Albero dei cachi, Magnano - Foto tratta da commmons.wikimedia.org

OMNIA PROBATE


(Vagliate tutto / Ritenete il buono)







Rubrica quindicinale a cura di Guido Dotti, monaco di Bose


n° 14


NON POSSUM


Franz Jägerstätter






di Guido Dotti

Fotografia di Franz Jägerstätter, di pubblico dominio


È impossibile essere contemporaneamente buoni cattolici e veri nazionalsocialisti … Né il carcere, né le catene e neppure la morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la fede e la sua libera volontà.


Franz Jägerstätter citato in Giampiero Girardi e Lucia Togni (a cura di), Una storia d’amore, di fede e di coraggio. Franz e Franziska Jägerstätter di fronte al nazismo, Il Pozzo di Giacobbe, Trapani 2013



***


Un semplice contadino austriaco, dalla giovinezza un po’ turbolenta è ancora oggi una chiave di lettura spiritualmente feconda dell’atteggiamento dei cristiani di fronte al nazismo e a ogni totalitarismo. La sua testimonianza rimanda a due figure di cristiani più lontani nel tempo ma assai vicini nell’atteggiamento verso il potere: i martiri Massimiliano (+295 d.C.) e Thomas More (+ 6 luglio 1535).

Massimiliano era stato decapitato per essersi rifiutato di servire nell’esercito dell’imperatore, il che avrebbe comportato, oltre a uccidere i nemici, anche l’offrire sacrifici idolatrici. La sua obiezione era una sola, semplicissima e impossibile da scardinare: “Sono soldato di Cristo, non posso militare, non posso ‘malefacere’”. La stessa obiezione che Franz Jägerstätter oppone al Terzo Reich: è impossibile conciliare discepolato cristiano e adesione al nazismo. Come per Thomas More – che anziché giovane recluta e umile contadino era cancelliere del regno e insigne umanista – anche per Franz l’unico criterio di giudizio non è il parere della maggioranza o la connivenza mascherata da prudenza delle autorità religiose, bensì la propria coscienza confrontata quotidianamente con il Vangelo.

Solo la moglie Franziska – spentasi a cent’anni nel 2013, dopo aver sofferto ostracismi e incomprensioni per poi coronare la sua preziosa custodia della memoria del marito con l’inimmaginabile presenza alla beatificazione nella cattedrale di Linz nel 2007 – capirà in profondità quel gesto così semplice eppure così sconvolgente, legato a una profonda convinzione di coscienza: “Io non credo che Cristo abbia detto che bisogna obbedire a un governo che ci ordina cose sbagliate e malvagie”.

È il puro e semplice primato della coscienza, l’ultima istanza che determina le scelte di un uomo e di un cristiano consapevole. “Non seguire la maggioranza per compiere il male”, sta scritto nel libro dell’Esodo, e Jägerstätter non ha fatto altro. Non appena capita l’impossibilità “di essere contemporaneamente buoni cattolici e veri nazionalsocialisti”, ha saputo che lui non avrebbe mai servito nell’esercito del Führer, anche a costo di perdere la vita. Perché “né il carcere, né le catene e neppure la morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la fede e la sua libera volontà”.



Franz Jägerstätter (20 maggio 1907 – 9 agosto 1943), semplice contadino cattolico austriaco, dopo due brevi periodi di servizio militare nella Wehrmacht nel 1940, alla terza chiamata alle armi a inizio 1943 si proclamò obiettore di coscienza e venne imprigionato. Nonostante le insistenze del parroco, del vescovo e di tutto il suo ambiente a eccezione della moglie Franziska, rimase fermo nel suo proposito e venne condannato a morte e decapitato.


Chiesa monastica di Bose - foto tratta da commons.wikimedia.org

Numero 677 - 4 settembre 2022