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Cattolicesimo visto da destra e da sinistra



di Dario Culot



Il canone 1184 del codice di diritto canonico stabilisce al §1: Se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche

1° quelli che sono notoriamente apostati, eretici, scismatici;[1]

2° coloro che scelsero la cremazione del proprio corpo per ragioni contrarie alla fede cristiana;

3° gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli.

Partendo da questo presupposto Mascarucci Americo ha scritto un articolo dal titolo: “Quando la Chiesa cerca il consenso del mondo. Zuppi e Paglia”[2], che ho avuto occasione di leggere alla fine di questa estate. L’autore sottolinea come la Chiesa cattolica non ha bisogno degli applausi del mondo, tipo quelli della vedova di Welby, dei vari Pannella, Cappato, Pd e delle lobby Lgbt, e deve camminare orgogliosamente per la sua strada, l’unica giusta, anche se non trova approvazione nel mondo profano. Perciò nell’articolo l’autore plaude al cardinal Ruini che aveva negato i funerali in chiesa a Piergiorgio Welby, perché gli atti liturgici, comprese le esequie, sono espressione della comunione con la Chiesa per cui se ne comprende la negazione a chi per anni ha chiesto una legge per legalizzare l’eutanasia, oltre ad aver lui stesso optato per il suicidio assistito: non è possibile rendersi complici di comportamenti contrari alla morale cristiana[3]. Si sottintende che concedere le esequie religiose a un eretico e manifesto peccatore che non ha dato segni di pentimento avrebbe creato grande scandalo fra i veri fedeli.

Obietto subito: il 10.12.2006 moriva a Santiago del Cile il generale Pinochet, ex dittatore di quel Paese, che in nome dell’ordine e della sicurezza aveva eliminato un bel po’ di persone: il suo funerale è stato concelebrato da vari vescovi. Evidentemente gli omicidi per motivi politici non sono da considerare peccati gravi e non creano grave scandalo fra i veri fedeli, per cui non era necessario adattare la dottrina allo spirito dei tempi. Di lì a poco, il 20.12.2006, a Roma, moriva Welby, quel povero cristo che, immobilizzato da anni nel letto, respirava solo grazie ai macchinari artificiali e aveva chiesto soltanto che la natura facesse il suo corso mettendo fine alle sue sofferenze: chiedeva insomma che fosse posto fine a quell’accanimento terapeutico e invece il funerale religioso gli è stato negato. Perché? Perché a differenza di Pinochet, secondo il cardinal Ruini non era meritevole del perdono e della misericordia della Chiesa, che – secondo l’autore, - il cardinal Zuppi e monsignor Paglia concedono invece a piene mani, con troppa facilità, cercando facili applausi nel mondo.

Ma andiamo avanti: mi sembra che, stando ai vangeli, Dio comunichi vita a tutti gli uomini, a prescindere dai loro meriti. Dio comunica gratuitamente amore a tutti gli uomini, e non solo a coloro che sono già pii, puri e santi e seguono la morale cristiana. Né, per spargere questo amore, aspetta segni di pentimento. Per spiegare come si comporta Dio, Gesù dice: “guardate, oggi c’è il sole. Ebbene quando il sole splende cosa fa? Splende su tutti, mica su quelli che se lo meritano e non su quelli che non se lo meritano” (Mt 5, 45). Se domani mattina piove, la pioggia bagna l’orto di tutti; non solo l’orto della persona pia e pura, ma anche l’orto della persona impura che ha gravemente peccato. E la gallina che fa? Protegge solo i suoi pulcini buoni e manda via quelli cattivi che non si sono pentiti? No, raduna indistintamente tutti sotto le sue ali (Mt 23, 37; Lc 13, 34). Ma questa notizia rivoluzionaria che Dio è offerta gratuita e continua d’amore per tutti (e questa è sicuramente una Buona Novella per tutti), si è subito scontrata, e ancora oggi si scontra, con la sua principale nemica: la religione, la quale in tutte le epoche ha sempre insegnato e tuttora insegna l’opposta notizia della retribuzione, della ricompensa, del Dio giudice che incute paura (e qui, dove sta la Buona Novella per tutti, non si sa). Ecco, l’autore dell’articolo fa ancora parte di coloro che intendono Dio come il giudice tremendo che fa inesorabilmente piovere sugli empi brace, fuoco e zolfo (Sal 11, 6). Ma questa immagine, presente nella Bibbia, è antievangelica.

Per di più, stando sempre a Vangelo, non tocca a noi uomini giudicare. Da puro e duro ortodosso l’autore ha invece già deciso in proprio di potare la vigna che evidentemente considera sua (o al massimo del cardinal Ruini); ma nel decidere quali tralci sterili tagliare, raccogliere e bruciare, dimentica che la vigna non è sua, ma è del Padre. Agendo così, proprio chi si sente vero credente, va contro l’ammonimento chiaro di Gesù (Gv 15, 1s.): non spetta a noi uomini – che siamo tutti tralci - ma solo al Padre, tagliare i tralci secchi. Non spetta ai tralci valutare se la crescita del grappolo di un altro tralcio è sufficiente o meno. Perciò anche questa idea – seppur ancora molto diffusa - va contro il Vangelo di Gesù.

L’autore prosegue nella critica al presidente della Cei Zuppi che, a suo dire, non seguirebbe il Vangelo e avrebbe scelto la strada più popolare e applaudita ma intrinsecamente sbagliata, in quanto è di scandalo per i veri credenti sentirgli dire che celebrerebbe senza problemi un funerale anche per chi ha scelto il suicidio assistito. Secondo l’autore pecca sia chi si suicida sia il cardinale Zuppi che in casi del genere vorrebbe celebrare il funerale.

Eppure esiste anche un’altra definizione di peccato, diversa da quella che ha in mente l’autore. Riporto in sintesi il pensiero di un grande maestro della spiritualità:[4] il peccato è una situazione, il peccato è la divisione, il peccato è la chiusura nel nostro io egoistico, il peccato è l’accettazione del proprio essere come una realtà chiusa, una realtà non in comunione, non in rapporto con gli altri esseri; il peccato è soprattutto voler giudicare[5]. E, aggiunge, basta aprire una pagina di qualsiasi giornale, anche del giornale più religioso, per trovare sempre giudizi negativi trancianti, giudizi sul mondo, giudizi sul peccato, giudizi sugli scrittori devianti dai principi affermati dalla Chiesa, la quale vede comunque il male in tutto ciò che mette in pericolo la solidità delle sue convinzioni. Tutto questo è fornire benzina a quella divisione che lacera la nostra coscienza di uomini, che lacera la convivenza sociale. Giudicare è “affare” di Dio, mentre noi uomini dovremmo accontentarci di essere impegnati a riconciliare tutto ciò che è diviso,[6] e l’uomo perfetto apparirà solo il giorno in cui tutte le divisioni, tutte le separazioni, tutta l’immaturità saranno superate.

E, a differenza del cardinal Ruini, stando ai testi sacri, ecco che Gesù non ha mai allontanato o espulso nessuno: durante la sua missione Gesù “non ha spezzato una sola canna incrinata”, né ha spento “una fiamma smorta” (Mt 12,20); non ha cacciato nessuno (Gv 6, 37); non ha tagliato né gettato nel fuoco l’albero che non porta frutto (Mt 3,10), cercando invece di rianimarlo, zappettando attorno alle radici e mettendo il concime per vivificarlo (Lc 13,8). Questo in perfetta linea col fatto che spetta solo al Padre il giudizio, e spetta solo al Padre tagliare eventualmente i tralci secchi. Gesù ha detto che la volontà di Dio è di non perdere proprio nessuno e se uno si accosta a lui, costui non sarà mai cacciato (Gv 6, 37ss.). “Ma Welby e Pannella non si sono mai accostati!” E questi signori che pensano così, come fanno a saperlo?

L’autore continua nella sua critica, rivolgendola anche a monsignor Paglia il quale ha dichiarato inattaccabile la legge 194 sull’aborto (ormai saldamente incardinata nell’ordinamento italiano), mentre avrebbe dovuto preoccuparsi dei nascituri che non hanno visto la luce grazie a questa legge statale iniqua; critica ulteriormente lo stesso vescovo anche per essersi vantato di esser stato vicino all’amico Pannella negli ultimi tempi della sua vita, senza però riuscire ad ottenere dal leader radicale nessuna concreta rivisitazione in senso cristiano della sua esistenza (cioè, anche qui, non c’è stato alcun segno di pentimento).

Premesso che pretendere di applicare le leggi divine alla vita sociale e politica di uno Stato laico corrisponde all’idea degli integralisti musulmani che pretendono di applicare la sharia basata sul Corano all’intera società civile (il che riduce al minimo le differenze fra integralisti cristiani e musulmani), va detto che l’autore dell’articolo ha un’idea sua del tutto particolare del cristianesimo, e segue in questo la linea del teologo domenicano Cavalcoli secondo cui occorre tenersi lontani dai peccatori manifesti che creano scandalo fra i fedeli, e si possono avvicinare solo a patto che non rechino danno alla nostra anima, che si mostrino pentiti dei loro peccati, e che con essi possiamo accordarci nel conseguimento di qualche obiettivo giusto e onesto”[7]. Questo tipo di granitici credenti, mai sfiorati dal minimo dubbio, non si sono mai posti la domanda se non sono invece proprio loro a creare scandalo in altri che si considerano credenti, perché vanno continuamente contro ciò che dice il Vangelo. Visto ad esempio che Gesù creava continuo scandalo fra i veri osservanti della religione di allora andando a pranzo con i peccatori manifesti (Lc 15, 2), senza prima neanche chiedere loro di pentirsi e fare penitenza, non vedo proprio come si possa sostenere che il Vangelo possa imporci di stare lontani dai peccatori a meno che non abbiano manifestato chiari segni di pentimento. Bene ha fatto perciò il vescovo Paglia, seguendo il Vangelo, a rimanere a fianco dell’amico Pannella ormai prossimo alla morte, senza scappare inorridito pensando che costui fosse un incallito peccatore da evitare con tutte le proprie forze.

Mi sembra che da queste visuali così diverse del cristianesimo emerga comunque un dato chiaro: “seguire il Vangelo” è cosa molto diversa dal ‘seguire una religione’. Nella rivista Jesus n.7/2016, Enzo Bianchi aveva profeticamente anticipato quello che oggi è sotto gli occhi di tutti: “Si è ormai introdotta una crepa nella Chiesa italiana: a poco a poco e in modo sempre crescente appare la diversità, fino ad essere una vera e propria opposizione, tra cattolici che vogliono ispirarsi al Vangelo e cattolici per i quali la prima preoccupazione è la tradizione, l'identità cattolica localista… Siamo in una situazione di incertezza e anche di scisma non più occulto tra posizioni e gente di chiesa. Di fronte a tale scenario si possono nutrire sentimenti di rincrescimento e di preoccupazione, ma credo si debba anche riconoscere che questo è il prezzo da pagare, perché il Vangelo emerga con la sua egemonia nella comunità cristiana. È il Vangelo, infatti, che ha cambiato e cambia il nostro modo di essere cattolici, che ci ricorda che siamo cristiani perché discepoli di Gesù ben prima di esserlo per tradizione, cultura, appartenenza ad una terra e ad una storia. Nei prossimi anni questa frattura crescerà sempre di più e, come sempre, chi vorrà seguire solo il Vangelo sarà perdente, mentre la religione troverà nuovi assetti mondani. Ma il Vangelo, come fuoco deposto sotto la brace, anche coperto di cenere, divamperà ancora".

Per questo, se si segue la religione, si condanna tutto il movimento Lgbt. Ma se si guarda al Vangelo, Gesù non ha speso una parola sul sesso e neanche sull’omosessualità, chiamata negativamente in causa dall’autore. Ciò significa che Gesù non ha mai visto alcun pericolo in base alla condizione sessuale delle persone, anche se l’autore dell’articolo pensa che le lobby Lgbt dovrebbero pentirsi e convertirsi, perché evidentemente si trovano nel peccato. Ma se crediamo al Vangelo, Dio guarda al cuore della persona e non dalla sua cintola in giù.

Già queste poche osservazioni mi sembrano sufficienti per fare capire come il cristianesimo, visto da destra o visto da sinistra, assuma connotati completamente diversi. Non a caso Ruini è il cardinale il quale ha categoricamente affermato che la fede è viva solo se mediata dall’autorità della Chiesa, solo se si accetta l’autorità della Chiesa, mentre al di fuori del recinto della Chiesa la fede è morta. Ma che Gesù non sia venuto a rinchiudere nessuno in un recinto ce lo conferma lui stesso (Gv 10, 9), quando dice che ogni pecora è libera di entrare e, soprattutto, di uscire[8]. A differenza dell’istituzione religiosa che dà sicurezza e si sente sicura solo chiudendo la porta del recinto in cui ha fatto entrare le persone-pecore, Gesù non chiude mai la porta dietro di sé: ecco perché Gesù toglie la sicurezza, ma porta la libertà. Parlare infatti di libertà per persone rinchiuse senza scampo all’interno del recinto appare piuttosto discutibile.

Ciononostante, la maggioranza dei credenti tradizionalisti, che restano fedeli alla Verità che il magistero indefettibilmente ci ha tramandato, identifica ancora la vera fede solo col bagaglio di nozioni proposto dalla Chiesa romana, per cui chi non crede a queste verità non è per loro credente, ma è uno senza fede da estromettere (appunto come Welby o Pannella). Mi sembra evidente che anche l’autore dell’articolo segua questa idea ruiniana di fede, ma mi pare altrettanto evidente che così si continua a chiamare "fede" ciò che è semplice riflessione teologica[9]. Infatti, se andiamo a leggere sempre i vangeli, emerge che la fede non è un bagaglio di nozioni sulla morale cristiana (come invece pensa l’autore dell’articolo), e scopriamo che non c’è affatto alcuna identificazione fra dottrina insegnata, verità e fede; anzi viene offerta una definizione di fede completamente diversa. Ricordate quando Gesù cura il servo del centurione romano? Ebbene, Gesù afferma che in nessun israelita aveva trovato una fede così grande come quella dimostrata da questo soldato straniero (Mt 8, 10; Lc 7, 9). E lo stesso dice Gesù quando l’emorroissa lo tocca (Mt 9, 20-22) violando volontariamente la legge divina e la dottrina che – sempre secondo la visione cristiana dell’autore Mascarucci – «non può essere adattata allo spirito dei tempi», cioè deve essere conservata immutabile nel tempo. Eppure, anche se all’autore «manca tanto Ruini» o prelati come lui, Gesù non intendeva certamente la fede in senso ruiniano, come una credenza in certe verità religiose insegnate dal magistero. Qualifica invece come fede il comportamento umano, pieno di bontà e misericordia che risalta nella persona del centurione che si preoccupa e si dà da fare per il suo servo, e proprio per questo motivo è esemplare[10]. E lo stesso viene ripetuto nel racconto della guarigione della figlia della donna straniera (Mt 15, 21-28; Mc 7, 24-30). Anche quella donna era palesemente fuori della Chiesa (d’Israele) e senza fede, perché non seguiva la tradizionale e immutabile dottrina insegnata nel Tempio; però la sua bontà e la sua umiltà sono emerse con tale forza che Gesù non ha avuto dubbi ad affermare: “Donna, davvero grande è la tua fede!” Lo stesso si ripete ancora altre volte, ad esempio quando Gesù cura i dieci lebbrosi (Lc 17, 11-19). L’elogio per la fede non è rivolto ai nove pii israeliti che corrono immediatamente al Tempio, cioè tornano nel recinto della Chiesa per presentarsi ai sacerdoti, ottemperando così con scrupolo alla Legge divina e agli ordini dell’autorità, ma è tutto per l’eretico samaritano che neanche pensa a Dio, e torna da Gesù semplicemente per ringraziarlo (Lc 17, 19). Cosa significa tutto questo? Innanzitutto che la fede è viva quando ci tormenta, ci mette in movimento, ci lancia in una ricerca, ci impedisce di essere soddisfatti delle nostre credenze, delle nostre pratiche religiose e della nostra etica. Osserva giustamente un teologo protestante che fra gli ebrei e i musulmani che aveva frequentato, alcuni lo avevano fortemente impressionato per la loro fede e la loro saldissima convinzione della presenza di Dio. Si può sostenere con certezza che si è davanti ad una loro pia illusione e che essi ignorano tutto, ma proprio tutto, di Dio,[11] mentre solo dentro il recinto della Chiesa cattolica si trova tutta la Verità e la vera conoscenza di Dio? In secondo luogo, nella misura in cui la religione non pone l’umano al suo centro, bensì una realtà infinitamente superiore all’umano (l’indefinibile Dio), in questa stessa misura la religione disumanizza, indurisce il cuore e fa pensare ai credenti che ottemperando agli obblighi religiosi abbiano con questo esaurito ciò che devono fare: hanno fatto la cosa più encomiabile e importante che si possa fare. Invece non è così. Perciò, a mio parere, neanche il cardinal Ruini poteva valutare la mancanza di fede di Welby, come l’autore dell’articolo non può valutare la mancanza di fede di Pannella in base alle (secondo loro) mancanze di espressione di voler appartenere alla comunione della Chiesa o alla mancanza di pubblici segni di pentimento. Penso perciò che tutti dovrebbero interrogarsi su cosa vuol dire seguire o «non seguire il Vangelo». Ovvero, prima di dire che Ruini lo segue e Zuppi e Paglia no, l’autore avrebbe dovuto quanto meno richiamare i passi del vangelo su cui poi fonda la sua convinta affermazione. Solo così si sarebbe potuto valutare il suo giudizio. Perché, non dimentichiamolo, Gesù ha detto “Perché non giudicate da voi ciò che è giusto?” (Lc 12, 57). Non ha detto: ‘perché non fate giudicare al vostro magistero ciò che è giusto? Perché non lasciate che sia la dottrina tradizionale a guidarvi?’

A mio avviso, il problema è che – per molti che si reputano credenti - i rituali (gli atti liturgici di cui parla l’autore) occupano il primo posto della fedeltà al Vangelo, e la fedeltà ai rituali ha finito col sostituire anche la fedeltà a Gesù. Quindi i rituali, emarginando la memoria di Gesù, ci hanno portato a credere non nel Dio di Gesù, il quale con l’incarnazione si trova nel profano. Profano è ciò che è fuori del fanum, cioè del sacro. Il Dio di Gesù è un Dio che si trova nel profano, che non coincide col Dio del Tempio perché il Dio del Tempio era mammona, il denaro, il nemico del Dio di Gesù. C’è da chiedersi se questo nemico continua oggi a occupare il centro[12]. Se il Dio di Gesù era il Dio del profano, il Dio dei rituali era ed è il Dio del fanum, perché ogni rituale sacralizza lo spazio, il tempo, gli oggetti, i paramenti, e soprattutto sacralizza le persone in modo tale che una persona che ha ricevuto il sacramento dell’ordine è una persona sacra. Ma simile persona si ritiene allora più importante del Dio profano di Gesù, e per questo osa decidere e imporre che per un defunto laico non si faccia ricorso al rito liturgico delle esequie cristiane. È così convinto di conoscere e attuare perfettamente la volontà di Dio, quando invece la Bibbia afferma: “Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?” (Sap 13, 13). Dimentica che la Chiesa non è Dio, ma è solo uno dei pallidi segni della presenza di Dio nel mondo. Dimentica soprattutto che il Dio di cui Gesù ci ha parlato non si trova nel sacro, ma si trova nel buio, si trova nella piccola gente che domanda l’elemosina nella strada, si trova nelle persone che stanno in carcere, negli ammalati, in quegli stranieri che tante persone e gruppi religiosi che si professano cristiani vogliono mandare via; quindi, queste persone vogliono mandare via Dio stesso[13]. Dimentica infine che la liturgia può dirsi cristiana solo se conforme all’umanità di Gesù, non se segue valori non negoziabili fissati dal magistero.

Certo, ogni rituale ha la sua importanza perché ha la funzione di armonizzare l’esperienza del gruppo, ma sappiamo anche che ogni rituale porta con sé il pericolo di una punizione. “Tu Welby non hai partecipato ai rituali cristiani? Non ti spetta il funerale cristiano; questa è la punizione che t’infligge la chiesa”.

Ma forse, visto che Gesù non ha istituito nessun rituale; anzi ha detto che tutti i rituali che seguivano i suoi concittadini (Mc 7, 1-14) non servivano a niente, perché l’importante è solo ciò che esce dal cuore del singolo, dovremmo chiederci: qual è l’origine dei rituali che occupano tanto spazio nella nostra Chiesa? Gesù ha chiesto misericordia, non il rituale dei sacrifici (Mt 9, 13)[14]. E soprattutto, quando mai un rituale migliora la persona? Io posso essere andato a messa tutte le domeniche e le feste comandate, posso aver fatto la comunione tutti i giorni, sì che quando muoio neanche Ruini potrà negarmi il funerale cristiano, però posso essere rimasto con gli stessi mostruosi difetti che avevo prima di cominciare ad andare a messa, con lo stesso spietato egoismo che mi fa chiudere ogni porta rispetto ai bisogni degli altri. Quindi, nonostante quanto pensi il cardinal Ruini, mi sembra evidente che il centro della spiritualità non può stare nei rituali, ma nel come ci siamo comportati nei confronti degli altri (circostanza del resto confermata da Mt 25 il giudizio finale: riguarda solo il comportamento che abbiamo tenuto verso gli altri). Difficile che Welby si sia comportato male nei confronti degli altri durante la sua lunga e penosa malattia. Sicuramente il cardinal Ruini si è comportato senza misericordia nei confronti di Welby[15].

C’è poi da ribadire che lo stesso Gesù non ha seguito i rituali religiosi, suscitando scandalo fra i fedeli di allora; non osservava il sabato; non andava nel Tempio o nelle sinagoghe per pregare o per partecipare ai riti religiosi, ma anzi andava lì solo per discutere e litigare con i sacerdoti e gli scribi; non ha mai pranzato con i santi sacerdoti, ma solo con i peccatori manifesti. Con Ruini, Gesù avrebbe fatto la stessa fine di Welby, visto che Gesù non ha dato segni di pentimento, non ha voluto far parte della comunione con il Tempio, e ha tenuto comportamenti contrari alla morale del Tempio creando scandalo nei veri credenti.

Gesù ha presentato un volto umano di Dio proprio per dimostrarci che le preoccupazioni divine non erano religiose nel senso inteso dal cardinal Ruini (che prima della morte pretende segni visibili di pentimento), ma sempre e solo umane. Gesù, immagine visibile del Dio invisibile, si preoccupa della salute delle persone, di alleviare le sofferenze, si preoccupa per i poveri: quindi importante è il mangiare, e possibilmente non da soli ma nella convivialità perché le relazioni umane erano per lui fondamentali. Come ha fatto notare spesso il prof. Castillo, il mangiare assieme fa sentire misteriosamente le persone più unite, e per questo ci sono tanti pranzi raccontati dai vangeli. La tavola condivisa, non l’altare, è al centro della vita di Gesù, e per di più Gesù non ha mai cacciato nessuno dalla tavola, a differenza della Chiesa che ha escluso e continua ad escluderne molti[16]. E se Gesù in persona non ha mai escluso nessuno, neanche gli appartenenti ad altre religioni che per i veri credenti cattolici sono tutte errate, e non ha neanche costretto questi erranti a cambiar religione aderendo al suo insegnamento (ripeto che, ad es., ha riconosciuto una grande fede nel centurione romano, anche se era di un’altra religione), credo che i giudici ecclesiastici, che pretendono di radiare dalla Chiesa le persone che avanzano dubbi e non si adeguano al loro insegnamento, s'ingannano perché il loro potere non arriva dal cielo e neanche fino al cielo[17].

Inoltre va ricordato che Gesù lasciava operare per il Regno di Dio perfino persone che non facevano parte della sua comunità: già all’apostolo Giovanni dava maledettamente fastidio che qualcuno, che non faceva parte del loro gruppo, operasse nel nome di Gesù, e per questo aveva tentato anche di proibirglielo. I vangeli valgono anche per oggi, e infatti questa tentazione di Giovanni si è continuamente ripetuta nella Chiesa[18], dove la gerarchia ha continuato a vietare di far uso del nome di Cristo, della sua parola, a tutti quanti non erano sottoposti alla sua autorità. Questo è chiaramente antievangelico, perché va contro un vero e proprio ordine di Cristo “Non glielo proibite!” (Mc 9, 39). E allora un Gino Strada che si dichiarava ateo, ma che ha operato per tutta la vita al fine di salvare persone ferite in guerra senza guardare da che parte stavano, non ha forse collaborato a costruire il Regno di Dio più di tanti religiosi che pretendono semplicemente che la gente vada a messa, segua i rituali, anche se poi questa gente non si cura del prossimo, dei bisognosi?

Ora, se Gesù, immagine di Dio, si è comportato come dicono i vangeli, vuol dire che anche Dio ha a cuore gli stessi problemi. E visto che anche il cardinal Ruini riconosce che Gesù è Dio, dobbiamo anche ammettere che se l’immagine che ci siamo fatti di Dio non si vede in Gesù, bisogna avere il coraggio di buttar via qualunque immagine che ci siamo fatti di Dio (mai visto da nessuno - Gv 1, 18) che non combacia con quanto fatto e detto da Gesù; bisogna limitarsi a guardare solo Gesù perché Gesù molti lo hanno visto, e tutto quello che crediamo di Dio, ma che non vediamo in quello che Gesù ha detto o fatto, non possiamo dire che è Dio, per cui dobbiamo eliminarlo, anche se viene dal cardinal Ruini. Per noi cristiani l’unica realtà oggettiva è quella che si vede nei fatti e nei detti di Gesù[19].

Stranamente la salute, il pane quotidiano e le relazioni umane soddisfacenti sono ancora oggi i veri problemi della gente comune, mentre il cardinal Ruini sembra più interessato alla formalità del rito che alle necessità delle persone. La stessa messa all’altare (che ha sostituito la cena condivisa) è diventata spesso una rituale vuoto, un noioso incombente da seguire pensando così di essere a posto col Dio di Ruini, mentre ha fatto perdere il significato della convivialità della tavola, unica cosa che interessava a Gesù e al Dio di Gesù. E nelle tre parabole (la pecora perduta, la moneta perduta, il figliol prodigo) del cap.15 di Luca, Gesù ci spiega che il Padre non guarda ai peccatori come gente perversa che va allontanata (come suppone l’autore dell’articolo), ma come qualcosa di molto amato che si è perso, e quando viene ritrovato si festeggia. Il Dio di Gesù non giudica, non rifiuta, non censura e non rinfaccia nulla a nessuno, ma accoglie e se si vede accettato si rallegra. Quindi esercitare il potere di condannare, allontanare, escludere chi si comporta in modo contrario alla morale cristiana, da parte di persone che si reputano rappresentanti di Dio, significa comportarsi all’opposto del Dio indicato nei Vangeli, significa tradire la Buona Novella e tradire Gesù.

E non è anche strano se, a ben guardare, i rituali della Chiesa (si tratti di un matrimonio, un funerale, una messa), sono normalmente una celebrazione di esaltazione, mentre non mettono mai al centro la preoccupazione per i poveri, l’alleviare le sofferenze, il curare la salute, l’accoglienza dei bisognosi? Non c’è un evidente solco fra il Vangelo di Gesù e quanto insegnano ancora tanti vescovi e cardinali?

Perciò non posso neanche condividere l’idea dell’autore secondo cui la Chiesa “non deve mai smettere di convertire continuando a seguire la strada tradizionale, e sbaglia a lasciarsi convertire”. La conversione riguarda sempre tutti, e richiede un costante, continuo, faticoso impegno; nessuno – neanche nell’istituzione Chiesa - può dirsi mai arrivato.

In conclusione, quando un duro e puro credente sostiene che altri non seguono il Vangelo, sarebbe quanto meno opportuno che ancorasse le sue opinioni a precisi passi del testo evangelico. Solo con questo raffronto potrebbe forse spiegare perché il comportamento di certe persone, a suo giudizio, segue perfettamente il Vangelo, e quello di altre non lo segue. Se argomentazioni in tal senso non vengono offerte, prima di dare giudizi trancianti nella convinzione di trovarsi sull’unica strada giusta, se ne dovrebbe almeno discutere.


NOTE

[1] Si ricorda che viene definito eretico chi dubita o rifiuta ostinatamente la dottrina insegnata dalla Chiesa, e scismatico chi non si sottomette al papa (n.2089 Catechismo della Chiesa Cattolica). Naturalmente se questo principio fosse applicato severamente come in passato, sarebbero scismatici il cardinal Müller, monsignor Viganò, e una buona fetta di alti prelati che operano oggi in Vaticano e si oppongono apertamente a papa Francesco. Vuol dire che neanche nella curia romana più credono a questa definizione.

[2] https://www.ilnuovoarengario.it/quando-la-chiesa-cerca-il-consenso-del-mondo-zuppi-e-paglia/

[3] È vero che papa Francesco, nel quinto video della campagna comunicativa promossa dalla Sezione Migranti e Rifugiati in vista della 108a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, in programma il 25 settembre 2022, ha detto che “La diversità di espressioni di fede e di devozioni è occasione per crescere in cattolicità”. È vero quindi che si deve accettare anche chi la pensa in maniera diversa, ma chi la pensa diversamente deve a sua volta accettare opinioni diverse dalle sue e non può imporre la sua idea a tutti gli altri. La Chiesa siamo noi, il popolo di Dio. Siamo diversi fra di noi e dobbiamo imparare a rispettarci a vicenda.

[4] Vannucci G., Nel cuore dell’essere, ed. Fraternità di Romena, Pratovecchio (AR), 2004, 151ss.

[5] Mt 7, 1. A dire il vero anche il papa ci ricorda che Gesù ci ingiunge di non ergerci a depositari del giudizio del mondo, ma di rispettare il mistero della dignità dell’uomo anche quando ci troviamo a dover giudicare gli altri (Ratzinger J, Dio e il mondo, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 260): ma neanche l’autorità ecclesiastica, poi, applica questo principio che pur proclama. Basti pensare al grido di omicidio del cardinale Saraiva Martins per la morte di Eluana Englaro (“La Repubblica”, 10.2.2009, 11) o del cardinale Barragan (“Il Piccolo”, 28.2.2009, 3). Essi hanno esplicitato le idee ecclesiastiche in modo un po’ diverso da quanto lo stesso papa riconosce si dovrebbe fare: “Noi cerchiamo di convincere gli altri di cose che paiono essenziali, ma ciò deve avvenire nel rispetto, senza imposizioni” (Politi M. La Chiesa del no, Mondadori, Milano, 2009, 92 e 336). A questo punto, come ci si può poi stupire se una mano ignota ha scritto sul muro della clinica dove è morta l’Englaro “Peppino Boia”, riferendosi al di lei padre? (“La Salute di Repubblica”, n.611/2009, 3). Troppo spesso l’istituzione ecclesiastica propone un insegnamento che di per sé giudica, impone e quindi divide, non rispetta e quindi non riconcilia.

[6] Anche papa Giovanni Paolo II aveva ben percepito il peccato della divisione, quando al convegno fra religioni, ad Assisi, aveva ricordato che tutte le religioni potevano essere acqua per spegnere la guerra, o benzina per alimentare quel fuoco. Quanti – anche fra i cattolici tutti d’un pezzo – usano ancora benzina?

[7] Cavalcoli G., L’inferno esiste, ed. Fede&Cultura, Verona, 2010, 35.

[8] Lo stesso concetto l’evangelista lo ripete anche nell’episodio della cacciata dal Tempio (Gv 2, 15): ponendolo – a differenza degli altri evangelisti - proprio all’inizio del vangelo per rendere più chiara l’idea che per Gesù non può esistere un solo ovile dove i sacerdoti fungono da pastori: Gesù caccia per prime le pecore. L’identico concetto di pecore fatte uscire dal recinto lo si ritrova ulteriormente al capitolo 10 di Giovanni, quando Gesù si proclama l’unico vero pastore e fa uscire le pecore dal recinto dell’istituzione religiosa. Ora, siccome nessuna parola nei vangeli è stata messa lì a casaccio, ma ogni parola ha sempre un preciso significato, valevole allora e valevole ancora oggi, queste espressioni indicano che i veri animali sacrificali sono le persone: sono loro che vengono sacrificate in nome di Dio dall’istituzione religiosa come pecore. Allora, se Gesù le fa uscire è perché è finita l’epoca dei sacri recinti, è finita l’epoca dei templi, è finita l’epoca dell’istituzione che pretende di comandare in nome di Dio. Facendo uscire le pecore Gesù libera, in realtà, le persone. Gesù dimostra (Gv 9, 39; 10, 21) l’incompatibilità con l’istituzione religiosa e annuncia il proposito di condurre coloro che lo ascoltano fuori di essa, per formare una comunità umana libera, che goda della pienezza che egli comunica (Mateos J. e Barreto J., Il Vangelo di Giovanni, ed. Cittadella, Assisi, 1982, 443).

[9] Intervista a Ortensio da Spinetoli (“Adista” n.36 del 14.5.2005).

[10] Luz U., Vangelo di Matteo, vol. 2, Paideia, Brescia, 2010. Vedi sopra la definizione di peccato data da Giovanni Vannucci. E ricordiamoci anche quanto detto recentemente dal papa: «Guardiamo ora a noi stessi e chiediamoci: noi imitiamo il Signore in questo, abbiamo cioè l’inquietudine della mancanza? Abbiamo nostalgia per chi è assente, per chi si è allontanato dalla vita cristiana? Portiamo questa inquietudine interiore, oppure stiamo sereni e indisturbati tra di noi? In altre parole, chi manca nelle nostre comunità, ci manca davvero, o facciamo finta e non ci tocca il cuore? Chi manca nella mia vita manca davvero? Oppure stiamo bene tra di noi, tranquilli e beati nei nostri gruppi – “vado a un gruppo apostolico molto bravo…” –, senza nutrire compassione per chi è lontano? Non si tratta solo di essere “aperti agli altri”, è Vangelo! Il pastore della parabola non ha detto: “Ho già novantanove pecore, chi me lo fa fare di andare a cercare quella perduta a perdere tempo?”. Invece è andato. Riflettiamo allora sulle nostre relazioni: io prego per chi non crede, per chi è lontano, per chi è amareggiato? Noi attiriamo i distanti attraverso lo stile di Dio, che è vicinanza, compassione e tenerezza? Il Padre ci chiede di essere attenti ai figli che più gli mancano. Pensiamo a qualche persona che conosciamo, che sta accanto a noi e che magari non ha mai sentito nessuno che le dica: “Sai? Tu sei importante per Dio”. “Ma io sono in situazione irregolare, ho fatto questa cosa brutta, quell’altra…” – “Tu sei importante per Dio”, dirlo, “tu non lo cerchi ma Lui ti cerca”»(papa Francesco, Angelus dell'11.9.2022). Dunque la misericordia è più importante della dottrina immutabile.

[11] Gounelle A., Parlare di Dio, ed. Claudiana, Torino, 2006, 50 s.

[12] Se solo si pensa che Gesù non aveva neanche un luogo dove posare il capo (Mt 8, 20), vedi invece in punto mega-appartamenti utilizzati da vari cardinali in Nuzzi G., Via Crucis, Chiarelettere, Milano, 2015, 62s (e in particolare l’elenco a p.143s. degli appartamenti occupati dai vari cardinali – Ruini compreso - con le rispettive metrature); l'autore conclude che i 50 mq occupati da Papa Francesco sembrano quasi una capanna. E durante la lunga era del predominio di Ruini, ricordiamoci anche la sua sponsorizzazione di valori piuttosto venali delle esenzioni ICI, dell’insegnamento retribuito della religione nelle scuole pubbliche, delle convenzioni delle Regioni con le cliniche cattoliche, ecc.

[13] Castillo J.M., Simboli di libertà, conferenza del 24.9.2011 a Montefano.

[14] Nelle nozze di Cana (Gv 2, 3ss.) i padroni di casa hanno poco vino (che è sinonimo di gioia, allegria - Sal 104, 15), ma quantità enormi d’acqua per purificarsi, per seguire senza gioia ma in obbediente sottomissione la pesantezza del rituale. E sappiamo tutti come è andata a finire.

[15]Papa Francesco nel 2013 ha indicato uno dei compiti fondamentali della Chiesa, quando ha detto che «la cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Vedo la Chiesa (come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto» (Spadaro A., Intervista a Papa Francesco, “La Civiltà Cattolica”, n.3918/2013, 461s.).

[16] Proprio come faceva la sinagoga. Per tre volte, nel Vangelo di Giovanni c'è la scomunica della sinagoga nei confronti dei seguaci di Gesù (Gv 9, 22: i genitori del cieco guarito hanno paura; Gv 12, 42: alcuni capi credono, ma hanno paura; Gv 16, 2: vi cacceranno fuori delle sinagoghe e vi uccideranno pensando di rendere culto a Dio). Forse però Gesù non aveva immaginato che fra coloro che avrebbero ucciso con gusto in nome suo ci sarebbero stati tanti suoi sedicenti seguaci.

[17] Ortensio da Spinetoli, Bibbia e Catechismo, Paideia, Brescia, 1999, 309.

[18] Arias J., Il dio in cui non credo, Cittadella, Assisi,1997, 15.

[19] Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo, Cittadella, Assisi, 1989, 55.