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Pisticci, prima dello Shabbat di tutti, 20 maggio 2022 - foto di Stefano Sodaro

Il contratto che ci salva


di Stefano Sodaro


La cultura italiana è spesso, forse quasi sempre, travestita di politica. Ma con sembianti accuratamente dissimulati. L’abito fa il monaco eccome, in questo caso fa l’intellettuale, maschio e femmina.

Da una parte c’è stato chi ha visto nella nomina del Card. Zuppi alla guida della CEI una novità assoluta, pensando a stili pastorali e coinvolgimenti ecclesiali degli ultimi decenni. Ma da un’altra c’è chi, poco interessato ed interessata alla effettiva vicenda ecclesiale, cioè non vivendola, ha iniziato la tiritera – che francamente ha stufato, anzi di più – del tipo “sì, ma il Pd”: ve la ricordate? Accadde lo stesso con Jorge Maria Bergoglio nel 2013. Accade lo stesso, oggi – non cinquant’anni fa – con il Vaticano II. Nessun/a polemista lo cita, nessuno/a – che voglia dar fiato ai più triti luoghi comuni di mangiapretismo militante - lo studia. È una forma di benaltrismo monotematico che si incentra sempre sugli arcinoti obiettivi polemici: i soldi, il Concordato, il celibato, le perversioni clericali, la religione oppio dei popoli.

Tale cultura benaltrista peraltro abbraccia volentieri l’antagonismo come postura di approccio alla realtà e, in fedeltà antagonistica appunto, evita accuratamente nomi come Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Lorenzo Milani, Primo Mazzolari, Adriana Zarri, Sorella Maria dell’Eremo di Campello, Mary Daly, Marcella Althaus-Reid, Elisabeth Schüssler Fiorenza, Kari Elisabeth Børresen e l’appena – purtroppo – mancata Rosemary Radford Ruether. Vede come fumo negli occhi infatti l’intera elaborazione teologica femminista, che rischia di riabilitare – rischio terribile, beninteso, da scongiurare ad ogni costo – i saperi religiosi. Meglio, molto meglio, un quasi assoluto analfabetismo religioso.

C’è, tuttavia, chi prova a smarcarsi. Cioè, spieghiamo, chi prova il desiderio di entrare nei contesti specifici di una teologia laica, da cui – ad esempio – l’Associazione Culturale “Casa Alta” non intende allontanarsi e che anzi vorrebbe promuovere.

Dire “teologia” è dire “vita”, né più, né meno. E com’è complessa la vita, altrettanto lo è la teologia, che ne è specchio e finestra.

“Casa Alta” organizza per questo prossimo lunedì, 30 maggio 2022, sulla piattaforma Zoom, un incontro online dal titolo “Guerra in Ucraina. Giustizia e pace si baceranno?”, al quale interverranno il prof. Stefano Caprio, docente di storia e cultura russa al Pontificio Istituto Orientale, ed il prof. Pavlo Smytsnyuk, direttore dell’Istituto di studi ecumenici dell’Università Cattolica Ucraina di Leopoli, dove insegna anche presso la Facoltà di Filosofia. Per partecipare è sufficiente inviare una mail a casa.alta@virgilio.it, onde ottenere le credenziali di accesso.

Ricorrono proprio in questo 2022 i vent’anni dalla morte di John Rawls, esponente massimo del cosiddetto “neo-contrattualismo” che, riannodandosi a Kant, ripercorreva, e riformava concettualmente, le antiche prospettive di Rousseau – e prima ancora di Hobbes e di Locke – sul cosiddetto contratto sociale a fondamento delle relazioni interpersonali e con il potere, cioè su un vero e proprio accordo reciproco tra esseri umani, sia pure inconsapevoli della posta in gioco, ma ben avveduti sulla natura pattizia del loro vivere insieme.

In ambito teologico, in verità, il contrattualismo rinvia alla piuttosto sinistra idea della “soddisfazione vicaria”, per cui il debito infinito contratto da Adamo solo un adempimento parimenti infinito avrebbe potuto estinguere e, da qui, quasi la necessità dell’incarnazione e della morte di Cristo, come salvatore, per appunto, dell’umanità intera. Debito estinto addirittura da Dio che così ha redento il vero, umano, debitore per il suo debito infinito.

Eppure la più tragica attualità ci conferma che esiste un contratto anche fra Stati sovrani, quel contratto di pacifica convivenza e vicinanza che la guerra viola e rompe unilateralmente, senza poter invocare, da parte di chi aggredisce immotivatamente, alcun diritto di recesso e tanto meno – la confusione al riguardo tra non giuristi è piuttosto comune – di rescissione, se solo si riflette su che cosa preveda al riguardo, ad esempio, l’art. 1418 del nostro codice civile (Se vi è sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra, e la sproporzione è dipesa dallo stato di bisogno di una parte, del quale l’altra ha approfittato per trarne vantaggio, la parte danneggiata può domandare la rescissione del contratto). Nel caso del conflitto in corso, la situazione appare esattamente rovesciata rispetto a simile descrizione normativa, perché non era certamente Putin a versare in stato di bisogno, e dunque il contratto è stato semplicemente, tragicamente, infranto.

Ma esiste un contratto che ci salvi, che ci ponga al riparo dallarbitrio e dalla prepotenza del più forte?

Generalmente si interpreta il matrimonio come massima espressione contrattuale, per intensità e condivisione, del nostro vivere assieme. Più contratto del matrimonio cosa c’è? È opinione abbastanza diffusa. Lo afferma addirittura il § 2 del can. 1055 del Codice di diritto canonico: tra i battezzati non può sussistere un valido contratto matrimoniale, che non sia per ciò stesso sacramento. Davvero è così?

Ci chiediamo se sia possibile anche capovolgere l’approccio, vale a dire se non sia anche la contrattualizzazione, inevitabile per chiunque, delle nostre stesse esistenze un possibile ambito di nuzialità, se non sia possibile matrimonializzare la propria esistenza tramite un contratto.

Si aprono campi teoretici, ed etici, che richiedono di essere appena investigati.

A lungo si è pensato – in assoluta modestia anche il sottoscritto può confessare di averlo pensato – che l’amore sia quanto di più distante ed alieno dalle logiche contrattuali. Invece, molto probabilmente (meglio sempre non accampare certezze), non è così. Si stipula un contratto all’insegna della reciproca fiducia e la fiducia – anche proprio tecnicamente intesa nel linguaggio giuridico, come negozio fiduciario (https://sites.google.com/view/rodafa/home-n-614/stefano-sodaro-ma-tu-guarda-la-fiducia) – non può prescindere da una forte componente affettiva, comunque la si voglia definire.

Dalla guerra, dall’odio, ma anche dalla solitudine non voluta e persino dal dramma di vedersi costretti e costrette ad accettare istituti giuridici divenuti problematici quando non insopportabili – come il matrimonio, visto il drastico calo delle sue celebrazioni sia civili che religiose – proprio il contratto, rimesso al libero accordo tra le parti, può salvarci. Fa abbastanza impressione pensarci.

Lo “Shabbat di tutti” celebrato il venerdì della scorsa settimana a Pisticci, vicino a Matera, nell’ambito del “Lucania Film Festival”, dava esattamente il senso di una norma – vincolante per il Popolo d’Israele secondo un patto, un “contratto”, addirittura divino, quale l’Alleanza abramitica e mosaica – che si fa tenerezza, vita, gioia, riposo, sogno, canto, musica, sorriso, abbraccio.

Se solo l’amore basta a se stesso, immaginiamoci che cosa accadrebbe se divenisse l’amore il contenuto effettivo di una nuova contrattualistica, tutta da appena immaginare, o forse – chissà – magari silenziosamente già nascosta in qualche cassetto di anime amanti.

Buona domenica.