Domande e risposte a settembre (e ottobre) - 6
di Dario Culot
Angeli, dsegno di Rodafà Sosteno
19. Mi vien chiesto di spiegare in poche parole cosa è l’apocatastasi.
Si tratta di un termine che riguarda la salvezza dell’umanità, e ricordo che alla domanda fatta a Gesù, se sono pochi quelli che alla fine si salvano, Gesù non ha risposto (Lc 13,23ss.). La Chiesa invece ha presto cominciato a dire che molti sarebbero finiti all’inferno.
Qui s’inserisce la parola apocatastasi. Anche questo è termine greco che non si trova nei vangeli ed è stato inventato dalla teologia. È stato usato per primo dal teologo nord-africano di cultura greca Origine (185-254), il quale ha fatto queste considerazioni:
- Dio onnipotente e infinitamente buono necessariamente sarà vittorioso alla fine dei tempi;
- la creazione iniziale perfetta è stata rovinata dal serpente (Satana) e dalla prima coppia (Adamo ed Eva);
- la vittoria finale di Dio non potrà essere solo parziale. La sua sarebbe una vittoria di Pirro se Satana riuscisse a portare tanti uomini definitivamente all’inferno;
- quindi, la vera vittoria di Dio sarà necessariamente totale e tutti i dannati (Satana compreso) saranno alla fine salvati: si tornerà dunque alla perfezione iniziale.
Origene era troppo famoso e influente all’epoca perché qualcuno osasse attaccare la sua tesi, che venne dichiarata eretica appena tre secoli più tardi, col concilio di Costantinopoli del 543 d.C.
Ma, come sempre, una tesi che non piace viene dichiarata eretica dai concili senza ricorrere a una convincente e tranciante argomentazione logica per spiegare dove sta l’errore, e di sicuro non si può dire che la teoria dell’apocatastasi sia priva di logicità.
20. Perché alla Chiesa non piace la cremazione e proibisce di disperdere le ceneri o di tenerle in casa?
In realtà, dal lontano 1963 con l’Istruzione Piam et constantem, la Chiesa – pur confermando la preferenza per l’inumazione - ha chiarito che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana», per cui non devono essere negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta «come negazione dei dogmi cristiani, o con animo settario, o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa». Dopo secoli di proibizione, la Chiesa ha cambiato idea. Quindi, in precedenza, la Chiesa aveva sbagliato a negare le esequie cristiane a chi aveva chiesto di farsi cremare. Ma chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato, per cui non si può far più niente per coloro ai quali era stato negato il funerale in chiesa. Come sempre, dobbiamo consolarci pensando che Dio è più grande della Chiesa, e non si sofferma a guardare se qualcuno arriva davanti a lui avendo ottenuto o meno i sacramenti che – secondo la Chiesa - sono essenziali per presentarsi degnamente da Lui.
Nel 2016, con l’istruzione Ad resurgendum cum Cristo, la Congregazione per la dottrina della fede, dando nuovamente preferenza alla sepoltura perché Gesù è stato sepolto, ha esplicitamente affermato che «Laddove ragioni di tipo igienico, economico o sociale portino a scegliere la cremazione, scelta che non deve essere contraria alla volontà esplicita o ragionevolmente presunta del fedele defunto, la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi».
Vien detto che l’inumazione è comunque la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale. Obietto: ancorché il corpo ci metta più tempo rispetto alla cremazione, alla fine si riduce comunque in polvere, per cui non vedo grande differenza con la cenere. Con l’inumazione la Chiesa intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano? Obietto: è più dignitoso l’incenerimento, oppure vedere un corpo tutto invaso da vermi che si disfa lentamente? È stata sempre la Chiesa a ricordarci – piuttosto brutalmente, - “il fuoco inestinguibile (dell’inferno) roderà e brucerà il corpo di fuori; i vermi di dentro roderanno e bruceranno il cuore”[1]. Non vedo grande dignità per il corpo umano.
Viene poi ribadito che le ceneri non possono essere disperse, né tenute in casa, né in oggetti (tipo medaglioni) che magari s’indossano, ma devono essere conservate in un luogo sacro, opponendosi alla tendenza a occultare o privatizzare l’evento della morte e il significato che esso ha per i cristiani.
Si teme che la dispersione possa portare a pensieri panteistici (secondo cui Dio è tutto e che il tutto è Dio), e si perde la devozione riservata ai defunti. La spiegazione mi sembra abbastanza debole, perché nelle religioni in cui si pratica comunemente la cremazione non succede nulla di quanto temuto dalla Chiesa[2]. Non vedo perché il ricordo del defunto debba essere richiamato solo in un sacro cimitero e non in mezzo alla natura, soprattutto considerando che Gesù non pregava mai in un luogo sacro, ma sempre in luoghi naturali.
Se poi si sostiene che la cremazione contraddice di fatto la risurrezione dei corpi, perché viene a mancare la materia prima affinché il corpo torni a vivere, si può chiedere come un corpo potrebbe risorgere quando un uomo viene divorato da un altro animale, o quando viene vaporizzato da un’esplosione. Evidentemente Dio non ha le stesse preoccupazioni della Chiesa, e avrà le sue vie affinché la vita di ciascuno possa proseguire in un modo nuovo, che comunque non conosciamo e non possiamo conoscere.
21. Ha senso digiunare e pregare per la pace?
Più di qualcuno pensa di sì. Personalmente, invece, credo che chiedere a Dio di fare qualcosa al nostro posto, offrendogli in cambio preghiere e digiuni sia più da atei che da cristiani. Dopo duemila anni, noi siamo ancora paganeggianti, e al pari degli antichi romani ci aspettiamo che Dio risponda alla nostra offerta di prestazione rituale con una controprestazione assistenziale. In tanti sono ancora propensi a comportarsi come il popolo romano che, nell’apprendere la morte di Germanico, a lui assai caro, s’infuriò, si precipitò nel Tempio ed abbatté gli altari rovesciando nelle strade le statue degli dei che avevano permesso la sua morte[3]. Siamo atei pagani perché pensiamo di influenzare Dio (come i pagani facevano con un determinato dio o demone) con la costrizione o con la preghiera. Insomma, è sbagliato pregare perché Dio poi faccia qualcosa. Di sicuro Dio non si sostituisce mai alle creature, ma offre loro solo delle possibilità. Dio non cambia il corso della storia. Se ci aspettiamo che Dio faccia qualcosa corriamo il rischio di credere che solo perché preghiamo riusciremo ad attuare il Regno di Dio, o a far terminare una guerra. Ma così corriamo il rischio della passività. C’è il rischio di strumentalizzare la preghiera al nostro benessere e alla nostra tranquillità interiore.
Mi sembra che il vescovo protestante Spong abbia correttamente spiegato che la preghiera, intesa come richiesta fatta a Dio di agire nella storia umana, perché la indirizzi in un certo modo e non in un altro, è poco più di un isterico tentativo di mettere il Sacro al servizio dell’umano. Una volta a sua moglie era stato diagnosticato un tumore all’ultimo stadio, e ogni qualvolta che – come vescovo – Spong andava a visitare qualche comunità dove la notizia era già arrivata, tutti gli dicevano che stavano pregando intensamente per sua moglie e per lui. Sua moglie è vissuta ancora un paio di anni più del previsto, e molti fedeli erano convinti che le loro preghiere fossero state causa del prolungamento della vita dell’ammalata. Egli, però, si è fatto giustamente questa domanda: se uno ha un gruppo che prega con amore per lui, e un altro non ha nessuno, Dio potrebbe lasciar morire prima il secondo? La preghiera può favorire la guarigione e la longevità? Ha concluso che, se uno crede a questo, è ateo, perché crede che Dio si curi di più delle persone conosciute e benestanti (o perfino ricche) che degli sconosciuti, dei poveri e degli abbandonati.
“Ma se io prego per Tizio, che ha già avuto sufficienti preghiere, Dio dirotterà la mia preghiera sul povero Caio che non ha nessuno che prega per lui” obietterà qualcuno. Ma vi rendete conto che i poveri e gli abbandonati[4] sono miliardi, e che coloro che pregano sono milioni, per cui mai ci sarà un surplus di preghiere che possa essere usato per altri. Per di più, non necessariamente se uno prega continuamente per Caio, pensando intensamente solo a lui, deve essere necessariamente d’accordo sul fatto che la sua preghiera giovi a Tizio o a Sempronio, che neanche conosce. Tanto vale allora che si preghi genericamente per tutti, e non per una persona specifica.
L’essenza della preghiera, e del culto, allora non può essere che vivere amando. Quando san Paolo diceva che occorre pregare incessantemente (1Ts 5, 17) probabilmente intendeva dire che tutta la nostra vita deve essere una preghiera. Ma la preghiera non deve mai essere un modo di chiedere a Dio di precipitarsi in nostro aiuto per cambiare la realtà,[5] tipo risolvere le sofferenze dei bambini di Gaza. Torna sempre valido il racconto del gesuita indiano De Mello:
Per strada vidi una ragazzina che tremava di freddo, aveva un vestitino leggero e ben poca speranza in un pasto decente. Mi arrabbiai e dissi a Dio: «Perché permetti questo? Perché non fai qualcosa?» Per un po’ Dio non disse niente. Poi, improvvisamente, quella notte mi rispose: «Certo che ho fatto qualcosa. Ho fatto te»[6].
Ecco la nostra responsabilità, e non è possibile acquietare la nostra coscienza con una bella preghiera. Il problema è che noi c’indigniamo, magari anche piangiamo, ma poi? Semplicemente non siamo cristiani, anche se pensiamo di esserlo.
Ora, visto che anche Gesù ha insegnato che è necessario «pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1), qualcuno pensa che si debba tirare per la giacchetta il nostro Dio distratto, che evidentemente non si accorge delle cose terribili che accadono attorno a noi.
Personalmente credo che, con le preghiere, noi possiamo solo ottenere lo Spirito santo, la forza del suo Spirito che nella nostra mente crea quello che noi non riuscivamo a creare: azioni e pensieri di pace[7].
Si pensi al celebre: «Chiedete e vi sarà dato… bussate e vi sarà aperto» (Mt 7, 7). Letta così la frase, sembra che basti solo insistere con fede determinata nella preghiera per essere esauditi, e così alla lettera lo leggono ancora oggi molti che si dichiarano credenti, pienamente convinti che se pregano con fede intensa saranno esauditi: Tizio vedrà abbreviata la sua sofferenza in purgatorio,[8] arriverà anche la pace nel mondo, e se il risultato non arriva vuol dire che non si è pregato abbastanza. Allora questi ferventi credenti dovrebbero spiegare come mai lo stesso Gesù nell’orto, il giovedì di Passione, ha pregato intensamente il Padre suo di allontanargli quel calice amaro, ma non è stato affatto esaudito, per cui non gli è stato “dato” quello che chiedeva; e se Gesù stesso non è stato ascoltato, perché mai dovremmo esserlo noi? Ora, essendo escluso che Gesù possa aver pregato senza fede, l’unica spiegazione logica[9] è quella che si rifà all’ultimo inciso del Vangelo di Luca, non riportato negli altri, che riesce a chiarire il senso di tutti i vangeli che toccano lo stesso punto (Lc 11, 13: «Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono»), in cui si dice espressamente che, se uno prega intensamente, l’unica cosa che gli viene promessa è soltanto lo Spirito, non il bene richiesto, non la guarigione, non la soluzione del problema, non l’esaudimento della sua preghiera, non la salvezza di un’anima purgante, non la pace nel mondo. Viene promessa soltanto una forza spirituale che farà superare il momento di difficoltà, a prescindere da quello che succede nella realtà.
Diventare costruttori di pace non avviene perciò aumentando il numero delle preghiere. Si diventa costruttori con opere di costruzione di pace, si diventa fratelli con gesti concreti di fraternità, non perché abbiamo invocato l’azione di Dio[10]. La preghiera può renderci capaci di decisione, di gesti nuovi. C’è un intreccio fra preghiera e impegno di vita. Ma la prima, da sola, non basta[11].
Gesù è stato ucciso non perché aveva pregato tanto, ma per i suoi comportamenti concreti. E noi siamo capaci di arrischiare lo stesso? Se no, non siamo veri seguaci di Gesù; al più siamo solo persone molto pie che praticano una religione rituale.
Allora la soluzione migliore, a mio avviso, per chi vuol farsi realmente costruttore di pace, per chi vuole veramente la pace (non limitarsi a pregare per la pace in un posto sicuro come fa la maggior parte dei pacifisti nostrani che si dichiarano cristiani) dovrebbe essere mettere il proprio corpo in mezzo, evidentemente con tutti i rischi che questo comporta. Ricordate quel giovane ignoto cinese di piazza Tienanmen che, in maniche di camicia, da solo, con in mano i sacchetti della spesa si era messo davanti a una colonna di carri armati fermandoli? Non li ha fermati pregando da casa, ma mettendo in mezzo il suo corpo. Non sappiamo neanche il suo nome, quasi certamente non era cristiano, ma, come ha opportunamente fatto notare il teologo Paolo Ricca,[12] costui è stato veramente un’icona della Chiesa cristiana, perché col suo corpo si è inserito fra i contendenti. Certo, poteva anche succedere che il conduttore del carro armato lo schiacciasse come un insetto, ma questo è il rischio che personalmente si corre quando si mette in gioco il proprio corpo.
Ricordate quei cinquecento che con don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, hanno fatto una marcia per la pace fino a Sarajevo durante la guerra balcanica? Non si sono limitati a marciare da Assisi a Perugia, dove non si corre alcun pericolo, ma sono andati dove si sparava.
Ricordate quei volontari che sono ultimamente partiti con varie imbarcazioni verso la Palestina per portare aiuti? Anche se alla fine il risultato non è stato quello sperato, hanno comunque messo di mezzo i loro corpi. Di più non potevano fare.
Dicono poi che il digiuno, dopo i primi momenti assai duri, dia grande lucidità interiore e renda possibile vedere ciò che prima non si riusciva a vedere[13]. Ma se alla grande idea che, a quel punto, ci viene lucidamente in mente dopo aver digiunato, non segue alcuna azione concreta, a che scopo si è digiunato?
NOTE
[1] Papa Innocenzo III, De Contemptu mundi (Il disprezzo del mondo), ed. Cantagalli, Siena, 1970, Libro III, 111.
[2] Anzi, l’induismo crede alla reincarnazione, e quindi nega la distruzione totale dell’essere con la cremazione.
[3] Gentile P., Storia del Cristianesimo dalle origini a Teodosio, ed. Rizzoli, Milano 1969, 27.
[4] Si calcola che oggi nel mondo ci siano almeno 140 milioni di bambini orfani (“Il venerdì di Repubblica”, 19.9.2025, n.1957, 43).
[5] Spong J.S., Incredibile, Mimesis, Milano-Udine, 2020, 255.
[6] De Mello A., Il canto degli uccelli, ed. Paoline, Milano, 1986, 112.
[7] Bianchi E., Pregare e digiunare per la pace: un impegno che cambia la vita, “Famiglia cristiana”, n.35/2025, 3.
[8] Ma se posso commuovere Dio e fargli cambiare il suo giudizio, perché non posso pregare per uno che è all’inferno?
[9] Tor C., C’è vita e vita, ed. EMI, Bologna, 2000, 16.
[10] Molari C., Amare fino a morirne, Gabrielli editori, San Pietro in Cariano (VR), 2024, 88s.: La preghiera non è una sollecitazione che noi facciamo a Dio perché compia qualcosa che non sta facendo e che noi vorremmo che facesse. Nella preghiera non chiediamo a Dio di fare qualcosa, ma di diventare noi capaci di fare ciò che è richiesto.
[11] Idem, 90.
[12] Ricca P., I cristiani davanti alla guerra in Ucraina," conferenza tenuta via Zoom al Centro Schweitzer di Trieste il 31.5.2022.
[13] Bianchi E., Pregare e digiunare per la pace: un impegno che cambia la vita, “Famiglia cristiana”, n.35/2025, 3.
Pubblicato il volume di Dario Culot che ripropone in una nuova veste editoriale, ed in un unico libro, molti dei suoi contributi apparsi sul nostro settimanale: https://www.ilpozzodigiacobbe.it/equilibri-precari/gesu-questo-sconosciuto/