Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano
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Viaggio in Italia
di Stefano Agnelli
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2o. Bologna
Ogni città ha un ombelico, un punto nodale da cui trae energia, movimento o stasi: le auto che sfrecciano lungo l’anello dei viali, o i gruppi di ragazzi – immobili sui prati – dei giardini Margherita; il viavai di studenti intorno e in via Zamboni o gli spazi più desolati, nuovi eppure già vecchi, dei quartieri di periferia, tutto sembra aver origine da non più di dieci minuscole vie del centro storico, a sinistra di San Petronio, cattedrale dalla facciata mai finita.
Qui, fra alti palazzi medioevali, rigorosamente ordinati a formare un piccolo reticolo, stanno le botteghe - poche oramai - minuscole e antiche, ma sempre rinnovate nel corso degli anni, dove si ammassano in file ordinate, frutta e verdura. Dove si può entrare e ritrovarsi davanti a file schierate di enormi mortadelle e prosciutti di stagionatura e sapore diverso, salami appesi, coppa e pancetta, stesa o arrotolata. Oppure, poco distante, riempirsi gli occhi, giocando a contare le diverse forme ed i tipi di pane, focacce e pizza, che rapidi i garzoni pesano e infilano nei sacchetti, servendo i clienti più disparati. Ecco, nella via parallela, una, forse due, gastronomie, paradiso di ricche signore attempate e giovani manager poveri di tempo; rivendite di formaggi, dal caratteristico odore e dalle immancabili ruote di Grana o Asiago stagionato, con locali freschi in estate; qualche macelleria, e se non ricordo male, negli anni Ottanta del trascorso Novecento, in una di queste piccole vie, esisteva anche una pescheria, di cui non so più nulla, causa mancato passaggio. Sono i mercatini, così li chiamano i bolognesi, luogo dove la città tenta di ricordare a sé stessa quanto era opulenta e ricca, quanto si illude di esserlo ancora. Un’isola che resiste all'assedio degli Ipermercati e dei Centri Commerciali, dove tutto costa meno ma non esiste la piacevole sensazione di trovarsi fra pietre e mura che trasudano Secoli di vite passate, Storia insomma, quella più minuta e sotterranea, fiume carsico in terra d'acque di superficie, che ancora riesce ad alimentare una città, a dare un senso allo sterile, ma rassicurante incrocio d'esistenze sui marciapiedi delle vie principali, “cullati dai portici-cosce di Mamma Bologna”, canta Francesco Guccini, Pavanese doc, migrato in Via Paolo Fabbri 43, come recita un’altra sua canzone, dove ha vissuto per molti anni, prima di tornare sull’Appennino.
Questo gigante dai testi malinconici e saggi, sceglierebbe forse le amate Osterie, di fuori porta o meno, più che i mercatini, ma via del Pratello è lontana dal centro quel tanto che basta da esserne esclusa. Non potrebbe essere altrimenti. Le Osterie si animavano la notte, quando le serrande di questo minuscolo quadrilatero di botteghe, chiudevano in attesa di un nuovo giorno. Oggi però, le botteghe stanno sempre più lasciando il posto ai locali notturni, dove il cibo si consuma al momento, non si porta più a casa. Specie in estate, i mercatini hanno sostituito proprio quelle Osterie notturne di cui rappresentavano quasi il contraltare, la nemesi morale, e le minuscole vie si riempiono all'inverosimile di giovani avventori, tanto che in certi punti del quadrilatero, diventa difficile il passaggio e tocca farsi largo tra i corpi delle persone in strada.
Bologna è anche altro. Era altro. Tracce di questa sua alterità si trovano in via delle Moline, dove esistono, lungo il tracciato, fra le case, minuscoli scorci sopra qualche piccolo canale, parte di una rete che, sin dal medioevo, forniva energia idraulica alle numerose manifatture tessili della città. Allo stesso modo, in via Irnerio, è nato da pochi anni, un efficiente complesso termale con piscine, sfruttando parzialmente proprio la rete di canali che portava acqua dal fiume Reno alle manifatture.
Bologna ha molti volti, come quello antico e carico di grande prestigio, del suo magnifico Ateneo, l’Università più antica d'Europa, o della Cineteca, realizzata all’interno dell’ex-manifattura Tabacchi, specializzata nel restauro di vecchie pellicole, risalenti agli albori del cinema, con la munita ed elegante biblioteca interna e le adiacenti sale del cinema Lumièré.
Eppure, credetemi, il cuore pulsante della città, anche grazie alla recente trasformazione in zona per la movida notturna, è tuttora nel piccolo quadrato dei mercatini.