Bulgari

Famiglia già cospicua e numerosa intorno alla metà del secolo XII, della quale le nostre carte ricordano un Amedeo di Gherardo, che nel 1133 ricevette l'investitura di alcune terre del bolognese (1); e Bulgarello d' Alberto e Ugo e Lambertolo, figli di Pietro, presenti alla donazione del castello di Trentola fatta al comune d' Imola da Guarino e nipote nel 1141; e Pellegrino ch'essendo podestà d' Imola le impetrò la protezione di Federico imperatore (1159) (2). Al tempo stesso questa famiglia era illustrata dal famoso Bulgaro detto os aureum per la dottrina nelle leggi e per facondia.

Da taluno fu detto pisano, ma il dotto Sarti lo rivendicò a Bologna. Credesi gli fosse maestro Irnerio; tenne il primato nelle scuole del diritto, fece ottime glose e pare gettasse i fondamenti de'patrii statuti. Con gli altri grandi giureconsulti bolognesi Martino Gossia, Jacopo e Ugo da Porta ravennate assistè alla dieta generale tenuta in Roncaglia da Federico imperatore (1158), e col consiglio concorse a stabilire le leggi del regno italico. Cavalcava egli un dì con Martino allato di Federico, secondo che narra un antico scrittore seguito dal Muratori (3), ma non creduto dal Sarti, allorchè Federico gli volse questa dimanda: son io giuridicamente padrone del mondo ? Bulgaro rispose di no, quanto alla proprietà. Martino da cortigiano disse che si e piacque e fu donato del palafreno cavalcato dall' imperatore. Onde Bulgaro ebbe poi a dire: Amisi equum, quia dixi aequum, quod non fuit aequum.

È stato creduto, sull' autorità del Saliceto, che Bulgaro fosse fatto vicario imperiale di Bologna, ma i critici moderni lo attribuiscono ad errore (4). Allorchè Bologna ribellatasi al l' impero (1164) era minacciata dappresso dal distruttore di Milano, Bulgaro con altri primarii giureconsulti andò al campo dell' imperatore, vi perorò per Bologna e mitigò lo sdegno di lui (5).

Ad una grande dottrina Bulgaro accoppiava altrettanta rettitudine e se ne ricorda questo esempio. Egli reputava che, premorendo la moglie, dovesse il vedovo restituire la dote al suocero, anche se avesse avuto figli. Ora avvenne che, mortagli la moglie, il padre suo dimandò a Martino Gossia se poteva ripetere la dote, e Martino rispose che credeva di no, nè l' avrebbe egli resa se si fosse trovato nel caso. Potevala però chiedere il suocero a Bulgaro, poichè questi era di diverso parere. La chiese, e Bulgaro la restituì conseguentemente alle proprie dottrine.

Ma Bulgaro, benchè vecchio passò a seconde nozze e accadde che il dì seguente si fece a spiegare agli scolari la legge che comincia rem non novam neque insolitam, ond' essi maliziosamente, come narra Odofredo, traendo da queste parole allusioni alla, sposina che aveva fatto dire di sè, menarono gran scalpore e con la voce e col battere dei libri sulle panche. Bulgaro giunse ad età decrepita, onde ridivenuto intellettualmente bambino si trastullava co' fanciulli. Morì intorno al 1166 (6). La sua vedova Imelda lasciò erede delle proprie sostanze l' eremo di Camaldoli (7).

Bulgarino suo figlio fu giureconsulto e professore di molto grido e premorì d'un vent'anni al padre, il cui dolore fu sommo (8).

I Bulgari nobili di parte geremea provarono qual fosse la inimistà dei Garisendi. Conciossiachè Oliviero Garisendi venuto a contesa con Tommaso Bulgari, gli uccise un figlio nel 1194. Fuggito in Francia e messo al bando tornò poichè fu morto Tommaso; ed istigato dalla moglie a vendicarsi dei Bulgari, ai quali imputava l'esilio tredicenne di lui, Oliviero s'avviò con plebaglia armata alle case dei Bulgari, le espugnò, le arse abbruciando tutta la famiglia di Tommaso, tranne un fratello che prima egli aveva trucidato sulla via (9).

Da Federico, fratello di Bulgaro, discesero per avventura coloro che estinguendosi nel secolo XIV ebbero a eredi i Lambertazzi (10). Quando vennero riscattati i servi della gleba, i Bulgari ne avevano soltanto undici.

Le case e la torre loro erano presso il piazzaletto, ora chiuso, nel vicolo della Scimia, che chiamavasi curia o corte dei Bulgari (11), così come dei Bulgari era detta la vicina parocchiale di s. Maria. Queste case torrite occupavano una parte dell' area su cui fu costrutto l' archiginnasio, e dopo la morte di Bulgaro vi risiedette il podestà, onde l' istrumento col quale i consoli e il popolo di Monteveglio si assoggettarono ai Bolognesi nel 1198 è « Actum in domo quondam domini Bulgari ubi moratur prefatus potestas » (12).

Ho già accennato che queste case furono abbruciate per malvagità d' un Garisendi, la torre però rimaneva, almeno in parte, nel 1432, poichè un documento di tal anno citato dal Toselli (13) fu redatto « in capella s. Mariae de Bulgaris in domo hospitii Tabernarii, iuxta viam publicam et iuxta turrim Bulgariorum ». Il Guidicini scrisse (14) che le tracce di questa torre vedevansi tuttavia sotto le logge inferiori dell' archiginnasio a sinistra dell' entrata nel cortile, ma le ho cercate inutilmente.

(1) Savioli, Ann. v. 2, pag. 195.

(2) Savioli, Ann. v. 2, pag. 199, 257.

(3) Annali, v. 10, pag. 337.

(4) Sarti, De claris archig. v. 1, pag. 30. Savioli, Ann. v. 1, pag. 356, 358. Fantuzzi, Notiz. v. 2, pag. 370.

(5) Savioli, Ann. v. 1, pag. 340, 342.

(6) Sarti, De claris archig. v. 1, pag. 30. Fantuzzi, Notiz. v. 2, pag. 370. Savioli, Ann. v. 1, pag. 340, 342, 356, 358.

(7) Masina, Bolog. perlustr. (corretta) v. 1, p. 2, pag. 342.

(8) Sarti, De claris archig. v. 1, pag. 37. Fantuzzi, Notiz. v. 2, pag. 369.

(9) Ghirardacci, Hist. v. 1, pag. 103, 110, 112.

(10) Fantuzzi, Notiz. v. 2, pag. 373.

(11) Guidicini, Cose not. v. 4, pag. 362. Alidosi, Instrut., pag. 18.

(12) Savioli, Ann. v. 2, pag. 240.

(13) Memor. stor. document., pag. 150, 176.

(14) Cose not. v. 4, pag. 362.