 1616, poi marito di Alessandra Boschetti, vedova di Antonio Tanari.

1655, 23 febbraio. Mario di Luigi Orsi, erede del dott. Orsino Orsi, abitò questa casa, che poi vendette a Giuliano e fratelli Gessi a conto del prezzo di Lire 65000, convenuto per la casa, o palazzo, con stalla e rimessa, di proprietà Gessi, posta sotto S. Michele in Strada Maggiore e nella via Caldarese, presso i Malvasia. Questo contratto dopo vari anni fu annullato. (Vedi Strada Maggiore).

Li i 4 dicembre 1674 continuava ad essere di Gio. Michele Gessi.

1678, 15 gennaio. La casa degli Orsi in Strada Santo Stefano fu valutata L. 18000, come si rileva da un rogito di Domenico Maria Boari.

1678, 5 febbraio. Il marchese Giovanni ed altri fratelli, figli del fu Mario Orsi, vendettero ad Angelo Michele Colonna, una casa onorevole sotto S. Biagio, in Strada Santo Stefano, in confine di Giulio Cesare Claudini e dei Ratta ; più altra casetta posta in S. Petronio Vecchio, in confine degli Asti, dei Borghi e della predetta casa. Il tutto per L. 16000. Rogito Antonio Berlolotli. Morì l' avv. Domenico Antonio di Giuseppe Colonna, e lasciò erede l' unica sua figlia Maria Gentile, moglie di Antonio Lorenzo di Gio. Battista Sampieri, morta li 26 aprile 1794, per cui passò questa casa ai Sampieri che la vendettero a Carlo Cella.

N.76(48). Sotto la data delli 29 novembre 1574 si trova che qui vi era una casa dl'Altobello degli Organi, e si dà per posta sotto la parrocchia di S.Biagio, in confine di Strada Santo Stefano a mezzodì, dei Muzza a levante, dei Ratta, e poscia di Girolamo e Lucio Ticinali eredi di Gabrielle Palcani, a sera.

Trovasi pure che li 27 novembre 1580 Gabrielle Bailardi legatò a Lodovico Ratta una casa in Strada Stefano sotto S. Biagio, con patto però che egli pagasse scudi 1000 quando le figlie di Pietrantonio Canobbi, che si dissero anche Ticinali, prendessero stato. A questa casa fu unita quella che li 15 giugno 1615 Giulio di Ermesse dalla Muzza vendette a Uberto Ratta per L. 2000, col peso del canone a Santo Stefano. Rogito Giulio Cesare Negrini. Mancò questo ramo Ratta nel conte Antonio di Giovanni, che testò li 30 gennaio 1796, e morì li 15 febbraio 1797. I fedecommessi passarono ai marchesi Ratta, ma il libero lo lasciò al suo nipote e pronipoti i conti Benati discendenti da Anna di lui sorella, moglie del conte Massimo Francesco Maria di Domenico Benati, morta li 19 ottobre 177t2. Questi eredi la vendettero ali' avv. Luigi Brizzi che la rifabbricò.

N.77(46). Casa che fu dei Pendasi, famiglia portata a Bologna dal dottore in filosofìa e medicina, Federico, nato in Mantova, e fatto cittadino bolognese nel 1571. Fu lettor pubblico, e morì nel 1605.

Francesco di Cesare di Federico, con suo testamento, fatto a rogito di Giacomo Biondi, e aperto li 5 giugno 1693, lasciò erede usufruttuario Lorenzo suo figlio naturale, ed erede proprietaria la compagnia del Santissimo di S.Biagio. Il detto Lorenzo si fece prete, e morì li 4 marzo 1734.

I Padri di S. Biagio acquistarono la detta casa li 27 gennaio 1749 dalla predetta compagnia del Santissimo, per L. 9500. Rogito Gregorio Antonio Ferri. Era posta in Strada Stefano, in confine dei compratori, del conte Alberto Ratta, e dei capi del consorzio di S. Pietro.

Pare che questa casa fosse composta di una già di Prospero Mangini, di altra di Gio. Francesco Castellani, e di una terza di Paolo Emilio Lucchini. Diffatti la costruzione del portico indicava tre diversi stabili.

N.78(44). Stabile che Appolonia Parmeggiani donò a Faustina di Bartolomeo Perini, moglie del dott. Giulio Cesare del fu Francesco Claudini, i quali coniugi la vendettero li 22 novembre 1585 a Giulio Cesare Manzolini per L. 3700. Rogito Lodovico Ostesani. Confinava Prospero Mangini, i Padri di S. Biagio, e Strada Santo Stefano.

1635, 16 aprile. I Padri di S. Biagio comprarono da Chiara del fu Giulio Cesare Mangini, una casa con orto sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, in confine di Prospero Soavi, e dei compratori, per L. 6500. Rogito Gio. Francesco Rossi.

1649, 14 marzo. I suddetti Padri di S. Biagio comprarono da Cesare Loreti per L. 5400, una casa sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, in confine dei Pendasi, dei compratori, e di Prospero Cantelli. Rogito Gio. Battista Anelli.

N.79,80(40,42). Porta del convento dei PP. Agostiniani della congregazione di Lombardia, e porta laterale della loro chiesa. (Vedi Cartoleria Nuova N. 605 ).

Si passa Cartoleria Nuova.

Qui evvi una bottega da macellaro, la più antica che si conosca, stanteché nel 1213 Sighizzo Beccaro comprò da Giacobino Zantoli cinque chiusi di terra in Strada Santo Stefano, presso il Serraglio per farvi banche (così l' Alidosio).

In seguito appartenne ai monaci della Certosa, che la locarono all'ospedale dei Servi per l'annuo canone di L. 36, a rogito Lodovico Federici e Galeazzo Accarisi, e che li 13 novembre 1516 la permutarono con detta compagnia in cambio di 30 tornature di terra in Calcara. Rogito Lodovico Ferrari, Galeazzo Accarisi e Camillo Morandi.

Li 13 dicembre 1678 fu affittata ai fratelli Cavazzoni per annue L. 1700, e una lingua di bue ogni mese. Rogito Giuseppe Antonio Lodi.

Fra la macellaria e la porta della chiesa dell'ospedale dei Servi vi era una bottega da merciaio, che nel 1572 fu messa ad uso di larderia.

Li 26 febbraio 1522 il Senato decretò, che essendo deforme l'angolo del portico dell' ospedale di S. Biagio, e precisamente dove vi è una macellaria e una spezieria, fosse chiuso dietro la chiesa di S. Biagio, e permise la continuazione di detto portico fino a Cartoleria Nuova.

N.81(38). Chiesa ed ospedale di Santa Maria dei Servi, o di S. Biagio, alias Ospitaletto. Nell' archivio della compagnia che governava quest'ospedale detto di Santa Maria delle laudi, sta notato: "Hoc opus inceptum fuit anno 1200 ad laudem et gloriam Dei omnipotentis, et Beata Mariae Virginis ac Divi Alexi".

Si ripete da qualche storico che esistesse nel 1200 presso la chiesa di Santa Maria di Castel de' Britti un ospizio che dal proprietario fu lasciato per albergo di pellegrini, e che coll'aiuto di vari benefattori essendosi poi ampliato vi fosse data la forma d' ospedale, che del 1295 dicevasi ospedale di Santa Maria di Castel de' Britti sopra il Serraglio di Strada Stefano.

Nel libro dei memoriali si trova che circa il 1320 una compagnia che cantava laudi nella chiesa dei Servi fondò un ospedale per alloggiar pellegrini in Strada Santo Stefano.

In appoggio di questa fondazione viene il testamento di Giovanni Calzolari fatto a rogito di Uguccio Uguccioni li 31 gennaio 1325, col quale lascia eredi in eguali porzioni i due ospedali nuovamente fatti, uno dei quali presso la chiesa di San Lorenzo dei Guerini, e l'altro dal Serraglio in Strada Santo Stefano.

Si trova una memoria che dice: "Ospitale e lavorieri nuovamente costrutti sopra il Serraglio di Strada Santo Stefano nel 1328", diffatti li 20 maggio 1321, e nel 1324 il Governo lo soccorse con elemosina per l'intrapresa fabbrica.

Un rogito di Chisino Pini delli 15 novembre 1353 lo chiama ospedale di Santa Maria dei Servi, poi nel 1407 comincia a trovarsi col nome di ospedale di San Biagio.

Un Giovanni Bentivogli, beccaro, confratello di questa compagnia, lasciò una casa all'ospedale contigua al medesimo. Si dice da taluno che morisse nel 1442, ed è opinione di qualche altro che fosse morto prima del 1404, ed in questo caso non è temerità l'asserire che possa essere Giovanni di Toniolo Bentivogli tanto celebre nella nostra storia.

Li 21 ottobre 1617 gli uomini dell'ospedale di S. Biagio chiesero sussidio al Senato per terminar la fabbrica del loro ospedale.

Ammesso che nel 1200 fosse qui un ospizio per alloggiar pellegrini, chi l'avrà governato sino al 1320 quando cioè prese il titolo di ospedale? È quasi certo, secondo l' uso di quei giorni, che sarà stata un' unione di devoti, la quale si sarà poi incorporata alla compagnia che cantava laudi nella chiesa dei Servi, ed ivi fondata nel 1275, poi traslocata in Strada Stefano nel 1404 sotto il priorato di certo Roveri, assumendo di pagare ogni anno una libbra di cera al Vescovato.

La chiesa dell' ospedale di San Biagio, o di Santa Maria dei Servi, fu rimodernata nell'anno 1792, ed abbellita quanto poteva permetterlo la sua forma e situazione.

La compagnia dei Servi cessò di esistere li 28 luglio 1798, e con essa anche l' ospedale. Le rendite furono applicate al grande ospedale, la cui amministrazione, detta Congregazione di Carità, li 28 dicembre 1805 concesse in enfiteusi a Gaetano del fu Giovanni Sgarzi l'ospedale superiore, la macellaria ed adiacenze.

La chiesa, essendosi chiusa li 16 agosto 1804 ed anche murata poco dopo la porta che metteva alla strada, fu venduta assieme col vicino oratorio allo stesso Sgarzi li 3 ottobre 1808, meno la cappella maggiore e sagristia comprata dal confinante Cicognara, che l'unì alla sua casa in Cartoleria Nuova N. 608.

N.82(38). Santa Maria di Castel de' Britti, che nel 1374 era anche chiamata Santa Maria in Riva forse per essere vicina alle fossa del secondo recinto della città, anzi appoggiata al muro del medesimo dalla parte interna.

In appresso fu poi detta Santa Maria della Ceriola. Che questa chiesa sia stata edificata dall'antichissima famiglia dei Castel de' Britti, così chiamata forse perché oriunda da Castel de' Britti, o che le appartenesse per jus patronato, sembra probabile.

Americo di Zoanne dei Castel de' Britti, uomo celebratissimo e potente, figlio di una sorella di Beccadino Beccadelli, fu fuoruscito Lambertazzo assieme con tutta la sua famiglia, né mai più rimpatriò dopo esserne stato cacciato nel 1274. È certo che i Castel de' Britti abitavano sotto questa parrocchia, ma non dove sono le case ora dei Gozzadini, e se quelle lo erano, convien dire che ne avessero più d'una nella stessa giurisdizione parrocchiale.

Un decreto del Vicario Vescovile delli 9 giugno 1290, a rogito Gioannino Papazzoni, che stabilisce i confini delle parrocchie di Santa Lucia e di S. Giovanni in Monte, cosi si esprime : "Santa Lucia — Dal Serraglio di Strada Castiglione discendendo verso la Strada di Santo Stefano fino alla chiavica posta fra le parrocchie di Santa Lucìa e di S. Giovanni in Monte, acchiudendovi le case nuovamente edificate sul fossato del Comune di Bologna fra detti limiti. Dalla detta chiavica discendendo verso il Serraglio di Strada Santo Stefano fino al casamento che fu di Bolognlet e Adamo del fu Gualcherio de Castel de' Britti esclusivamente, acchiudendo in questi confini le case di nuovo fabbricate sopra detto fossato sino alla metà del medesimo. Il suddetto casamento poi (dei Castel de' Britti) e le case fabbricate di nuovo nella parte opposta tino alla casa di Gio. Varignana inclusive, e fin dove s' estende detto casamento verso la parrocchia di S. Giovanni in Monte, e fino alla metà di detto fossato, si dichiara appartenere a Santa Maria di Castel de' Britti.

Le case che aveva questa parrocchia nella via di Cartoleria Vecchia erano i numeri 330 dei Betti, e 331 e 332 già eufiteutiche della chiesa della Ceriola, dalla parte opposta aveva soltanto il fianco della casa grande dei Boselli N. 93 di Strada Santo Stefano.

Il casamento dei Castel de' Britti era senza fallo dove è ora la casa N. 330 che ultimamente apparteneva ai Betti, e probabilmente le case vicine andando verso Strada Stefano erano poi le abitazioni dei Castel de' Britti, vedendosi anche in oggi una casa antichissima tanto nell'interno che nell'esterno, e segnatamente dove ultimamente eravi una bottega da falegname. Quando qui si stabilissero alcune monache non è noto, dicesi però che nel 1302 fossero soccorse dal Comune per fare il coro ed accomodare la loro chiesa, ed è certo che li 29 novembre 1315 fu ordinato a Guido di Guglielmo Pasquali, depositario del Comune, di pagare certa somma alle monache e al cappellano del monastero di Santa Maria del Castel de' Britti di Strada Santo Stefano.

Nel 1369 vi stavano i Cavalieri Gaudenti, e in appresso i monaci Armeni del l'ordine di S. Basilio, dei quali non si conosce il tempo in cui si stabilirono nella nostra provincia. La prima memoria che si ha di loro è del 1287, nel qual anno chiesero ai magistrati di poter atterrare l' oratorio ruinoso del monastero di Ripa del Sasso e di riedificarlo. Ottennero nel 1303 dal Vescovo Uberto degli Avvocati un pezzo di terreno presso la porta di S. Mamolo, dove li 7 marzo 1342 la loro chiesa era già incominciata, al qual terreno fu anche unita Santa Maria di Barbiano, alias Camerlata, o Camelata, che poi nel 1575 fu inchiusa nel magnifico palazzo fabbricato dal Cardinal Filippo Guastavillani, il quale li 16 dicembre 1575 assegnò in compenso a D. Vitale Leonori, allora Priore, un credito di Monte sul dazio pesce di L. 692, 6, 2 d' argento equivalenti a L. 750 moneta corrente, e un annua rendita di L. 60, nel qual contratto fu compreso un predio annesso a detta chiesa.

Ebbero i Basiliani l' oratorio di Santa Maria della Vezzola del Farneto, che fu poi distrutto dal torrente Zena, e l' oratorio di S. Macario nella diocesi di Faenza. La chiesa curata di Sant'Andrea di Gaibola, o di S. Michele fu pure unita al loro monastero, come risulta da un rogito di Paolo Cospi delli 9 febbraio 1376, ma pare che questa unione non avesse effetto, poiché non si trova alcun atto di giurisdizione esercitato dai monaci in detta chiesa curata. Gli fu data la parrocchiale di Santa Maria di Castel de' Britti, detta l' Inceriola, il cui jus patronato, con l' autorità di fra Paolo generale dei Basiliani, fu donato li 11 giugno 1427 ai fratelli Gio. Andrea, Filippo, Simone e Giacomo figli del fu Gaspare Calderini, come da rogito di Filippo Formaglini. Li 28 giugno 1475 Sisto IV assegnò ai PP. di S. Paolo dell'Osservanza il convento dei Basiliani alla porta di S. Mamolo, e frate Procolo Vaggini da Bologna, priore, lo consegnò li 21 agosto 1475, ed in compenso i frati Armeni ebbero l'ospedale, oratorio e case di Sant'Antonio da Padova, posto sotto la parrocchia di Santa Margherita in via Val d'Aposa.

La chiesa fuori di porta S.Mamolo, dedicata allo Spirito Santo, era quella che restava a capo del portico della Nunziata verso Bologna, e che servì per molti anni alle suore terziarie Francescane. Mancando individui alla religione, ottenne il Generale di dare in enfiteusi i loro beni, come da rogito di Francesco Matesellani del primo giugno 1504. Non resta di quest'abbazia che il solo titolo, i beni dati in enfiteusi, ed una piccola chiesina della Ripa di Sasso posta nel Comune di Castel de' Britti. Il penultimo abbate di Santa Maria Camerlata, ed uniti, fu D. Alessandro Branchetta nominato li 10 maggio 1761.

Li 11 giugno 1427, a rogito Filippo Formaglini, i frati Armeni concessero a Gio. Andrea e Filippo Simone, fratelli Calderini, il gius padronale di nomina del parroco della chiesa della Ceriola. Questa ristretta parrocchia fu accresciuta li 27 giugno 1566, a rogito Cesare Beliossi, con parte di quella di Santa Tecla, ma con tutto questo quando fu soppressa nel 1806 contava diciotto case, 35 famiglie, e 158 individui.

Li 16 agosto 1808 fu chiusa, ma continuò ad essere ufficiata privatamente: finalmente li 11 luglio 1824 fu profanata, e concessa in enfiteusi, assieme alla canonica, a Domenico Sgarzi, che la ridusse ad abitazione, e la chiesa ad uso bottega. Dirimpetto alla bottega del fruttarolo, sotto il portico stesso che copriva l'ingresso alla chiesa, vi era una porta del secondo recinto atterrata nel 1256. Nel mese di maggio del 1825 lavorandosi per ridurre a casa e botteghe la chiesa della Ceriola, si disfece parte del muro antico della città che si trovò di grossezza piedi 6 e oncie 6. Presso la sua sommità si incontrò un acquedotto in macigno entro il muro, il qual acquedotto terminava verso Strada Stefano.

Si passa il vicolo della Pusterla

N.83(36). Può essere che quivi fossero case appartenenti ai Castel de' Britti.

Li 31 gennaio 1465 la Comune decretò a favore di Andrea Cenni, che stava fabbricando la sua casa sotto Santa Maria di Castel de' Britti in Strada Santo Stefano, che potesse occupare tanto suolo della strada di Pusterla che questa restasse piedi 10 in larghezza, e ciò anche perché detto Andrea mercante aveva ceduto tre piedi e più di suolo sulla via di Strada Stefano. Questa casa confinava con Rolandino merciaio, e con Bartolomeo Mini di dietro.

Li 5 aprile 1494 Annibale di Gabbione Gozzadini comprò da Bartolomeo di Giacomo Cenni, alias Nordelli, e di Diana Pannolini, la quinta parte di questo stabile con portico, orto e cisterna, assieme alla quinta parte dei macigni e pilastri per compiere la fabbrica, il tutto per il prezzo di L. 1107, 13, 10, Rogito Francesco Ghisilieri. Confinava dalla parte occidentale con la via nuova (Borgo Nuovo), dalla regione orientale la Pusterla, e dalle altre parti Baldassarre Seni e Francesco Mazzoli.

Li 21 aprile 1496 il detto Annibale ne acquistò altri due quinti, per Lire 2062, 5, 4, da Filippo e Taddeo di mastro Cesare Cenni, alias Nordelli, come da rogito di Alessandro e Galeazzo, padre e figlio Bottrigari.

Finalmente li 9 novembre 1504 Pietro di Antonio di mastro Cenni, alias Nordelli, vendette la sua quinta parte per L. 484, 9, 2, rogito Ercole di Giovanni Borgognini, e nello stesso giorno acquistò Ia porzione di Paolo Cenni per scudi 155 d' oro larghi. Rogito Borgognini. In tutti i predetti contratti si ripetono sempre gli stessi confini, e cioè Strada Stefano, Borgo Nuovo, la Pusterla, Bartolomeo Seni, e Francesca Mazzoli.

1522, 29 marzo. Annibale Gozzadini comprò da Nicolò di Domenico Moneta la metà di una casa, sotto Santa Tecla, in Borgo Novo, per L. 600. Rogito Cristoforo Zelini. Questa casa confinava coi Gozzadini.

1523, 3 settembre. Annibale Gozzadini ottenne suolo pubblico nel vicolo Pusterla per continuare certa sua fabbrica.

1525, 19 ottobre. Il Senato concesse ad Annibale Gozzadini certo terreno di proprietà del Comune, posto nella Pusterla per poter fabbricare un muro. Rogito Gio. Andrea Garisendi.

Li 8 settembre 1542 Gabbione Gozzadini scoperse la bellissima porta del suo palazzo da lui fatta fare con spesa considerevole. Il volgo l'ha sempre creduta quella del palazzo Bentivogli, ma il cimiero che è nel martello essendo quello dei Gozzadini, ciò basta a mostrarne l' assurdità.

Ultimamente questa casa apparteneva ad un ispettore d'Imola, che l' aveva comprata dai creditori Gozzadini per L. 31500. Rogito Felicori delli 21 febbraio 1829.

1547, 21 gennaio. I Vittori confinavano coi Gozzadini e coi Cenni.

N.84(34). Casa dei conti Vittori, composta di due.

Li 21 giugno 1482 Bartolomeo del fu Alessandro del fu Bartolomeo Mazzoli comprò da Antonio Pandolfi una casa grande in Strada Santo Stefano, ed altra in Borgo Novo, per L. 4700. Rogito Bartolomeo Zani. Confinava Strada Santo Stefano davanti, Borgo Nuovo di fianco, e Andrea di mastro Cenni.

1494, 5 aprile. Porzione di casa posta parte in Strada Stefano, e parte in via Nova (Borgo Novo) dalla regione occidentale. Confinava colla Pusterla a oriente, e con Baldassare Seni e Francesca Mazzoli. Fu comprata dal Gozzadini che abitava in Strada San Vitale, e che affittò quella a Marcantonio Fantuzzi li 26 giugno 1504.

1526, 12 agosto. Il dottor in medicina Benedetto del fu Antonio Vittori comprò dal conte Melchiorre del fu Giorgio Mazzoli una casa nobile con portici in volto e stalla, posta in Strada Stefano e Borgo Nuovo, per L. 12000. Confinava Annibale di Gabbione Gozzadini, Paolo Cenni, e sua madre di dietro. Rogito Battista Buoi.

Li 14 settembre 1599 Fabbio del fu Girolamo Vittori comprò la casa di Alessandro Mondini.

1563, 18 maggio. La casa dei Vittori confinava con Strada Stefano, Borgo Nuovo, Paolo Cenni, e Gabbione Gozzadini.

Nel 1744 Elisabetta Belloni, suocera del conte Benedetto Vittori juniore, rimodernò l'appartamento superiore, e ne restaurò la facciata spendendovi L. 5480. Questa donna morì nel 1749.

Si passa Borgo Nuovo

NN.85,86(30/2,32,32/2). Stalle Vittori e Bovi fabbricate sul guasto dei Beccadelli, dove erano le loro case con torre, contro le quali nel 1289 si pubblicavano i bandi, e che si dicono fossero rovinate da partigiani di fazione contraria nel 1305, nella qual epoca appartenevano a Ricardo Beccadelli.

Li 30 dicembre 1398 i Beccadelli vendettero a Burnino di Antonio di ser Francesco Rustigani un casamento, o guasto, detto il guasto dei Beccadelli, posto parte nella cappella di Santa Tecla, e parte in Santa Maria di Castel de' Britti, in Strada Santo Stefano e in Borgo Nuovo, lungo pertiche 12 e piedi 3.

1460, 1 settembre. Bartolomeo Rossi comprò da Barone Vasselli tre casette contigue con bottega da calzolaio, per L. 800. Confinavano Strada Santo Stefano, Borgo Nuovo, e il compratore da due lati. Rogito Frigerino Sanvenanzi.

1300, 2 dicembre. Dai testamenti di Nestore e Mino dei Rossi sappiamo che avevano una casa sotto Santa Maria di Castel de' Britti, in confine di Strada Stefano, di Borgo Nuovo, e di Nestore Bargellini.

Nel secolo XVII esistevano anche in gran parte le macerie delle suddette case distrutte. La proprietà passò alla famiglia senatoria Rossi, e Tiberio del fu Galeazzo Rossi li 5 agosto 1595 vendette un terreno vacuo nell'angolo di Borgo Nuovo, per L. 1000, a Vincenzo del fu Andrea Vittori, il quale li 28 giugno 1596 comprò da Ottavio del fu Bartolomeo Rossi pertiche 7, piedi 87 e oncie 6 di terreno intorno murato, sotto Santo Stefano, in Borgo Nuovo, in confine del venditore, del compratore, di Tiberio Rossi e di altri, per L. 1000. Rogito Giovanni Zarabelli. Nel giorno medesimo lo stesso Vittori comprò da Tiberio del fu Galeazzo Rossi una stalla con corte sotto Santo Stefano, in confine degli eredi di Carlo Savi, di Ottavio Rossi, e della via di Strada Stefano, per L. 1000. Rogito Giovanni Zarabelli.

Le stalle del marchese Bovio aderenti a quelle dei Vittori furon fabbricate sul terreno vendute dal conte Rossi nel 1778.

N.87,88(30). Stabile che aveva facciata con ornati di macigno, e che li 3 novembre 1481 era di Astorre del fu Filippo Bargellini in parte, e in parte di Bartolomeo. del fu Lippo Beccadelli, nel qual giorno la parte Beccadelli fu francata ai Bargellini per L. 616, 12, 4 d'argento. Rogito Domenico Amorini. In questo rogito è descritta come casa grande, posta sotto Santa Tecla in Strada Stefano, e confinare la detta strada, i Bargellini a settentrione mediante chiavica comune, lo stesso di dietro, e Bartolomeo di Mino Rossi a mezzodì, ma questo è errore perché a mezzodì evvi la strada, e la possidenza Rossi è posta a levante. Ovidio e Antonio Maria del fu Nestore Bargellini permutarono questo stabile con Girolamo e Giacomo del fu Ercolano Ercolani. Il rogito così descrive questa permuta : "I Bargellini cedono agli Ercolani una casa nobile con portico in volto, orto, stalle, e due case che hanno sortita in Borgo Nuovo, posta in Strada Stefano, sotto Santa Tecla, per L. 14000. Gli Ercolani assegnano ai Bargellini una casa con portico ed altra casa annessa in Strada S. Donato sotto Santa Cecilia, e più una stalla posteriore che riferisce nel Borgo della Paglia, per L. 8300, assumendo di pagare le residuali L. 5700 in pareggio. Rogito Battista de' Buoi delli 6 maggio 1516".

1530, 20 gennaio. Vincenzo Ercolani comprò dal conte Ottavio Rossi parte di una casa in Strada Stefano, posta sotto Santa Tecla, per L. 3100. Rogito Andrea de' Buoi. Confinava Strada Santo Stefano da due lati, i compratori e il venditore di sopra. Questa parte di casa era larga piedi 42, e la sua lunghezza era a cominciare dalla strada fino al muro dell'orto Ercolani.

1533, 27 febbraio. Locazione enfiteutica dell'abbate di Santo Stefano a Vincenzo e fratelli Ercolani, di una pezza di terra ortiva nella parte posteriore del palazzo, della superficie di tavole 36, per annue L. 24.

Li 2 ottobre 1536 il conte senatore Vincenzo e fratelli Ercolani comprarono dal conte Ottavio del fu Astorgio Rossi una casa sotto Santa Tecla in Strada Stefano, per L. 6500. Confinava detta strada, Borgo Nuovo e i compratori. Rogito Andrea Buoi e Antonio Macchiavelli.

Li 26 aprile 1698 le suore di S. Vitale vendettero al conte Ercole Maria Ercolani una casa e due botteghe in Strada Santo Stefano e sotto Santo Stefano, per L. 2600. Le dette due botteghe erano ad uso fondaco, assegnate nel 1597 dai Rossi alle compratrici. Rogito Gio. Giacomo Carboni.

Il Ramo Ercolani, che qui abitava, discendeva dal conte Agostino secondogenito di Jacopo, che fu il secondo senatore della famiglia, che si estinse nel conte Enrico del senatore Pompeo, morto li 21 marzo 1785, la cui eredità fu goduta dalla contessa Benedetta del senatore Ercolani, moglie del marchese Giuseppe Zagnoni, morta la quale passò questo palazzo al principe Astorre Ercolani, .che lo vendette a Gaetano Ferrarini, e questi, al marchese Filippo del senatore Giuseppe Davia.

Piazza di Santo Stefano

Questa piazza ha di superficie, compreso il sagrato, pertiche 156, 99, 7 1/2, e senza di questo, pertiche 25, 7.

Si disse dapprima Trebbo dei Beccadelli, nel mezzo del quale vi era una grandissima quercia contornata da alberi e da sedili, sotto la quale si radunavano di giorno, e anche di notte, i primari cittadini di Bologna, e che in disprezzo dei Beccadelli, dopo il loro esiglio. fu tagliata da ser Polo di mastro Schiavo Bualelli li 15 aprile 1335 o 36.

Nel 1303 fu ingrandita colla demolizione di varie case, e poscia selciata, essendo concorso nella spesa i proprietari delle case di Strada Santo Stefano, di Strada Maggiore, di Strada S. Vitale e delle contrade e borghi traversali. In questa occasione atterrando alcuni muri dirimpetto alle due strade, ora chiuse, dette una La Magna presso gli Isolani, l'altra Inghilterra presso i Bolognini, si trovarono gli avanzi di un arco di trionfo, il capitello ionico collocato nella chiesa di S. Pietro in Santo Stefano, e la lapide Domine Isidi Victrìci, ora murata sotto il portico della chiesina detta di Loreto presso la suddetta chiesa di Santo Stefano.

Dell' antichissima chiesa di Santo Stefano non si ha alcuna memoria in rapporto alla sua fondazione.

Nel 1631 restaurandosi l' antichissimo altare di S. Giacomo apostolo della chiesa de' SS. Pietro e Paolo annessa a Santo Stefano, fu trovata una lamina di piombo sulle reliquie di detto altare, nella quale era scritto che questo tempio era stato consacrato da Sant'Ambrogio. Servì di residenza ai Vescovi, ma essendo fuori del primo recinto della città, ed essendo stata devastata dagli Ungari nell'anno 903, il vescovo Frugerio nel 1019 piantò una nuova cattedrale dedicata a S.Pietro dentro la città, e vi stabilì la sua residenza. Se realmente la causa del traslocamento della Sede Vescovile accadde a motivo della devastazione succitata, non si sa in qual chiesa celebrassero i divini uffici e dove abitassero i nostri Vescovi dal 903 al 1019, e cioè per il corso di 106 anni.

Il catino, detto volgarmente di Pilato, fu fatto da Barbatus Vescovo di Bologna, che visse al tempo in cui Luitprando Re dei Longobardi ebbe associato al regno Ildebrando, e cioè circa il 740. Teodoro IIl, il XXXVI Vescovo di Bologna, che viveva circa l' anno 824, avea Episcopium, cioè casa, in Ravenna, per comodo ed abitazione sua quando si portava al Sinodo in quella metropolitana. Questi trasportò a Bologna una cassa fatta per gli Arcivescovi di Ravenna, ed è forse quella dove si veggono incise le armi degli Orsi, che possono essere state intagliale dopo, la qual cassa si vede collocata esternamente contro la cappella di Santa Giuliana in Santo Stefano, e che certamente è lavoro di quegli antichi tempi. Potrebbe congetturarsi che fosse l'altra in cui sono le armi dei Bertuccini, posta sotto il portico della chiesa di S.Pietro in Santo Stefano, ma questa è lavoro di tempi posteriori. L'Oretti pretende che abbia servito di sarcofago a Ruffo Patricio, e che Teodoro che l'avea fatta trasportare per esservi sepolto, prevenuto dalla morte, non lo fu, e rimasta fuori di chiesa servisse poi dopo vari secoli per tumolo della famiglia Orsi.

Nel 997 si cominciano a trovare gli abbati di Santo Stefano. Giovanni III, Vescovo di Bologna, investì Martino, abbate di Santo Stefano, di alcuni beni alla Quaderna. Rogito Leone.

Nel 1095 vi erano due Vescovi, uno cattolico, l'altro scismatico. Il primo risiedeva in Santo Stefano, perché Bernardo Vescovo cattolico fu quivi sepolto nel 1104; l'altro stava in S. Pietro, e la rocca imperiale che vi era vicina, manteneva probabilmente il scismatico nella cattedrale. Nella cappella Bolognini vi è l' epitaffio del nostro Vescovo Bernardo, sotto il cui governo terminò lo scisma che per vari anni afflisse la chiesa bolognese. Papa Urbano indirizzò ai cattolici del clero bolognese una lettera datata da Pavia li 19 settembre 1095 raccomandandogli il vescovo Bernardo. Nel 1073 Gregorio VII confermando a Lamberto, Vescovo di Bologna, i diritti della sua chiesa, dice: Similiter concedimus monasterium Sancti Stephani, qui vocatur est Jerusalem quod Dominus Petronius edificavit ad usum ejusdem Ecclesia, et cum mercato S. Joannis Baptistae ibique tenente. Ved. Cod. Diplom. Cod. 84 N. XIIII.

L'ospedale di Santo Stefano esisteva li 13 marzo 1108, nel qual giorno Bernardo notaro stipulò nell'ospizio di Santo Stefano la promessa di Gherardo e di Pietro, figli di Azzone, di difendere i beni di S.Romano, che erano situati dal Po di sopra in tutto il contado di Bologna, e quelli di sotto Po nel territorio di Ferrara . L' atto trovavasi nell'archivio di S. Francesco. Nel 1354 era Rettore di quest'ospedale Delfino di F. Benno Gozzadini, fatto decapitare in detto anno dall'Oleggio, il quale tolse quest'ospedale ai Gozzadini. Il Masini dice che sembra esistesse nel secolo XI un ospedale di Santo Stefano, il quale nel 1300 era fornito di averi, e che fu posseduto da Tordino Beccadeili, da Fulcirolo Gozzadini, da Mino Natale di Bornio Samaritani, e che poi cessò di esistere.

Nell'archivio del capitolo di S. Pietro vi è un istrumento che tratta di un accordo ed accomodamento seguito nel 1186 fra Giovanni vescovo di Bologna ed il Capitolo, presente Riniero abbate di Santo Stefano.

Nel 1308 fu unita a Santo Stefano la badia di S. Bartolomeo di Musiano, dove stavano i Benedettini, già fondata nel 995.

A S. Bartolomeo di Musiano eran stati uccisi due abbati. Si trova che il vescovo aveva implorato il braccio secolare per farsi ubbidire dall'abbate e monaci di S. Bartolomeo. Risulta poi la predetta unione delle due abbazie nel libro dei Memoriali, dove si trova un contratto fatto dai monaci di Musiano per pigliar denari onde sostenere la lite contro questa unione, ma dovettero sottomettersi.

Nel 1180 un monaco anonimo di Santo Stefano scrisse una cronaca che conservasi nella biblioteca dell'Istituto e che fu tenuta in nessun conto dai Maurini. Da questa vengono tutte le notizie che narransi sul conto di S.Petronio.

Li 4 ottobre 1141 fu trovato in Santo Stefano, nella così detta chiesa del Calvario, il corpo di S.Petronio morto circa il 450, e ricordato da Gennadio che viveva quarant' anni dopo la morte di detto Santo. La provisione per la festa di S. Petronio e di Sant' Ambrogio è delli 15 settembre 1301.

1355, 26 gennaio. Lorenzo di Gherardo Paleotti lasciò L.50 da spendersi ad onore di S. Petronio protettore e difensore della città di Bologna, facendo un tabernacolo, per porvì la reliquia di detto Santo, come pure L.25 da spendersi in fabbricare una truna sopra I'altar maggiore di Santo Stefano. Rogito Bombologno di Giacomo d' Antonio Vannuzzi.

1573. Risulta dalla visita di mons. Ascanio Marchesino, Vescovo Maiorense deputato da Gregorio XIlI, suo visitatore in questa città e diocesi, essendo vescovo di Bologna il cardinale Paleotto, come risulta da suo proclama delli 24 agosto 1573, che visitata la chiesa del Santo Sepolcro in Santo Stefano, dove dal lato destro di detto sepolcro evvi un altare che si dice di S. Petronio, dotato dal fu conte Nicolò Sanuti di Bologna, il quale lasciò eredi i conventi di S. Domenico, S. Francesco, S. Procolo, e S. Salvatore, gravandoli della celebrazione di una messa quotidiana al detto altare, che l' Altare est lapideum non consacratum cum suo viatico, et cum ycona antiqua, nec sit ad modum ornatum, careactquae cruce ecc. mandavit exiberi testamentum dicti Nicolai.

Il tabernacolo che conteneva la testa del Santo Vescovo fu fatto nel 1380 da Giacomo detto Roseto da Bologna.

Fra i monaci che hanno uffiziato questa chiesa si contano i Basiliani, poi i Cassinensi.

Ridotta l' abbazia a commenda vi vennero i Celestini nel 1409.

Nel secolo XIV, in occasione di rimuovere la cassa o sepolcro di Sanl'Isidoro si scoperse un altro tumulo, nel quale per ogni parte vi era inciso il nome di Symon, e conteneva un cadavere senza lesta, che dal volgo fu creduto per quello del principe degli Apostoli, per lo che fu si grande il concorso del popolo, che Eugenio IV ordinò che si dirocassero le volte della chiesa, si riempisse di terra e si murassero le porte. Rimasta in tale stato la chiesa detta di S. Pietro per 62 anni, fu riaperta sotto il pontificato di Alessandro VI per intercessione del Cardinale Giuliano della Rovere, commendatore di Santo Stefano, che fu poi Papa Giulio II.

I Vescovi di Bologna quando prendevano possesso di questa sede entravano processionalmente por porta Santo Stefano, visitavano la chiesa dedicata a questo Santo, poi passavano a quella di S. Pietro. Pare che questa cerimonia cessasse quando l' abbazia fu fatta commenda. In seguito il vescovo entrava per la suddetta porta andando direttamente a S. Pietro.

L'ultimo fu il Cardinale Gabrielle Paleotti.

Giovanni Stefano Ferreri fece il suo ingresso per porta S. Felice li 27 febbraio 1503, ma il di lui esempio non è stato imitato da alcuno de' suoi successori.

La chiesa di Santo Stefano vien divisa in sette, o cioè:

1. SS. Trinità.

2. Atrio di Pilato.

3. Confessi.

4. Calvario, creduto da alcuni l' antico Batistero.

5. SS. Pietro e Paolo, che fu la vescovile.

6. S. Gio. Battista di sotto, detta anche della Maddalena.

7. S. Gio. Battista di sopra, ora detta del Crocefìsso, che ha la facciata sulla piazza, e che volgarmente vien detta la chiesa grande, la quale si stava rifabbricando a spese del Senato li 3 luglio 1041, col progetto di collocarvi le Sante Reliquie, ma che non fu mai portata a compimento.

Le compagnie dei Lombardi e dei Toschi vi avevano le loro residenze. La prima ebbe origine da .50 famiglie fuggite dalla Lombardia in causa delle fazioni Guelfe e Ghibelline e delle barbarie di Federico I Barbarossa. Il Consiglio di Bologna le accolse ed assegnò loro nel 1162 suolo in città per fabbricarvi case, e donò pur terreni nelle valli d'Altedo e di Minerbio per coltivarli. Formarono esse una compagnia militare che serviva a proprie spese sotto le insegne della città, ma ebbero il particolare loro stendardo, che era di color rosso con sopra appostovi l'emblema della Giustizia avente spada nuda in mano.

Nel 1222 questa compagnia concorse a far la guerra contro gli Imolesi, nella quale si distinse in sì particolar modo che gli fu fatto dono delle chiavi di quella città per conservarle nella loro residenza come un trofeo di valore. Questa compagnia si radunava vicino alla basilica di Santo Stefano, ma cedette il luogo ai monaci il primo giugno 1445, come ci viene tramandato da un rogito di Lorenzo del fu Girolamo Cattanei, del seguente tenore:

"La società dei Lombardi aveva qui la sua casa da 300 anni circa, quando l'abbate di Santo Stefano e di S. Bartolomeo di Musiano, D. Giacomo Battagli, desiderò di fabbricare un ospedale dedicato a S. Bono (non Bovo) e chiese agli uomini della detta società questa casa e luogo per costruirlo in volto: alla quale inchiesta condiscesero i Lombardi. Perciò sotto la data del primo giugno 1445, Monte di Zarlottino Mandici massaro, ed altri della predetta compagnia stipularono la cessione di detto stabile all'abbate, per demolirlo e per costruirvi il detto ospedale, mentre l' abbate si obbligò di costruire sopra le volte dell' ospedale una sala alta piedi 10, lunga piedi 20 e larga quasi altrettanto, con finestra ecc., e di far costruire una scala di pietra, per montare alla sala predetta, fuori della chiesa di Santo Stefano in luogo comodo e coperto, per le quali cose la società promise pagare all'abbate L. 50 di Bolognini."

La scala suddetta è dentro la porta della casa N. 853 della via Santa, o di Gerusalemme.

L' ospedale di S.Bono, detto dal volgo S.Bovo, fu ridotto a chiesa dedicata alla B. Vergine di Loreto. Quest' ospedale esisteva molto prima, e sicuramente nel 1416. (Vedi il N. 94, casa dei Bolognini).

Nel 1552 il titolo de' SS. Giacomo e Filippo fu traslocato nella chiesa della Madonna di Loreto presso Santo Stefano. Rogito Lorenzo Cattaneo.

Dicesi che i Lombardi compilassero i loro statuti nel 1291 mentre erano sapienti Fabiano Casali, Salimbene Lodi, Nicola Ammoriti, Nicola di Filippo Beninvenga da Casola, Pizzacarino Marescalco, Lanzelotto di Guidone Taruffi e Ottone Buonapace. Era governata da un massaro, da quattro ministrali, da un sindaco, da un depositario, ai quali era aggiunto un notaro, oltre sei sapienti, o consiglieri del buon governo. La seconda era perimenti compagnia militare, ma di essa non si ba notizia precisa della sua origine.

Nel 1233 si diede un Codice statutario, nel qual anno possedeva beni, come risulta da un rogito di Simone Boccalli.

Li 11 ottobre 1444 l'abbate di Santo Stefano concesse una stanza sopra il pulpito nell'ingresso della chiesa ov'è l'altare di S. Gio. Battista, agli uomini della compagnia dei Toschi per la loro residenza, mediante lo sborso di L. 50 di bolognini. Rogito Filippo Formaglini. Nel 1602, nel chiostro vicino alla torre a destra dell'uscita e accanto alla porta che metteva nel cortile del foro, alla profondità di sette piedi si trovò una lapide che portava la data del 1216, e indicava tre sepolcri per la detta società.

Rovinò il luogo ove teneva le sue adunanze, a cui fu supplito dai De Bianchi che gli donarono una stanza che fu ornata a speso di Floriano Dolfì. Aveva a protettore S. Gio. Battista, e per insegna il giglio d'oro in campo d'argento, stemma della repubblica fiorentina. Eleggeva un massaro, quattro ministrali, un sindaco ed un notaio. Sussistevano queste due compagnie anche nel 1796, ma composte di famiglie che quasi nessuna aveva origine lombarda e toscana, ma scelte però fra antiche nobili e civili famiglie bolognesi. Furono sciolte dopo la suddetta data, poi riattivato in seguito del ristabilimento del governo pontifìcio. Il monastero fu soppresso li 27 marzo 1797, e li 25 aprile susseguente furon destinati a custodi di questo Santuario i Padri Minori Francescani dell'Osservanza. Li 4 luglio dell' anno stesso, in un appartamento di questo monastero, si tenne la prima seduta della Commissione economica dei beni di corporazioni, succeduta alla Giunta dei regolari.

L'abbazia fu soppressa li 12 giugno 1798, i cui beni erano stati affittati in perpetuo al Senato nel 1703 per annui scudi 3100.

Il monastero, meno alcune parti a comodo della chiesa e del cappellano custode, fu venduto li 10 maggio 1799 a Giuseppe Borgognoni, come da rogito di Luigi Aldini. L'orto ed alcuni cameroni furon comprati, a rogito Felicori, dal principe Astorre Ercolani nel 1814, che li unì al palazzo in Strada Stefano, passato in seguito al marchese Davia.

Si passa la via Santa, o Gerusalemme.

N.93(20). Casa della famiglia senatoria Bianchini, alla quale apparteneva ancor l'altra in confine della via Santa, o Gerusalemme, marcata col N.862, che poi appartenne all' avv. Petronio e Ignazio fratelli Roatti, come da rogito del dottor Clemente Scarselli delli 6 dicembre 1802. Si trova che li 13 agosto 1374 Francesco Ubaldini vendette a Zono del fu Gio. Bianchini locandiere, il primo dei Bianchini venuti da Scarparia a stabilirsi in Bologna, due case per L. 120.

I Bianchini sono stati quasi sempre divisi in due rami, ed ambedue hanno sempre abitato in Santo Stefano. Il solo ramo di Pieremilio, Lelio e Scipione abitò nella via dei Castagnoli nel 1613.

Sul finire del portico, dov'è dipinto un Sant'Antonio abbate, corrispondeva la chiesa dei SS. Giacomo e Filippo dei Bianchini, che fu poi profanata, e il titolo traslocato nella chiesina detta di Loreto, o S. Bovo, li 29 novembre 1552. Rogito Lorenzo Cattaneo.

Dicesi che in questa chiesuccia fosse istituita nel 1520 una confraternita, che nel 1546 si traslocò a Santa Maria dei Galluzzi. La chiesa e l' ospedale di S. Giacomo Filippo e Bovo furono uniti al Seminario li 13 marzo 1595 per decreto del vescovo Alfonso Paleotti. L'ultimo dei Bianchini fu il senatore Carlo Cesare di Antonio Giuseppe, morto li 19 febbraio 1708, del quale furono eredi le nipoti ex fratre contessa Olimpia nel conte Pietro di Riniero Aldrovandi, morta li 12 aprile 1807, e la contessa Anna nel marchese Giuseppe Borelli Poggiolini d'Imola, poi in Giuseppe Montanari pure imolese, la contessa Laura nel conte Giuseppe Ippolito del senatore Antonio Grati, poi nel conte Muzio Grati Volta del conte Antonio, e la contessa Caterina nel marchese Paolo del senatore Muzio Spada, tutte sorelle, figlie del fu conte Prospero del senator Giuseppe Bianchini.

Questo N. 93 apparteneva ultimamente alla famiglia Biancani.

N.94(18). Casa, o palazzo dei Bolognini, che restaurarono la facciata nel 1757 sulla quale si hanno le seguenti notizie: 1416, 20 novembre. Locazione enfiteutica a Girolamo del fu Andrea del fu Bartolomeo Bolognini, fatta dal Rettore dell'ospedale di S.Bovo, di due case, per L. 20. Rogito Cola Marzapesci, Filippo Formaglini e Andrea Bargellini.

Li 31 dicembre 1418 fu fatta permuta di dette case con altre due del Bolognini.

1436, 30 giugno. Concessione del Governatore di Bologna a Girolamo e Francesco, fratelli Bolognini, del fu Andrea di Bartolomeo, di occupare piedi 6 di suolo pubblico per rifabbricare una casetta eguale a due altre case grandi sotto Santo Stefano, a retta linea sino al confine dell'ospedale di S. Bovo. Rogito Benedetto Morandi.

Nel 1430 l'ospedale di S. Bovo trovavasi in questa situazione.

1451, 28 aprile. Francesco Bolognini attenne dai XVI Riformatori l'esenzione dei dazi dei materiali per la fabbrica della sua casa da lui cominciata nella piazza di Santo Stefano.

1455, 17 febbraio. Il Cardinale Bessarione, Legato, approvò la fabbrica del palazzo e la costruzione del portico fatta da Giovanni del fu Francesco Bolognini nella piazza di Santo Stefano, nonostante che avesse occupato terreno, ed approvò l' ulteriore fabbrica da farsi. Rogito Pironi. Con questa fabbrica unì due case in una sola nella quale abitarono Giovanni ed i suoi successori.

1490, 12 agosto. Giovanni del fu Francesco Bolognini nel suo testamento, rogato dal notaio Francesco Formaglini, lasciò questa casa, da lui abitata, a Lodovico e Giulio suoi figli. Confinava colla piazza di Santo Stefano, con Giacomo e fratelli Bianchini, con Gio. Francesco Isolani di dietro, con Filippo e Matteo Bolognini, con una corte detta La-Magna e con altri. (Questa casa confinando con Filippo e Matteo Bolognini, e non parlandosi dei Lupari, convien credere che quella di Filippo e Matteo predetti fosse la stessa che confinava coi Lupari). Più due casette ad uso di stalla sotto la parrocchia di Santo Stefano, che confinavano coi Bianchini, con una casa distrutta e colla suddetta. Rogito Pietro Aldrovandi e Taddeo Bolognini.

1608, 27 agosto. Fu ordinato che il vicolo fra le case dei Lupari e dei Bolognini fosse chiuso con portone nell' ingresso dalla parte della piazzola di Santo Stefano.

I Bolognini, con rogito Canali delli 13 marzo 1802, vendettero il suddetto stabile al dott. causidico Paolini.

Fra questa casa e il palazzo Isolani evvi un portone che chiude un vicolo morto detto La-Magna, comune ai Bolognini, Isolani e Tortorelli, che credesi comunicasse anticamente con Strada Maggiore.

N.95(14/2,16). Palazzo Isolani, e già Lupari.

II volgo crede che qui abbia abitato Azzone di Soldano Porti glossatore, ma senza alcun fondamento. Pare piuttosto che vi abitassero gli antichi Arrighi, o Enrici, dei quali una Chiara fu moglie di Bartolomeo Manzoli nel 1400.

Il certo si è che nel secolo XV apparteneva ai Fiessi. Francesco e Giovanni Fiessi, sotto la data delli 24 settembre 1500, permutarono questa casa con Bartolomeo Lupari, dicendosi nel contratto essere questa una casa con fontana di marmo nell'orto e con cappella per dirvi messa, trovarsi in parrocchia di Santo Stefano, presso la piazzola dalla parte davanti, presso la via detta del Sorgo a sera (Allemagna), presso un'altra strada delta La-Magna, ora chiusa, e i Bolognini; più una casetta sotto la stessa cappella nella via del Vivaro, presso la via pubblica, i Casali, i Bolognini e i Bolognetti.

Il Lupari diede in contracambio ai Fiessi una casa divisa in due, sotto la cappella di Santa Tecla. presso la via pubblica da due lati, presso i Guidalotti e S. Giovanni in Monte; più a saldo pagò L. 2000. Rogito Giovanni Savi. (Vedi N. 87 di Strada Santo Stefano).

Questo ramo Lupari della piazza di Santo Stefano terminò in Francesca, o Maria Francesca del senatore Marcantonio iuniore, moglie del conte lacopo d' Alamanno Isolani. Le case dei Lupari in Strada Stefano furono unite a quelle degli Isolani in Strada Maggiore nell'occasione del magnifico ingresso in qualità di Confaloniere del senatore Alamanno del conte Giacomo nel quinto bimestre del 1701, il quale poi fece la facciata sulla piazza di Santo Stefano nel 1708. (Sull' origine dei Lupari veggasi via del Luzzo N. 976).

Nel 1389 queste case erano di Pietro Bianchi e di Bagarotto Bianchi suo parente, le quali soffersero vari danni per la caduta della torre Rodaldi, seguita li 22 gennaio dell anno suddetto.

Si passa la via Allemagna

Dal capo della piazza di Santo Stefano lungo il Palazzo Sampieri fino in Porta si diceva via dei Bianchi.

N.96(14). Casa dei De Bianchi, famiglia senatoria, che l'abitarono antichissimamente, anzi fu la prima loro abitazione, dicendosi che Filippo di Bianco Bianchi l'abitasse nel 1287.

Questo stabile nel 1309 era dei figli di Fra Bagarotto Bianchi, e fu rovinato por la caduta della torre dei Rodaldi.

1411, 15 aprile. Nicolò del fu Bianco Bianchi, erede di Pietro, Bianchi suo fratello, fece donazione al figlio naturale del fu Pietro Bianchi della metà di tutti i beni di detto Pietro, compresa una casa in Bologna sotto Santo Stefano, nella via dei Surici (Allemagna), e L. 140. Rogito Guglielmo dalla Stuppa e Nicolò dalla Foglia.

1414, 26 maggio. Divisione fra Nicolò del fu Bianco Bianchi e Antoniolo del fu Pietro di detto Bianco Bianchi, nella quale venne assegnato a detto Antoniolo una casa grande in Bologna sotto Santo Stefano, che già erano due, poi unite assieme, dove abitò detto Pietro. Confinava la via pubblica davanti, altra via a settentrione (Trabisonda), gli eredi di Zordino Bianchi, e quelli di Bartolomeo Lombardi. Rogito Andrea Bistino.

Li 19 aprile 1511 si concesse a Gio. Battista De Bianchi, che aveva casa in cappella Santo Stefano, e che confinava a settentrione colla via detta Zola per la quale si andava a Strada Maggiore, suolo nell'angolo di quella per fare un bel prospetto essendo deforme.

Il senatore conte Annibale di Alessandro Bianchi, morto li 19 novembre 1763 in età d'anni 61, abbandonò quest'antica dimora per passare nel casamento Seccadenari in Strada Stefano N. 107. Carlo Berti l' acquistò dal senator Giuseppe De Bianchi nel 1772 per L. 9500, e la ridusse con molta spesa nello stato attuale nel 1774. Ora è del suo erede Carlo Berti Pichat, figlio di Anna del predetto Carlo illustre nostro concittadino(1).

Nota(1).

Carlo Berti Pichat nato sul finire del 1800 non è soltanto una gloria di Bologna sua patria, ma pel suo ingegno e sapere, e per le sue opere è una illustrazione d'Italia e del nostro secolo. Il suo carattere e le une virtù civili e politiche hanno riscontro solamente nell'epoche dei Fabrizi e dei Cincinnati. Educato nel Collegio di S. Luigi di Bologna, vi lasciò ricordo di nobili esempi di sua giovinezza, e negli archivi di quel Collegio, ci si dice, si conservino ancora pregiati di lui componimenti musicali, essendo cultore amantissimo di questa bell'arte, e distinguendosi specialmente nel violino. All' Università si applicò agli studi fisico-matematici con singolare perseveranza e ne sortì profondo maestro.

Raccolta la ricca eredita dello zio materno, sig. Andrea Berti, ne assunse il nome, e si diede alla pratica e allo studio dell'agricoltura con un amore intensissimo, subordinandolo al consiglio illuminato della scienza. Condusse a sposa la signora contessa Vittoria Massari di Ferrara, nome caro a Bologna che in tutte le opere di carità e patrio interessamento mai sempre prese parte. N' ebbe figli emuli del carattere e delle virtù de' genitori.

Gli avvenimenti del 1831 richiesero Berti Pichat di sostituire alla cura de' campi il servizio della patria, ed eletto al comando di Guardie nazionali, con zelo ed amore indefesso seppe utilmente condurle e dirigerle, e nel 1832 n'ebbe il comando per una sedizione contro le truppe Pontificie. Fallita però la riescita di quel generoso e primitivo inizio di nazionale indipendenza, alla vita prediletta de' campestri negozi fece ritorno, con gran letizia de' suoi lavoratori agricoli che lo amarono e lo amano come padre benefico.

Uomo di prandi idee e di vigorosa iniziativa, pensò scuotere l'universale inazione della patria creando una vasta associazione agricola che comprendeva proprietari e coltivatori di città e di campagna, sotto il modesto titolo di Conferenza Agraria, per cui nella sua casa adunava ogni venerdì i soci per trattarvi oggetti economici agrari, e non vi fu straniero che visitasse quel consesso senza esser rimasto compreso di ammirazione, mentre trattando gl'interessi privati dava pur anco forte impulso alla cosa pubblica. In queste, in apparenza, umili ma fruttuose riunioni, fece le sue prime prove il Minghetti che per la sua capacità fu insignito della presidenza, ed il Berti Pichat del segretariato perpetuo, e nel suo giornaletto di agraria, economia e industria, intitolato il Felsineo, pubblicava i verbali delle sedute, insieme a' suoi articoli agrari popolari sempre brillanti, e di spiritosa crìtica eziandio sul governo della pubblica cosa.

Grandi proprietari, eletti ingegni, e modesti fattori e coltivatori facevan parte di questa Conferenza che estendeva le sue corrispondenze in tutta la provincia, e di qui escirono le prime rappresentanze o petizioni al governo sui bisogni dello Stato.

Giunta col 1846 i'epoca delle riforme, la patria trovò negli uomini della Conferenza Agraria un utile centro di attività. Si costituì inoltre un altra Conferenza per trattare morale e politica, alla quale non solo il Berti Pichat accordò residenza nella propria abitazione, ma le cedè ancora il suo giornale il Felsineo, e perché avendo concepito più vaste aspirazioni, stimò opportuno fondare altro giornale politico che intitolò l'Italiano, propugnando esso colla vigorosa e potente sua penna il riscatto e la nazionale indipendenza.

Le rivoluzioni di Milano e di Venezia furono il compimento de' suoi voti, poi andò a Roma per dare impulso al governo, e proclamata la guerra nazionale, annunzio a' suoi associati dell'Italiano non essere più tempo di parole, ma di fatti, e per questo lui primo impugnava la spada e sospendeva il giornale.

Partì pel Veneto con un battaglione bolognese, e prese parte ai fatti militari dell'assedio, finchè civici e volontari fecero ritorno nel dicembre.

La Provincia di Bologna avea bisogno di forte e illuminata mente per governarla, travagliata com'era da mala amministrazione e da attentati contro la pubblica sicurezza, venne perciò dal Governo di Roma nominato il Berti Pichat Preside della Provincia di Bologna, e Comandante militare delle quattro Legazioni.

In un istante cangiò d'aspetto l'andamento amministrativo della Provincia, e siccome continuavano i furti e le aggressioni, così pubblicò un proclama che si rese celebre, incominciando colle parole È ora di finirla ! Alle parole fecero seguito i fatti, perocché i suoi ordini e le da lui emanate provvidenze restituirono ben presto l'ordine e la sicurezza ai cittadini e alle provincie.

Avvenivano poco stante le elezioni per la Costituente e Berti Pichat veniva eletto membro dell' Assemblea con 49 mila voti. La corte di Gaeta intanto congiurando, spediva Commissario Mons. Bedini per sollevare le truppe Svizzere, e condurle seco presso la Curia Pontificia, suscitando la guerra civile. L'energia di Berti Pichat però sventò il progetto, addimostrando al Generale Svizzero il fermo proposito di opporsi alla loro partenza confidando nell'aiuto del popolo, che riponeva ogni fiducia in lui e mostravasi pronto a seguirlo. Il Generale Svizzero, veduta la fermezza del capo del Governo, di cuii conosceva non meno l' intelligenza che il coraggio. venne a trattative, rinunziò ai progetti del Bedini che dovette sollecitamente fuggire, ed accettò che i Corpi Svizzeri fosserj disciolti. Frattanto l'Haynau minaccioso mostravasi a Ferrara, e pretendeva giungere a Bologna, ma il Berti Pichat nominò tosto una Giunta di Governo, assimilando egli il comando delle truppe. Le disposizioni date, la temuta risolutezza del Preside di Bologna, consigliarono I'Haynau a differire i suoi progetti e abbandonò Ferrara.

Eravi crisi monetaria proronda, e pel licenziamento degli Svizzeri ne occorreva molta per mantenere i patti della loro capitolazione. In breve tempo senza che la piazza ne sentisse aggravio, radunò il Preside l'occorrente numerario, e lo scioglimento pacificamente fu eseguito. Non mancarono però perturbazioni specialmente pel battaglione giunto da Forlì, e per le mene dei cospiratori pontifici, noudimeno ogni ostacolo fu superato.

La fama delle opere di Berti Pichat produceva entusiasmo in tutte le Provincie, onde no fu penetrata l'Assemblea Costituente che nella seduta del 22 febbraio 1849 lo proclamò unanime benemerito della patria, distinzione ben più onorevole di ogni altra decorazione.

La voce pubblica e la stampa insistendo nell'ammirazione del Preside di Bologna, lo designò come Ministro, infatti il Triumvirato a tal posto lo nominò, ed egli rinunciando al governo della città, parti per Roma, ma tosto ch'ei s'avvide la responsabilità della cosa pubblica appartenere al Triumvirato, di cui i Ministri non venivano ad essere che commessi, immediatamente rinunciò, volendo egli solo, e non altri, responsabile degli atti suoi in faccia alla nazione.

Ritornato a Bologna, ben presto ebbe a rendere nuovi servigi, per essere lo Stato minacciato da invasione straniera, per cui partì alla testa del battaglione bolognese che egli fece coprire di gloria nella difesa memorabile dell'eterna citta. Le storie e le incisioni ricordano ancora il fatto del 13 giugno sui monti Parioli. Tanto coraggio fu premiato per la giornata favorevole che i nostri si ebbero, riconquistando posizioni ch'eran state abbandonate. Roma era costernata per la novella sparsa sulla morte di Berti Pichat, che alcuni dicevano sol gravemente ferito, e in tutti gli ospedali fu preparata una camera per ricevere il benemerito cittadino e valoroso soldato, quando con istupore generale fu fatto segno alla pubblica ammirazione, passando per Roma in una vettura, entro la quale si recava agli ospedali a visitare i feriti del suo battaglione che amava come figli.

E a Velletri, e nei fatti successivi non ismentì mai il suo carattere, il suo valore, e fu esterefatto il giorno in cui l' Assemblea dichiarò cessare dalla difesa — la patria esser perduta — .

Gli fu giocoforza prendere la via dell'esilio, e passare in Francia per ridursi in Isvizzera. L'uomo nato per la patria e per la famiglia che tanto amava, eccolo condannato all'isolamento. Ma se grande ne fa il dolore, non meno gli venne la costanza del carattere onde sopportarlo fino all'ultimo giorno della liberazione, con eroica rassegnazione. Ma fece di più, passato in Piemonte, volle nel suo esilio, novello Crescenzio, accrescere alla patria in catene lo splendore, e nel 1850 incominciò la pubblicazione della sua grand'opera intitolata: Istituzioni Scientifiche e Tecniche, o Corso teorico-pratico di agricoltura. Egli era già conosciuto nel mondo letterario, essendo membro dell'Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bologna. e di molte altre Accademie. I di lui scritti erano stati coronati dai più felici successi, onde gran rumore levò in Italia e fuori I'annunzio della sua colossale pubblicazione. Giornali italiani e stranieri, corpi scientifici fecer plauso alla più grande opera originale di questo secolo, meraviglia di sapere e di erudizione, per concetti e per pratica ed esperienza sorprendente, talché in alcune Università fu accolla per testo. Visse il suo esilio in campagna, fra gli studi e l'indefessa attività pel suo lavoro, e il pratico esercizio della coltura de' campi.

Finalmente il 1859 benaugurato ridonava Berti Pichat alla sua terra natale, alla sua famiglia. Fatta accorta la città del suo arrivo, a migliaia accorsero i cittadini col concerto musicale a farli onoranza, con immenso sforzo di applausi, ch'egli accoglieva dal Balcone con lacrime di tenerezza, riconoscente alla memòria che di lui serbavano, e alla imponente amorosa dimostrazione. Tosto fu eletto Consigliere di Stato, Consigliere Comunale e Provinciale, e Membro dell' Assemblea delle Romagne, nella quale fece parte della Commissione Legislativa e di altre Commissioni importanti.

Pubblicata la convocazione del Parlamento, fu eletto deputato del terzo Collegio di Bologna, e ripetutamente confermato, e quel posto occuperebbe ancora se egli non avesse offerto la sua spontanea dimissione nel 1868.

Fra i molti suoi incarichi ebbe pur quello di presiedere una Commissione di tre membri per recarsi nell'Italia Meridionale ad eccitare ed istruire quei paesi sulla coltivazione del cotone e del tabacco. Le accademie delle due Sicilie lo nominarono fra i suoi membri, e Benevento lo dichiaro suo cittadino.

In questo frattempo pubblicò scritti interessanti di pubblica economia e difinanza, oltre i Manuali per Ia coltivazione del tabacco, pel cotone, per Ia fognatura, per la cànapa, più la sesta edizione di quello dei bachi da seta.

Nel!'anno 1872 essendo stato sciolto il consiglio Municipale, e quindi eseguite nuove elezioni, venne eletto e nominato facente funzione di Sindaco.

Finalmente i rappresentanti del Consorzio delle Provincie dell'Emilia, radunati in Bologna, elessero il Berti Pichat a membro del gran Giurì Internazionale, come Giurato pel III gruppo all' Esposizione di Vienna, ove si recò e adempì, con quell'attvità, intelligenza e giustizia che lo distinguono, il suo mandato ad onore d' Italia.

Il Berti Pichat per vita sobria ed attiva, per costumi intemerati, per intelligenza e cuore, esempio rarissimo, è uno di quei cittadini a cui si può sempre ricorrere ed ottenere segnalati servigi. La sua lealtà, la sua probità, il suo carattere, le sue virtù, lo dimostrano lo specchio del vero italiano, del vero cittadino, benemerito dalla patria. Dio lo conservi lungamente all'amore della sua famiglia, all'affetto de' suoi concittadini, a Bologna, all'Italia; lo conservi nell'attual vigore ed energia di tutte le sue fìsiche forze, e delle chiare e splendide sue facoltà della mente e dello spirito. L' Editore.

http://www.storiaememoriadibologna.it/berti-pichat-carlo-484014-persona

Si passa il vicolo Trabisonda

NN.97,98(10,12). Case dei Rodaldi con torre, che gli storici pretendono fabbricata nel 975, nel qual caso sarebbe la prima torre conosciuta in Bologna.

Il lunedì 22 gennaio 1387 sull'ora di terza, dopo 414 anni di esistenza, precipitò a terra piegando sulle case dei figli di fra Bagarotto Bianchi in faccia all'orto dei Bolognini e cioè sulla casa ora Berti N. 96 di Strada Stefano. Danneggiò moltissimo gli stabili di Zordino Cospi posti all'altro lato della strada al N. 76, e quelli di Enrico Dal Ferro. Perirono solo tre persone.

Li 30 marzo 1389 Zordino del fu Lenzio Cospi, marito di Misina Ghisilieri, comprò da Petruccio di Stasio e da Ospizio del fu Franceschino Rodaldi, un piede di certa torre detta dei Rodaldi, che precipitò li 22 gennaio di detto anno, e con essa acquistò certi muri della torre stessa assieme al portico anteriore di detto piede, secondochè si estendeva ed arrivava il piede della medesima torre verso la strada. Il tutto era posto sotto la parrocchia di Santo Stefano, in confine della via pubblica di Santo Stefano, del compratore e di Enrico Dal Ferro, il tutto pagato L. 200. Rogito Bartolomeo Zaugli.

Si osservi che il contratto riguardò soltanto il semplice materiale, e per niente il suolo il quale fu poi comprato dalla famiglia Lombardi.

1435, 13 marzo. Gaspare Lombardi vendè a Gaspare e fratelli Lupari un casamento o terreno con muri vecchi, e una volta con torre, sotto Santo Stefano, presso i compratori, i Bianchi e strade pubbliche, per L. 125. Rogito Sigonio di Gaspare Ossi.

1436, 11 dicembre. I Difensori dell' avere diedero licenza a Gaspare Lupari di edificare nella strada Cento Vasinei (Trabisonda) il casamento vendutogli da Gaspare Lombardi, dilatandolo in larghezza, ed occupando tanto terreno in detta strada che potesse corrispondere ai capi della medesima. Rogito Andrea Castagnoli.

1449, 16 agosto. Nella divisione seguita fra Baldiserra e Marco di Venturino Lupari, Giovanni e Filippo di Gasparo del predetto Venturino, e lacopo e Marco, tutti dei Lupari, fu assegnato a lacopo il guasto dove si era cominciato a fabbricare dirimpetto alla casa antica di questa famiglia, comprese tutte le pietre che vi erano. Confinava due strade, la casa assegnata al Baldiserra (N. 98 di Strada Stefano), e le case assegnate a Marco (N. 976 della via del Luzzo, e N. 946 della via Trabisonda). Si osservi che il guasto continuava da Trabisonda ed arrivava alla via del Luzzo.

1571, 17 marzo. Marcantonio Lupari vendette a Gio. Agostino Mazini, o Masini, tutte le stanze, abitazioni ed edifìci che possedeva in Strada Stefano, presso le vie pubbliche da tre lati, presso i Lupari e gli Ercolani, per L. 8000. Rogito Marcantonio Gulfardi. In questa vendita vi fui compreso anche il N. 98, il quale li 9 settembre 1454 apparteneva a Filippo e fratelli del fu Girolamo Bolognino, e per essi venduto nel predetto giorno a Giacomo del fu Ghedino Ghedini e a Francesco suo figlio, e cioè una casa sotto Santo Stefano, in confine di Giovanni di Testa Gozzadini, di Baldassarre e Nicolò Lupari a mattina, e della via del Luzzo di sotto ossia a settentrione.

Nella succitata divisione del 1449 la casa con le botteghe, già venduta dai Lombardi ai Bolognini, e da questi alienata, come sopra, a Iacopo e Francesco de' Ghedini, poi passata ai Lupari, fu assegnata ai Valdiserra Lupari, valutandola L. 980. Confinava la via pubblica da due lati (via del Luzzo e Strada Santo Stefano), Giovanni Gozzadino e il guasto dove si era cominciato a fabbricare.

Nel 1715 il N. 97 era in parte dei Franchi, e in parte delle putte di Santa Croce, poi ultimamente tutto del dottor in leggi Giulio Antonio Franchi nipote ex patre d'altro Giulio Antonio d'Andrea, marito di Vittoria d'Ercole Fontana, cavaliere di Santo Stefano, il cui figlio Ercole Domenico sposò nel 1698 Olimpia Alessandra del conte Emilio Bianchi, romana.

Questa civile famiglia terminò in D. Alessandro, morto circa il 1800.

Il N. 98, li 10 ottobre 1622, era di Catterina del fu Giovanni Macchiavelli. vedova d'Agostino Masini, e confinava coi Pandolfi, come da rogito di Gio. Battista Rossi. Passò poi all'avv. Colonna, indi all'erede Sampieri, ed ultimamente al falegname Gio. Battista Zoboli. Nel confine di questo numero col precedente si vede la base della torre dei Rodaldi.

1537, 7 ottobre. Seguì la divisione fra Alessandro, Alfonso, Cornelio e Girolamo, fratelli Lupari, a rogito Francesco Boccadicane. Questo rogito dopo aver descritta la casa abitabile sotto Santo Stefano, in confine di vie da due lati, dei Bolognini, dei Cospi, e degli eredi di mastro Tommaso del Sapone (vedi Strada Stefano N. 75), aggiunge:

"un casamento murato, cuppato, tassellato, e in parte Balchionato, con tre stazioni, o botteghe sotto e in detto casamento incorporate comprese, con corte, pozzo, e certo guasto, ossia vacuo, o cortile nella parte posteriore di detto casamento, parimenti posto nella città di Bologna, in detta cappella di Santo Stefano, nella parte opposta della sopradetta casa (N. 75) mediante la via pubblica, in luogo detto la Cecca vecchia, nel quale vi è una torre, che come vien detto fu una volta costrutta dall' antica famiglia Rotoliorun (Rodaldi). Confina le vie pubbliche da tre lati (a mattina Trabisonda, a mezzodì Strada Santo Stefano, e a settentrione via del Luzzo), presso Matteo Lupari in parte, e in parte gli Ercolani dal lato di dietro, ecc. " (Vedi via del Luzzo N. 977 e 976).

1571, 17 marzo. Marcantonio Lupari vendette a Gio. Francesco Masini tutti i suoi edifizi posti in Strada Stefano, in confine di Strade pubbliche da tre lati, di Agostino Ercolani, dei Lupari e dei Bonasoni, per L. 8000. Rogito Marcantonio Lupari.

Si passa la via Dal Luzzo

N.99(8). 1454, 9 novembre. Comprò Francesco di Giacomo, alias Ghedino, da Giovanni del fu Testa Gozzadimi, e da Brandolino suo figlio, due case contigue con due botteghe e fondaco sotto, ed altra casetta ad uso di stalla sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, in confine della via del Luzzo, di Strada Santo Stefano, e di Gaspare Lombardi verso la torre Asinelli, o trivio di Porta Ravegnana, con patto che il muro divisorio fra la casa dei venditori e la casa sopradetta ad uso di stalla, fosse comune e si dovesse demolire il corridoio che passava sopra la strada dei Luzzi, il qual corridoio dalla casa comprata comunicava ad altra dello stesso venditore, per L. 2200. Rogito Signorino dall' Orso e Matteo Caprara.

Il cognome Ghedini l'ebbero da Ghedino che dicesi facesse il calzolaio. Terminò la famiglia Ghedini nel suddetto Giacomo di Ghedino, detto il ricchissimo, marito di Francesca Conforti, che testò li 18 gennaio 1501, a rogito Battista Buoi, ed istituì eredi per metà Battista del fu Giacomo de Segna, e per I' altra metà i fratelli Girolamo e Giacomo, figli di Ercolano Ercolani e di Anna sua sorella. Morì il Ghedini nel 1501.

1504, 24 maggio. Seguì la divisione dell' eredità di Francesco Ghedino, fatta da Battista Segni, e Girolamo e Giacomo Ercolani. In un inventario legale dell'eredità Ghedini, fatto dopo il 1603, si descrivono i seguenti stabili : "Casa dirimpetto ai Sampieri, in confine del cav. Barbieri successore Lombardi, e delle vie di Strada Stefano e del Luzzo. Altra casa presso la suddetta, che sarà il N. 973 nella via del Luzzo. Confinava la detta via, Domenico Ferravanti, e i successori Lombardi. Casa con forno nella via del Luzzo ( N. 978 ), in confine di Messer Antonio Rosa, del conte Enea Magnani e della seguente casa. Casa nella via del Luzzo (N. 977), in confine della casa del forno e del predetto Enea Magnani.

1547, 4 agosto. Li 26 febbraio 1537 la casa grande dei Ghedini in Strada Santo Stefano fu veduta dal conte Agostino del fu Giacomo Ercolani a Nestore e fratelli, figli di Roberto Lombardi, per L. 7500, al fine di togliere le contestazioni che per confini erano fra loro insorte ; ma, i Lombardi avendo mancato al pagamento, fu retrovenduta sotto la data suddetta agli Ercolani, come da rogito Giacomo Boccamazzi e Francesco Buoi.

Nel 1700 una sentenza dell'Uditore di Camera di Roma dichiarò che la casa sotto il Carrobbio in Strada Santo Stefano, presso la via del Luzzo, spettava al fidecommesso del fu Francesco Ghedini, poi Ercolani, qual erede Ghedini.

N.100(6). Casa dei Lombardi. Franceschino di Giovanni di Guglielmino di Uberto portò la sua famiglia da Lucca a Bologna nel 1332. Galeazzo di Gaspare, morto li 9 giugno 1615, fu l'ultimo dei Lombardi, che lasciò una sola figlia, Cornelia, moglie del cav. Girolamo Barbieri, morta il primo marzo 1626. Da questo matrimonio venne una sola femmina, Ginevra, in Carlo Filippo Malvezzi detto Lombardi, che ebbe Galeazzo Protesilao, padre di Prospero ultimo dei detti Malvezzi, la cui unica figlia, Maria Ginevra in Angelo di Silvio Marsili Rossi, rimasta vedova con tre maschi ed una femmina, passò in seconde nozze nel marchese Ludovico Albergati Vezza, dal quale ebbe pur figli. L'eredità Lombardi rimase ai Marsili, che perciò si dicono Lombardi. Questo stabile fece tutti i passaggi dell' eredità Lombardi. Nel 1781 fu alzato il portico e rifatta la facciata. L'arma Lombardi, che era in un capitello di confine, fu distrutta in occasione di detta fabbrica. Li 14 marzo 1375 fu data assoluzione a Giovanni di Borghesano Bolognino dell' affiitto di una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana speltante agli eredi di Bernardo Lombardi, della quale ne aveva preso possesso Giovanni Legnani. Rogito Testa Gozzadini. Ciò prova che i Lombardi, da che vennero a Bologna, si stabilirono in questa casa.

N.101(4). Casa con torre, ora ridotta ad altana, che sembra abbia appartenuto ai Bolognini, tramandandoci le cronache che Bologniuo, mercante da seta, nel 1337 fece far case con botteghe per lavorare la seta dirimpetto al Foro dei mercanti, dal Carrobbio, e in Strada Maggiore dirimpetto a S. Bartolomeo, nelle quali case egli stesso abitava, aggiungendo che queste furono le prime case fabbricate dai Bolognini. Alessandro del fu Vincenzo Bolognini vi abitava nel 1548. Nel 1621 continuava ad essere dei Bolognini, ed era fama che fossero passati 300 anni di possidenza. Il predetto Alessandro del fu Vincenzo Bolognini li 7 maggio 1548, dovendo L. 3000 a Taddeo Poeti, gliele francò assegnandogli parte della sua casa sotto il Carrobbio, e nel giorno stesso il Poeti la cedette a Nicolò di Gio. Giacomo Savi in prezzo d'altra casa venduta dal Savi al Poeti. La parte rimasta al Bolognini fu comprata da D. Tommaso Setti, la di cui sorella, maritata in Francesco Fini oste della Barchetta, ebbe una figlia per nome Margherita, moglie di un Senegoni in prime nozze, e in seconde di un Passarotti, la quale fu erede del suddetto D. Setti. Li 19 giugno 1778 metà di questa casa era delli eredi del fu Gio. Battista Mazzanti, e l' altra metà apparteneva all'avvocato e fratelli Passarotti, eredi di detta Margherita. La porzione stralciata dal Bolognini, e passata ai Savi li 9 gennaio 1589, era prima del Corpus Domini e di Alessandro Foscarari, il quale sotto la predetta data comprò la porzione delle suore della Santa, per L. 1500. Rogito Tommaso Passarotti. Dicesi che avesse due botteghe ed una stalla, e che fosse posta sotto il Carrobbio. Confinava a settentrione con Lorenzo Sampieri, poi Lorenzo Rinaldini, con Agostino Bolognini e con i Lombardi. Questo stabile non ha numero in Strada Stefano, ma in Strada Maggiore (N. 257). La succitata porzione comprata dal. detto Alessandro Foscarari dalle suore della Santa, era una quinta parte di questa casa, lasciata loro da Alessandro Bolognini.

N.102(3). Casa che sembra quella compresa nella vendita fatta dal Procuratore del Comune e popolo di Bologna, a diversi. Rogito Giacomo Mogli delli 23 dicembre 1434 (vedi via delle Moline), nel qual rogito si descrive una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, in confine della via pubblica, degli eredi di Gio. Cari e di Nicolò Mattugliani. In questa casa si esigeva il dazio della Mercanzia.

N.103(2). Casa dei Cari. Questa famiglia aveva un'arma composta di un cane seduto sopra sei monti con un pugnale tra le zanne e colla punta contro i detti sei monti. In tre capitelli delle colonne del portico vi era in uno un leone rampante con sopra tre gigli, e questo stemma era nel capitello di mezzo, negli altri due laterali vi si vedevano le iniziali "C. R." sormontate da una crocetta a braccia uguali.

Nel 1364 Nicolò Cari, o Casi, comprò da Giovanni, figlio naturale di Filippo Pepoli, e da Cortesia, erede di Clemenza Basacomari, l'ottava parte per indiviso con esso Cari di una casa con portico e banchi, posta sotto Santa Maria di Porta Ravegnana in Strada Stefano, dirimpetto al Carrobbio, per L. 16O. Rogito Bartolomeo Codagnella.

1308, 20 febbraio. Nicolò Cari comprò da Giovanna Uccelletti una casa sotto S. Bartotomeo di Porta Ravegnana, per L. 700. Rogito Bartolomeo Codagnella.

Questa casa confinava colla suddetta, e con Strada Maggiore.

1449, 8 agosto. Testamento di Nicolò Cari, o Casi, juniore, col quale lasciò erede Giovanni dalla Ratta. Rogito Cristoforo Bellabusca.

1452, 9 novembre. Benedetto e Bartolomeo, figli di Giovanni di Benedetto dalla Ratta, e Camilla Bombaci, loro madre e tutrice di Antonio e Alessandro figli dei suddetti, locarono ad Antonio di Giovanni Sampieri, con patto di francare, una casa con tre bolleghe, posta sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, in confine degli eredi di Alessandro Manzoli, di Giovanni Felici, di Piglio da Toranello, e dei beui dei Collegiali di Spagna. Più, una casa ad uso di stalla, sotto la stessa parrocchia, in confine della via pubblica, dei beni di detta chiesa, e di quelli dei Padri di S. Domenico, (la stalla era nella parte opposta della strada); il tutto per L. 2300. Rogito Filippo Formaglini e Signorino Orsi.

Li 25 maggio 1454 questa casa fu comprata definitivamente dal Sampieri. Rogito Carlo Bruni e Cesare Panzaechia.

Li 17 settembre 1479 vendette questo stabile, col patto di francare, a Bartolomeo di Alessandro Manzoli, per L. 2200, e nella locazione al venditore fu fissata l'annua somma di L. 100. Il Manzoli cedette il suo contratto ad Antonio di Melchiorre Pandolfi da Casio per la stessa somma ed affitto, quando li 20 maggio 1518 Lorenzo di Filippo Sampieri fece la francazione, come risulta da un rogito di Battista Buoi.

1540, 2 ottobre. Nell'inventario legale dell'eredità di Lorenzo di Filippo Sampieri vien ricordala questa casa posta sotto Santa Maria del Carrobbio in Strada Stefano, in confine dei Bolognini, di delta strada, di quella di Strada Maggiore di dietro, e dei beni del Collegio di Spagna. Più una stalla sotto la stessa parrocchia, in confine dei beni della chiesa del Carrobbio, dell'Avesa ecc. Rogito Francesco Pasolini e Alessandro Bertalotti. Resta l'avvertire che la famiglia Sampieri, che ha qui abitato, è quella del ramo della del Ghetto, che poi passò in Strada Stefano sotto la parrocchia di San Biagio.

1542, 20 dicembre. Vincenzo di Giacomo Minarini, o Menarini Modena, nativo di Argenta, comprò da Vincenzo di Domenico Sampieri il residuo di una casa posta parte sotto Santa Maria del Carrobbio, e parte sollo S. Bartolomeo di Porla Ravegnana, in confine delle vie di Strada Stefano e di Strada Maggiore, degli credi di Lorenzo Sampieri, dei beni del Collegio di Spagna e di Virgilio Dosi, per Lire 800. Rogito Giacomo Corti.

Questa casa, secondo un rogito di Lorenzo Righi delli 30 aprile 1637, appartenne al fu Cammilo Rinaldini, ed è detto esser posta in Strada Stefano, dirimpetto alla Mercanzia, e valutata L. 10000. Appartenne in seguito ai Codebò, I' ultimo dei quali fu l'abbate Luigi, morto nel 1748, il cui fidocommesso passò al canonico Menarini Modena d'Argenta, discendente da un Codebò. Fu poscia di Pietro Rizzi, e in seguito del causidico dottor Volpi. Nel 1784 passò per vitalizio a certo Reggiani, segretario del Vice. Legato, il quale levò l' ornato di macigno alla porta, che era di buona architettura, e ne rimodernò la facciala. Ultimamente era del mercante Reggiani. Qualcuno ha preteso che in questa casa vi fossero anticamente le notarie fel foro dei mercanti, ma si è provato che dal 1364 in avanti ha sempre appartenuto a privati.

N.104(1). Li 14 marzo 1352 Antonio Binamonti assegnò a frate Alberto Corvolini, come cessionario degli eredi di Costanza, già moglie di detto Binamonti, una parte di casa con altri edifizi posti in Porta Ravegnana, dirimpetto alla torre AsineIli, e ciò in sostituzione di dote di detta Costanza. Più questo frate Alberto comprò altra parte di detta casa da Antonio Uccelli per L. 22,10. Rogito Alberto Novano, o Norano. Confinava la strada da due lati, Adalla Galluzzi, gli eredi e successori di Cristoforo Pepoli.

1467, 10 ottobre. Bartolomeo Rossi comprò da Antonio Bonafede una casa in cappella S. Bartolomeo di Porta Ravegnana, per L. 250. Confinava la strada da due lati e Nicolò Sampieri. Rogito Giovanni Desideri. La bottega ad uso di farmacia con suoi annessi e porlico, ed altra piccola bottega sollo la parrocchia di S. Bartolomeo di Porta Ravegnana, nell' angolo fra Strada Maggiore e la strada che va a Santo Stefano, in faccia la torre AsineIli, era del conte Melchiorre Manzoli, che li 14 giugno 1518 la vendette, con rogito di Battista Buoi, a Vespasiano Pocapena, per ducali 1000 d'oro larghi. Confinava con altre botteghe dei Felicini e degli Aimerici. Gli eredi dei Pocapena furono Astorre e Camillo dalla Volla e il conte Gaspare Bianchi, e nella transazione seguita fra loro li 4 agosto 1552, a rogito Cesare Gerardi, questa farmacia coi capitali fu assegnala ai Volta. La casa e la farmacia appartenne in seguito ai GandolfI, e nel 1659 era di Pier Giacomo e di Gio. Pietro Civetti. Rogito Francesco Maria Chierici. Nel 1715 passò ai Pezzi di Milano, poi ai Barbari, indi a Domenico Venturoli per eredità della moglie nata Barbari.

Strada Santo Stefano a sinistra cominciando dalla porta della città fino al Trivio di Porta Ravegnana.

N.134(121,123). Chiesa abbaziale e parrocchiale di S, Giuliano. Pretendesi che qui nel 1295 vi fosse un ospedale per infermi, poveri e ragazzi.

Si ha memoria sotto la data delli 20 giugno 1199, a rogito di Guido di Rosso, esistente nell' archivio del Capitolo di S. Pietro, che Alberto, monaco del monastero di Oppleta, era amministratore della cappella di S.Giuliano, posta in Strada Santo Stefano, presso la città di Bologna. Un rogito di Bernardo di Bencivenne Boninsegna, delli 13 marzo 1224, dice che S.Giuliano era nel Borgo di Strada Stefano, e che possedeva una vigna di cinque tornature posta vicino alla detta chiesa. Questa chiesa confinava da un lato con un vicolo, dall'altro con certo Primerano, e davanti colla strada.

Si trova che nel 1317 i monaci di Oppleta, in causa dei nemici che gli avevano devastato il loro monastero, si rifugiarono in S. Giuliano, ed ottennero L. 50 dal Comune per fare le fabbriche occorrenti alla nuova loro dimora. Rogito Giacopino Zambonini. Questi monaci detti di Vallombrosa, e che stavano prima nella villa di Sparvo, terra del bolognese, abitarono quest'ospedale sino al 1454, nel qual intervallo la chiesa fu fatta parrocchiale con giurisdizione anche fuori di città sino al Ponte Buso che distava circa tre miglia da Bologna, come risulta da un rogito di Paolo Cospi del 1390. Un altro rogito di Gaspare Manzolini in data 16 febbraio 1454 dice che l'ultimo parroco Vallombrosano fu D. Gregorio de' Popio. Seguita la rinunzia dell' Abbadia, e dei monasteri di Santa Maria d' Opleta, di S. Giuliano, e del priorato di Sant'Alberto di Piano, fatta dai Vallombrosani, Nicolò V ne formò una commenda che venne assegnata a Lodovico Beccadelli, come risulta da un rogito di Bartolomeo Beccadelli delli 20 marzo 1455. Successe ai Beccadelli, Baldassarre Castelli, poscia Antonio Galeazzo Bentivogli arcidiacono di S. Pietro, come da Bolla di Innocenzo VIII delli 9 aprile 1485.

Durante il governo del Commendatario Gio. Andrea Sampieri fu edificata, a comodo dei parrocchiani della campagna, una chiesa succursale detta la Nuova, nella quale fu celebrato il primo sacrifizio li 8 settembre 1585, come risulta dagli atti della visita di Antonio Bacchino sotto la data delli 27 luglio di detto anno. Gli Abbati Commendatari non risiedevano nella canonica di S. Giuliano, ma vi stavano i loro vicari, e cosi si continuò fino al 1623, dopo la qual epoca cominciarono a risiedere personalmente nella casa canonicale fabbricata da Rodolfo Paleotti sopra il portico davanti alla chiesa costrutto nel 1450, poi rifabbricato a spese del protonotario Antonio Galeazzo Bentivoglio colla sontuosità che oggi lo veggiamo. Questa chiesa, vecchia e indecente, si cominciò ad atterrare li 4 marzo 1778 primo giorno di quaresima, e rifatta dai fondamenti a spese del dotto e virtuoso sacerdote D. Deodalo Gnudi dottore di sacra Teologia e abbate di S. Giuliano, il quale, dopo qualche anno, eresse ancora il nuovo campanile. La chiesa fu aperta la domenica 5 agosto 1781. Secondo un rogito delli 17 marzo 1313 vi era sotto questa parrocchia una via detta Borgo del Castello.

N.131,132(119). Conservatorio di Zitelle dette del Baracano, chec erano governale dalla compagnia di Santa Maria del Baracano.

Le abbondanti elemosine che si facevano dai devoti al nuovo santuario della B.Vergine del Baracano, eccedendo il bisogno per il suo mantenimento, fu deliberalo dai Battuti di impiegare il superfiuo:a costruire un ospedale in Strada Santo Stefano per i pellegrini, che, di passaggio per andare ai luoghi santi di Roma, accorrevano a visitare quello di Nostra Donna del Baracano. A tale intendimento ricorsero ai confratelli degli ospedali di Santa Maria dei Servi e di S. Francesco, per essere istrutti delle pratiche e dell' amministrazione da loro esperimenlate per buone da molti anni per simili istituzioni. Pare che quest'ospedale fosse eretto nel 1439, e poi amplialo nel 1491. L'anno 1527 fu fatale all'Italia, e specialmente a Bologna dove il frumento si pagò fino a L. 20 la corba, e vi morirono in causa della carestia circa 13000 abitanti. Per tanta mortalità molti fanciulli e fanciulle rimasero senza parenti e senza educazione, ma accorse provvida la pietà bolognese, ricoverando nel 1528 molle orfanelle in S. Gregorio fuori, e nell' ospedale del Baracano. La completa organizzazione di quest' istituto ebbe luogo nel 1531, a cui nel 1571 fu concesso un oratorio dedicato a Santa Liberata, da alcuni delta Santa Reparata, e che poi si disse Santa Maria e Liberata, marcato col N. 130, il quale aveva due porte, una sotto il portico e l' altra sotto il voltone. Il portico di archi N. 21 può essere stato cominciato nel 1491, ma non certamente nella forma d'oggidì. Una cronaca di quei tempi dice che vi si pose mano li 3 marzo 1550, e che per compierlo nel 1583 fu levato un maneggio di cavalli che vi si trovava, nel qual anno, li 20 febbraio, il Senato assegnò un sussidio di scudi 100 a questo Conservatorio per liberarlo dalle molestie inferite alla loro chiesa sotto il portico nella via militare di Santo Stefano.

Nel 1749 la fabbrica del Conservatorio fu rialzata e novellamente ricoperta. All' arco quindicesimo cominciando verso la porta della città, e continuando verso il Voltone, vi era il cosi detlt voltoncino, mediante il quale si andava al piazzale, o prato del Baracano, e che fu poi chiuso. Una memoria delli 20 aprile 1531 dice che il collegio delle ragazze di Santa Maria della Castità stavano nel .vecchio vicolo del Baracano, e che sembra essere appunto il chiuso dal voltoncino suddetto. Vestivano le ragazze un abito bleu, o cioè del color stesso delle cappe della compagnia del Baracano. Gli avvenimenti del 1796 produssero vari cambiamenti in questo orfanatrofio. Li 20 dicembre 1801 le zitelle di Santa Marla in numero di 17, con tutta la loro famiglia e conservando I' antico vestiario, furon concentrate in questo conservatorio, dove, rimaste per poco tempo, furono restituite all'antico loro locale in Strada S. Vitale. Unita nel 1808 nella sola congregazione detta di Carità l'amministrazione di tutti gli istituti di pubblica beneficenza, fu decretala la riunione delle putte di Santa Maria a a quelle del Baravano.

Nel 1812 si credette economico l'unire nel solo conservatorio di Santa Croce in S. Mamolo tutte le zitelle, eccettuate le mendicanti. Rimasto vuoto il locale deI Baracano fu destinato per una casa d' educazione, ma senza effetto. Nel dicembre del 1817 fu ripristinato l'orfanatrofio del Baracano, il cui oratorio, chiuso li 16 agosto 1808, non è mai più stato riaperto.

Si passa il Voltane del Baracano, per il quale vedi via del Voltane del Baracano.

N.130(117). Li 23 dicembre 1573 Ercole Rivani, che aveva casa in Strada Stefano contigua al portico del Baracano, chiese licenza all'Ornato di potervi far portico con tre pilastri di pietra, la qual licenza gli fu accordata purché fossero in linea con quelli dei vicini. Li 12 marzo 1581 questa casa apparteneva ad Alessandro e Stefano fratelli Biondi alla qual famiglia sembra appartenesse una certa Biondi che mori li 15 maggio 1711 e che lasciò il ricco suo patrimonio di L. 200000 alle suore dei SS. Bernardino e Marta, oltre le doti alle fìglie, e vari legati cospicui agli Scalzi, a un Boselli suo parente, e al suo servitore. La suddetta casa fu poi dei Panzacchi , indi passò al Conservatorio del Baracano.

N.129,128,127,126(105,107,109). Chiesa, convento e aderenze già di suore Servite dette di Sant' Omobono, o di Santa Maria della Pace. Azzone Bualelli, in un suo rogito delli 8 febbraio 1375, dichiara questa chiesa parrocchiale.

Dicesi che nel 1427 in questo convento vi fossero monache dette di S. Giovanni Gerosolimitano, che poi furono soppresse.

Le suddette Servite, che si dicevano di Sant'Omobono perché prima abitavano in una chiesa dedicata a questo Santo fuori di Porta Maggiore, erano venute da Piacenza, e si stabilirono qui nel 1501.

Li 31 dicembre 1503 ampliarono il convento coll'acquisto di un casamento di Bartolomeo Refrigerio, posto in Strada Santo Stefano e Borgo Locco, pagato L. 300.

Queste suore furono soppresse li 29 gennaio 1799.

Li 8 maggio di detto anno il locale fu acquistato da Alessandro Gozzadini, a rogito Angelo Baccialli, e da questi ceduto a Ignazio Naldi li 16 agosto dell'anno stesso a rogito Zenobio Egidio Teodori.

Nel 1816 l' eminentissimo Oppizzoni, nostro degnissimo Arcivescovo, acquistò questo convento per le Carmelitane Scalze, le quali vi si racchiusero il martedì 24 novembre 1818. Presero l' abito monastico e adottarono la regola di S. Teresa.

La chiesa, che era stata chiusa li 10 agosto 1808, fu in quest'occasione riaperta col titolo di S. Maria del Carmine e SS. Giuseppe e Teresa. Che il convento di S. Gio. Gerosolimitano sia inchiuso entro Sant'Omobono può essere, ma convien dire che fosse in Borgolocco, poiché la strada di S. Pietro Martire terminava al Borgo predetto, e la continuazione fu aperta molto più tardi. Ma dicendosi che il detto S. Giovanni era in Borgo Aruffato bisogna convenire che si trovasse nella parte posteriore delle case fra Borgo Locco e la via dei Boatieri. (Vedi via di S. Pietro Martire).

Si passa il vicolo Borgo Locco.

N.121,122,123,124,125(101,103). Ritiro detto di S. Francesco di Sales, o del P. Rosati. Siccome il vicino vicolo si disse dei Lisignoli, da una famiglia di questo nome che credesi vi abitasse, non è fuori di proposito che a questo stabile possa applicarsi la seguente notizia: 1370, 20 febbraio. Consenso e ratificazione fatta da Bartolomea Bottoni, moglie di Palmerio Ciò, a favore di Giovanni e Francesco Foscarari, sopra la vendita fattagli di una casa in Strada Stefano, in cappella S.Giuliano, e in confine del Borgo dei Lisignoli. Rogito Giacomo Vannuzzi.

1534, 27 agosto. Marcantonio di Nestore Curialti da Tossignano, comprò da Melchione di Girolamo Righi una casa sotto S. Biagio in Strada Stefano, per L. 1000. Rogito Gio. Battista Canonici, Andrea dal Bue, e Cesare Nappi. Confinava cogli eredi di Paolo dai Libri a mattina, con Gio. Giacomo Barberi a sera, e coll' orto degli ebrei dalla parte posteriore.

1588, 4 agosto. Fu data licenza agli eredi del cav. Bartolomeo Gessi che occupassero suolo pubblico per drizzare il portico della loro casa in Strada Santo Stefano dirimpetto la via della Fondazza. Confinava detta casa verso la porta della città, a oriente la via di Borgolocco mediante però la casa di Giacomo Boncompagni Duca di Sora, e ad occidente con maestro Andrea di Monte Pirano muratore. Fu pur loro concesso di alzare quattro colonne di pietra in luogo di quello di legno, e a retta linea della casa di mastro Galeazzo Mazzetti falegname, fino ai pilastri quadri di detto Duca.

1644, 29 ottobre. Il dott. Lodovico Ratta comprò da Bonifazio Gozzadini una casa grande in Strada Santo Stefano, con orto vicino ai beni delle suore di San Pietro Martire, spettante al Gozzadini per acquisti da lui fatti dai Gesuiti, dai Putti di S.Giacomo, da Pietro Zavagli, e da Ercole Bindi, per L. 11000. Rogito Orazio Montecalvi. Confinava Gentile Grilli, l' orto di S. Pietro Martire, e il vicolo presso il convento di S. Omobono, che conduceva al monastero di S. Pietro Martire.

1646, 23 agosto. Il capitano Pietro Rivani comprò da Lodovico Ratta la predetta casa per L. 11200. Rogito Orazio Montecalvi.

1658, 20 settembre, Policreto del fu Giulio Cesare Zibelli comprò da Ercole del fu Vincenzo Rivani, erede del fu capitano Pietro Giovanni Rivani, una casa in Strada Stefano sotto S. Giuliano, per L. 11000. Rogito Ercole Forti. In questo rogito è detto essere casa nobile, e confinare da un lato coi Padri di S. Domenico, cogli credi Grilli, e colle suore di S. Pietro Martire. Nel 1715 apparteneva a Pietro e fratelli Pesci tanto la casa nell'angolo di Borgo Locco, quanto la grande susseguente. Quando questa casa nell' angolo di Borgo Locco fu unita al ritiro, apparteneva a Giovanni di Bernardo Cacciari, che la vendette per L. 4250. Rogito Antonio di Gio. Battista Nanni. In detta casa vi fecero la chiesina dedicata a Santa Maria del Tempio. Fu istituito un ritiro per donne nubili, o vedove cittadine, da Agata Brunetti, la quale, li 9 maggio 1515, l'aperse sotto la parrocchia di Santa Maria della Ceriolan, dove rimase per undici anni in una casa presa ad affitto.

Nel 1726 si traslocò in altra casa, posta in Strada Stefano presso le suore scalze, e vi si fermò per sei anni. Scopo principale prefissosi da queste donne era di educare ragazze, e di ricevere donne nubili e vedove a dozzena, fornendo loro abitazione e cibo. Erano pure ammesse altre ragazze, ma alla semplice scuola giornaliera. Il ritiro dello delle Salesiane trovavasi in Strada Stefano al N. 13, e fu qui traslocato nel 1732 essendone direttori il P. Francesco Rosati gesuita e l'abbate Bernardi, acquistando le suddette due case per L. 14000, e li 2 marzo 1739 quella del confinante Giovanni di Bernardino Cacciari, per L. 4250. Rogito Antonio di Gio. Battista Nanni.

Li 21 novembre 1745 nell'angolo di Borgo Locco fu aperta la chiesina del conservatorio dedicata a Santa Maria della Presentazione e S.Francesco di Sales. Questo ritiro cessò dopo il 1796, e la chiesa fu chiusa li 10 agosto 1808. Lo stabile fu venduto, ed il prezzo ricavato fu ripartito alle cinque convittrici superstiti in restituzione delle loro doti.

Giacomo Cacciari, divenutone proprietario, migliorò questi stabili col rifabbricarli quasi di nuovo.

N.118(95). Casa che appartenne all'estinta famiglia Rinaldi Balla, illustrala da Cesare di Sebastiano, poeta non comune, morto li 6 febbraio 1636, il quale abitava in via Toschi dirimpetto alla chiesa di S. Silvestro. Giovanni Luigi fu quello che venne ad abitare la suddetta casa, che confinava a levante con Romolo Gioannetti, e a ponente con Anna Dal Buono. Rogito Domenico Maria Colli delli 4 gennaio 1695.

I'ultimo di questi Rinaldi fu Sebastiano di Gio. Paolo, morto li 30 novembre 1801, lasciando una sola figlia, Erminia, nata da Marianna Chiari di lui moglie, la quale li 2 luglio 1802 vendette la suddetta casa ai fratelli Antonio e Cristoforo figli del fu Girolamo Scandellari, per L. 8500. Rogito Antonio Maria dott. Guarmani. Confinava gli eredi Dal Buono, Matteo Negrini, i successori del ritiro del P. Rosati, il muro delle suore di S. Pietro Martire, poi Alfonso Manzini, e la via Bottierì.

N.115(91). Casa enfiteutica di Santo Stefano, i cui miglioramenti furon venduti 15 giugno 1468 da Giovanni Bertalini a madonna Justina Quattrini, poi li 14 marzo 1469 Paolo Montanaro, marito di detta Justina, comprò la casa di Peregrino Cavestraro, che confinava con quella della moglie, per L. 400. Rogito Tommaso Fagnano. Finalmente il primo agosto 1469 Pietro dalla Testa, farmacista, vendette per L. 500 la casa in angolo della via di S. Pietro Martire alla suddetta Quattrini, rogito del detto Fagnano, e se ne formò col tempo una sola. Li 7 marzo 1602 questa casa apparteneva a Giulio Cesare di Pobrovetto Zibelti, ed era posta in Strada Stefano sotto S. Biagio, in confine dei Pulzoni e della via dei Bottieri. Rogito Alessandro Samachini.

Li 21 ottobre 1643 era delle suore di S. Pietro Martire, e fu da esse venduta ai fratelli D. Giacom, Gio. Battista, Cristoforo ed Enea, figli di Matteo Costa, per L. 6000. È descritta per casa vecchia, in parte rovinosa, con stalla e orto, sotto S. Biagio, in Strada Santo Stefano nell'angolo della via dei Bottieri. Rogito Domenico Maria Biondi. Li 2 agosto 1662 Enea e Matteo, padre e figlio Costa, assegnarono questa casa sotto S. Biagio, in Strada Stefano, in confine dei Rinaldi, della via dei Bottieri, ecc., per L. 4000, ad Angelo Michele Colonna. Rogito Gio. Battista Roffeni. Finalmente li 29 novembre 1695 fu venduta da Lodovico Foschi a Giulio Negrìni per L. 5500. Rogito Valerio Felice Zanatti Azzoguidi. Ultimamente continuava ad essere posseduta dai suoi discendenti.

Si passa la via dei Bottieri

N.114(87,89). Chiesa e convento di monache Gesuate, dette della SS. Trinità prima chiamate le povere suore di Laudato Cristo. È un errore che questo monastero sia stato fondato nel 1443 da frate Alessio da Siena Gesuato, mediante suor Lucia da Pistoia, e che la dedicazione del l'antica, loro chiesa seguisse li 26 dicembre 1480 per opera del Vescovo Francesco Gonzaga, eppure queste sono le memorie che le Gesuate conservavano nel loro archivio. Li 28 marzo 1401 il famoso dott. Antonio Bartolino di Biasio da Budrio, cittadino bolognese, diede ad Angelica del fu Urelli di Lucca, e a Stefana del fu Coppo Coppi Gottarelli di Firenze, ambedue Gesuate, dimoranti sotto la detta parrocchia di Santa Lucia, tre case in Borgo Aruffato, in prezzo di L. 200. . Che non vivessero in clausura e che ricevessero i sacramenti dal curato di Santa Lucia, può essere. Vissero senza regola finché il Cardinal Paleotti loro diede quella di Sani' Agostino, con alcuni ordini che lo suore credevano fossero osservanze Gesuate. Dicevano l'uffizio della festa del B. Giovanni Colombini, e facevano l' ottava, ma questa pratica l'ottennero molto dopo dalla Congregazione dei Sacri Riti. Vestivano l'abito in parte Gesuato, e cioè di color leonato, ma senza il bianco.

Fu nelle suddette case dove ebbe origine il convento della SS. Trinità, e dove ebbero la loro prima chiesa, e precisamente situata nella via oggi chiamata San Pietro Martire.

Prima del 1796 si vedeva ancora una specie di cappella, che dicevasi indicasse il sito della chiesa abbandonala, presso la quale vi si vedeva la torre delle campane, ora demolita. Nel 1545 fabbricarono le muraglie attorno all'orto, e spesero L. 2670. Volendo le monache ampliare il loro convento e fare una nuova chiesa in luogo più frequentalo, si determinarono di acquistare diversi stabili in Strada Santo Stefano, in confine del loro convento, e furono i seguenyi:

1634, 26 aprile. Le suore della Trinità comprarono da Marcantonio Scavazzoni tre case ereditarie d'Isicralea dalla Torre, per L. 22500. Rogito Lorenzo Righi. Di queste tre case una era grande con orto, ed era posta in Strada Stefano, in confine dei Guidalotti a levante, e dall'infrascritta casa a ponente. La seconda era fra Strada Santo Stefano e Pozzo Rosso (via S. Pietro Martire) ed aveva un orto grande con abitazione per l'ortolano dalla parte di Pozzo Rosso. La terza confinava colla suddetta casa grande, coll'orto grande, e con Leonardo Volta.

1647, 7 dicembre. Pirro Chiossi vendette alle suore della Trinità una casa in Strada Stefano per L. 10000. Rogito Scipione Caracci.

1648, 29 Aprile. Le suore comprarono da Giulio Guidalotti Franchini una casa con orto in Strada Santo Stefano, sul cantone della via dei Buttieri, per L. 22000. Rogito Beuvenuto Perracini e Scipione Cavazza.

Alcuni vogliono che qui siano state le case dei Bottieri, che diedero il nome al prossimo vicolo.

Li 20 agosto 1662 fu posta la prima pietra della chiesa, che fu benedetta soltanto li 25 ottobre 1709.

Li 24 maggio 1709 si stipulò il contratto della casa che fu già di Leonardo Volta, poi di Vincenzo Tanara, il qual Tanara li 8 giugno 1708 fu obbligato di venderla al prezzo da fissarsi da due periti, che fu di L. 4450. Rogito Marcantonio Tinti. Confinava la chiesa, e le compratrici da tutti i lati.

Li 9 settembre 1710 si cominciò la fabbrica della porteria, finita li 4 ottobre 1712, con spesa di L. 12500.

Nel 1798 queste monache furono traslocate nel convento di S. Pietro Martire, indi soppresse li 30 gennaio 1799.

La chiesa esterna ed interna, la sagristia e qualche porzione di convento dalla parte di Strada Santo Stefano furono assegnate ai parrocchiani della chiesa di San Biagio all'occasione che questa parrocchia fu traslocala nella Trinità. L' abitazione per il parroco fu acquistata dai parrocchiani, ed il restante del convento fu venduto al conte Donato Agucchi, a Francesco Felicori, a D. Antonio Cinti, a D. Francesco Laudi, ed ai fratelli Fornasari.

Cade qui in acconcio il dire che i Bianchetti ebbero casa grande in Strada Santo Stefano, e pare in questa situazione all'incirca, ciò comprovandosi dalle seguenti notizie:

1517, 13 agosto. Achille e Galeazzo del fu Giacomo Bianchetti e di Donato del fu Gio. Battista Banzi, comprarono da Bartolomeo del fu Battista Ghiselli due case enfiteutiche di Santo Stefano sotto S. Biagio, poste in Strada Santo Stefano, per L. 675. Rogito Battista Buoi. Confinavano i Bianchetti, e cioè la casa da loro abitata, Donato Ranzi fornaio, e i beni delle suore povere ( suore della Trinila mediante fossate.

1520, 25 ottobre. I Dazieri concessero a Galeazzo e fratelli Bianchetti del fu Giacomo l'esenzione dei dazi sui materiali per il proseguimento delle loro case in Strada Santo Stefano. Rogito Girolamo Lini. Il canone che pagavano le suddette case fu francato dai Bianchetti li 14 novembre 1521. Rogito Lorenzo Mansumatico.

N.111(81). Casa antica che dicesi aver appartenuto ai Bombaci, e che Petronio del fu Angelo Michele Delfini, alias Dosi, vendette per L. 3100 a Costanzo del fu Cristoforo Scotti. Rogito Melchiorre Panzacchia delli 20 gennaio 1569. L' acquistò Gaetano di Alessandro Franchi dopo il 1719, i cui nipoli ex filio la cedettero per contratto vitalizio a Gregorio Volta.

N.110(79). Casa che appartenne al macchinista Martorelli, poi ultimamente ai Mazzoni

N.109(77). Casa di Gio. Pietro Roma, poi dei Mazzoni della famiglia del Campioniere dei fiumi.

N.108(75). Palazzo Agucchi composto di varie case, la principale delle quali, li 30 marzo 1557, Galeazzo di Annibale Bianchi vendette a Pandolfo del fu Aloise Oricellari nobile fiorentino, per scudi 3200 d'oro in oro d'Italia. Rogito Leone Masina e Angelo Ruggeri. È detto essere casa grande distinta a in due, abitata dal compratore, posta in Strada Stefano, in confine di Vincenzo Duglioli, di Giacomo Brizzi, delle suore della Trinità, dei Seccadenari, di quelli da Budrio, e di altri mediante stalla di dietro. Il medesimo Pandolfo li 19 giugno 1557 acquistò dai fratelli Cesare, Bartolomeo e Pompeo, figli del fu Gaspare Seccadenari, per L. 287, tavole 50 di terreno ortivo presso il convento delle suore della Trinità e la via dei Coltellini. Questo è il suolo in parte occupato dalle stalle e rimesse.

Li 23 settembre 1579 Annibale e Orazio Oricellario, e Aloisio di Pandolfo Oricellario, vendettero. a Giovanni dalle Agocchie, per L. 24700, una casa in Strada Stefano, in confine delle suore della Trinità, dei Seccadenari, della via Coltellini, e d'altri. Rogito Girolamo Fasanini.

Questa famiglia, conosciuta modernamente per Rucellai, della quale furono eredi i Bentivogli non dominanti, fu richissima, e ne sia una prova che il succitato Orazio somministrò sopra le gioie della corona, ad Enrico III Re di Francia, scudi 100000, i quali furono pagati da Enrico IV a Lodovico e fratelli Rucellai li 21 luglio 1608.

Li 29 dicembre 1746 Fabio di Francesco Agocchia ebbe il permesso dall'Ornato di fare il suo portico in Strada Santo Stefano in occasione cbe egli fabbricò la facciata di questo stabile.

Morì esso li 23 ottobre 1749 lasciando usufruttuaria la moglie Ippolita figlia del conte Legnani Giovanni Ferri, ed erede il conte Donato figlio minore del conte Filippo Legnani Ferri e nipote della detta Ippolita, coll'obbligo di assumere armi e cognome Agocchia. È facile il confondere fra loro le tre famiglie Agocchia, cbe hanno esistito in Bologna. L'Agocchi, o dalle Agocchie, è la più antica, e mancò in Francesco di Clemente, che si laureò in legge civile li 26 settembre 1485, fu lettor pubblico, e morì li 7 settembre 1507. L'Agocchi Spagnoli (Vedi via Galliera N. 550, e Strada S. Donato N. 2504). Gli Agucchi di Strada Stefano erano strazzaroli, e nel 1515 stavano sotto la parrocchia di S. Biagio. Alcuni esercitarono l' arte notarile. Giovanni di Paolo Antonio fu il primo che copri I'anzianato nel 1578.

In un rogito di Tommaso da Fagnano delli 28 settembre 1478 si trova citato per il primo un Paolo di Giovanni Montanaro, detto dall' Agocchie, e questo stesso li 3 novembre 1480 si nomina Paolo di Giovanni Montanaro, alias dal Quattrina, alias dalle Agocchie. Il cognome dal Quattrina venne da madonna lustina Quattrina, vedova di Paolo Montanaro, e madre di Paolo luniore. Si trovano anche dei dall'Agocchia, alias dai Libri.

N.107(71,73). Li 28 settembre 1463 Geminiano di Simone Pavoli aveva casa con orto in Strada Santo Stefano, sotto S. Biagio, in confine di detta strada, dell' Androna dei Coltelli, di Marco da Modena, e di Lazzaro Corbiani da Pisa, valutata L. 260. Rogito Francesco Boattieri e Duzzo Zani.

1484, 6 novembre. Giacoma del fu Bolognino Bolognini, vedova in ultimo matrimonio di Andrea Battagli, vendette a Lodovico e Bartolomeo Seccadeuari una casa con orto sotto S.Biagio in Strada Santo Stefano, ed altra pure nell'Androna dei Coltelli, per L. 1100. La casa grande confinava i compratori, Filippo Dolfoli e la detta casetta di dietro, la quale confinava con l' orto dell' altra casa, cogli orti dei compratori, col detto Dolfi e coll'Androna dei Coltelli. Rogito Cesare Nappi.

I Seccadenari si dissero anticamente Segadenari, e discendevano da un Matteo Beccaro, il cui figlio, lacopo, era Console dei macellari nel 1428, e marito di Zana Tederici.

Questa famiglia ebbe un Senatore, Marcantonio d' Achille, morto in novembre del 1616. Il conte Filippo di Giacomo Scipione, ultimo della famiglia, accompagnando il Bailo di Venezia a Costantinopoli. morì a Toledo, della qual morte se ne ebbe notizia in Bologna li 14 novembre 1730. Lasciò una sola figlia, Maria Teresa, maritala al conte Girolamo del conte Alfonso Barbieri di Parma, morta in Bologna li 20 aprile 1786 nel palazzo Bolognini. L' eredità Seccadenari fu ripartila fra gli eredi di Galeazzo di Francesco Campagni, e quelli di Giovanni Taddeo del Senator Annibale Bianchi, che fu marito di Vittoria del fu Nicolò Seccadenari, ai quali ultimi toccò questo stabile qualificalo per casa grande, più l'altra casa antica dei Saccadcnari posta in Strada Stefano sotto S. Biagio, con due botteghe sotto, orto e due casette contigue alla medesima nella via Coltellini. La suddetta casa grande Seccadenari comprendeva i tre archi primi di portico dalla parte della via dei Coltelli. Il resto era occupato da due case con colonne di legno, che diconsi essere state dei Carbonesi.

I De Bianchi ampliarono questa casa, e vi stabilirono la loro dimora, e nel 1764 la rifabbricarono. Ora appartiene al sig. conte Massari di Ferrara che l'ha sontuosamente riattata.

Si passa la via dei Coltelli.

N.106(69). Li 8 febbraio 1494 Vincenzo e Annibale Sibaldini del fu Giacomo di Francesco Sibaldini avevano casa che fu abitata dal fu Giacomo, posta sotto San Biagio in Strada Santo Stefano, in confine dell'androna dei Coltelli a oriente, di Guglielmo Dolfoli, degli eredi di Lazzaro Pasi, della via detta Braina di dietro, e di Antonio Ghiselli. Questa casa fu valutata L. 1500 di Bolognini d'argento. Li 3 luglio 1582 apparteneva ad Ascanio Cavazzi, che fece fare nella vicina via dei Coltelli il portico in continuazione di quello delle case dei Ghiselli. Li luglio 1617 Andrea Barberini l'assegnò, assieme alla prima casa nella via dei Coltelli, a Gio. Battista Solimani. Rogito Vincenzo Orlandini. Passò poi ai Padri di S. Giacomo, e ultimamente era dei conti De Bianchi.

N.104,103(63,65). Palazzo senatorio Ghiselli Vasselli.

I Ghiselli si arricchirono col negozio delle sete. Antonio di Gio. Ghiselli testò nel 1440, ed istituì erede per metà Giovanni di Bartolomeo Ghiselli da lui allevato in sua casa, e per l' altra metà Bartolomeo di Girolamo Vasselli calzolaio suo pigionante, e da lui esso pure allevato. Dal primo ne venne il ramo di Roma finito in Maria Antonia di Francesco Maria, moglie di Paolo di Guglielmo Dondini, morta li i 7 maggio 1537, per cui furono eredi i Dondini di Giuseppe di Francesco di lei fratello, morto in Roma li 17 giugno 1737, che testò li 22 febbraio di dello anno, lasciando erede usufruttuaria la detta Maria Antonia di lui sorella, vedova di Paolo Dondini, ed erede proprietario Guglielmo Gaetano di lei figlio, Rogito Pietro Francesco Sfasciamonti romano.

Il ramo Ghiselli Vasselli fu poi il senatorio, e quello che qui abitò. In questo palazzo nel 1507 vi alloggiò Gastone di Foix, e li 19 giugno 1586 gli ambasciatori Giapponesi assistettero dalle finestre di questa casa al palio di S.Ruffillo.

Questo ramo terminò in Ruggero luniore di Gregorio, ultimo di sua famiglia, morto senza figli nel 1678, instituendo eredi usufruttuarie Laudamia Legnani di lui madre, suor Candida, e Olimpia di lui sorella, moglie di Paolo Gambi di Ravenna, e dopo la loro morte eredi proprietari i figli di detta Olimpia. Rogito Lorenzo Garofali.

Li 20 gennaio 1679, Laudamia Legnani Ferri vedova Ghiselli. moglie di Francesco Benedetti di Faenza, Olimpia Ghiselli in Gambi di Ravenna, e suor Mario Candida Ghiselli, affittarono questo stabile a Guidascanio Guidalotti Franchini per annue L. 450. Rogito Giovanni Mariani.

Rimasti proprietari i Gambi fu sempre affittato.

Nel 1773 furon levati gli antichi ornati alle finestre della facciata. Li 13 gennaio 1804 il conte Paolo di Ruggero Gambi Ghiselli lo vendette per L. 35000 al conte Francesco del senator Girolamo Ranuzzi, a rogito Zenobio Egidio Teodori. Questi lo risarcì notabilmente, e ne ingrandì il giardino. Alla metà circa del portico vi era una casetta del Collegio Dosio, poi dei Dosi, contornata da beni Ghiselli, che fu acquistata dal conte Paolo Gambi circa il 1790, ed unita alle adiacenze del palazzo.

N.102(59-61). Casa dei Ghiselli del ramo di Roma, e cioè dei veri Ghiselli. Antonio Francesco di Vincenzo, canonico di S. Petronio, scrillore della voluminosa cronaca di Bologna custodita nella Biblioteca dell' Instituto, apparteneva a questo ramo. La suddetta casa, oltre a tre altre nella via dei Coltelli, con una stalla e rimessa, passò per eredità ai Dondini, che dal 1782 al 1784 la rifabbricarono nella parte posteriore dai fondamenti. Li 11 gennaio 1805 Nicola del senator Guglielmo Dondini, e li 12 gennaio dell' anno stesso Pompeo di lui fratello la vendettero al conte Francesco del senator Girolamo Ranuzzi , con rogito di Zenobio Egidio Teodori.

N.101(57). Le cronache ci dicono che qui vi sia stato un convento di monache dette di S. Eusebio, che si estendeva pure sulle vicine case dei Ghiselli, ed anche, secondo alcune, fino alla via dei Coltelli. Non è però credibile che a quei tempi vi fossero conventi di tanta estensione. Dicesi che queste monache fossero soccorse dal Governo nel 1209, e che esistessero ancora nel 1289, ignorandosi quando siano state soppresse. Questa casa nel 1603 apparteneva agli Alè, alias Borghesani Martini, non sapendosi da chi l'acquistassero. Dicesi che questa famiglia derivasse da un certo Borghesani orefice, che per la celebrità della sua bottega all'insegna dell'E Acquistasse il sopranome All'E addottato poi in cognome. Paolo Emilio di Nicolo, stato orefice e gioielliere di Gregorio XIII, fatto poi canonico di S. Petronio, istituì la dignità d'arciprete in quella Collegiata li 12 luglio 1607, ed egli fu il primo ad esserne investito. Il dott. Nicolò di Filippo fece vitalizio coi gesuiti, e morì nel loro collegio di Santa Lucia li 14 dicembre 1680. Pervenuta ai gesuiti questa casa la vendettero, per estinguere un debito incontrato per la fabbrica della nuova chiesa di Santa Lucia, al lenente colonnello Paolo Bartolomeo Favelli, per L. 12500. Rogito Francesco Maria dal Sole, delli 6 febbraio 1682.

Si descrive per casa grande sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, con stalla e rimessa nella via dei Coltellini. Confinava a levante e mezzodì coi Ghiselli, a ponente coi Muratori, e a settentrione colla strada.

Il compratore la legatò al Senato dopo la morte di Lattanzio di lui fratello, uno dei cassieri del Reggimento, che aveva lasciato erede Domenico del cav. Grazio Piombini di Cento.

Li 21 marzo 1727 gli Assunti di Camera furono facoltizzati di venderla, siccome fecero, per L. 15250, a Domenico Piombini, per rimborsarsi di L. 15000 dovute dal Torelli per smanco di cassa. Ma insorto il conte Bargellini, creditore dello stato Torelli di L. 15000, ottenne di avere questo stabile in prezzo di L. 23500, che gli fu venduto dal cav. Orazio Piombini esecutore testamentario di Lattanzio Corelli, Difalcando dal prezzo il suo avere, come da rogito di Gregorio Ferri delli 28 marzo 1730.

Li 25 marzo 1745 Ottavio di Francesco Antonio Varrini, governatore della tesoreria del vino, la comprò dal senatore Astorre Bargellini per L. 18000. Rogito Gioseffo Gardini, il quale la rifabbricò in parte spendendovi L. 31000, e vi fece la facciata a due piani, come vedesi oggi, essendovi prima il solo portico. I creditori di Francesco del detto Ottavio Varrini la vendettero al marchese Carradori, poi appartenne in seguilo a vari altri, finalmente negli ultimi tempi era del cav. avvocato Berni degli Antoni.

Il sabato 10 gennaio 1782 si sentì in questa casa una forte detonazione, in seguito della quale si osservò che sorgeva dalle acque di un pozzo intorno una colonna di fumo, e al tempo stesso un non piccolo movimento nelle acque medesime. Altre due detonazioni egualmente forti furono intese in appresso, per cui fu chiamalo il fisico Orioli. Il fumo e il movimenlo non era però continuo, ma a riprese, e l'acqua non soffriva alcuna alterazione nel colore e nel sapore. A tutto il due febbraio di detto anno non era ancora stato spiegalo questo fenomeno.

N.97(49). Palazzo senatorio Bargellini, che pagava L. 9,12 annue a Santo Stefano.

1535, 4 novembre, Girolamo Seccadenari comprò da Matteo e Andrea, fratelli Zani, una casa e due casette in Strada Santo Sfidano sotto S. Biagio, per L. 7000. Rogito Andrea Bue. Confinava Antonio Tovagliaro di sopra, gli eredi di Giovanni Zani di sotto, e di dietro la casa con sortita nella Braina, la quale era enfiteutica di Santo Statano. 1558, 8 gennaio. Vincenzo Maria di Galeazzo Bargellini, della parrocchia di S. Michele de' Leprosetti, comprò dai fratelli Nicolò Ridolfo, figli di Girolamo Seccadenari, una casa grande con cortili, orto ecc, e due casette contigue, delle quali una ad uso di stalla, per L. 7000. Rogito Lorenzo Cattani, Lorcnzo Panzacchi, e Nicolò Cattani. Confinava Strada Stefano a settentrione, le casette sulla via della Braina a mezzodì, gli eredi di mastro Antonio Tovagliaro a levante, e Carlantonio Zani a ponente. Pagavano i detti stabili annue L. 6,6 all'Abbazia di Santo Stefano. Mori in questa casa Vincenzo di Giovanni Galeazzo BargeIlini li 25 febbraio 1649, uomo ricchissimo e senatore distintissimo, che nel suo testamento delli .2.febbraio 1649, a rogito Paolo di Domenico Ciamenghi, fece dei legati per scudi romani 82243, e lasciò eredi di una rendita di scudi 8000 i fratelli Astorre, Ermesse e Giacomo Filippo, figli del fu Cammillo Bargellini, ed i fratelli Pietro e Alberta, figli del fu Ippolito Bargellini.

N.96(47). Casa che nel 1535 era di Giovanni Zani. Passò ai Seni, e da Annibaie e Andrea, fratelli Seni, fu venduta li 12 aprile 1567 al dott. Domenico Pettorali, che, non compreso il canone di Santo .Stefano, fu pagata L. 2800. Rogito Tommaso Pesci e Angelo Michele Barbieri. Confinava Vincenzo Bargellini a sera, Bonifazio Fantuzzi a mezzodì in parte, e in parte gli eredi di Francesco Antenati.

Li 11 marzo 1591 Baldassarre Pucci comprò la suddetta casa del dott. Domenico Pettorali per L. 5600. Rogito Antonio Manzolini. Confinava Giovanni Galeazzo Bargellini, il compratore e i Cecca di dietro.

In questa casa eravi compresa l'altra che li 9 settembre 1615 il senator Vincenzo e Scipione, fratelli Bargellini, comprarono da Lucrezia Picchi per L. 2200. Rogito Cesare Negrini. Confinava il compratore, e i successori di Bonifazio Fantuzzi.

N.95(45). Casa che era dei Bargellini, e che li 21 luglio 1510 Ovidio del fu Giulio Cesare Bargellini locò a Francesco Maria Alfonso del fu Girolamo Sampieri.

È detto esser casa grande ed onorevole, posta sotto S. Biagio, in confine di Bartolomeo e fratelli Zani, degli eredi di Camillo Viggiani, di Scipione Marsili, alias Allegrini, e Fiaccacollo. Rogito Nicolò Armi.

Li 14 settembre 1563 passarono convenzioni fra Ovidio Bargellini e Giasone e Camillo Vizzani sopra i confini dei loro edifizi in Strada Santo Stefano. Rogito Lorenzo Chiocca.

1620, 4 maggio, Marsibilia Malvezzi Bargellini sublocò a Gio. Gioseffo Gandolfi una casa con orto posta in Strada Stefano, per L. 350. Confinava il senatore Bargellini, e il conte Giulio Cesare Bargellini. La stalla era quasi in faccia a detta casa. Si noti però che dalla continuazione sembrerebbe piuttosto il IN. 96, se il prezzo dell'affitto non fosse troppo alto.

1666, 16 gennaio. Giuseppe Prandi comprò dalla contessa Marsimiglia Bargellini, e da Massimiliano Bolognini di lei marito, quattro case in Fiaccacollo, e le ragioni sopra la casa Bargellini in Strada Santo Stefano, per L. 14979,16,7. Rogito Ludovico Scarselli.

1666, 11 giugno. La contessa Fava Bargellini vendette questa casa al suddetto Giuseppe Prandi, per L. 26000. Rogito Filippo Carlo Zanatti Azzoguidi.

1681, 23 gennaio. Margherita d' Orazio Taruffi e Anna di Cesare Tacconi, vedova di Vincenzo Prandi, vendettero ad Achille Fabbri una casa nobile con orto e giardino, posta in Strada Santo Stefano, per L. 26000. Rogito Baldassarre Maria Melega.

La detta casa era posta sotto S.Biagio, e confinava a levante con Astorre Bargellini, a ponente coi Vizzani sino alla metà dell' orto, coi Marsili successori dei Rosa, cogli Ansaloni e altri Beni Prandi fino alla Peschiera, e sempre a ponente.

Nel 1686 Vincenzo Carlo Tommasini eresse l'Accademia degli Indivisi per l'esercizio delle umane lettere latine.

Li 22 giugno 1693 il sig. Achille Fabbri ricettò nella sua casa in Strada Stefano i membri di detta Accademia, assegnandogli la sala grande con le prime stanze a quella contigue nel piano inferiore, a sinistra dell'ingresso di detta casa. Rogito Ignazio Uccelli.

I primi otto Accademici che si radunarono nel marzo 1686 in casa del dottor Ippolilo Maria Conventi in via Castiglione furono:

Il detto Tommasini fondatore.

Lucio Antonio Santamaria.

Antonio Domenico Pacini.

Gio. Battista Carlini.

Carlo Maria Gabrielli.

Angelo Maria Guinigi.

Francesco Nicola Argelata.

Giuseppe Voller.

Angelo Michele Mengarelli.

Li 29 maggio 1711 Achille Fabbri locò la suddetta casa al marchese Leonida Maria Spada di Faenza, riservandosi l' appartamento al pianterreno assegnato all' Accademia degl'Indivisi.

1732, 20 dicembre. Il marchese Fabio Antonio Fabbri la vendette per L. 30000 in carta.moneta a Domenico di Lorenzo Panzacchia. Rogito Camiillo Casanova. Il compratore fabbricò la scala, l'ala destra del giardino, e alcuni archi del portico in Strada Santo Stefano. In seguito Lorenzo del fu Domenico Panzacchia acquistò l'annessa casa N. 96 dal conte Francesco Bargellini, mediante la quale aggrandì il cortile, aumentò gli appartamenti, e aggiunse l' ala sinistra nel giardino spendendo L. 15000. Mori il predetto Lorenzo improvvisamente, ab intestato, nella sua villa nel Ferrarese, li 23 luglio 1788. I conti Ferretti d'Ancona, suoi cugini, presero possesso dell'eredità, per essere la contessa Anna Margherita Ferretti madre del defunto Lorenzo, ma insorti diversi parenti d'agnazione dovettero cedere il quinto dell' eredità ad uno, e non piccola parte ad altro di questi. La famiglia Panzacchia, restituita al suo antico splendore da Domenico mercante da seta, poi tesoriere, terminò colla seconda generazione.

N.94(43). Palazzo senatorio Vizzani fabbricato coll'unione di varie case. Camillo di Giasone cominciò questo palazzo, e fu proseguito da Lisabetta Bianchini di lui moglie e per testamento del marito, fatto nel 1541, tutrice di Giasone, Pompeo e Camiillo Vizzani. Giasone iuniore, e Pompeo del suddetto Camillo lo continuarono ed ottennero di ridurre a piazza I'antico cimitero della chiesa di S.Biagio, presso il quale tenevano il mercato i gessaiuoli di Monte Donato, ai quali fu prescritto li 14 gennaio 1581 di passare nella seliciata di Strada Maggiore di dietro alla macellaria. Pare che questo palazzo siasi compiuto solamente nel 1630.

Terminarono i Vizzani nel senatore Filiberto di Camillo Vizzani morto li 2 marzo 1691, il quale nel suo testamento, fatto li 10 settembre 1684 e aperto li 3 marzo, istituiva erede usufruttuaria la contessa Maria Cecilia Coltelli Bentivogli sua figlia, e proprietario il suo secondogenito.

Questa eredità passò al marchese Bartolomeo di Andrea de Buoi primo sostituito, e come ultimo nato da Pantasilea Vizzani moglie di Tommaso de' Buoi. La marchesa Elisabetta del conte Costanzo Bentivogli, moglie del senator Paolo Magnani, come proveniente dalla contessa Maria Cecilia figlia di Filiberto ed erede di Maria Cecilia Coltelli sua madre, promosse lite contro lo stato Vizzani ed ottenne sentenza favorevole in Roma, levando da quella eredità un capitale di L. 70000, a sconto delle quali prese il palazzo di Strada Stefano. I Vizzani, o Cattanei di Vizzano, secondo Pompeo Vizzani venuti in Italia con Ottone I, fabbricarono il Castello di Vizzano, del quale n'ebbero investitura dallo stesso Imperatore , ma queste notizie non hanno fondamento.

È certo che i Cattani di Vizzano furono molto potenti e facinorosi.

Nell'Archivio L.+fol. 3 trovasi che nel 1266 Rolandino divise il castello di Vizzano ai suoi figli, Aspettato, Guiduzzo, Sigismondo ed Ubaldo.

II suddetto palazzo fu comprato dal Card. Prospero Lambertini li 11 aprile 1731 per L. 35000. Rogito Paolo Francesco Fabri.

Fu aggiunto a questo palazzo la casa con forno nell'angolo di Rialto, spettante alle putte del Baracano, e ai putii di S. Bartolomeo, pagata L. 2100. Rogito Paolo Fabri delli 23 dicembre 1739 e 8 febbraio 1740.

Li 23 dicembre 1750 D. Egano Lambertini comprò una casa di Domenico Castelvetri Gandolfì, nella via dei Macigni, ora Rialto, per L. 3000. Rogito dottor Gioacchino Antonio Felice Roffeni. Questa casa era una delle due vendute da Elisabella Bentivogli Magnani a Marcantonio Francescani per L. 6000. Rogito Lucia Fagottini.

Li 24 aprile 1761 furon concessi piedi 28 di suolo pubblico nella via di Rialto ai Lambertini per fare un'aggiunta al palazzo Vizzani, e vi spesero L. 91680. Si fanno discendere i Lambertini da un Lamberto, o Lambertino, supposto figlio di un conte Mondo di Sassonia, al quale furon donate dal pubblico certe case presso la piazza, e fatto cittadino circa il 976. Queste notizie possono esser vere, ma non sono provate. È indubitato che è famiglia antichissima, e che nel 1244 era potente a cozzare coi Scannabecchi, nel 1258 coi Galluzzi, e nel 1280 a difendere il pubblico palazzo dall'attacco datogli dai Larmbertazzi, che reso perciò infruttuoso il tentativo furono cacciati dalla città tutti gli aderenti a quel partito.

Questa famiglia fu divisa in più rami, ma due soli campeggiarono per lustro e ricchezza, il primo dei quali si estinse nel senator Cesare del marchese Cesare Giuseppe, morto improvvisamente li 21 maggio 1712, lasciando superstite la marchesa Barbara Scappi sua madre, la marchesa Maria Caterina sua sorella, e il nipote conte Angelo Ranuzzi figlio di Laura altra sua sorella predefunta, i quali furono suoi eredi ab intestato. La madre nel 1731 fu erede per testamento di Maria Catterina sua figlia, e nel 1735 morendo fece un istituzione particolare pel conte Angelo Ranuzzi, poi lasciò eredi in eguali parti il Cardinal Prospero ed il predetto Ranuzzi.

L'altro ramo, la cui arma differiva da quella dei suddetti, contava a somma sua gloria l' appartenergli Prospero, che fu poi Benedetto XIV. Terminò l' illustre cognome Lamberlini in Cesare di Egano, al quale sopravissero due sorelle, cioè Donna Laura vedova del marchese Camillo del marchese Costanzo Zambeccari, e Donna Giulia vedova del marchese Antonio del fu Pietro Paolo Bovio, essendo premorta Donna Lucrezia nel marchese Giovanni Girolamo Pallavicini, mancata li 2 febbraio 1776. Il palazzo Lambertini fu comprato dal conte Vincenzo del senator Annibale Ranuzzi, per scudi 11000, li 20 luglio 1822. Rogito dott. Luigi Maria Bandiera, e dott.. Filippo Gaspare Maria Ferlini.

La sala grande di questo palazzo è lunga piedi 30, e larga piedi 33 e oncie 6. Nell'angolo della via di Rialto vi era una casa con forno, che li 12 aprile 1601 Prudenza Zani vendetle, col consenso di Ermesse Bargellini suo marito, al capitano Girolamo e a Paolo Zani per L. 4500. Questa casa confinava con Strada Stefano e con Fiaccacollo. Rogito Melchiorre Panzacchia.

Si passa Rialto.

Nel tratto di portico fra la via di Rialto e Cartoleria Vecchia non vi è alcuna porta, trovandosi queste nelle due strade confinanti. Dov'è la bottega del merciaio vi era l'ingresso a quella casa che li 19 novembre 1546 fu data in enfiteusi dal Rettore di Santa Maria di Castel de' Brittii ad Annibale del fu Alessandro Bovi, annunciandosi nel rogito di Guglielmo Fabi Fava essere della casa con stalla posta in Cartoleria Vecchia, e con porta in Strada Santo Stefano, e pagare annue L. 14 di moneta corrente.

Si passa Cartoleria Vecchia

N.93(37). Casa che nel 1294 apparteneva agli Ignani, o da Ignano.

Nel 1350 i figli di Taddeo Pepoli fecero battere moneta in una casa di Giovanni da Ignano, dirimpetto a Santa Maria di Castel de' Britti, dove si continuava anche nel 1374.

Giacomo del fu Bittino da Ignano la vendette a Petruzzo di Ostasio Rodaldi li 7 febbraio 1368. Rogito Prendiparte del fu Giovanni Castagnoli. Il rogito la descrive per casa con corte, ed altra casa passata detta corte, posta sotto Santa Maria di Castel de' Britti e. di S. Gio. in Monte. Confinava Strada Santo Stefano e Cartoleria Vecchia, l'Androna di dietro, e l'infrascritto casamento di larghezza in testa piedi 33, che confinava certo terreno di S. Gio. in Monte, la strada, e la chiavica di dietro. L'Androna era una strada che dalla via dei Chiari terminava in Strada Stefano, e divideva le case di Cartoleria Vecchia dall' orto di S. Giovanni in Monte.

Li 24 marzo 1426 questa casa apparteneva a Pietro Cavallina.

1521, 23 marzo. Un decreto d'Ornato dice che Nicolò Cavallina nel 1499 innalzò certo muro nella cappella di Santa Maria di Castel de' Britti, d'ordine e con licenza del Reggimento, in Strada Stefano, e dall'altro lato in Cartoleria Vecchia alzò un muro e fecevi il portico; in seguito gli fu poi concesso di poter fabbricare una casa occupando suolo pubblico. La suddetta casa passò poi al Monte di Pietà, amministratore del patrimonio ereditato da Vincenzo e Nicolò Cavallina, e li 3 ottobre 1654 fu da esso venduta, assieme alla stalla in Cartoleria Vecchia in confine della strada da due lati e dei Facini, a Tommaso di Bartolomeo Cospi e ai di lui nipoti figli di Alberto, per L. 10000. Rogito Angelo Picinardi e Alberto Budrioli. Vi si conservò il musco Cospiano, trasportato poi nelle camere di storia naturale nell'Istituto.

I figli di Ascanio e di Battista Cospi la vendettero li 30 aprile 1668 per L. 16000 al conte Girolamo del fu Gio. Pietro Boselli. Rogito Giovanni Antonio Zanatti. Il conte Francesco di Filippo Boselli l'alienò al conte Gio. Antonio di Vincenzo Sangiorgi Simonini, ultimo dell' innesto Simonini nella famiglia Sangiorgi, morto li 5 luglio 1618. L'antica famiglia da S. Giorgio terminò in Vincenzo di Pier Maria, morto li 28 dicembre 1690, lasciando erede il primogenito di Antonio Simonini da San Giovanni in Persiceto, coll'obbligo di assumere nome, cognome e arma del testatore, e di abitare la sua casa nella via Larga di S. Martino.

Il suddetto Giovanni Antonio Simonini lasciò un'unica figlia moglie del marchese Carlo di Costanzo Zambeccari. Aveva egli cominciato a rifabbricare questo stabile coll'intendimento di farvi una locanda, ma dopo la sua morte fu terminato ad uso di abitazione per famiglie. Annesso alla casa grande Boselli vi era il N. 92, dove vi fu un terreno o casamento, posto in Strada Stefano sotto Santa Maria di Castel de' Britti, venduto li 3 aprile 1395 dai Padri di S. Giovanni in Monte, per L. 80, a Baldo e Cambio di Alberto. Rogito Rinaldo Formaglini. Confinava coll'orto del monastero.

1426, 18 gennaio. Nicola del fu Bonifacio Garisendini, vedova di Cambio del fu Alberto Drappieri, comprò da Bonifacio del fu Ubaldo Drappieri la metà per indiviso con essa Nicola di certo terreno, sopra del quale:

- Pietro del fu Nicola Cavallina possedeva l' edifizio di una casa con orto posta in Bologna in Strada Santo Stefano, sotto Santa Tecla (Santa Maria di Castel de' Britti).

- Bianca del fu Bonavera, moglie di Matteo Sartori, aveva l'edifìzio di una casa sotto Santa Maria di Castel de' Britti in Strada Stefano;

- Domenico del fu Francesco Cabrino Basti aveva l' edifìzio di una casa con orto sotto Santa Maria di Castel de' Britti in Strada Stefano.

La somma sborsata per l'acquisto del suddetto terreno fu di L. 100. Rogito Vitale. Lianori.

1426, 24 maggio. Assegnazione in soluto fatta da Nicola di Bonifacio Garisendini, vedova di Cambio d' Alberto, ai Padri di S. Giovanni in Monte, del suolo e terreno sul quale Pietro Cavallina aveva una casa con orto sotto Santa Maria di Castel de' Brilti, presso altri beni di detto Pietro, e l'orto dei Padri. Idem del suolo e terreno di altra casa spettante a Bianca di Bonavenlura falegname, appresso detto terreno.

Idem di altro terreno che era già una viazzola fra l'orto dei Padri e Bartolomeo di Matteo Tintore, la qual viazzola passava dalla via dei Chiari a Strada Stefano. Rogito Giovanni Malvasia.

1435, 23 aprile. L'Ospedale della Morte prese possesso di due case contigue sotto Santa Tecla in Strada Stefano. Confinavano un orto del fu Giacomo da Ignano, gli eredi di Zanzolo Beccadelli, Andrea Rustighelli e la via pubblica. Più l'orto confinante con delle case e colle vie. Questi due stabili provenivano dall'eredità di Nerio Paltroni qual erede sostituito da Giacomo ed altri da Fagnano.

I da Fagnano fu famiglia distinta.

Fra Giovanni di Francesco, dottor in leggi nel 1297, e lacopo, di lui fratello, dottor in leggi e Iettor pubblico nel 1302, furono uomini insigni. La proprietà del suddetto Bartolomeo di Matteo, tintore, consisteva in una casa ruinosa locatagli in enfiteusi dal Rettore di Santa Maria di Castel de' Britti, dopo la quale vi era un pezzo di terreno, di diretto dominio dei Padri di S. Giovanni in Monte, ai quali si pagavano annui soldi 8. Il tutto era posto sotto la parrocchia di S. Giovanni in Monte, presso l' orto di detto monastero mediante una strada. Rogito Rinaldo Formaglini.

Il N.92(35) passò ai Cavallina, e dal Monte di Pietà fu venduto ai Bolognini, e da questi ai Boselli, ed ultimamente fu inclusa nella casa Sangiorgi.

N.91(31,33). Palazzo della senatoria famiglia Rossi.

1451, 31 marzo. Bartolomeo Rossi comprò da Giovanni del Duro una casa con due corti in Strada Stefano, per L. 800. Rogito Bartolomeo Panzacchia.

Era posta sotto la parrocchia di Santa Tecla. Confinava con Alemanno di Almerico Bianchii, col compratore, colla via di Strada Santo Stefano, e di dietro colle case di San Gio. in Monte.

1451, 12 luglio. Lodovico e Bartolomeo dal Bue assegnarono in conto di dote alla loro sorella Giacoma una casa del valore .di L. 1500, posta in Strada Stefano sotto Santa Tecla. Rogito Frigerino Sanvenanzi. Confinava con Giacomo Abbati orefice, cogli eredi del fu Paolo dall'Oro, e colla chiesa di S. Gio. in Monte.

1451, 12 ottobre. Bartolomeo Rossi comprò da Antonio Abbati una casa sotto Santa Maria di Castel de' Britti, in Strada Santo Stefano, per L. 400. Rogito Frigerino Sanvenanzi. Confinava col compratore, e di dietro S. Giovanni in Monte. Più altro edifìzio, che confinava cogli eredi di Nicolò Cavallina, e con l'orto di San Giovanni in Monte.

1467, 10 ottobre. Due case di Antonio Bonafede e degli eredi del fu Toschi Pellicciaro, una delle quali grande, poste in Strada Stefano sotto Santa Tecla, confinavano con Bartolomeo Rossi, con Lippo Beccadelli, con Gio. Rustighelli, e con Ugolino del fu Stefano Toschi. Rogito Gio. Desideri.

1500, 2 dicembre. Dai testamenti di Nestore e Mino dei Rossi risulta che possedevano case in Strada Santo Stefano, in confine del monastero di S. Giovanni in Monte, di Nicolò Cavallina, e di Lodovico De Bianchi. Più altra casa sotto Santa Maria di Castel de' Britti, che confinava la via pubblica di Strada Stefano, Nicolò Cavallina, e Nestore Bargellini.

1540, 15 febbraio. Nicolò del fu Tommaso Cavallina vendette a Mino luniore di Bartolomeo luniore di Palamidesse Rossi, una casa e terreno in confine del compratore e del venditore. Rogito Bartolomeo Zani.

1567, 27 marzo. Mino Rossi luniore fece restaurare le sue case in Strada Santo Stefano.

1672, 22 febbraio. Fu data licenza a Giacomo Rossi di commutare le colonne di legno in altre di pietra nel palazzo di Strada Santo Stefano. La fabbrica si fece nel 1674, a cominciare dal confine Boselli. Mancavano tre archi per giungere al confine della casetta di S. Gio. in Monte, i quali furon poi fatti nel 1766.

Il conte Ottavio di Luigi, morto li 14 ottobre 1722, fu l'ultimo di sua famiglia. Dovendosi estrarre a sorte l'erede fra uno dei quattro figli di Antonio Maria Turrini e di Ersilia di Luigi, sorella del suddetto Ottavio, come risulta dal testamento delli 16 ottobre 1722, a rogito Camilloo Canova, seguì l'estrazione, fatta dal Gonfaloniere davanti Monsignor Vicelegato, il sabato 24 ottobre 1722, e sorti Angelo Maria Gaetano Turrini, come da rogito di Camillo Canova e di Tommaso Palma.

1802, 30 gennaio. Il conte Camillo del conte Domenico Luigi Rossi, nato Turrini, vendette i due palazzi in Strada Santo Stefano a Giuseppe Badini, per Lire 21000. Rogito doti. Sarti Pistocchi. L'avv. Giuseppe Gambari stese un progetto che proponeva a molti cantanti di concorrere alla spesa per la costruzione di un teatro, dietro il pagamento di date somme divise in più cambiali, e classificate a seconda del palco che il concorrente desiderava di acquistare. Fu presto riempito il quadro e presto anche finita la fabbrica con disegno di Francesco Santini. Il teatro fu aperto li 25 giugno 1805 con spettacolo d'opera seria e ballo.

N.90(29). Parte del palazzo Rossi stralciata e venduta da Giuseppe Badini a Giovanni Bottoni.

Nel 1766 furon fabbricati tre archi di portico uniformi agli altri di pietra, i quali eran prima sostenuti da colonne di legno.

A pianterreno, a destra dell'ingresso di questo stabile, vi fu aperto il casino dei nobili nell' agosto dei 1766, che fu poi chiuso nel 1796.

Li 27 gennaio 1775 fu fatta locazione di parte di questa casa ai Cavalieri uniti della conversazione nobile, per annue L. 460. Rogito Filippo Guarmani.

Dodici Cavalieri erano proprielari del casino, e pagavano una quota mensile per i bisogni del medesimo. Coi risparmi di dette quote e coll'utile delle carte da giuoco che si pagavano, si fornì il casino di ricca argenteria, della quale dal custode ne fu rubala per L. 20000. Questo luogo di riunione per la nobiltà ebbe principio nel 1723 nel palazzo senatorio Casali in via Miola, a pian terreno. Sembra però che molto prima in casa Casali si tenesse una conversazione, mentre negli atti del Senato si trova che li 9 maggio 1704 morì improvvisamente il senator Annibale Guidoni mentre giuocava in partita il tarocco in casa del senator Casali, ove si faceva pubblico trebbo(1).

Nota(1)

(1) Questo palazzo passò al sig. Giuseppe Aria, proprietario della Monumentale Villa a Marzabotto della quale parlammo in altro incontro, né oseremmo aggiungervi parole, mentre, al confronto di quanto ne va pubblicando l'illustre nostro concittadino sig. conte Giovanni Gozzadini, niuno potrebbe reggervi. Vogliamo soltanto ricordare, e con sommo nostro soddisfacimento, che il sig. Pompeo, figlio cadetto dei suaccennato sig. Aria, ha in questo suo palazzo raccolto un gabinetto di armeria antica degno di essere visitato dallo straniero, perché ivi trovanisi oggetti preziosissimi e di rara bellezza e tali che potrebbero ben meritare l'alto onore di essere collocati in uno dei nostri massimi musei italiani. Oltre a questa lodevole applicazione ad altra pure attende ed in modo artistico, e cioè ai ritratti in fotografia de' quali abbiamo potuto ammirarne diversi di magnifica esecuzione, fra i quali uno agli altri superiore e quello cioè del defunto celebre artista Domenico Donzelli che servirà di modello al nostro egregio prof. Muzzi per ritrarlo all'amatita. Oggi questa famiglia fu aggregata all'albo gentilizio, e ben meritatamente, dacché le loro ricchezze servirono in gran parte al lustro della patria nostra.

N.88. Voltone che copre la salita che conduce alla chiesa di S. Giovanni in Monte, cominciato li 14 febbraio 1632, e finito nel 1648. Li 17 marzo 1632 i Padri di S. Giovanni in Laterano ottennero di occupare parte di suolo pubblico per la fabbrica del portico.

N.87(27). Un rogito di Rolandino di Rodolfino Fioretta (il famoso Rolandino Passeggeri) descrive la compra fatta da Fra Lamberto Bualelli, li 24 luglio 1251, per L. 235, di due case in Strada Santo Stefano, sotto Santa Tecla, in confine di detta strada, e di quella che andava a S. Giovanni in Monte, vendutegli da Lambertino, Palmirolo e Ghirardo di Gio. Pietro Rosi.

1424, 18 luglio. Zama di Giacomo Bonsignori, vedova di Pietro Gallesi, comprò per L. 300 da Giacomo di Matteo dalla Schiappa una casa sotto S. Giovanni in Monte, nell'angolo di Miola e della via che andava a S. Giovanni in Monte. Confinava i beni dei Padri, e Domenico Brancaleoni.

1463, 11 ottobre. Giacomo Marsili, Virgilio Malvezzi e Checca Torresani vendettero a Bartolomeo Lupari per L. 100, una casa che dalla parte davanti dove era il portico era sotto Santa Tecla, e dalla parte di dietro era sotto S. Giovanni in Monte. Confinava dalla parte del portico con la Strada di Santo Stefano che andava a quella di Miola, con i beni di S. Gio. in Monte e colla ratta di S. Giovanni in Monte. Rogito Nicolò Loiani e Bartolomeo Panzacchia.

1470, 17 settembre. Bartolomeo Lupari comprò da Giovanni Monterenzoli una casa sotto Santa Tecla, per Ducati 850 d'oro. Confinava il compratore, la via pubblica, i Padri di S. Giovanni in Monte e i Mazza. Rogito Antonio Seta e Bartolomeo Panzacchia.

1500, 24 settembre. Bartolomeo Lupari permutò con Francesco e Giovanni Fiessi queste case poste sotto Santa Tecla, presso la via pubblica da due lati, i Guidalotti e S. Gio. in Monte; colle case dei Fiessi nella piazzola di Santo Stefano, in confine della via dei Sorghi, più L. 2000 ai Fiessi in saldo. Rogito Giovanni Savi. (Vedi N. 95 di Strada Stefano).

1535, 6 ottobre. Lodovico Montecalvi comprò da Tommaso del fu Alberto Lana parte per indiviso di una casa posta sotto Santa Tecla, in Strada Stefano, per L. 600. Rogito Andrea Buoi. Confinava Lattanzio Guidalotti a destra, gli eredi di Andrea De Rossi ed i beni di S. Gio. in Monte di dietro.

1540, 25 maggio. Il suddetto Lodovico Montecalvi comprò da Tommaso Lana il residuo della predetta casa posta sotto Santa Tecla, per L. 1500. Rogito Girolamo Castellani. Confinava i Fiessi e i Padri di S. Gio. in Monte.

1564. Zaccaria Fiessi comprò dai Padri di S. Gio. in Monte una casa sotto la detta parrocchia, posta sulla ratta che conduce a questa chiesa, per scudi 500 d'oro. Confinava col compralore e col cimitero. La detta casa si uni al presente numero 87.

1580, 28 febbraio. lppolito Fiessi aveva in questa località :

1. La casa grande in confine di Strada Stefano e della ratta di S. Giovanni in Monte.

2. La casa con due botteghe, in confine della grande e del luogo dove fu poi fabbricato il votlone di S. Giovanni in Monte.

3. La casa sulla ratta, in confino dei Padri di S. Gio. in Monte e della casa grande.

Quando il Senato accordò suolo pubblico ai Padri di S. Giovanni in Monte in Strada Stefano, per edificare il portico davanti al voltone, concesse ancora, li 17 marzo 1633 ad Ippolito e fratelli Fiessi, confinanti, di drizzare a linea il muro e portico delle loro case contermini. Rogito Giovanni Maggi. Zaccaria di Giovanni Fiessi testò li 28 giugno 1510, lasciando erede usufruttuario Ippolito suo figlio naturale legittimato, ed i di lui figli, colla sostituzione ai Chiari. Rogito Domenico Maria Boari.

L' ultimo dei Fiessi fu Ippolito luniore di Ridolfo di Ippolito del suddetto Zaccaria, morto li 22 febbraio 1644 nella sua casa da Santa Tecla, la quale passò agli Ariosti in causa di Francesca Fiessi moglie di Nicolò Ariosti, morta li 5 marzo 1678, indi ai Mantachetti per Barbara Fiessi moglie di Pompeo Mantachetti. Li 28 agosto 1703 seguì transazione fra Ippolita Pietramellara Pasi e Anna Catterina Fasi Albergati coi conti Ugo e fratelli Ariosti, nella quale le dette Fasi assegnarono agli Ariosti un casamento nobile, con stalla e teggia separate nelle vie di S. Felice a delle Lamme; e gli Ariosti assegnarono alle Fasi una casa in Strada Stefano, che loro toccò nella divisione seguita li 24 maggio 1704 con Barbara Fiessi Mantachetti. Rogito Cattani e Borgognoni.

La detta transazione seguì a rogito di Gio. Petronio Giacobbi.

La suddetta casa passò poi ai Chiari, detti Lupari-Fiessi, i quali finirono in Camillo Filippo del conte Antonio Bartolomeo, morto li 29 dicembre 1750.

La famiglia Chiari non è Toscana, come molti hanno creduto, ma antica bolognese, che nei primi tempi si disse dalla Chiara da una donna di questo nome. Camillo di Cristoforo Chiari testò li 22 novembre 1562. Mancate le discendenze di Filippo, di Ettore e di Camillo, suoi figli, chiamò i discendenti maschi di Cristoforo, e mancati questi ancora, ordinò che fossero eletti sette esposti e fra questi uno fosse estratto a sorte e avesse adottato il cognome dei Chiari. Rogito Giulio Seccadenari.

Il Negri, sotto la data del 1112, dice che la Torre dei Chiari era nella casa già Pietramellara in Borgo Salamo. Questi stabili furono poi acquistati da Bartolomeo Macchiavelli, che li restaurò, indi appartennero al suo erede dott. Giuseppe Macchiavelli, il quale li ridusse ad un solo facendovi la facciata uniforme sino al voltone di S. Giovanni in Monte.

Si passa la ratta di S. Giovanni in Monte a mezzodì, poi la via di Miola a ponente.

La piazzetta, o piuttosto il largo della strada che qui s'incontra era occupalo in parte da un'isola, formata dalla chiesa di Santa Tecla marcata 1353, dalla casa del guardiano che era sotto lo stesso numero, esposte l'una e l'altra a ponente, e da un'altra casa con bottega da marescalco, segnata col N. 1352, posta verso settentrione dirimpetto ad alcune botteghe poste allo scoperto passata la casa del marchese Davia andando verso Porta Ravegnana.

Quest' isola formava una piccola strada, che cominciava in faccia la ratta di S. Gio. in Monte, e terminava a settentrione in Strada Santo Stefano, avendo dirimpetto la cappelletta marcata col N. 1351. La strada predetta si continuava a chiamare, anche nel 1474, via Angela, poi prese il nome di Valle di Giosafat dalla cappelletta che gli era in faccia, trovandosi cosi nominata nel 1626, ma il suo nome fu quello di via di Santa Tecla, che cosi fu nominata fino che sparì coll' atterramento della sumenzionata isola. La chiesa di Santa Tecla di Strada Stefano, detta anche dei Beccadelli, per distinguerla da altre dedicate a questa Santa, vien ricordata come chiesa antichissima, e lo era difatti, ma non quanto la dissero i nostri storici. Fu parrocchia, e si estendeva fino a Borgo Nuovo.

Il Masini, per provare la sua antichità, cita un rogito di Azzone Bualelli del 2 giugno 1375; il Petracchi quello di un notaro, certo Borromeo, del 1351. Qui si cita quello di Rolandino di Rodolfino Fioretta, che porta la sicura sua esistenza alli 24 luglio 1251, e quello di Gioannino Papazzone del 1296, nel quale sono fissati i confini della sua giurisdizione parrocchiale. La Coletta del 1408 dice che aveva la rendita di L. 80, e che la nomina si godeva dall'abbate di Santo Stefano. Soppressa la cura d'anime fu questa distribuita dal Cardinal Paleotti alle parrocchie di S. Giovanni in Monte e di Santa Maria di Castel de' Britti nel 1506. La chiesa fu restaurata nel 1587 dal suo Rettore Marcantonio Ercolani. Una congregazione di trenta preti, detti del Suffragio, istituita nella chiesa di Santa Barbara nel 1658, sotto l'invocazione di S. Gregorio Papa, passò nella suddetta cappella di Santa Tecla il primo giugno 1663, come risulta da un rogito di Guglielmini delli 30 luglio 1663, pagando annue L. 140 all'abbate commendatario di Santo Stefano, al quale era stata affidata dopo che gli era stata tolta la parrocchia. Questa congregazione vi rimase fino all'atterramento dell'isola eseguita per decreto delli 6 settembre 1798, passando in S. Gio. in Monte. La cappelletta N. 1351, di figura ottangolare sovramontata da una piramide, dedicata a Santa Veronica, e detta comunemente Valle di Giosafat, conteneva una croce di marmo sovraposta a una colonna, che trovasi in oggi nella Certosa. Fu restaurala nel 1665, e nel 1798 venne essa pure atterrata.

N.86(23). Casa con ornati di macigno.

1458, 13 maggio. Tommaso Tebaldi affittò una casa a Lodovico Caccialupi, in cappella Santo Stefano, presso la via di Santo Stefano, la via Miola e gli Aldrovandi. Rogito Domenico Muletti.

Sembra che nel 1474 questa casa appartenesse a Carlo Beccadelli, come risulta da un rogito di Andrea Manzolini delli 23 novembre 1517, il quale dice che detto Carlo Beccadelli vendette a Domenico Beccadelli una casa ruinosa posta di rimpetto a Santa Tecla, per L. 350. Si trova che i Zanchini fabbricarono una casa sotto Santa Teclta nell'angolo di Miola. Se è il N. 86 quello fabbricato dai detti Zanchini, allora sembrerebbe che passasse prima ai Magnani, poi ai successivi proprietari.

1591, 29 luglio. Baldassarre del fu Francesco Fava comprò da Domenico Maria, da Marco Tullio, da Francesco Cavazza, e da Lucio Dolfì, una casa grande con stalla, sotto S. Giovanni in Monte, per L. 10700. Confinava la via pubblica da due lati, Flaminio e Camillo Betti a ponente, e i successori di Bernardino Perini (o Pirini) a settentrione. Rogito Antonio Marzocchi. Nell'invenlario legale del detto Baldassare, fatto li 20 marzo 1612, vien detto che la casa grande sotto S. Gio. in Monte, dirimpetto alla chiesa di Santa Tecla, la lasciò in usufrutto a Paolo Cantoni.

Il conte Gio. Francesco del conte Pietro Ercole Fava, morto li 25 gennaio 1792, vendette questo stabile, che non aveva più l'adiacenza della stalla, a Pietro Grandi, per L. 7000.

Ultimamente era dei Malaguti.

N.85,84(23). Il N. 85 faceva prospetto alla piazzetta di Santa Tecla, e il mi inero 84 guardava a settentrione in Strada Santo Stefano. Queste case furono dei Tebaldi, affittate li 13 maggio 1458 da Tommaso Tebaldi a Lodovico Caccialupi. Rogito Domenico Muletti. Li 3 gennaio 1474 erano di Baciliero Tebaldi, e diconsi confinare con Fantuzzo Fantuzzi, Carlo Beccadelli e la via Angela. Il Fantuzzi confinava verso Santo Stefano, e il Beccadelli o di dietro, o dov' era la casa dei Fava.

Il N. 85 nel 1487 era degli eredi di Antonio Battaglia. Li 6 luglio 1551 Biagio Danti, cessionario di Giacomo Magnani, e Giovanni Zibelli, creditore su questo stabile, cedettero le loro ragioni a Bernardino Perini, per L. 800. La detta casa era posta in Strada e cappella di Santa Tecla, in confine dei Beccadelli, dei Magnani e dei Betti. Rogito Andrea Mamellini.

Nel 1671 era di Isabella Pirini.

Il N. 84, li 19 settembre 1487 era di Antonio Maria Legnani, che lo permutò con Filippo e fratelli Roffeni, i quali gli diedero una possessione, e ricevettero in cambio la detta casa, più L. 1130, 17, 9 in appareggio. Si dice che avesse forno detto di Santa Tecla, che fosse sotto Santa Tecla, e confinasse colla strada dalla parte anteriore e a mattina, con Carlo Beccadelli e cogli eredi di Antonio Battaglia. Rogito Paolo Schiappa.

1579, 6 febbraio. Nicolò e fratelli Maladrati, falegnami, avendo acquistato da Biagio dei Danti una casa posta in Strada Stefano, dirimpetto alla Croce di Santa Tecla e al forno di Santo Stefano, in confine della casa dei Betti, il Senato concesse loro di costruirvi un portico in luogo dei pillastri di pietra con piccole colonne marmoree rotonde che prima vi erano, e ciò fu loro accordato purché avessero terminalo questo lavoro entro tre anni, e fossero stati in linea col portico Betti.

Il forno di Santa Tecla circa il 1590 confinava coi Betti.

1599, 25 giugno. Giacomo Bonzani vendette questa casa a Rodolfo Pirini, per L. 4900. Rogito Antonio Malisardi. Era posta sotto Santo Stefano nell'angolo verso la chiesa di Santa Tecla dalla parte di Strada Stefano, presso la via pubblica, i Betti e la casa del Pirino.

1626, 19 agosto, Rodolfo Pirini vendette a Lelio Gualandi, con patto di francare, la casa nell'angolo della Valle di Giosafat, in confine dei Betti, per L. 4000. Rogito Antonio Malisardi.

1649, 16 gennaio. Isabella Pirini, ullima di questa famiglia, figlia di Odoardo d'Alamanno, e moglie di Grazio Zanchini, fece donazione di lutto il suo patrimonio ad Odoardo Zanchini suo figlio.

1671, 5 settembre. Il Monte Matrimonio comprò da Odoardo Zanchini una casa grande con tre botteghe sotto dirimpetto a Santa Tecla, più altra casa contigua con altra bottega sotto.

1693, 18 luglio. Queste case e botteghe furono vendute dal Monte Matrimonio alla contessa Francesca del fu Senator Marcantonio Lupari, moglie del conte Giacomo Isolani, per L. 11500. Rogito Tommaso Volta. Confinavano coi Fava e coi Belli. Nel 1715 erano degli Isolani, e in seguito appartennero a diversi.

N.83(21). Casa che appartenne al celebre dottor in filosofìa Antonio Maria Betti di Modena, morto in Roma li 16 dicembre 1562. Questi stabilì la sua famiglia in Bologna, e i suoi successori si dissero Betti Guastamestieri. Il dott. Claudio, lettor di filosofìa, tirò un colpo di spingarda alla campana grossa di Santo Stefano per la noia che gli arrecava. Da questo fatto fu assolto da Gregorio XIII suo intimo amico. Mori nel 1589, e il suo ritratto in rilievo teneasi nella loggia di questa casa.

Nel 1693 questa casa continuava ad essere della famiglia Betti, che terminò in donne. Nel 1715 apparteneva a Carlo Trebbi e al dott.. Zecchini. In seguito fu acquistata dai Bovio.

N.82(19). Casa antichissima, che nel 1474 era di Fantuzzo Fantuzzi. Nel 1680 apparteneva al dott. Gasparo Fantuzzi. Confinava a settentrione con una casa dei Vezza Albergati, a mezzodì con Agostino Betti, e a sera con Nicola Vaccari.

Sotto la data delli 12 marzo 1584 si trova che Margherita Picinelli comprò da Bonifazio Elefantuzzi una casa grande in Strada Santo Stefano, per L. 9200. Rogito Giulio Piacentini.

Li 30 marzo 1693 l'abbate Guido Bovio ne comprò una porzione da Giuseppe Antonio e Alfonso Fantuzzi. Nel 1715 era tutta dei Bovio.

Tra i vecchi numeri 81 e 82 c'è una casa senza numero, sostenuta da un grande arco, e che apparteneva ai Favari, o Favali, dei quali un Bittino di Tommaso di Bolognetto era lettor pubblico nel 1328. Matteo da Reggio, dottor in leggi, piantò la sua famiglia in Bologna, e sposò Misina Bolognini circa il 1410. I Favari si dissero de Laude, e abitavano quivi nel 1418, come da rogito di Arpinello della Foglia. Il primo febbraio 1558 Ferrante di lacopo Vezza, insigne dottore, comprò da Sebastiano Favari, alias de Laude, questa casa per L. 11000. Rogito Lattanzio Panzacchia. È detto esser casa grande, e confinare dalla parte superiore coi Fantuzzi e con Giulio Bovi, di sotto con Carlo Beccadelli, e di dietro colla via Miola.

La famiglia Dalla Vezza fu molto antica, e sofferse non poco al tempo dei partiti, ma fu rimessa nel primitivo splendore dal suddetto dott. Ferrante.

Si ha memoria di lacopa di Guido da un testamento di Meltore di Pietro Federici, da lei fatto li 13 maggio 1316, mentre era vedova di detto Dalla Vezza. Ferrante di lacopo mori li 17 seltembre 1596 in età d' anni 77. Si trovano dei Vezza che si dissero Grazioli, alias Vezza, lo che fa supporre che i Vezza e i dalla Vezza fossero due famiglie separate. Il predetto Ferrante ebbe due sole fìglie, nelle quali terminò la famiglia, l' una fu Lucrezia in Andrea de' Buoi, l'altra fu Giovanna in lupini alias Desenfans, che ebbe una sola figlia per nome Sara, maritata ad Achille Albergati.

1598, 25 settembre. Fu fatto l'inventario dell'eredità del dott. Ferrante Vezza a rogito d' Innocenzo Costa, da Andrea del fu Girolamo de' Buoi e di Lucrezia di detto Ferrante, fatto erede Vezza. In detto rogito è descritta una casa grande sotto Santo Stefano, in confine di Strada Stefano, dei Beccadelli, di Gaspare Fantuzzi, e dei Bovi.

I de Buoi e gli Albergati si dissero poi Vezza. Li 20 novembre 1611 seguì un accordo fra i Bianchi, gli Albergati e Giovanni Andrea Buoi per l' eredità Vezza, e si stipularono transazioni li 19 settembre 1612, e 23 dicembre 1613. Nel 1640 la suddetta casa era di Girolamo Buoi Vezza, ma li 31 marzo 1688 il senator Andrea Bovio cedette un credito del Monte Pesce, dell'annua rendita di L. 400, al conte Nicolò Albergati Vezza in pagamento di questa casa ruinosa dalla parte davanti, la quale era sostenuta da puntali di pietra. Confinava mediante chiavica col compratore, davanti colla strada, ossia colla piazza di Santo Stefano, di dietro colla via Miola, e da una parte coi Fantuzzi e coi Vaccari. Rogito Lorenzo Garofali. Nei capitelli del cortile vi era uno stemma composto di una pianta di Fava colla radice. Passata la predescrilta casa dei Vezza vi era quella dei Piatesi. Nella divisione fra Cambio e Gabrielle, fratelli Piatesi, fatta li 23 giugno 1418, a rogito Arpinello dalla Foglia, si fa menzione di questo stabile in confine della piazzola di Santo Stefano, della via Miola di dietro, di Giovanni de Pepoli, di Nicolò Aldrovandi, di Beccadello Artenisi, e di Mafeo de Laude.

Li 30 ottobre 1424 era di Pietro e Bartolomeo di Cambio di Pietro dei Piatesi, e continuava a confinare coi medesimi.

S'ignora come dai Piatesi passasse ai Beccadelli, ma è certo che nel 1548 apparteneva a questi ultimi, e che li 8 gennaio 1640 Antonio Bovio la comprò da Carlo Beccadelli per L. 7750. Rogito Bartolomeo Casati. Confinava i beni del compratore, Girolamo Buoi Vezza e il dott. Fantuzzi.

N.81(17). Palazzo senatorio Bovio, al quale sono unite le case dei Vezza e dei Piatesi superiormente notate. Secondo i confini citati nella casa Piatesi nel 1418, questo stabile apparteneva allora o ai Pepoli, o agli Aldrovandi, o agli Alienisi. Li 10 aprile 1548 Giulio Bovi comprò da Girolamo Bolognetti un palazzo, ossia casamento grande in piazza e parrocchia di Santo Stefano. Confinava le vie di Miola di dietro, i Sforni a settentrione, i Beccadelli a mattina. Il prezzo stipulato fu di L. 14000. Rogito Galeazzo Bovi.

L' ultimo della famiglia Bovio di questo ramo fu il senator Antonio Giuseppe di Andrea, morto li 4 febbraio 1738. Col suo testamenlo lasciò erede usufruttuaria Donna Francesca Orsi di lui madre, che non accettò l'usufrutto, ma levò la legittima che ascese a L. 320000, ed erede proprietario il marchese Pier Paolo Silvestri de Fabii da Cingoli, suo cugino, figlio di Virginia d' Antonio Bovio, moglie di Cinzio Fabii Silvestri, coll'obbligo di abitar Bologna, di chiamarsi dei Bovi e di assumerne l'arma. Sì suppone che i Bovi fossero oriundi di Castenaso. Nel 1561 erano ricchi mercanti. Si divisero in due rami, in quello della via Toschi, e in quello di Strada Santo Stefano. Ebbero il Senatorato nel 1621. Ambedue i rami sono estinti.

N.(80). Abbiamo dal testamento di Alberghetto d'Alliotto, in data delli 27 maggio 1226, fatto a rogito di Gherardo Balbi, che questi aveva case in strada Stefano e nel Vivaro , da lui lasciate a Ugolino e Giacomello Bonacusa suoi nipoti. Nel 1370 (Orig 1730. ? Breventani) questa casa era di Antonio Volazio, che la vendette in via di per muta a Martino di Munzino di Pietro Alliotti, ricevendo altri edifizi posteriori a questo stabile nella strada di Migliela. Nel 1516 Pandora di Benedetto Alliotti era vedova di Battista Segni. Li 4 febbraio 1454 Francesco di Giacomo di Ghedino comprò da Giovanni del fu Bartolomeo detto il Beccaro, una casa sotto Santo Stefano, per L. 200 di bolognini d'argento. Rogito Matteo Caprara.

Questa casa sembra la stessa che il predetto Francesco promise di vendere in parte ad Achille di Ottaviano Beccadelli, e forse quella porzione dove oggidì vi è l'arco grande con finestre ornate in barbaro stile. La detta promessa è del 2 luglio 1473. Si vedrà in appresso che vi son prove che detta porzione apparteneva nel 1523 ai Bovi, e che i Ghedini eran passati al N. 99 di Strada Stefano. La porzione di costruzione diversa nell'angolo del Vivaro, conteneva fino dal 1410 la Sinagoga degli Ebrei. Terminati i Ghedini, come al N.99 di Strada Stefano, i. De Segna ed Ercolani ebbero in divisione questo stabile.

Vincenzo ed altri degli Ercolani li 2 dicembre 1523, a rogito Battista de Buoi, vendettero per L. 900 certe stanze a Florio (orig. Flosio. ? Breventani) e Giacomo Sforni ebrei e banchieri in una casa detta il Banco di Santo Stefano, che confinava colla piazza di Santo Stefano, col Vivaro, e da due parti con Domenico Maria e Giulio Bovio. Monsignor Beccadelli comprò la suddetta proprietà dai detti Sforni, i quali nel contratto si riservarono le gelosie, i ferri, le ramate, le spalliere, le sedie e gli usci della Sinagoga.

Tutto il N. 80 diventò domicilio della senatoria famiglia Beccadelli, che vi dimorò fino al 26 gennaio 1665, giorno in cui Cesare Gioseffo di lacopo Ottavio marito di Laudamia, o Lucia, di lacopo Orsoni, passò ad abitare nella via dei Gombruti nella casa di Nicolò Orsoni zio di detta Lucia e sua erede.

Li 27 aprile 1713 Teresa Margherita del senator Giacomo Ottavio Beccadelli, vedova del marchese Grimaldo Grimaldi, passata in seconde nozze col senator Antonio Bovio, assegnò al detto Bovio, per L. 16000, questo stabile, qualificato per casa grande sulla piazza di Santo Stefano, in confine del palazzo Bovio e del Vivaro. Rogito Gioseffo Lodi.

Tornò poi ai Beccadelli per restituzione di dote. Il senator Giacomo Ottavio di Grimoaldo Beccadelli vendette questi stabili li 27 ottobre 1796, per L. 13075, al senator Antonio Bovio. Nel 1824, in occasione di risarcire e rinforzare l'angolo della via del Vivaro si scoperse una piccola e bassa porta, che introduceva alla scala della Sinagoga.

Si passa il Vivaro dei Pepoli

N.79(13). Li 29 dicembre 1459 Girolamo del fu Gasparo Bargellini, rettore dell'Ospedale di S. Bovo, locò a Burnino e Filippo Bianchi, ai loro eredi e successori anche estranei, certo terreno sotto Santo Stefano, che confinava la via pubblica, un vicolo vicinale, Bartolomeo Barbieri, gli eredi di Girolamo e Francesco Bolognini successori Lupari Venturino, sopra del quale vi era una casa con metà di pozzo, e una bottega davanti, il tutto per L. 18 annuali, moneta di Picchioni, col patto di poter francare per via di permuta, aumentando il canone di soldi 10. Rogito Bartolomeo Panzacchia.

Gli Esposti e l'Ospedale di S. Bovo uniti, seguendo la forma delle altre locazioni, e specialmente quella fatta da Gaspare Bargellini, Rettore di S.Bovo, a Brunino del fu Bagarotto del già Vandino de' Bianchi, rogata da Bartolomeo Panzacchi sotto la data delli 29 dicembre 1459, concessero in enfiteusi ad Alessandro del fu Burnino Bianchi Muto, e a Francesco suo figlio, un terreno sotto Santo Stefano confinato dalla via pubblica, da altra via vicinale, dal già Venturino Lupari, dagli eredi di Girolamo e Francesco Bolognini, dal già Bartolomeo Barbieri, o suoi successori, sopra il qual terreno vi era una casa con metà di un pozzo, e una bottega di dietro ad uso di barbiere, per L. 26. Rogito Mutino Gessi e Alberto Budrioli delli 22 dicembre 1458.

Questa investitura fu rinnovata li 29 dicembre 1459, e si dà per confine una via vicinale, Bastiano Barbieri, gli eredi di Girolamo e Francesco Bolognini, successori di Venturino Lupari. Rogito Bartolomeo Panzacchia.

L' altra locazione fatta a Girolamo e Vincenzo, fratelli Bavosi, successori di Paolo Arnasani, li 23 dicembre 1630, dice che il terreno è largo piedi 15 davanti sulla via di Santo Stefano cominciando dalla via vicinale fra detto terreno e il palazzo Bolognini, e andando verso i Bavosi successori Bonsignori Giorgio, includendo in detta larghezza di piedi 15 la muraglia verso detta via vicinale, e da detta muraglia fino alla metà del pozzo esistente nella corte dei detti Bavosi, forse di piedi 13 1/2 in larghezza, e così da detta via di Santo Stefano fino alla metà della stanza detta la Bugadaria, includendo il portico forse di larghezza piedi 15 e di lunghezza piedi 50, sopra il qual suolo vi erano i miglioramenti di una casa con metà di un pozzo, e bottega già ad uso di barbiere, poi chiusa, per l'annuo canone di L. 28. Rogito Giulio Belvisi.

Pare dunque che quivi verso levante vi fosse uno stabile dei Barbieri, che poi divenne Bonsignori, indi Arnasani, finalmenle Bavosi.

1532, 26 ottobre. Lodovico del fu Bornino Bianchi locò a Marcantonio del fu Lodovico Lupari una casa grande con bottega nella parrocchia e piazza di Santo Stefano, per scudi 52 d'oro dal Sole. Rogito Francesco Buoi. Confinava la piazzola, il Viario, Gio. Maria Bolognini mediante via vicinale morta, o chiusa, e Galeazzo Bolognini di dietro.

Si pretende da molti che questa casa prima di essere dei Bianchi sia stata degli Aldrovandi. È però certo che li 6 giugno 1458 apparteneva a Brunino Bianchi, poiché in tal giorno ottenne dall'Ornato di fabbricare un muro di pietra sopra il terreno del Comune, posto in parrocchia di Santo Stefano, nella contrada del Vivaro.

Li 23 giugno 1497 Lodovico Taddeo, Giulio Francesco, e Girolamo del fu Gio. Bolognino assegnarono a Pandolfo e Lodovico, fratelli Bianchi, un guasto, o terreno vuoto presso la strada del Vivaro verso mattina, presso i Bolognini a sera e presso i Bianchini di sotto. Rogito Giacomo Budrioli e Agostino Landi.

Paolo Armastelli, o Arnassani, e Bagarotto Bianchi la vendettero per L. 15500 a Girolamo e Vincenzo fratelli Bavosi, come da rogito di Tommaso Maurini delli 14 dicembre 1628. Girolamo e Vincenzo Bavosi francarono in via di permuta il canone di L. 28. Rogito Giulio Belvisi delli 5 luglio 1633.

Questa casa fu poi venduta dai discendenti dei suddetti Bavosi al dottor medico Luigi Rodati, dal quale fu fabbricata I' attuale facciata nella primavera dell'anno 1824. Il portone fra la suddetta casa e il prossimo palazzo Bolognini segna il principio di una strada che si disse Inghilterra, la quale comunicava con altra che di dietro alla casa dei Bolognini e dei Pepoli terminava nella via oggi detta Volta dei Sampieri dov'è il portone dei Pepoli.

N.77,78(9,11). Palazzo dei Bolognini. È indubitato che in questa situazione nel secolo XIlI i Lambertini vi ebbero le loro case, e ciò vien comprovato dai seguenti contratti che riguardano stabili sotto la parrocchia di Santo Stefano, in Strada Santo Stefano, in confine dei Rodaldi, e ciò che più di tutto lo fa credere si è l' Androna di Paisio che divideva le case di Strada Stefano da quelle di Strada Castiglione nelle loro parli posteriori.

1272, 12 aprile. Guido Cattanio del fu Giacomino Lambertini comprò da Testa del fu Ubertino Rodaldi, e da Giovanni suo figlio, due case contigue, e la quarta parte di altra casa sotto Santo Stefano, per L. 830. Confinava Passavante e Bonacossa del fu Mansarolo, gli eredi di Giacomino Corradi e la via pubblica. Rogito Giacomino d'Aldrovandino Ferranti.

1277, 6 marzo. Sentenza dei giudici deputati agli estimi a favore di Zaccaria di Petrizolo Buvali, e contro Pietro di Giacomino Corradi, colla quale viene condannato a pagare tanta rata di una casa in Strada Santo Stefano, in confine di Guido Cattanio Lambertini e della via pubblica, spettante a detto Corradi per l' importare di L. 100, e L. 16 di spese giudiziali. Rogito Amadore Zagni.

1281, 18 aprile. Guido Cattanio del fu Giacomino Lambertini comprò per Lire 100 detta porzione di casa. Rogito Giacomo Giacomini. Confinava il compratore e la Tuata dei detti Corradi. Rogito Giacomo di Guido da Monteveglio.

1281, 19 febbraio. Villana del fu Scollo da Castel de' Brilli, moglie del suddetto Guido Cattanio Lambertini, diede in dote una terza parte di casa posta sotto Santo Stefano, in confine di vie pubbliche, degli eredi di Nicolò e Lamberto Rodaldi, e di altri, e cioè la stessa terza parte di casa aggiudicata alla suddetta Villana nei beni di Giacomo Rodaldi suo primo marito, per restituzione di dote. Più la quarta parte di un' altra casa sotto la detta parrocchia in Strada Santo Stefano indivisa coi detti Rodaldi, e in confine dei Rodaldi, di Michelino Dalmari e della via pubblica. Rogito Giacomo Giacomini.

1281, 15 agosto. Bolnisia di Nicolò Artenisi, moglie di Francesco del fu Zaccaria Buvalli, cedette ad Azzo del fu Alfonso Artenisi le ragioni sopra una casa in Strada Stefano, in confine di Guido Cattanio Lambertini e di altra casa posta in detta strada, per L. 150. Rogito Petrizolo di Giacomino Albanisio.

1282, 20 agosto. Azzo del fu ventura da Muselio comprò per conto dei Lam- berlini, dal Padre Donbene, priore del monastero di Santa Maria di Camaldoli dd. l' Eremo di Bologna, la metà di una casa divisa dall' Ospedale di Sani' Andrea del Bosco, per L. 65: Era posta sotto Santo Stefano, nell' Androna di Paisio, in con fine di detto Ospedale, di Malteo Rodaldi, di Guido e Lambertino fratelli Lamber tini, e della via pubblica. Rogito Arando di Giovanni Musoni. In altro rogito il detto ospedale di Sanl' Andrea del Bosco è detto del Bosco della Pieve di Barbarolo. 1282, 5 settembre. Azzo del fu Ventura da Musello comprò, per L. 55, da D. Bencivene Rettore della chiesa dell' ospedale del Bosco della Pieve di Barbarolo, una casa di detto Ospedale, posta sotto Santo Stefano, nella contrada di Paisio, in confine di detto compratore, di Pietro Corradi, di Lambertino Lambertini, e della via pubblica. Rogito Giacomo di Giacomino.

1283, 22 gennaio. Lambertino Cattanio Lambertini comprò,per L. 32, 20, da Azzo del fu Ventura da Muselio la metà indivisa di una casa sotto Santo Stefano, nella contrada di Paisio, la quale era stata comprata dal detto Azzo da D. Bene priore di Camaldoli. Confinava il compratore, l'ospedale di Sant'Andrea del Bosco, Matteo di Testa Rodaldi, e la via pubblica. Rogito Giacomo di Giacomino.

1284, 31 gennaio. Guido del fu Giacomino di Pietro Corradi, e Rodaldo detto Lando di Mirco Artenisi comprarono da Azzo del fu Alberto Artenisi una casa con suolo ed edificio sotto Santo Stefano, e in Strada Santo Stefano, per L. 160. Confinava Guido Cattanio Lambertini, la via pubblica, e Pietro Corradi. Più la metà di una torre posta in detta casa. Rogito Tommaso della Braina.

1284, 13 maggio. Azzo di Ventura da Musello comprò da Lando di Mino del fu Alberto Artenisi, per L. 229, 17, una casa con corte sotto Santo Stefano, in confine. della casa di Pietro Corradi, della strada, delle case di Guido Cattanio Lambortini, di quella di detto Pietro Corradi, e che da Zaccaria Buvali fu venduta a detto Guido Cattanio, e in quest' epoca spettante al suddetto Azzo di Ventura da Musello. Rogito Giacomino di Girardello.

1288, 20 marzo. Rolandino di Angelello Portari comprò per L. 130 da Matteo del fu Testa Rodaldi una casa balchionata sotto Santo Stefano, nella contrada detta il Paese. Confinava la via pubblica, Guido Corradi, Lambertino Cattaneo, e Azzo di Ventura. Rogito Giovanni Bencivenni. 1296, 6 marzo. Guido del fu Giacomino Corradi, e Ottolino del fu Bonaventura Corradi comprarono, per L. 900, dai fratelli Antonio, Giacomino e Alberghetto, figli di Pietro del fu Giacomino Corradi, una casa e tuata contigua, poste in Strada e cappella Santo Stefano. Confinavano Guido Cattaneo Lambertini, Apicio di Ventura e la strada pubblica. Rogito Giacomo di Giacomino.

1304, 10 dicembre. Angelino del fu Rolanduccio Angelini fece la restituzione della dote a Margherita del fu Superbo, sua madre, assegnandole una casa sotto Santo Stefano, in contrada detta Paese. Confinava Guido Lambertini, la via pubblica, e gli eredi di Guido di Pietro Corradi. Rogito Giovanni Bencivenne.

1309, 30 aprile. Azzo o Azzuccio di Ventura Muselli dichiarò a favore di Egano del fu Lambertino Lambertini, erede di Guido Lambertini suo zio, che le case acquistate sotto Santo Stefano li

- 20 agosto 1282 per L. 65, a rogito Arando Musoni;

- 5 settembre 1282, per L. 53, a rogito Giacomo Giacomini;

- 13 maggio 1284, per L. 229, 17. Rogito Giacomino di Ghirardello;

le acquistò a comodo e con denari di detto Guido Lambertini. Rogito Matteo di Benvenuto da Regnatico.

Dopo il 1309 non si trova più alcuna notizia sugli stabili Lambertini in questa località, e che saranno stati venduli a diversi, e fors' anche ad epoche diverse, ma certamente prima del 1350.

Li 29 luglio 1382 Guido, Francesco e Galeazzo Pepoli ratificarono la vendita fatta a Bartolomeo e Giovanni, figli di Bolognino Seta, di una casa sotto Santo Stefano, per L. 475. Rogito Rughiero Buttighella.

Questo è il primo acquisto conosciuto e fatto dai Bolognini in questi contorni. È molto probabile che nella vendita Pepoli fossero compresi tutti, o parte dei seguenti stabili posseduti in strada e parrocchia Santo Stefano dalla famiglia Pepoli.

1293, 1 novembre. Romeo Pepoli comprò dai Padri di S. Domenico la metà di un casamento posto in contrada Santo Stefano, per L. 100. Rogito Petrizolo Vandoli.

1293, 23 novembre. Il suddetto Pepoli comprò da Giovanni Tettalasini la sesta parte di un casamenlo posto in parrocchia e Strada Santo Stefano, per L. 66. Rogito Petrizolo Vandoli.

1294, 31 gennaio. Comprò Romeo Pepoli da Giacomo e Nascimbene, figli ed eredi di Abran, un certo edifizio di una casa sopra terreno del detto Pepoli, in parrocchia e contrada di Santo Stefano, per L. 50. Rogito Alberghetto, o Aldraghetto Vandali.

1303, 1 agosto. Comprò Andrea di Romeo Pepoli, da Ugolino di Zunta Zovenzoni, parte per diviso di una casa posta in Strada Stefano, larga piedi 5 e oncie 7 davanli, e piedi 6 e oncie 1 di dietro, con tutta la corte delia larghezza di piedi 16 circa, e tutte le sponde del muro per quanto s'estendeva della corte, per L. 200. Rogito Filippo d'Isnardo.

1338, 12 ottobre. Giacomo di Taddeo Pepoli comprò da Francesco Bonvisino una casa con suolo, edifizio e corticella, in contrada Santo Stefano. Rogito Pietro Isnardi.

Sotto la data delli 28 ottobre 1390 gli stessi figli di Bolognino di Borghesano possedevano uno stabile, che fu già di Bartolomeo di Francesco Savignano cambiavalute ciò risultando da un rogito di Prendiparte Castagnoli, nel quale si tratta della compra fatta da Venturino Lupari di una casa di Domenico del fu Natale Strazzarolo.

Nel 1385 apparteneva ancora ai Savignani.

1456, 9 aprile. Bolognino Bolognini del fu Giovanni affìttò a Gherardo da Lodi una casa con botteghe ad uso di osteria, posta in strada e parrocchia di Santo Stefano, pagando L. 200 i due primi anni, e L. 300 il terzo. Rogito Pietro Bruni.

Questa casa era l'osteria o albergo all'insegna della Luna, ricordata nel 1389 per la caduta della torre dei Rodaldi, e che nel 1460 confinava con Bartolomeo di Lorenzo Cospi, colla casa del Collegio Gregoriano di dietro (Strada Castiglione) e una via vicinale.

1476, 2 aprile. Giovanni Galeazzo e fratelli, figli del fu dottor Bartolomeo Bolognini, avevano qui uno stabile con due torri, due corti, due botteghe, e un orto in confine di Brunino e fratelli Bianchi, dei Pepoli e dei Cospi. Rogito Lodovico Panzacchia.

1476, 2 aprile. Divisione fatta da Giovanni Galeazzo del fu dott. Bartolomeo Bolognini, e dai fratelli Bolognini di una casa con due torri, due corti, orto e due botteghe sotto Santo Stefano, nella piazzola di Santo Stefano. Confinava Brunino e fratelli Bianchi, i Pepoli e i Cospi. Rogito Lodovico Panzacchi.

1476, 8 aprile. Giovanni del fu Francesco di Andrea Bolognini comprò da Giacomo del fu Girolamo di Andrea Bolognini e da Antonio del fu Bolognino di Giovanni una casa con quattro botteghe, in confine di Giovanni Galeazzo Bolognini, del palazzo del conte Guido e del conte Galeazzo, fratelli Pepoli, mediante una via vicinale, e di Lorenzo e fratelli Cospi. Questa casa fu pagata L. 5000, somma molto ragguardevole a quei giorni. Tale stabile faceva parte del N. 77. Rogito Lodovico Panzacchia.

1490, 12 agosto. Testamento di Giovanni del fu Francesco Bolognini, compratore della predetta casa, col quale lasciò a Francesco e a Gio. Battista, suoi figli, una casa con tre stanze ad uso di gargioleria; più due casette e stalla sotto Santo Stefano. Confinavano Nicolò Lupari, Lorenzo e fratelli Cospi mediante androna, la via, e quella mediante Lippo Muzzarelli di dietro. Rogito Francesco Formaglini.

A Taddeo e Girolamo, altri suoi figli, lasciò la casa in confine di Lodovico e fratelli Bianchi mediante la via (cioè quella poi chiusa che era fra le case dei Bolognini e quella che fu poi Ridolfi) di un cortile che conduceva alle stalle toccate a Lodovico e Giulio altri figli del testatore, della stalla di Matteo Bolognini, di Pietro e fratelli Aldrovandi, e di altri.

1493. Si apprende dalle cronache che si fabbricava una bella casa in volto sul giardino dei Bolognini. Questo giardino è l'orto menzionato dal rogito di Lodovico Panzacchia delli 2 aprile 1476, il qual giardino nel 1389 era dirimpetto alle case dei figli di Fra Bagarotto Bianchi, e cioè al N. 96.

II palazzo Bolognini si cominciò dunque a fabbricare dalla parte di Porta Ravegnana, poi fu continuato verso la chiesa di Santo Stefano.

1497, 23 giugno. Lodovico, Taddeo, Giulio, Francesco e Girolamo del fu Giovanni Bolognini fecero la seguente permuta con Pandolfo e Lodovico fratelli Bianchi: Li 14 giugno 1497 i fratelli Bianchi assegnarono a Francesco e Giovanni, padre e figlio Fiessi, una casa nel Vivaro, e ne ricevettero in compenso un' altra sotto Santo Stefano, nella strada o corte vicinale, in confine dei Bolognini da tre lati, e degli Aldrovandi. Rogito Giacomo Budrioli Massari. La predetta casa già Fiessi, posta nella strada o corte vicinale, fu ceduta dai Bianchi ai Bolognini, i quali in compenso cedettero ai Bianchi un guasto o terreno vuoto presso la strada del Vivaro. Rogito Giacomo Budrioli Mascari, e Agostino Landi.

Nel 1511 rientrati i Bentivogli, Alessandro abitò in casa dei Bolognini da Santo Stefano, poi passò in Pietrafitta in casa d'un giudeo, poi dei Ghisilieri. (Vedi via Pietrafitta).

1521, 5 aprile. L' Ornato diede licenza a Taddeo Bolognini di far portico in Strada Santo Stefano, a retta linea con quello dei vicini.

Li 24 maggio 1522 seguirono convenzioni fra Taddeo Aldrovandi e Giovanni Antonio di Giulio Bolognini per certo terreno esistente fra le loro case sotto Santo Stefano. Rogito Vitale Buoi.

Li 13 febbraio 1556 la casa di Gio. Maria del fu Francesco Bolognini, posta in parrocchia e piazza Santo Stefano, confinava i Pepoli, gli Aldrovandi, i Bianchi, e Giovanni Andrea Bolognini. La stalla che era nella medesima situazione, confinava i Bianchi, Giulio Cesare e Princivalle Bolognini. La casa nel Vivaro confinava Ulisse Aldrovandi, Alessandro Bianchi, Cesare e Princivalle Bolognini.

Nella facciata del palazzo Bolognini vi è la seguente iscrizione:

FRANCISCUS BOLOGNINI F. F. ANNO DOMINI 1525.

Da alcune memorie apparisce però che il palazzo fu finito da Giovanni di Francesco di Giovanni nel 1551, ed allora confinava coi Pepoli e coi Bianchi. Non apparteneva però solamente al detto Giovanni, ma era in parte di Gio. Andrea Bolognini, e di Giulio Cesare e Princivolta Bolognini. Gli avanzi delle due torri che si è detto che trovavansi entro questo recinto nel 1476, si vedevano snll' angolo del cortile e del loggiato del N. 78, e sopra le scale a destra dell' ingresso del N. 77. L'ultimo dei Bolognini fu Fulvio di Gio. Battista, morto li 15 aprile 1800, il quale lasciò suo erede universale il marchese Antonio Amorini-Bolognini figlio di Gio. Andrea d'Antonio Francesco Melchiorre d'altro Gio. Andrea di Taddeo Bolognini.

N.76(5). Casa antica dei Lupari.

1387, 29 aprile. Domenico di Natale Strazzarolo comprò da Domenico Onesti una casa sotto Santo Stefano in confine dei Rodaldi, per L. 325. Rogito Gio. Santi.

1387, 27 dicembre. Nanne de Lessi comprò da Zenobio Vanni per ducati 800 d'oro una casa sotto Santo Stefano. Confinava strade da due lati, Natale Strazzarolo, Benvenuto del Fieno, Zordino di Lenzo Cospi, Bartolomeo e fratelli, figli del fu Bolognino di Borghesano. Rogito Nerio Coltrari da Forlì.

1388, 11 ottobre. Venturino di Giovanni Lupari, della cappella di S. Giovanni in Monte, (vedi Strada Stefano N. 87), comprò da Nanne Lessi Fiorentino la suddetta casa, per bolognini 1000 d' oro. Confinava due strade, Domenico del fu Natale Strazzarolo da due lati, Zordino Cospi, e Giovanni e Bartolomeo del fu Bolognino Borghesano. Rogito Giovanni Lodovisi. 1390, 28 ottobre. Il detto Venturino Lupari comprò per L. 550 la casa di Domenico del fu Natale Strazzarolo, che confinava col compratore da due lati, con Bartolomeo e con Giovanni del fu Bolognini di Borghesano successori di Bartolomeo di Francesco Savignano cambiatore. Rogito Prendiparte Castagnoli. Venturino di Giovanni Lupari, esercente la mercatura, fu obbligato di vendere il seguente stabile per pagare alcuni creditori, e cioè: 1401, 19 marzo. Bolognino Bolognini comprò per ducati d'oro 1200, anche a comodo di Giovanni suo figlio, da Venturino Lupari, una casa con stalla sotto Santo Stefano vicina ad altri beni del compratore, in confine di strade da due lati, degli eredi di Zordino Cospi, di quelli di Bartolomeo da Savignano (cioè dei Bolognini). Questo stabile era detto la casa antica dei Lupari. Pare però che la vendita al Bolognini fosse un patto di francare, come si vedrà in appresso. 1449, 16 agosto, Nella divisione fra Baldiserra, Marco di Venturino Lupari, Giacomo e Gio. Filippo di Gasparo del predetto Venturino, e Bartolomeo d' altro Bartolomeo del predetto Venturino, venne assegnata a Baldiserra l' antica casa dei Lupari posta in Strada Santo Stefano, presso le vie pubbliche da due lati, (Strada Stefano e il vicolo Paese) presso Leonardo e presso Giovanni di Francesco Bolognini. Il Leonardo deve essere un Cospi, perché, stante le premesse notizie, l'antica casa dei Lupari confinava nel 1401 coi Cospi, e perché il nome di Leonardo non è straniero nella famiglia Cospi.

Nel 1498 testò Giacomo di Gasparo di Venturino di Giovanni di Luparo da Lucca, che s'intitolava Giacomo di Venezia e di Bologna, lasciando a suo figlio Giovanni Gasparo il gius del tesoro, che dicevasi esser nascosto nell' antica casa dei Lupari, la quale confinava colla strada da due lati, cogli eredi di Bartolomeo Cospi, e con quelli di Giovanni Bolognini. Fece un acre declamazione contro Filippo suo fratello per le crudeli persecuzioni fattegli soffrire. Rogito Alessandro Baldi di Venezia.

Nella divisione seguita li 7 ottobre 1537, a rogito di Francesco Boccadicane, fra Alessandro, Giovanni, Alfonso, Cornelio e Girolamo, fratelli Lupari, si trova notato il seguente stabile: Una casa per abitazione di persone, murata, cupata, tasellata e balchionata, con corte, pozzo, cantina in volto, ecc. posta in Bologna, in cappella Santo Stefano. Confinava la via pubblica da due lati, cioè di sotto e a occidente, gli eredi Cospi, e gli eredi di mastro Tommaso del Sapone di dietro.

Dunque la casa antica dei Lupari era nel 1537 in confine dei Cospi, e troviamo che prima di detta epoca si cita sempre la confinazione coi Bolognini, per ciò trovavasi fra i Bolognini e i Cospi. D'altronde si sa che nel 1389, quando cadde la torre dei Rodaldi, era situato in prossimità di questa l'Albergo della Luna. I Lupari a quell'epoca non dimoravano nella loro antica casa, ma nella via Luzzo e da S. Giovanni in Monte, e ciò fa supporre che questa casa fosse messa ad uso di osteria. Si abbia presente ancora la vendita fatta dai Lupari al Bolognini nel 1401. Premesse le quali cose, ed assicurati i lettori che l'Albergo della Luna non fu mai racchiuso nei palazzi Bolognini, si danno i contratti seguenti di affittanze, fatte dai Bolognini stessi, di un' osteria, la quale avrebbe tutta l' apparenza di essere stato l'antico Albergo della Luna:

1527, 21 maggio. Bolognini Gio. Andrea concesse in enfiteusi ad Alessandro Pepoli una casa. Rogito Gio. Battista Buoi.

1527, 29 maggio. Il detto Bolognini permise al Pepoli di sublocarla. Rogito Lattanzio Panzacchia.

1527, 26 settembre. Il Pepoli la cede in enfiteusi a Battista e ad Alberto Cospi. Rogito Gio. Battista Buoi e Lattanzio Panzacchia. In questo rogito è descritta come casa grande divisa in tre mansoni poste sotto Santo Stefano dopo la casa abitata dai Bolognini. Confinava a oriente col cortile Bolognini, a settentrione coi Cospi, a ponente con una viazzola che restava di dietro al palazzo Pepoli, e con un' altra casa del suddetto Gio. Andrea Bolognini dove esso dimorava.

1551, 9 gennaio. Vincenzo Cospi vendè a Baldassarre e a Marcantonio Lupari una casa sotto Santo Stefano e in Strada Santo Stefano, per L. 1800. Confinava Romeo Pepoli, i compratori e l'Androna. Rogito Galeazzo Bovi.

1551, 9 dicembre. Divisione fra Tommaso e Vincenzo del fu Bartolomeo Cospi con Filippo e fratelli del fu Alberto Cospi, di certe case e botteghe e di una casa nobile posta in Strada Stefano, in confine dei Bolognini, dei Pepoli, dei Lupari, dei Rabii, di Strada Stefano e di un viazzolo morto di dietro, prezzate L. 10000. Rogito Alberto Budrioli e Gio. Battista Cevenini.

1566, 22 maggio. Marcantonio Lupari affittò a Baldassarre suo fratello, per annui ducati 38 d'oro, una casa sotto Santo Stefano, presso la strada di Santo Stefano, in luogo detto la Cecca Vecchia, e in confine di Romeo Pepoli. Rogito Leone Masini.

1571, 15 febbraio. Marcantonio Lupari vendè per L. 9000 a Baldassarre suo fratello una casa sotto Santo Stefano, presso Strada Santo Stefano, presso la strada di Rialto (doveva essere la via Paisio), presso Romeo Pepoli ed altri. Rogito Alessandro dal Gambaro.

1642, 21 maggio. Il senator Giovanni del fu senator Marcantonio Lupari assegnò a Giuseppe del fu Vitale Bonfioli, in conto di prezzo di un predio, due case unite con due botteghe sotto, in Strada Santo Stefano, in angolo delle Chiavature (cioè Rialto, ora Volta dei Sampieri), e in confine dei Pepoli e di dette vie, per L. 13000. Rogito Bartolomeo Cattanei.

1642, 30 giugno. Vittoria, moglie del conte Rodorico Pepoli, comprò dal precitalo Giuseppe Bonfioli una di dette case, per L. 1900. Rogito Domenico Albani.

1643, 8 marzo. Il senatore Francesco del fu Taddeo Pepoli comprò da Giuseppe del fu Natale Bonfiglioli, per L. 8000, una casa con due botteghe, posta sotto Santo Stefano nell' angolo opposto alla via del Luzzo, in confine dei Sampierì medianle la via che andava verso Piazza, di Rodorico Pepoli e di altri beni Pepoli a sera. Rogito Francesco Fenici.

1818, 13 maggio. Vincenzo Magli comprò dal marchese Gio. Paolo Pepoli, per scudi 1200, la casa in angolo della Volta dei Sampieri, in confine di una casa dei Marescalchi e del palazzo del venditore. Rogito Antonio Maria Gambarini.

Si passa la Via Volta dei Sampieri

N.73(1). Palazzo senatorio Sampieri composto di varie case.

Il primo contratto che riguarda questo stabile è delli 16 gennaio 1442, nella qual epoca Antonio di Colombo Cigali da Bobbio, abitante in Modena, comprò da Giovanni e Luca di Nicolò Fontanelli da Reggio, da Nicolò di Gaspare Fontanelli loro nipote, e da Raimondo, Raffaele, e Pietro Giacomo di Guido Fontanelli, pure da Reggio, a nome di Antonio di Domenico Bonafede da Firenze, abitante in Bologna, una casa sotto Santa Maria Roversa o del Carrobbio, per L. 900. Confinava la via pubblica, la casa della Mercanzia, Pietro Bolognetti e i beni della compagnia dei Strazzarolì. Rogito Guido Guidoni da Modena.

1443, 15 febbraio. Antonio di Domenico Bonafede da Firenze, abitante in Bologna, comprò dai Sindaci della compagnia dei Strazzaroli la metà di una casa sotto il Carrobbio, con tre botteghe unite, per L. 100. Confinava l'altra metà di detta casa, la Gabella Grossa, il compratore e la via pubblica da due lati. Questa metà di casa i Strazzaroli l'avevano comprata da Alberto di Nicolò Argelata. Rogito Giorgio Paselli. Il detto Bonafede li 5 marzo 1449 ebbe in affitto dai Difensori deil'Avere, per anni 5 e per annue L. 16000, il dazio delle carteselle, ossia dei contratti di compra e vendita delle doti. Rogito Magnoncino Maglioni e Bonaiuto Bonaiuti.

1444, 2 ottobre. Antonio di Domenico Bonafede comprò da Giovanni d' Andrea Angelelli, per L. 1050, una casa indivisa con detto compratore, posta sotto il Carrobbio. Confinava la via da .due lati, detto compratore, e la Gabella. Rogito Giorgio Paselli.

Pare che questa casa sia la stessa che li 18 luglio 1421 Giovanni di Garello, come Procuralore della Compagnia dei Drappieri, comprò da Margherita di Bartolomeo Graffagnini col consenso di Bernardino d'Alberto d'Argelo.

1456, 21 ottobre. Antonio di Domenico Bonafede, eletto li 14 novembre 1449 depositario della Camera di Bologna dai XVI Riformatori, comprò da Beni di Nascimbene Cartolaro, una casa sotto Santa Maria di Porta Ravegnana in Strada Santo Stefano, per ducati 200 d' oro. Confinava il compratore, Bartolomea moglie di Domenico Gudonici, o Ugodonici, e la casa della Gabella Grossa. Rogito Pietro Bruni.

1467, 19 luglio. Antonio di Domenico Bonafede, morto povero e carico di debiti li 12 maggio 1473 lasciando un figlio di nome Benedetto, fece assegnamento a Lodovico di Battista Sampieri e ad Antonia, figlia di detto Bonafede, e moglie di detto Lodovico, sposata li 8 maggio 1457, di parte di diverse case, ridotte in una, poste sotto Santa Maria del Carrobbio. Confinavano la via pubblica da due lati, Bartolomeo Bolognetti, la Gabella Grossa e Andrea Orsi. Più una casa ad uso di stalla sotto Santo Stefano, in confine dei Lupari e dei Bianchi, la qual casa era stata venduta da Ghinolfo di Lodovico Bianchi ad Antonio di Domenico Bonafede. Si dice che fosse posta fra due strade, l'una detta via dei Bianchi, e l'altra via dei Siriesi o Seriosi (Sorici o Sorghi), e che confinasse col compratore, col venditore e con Antonio Bianchi. Rogito Matteo Curialti. Questi stabili furono assegnati in prezzo di L. 1000 per le doti della suddetta Antonia, e scudi 600 d'oro per quelle di Maria moglie di detto Bonafede.

Pare che nella suddetta descrizione di questi confini vi sia errore, poiché la via Bianchi era quella parte di Strada Stefano a cominciare dalla casa dei Bianchi fino alla Mercanzia, e la via Sorghi quella fra gli Isolani e la predetta casa. In questo caso la stalla Bonafede sarebbe stata nell'angolo delle due predette strade, ed ora sarebbe inchiusa nella casa dei Berti. Vi è luogo a sospettare che la strada dei Bianchi fosse scambiata con quella già Cento Vasure, ora Trabisonda.

1473, 15 febbraio. La Camera di Bologna concesse a Bartolomeo di ser Pietro Bolognetti di poter far uso di due botteghe con certa torre, poste presso la Gabella Grossa, presso la via pubblica e Antonio Bonafede, come pure di certe stanze presso della torre e sopra un corridoio della Gabella Grossa, che conduceva a un pozzo di detta Gabella, con la comodità e diritto di aver l' acqua da questo pozzo, e con altre abitazioni poste sopra detti casamenti altre volte deputati ad uso dei Giudici dei mercanti, e dove detti mercanti si radunavano, e tutto ciò per anni 10, e per l'annuo censo di tre bolognini d' argento. Questi edifizi dovevano essere riparati, conservati e mantenuti, e trascorsi i detti dieci anni, tornassero questi stabili alla Camera.

Questo stabile era già dei Ghisellardi nel 1447, e fu locato poi alla compagnia dei Banchieri per risiedervi tribunalmente il giudice. (Vedi Foro dei Mercanti).

1485, 20 luglio. Lodovico di Battista Sampieri comprò da Andrea di Lodovico Orsi e da Veronica di Tommaso Scrittori, alias Berò, sua moglie, una casa sotto il Carrobbio, presso il compratore, i Galli e le case della Gabella, per L. 300 di argento, Rogito Battista Buoi e Bartolomeo Panzacchia.

1491, 25 novembre. Lodovico di Battista di Floriano Sampieri comprò da Dorotea di Matteo di Bittino Galli, moglie di Pietro di Bartolomeo Ballatlni, e da Bartolomea di lei sorella, moglie di Domenico di Bartolomeo Ballatini, una casa con bottega ad uso di gargioleria, sotto il Carrobbio, per L. 400. Confinava il compratore, le case della Mercanzia e i Bianchini. Rogito Bartolomeo Zani.

1499, 26 febbraio. Il palazzo di Giacomo di Lodovico Sampieri sotto il Carrobbio confinava a oriente, mezzodì e aquilone con vie pubbliche, col palazzo della Mercanzia, con i Bianchini e colla Gabella Grossa.

1511, 16 aprile. Il cav. dott. Girolamo del fu Lodovico Sampieri, marito di Elena Poeti, col suo testamento, rogato da Battista Buoi nel giorno suddetto, ordinò che colla sua eredità fosse eretto il collegio Sampetrese in questo palazzo.

Li 12 novembre 1519 seguì una transazione tra i fratelli Francesco, Domenico, Maria e Giacomo, figli di Lodovico Sampieri, e Marcantonio Battista Sampieri loro nipote, che impugnarono la disposizione del fu dottor Girolamo, e i priori e dottori dei collegi civile e canonico, sopra l'eredità di Girolamo loro fratello, che aveva ordinato nel suo testamento che fosse eretto un collegio nella sua casa, lasciando eredi commissari detti dottori. Rogito Lattanzio Panzacchia, Ulisse Musoni, Giovanni Pini, Battista Buoi e Sebastiano Moneta.

Fra le convenzioni fuvvi quella di lasciare ai Sampieri questa casa abitata già dal testatore.

1576, 13 aprile. Francesco di Lodovico Sampieri comprò dai creditori dei morelli e delle gualchiere di Bologna una casa grande con due corti, stanze, magazzeni e loggie, dove anticamente si faceva la gabella, per L. 7500. Questa casa era posta sotto il Carrobbio e confinava col foro dei Mercanti. Rogito Bartolomeo Dondini.

1577, 9 settembre. Francesco di Lodovico Sampieri comprò da Pompeo di Ulisse Bianchini una casa sotto il Carrobbio nella via detta Rialto (Volta dei Sampieri). Confinava il compratore, la via pubblica della Gabella Vecchia, ed un' altra strada. Più un botteghino sotto detta casa, e due altre botteghe contigue poste sotto la suddetta parrocchia, e che confinavano la Gabella Vecchia, detto compratore e l' altra bottega annessa che era nell' angolo di detta strada, il tutto per L. 4136, 9, 1. Rogito Alessandro Chiocca.

Li 9 ottobre 1621 Doralice di Girolamo Posterli comprò da Filippo, Enrico, Giacomo e senator Gio. Battista di Francesco Sampieri una casetta sotto il Carrobbio, in via Battebecco, per L. 1200 e con patto di francare. Confinava la casa grande. Rogito Tommaso Pozzi.

Si noti che si è citato questo contratto per annunziare che la via Volta dei Sampieri era prima chiamata Battebecco.

Dentro questo palazzo trovasi una casa che li 28 aprile 1246 fu permutala dai Monaci di S. Michele in Bosco con Albizo Provenzale e con Tommaso del fu Giacomo Zagnibone, come da rogito di Rolandino Rodolfino (Passeggeri), nel quale è detto trovarsi sotto Santa Maria di Porta Ravegnana fra le strade di Santo Stefano e di Castiglione.

Passata la via Volta dei Sampieri in Strada Castiglione andando verso Porta vi sono gli avanzi di un'antica torre quadrilunga dov'è la seconda finestra di questo palazzo.

1294. Nella via di Betlem vi erano case degli Artenisi e dei Beccadelli, dove poi fu la vecchia Dogana.

1336. Nicolò di Gera Pepoli vendette una casa con due torri dicontro ai Bolognetti del Carrobbio per farvi la Dogana.

1379, 6 ottobre. Gli eredi di Nicolò Pepoli vendettero la casa al Pubblico per mettervi la Gabella della Mandaria del Comune.

1380. Fu comprata una casa di Nicolò Fava per fare il Carrobbio per la Mercanzia, e per tenervi ragione e giustizia.

1575, 10 giugno. Furono trasportate le merci della Gabella vecchia alla nuova.

N.72 Foro dei Mercanti.

Li 21 maggio 1199 Giacomo Boccaferri comprò da Pietro Scannabecchi la terza parte di una casa in Porta Ravegnana nell' angolo delle contrade di Strada Stefano e di Strada Castiglione, per L. 200. Confinava a mattina, a sera e ad acquilone vie pubbliche, e a mezzodì il compratore. Rogito Petrizolo.

1294, 19 luglio. Il Comune di Bologna comprò per mezzo di Marsino del fu Bonaventura Bagnaroli, Sindaco di detto Comune, il Carrobbio di Beccadello di Francesco Nicolò degli Artenisi, alias de Beccadelli, della parrocchia di Santa Tecla, per il prezzo di L. 1500, e consisteva in una casa con suolo e edifìzio posto in Bologna nel Carrobbio di Porta Ravegnana, in capo alle vie di Strada Santo Stefano e Strada Castiglione, ove dette vie si congiungono. Rogito Giacomo d' Alberto Ventura notaro.

Nel 1284 dicesi che sia stato istituito il giudice del Foro dei Mercanti. Li 24 dicembre 1382 gli Anziani, Consoli e Gonfaloniere di giustizia decretarono che fosse redatto un corpo di statuti, di leggi e provisioni per il Tribunale dei Mercanti, e nominato un Sopraintendente alla giustizia pei contratti dei commercianti e degli artigiani. L'esecuzione di questo decreto fu affidata ai seguenti cittadini cogniti per la loro probità, e cioè Bartolomeo dei Cambi, Filippo Guidoni, Giovanni di Baldino dall'Havere e Giordino Cospi, i quali nominarono il dott. Pietro Cattani di Montassero da Novara ad estensore degli statuti suddetti, che avendo lodevolmente disimpegnata l'affidatagli incombenza fu scelto a primo giudice del Foro dei Mercanti.

Il giudice non poteva essere lettore rotolato, ma forestiero, e che fosse stato assente da Bologna per due anni avanti la sua elezione. Si cominciò nel 1417 a scegliere il giudice fra i cittadini e fra i lettori dello studio, ma però sempre colla clausola di dispensa.

Si proseguì fino al 1427 a prender giudici non nazionali, ma dalla predetta epoca in poi questo tribunale fu sempre presieduto da un bolognese, fra i quali si conta Ugo Boncompagni, che fu poi Papa Gregorio XIIl. La residenza del Foro dei Mercanti fu posta presso il Trivio di Porta Ravegnana dove si congiungono le due strade di Santo Stefano e Castiglione, situazione addattatissima perché prossima alla Dogana antica ed ai siti ove tenevano banco i cambiatori, cioè coloro che prestavano denaro ad usura.

Nel 1337 i mercanti del Cambio, mediante Francesco di Giovanni di Matteo Gandoni, difensore del Cambio, comprarono da Bolnisia, detta Bonisina, figlia di Giacomo Picigotti, e moglie di Ribaldo di Foscardo Foscardi, una casa nell' angolo delle strade di Santo Stefano e di Castiglione, dirimpetto alla chiesa di Santa. Maria di Porta Ravegnana, per L. 450. Qualche storico, e particolarmente l'Oretti, dice che nel 1337 fu fatta la fabbrica della Mercanzia, e forse può esser vero, ma non devesi intendere quella che in oggi veggiamo. Il Masini, senza citare alcun rogito, dice che l'Università delle arti prima del 1439 comprò dal Comune lo stabile venduto dai Beccadelli nel 1294. La fabbrica del foro suddetto, più magnifica che estesa, si cominciò nel 1439 con elegante disegno gotico, ma non progredì con molta celerita, perché nel 1447 i Ghisellardi locarono alla compagnia dei Banchieri una casa nel Carrobbio, presso la Dogana, per risiedervi tribunalmente il giudice. Questa casa fu poi acquistata dalla Camera di Bologna e concessa li 15 febbraio 1473 in affitto a Bartolomeo di ser Pietro Bolognetti, nel qual contratto si dice che questo casamento era altre volte deputato ad uso dei giudici dei mercanti, e a radunanza dei mercanti stessi (vedi palazzo Sampieri).

Potrebbesi quindi fissare il fine della fabbrica dopo il 1450, la quale nel pian terreno consiste in due camere piuttosto vaste, e in un sito ristretto e di figura irregolarissima, nel quale dicesi che il giudice teneva le udienze, e vi pronunziava le sentenze. Il piano superiore è composto di una camera per l'Archivio, una gran sala che serviva di residenza all'Arte dei Cambiatori, o Banchieri, con altare e cappella dedicata a S. Matteo e a S. Michele Arcangelo loro protettori. Questa compagnia ebbe i suoi statuti, ohe sembrano datare fra il 1245 e il 1273, poi rinnovati nel 1481. Nel 1287 eleggevano otto sapienti, e figurava la seconda nelle pubbliche funzioni, e nel magistrato dei Tribuni della plebe. L'ultimo Massaro di questa compagnia fu Pietro Maria Bignami.

La caduta della torre dei Bianchi, seguita li 3 aprile 1484 (vedi Strada Castiglione) diede luogo al seguente decreto delli 28 giugno 1484:

"La Residenza del Giudice, e Consoli dei Mercanti, per la rovina di vicina torre, per la massima parte infranta e diruta, ordina che sia riparata e rifatta a spese della Società delle Arti."

Le due camere a sinistra dell' ingresso, l'una per il notato cancelliere, e la seconda per le sedute e le udienze del Tribunale, appartengono al confinante marchese Sampieri, come pure la scala che ascende alla sala superiore, al quale vien pagato un annuo fitto. I tre lati della facciata sono coronati da un fregio composto degli stemmi delle compagnie d' arti, che in occasione di un generale restauro fatto nel 1614 con spesa di L. 1721, si ebbe cura di farli verificare dai notari Paolo di Giovanni Abelli e Marchettino di Paolo Marsimigli dagli atti dei quali, segnati li 14 e li 55 settembre dell'anno stesso, risulta la seguente distribuzione:

1. Quattro Arti.

2. Pescatori.

3. Bisilieri.

4. Lana Grossa.

5. Sartori.

6. Salaroli.

7. Bombacciari,

8. Calzolari.

9. Fabbri.

10. Merciari.

11. Strazzaroli.

12. Drappieri.

13. Cambisti.

14. Foro dei Mercanti.

Qui il fregio viene interrotto dal cappello che copre un balcone dal quale si pubblicavano le sentenze, si promulgavano decreti, o leggi statutarie e relative al commercio.

15. Foro dei Mercanti.

16. Notari.

17. Macellari.

18. Speziali.

19. Seta.

20. Orefici.

21. Falegnami.

22. Lana gentile.

23. Pellicciari.

24. Calegari.

25. Muratori.

26. Barbieri.

27. Cartolari.

28. Pellacani.

Le arti dette maggiori avevano jus al Consolato della Mercanzia, ed in caso di deficienza di fondi nella cassa del Foro dei Mercanti, concorrevano per consuetudine alle spese di restauri al locale del Tribunale, e contribuivano al mantenimento di questo edifìzio. Le armi di queste arti erano incise in un banco di macigno sotto il portico, che fu distrutto dopo il 1796, ed erano

1. Cambisti.

2. Setajoli.

3. Macellari.

4. Lana.

5. Strazaroli.

6. Speziali.

7. Merciari.

8. Orefici.

9. Calegari.

10. Bombasari

11. Fabri.

12. Salaroli.

I Salaroli erano stati sostituiti ai Drappieri uniti ad altr'arte, e i Drappieri erano stati surrogati ai mercanti, ma non si trova il modo ed il quando seguisse tale surrogazione, né l'esercizio degli individui che componevano la suddetta arte, dei Mercanti, la quale nello Statuto si vede a C. 20 Rub. 6, descritta fra le 12 arti che in quel tempo formavano il Tribunale del Foro.

Davanti al portico vi era una piazzetta contornata da fittoni quadrati, più alta di due gradini del piano delle strade. Nei due angoli del fine della detta piazzetta vi erano due pilastri quadrati sormontati da due leoni sostenenti uno stemma. Appoggiato al pilastrone di mezzo del portico era situato un piedestallo alto piedi quattro circa, sopra del quale all'altezza di un uomo erano murate due grosse catene con collana di ferro, sopra del quale, a quella raccomandati, si esponevano alla berlina i condannati dal Tribunale.

Compagnie d'arti e data dei loro Statuti secondo l'Orlandi :

Banchieri 1245

Barbieri 1288

Battilana 1492 — S. Biagio, alias Materazzari.

Beccari 1285

Bisilieri 1300

Bombaciari 1288

Brentadori 1410

Calegari 1288

Calzolari 1291

Calzolari della vacca 1252

Cappellari 1580

Cartolari 1353

Cimatori 1425 — S. Tommaso.

Cordellari 1686

Cordonari 1301

Drappieri e Strazzaroli. 1256 — S.Girolamo.

Due arti, cioè Cartolari e Tintori. 1303

Fabbri 1281 — Sant'Alò.

Falegnami 1230

Fornari 1405 — S. Lorenzo.

Gargiolari 1667

Guainari 1319

Lana bisella 1288

Lana gentile 1304 — S. Gio. Battista

Mercanti 1273

Merciari 1346

Muratori 1258

Notari 1288

Orefici 1293

Pellacani 1271 — S. Giacomo apostolo.

Pellizzari 1424

Pescatori 1271

Pittori 1602

Purgatori 1568 — Confirmati.

Quattro arti (Spadari Pittori Sellari Guainari) 1382

Revedini 1568

Salaroli 1252

Sartori 1262 — Sani' Omobono.

Spadari 1275

Speziali 1690

Tintori 1580

Tessitori di lana 1630

Tessitori di seta 1540

Tessitori e Tovagliari. Compagnia eretta il primo maggio 1734. Sortì per la prima volta col signifero li 4 ottobre 1734.

Tre arti (Spadari Sellari Guainari) Vedi quattro arti.

Le corporazioni delle arti furon soppresse dall'articolo 384 della Costituzione Cispadana. Il Ministro dell'Interno della Repubblica Cisalpina ordinò li 17 frimale anno 6, che fosse preso possesso dei beni delle arti dall'Amministrazione centrale di Bologna, la quale con suo dispaccio delli 19 novembre 1797 ne commise l'esecuzione alle quattro Municipalità del Comune.

Nel gennaio del 1798 lo stesso Ministro volle concentrati i suddetti beni nella massa dei nazionali, siccome fu eseguito sui primi di febbraio susseguente.

Le arti che esistevano, all' epoca che fu preso possesso dei loro beni, erano:

Barbieri — SS. Cosma e Damiano.

Bombacciari

Brentadori — S. Alberto Carmelitano e S. Alberto Domenicano.

Callegari

Calzolari — SS. Crispino e Crispiniano.

Cambiatori

Cappellari

Fabbri

Falegnami — S. Giuseppe.

Filatoglieri

Gargiolari — San' Antonio Abbate.

Drappieri di lana.

Macellari — S. Domenico.

Merciari — S. Nicolò Vescovo.

Muratori — SS. Quattro Coronati.

Notari.

Orefici — Sanl' Alò, o Sant' Eligio.

Pelliciari — S. Gio. Battista.

Parrucchieri

Pescatori — S. Andrea Apostolo.

Salaroli — S. Matteo Apostolo.

Seta — S. Giobbe.

Speziali — SS. Annunziata.

Strazzaroli, o Drappieri.

Tintori — S. Onofrio.

Tessitori da seta — S. Petronio.

Tre arti.

Secondo un calcolo presentato al. Governo montava la possidenza delle Arti a . L. 261,890,11,02 Dalla quale detratto un passivo di 11,858,12,04 Rimaneva l'attivo a' Bolognesi di L. 250,031,18,10

Le compagnie più ricche erano

Brentadori.

Falegnami.

Drappieri di lana.

Macellari.

Notari.

Salaroli.

Strazzaroli, o Drappieri.

Le arti in corpo reclamarono come proprietà privata i beni incamerati. Per questo ricorso ottennero che le dette proprietà fossero separate dalla massa dei beni Nazionali, e consegnate alle Municipalità del Circondario dove avevano le rispettive loro residenze. In appresso furon facoltizzate ad esperimentare le loro ragioni davanti ai Tribunali, e, pendente il giudizio, l'Imperiale Regia Reggenza deputò ad amministratori del patrimonio delle Arti il cav. Giuseppe Malvezzi e il marchese Paolo Vincenzo Salaroli.

Li 26 novembre 1799 il Giudice ordinario sentenziò a favore delle compagnie d'Arti. Il Sindaco della Reggenza interpose appellazione, ma li 6 febbraio 1800, come da rogito del notaro Angelo Maria Garimberti, fu fatta la consegna di tutti gli stabili, mobili, capitali, ecc. alle rispettive compagnie, ad eccezione di quei beni le cui rendite erano addette a legati pii, e ad oggetti di pubblica beneficenza. Ciascuna Corporazione divise le attività fra i rispettivi individui che la componevano. Da un foglio spedito al Governo in Milano li 30 fiorile anno 6, apparisce che i beni stabili appartenenti alle compagnie d'Arti di Bologna erano stati valutati capaci della rendita di L. 16041, e di capitale L. 247279.

Da un altro foglio si rileva che il loro attivo era calcolato di L. 345,706, 02, 08 ed il passivo di 91,989, 04, 10 per cui si ha patrimonio netto L. 253,716. 17, 10

Capace della rendita sporca di L. 18,160, 14, 04

Spese L. 3,668, 16, 08

Rendita netta L. 14,491, 17, 08

Per più estese notizie intorno alle Arti veggasi strada Caprarie — Arte dei Macellari. —

Si passa le Caprarie

N.70. Casa che dicesi esser stata dei Sampieri. Fu poi di Carlo Antonio Pedretti mercante, che la risarcì notevolmente. Passò in seguilo ad Alessandro e Domenico fratelli Pellegretti, che la vendettero a D. Carlo e Paolo figli del fu Carlo Trebbi.

N.69. Dall' angolo delle Caprarie fino alla via Mercato di Mezzo sono stabili dell' eredità di Tarlato Pepoli, da lui lasciali a pro della pubblica beneficenza, la cui amministrazione era affidata ai Padri Domenicani, e dopo la loro soppressione all' opera dei Vergognosi. Francesco, detto Tarlato, di Romeo Pepoli, fratello di Taddeo, marito di Biasia Galluzzi, mori senza figli li 28 novembre 1330. Il suo ritratto era dipinto sul muro di questa casa vicino alla B. V. chiusa da sportelli, sotto il qual ritratto eravi la seguente iscrizione:

"Commissario del Magnifico Tarlato Pepoli 1330. Restaurato 1744".

Vi sono due torri, o avanzi di torri, che sono visibili dalla strada. (Vedi aggiunte a Strada Castiglione).

Aggiunte.

1517, 13 agosto. Achille e Galeazzo del fu Giacomo Bianchetti, e Donato del fu Gio. Battista Ranzi comprarono da Bartolomeo del fu Battista Ghiselli due case enfiteutiche di Santo Stefano, sotto S. Biagio, in Strada Santo Stefano, in confine della casa abitata dai Bianchetti, di Donato Ranzi formaro, e dei beni delle Povere suore mediante Fossato.

Si noti che le suore della Trinità si dicevano le povere suore di Lodato Cristo. Il canone che pagavano le suddette case fu francato dai Bianchetti li 14 novembre 1521. Rogito Lorenzo Mansumatico.

1520, 25 ottobre. Licenza dei Dazieri a Galeazzo e fratelli, figli del fu Giacomo Bianchetti, per l' esenzione dei materiali per il proseguimento delle loro case in Strada Santo Stefano. Rogito Girolamo Lini.

Queste case dei Bianchetti dovevano essere, o dove fu poi il palazzo Agucchi, ovvero quello dei Scavazzoni. (Vedi Suore della Trinità).

1476, 29 maggio. Tommaso e fratelli, figli di Nicolò Rizzi, comprarono dal Commendatario di Santo Stefano il suolo e terreno sul quale erano prima due case, ridotte in seguito poi ad una sola, già condotte in affitto da detti Rizzi, poste sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 58. confinavano i Balli, altri beni enfiteutici di Santo Stefano di dietro mediante chiavica, e i Seccadenari. Rogito Giovanni Battista Grassi.

1478, 19 settembre, Michele di Petronio Sassoni comprò da Alberto di Evangelista Carbonesi una casa sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 553 d'argento. Confinava i Seccadenari e i Balli. Rogito Cesare Nappi.

1484, 15 dicembre. Divisione tra Evangelista e Pietrantonio di Michele Sassoni, di una casa grande valutata L. 600, posta in Strada Santo Stefano, sotto S. Biagio. Confinava di dietro mediante chiavica il detto Evangelista, e i Balli. Rogito Bernardino Guastavillani,

1511, 27 giugno. La casa dei Sassoni in Strada Stefano confinava con Domenico Avanzi. Rogito Giacomo Zani.

1576, 7 settembre. Giovanni e Carlantonio di Aldrovandino Malvezzi comprarono da Nicolò e Astorre, fratelli Ercolani, parte di una casa con orto grande in Strada Santo Stefano, sotto S. Giuliano, per scudi 1200 d'oro da L. 4,5 per scudo. Rogito Giulio Piacentini.

Confinava altra casuccia di Pandolfo Oricellari a sera, Giacomo Bucii a mattina, le suore della Trinità a mezzodì, e la via dei Coltellini. Questo sembrerebbe un patto di francare a carico Oricellari, venduto dall'Ercolani al Malvezzi, e imposto sulla casa che fu poi degli Agucchi.

1586, 21 marzo. Casa grande di Domenico di Battista Prati, in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio. Confinava cogli eredi di Domenico Dosi, e colla casa che veniva appresso, la quale era posta in detta strada e parrocchia, e confinava con detto Domenico Dosi. Ambedue questi stabili erano valutati L. 3000.

Poeti

1511, 8 maggio. Fu restituita la dote dai figli a Dota di Fantuzzo Fantuzzi, vedova di Ercole Poeti, mediante due case sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, che pagavano soldi 30 annui a Santo Stefano, ed erano valutale L. 917, alla qual somma furono aggiunte altre L. 1666, 6, 8 in denaro contante. Le dette due case confinavano coi Bonfiglioli e coi Caprara. Rogito Antonio Salimbeni. Passarono poi ad un Bonfiglioli, terzo marito della suddetta Dota. Si abbia presente che i Fanluzzi confinavano col N. 96 di Strada Santo Stefano.

1584, 12 marzo. Margherita Picinelli comprò da Bonifacio Elefantuzzi una casa grande in Strada Santo Stefano, per L. 9200. Rogito Giulio Piacentini. Sembra la casa Fantuzzi da Santo Stefano, ma con patto di francare.

Rossi

1444, 3 marzo. Battista Poggi comprò da Pietro Pellizzaro la metà di una casa ad uso di forno, posta sotto Santa Tecla, per L. 100. Rogito Signorino Orsi. Confinava il venditore da due lati, e i beni di Santa Trinità de Montanaria dello lo Spedaletto.

1467, 10 ottobre. Cessione di Antonio Bonafede a Bartolomeo Rossi sopra la quarta parte di due case in Strada Santo Stefano, per L. 300. Rogito Giovanni Desideri.

Questa parte era per indivisa cogli eredi del fu Pietro Toschi Pellizzaro. Una di delle case era grande, e posta in Strada Stefano sotto Santa Tecla in confine del compratore Rossi, di Lippo Beccadelli, di Giovanni Rustighelli, e di Ugolino del fu Stefano Toschi.

1509, 18 settembre. Nicolò e fratelli Bargellini comprarono da Filippo Arsenati una casa con orto sotto S. Biagio in Strada Stefano, per L. 341. Rogito Paolo Zani. Era enfiteutica di Santo Stefano .e confinava con Filippo Buglioli a oriente, e coi Seccadenari a ponente. Questa casa, per i confini Buglioli. e Seccadenari, pare potesse essere verso Agucchi.

1614, 26 settembre. La casa dei figli di Tommaso Volta confinava con Giovanni Battista Chiossi, cogli eredi di Domenico Pulzoni, ed era posta sotto la parrocchia di S. Biagio, e valutata L. 6000. Rogito Lucio Albani. Sembra che fosse dalle parti del palazzo Agucchi.

1435, 23 aprile. L'Ospedale della Morte prese possesso di due case contigue poste sotto Santa Tecla, in Strada Stefano, in confine dell' orto del fu Giacomo da Ignano, degli eredi di Zanzolo Beccadelli, di Andrea Rustighelli e della via pubblica, più l'orto confinante con dette case e colle vie. Queste case erano provenienti dall'eredità di Nerio Paltroni qual erede sostituto di Giacomo e di altri da Ignano. I da Ignano avevano le case poi Boselli sotto la Ceriola, e secondo il suddetto instrumento le loro proprietà si estendevano più oltre in Strada Stefano verso il voltone di S. Gio. in Monte sul suolo ove trovasi presentemente il teatro del Corso.

1481, 3 novembre. Francazione di Astorre del fu Filippo Bargellini da Bartolomeo del fu Lippo Beccadelli di parte di una casa grande sotto Santa Tecla di Strada Stefano, per L. 616, 12, 40 d'argento. Rogito Domenico Amorini. Confinava Strada Stefano, detto Astorre mediante chiavica comune a settentrione, e di dietro collo stesso Astorre, e con Bartolomeo di Mino Rossi a mezzodì.

1528, 4 giugno. Casa con stalla e due botteghe sotto il portico, appartenente a Francesco del fu Giovanni Bolognini. Era situata in piazza Santo Stefano e confinava con Gio. Andrea Bolognini, i Banci (piuttosto Bianchi) mediante un vicolo di dietro, e l'orto dei Pepoli. (Il vicolo deve essere quello già detto Paisio).

PepoIi

1290, 2 giugno. Pietro del fu Bongiovanni Pepoli comprò da Matteo del fu Testa Rodaldi parte di certo casamento posto sotto Santo Stefano, per L. 160. Rogito Petrizolo Vandoli.

1293, 6 novembre. Romeo del fu Zera Pepoli comprò da Chiara Boccadecani, moglie di Bonacossa Passavanti, due parti della metà di un casamento sotto Santo Stefano, per L. 300. Rogito Petrizolo Vandoli.

1294, 9 giugno. Romeo Pepoli comprò da Succio Senello Fiorentino un edifizio di una casa costruita sopra suolo e terreno del detto Pepoli, posto sotto Santo Stefano, per L. 35. Rogito Aldraghetto Vandoli.

1295, 11 giugno. Pietro del fu Bongioanne Pepoli comprò da Matteo del fu Testa Rodaldi certo casamento posto sotto Santo Stefano, in confine di un Androna, per L. 260. Rogito Petrizolo Vandoli.

1396, 21 maggio. Giovanni, a nome di Romeo Pepoli di lui padre, comprò da Pietro del fu Bongioanni Pepoli certo casamento sotto Santo Stefano, con tutta la sponda del muro grosso che era presso l'Androna, più la metà dell' Androna stessa. Rogito Petrizolo Vandoli.

1339, 4 aprile. Giacomo di Taddeo Pepoli comprò da Cossa del fu Bombologna un casamento dal lato di dietro di uno stabile dove abitava il detto Cossa, posto sotto Santo Stefano, per L. 20. Detto casamento era lungo da levante a sera piedi 15, e da mezzodì a settentrione piedi 13. 1347, 29 settembre. Morte di Taddeo Pepoli.

Guasto Beccadelli

Le inimicizie fra i Beccadelli, i Griffoni e i da Castel de' Britti, determinarono il Consiglio a far tagliar la testa ad Ameo Beccadelli, e far demolire le sue case nel 1142, poi per interposizione di frate Giovanni da Vicenza domenicano fecero pace nel 1244. Penetrati i Lambertazzi, venuti dalla Romagna, a Bologna, fecero strage dei Beccadelli, distrussero dai fondamenti il castello di Beccadello, assistiti dai Castel dei Britti, e atterrarono la bella e artificiosa torre nelle Giupponerie fabbricata nel 1114 dagli Artenisi Beccadelli, uccisero Mino Beccadelli, e bruciarono la sua magnifica casa che era dove è oggi il Foro dei Mercanti, il cui suolo fu venduto al Consiglio da Beccadino di Mino nel 1278. Si noti che la detta compra fu fatta li 19 luglio 1294. (Vedi Foro dei Mercanti).

1446, 28 febbraio. Pietro Ferlino cede a Pellegrino del fu Paolo Zambeccari una casa sotto S. Biagio, per L. 300. Rogito Azzone Bualelli.

1635, 3 dicembre. I Padri di S. Biagio comprarono la casa di Chiara Manzolini, per L. 6500. Rogito Girolamo Berò.

1635, 16 aprile. I Padri di S. Biagio comprarono da Chiara del fu Giulio Cesare Manzolini una casa con orto sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 6500. Confinava Prospero Soavi e i compratori. Rogito Giovanni Francesco Rossi.

1606, 22 marzo. Clemente Agucchi comprò da Emilio Lucchini una casa in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio, presso Gio. Francesco Castellani e Bartolomeo Zani, per L. 4600. Rogito Vincenzo Bindi.

1608, 25 ottobre. Elisabetta Castellani comprò da Gio. Francesco, suo fratello, i miglioramenti di una casa sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 4000. Confinava Giulio Manzolini e Paolo Emilio Lucchini. Rogito Carlo Manzolini.

Lupari

1454, 9 settembre. Bolognini Filippo e fratelli, figli del fu Girolamo, vendettero a Giacomo del fu Ghedino Ghedini e a Francesco suo figlio, una casa sotto Santo Stefano presso la via del Luzzo dal lato di sotto, per L. 750 dl' argento. Rogito Melchiorre Azzoguidi. Confinava con Baldassarre e nipoti Lupari, e con Giovanni di Testa Gozzadini a settentrione.

1452, 13 aprile. Filippo Bargellini comprò da Nicolò Banzi due case nella via di Santo Stefano, e ne diede in cambio due altre poste nella stessa strada. Rogito Floriano Montecalvi.

1458, 13 maggio. Tommaso Tebaldi affittò una casa a Lodovico Caccialupi in cappella Santo Stefano, presso la via di Santo Stefano, la via Miola e gli Aldrovandi. Rogito Domenico Muletti.

1428, 14 maggio. I Difensori dell'Avere concessero a Bartolomeo e fratelli da Tossignano di fabbricare una casa sotto Santa Tecla. Rogito lacopo Mantachiti.

1469, 19 aprile. Samaritana Pellicani Ghiselli comprò da Biagio Machiavelli una casa enfiteutica di Santo Stefano, posta in Strada Santo Stefano, per L. 70. Pagava soldi 16, 6 di canone. Rogito Baldassarre Grassi.

1624, 10 dicembre. Vincenzo del fu Marcantonio Ghiselli comprò da Angelo Michele Tacconi, per L. 4200, una casa con bottega in Strada Stefano, metà della quale enfìteutica di Santo Stefano, per cui si pagavano soldi 10 annui. Rogito Camillo Benni.

1637, 18 febbraio. Giovanni Mori comprò da Marcantonio Anselmi, per L. 6300, i miglioramenti di una casa con orto, posta in Strada Stefano, di diretto dominio di Santo Stefano, al quale si pagava il canone di L. 1, 16, 3. Rogito Benvenuto Periacini.

1578, 29 gennaio. Marsilio Lombardi comprò da Paolo Zagnoni una casa in Strada Stefano, per L. 2500. Rogito Giovanni Maria Panzacchia. 1662, 15 febbraio. Gio. Battista Magnani comprò da Gregorio Castellani una casa in Strada Stefano, sotto S. Biagio, per L. 2500. Rogito Fabrizio Viggiani.

1586, 21 marzo. Domenico del fu Battista Prati aveva una casa grande sotto S. Biagio, in Strada Santo Stefano, e in confine d'altra pure di sua ragione, non ché degli eredi di Domenico Dosi, e di altri. L'altra casa confinava cogli eredi di Domenico Dalle Donne.

1659, 24 maggio. Bartolomeo Civetti aveva casa con tre botteghe dalla Mercanzia, e questa fu acquistata da Vincenzo Dosi. Rogito Marcantonio Casarenghi.

1478, 19 settembre. Michele di Petronio Sassoni comprò da Alberto di Evangelista Carbonesi una casa sotto S. Biagio in Strada Stefano, per L. 553, 17, 7 d'argento. Confinava i Seccadenari e i Balli. Rogito Cesare Nappi.

1484, 15 dicembre. La casa grande di Evangelista e Pietrantonio di Michele Sassoni, posta in Strada Stefano sotto S. Biagio, confinava di dietro il detto Evangelista mediante chiavica, ed i Balli, ed era valutata L. 600. Rogito Bernardino Guastavillani.

1511, 27 giugno. La casa dei Sassoni in Strada Stefano confinava con Domenico Avanzi. Rogito Giacomo Zani. 1571, 23 aprile. Gio. Battista Falconi vendette a Marcantonio Lupari una casa in Strada Santo Stefano, sotto S. Biagio, presso i Zani, per L. 4305. Rogito Pirino Lucchini.

1426, 9 febbraio. Casa dei coniugi Giacobino Seda e Margherita Cristiani, posta sotto Santa Maria di Porta Ravegnana, e affittata a Matteo e Battista, padre e figlio Magnani, per L. 120 annue.

1387, 12 giugno. Bartolo di Gotto da Tossignano comprò da Bartolomea due case ed una casetta contigua, poste sotto Santa Tecla di Strada Stefano, per L. 558. Rogito Berto Donati.

1584, 12 marzo. Margherita Piccinelli comprò da Bonifazio Elefantuzzi una casa grande in Strada Santo Stefano, per L. 9200. Rogito Giulio Piacentini.

1569, 29 gennaio. Costanzo del fu Cristoforo Scotti comprò da Petronio del fu Angelo Michele Delfini, alias de Dosi, una casa in Strada Stefano, per L. 3100. Rogito Melchiorre Panzacchia.

1677, 23 gennaio. Casa grande dei Righi in Strada Santo Stefano, con stalla che aveva accesso nella via Remorsella.

1395, 3 aprile. I Padri di S. Gio. in Monte vendettero a Baldo e Cambio di Alberto un terreno ossia casamento posto sotto Santa Maria di Castel de' Britti in Strada Santo Stefano, per L. 80. Confinava l'orto del Monastero. Rogito Rinaldo Formaglini.

1395, 21 gennaio. Il Rettore di Santa Maria di Castel de' Brilli locò a Bartolomeo di Matteo Tintore una casa ruinosa, dopo la quale vi era un pezzo di terreno di diretto dominio dei Padri di S. Gio. in Monte, ai quali si pagavano annui soldi 8. La detta casa era posta sotto S. Gio. in Monte, e confinava coll'orto del monastero mediante una strada. Rogito Rinaldo Formaglini.

Sotto la data delli 24 maggio 1426 si trova che fra la casa dove abitò Tesi in Cartoleria Vecchia, l'orto di S. Gio. in Monte e Bartolomeo di Matteo Tintore, vi era una viazzola che passava dalla via dei Chiari a quella di Santo Stefano. Rogito Giovanni Malvasia.

1591, 18 maggio. Lorenzo Agocchia comprò da Camillo Ercolani una casa in Strada Stefano per L. 6200. Confinava con Marsiglio Lombardi e con Marcantonio Martini. Rogito Antonio Malisardi.

1734, 20 ottobre. Fabio Agocchi comprò dai conti Cesare e Giuseppe Mattioli una casa in Strada Stefano, per L. 4300, la qual casa era enfileutica di Santo Stefano. Rogito Camillo Canova.

1389, 18 agosto. Casa di Gerardo del fu Enrighetto di Alberico Lambertini, posta sotto S. Gio. in Monte, presso il forno dei Padri di S. Gio. in Monte. Questa casa faceva parte dell'eredità di Catterina Beccadelli, e fu venduta a Bernardo Bargozza.

1299, 12 febbraio. In quest'epoca seguì la divisione fra Maggio e Pietro Racorgiti. A Pietro toccò una casa in cappella Santo Stefano.

1576, 7 settembre. Giovanni e Carlanlonio Aldrovandini Malvezzi comprarono da Nicolò e Astorre, fratelli Ercolani, parte di una casa con orto grande, in Strada Stefano sotto S. Giuliano, per Scudi 1200 d'oro da L. 4, 5 l'uno. Rogito Giulio Piacentini. Confinava con una casuccia di Pandolfo OriciIlari a sera, con Giacomo Bucci a mattina, colle suore della Trinità a mezzodì e colla via Coltellini.

1578, 24 maggio. Carlo del fu Vincenzo de Tacconi rinnovò la locazione enfiteulica per una casa sotto S. Biagio in Strada Stefano. Confinava detta strada a mezzodì, Giovanni Guzzoni a sera, Giacomo Berna a mattina, e i Dosi a settentrione. Pagava annui soldi 2, 6. Rogito Michele del fu Lodovico Barberi.

1579, 23 gennaio. Altra rinnovazione di Angela di Girolamo Girardelli, vedova di Ovidio del fu Cesare Gibelli speziale, per una casa in Strada Stefano sotto San Biagio. Confinava a mezzodì della strada, Girolamo Ringhiera a settentrione, Maria Sassano a mattina, e i Pettorali a sera.

1580, 9 giugno. Altra rinnovazione di Gio. Battista Pulzoni per una casa sotto S. Biagio. Confinava Strada Stefano a mezzodì, il Pulzoni a sera, Brunello Magnani a settentrione, e gli eredi del fisico Ovidio Gibelli a mattina. Pagava baiocchi 16 annui. Sembra che prima fosse locata. a Domenico di Nicolò Pettorali alias Montesanti. Rogito idem.

1573, 29 aprile. Carlo del fu Andrea Barberino locò una casa sotto S. Biagio che confinava con Strada Stefano a mezzodì, Berto Pulzoni a sera, gli eredi di Giovanni Tacconi a mattina, e Bartolomeo de Rameno strazzarolo a settentrione. Rogito Barberi.

1574, 27 agosto, Fu locata ad Annibale Battilana una casa sotto S. Biagio. Confinava con Strada Stefano a settentrione, i Scadinari a mezzodì e a sera, e i Duglioli a mattina. Pagava annui soldi 32. Rogito Angelo Michele Barberi.

1584, 20 novembre. Paolo del fu Giovanni Ciamenghi da Firenze, calzolaio, locò una casa sotto S. .Biagio. Confinava Strada Stefano a mezzodì, Domenico Frali a mattina, Costanze Scotti a sera, e gli eredi di Giacomo Dosi a settentrione. Rogito Angelo Michele Barberi. 1574, 23 novembre. Antonio e fratelli de Rovereto locarono una casa sotto S. Biagio. Confinava con Strada Stefano a mezzodì, coi Righi dì sotto mediante chiavica a settentrione, coi Barnioli a sera e Giacomo Salarolo. Rogito Angelo Michele.

Si apprende da diversi rogiti che l' ospedale di Santo Stefano fece le seguenti locazioni, e cioè:

1570, 29 luglio. Ad Andrea di Fantino dei Formoli, gessarolo, locò una casa sotto S. Biagio, che confinava Strada Stefano a mezzodi, gli eredi di Serra, calzolaio, a mattina, Giovanni da Sassuno a sera, e i Beccadellì a settentrione. Rogito Angelo Michele dì Lodovico Barberi.

1559, 22 settembre, A Diamante di Gio. Maria Fornasari, moglie di Francesco del fu Petronio de Risanata, una casa sotto S. Biagio in Strada Stefano, che confinava con Lodovico Sani, poscia co' suoi eredi, e con Bonifacio Fantuzzi. Rogito Nanne di Andrea Costa.

1575, 13 aprile. A Carlo di Andrea e ai nipoti del fu Giovanni de Ducii da Barberino, una casa con corte ortiva sotto S. Biagio in Strada Stefano, che confinava detta via a settentrione, i Dosi a mattina, i Bianchini, successori di Giovanni Battista Pisii, da due lati, cioè a mezzodì ed a sera. Rogito Michele del fu Carlantonio Barberi.

1575, 6 giugno. A Sebastiano del fu Biagio Tusii, lardarolo, e ad Elisabetta del fu Alessandro Marescalchi alias Burli, di lui moglie, due case contigue sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, che confinavano della strada, gli eredi di Giovanni Idelani, e il fu Giovanni Bargellini, allora Melchiorre Mogli, e di dietro il fu Antonio Boatieri, poscia gli eredi di Michelangelo Dosi. Rogito Cristoforo di Gabriele Guidastri.

1577, 24 aprile. A Domenico Pettorali di Monte Santo, per canone di bai. 16 e denari 6, una casa sotto S. Biagio, che confinava con detta strada a mezzodi, con Francesco Zani a sera, con gli eredi del fu Cesare Zibetti a mattina, e con Burnello Burnelli a sellentrione. Rogito Angelo Michele di Lodovico Barberi.

1577, 1 giugno. Agli eredi del fu Carlo Ducii di Barberino una casa in Strada Stefano sotto S. Biagio, che confinava con Berto Pulzoni, cogli eredi del fu Giovanni Tacconi, e con Bartolomeo Rainieri, strazzarolo, mediante chiavica. Rogito Porzio Seva.

1577, 5 novembre. A Sulpizia Beccadelli, moglie di Petronio Arsenale, una casa sotto S. Biagio, che confinava strada Stefano a settentrione, Bonifazio Fantuzzi a mattina, e il dott. Domenico Pettorali di Monte Santo a mezzodì ed a sera. Pagava soldi 6.

1454, 4 febbraio. Gio. Francesco di Giacomo di Ghedino comprò da Giovanna del fu Bartolomeo, detto il Beccaro, una casa sotto Santo Stefano per L. 200 di Bolognini d'argento. Rogito Matteo Caprara.

1624, 15 marzo. Cesare Grati comprò da Gio. Francesco suo frateIlo la terza parte di una casa con stalla posta in contrada e parrocchia Santo Stefano, per L. 7615. Rogito Marcantonio Fasandi. Confinava con Pandolfo Scaramuzzi a occaso, colla strada davanti, con uno stradello a oriente, e con Gio. Antonio Fantini dal lato posteriore.

1535, 14 giugno. Bartolomeo Beccadelli vendette a Samaritana Morandi Dolfì una casa sotto S. Biagio, per L. 2000. Rogito Giovanni Bertolini.

1561, 24 marzo. Marcantonio del fu Dionisio Zani comprò da Gio. Battista Zampoli, o Ratta, i miglioramenti di una casa con tre corti, sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano, per L. 800. Confinava coi beni già Rota, passati poi per eredità ad Antonio Montorselli, e colla chiavica di dietro. Rogito Girolamo Solimani. Sembrerebbe il palazzo già Zani, poi Odorici.

1606, 22 marzo. Livio del fu Clemente Agocchi comprò da Emilio Lucchini una casa in Strada Stefano sotto S. Biagio, presso Gio. Francesco Castellani, e Bartolomeo Zani. per L. 4600. Rogito Vincenzo Bindi.

1608, 25 ottobre. Elisabetta Castellani comprò da Gio. Francesco Castellani, suo fratello, i miglioramenti di una casa sotto S. Biagio in Strada Santo Stefano per L. 4000. Confinava con Giulio Manzolini e con Paolo Emilio Lucchini. Rogito Carlo Manzolini.

1483, 30 aprile. Gio. Benedetto Barbieri comprò da Bartolomeo dal Bue la terza parte di una casa sotto Santa Maria di Castel de' Britti, per L. 338, 6, 8. Rogito Matteo Curialti. Confinava i beni di detta chiesa condotti in enfiteusi dal venditore, e prima da Lodovico di lui fratello, gli eredi di detto Lodovico da due lati, e gli eredi del fu mastro Biagio Barbieri.

1446. Casa di Tommaso Bazagliero Tebaldi, con portico. Detta casa era posta sotto Santo Stefano.

1447, 15 luglio. Benedetto di Domenico Morandi comprò da Bartolomeo del fu Matteo Preti la terza parte per indiviso di una casa sotto S. Biagio nella Strada Stefano, per L. 300. Rogito Bonaventura Paleotti.

1317, 5 maggio. Zoene di Filippo Pepoli comprò da Agnese del fu Ubertino Rubini, e dai di lei figli, una casa con corte, e altra casa o edifìzio posto sopra la predetta, sita in Strada Santo Stefano sotto S. Biagio, per L. 108. Rogito Giacomo Martelli.

1444, 3 marzo. Battista Poggi comprò da Pietro, pellizzaro, la metà di una casa ad uso di forno, posta sotto Santa Tecla, per L. 100. Confinava col venditore da due lati, e coi beni dello Spedaletto di Santa Trinità de Montanaria. Rogito Signorino Orsi.

1618, 13 febbraio. Casa grande del conte Giovanni Taddeo Bianchi in Strada Santo Stefano, affittata per annue L. 400. Era posta sotto la Ceriola, e confinava coi successori di Tiberio Rossi, e con Simone Scuderi. Rogito Giacomo Mondini. In questa casa abitava Tommaso Magnani.

1495, 19 dicembre. Baldassarre dalla Torre comprò da Bartolomeo e fratelli Refrigeri una casa sotto Santa Tecla, per L. 300. Rogito Stefano Ardizzoni.

1529, 10 settembre. Ghinolfo Bianchi comprò da Carlo Beccadelli una casa in Strada Santo Stefano, per L. 3700. Rogito Andrea Bovi.

1599, 8 gennaio. Giacomo Borzani comprò da Cesare e fratelli Mani una casa con quattro botteghe sotto. Era posta in Strada Santo Stefano, e sotto la parrocchia di S. Biagio. Rogito Giovanni Asinerie.