Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano


Come conciliare la legge umana con la legge e la misericordia divina (continua-4)



di Dario Culot



Quanto fin qui detto non esaurisce ancora il tema, perché se leggiamo la Bibbia nel suo insieme, scopriamo in realtà che anche questo angolo visuale appena visto è ancora parziale, posto che dopo una lettura completa della Bibbia, quando si parla di Dio, emergono nitidamente due filoni fra di loro contraddittori e inconciliabili[1]. Infatti, troviamo a volte un Dio entusiasta di tutta la sua creazione (Gn 1, 13-31), pronto a perdonare gli uomini che vuole liberi, gioiosi, e la relazione con Dio avviene attraverso l’amore. Ma poi s’incontra anche un Dio per cui tutto è peccaminoso: è il Dio Legislatore che pone continui divieti (Lv 11). Al primo Dio – c’insegnano gli studiosi - si riallacciano i profeti, e a questo Dio si riallaccerà Gesù. Al secondo Dio si riallacciano i sacerdoti[2]. I primi aprono lo spazio al “forse,” al dubbio. I secondi, puri e duri, annegano nelle certezze che dà la Legge. Certo, nella Bibbia emerge anche il sogno di Israele di avere dalla propria parte un Dio potente e trionfante sui nemici e sugli oppositori (Sal 24,7-8 «Chi è questore della gloria? Il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia»). Ma questo è chiaramente un sogno di uomini, non di Dio. Ecco perché è stato giustamente detto che la Bibbia è un libro pieno di domande, non di risposte. I libri della Bibbia sono semplicemente un lento cammino di conoscenza del volto di Dio, ad opera degli uomini, che si pongo continue domande. Insomma, la Bibbia è frutto della riflessione, dell’elaborazione e della formulazione umana[3]. Anche se Dio è sempre lo stesso, l’immagine che ne ha l’uomo cambia nel tempo, perché la cultura cambia nel tempo.

E allora diamo un’occhiata a questi due filoni contrapposti:

(1) Per il filone sacerdotale tutto è peccato o in odor di peccato: «Ci hai forse rigettati per sempre, e senza limite sei sdegnato contro di Noi?» (Lam, 5, 22); questo Dio vuole l’uomo sottomesso e per ottenere questo coarta la sua libertà e schiaccia la sua dignità. Questo Dio stermina con estremo gusto (Nm 14, 22-33; 21, 3; Dt 20, 16-18: Gs 10, 28 ss), distrugge con piacere i popoli pagani, anche se più numerosi, per dare la supremazia a Israele (Dt 7, 1ss.), ma non scherza neanche col suo popolo (Nm 11, 33-34; Nm 21, 6). Forse non è mai abbastanza sottolineato che il primo grande massacro di ebrei venne ordinato non ha Hitler, ma da Mosè su indicazione del Signore[4]. Tutti biasimano Hitler, e i suoi gerarchi che gli hanno obbedito ciecamente sono stati processati e impiccati (quando non si sono suicidati). Stranamente nessuno biasima questo Dio, né Mosè che gli ha ciecamente obbedito; anzi si dice che nessun profeta è stato pari a Mosè (Dt 34, 10).

L’autore del Levitico, seguendo questa linea, non è affatto d’accordo con la visione ottimistica del creato e divide il mondo in bianco e nero, fra puri ed impuri, fra peccatori e osservanti della legge e quindi della volontà di Dio: se l’uomo tocca qualcosa d’impuro resta a sua volta contagiato e diventa impuro (Lv 11 in genere;18, 28). L’elenco delle azioni che possono rendere l’uomo impuro, rescindendo a quel punto la comunione con Dio, è lunghissimo: dalla nascita alla morte l’uomo è sempre sotto la cappa dell’impurità e necessita di una continua purificazione per allacciare il rapporto con Dio (Lv 12, 1, 6; Lv 15, 16-28; Ml 1, 7). La relazione con Dio avviene attraverso mediazioni, prima delle quali è la Legge, dalla cui osservanza dipende il favore di Dio. Il Dio dei sacerdoti è un Dio che, egoisticamente, reclama l’uomo per sé, perché l’uomo deve essere suo fedele servitore[5]. Questo Dio pretende in continuazione di essere onorato e servito. Tutti sono suoi servi (Lv 25,55: «Poiché gli Israeliti sono miei servi; miei servi, che ho fatto uscire dal paese d'Egitto. Io sono il Signore vostro Dio»). “Se volete che il sacrificio offertomi mi piaccia,” - dice Dio – “fatelo solo secondo le regole” (Lv 19, 5); “state offendendo la mia dignità perché offrite sul mio altare cibi indegni di me” (Ml 1,7). Si fa dire a Dio in persona (Lv 1, 2-10) che quando uno vuole offrire a Dio un animale grosso, Dio accetta volentieri anche un toro, purché senza difetti. Invece Malachia avverte che «siete stati colpiti dalla mia maledizione perché non avete portato le offerte al Tempio» (Ml 3, 9).

Come in ogni altra religione, anche agli ebrei veniva insegnato che l'uomo aveva come compito principale quello di servire il suo Dio (Dt 13, 5): questo Dio appare come un sovrano esigentissimo, che chiede agli uomini in continuazione, sottraendo loro cose (“il meglio delle primizie del suolo lo porterai alla casa di Yhwh, tuo Dio”: Es 23,19), tempo (Es 20,8-11) ed energie (Dt 6,5), in un servizio reso principalmente attraverso il culto, cui erano addetti i sacerdoti, che ovviamente devono essere rispettati da tutti (Lv 21, 8): «Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che ripaga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e quarta generazione» (Es 20,5).

Ma non basta, perché questo Dio resta comunque sempre disgustato dalla condotta degli uomini, sempre arrabbiato per i peccati degli uomini. Dio ha creato l’umanità, ma questa non gli piace, si pente di averla fatta e decide allora di sterminarla: ad esempio col diluvio universale[6] (Gn 6, 5-7). Dio guarda dall’alto sulla terra e vede che tutti sono corrotti, senza eccezione (Sal 14, 2-3; Ger 5, 1), per cui la sua ira troppo a lungo trattenuta sta sempre per abbattersi sugli uomini (Ger 4, 8).

Purtroppo, questa immagine di un Dio irato e disgustato è giunto fino a noi, tant’è vero che in quasi tutte le apparizioni la Madonna[7] piange o è molto triste, e sempre si lamenta che a stento riesce a frenare il braccio irato del Figlio che è pronto a castigare quest’umanità schifosamente corrotta e peccatrice[8]. Tanto per fare un esempio, il 26.5.1432 a Caravaggio, dove oggi sorge il frequentato santuario, la Madonna apparve dicendo: “L’Altissimo Onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini…(che) cadono di peccato in peccato…”[9]. Non dissimile è la storia del santuario di Motta di Livenza,[10] dove la pressante richiesta di digiuno (mai chiesto da Gesù, per cui qui la Madonna non deve aver letto la versione originale greca dei vangeli[11]) non può che spiegarsi che con la necessità di ottenere la benevolenza di un Dio irato. E anche a Lourdes, nel 1858, avrebbe dato un triplice comando imperativo: “penitenza, penitenza, penitenza,”[12] piatto forte della religione almeno fino all’ultimo Concilio, dove ci si è accorti che Gesù ha chiesto conversione, mai penitenza. Più o meno nello stesso periodo (1846), e sempre in Francia (a La Salette), un’altra Madonna piangente fa fatica a tenere a freno il braccio del Figlio[13]. E che dire dell’apparizione più recente del 1973 ad Akita in Giappone, dove la Madonna ventila una punizione più dura del diluvio universale?[14] Anche i fan di Radio Maria, i pellegrini di Medjugorje, attendono ogni giorno, con un’impazienza mista a paura, l’annuncio mariano di terribili e apocalittiche sventure causate dalla miscredenza e dall’abbandono in massa della legge divina.

Insomma, siamo davanti a un Dio che detta leggi, le quali contengono solo divieti e regole da rispettare, soprattutto la regola che separa il puro (degno di Lui) dall’impuro (indegno di Lui), e che mette l’uomo sempre in situazione di colpa e di peccato: l’impurità si trasmette a chi tocca l’impuro (Lv 15, 19-24). Sono impuri e non si possono mangiare tutta una serie di animali; fra l’altro, i maiali (Lv 11, 7). Chiedete agli ebrei, o ai musulmani che hanno lo stesso divieto, perché non si può mangiare il prosciutto: perché questa è la legge di Dio, e basta! Non c’è una spiegazione logica,[15] anche se in passato ci sarebbe potuto essere una spiegazione sanitaria.

Il Signore in persona ha poi dato direttamente a Mosè le istruzioni sulle impurità sessuali che Mosè deve comunicare ai suoi (Lv 15, 1 ss.). Anche il sesso fra coniugi è visto con sospetto perché riguarda la sfera del piacere e del desiderio: dunque, anche se non si può evitare il sesso, per lo meno marito e moglie siano considerati impuri fino a sera (Lv, 15, 18). E la Chiesa dirà a lungo che il sesso va fatto solo per fini procreativi, tenendosi lontani dal piacere. Non c’è mai bisogno di proibire ciò che nessuno desidera, ma il sesso è troppo ricco di desideri, per cui se il marito osa toccare la sposa mentre è mestruata (e quindi non vi sono fini procreativi), resta a sua volta impuro (Lv 15, 19): insomma è meglio è l’uomo abbini il sesso al concetto d’impurità. Ma non è lo stesso Dio che ha creato il sesso? Allora ha creato Lui stesso qualcosa di sbagliato?

In una religione maschilista, poi, la donna è impura fino a una settimana dopo la fine delle mestruazioni (Lv 15, 28), e ovviamente dopo ogni rapporto, per cui è sostanzialmente sempre impura. Anzi se ha rapporti durante le mestruazioni è meglio ammazzare entrambi (Lv 20, 18). Nessuna persona impura può entrare nel Tempio (Lv 15, 31), e le donne devono comunque fermarsi nell’atrio (detto appunto delle donne): oltre non possono andare, sotto pena di morte. Insomma, la violenza sulle donne ha radici molto lontane.

Ma anche le malattie rendono impuro l’uomo (Lv 13,46): «Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, fuori dell’accampamento». Nel libro dei Numeri e di Giobbe aver la lebbra vuol dire essere nati morti. Il lebbroso rappresenta l’uomo che la religione considera peccatore, perché la lebbra è una punizione divina (Nm 12, 9ss.: Maria, l'ambiziosa sorella di Mosè che pretende il posto di Mosè, viene castigata da Dio con la lebbra), e chi è impuro non può neanche avvicinarsi a Dio. I sacerdoti devono ovviamente restare in stato di purità (Lv 21, 6), non possono avvicinarsi a un morto, nemmeno se fosse un loro parente (Lv 21, 1). Ecco perché, nella parabola del buon samaritano, il sacerdote non può avvicinarsi all’uomo privo di sensi sul sentiero: se per caso fosse morto e lo toccasse diventerebbe impuro, dopo che si è appena purificato nel Tempio di Gerusalemme. Chi bestemmia contro Dio va lapidato (Lv 24, 11-14). La strega che pratica la magia va messa a morte (Es 22, 17). Chissà da chi ha preso la Chiesa quando ha cominciato la caccia alle streghe[16]. Inutile aggiungere che – come ha osservato se ben ricordo Nietzsche – per quanto i sagacissimi giudici della Inquisizione che processavano le streghe (e forse le streghe stesse) fossero convinti che la stregoneria era una colpa, tuttavia la colpa non esisteva. Per quante altre condotte che oggi si considerano colpe si dirà lo stesso domani?

Questa immagine di Dio è giunta fino a noi col cristianesimo: dice ancora oggi il n.358 del Catechismo della Chiesa cattolica, come già diceva l’art.351 del Catechismo di Pio X, che l’uomo è stato creato per servire (oltre che adorare e amare) Dio.

(2) Pochi sono quelli che ci hanno insegnato che, diametralmente opposto a questo Dio esigente, tremendo e vendicativo, esiste il Dio dei profeti. Quest’altro Dio è un Creatore che si entusiasma della sua creazione e vede tutto bello, tutto buono (Gn 1, 10-12-18-21). Così viene normalmente tradotta la Genesi; ma chi conosce l’ebraico dice invece che, di fronte a quella bellezza creata, a Dio fremettero le viscere, e questo fremito delle viscere nell’AT è equiparabile al fremito orgasmico: la nuzialità di Dio con il suo popolo sottolinea proprio questa emozione tipicamente umana. Quindi qui c’è il Dio che fa esistere e si innamora di ciò che fa esistere, si innamora della sua creazione e c’è questo grido divino che è un grido d’amore, un grido orgasmico. Noi allora rischiamo di banalizzare la bellezza esistenziale di questo testo antico anche perché con i nostri moralismi certe cose non si possono dire di Dio;[17] eppure assai spesso, nella Bibbia, Dio è visto come lo sposo, e lo sposo non è certo il casto Giuseppe che nella nostra religione ha visto Maria nuda solo col binocolo. Ovviamente, chi crea con tanto entusiasmo non può pensare di annientare e distruggere questa bellezza che ha creato. “Tu hai pietà di tutti, perché puoi tutto. Tu chiudi gli occhi sui peccati degli uomini affinché si pentano. Davvero tu ami tutti gli esseri e non hai disgusto per nulla di ciò che hai fatto, perché se tu odiassi qualche cosa non l’avresti creata. E come una cosa potrebbe sussistere se non l’avessi amata? Come conserverebbe l’esistenza se tu non l’avessi chiamata a ciò? Ma tu perdoni tutto perché tutto è tuo, o Signore, amico della vita!” (Sap 11, 21 ss). Questo è un Dio talmente entusiasta della sua creatura, che – come dice Maggi[18] - innalza a dignità della sua Parola perfino la serenata piuttosto <osé> di un innamorato che gioisce della sua femmina, tutta curve piene e morbide (Ct 4, 1-5; 7, 2-4): non c’è impurità nel sesso quando c’è amore[19].

Questo Dio è stufo di essere onorato con tante parole; non vuole sacrifici: «Che m’importa dei vostri sacrifici senza numero?» dice il Signore. «Sono sazio degli olocausti di montoni e del grasso di giovenchi; il sangue di tori e di agnelli e di capri io non lo gradisco». «Quando venite a presentarvi a me, chi richiede da voi che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me (NB: non la sessualità o altro peccato); non posso sopportare delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli». Pensate! il Padreterno che non sopporta le celebrazioni religiose, il culto. È il Padreterno che dice: le vostre celebrazioni mi hanno proprio stufato! «Quando stendete le mani, io allontano gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene» (Is 1,11-17). È questa la religione che Dio chiede! Sembra che stia parlando un ateo comunista mangiapreti, o un eretico miscredente, e invece è Parola di Dio! E la famosa legge di Mosè? La legge! Voi scribi (cioè voi teologi ufficiali dell’istituzione) vi riempite la bocca della legge di Dio, ma quale legge? Quella menzognera della vostra penna bugiarda? Cioè, siete stati voi ad aver falsificato la legge di Dio per i vostri interessi (Ger 8, 8). E i sacerdoti che “hanno sempre tra le mani la mia legge non sanno nemmeno chi io sono” (Ger 2, 8). Il compito dei sacerdoti è d’insegnare agli uomini a conoscere Dio. Ma i sacerdoti si sono allontanati dalla retta via. Con il loro insegnamento hanno fatto sbagliare molta gente (Ml 2, 7). E poi il Signore ordina al profeta di andare davanti al Tempio (sarebbe come dire oggi, all’ingresso di San Pietro) e dire a tutti i fedeli che entrano: “Non vi fidate delle parole menzognere che suonano nel Tempio del Signore. Sono essi forse il Tempio del Signore?” (Ger 7, 4ss.).

Anche il concetto di giustizia che, ancora oggi prendiamo dal diritto romano, differisce fortemente da quello espresso in alcune parti della Bibbia, perché la giustizia non consiste tanto nell’imparzialità delle sentenze, quanto nella difesa degli inermi, dei deboli, dei poveri, delle vedove, degli orfani (Salmo 72, 1-4; 12-14; Ger 22, 15-16). Se voi migliorerete la vostra condotta e il vostro operato, se agirete secondo giustizia tra l’uomo e il suo compagno; se non opprimerete lo straniero, l'orfano e la vedova, se non verserete sangue innocente in questo luogo e se non seguirete altri dèi, soltanto allora io verrò ad abitare con voi in questo luogo, nella terra che io ho dato ai vostri padri da tempi assai lontani e per sempre. Ecco voi vi fidate di parole menzognere che a nulla gioveranno; voi rubate, uccidete, siete adulteri, giurate il falso, offrire incenso e seguite altri idoli che non conoscete, e poi venite e state in preghiera davanti a me in questa casa su cui ho proclamato il mio nome e dite di essere salvi! per poi compiere tutti questi abomini. È forse diventata una spelonca di ladri agli occhi vostri la casa su cui fu proclamato il mio nome?” (Ger 7, 4-11). Se così ha già parlato Dio, Gesù non dirà nulla di nuovo, secoli dopo, a proposito del Tempio. Già in passato, mentre il buon Pietro non aveva alcun conto in banca, il Sommo sacerdote di Gerusalemme lo aveva, eccome. Non vi suonano sempre attuali queste parole di fronte a un Marcinckus che, dirigendo lo Ior, affermava che “la Chiesa non si amministra mica con le Ave Maria”?[20] Non vi suonano attuali queste parole quando si vede gente che, con la confessione, cerca la pace della sua coscienza per aver peccato, ma poi continua ad adorare il dio mammona?

Digiunare – sempre per la Bibbia dei profeti – non vuol dire astenersi dal mangiare prosciutto di venerdì, ma significa dividere il pane con chi ha fame, aprire la propria casa a chi non ha un tetto, dare un vestito a chi non ne ha (Is 58, 4-7), sentire come propri i bisogni degli altri; il resto è menzogna, falsificazione. Il digiuno ha ancora senso, ma solo se lo s’intende da ciò che ci porta lontano dalla vera vita

E la più grande di queste falsificazioni è proprio l’idea del peccato. Se noi prendiamo alcuni libri della Torah troviamo tutta una serie di elenchi di prescrizioni la cui violazione costituisce peccato. Nel libro del profeta Osea, invece, cosa troviamo? Si legge che Dio stesso inveisce non contro gli impuri ed empi peccatori, ma esclusivamente contro il clero: «Io accuso voi sacerdoti…perché rifiutate di farmi conoscere» (Os 4, 4-5) «Io voglio amore costante, non sacrifici» (Os 6, 6). E invece i sacerdoti che fanno? I sacerdoti assalgono le persone come banditi (Os 6, 9) e si nutrono dei peccati delle persone, essendo il loro cuore avido di colpe (Os 4, 8). A parole i sacerdoti tuonano contro i peccati e i peccatori, minacciano tremendi castighi divini, ma in cuor loro si augurano non solo che la gente continui a peccare, ma che pecchi sempre di più perché più la gente pecca e più loro diventano indispensabili ed esercitano il potere. Come si poteva infatti togliere questi peccati? Soltanto ricorrendo al sacerdote: dovete pentirvi, confessarvi, fare penitenza (fare sacrifici e offerte, incamerate normalmente dai sacerdoti), e così potrete riavvicinarvi a Dio. Per ora, dicevano i sacerdoti, con questo peccato che avete commesso, con Dio avete chiuso. Invece questo Dio dei profeti non intende castigare: «Forse che io ho piacere della morte del malvagio, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?» (Ez 18, 23).

Per quanto allora possa sembrare strano, neanche Gesù si è interessato molto al peccato che invece è il perno fondamentale – ancora oggi,- su cui ruota la dottrina della Chiesa. Quando Pietro, dopo essere rimasto scosso dalla pesca miracolosa (Lc 5, 8) chiede a Gesù di stargli lontano perché si sente un misero peccatore, Gesù non lo giudica, ma - come evidenzia Ermes Ronchi nel commento a questo passo,- neanche lo assolve: semplicemente lo porta su un altro piano, lontano dallo schema del peccato che tanto piace alla Chiesa: lo porta verso il futuro e lo invita a diventare ‘pescatore di uomini’ senza rodersi per il passato, perché è sempre il domani a contare di più, e la vita di Pietro (come quella di ciascuno di noi) può sempre ripartire.

Quando Gesù accoglie e va a pranzo con tutti i peccatori (Lc 15,1-2), anziché giudicare, condannare, castigare, spiega con la parabola del figliol prodigo che proprio così si comporta Dio (Lc 15, 11-31), perché al pari di questo padre misericordioso anche Lui non chiede pentimenti o penitenze perché non gl’interessa giudicare, ma aprire un futuro di vita. Eppure le persone pie e religiose (allora, come oggi) restano scioccate e non accettano una simile immagine di Dio. Loro vogliono il Dio tremendo della religione, che ci ama solo se lo meritiamo. Invano allora Gesù ripete più volte: “misericordia voglio, non sacrifici”[21] (Mt 9, 13; Mt 12, 7). Se Gesù non chiede mai agli uomini di fare penitenza, non chiede mai di fare un digiuno religioso, offre ovviamente un’immagine di Dio che corrisponde a quella dei profeti, mentre volge le spalle al dio legislatore dei sacerdoti, perché sostiene che Dio è amore e l’amore non si esprime attraverso leggi, ma attraverso opere che comunicano vita.

Anche nella nostra religione il rapporto di Dio con i peccatori, tratto dalla Bibbia sacerdotale, ha fatto danni incalcolabili. Nella religione Dio esclude i peccatori (Nm 15, 32), gl’impuri (Nm 5, 2) e quindi gran parte dell’umanità viene esclusa per cui versa in una situazione drammatica. La religione dice: “voi siete in peccato e siete esclusi da Dio”. ‘Ah si? e chi ci può pulire da questo peccato?’ “Il Signore”. ‘Allora se mi avete escluso vado direttamente dal Signore’. “No! Siccome sei in peccato non puoi avvicinarti al Signore”. La religione, cioè, prima dichiara che ho peccato, poi che non posso più venir via da questa situazione. La religione condanna così gli uomini alla disperazione, perché non sono degni di avvicinarsi al Signore. Dura lex, sed lex.

E proprio san Paolo (Gal 3, 23-26) ci ricorda per l’appunto che: “prima che venisse la fede noi eravamo prigionieri della legge, in attesa che questa fede fosse rivelata (da Gesù). Così la legge era stata per noi un pedagogo che ci ha condotto a Cristo (…) Ora che la fede è giunta non siamo più sotto un pedagogo. Tutti voi infatti siete figli di Dio mediante la fede in Gesù Cristo”. Traducendo in maniera più comprensibile: san Paolo sta dicendo che prima di Gesù non c’era la fede, ma solo la legge religiosa; Gesù è quello che ha portato la fede. Prima, con la legge, si era sotto la tutela di un pedagogo (il pedagogo è l’adulto che si prende cura dei bambini), che diceva cosa si può fare e cosa non si può fare. Quindi la legge e la religione erano per l’infanzia dell’umanità. Ma quando è arrivato Gesù è arrivato finalmente il momento della maturità. Prima, si era come bambini piccoli sotto la tutela dell’adulto; ecco l’ennesima riprova che la religione mantiene le persone in uno stadio perennemente infantile, perché nella religione le persone non sono lasciate libere di maturare. Non possono pensare di testa propria, sono considerate incapaci di intendere e volere ed hanno sempre bisogno di una autorità (un padre, un insegnante, un pedagogo) che dica cosa fare, come fare e quando fare. È solo con Gesù che è cambiata radicalmente la maniera di rapportarsi con Dio, ed ovviamente il dio che ci ha prospettato la religione ed il Dio che ci prospetta Gesù sono fra di loro assai diversi, perché Gesù ci vuole cristiani adulti,[22] liberi, autonomi e gioiosi. Gli adulti sono in grado di cercarsi da soli ambienti di offerte vitali e di muoversi per allargare gli orizzonti; i bambini piccoli sono costretti all’ambiente e quindi necessariamente condizionati dalle offerte di vita che concretamente ricevono[23].

Ma non ci hanno insegnato che Gesù invita continuamente al pentimento per aver peccato e offeso Dio e il suo messaggio è stato quello di impressionare gli uomini sulla serietà del giudizio finale per risvegliare in essi il timore di Dio?[24] Alzi la mano chi ha mai sentito dire in chiesa che l’immagine di Dio da tener presente è invece quella del profeta Osea o di Geremia, e non quella offerta dai sacerdoti biblici.

Non solo, ma liberandoci dalla prigione della Legge questo Dio di Gesù ci lascia liberi. Ce ne rendiamo conto sempre leggendo i vangeli. Il Padre raccontato da Gesù non si oppone a che il figlio ribelle vada da solo in cerca della felicità, anche a costo di fare naufragio e di diventare, da ribelle libero e agiato, uno schiavo in mezzo ai porci, cui contenderà le ghiande. Anche Osea aveva conosciuto il naufragio; è stato il profeta che, dalla propria tragica situazione matrimoniale, per primo aveva scoperto che il rapporto di Dio con gli uomini non è simile a un rapporto giuridico che viene risolto unilateralmente da Dio quando l’uomo è inadempiente per aver commesso un qualche peccato, ma è basato solo sull’amore; è il profeta che per primo capisce che Dio non perdona gli uomini perché questi si sono pentiti e hanno fatto penitenza, ma dona il suo amore gratuitamente ed è questo dono del tutto gratuito che può causare eventualmente il pentimento e la conversione (l’accettazione di questo dono gratuito di amore per tutti è la fede). Anche il figliol prodigo, ormai ridotto a guardiano di porci, torna per fame, non perché si è pentito. Invece la religione ha sempre insegnato e tuttora insegna che, quando uno ha peccato, si deve prima pentire, poi chiedere il perdono e poi finalmente avrà il perdono del Padre, ma rigorosamente solo attraverso la Chiesa. Invece al padre della parabola (al Dio di Gesù) non importa il motivo per cui il figlio ritorna, non mette sulla bilancia il dare-avere, ma gli corre incontro e gli offre l’abbraccio e organizza subito una festa: è chiaro che questo padre è un padre più grande del nostro cuore e, diciamolo pure, più grande della normalità dei padri. Ai tempi di Osea, la moglie che veniva colta in adulterio non andava neanche perdonata: secondo la legge ebraica andava semplicemente uccisa[25]. Osea, al momento in cui potrebbe chiedere la morte di sua moglie, si accorge che l’ama ancora, l’accoglie e la perdona anche se è più volte fuggita con degli amanti; ma soprattutto la perdona senza che lei gli chieda il perdono; capisce che prima viene il perdono e poi, eventualmente, nella persona verrà il pentimento: decide di sedurla e di portarla in un nuovo viaggio di nozze (Os 2, 16-18), nel deserto, perché all’epoca il deserto era il luogo della essenzialità[26]. In effetti, il deserto era ed è il luogo della sobrietà, dello svuotamento del superfluo di cui siamo invece imbevuti nella nostra cultura, dove si può recuperare la dimensione della vita essenziale, dove si può scoprire chi siamo veramente. Per questo il deserto, al pari della montagna o del mare, pur essendo luoghi profani, possono portare a un’esperienza di pienezza, e al contatto con Dio.

Allora (ma è cambiato qualcosa oggi?) queste idee andavano talmente controcorrente che Osea era stato preso per pazzo (Os 9,7), come del resto accadrà a Gesù (Mc 3, 21), né si sa se alla fine egli è riuscito a ricostruire il rapporto affettivo con sua moglie. Ma questa è parola di Dio! e Dio invita Osea a prendere in moglie una donna piuttosto inquieta, e ad amarla anche se lo tradisce con vari amanti, esattamente come Dio continua ad amare il suo popolo, anche se questo popolo si prostituisce (= commette adulterio) con altri idoli (Os 3,1), perché Dio resta fedele, cioè è giusto.

(continua)



[1] Pixley J., L’opzione per i poveri e il Dio biblico, in Con i poveri della terra, a cura di Vigil J.M., ed. Cittadella, Assisi, 1992, 35. Ecco un altro motivo per cui nell’articolo del mese scorso, Come leggere la Bibbia, ho detto che la Bibbia è un prodotto di origine umana.

[2] È un peccato che i sacerdoti abbiano preso alla fine il sopravvento. Forse perché alla fine i sacerdoti sono rimasti storicamente gli unici a comandare. Infatti ai tempi dei profeti Aggeo e Zaccaria (i profeti dell’incoraggiamento) quando, dopo il rientro dall’esilio babilonese si deve ricostruire Gerusalemme e rifondare un popolo e la religione ebraica e si comincia a scrivere la Bibbia, si è in presenza di una società senza re (che prima era stato il rappresentante di Dio in terra), senza esercito, senza finanze: c’è solo il sacerdote e il governatore sottoposto al re persiano: Zorobabele, colui che ha riportato da Babilonia i rimpatriati (assieme al sacerdote Giosuè), era per l’appunto governatore di Gerusalemme perché vassallo, mentre solo il re di Persia poteva fregiarsi del titolo di re.

Verso il 520 a.C. le due figure galleggiano ancora alla pari, poi il governatore improvvisamente sparisce, definitivamente, e non si sa esattamente né come né perché. Emergono allora con decisione solo i sacerdoti, e finirà che tutto il potere passerà al Sommo sacerdote, che prima dell’esilio era marginale, e al sinedrio dei sacerdoti. I re, come David e Salomone, quali rappresentanti di Dio in terra, facevano direttamente sacrifici. D’ora in avanti i sacrifici li farà solo il sacerdote. Anche Geremia, altro profeta della speranza, immagina un futuro roseo e prevede che Gerusalemme sarà ribattezzata Signore nostra giustizia (Ger 33, 16), cioè il Signore è riuscito a infondere in noi la giustizia. Così Geremia incoraggia quanti sono tornati dall’esilio e hanno trovato solo macerie e si scoraggiano, sapendo che non riusciranno a vedere la ricostruzione della città e del tempio. Dopo duemilacinquecento anni, le tensioni esistenti a Gerusalemme dimostrano che ci vorrà ancora del tempo, e tanto, per vedere ricostruita Gerusalemme nostra giustizia. La giustizia di Dio resta un’utopia, che forse potremmo avvicinare mettendo in pratica la misericordia.

[3] Da Spinetoli O., La Giustizia nella Bibbia, “Bibbia e Oriente”, XIII, 1971, 247.

[4] Mosè, il sommo sacerdote, venne presto ricordato per le cose terribili che aveva fatto, per “il terrore grande” con cui aveva operato (Dt 34,12): tipo far massacrare 3000 dei suoi affinché gli altri si convertissero al vero Dio (Es 32, 27-28).

[5] L’espressione servo di Dio non compare mai neanche nelle lettere di Giovanni e nemmeno nel suo Vangelo (Mateos J. e Camacho F., L’alternativa Gesù e la sua proposta per l’uomo,ed. Cittadella, Assisi, 1989,114), dove, anzi, vien detto chiaramente che Gesù chiama i suoi discepoli amici (Gv 15, 15; cfr. anche Mc 2, 19; Lc 12, 4).

[6] La storia mitologica del diluvio universale appartiene si può dire a tutto il mondo (per iniziare una ricerca basta digitare “diluvio universale” su wikipedia). Per fare qualche esempio:

- nell’induismo si racconta che mentre Brahma dormiva, un demonio gli rubò i Veda. Vishnu, per recuperarli, fece perire il mondo sotto un diluvio (salvando, però, ogni specie su un’apposita imbarcazione) e alla fine trovò il cadavere annegato del ladro riprendendosi i Veda.

- in Guatemala-Messico i Maya raccontano che il loro Dio Virococha distrusse i superbi giganti con una grande inondazione.

- nel mito mesopotamico di G(h)ilgamesh il Noè mesopotamico, presso il quale l’eroe si reca per cercare l’immortalità, ma fallendo, si chiama Utnapishtin.

Ma in molte altre culture, il nome assomiglia proprio a Noè: Nu-u per gli hawaiani; Nuwah per i cinesi; Noa nell’Amazzonia (www.cronologia.leonardo.it/mondo).

[7] "Prossima è la punizione del mondo per i suoi tanti delitti, mediante la guerra, la fame e le persecuzioni contro la chiesa e contro il santo Padre... Un grande castigo cadrà sull'intero genere umano, non oggi, né domani, ma nella seconda metà del secolo ventesimo... Se lumanità non dovesse opporvisi a [Satana], sarò obbligata a lasciar libero il braccio di Mio Figlio. Allora vedrai che Iddio castigherà gli uomini con maggior severità che non abbia fatto col diluvio" (Messaggio di Fatima).

[8] Eppure nei vangeli Maria non assume mai il ruolo di difendere gli uomini dall’ira di Dio.

[9] Riportato in La casa (rivista dell’opera di padre Pio), ott. 2010, 99. Ci si può anche domandare: ma questo figlio onnipotente non era sceso in terra per salvare tutti dal peccato?

[10] Pellegrino alla Madonna di Motta, ed. Basilica santuario Madonna dei miracoli, Motta di Livenza (TV), 2010, 6 s.

[11] La Madonna deve aver letto le vecchie edizioni di Marco 9, 29; Matteo 17, 20: “Gesù rispose: questo genere di spiriti non si può scacciare in nessun modo se non con la preghiera e il digiuno”, il che costituisce una forma di penitenza. Se però guardiamo l’ultima edizione CEI del 2008, quatti quatti, i compilatori hanno completamente eliminato l’incisoe il digiuno’. Il digiuno è sparito! Come mai? Semplicemente perché si sono accorti che nel testo greco più antico pervenutoci il termine ieiùnio, riportato nella Vulgata latina non è mai esistito ed è ormai riconosciuto che si è trattato di un’aggiunta di un qualche copista troppo zelante. Nel frattempo, però, copia dopo copia per ben 1500 anni, il digiuno aveva assunto enorme importanza nella spiritualità cristiana perché si credeva che proprio Gesù l’avesse ordinato di fare, mentre Gesù quando aveva mandato in missione i suoi discepoli aveva detto: “Mangiate quello che vi viene messo davanti” (Lc 10, 8). San Francesco questo l’aveva perfettamente capito, per cui anche dopo che frate Elia aveva cominciato a scrivere le regole francescane inserendo l’astinenza, quando con frate Leone venne invitato a pranzo da un signore e venne offerto loro della carne in un giorno di astinenza, Francesco disse a Leone che non voleva mangiare: «Che cosa dobbiamo osservare, la parola di Gesù o la parola di frate Elia?» «La parola di Gesù!» rispose frate Leone. «E qual è la parola di Gesù?» riprese Francesco. «Mangiate quello che vi viene messo davanti», disse frate Leone. «E allora abbiamo la carne e mangiamo serenamente la carne» concluse Francesco (riportata da Vannucci G., Esercizi spirituali, ed. Comunità di Romena, Pratovecchio (AR), 2005, 107).

[12] Ebrahime O., La sofferenza e la preghiera sono le uniche armi che salvano il mondo, “Vita Nuova” , n.4644 del 15.2.2013, 12.

[13] Cammilleri R., Le lacrime di Maria, ed. Mondadori, Milano, 2013, 49s.

[14] Idem, 67.

[15] I musulmani più razionali dicono che non mangiano il prosciutto perché fa loro ribrezzo, esattamente come a noi fa ribrezzo mangiare insetti o topi o cani, che in altre parti del mondo si mangiano tranquillamente. È un qualcosa che è ormai, dopo secoli di tabù, è intimamente assorbito e sfugge alla ragione.

[16] Dalla fine del 1400 sino al 1669 rimase in uso degli inquisitori il manuale Malleus maleficarum che insegnava come torturare le streghe: eresia di sole donne, perché l’Altissimo aveva fortunatamente preservato i maschi dalla stregoneria. L’ultima esecuzione ufficiale di una strega avvenne in Polonia nel 1793. Nessuno sa quante streghe vennero uccise in tutto: si calcola fra un minimo di 100.000 a ben oltre 1.000.000 (Maggi A., Gesù e Belzebù, ed. Cittadella, Assisi, 1999,.153 ss).

[17] Scuola biblica Eremo di Monte Giovo (Fano), Commento alla Genesi – dalla Creazione alla Torre di Babele, a cura di Frigerio S., 2011.

[18] Maggi A., Come leggere il vangelo e non perdere la fede, ed. Cittadella, Assisi, 1997, 101.

[19] È stato velenosamente osservato che il cristianesimo propinò il veleno all’Eros. Questo non ne morì, ma degenerò, divenne vizio (Nietzsche F., Al di là del bene e del male, Libro IV, 168, reperibile in italiano in www.cronologia.leonardo.it/biogra2/Nietzsche01).

[20] Di Giacomo F., Cronache celesti, “Il venerdì di Repubblica”, n. 1318/2013, 43.

[21] Ortensio da Spinetoli, L’inutile fardello, Chiarelettere, Milano, 2017,35: Inutilmente Gesù ha detto che Dio non vuole sacrifici, che l’unico modo per onorarlo è adorarlo solo in spirito (Gv 4, 23-24). Come si può pensare che piccoli gesti (spezzamento di un’ostia e versamento di un po’ di vino annacquato), pur accompagnato da parole speciali siano capaci di commuovere Dio e di strappargli tutte le grazie per sé e perfino per i defunti? Non sarà che alla fine delle nostre messe, più che una pioggia di grazie, si alimenti un cumulo di illusioni?

[22] Papa Francesco nella Evangelii Gaudium (ai numeri 102 – 105) ha ribadito la “capacità decisionale dei fedeli”, senza la quale la Chiesa si impoverisce.

[23] Molari C., Un passo al giorno, ed, Cittadella, Assisi, 2006, 15.

[24]Theological Dictionary of the New Testament, a cura di Kittel G. e Friedrich G., ed. Edrdmans Publishing Company, Grand Rapids (USA), 1993, Vol. III, 936

[25] Tosato A., Il matrimonio israelitico, ed. Biblical Institute Press, Roma, 1982, 207.

[26] Questa è la definizione del deserto data dal gesuita Silvano Fausti: Il deserto è il luogo del silenzio, del non disturbo. Il luogo dove si è fuori da tutti i giochi di potere, il luogo della povertà estrema dove ciò che conta è solo l'’essenziale. Devi camminare, non c' è nulla lì. Il deserto è il luogo fondamentale dove si fa esperienza dei propri limiti, dove hai bisogno di tutto, dove si può vivere solo insieme agli altri in solidarietà. Dove si sperimenta chi è l’uomo e chi è Dio. È il luogo della prova, della tentazione, il deserto, ma è anche il luogo della fedeltà, della manna, della parola, del cammino, dell’acqua. Il deserto è il luogo fondamentale. Come il silenzio è il luogo della parola così il deserto è il luogo dove si forma l'uomo. Deserto vuol dire abbandonare, è il luogo in cui l’uomo abbandona tutto ciò che non è necessario perché deve andare avanti.