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Elezioni 1. Considerazioni generali



di Dario Culot



Fra due domeniche si vota. Vari partiti, ma al primo posto e con più insistenza di tutti FdI, ci hanno martellato con questo incessante “al voto! al voto!” sostenendo che Draghi non è stato eletto e quindi era necessario andare quanto prima ad elezioni per far decidere il popolo sovrano. Ma forse che Draghi non aveva avuto la fiducia in Parlamento, e forse che in Parlamento non sedevano i rappresentanti eletti dal popolo sovrano? E allora, far cadere un governo in un periodo di grave crisi, è stata una scelta che i parlamentari eletti dal popolo sovrano hanno fatto veramente nell’interesse e per il bene del popolo?

Comunque siamo ormai al voto e quello che succederà il 25 settembre avrà di sicuro ripercussioni non solo in Italia ma anche in Europa perché, anche se nessun partito ce lo ha detto chiaramente (anzi tutti i partiti sembrano pensare che le elezioni non si vincono sulla politica estera), il futuro dell’Italia si giocherà innanzitutto sulla credibilità internazionale,[1] per cui saremo chiamati a scegliere:

1. se vogliamo un’Europa più integrata o meno Europa.[2]

Come sapete, gli antieuropeisti vogliono sentirsi liberi nel proprio Stato di fare le leggi che ritengono più utili per la propria nazione, senza il vincolo della normativa europea. Mi sembra che il parlamentare Stefano Ceccanti (del PD), che è anche professore di diritto costituzionale, abbia spiegato il punto con estrema chiarezza: fin dalla sua fondazione l’Unione europea si basa sul principio della supremazia o primato del diritto dell’Unione sul diritto nazionale. In base a questo principio nelle materie di competenza dell’Unione il diritto europeo prevale su quello nazionale in caso di contrasto. Questo principio è semplice ed è non solo essenziale al funzionamento dell’Unione, ma altresì alla garanzia dell’uguaglianza dei suoi Stati membri. In assenza di tale primato ogni Stato membro potrebbe discrezionalmente decidere quali parti delle normative europee accettare e quali rigettare. Ciò inevitabilmente determinerebbe la disintegrazione del progetto europeo. Per questa ragione, sin dall’inizio delle comunità europee, il primato europeo è stato fatto valere dalla Corte di giustizia, a partire dalla famosa sentenza nella causa 6/64 - Costa contro Enel.

Per completezza va anche aggiunto che già oggi, comunque, questo primato non si applica in maniera indiscriminata, ma solo nelle materie su cui si è liberamente deciso di condividere la sovranità. Tanto più tra i Paesi che per loro scelta hanno deciso di condividere non solo un mercato unico, ma addirittura una stessa moneta: l’euro[3]. Inoltre l’Europa già tiene comunque conto delle differenze nazionali, come nel caso delle direttive[4] per le quali sono consentiti adattamenti nazionali.

Quello che però molti forse non sanno è che il 2.7.2021 è stata firmata da 15 partiti sovranisti europei (fra cui Fratelli d’Italia e Lega, ma anche da Rassemblement National di Marine Le Pen, dai polacchi di Diritto e Giustizia (PiS), dagli spagnoli di Vox, dagli austriaci del Partito della Libertà (Fpö) e dagli ungheresi di Fidesz) la cd. Carta dei valori che, rivendicando la supremazia nazionale, ha come obiettivo quello di riformare l’Ue, ma al fine di ridurre l’integrazione degli Stati che la compongono[5]. Chi vota dunque per questi partiti vota per avere un’Europa sempre meno integrata.

2. se vogliamo posizionarci con neutrale indifferenza rispetto alla guerra in Ucraina[6] oppure appoggiare la resistenza dell’Ucraina contro l’aggressore.

Ormai è chiaro che il Cremlino e il patriarcato di Mosca non accetteranno mai di veder condannata l’aggressione russa all’Ucraina, e che senza l’appoggio militare dell’Occidente l’Ucraina sarebbe costretta ad arrendersi. Chi vota per i partiti che vogliono togliere all’Ucraina ogni capacità di resistenza (interrompendo il rifornimento di armi) non votano per la pace, ma votano per quel tipo di pace che la Russia vincitrice imporrà a uno Stato sovrano aggredito e costretto ad arrendersi. Ritengono cioè che degli Stati in Europa siano sacrificabili agli interessi di dominio di altre potenze, e diventino vassalli del più forte. Ma soprattutto, se non resterà un’unità di indirizzo politico estero come avvenuto con Draghi, rompendo la solidarietà occidentale, passeremmo immediatamente per inaffidabili voltagabbana (titolo che ci portiamo dietro dalle due guerre mondiali, da noi cominciate da una parte e finite dall’altra), e nessuno ascolta un Paese ritenuto inaffidabile, anche se avessimo mille giustificazioni per cambiare posizione[7].

In campo nazionale dovremo inoltre scegliere:

3. se vogliamo modificare la Costituzione in senso presidenzialista, senza però sapere al momento quale, il che potrebbe portarci verso un regime autoritario tipo quello ungherese, facendo perdere al nostro presidente della Repubblica il ruolo di garante della Costituzione qualora diventasse l’espressione di una sola parte politica, quella che ha vinto[8]. Insomma, prima di invocare a gran voce la sovrana decisione del popolo, anche su questo punto sarebbe stato quanto meno necessario informare seriamente il popolo se si vuole un presidente che sia anche capo dell’esecutivo (con eliminazione del primo ministro), e in tal caso con quali poteri e soprattutto quali sarebbero i contrappesi per evitare derive autoritarie. La fumosità offertaci in proposito dai propugnatori del presidenzialismo, che comunque richiederebbe una modifica della Costituzione, non permette di valutare ciò che veramente si vorrebbe realizzare.

4. Da ultimo, anche se a prima vista sembra che le elezioni politiche non abbiano molto a che vedere con la religione, in realtà chi si proclama cristiano dovrebbe aver la lucidità per discernere fra le varie offerte politiche perché non tutte sono uguali rispetto al Vangelo[9]. A dimostrazione, proviamo solo a chiederci se nello straniero vediamo un intruso o un fratello. Basta di solito questa semplice domanda per scoprire che non siamo capaci di seguire il Vangelo, per cui non siamo seguaci di Gesù e non siamo credibili come cristiani. Perché vogliamo che questi stranieri restino fuori da una casa ricca che deve essere soltanto nostra e chiusa agli altri? Perché vorremmo che gli altri restassero lontani da un tavolo abbondantemente imbandito dove solo noi abbiamo diritto di sederci perché siamo i migliori, e se ci sono quegli altri, preferiamo non sederci? “Prima gli italiani!” (o come diceva Trump in America, “Prima gli americani”) significa appunto questo, anche se poi chi sventola questo slogan sventola pure il rosario o la Bibbia per convincere tante persone pie che lui è un vero cristiano. È stato allora ben detto che la presenza viva di Cristo nella nostra società non è assicurata dalla presenza dei crocifissi o di altri simboli religiosi, ma dallo spazio che facciamo a coloro con cui lui ha voluto identificarsi: abbracciare o respingere il forestiero, la persona vulnerabile, significa abbracciare o respingere Cristo, perché questo dice il Vangelo[10]. E ricordiamoci che nel Vangelo c’è la terribile parabola dei vignaioli omicidi (Mt 21, 33-43), i quali vogliono godere dei frutti della vigna senza pagar pegno, ma vivendo egoisticamente per sé stessi e non per gli altri. I politici che si definiscono cristiani stanno oggi forse gestendo la vigna con la pretesa di non rendere conto a nessuno?

A dire il vero, l’impressione che si ricava da questo avvilente anno di politica è che nessun partito italiano sembra preoccuparsi seriamente di amministrare il nostro Paese in un momento di grave disorientamento e difficoltà; per lo meno non ha dato segni vitali di preoccupazione durante la campagna elettorale; tutti sono assorti in quella che si chiama la questione politica, ossia l’attivarsi per non perdere voti e possibilmente il posto: tutti dimostrano perciò più interesse a contare i numeri su cui contare piuttosto che esporre chiari progetti e impegni per il futuro; da qui i tentativi di fare ampie coalizioni che si sfalderanno poco dopo il voto, ma nel frattempo – se reggono fino al giorno delle elezioni - possono sottrarre voti alla parte avversa. Sui veri problemi, i partiti preferiscono temporeggiare e delegare la soluzione a qualcun altro: preferiscono galleggiare anziché governare. La fastidiosa incombenza viene lasciata ad alcuni tecnici e a vecchi capi-ufficio dei vari ministeri. In tutta Europa, infatti, è nota da sempre la scarsa capacità realizzativa dei nostri governi, forse anche perché di solito durano poco. Se proprio messi con le spalle al muro da qualche giornalista troppo solerte e insolente, i nostri politici se la cavano non rispondendo mai con franchezza alla domanda diretta, ma con una risposta passepartout: “Ben altri solo i problemi che affliggono l’Italia”.

Circa 7 anni fa (quando ancora non c’erano i minacciosi problemi che oggi bussano alle nostre porte) un acuto giornalista[11] aveva già scritto: l’Europa è esausta proprio perché stanca della sua libertà,[12] ed è sempre più disposta a barattarla con un po’ di benessere e di quieto vivere. È una tentazione che in Italia ben conosciamo. Ma è anche l’ennesima illusione: Annibale è alle porte (in effetti oggi andiamo alle votazioni con una guerra alle porte anche se cerchiamo di dimenticarla) e il nemico che abbiamo di fronte non fa prigionieri.

Oggi, dopo 7 anni, è indubbio che il buon Putin è convinto che l’Occidente decadente (Italia in testa) cederà di schianto entro l’inverno, comunque prima che le sue truppe mandate in Ucraina siano talmente logorate da non poter più continuare la guerra; è convinto che noi, mettendo al primo posto il nostro benessere, non avremo mai sufficiente forza di volontà per accettare un’economia di guerra, cioè accettare l’idea che non si può più vivere nel benessere come prima, ma occorre fare sacrifici. Continuare a sostenere l’Ucraina costa effettivamente fatica, e nessun politico ha avuto il coraggio di dire espressamente che occorre un embargo totale verso la Russia: non comprare più gas e petrolio dalla Russia significa non darle più soldi e siccome senza soldi non si fa la guerra, questo fermerebbe Putin; però noi resteremmo al freddo per un certo periodo. Se l’avessimo fatto subito, forse la guerra sarebbe già finita e non avremmo la preoccupazione del freddo invernale: avremmo solo patito il caldo estivo[13]. Ma è proprio questo che Putin è convinto non siamo disposti a fare, visto che dopo sei mesi abbondanti di guerra continuiamo a foraggiare la sua guerra comprando il suo gas e il suo petrolio[14]. Perciò non ha fretta di arrivare a una pace. La pace (cioè la resa dell’Ucraina) la vogliamo noi, ma per continuare ad avere il gas russo a buon prezzo. E il patriarca Kirill appoggia pienamente questa idea di un Occidente moscio, senz’anima e senza Dio, giunto ormai al capolinea[15].

Molti – ma non Putin,- sono rimasti sbalorditi quando il M5s, seguito a ruota da Lega a Forza Italia, ha lasciato l’Italia senza governo, senza un punto d’ancoraggio in un momento di grave crisi internazionale, mandando a casa un premier che – pur parlando poco rispetto ai nostri politici più noti che amano comparire tutti i giorni in Tv,- in pochi mesi aveva sollevato il prestigio internazionale dell’Italia in Europa, aveva distribuito 50 miliardi lasciando i conti in ordine (cioè senza fare ulteriore debito), aveva completato grosso modo i 2/3 dei circa 1500 decreti attuativi (in gran parte lascito dei due governi Conte precedenti) indispensabili per mettere in moto le riforme, aveva fatto crescere il PIL italiano più che in qualsiasi altra nazione europea, aveva contenuto in maniera ragionevole il covid, aveva concluso con altri Paesi cospicui aumenti per le forniture di gas per ridurre la dipendenza dalla Russia, e poteva continuare a dare all’Italia, nei prossimi mesi cruciali, un apporto di straordinaria competenza e autorevolezza nel completare un primo livello di realizzazioni del Pnrr, nel guidare in Europa le politiche per l’autosufficienza energetica, per il rinnovo delle politiche finanziarie, e nel sostenere con fermezza l’Ucraina nella sua coraggiosa opposizione all’invasione russa.

In effetti la nostra Repubblica, da quando è nata, ha avuto finora qualcosa come 68 governi, e credo che questo sia stato l’unico caso in cui, davanti alle dimissioni del primo ministro, non solo sindaci nostrani, ma perfino Stati stranieri e organizzazioni internazionali abbiano espresso pubblicamente il loro disappunto: segno evidente che Draghi era tenuto in gran considerazione. Non mi risulta che simile reazione sia avvenuta quand’erano caduti i governi Berlusconi o Letta. Ora, non so se quello di Draghi sia stato il governo migliore, ma ho grande timore che dopo le votazioni in un Paese diviso, sfiduciato per il fatto che i partiti non sembrano avere la capacità di agire per il bene comune,[16] dove il primo partito sarà probabilmente quello dell’astensionismo senza più speranza, dove sembra di essere tornati alla guerra tra guelfi e ghibellini, avremo ottime probabilità di avere un governo peggiore.

Visto da fuori, sembra che il governo Draghi sia stato mandato a casa[17] perché non ha voluto cedere sui tassisti, sulle concessioni balneari o sul termovalorizzatore di Roma. I più maligni hanno detto che il M5s ha fatto cadere Draghi quando ha realizzato che il suo costante declino si sarebbe trasformato in una inarrestabile valanga se avesse continuato ad appoggiare quel governo. Quindi non si pensa al popolo ma alla propria bottega. E lo stesso vale per gli altri partiti che non hanno votato la fiducia ma furbescamente si sono astenuti così da poter dare la colpa a qualcun altro. Ma forse, e questo sarebbe ancora più grave, non va dimenticato che tutti questi partiti (di Conte, Berlusconi e Salvini) hanno ripetutamente mostrato grandi simpatie per Putin, e l’unico che ha immediatamente tratto vantaggio dalla caduta di Draghi è stato proprio Putin (basta ricordare la vignetta fatta uscire dal suo fidato Medvedev con le foto dei due più decisi oppositori di Putin in Europa: Johnson silurato per primo, Draghi eliminato poco dopo e la terza foto nera col punto di domanda in attesa del terzo). Evidente che per il Cremlino è un bel colpo allontanare i capi europei che non lasciavano la Russia libera di fare la guerra (scusate! l’operazione militare speciale[18]) in santa pace. E nella speranza di non farli ritornare lo stesso Medvedev ha invitato gli elettori a punire i politici che hanno colpito Mosca con le sanzioni;[19] traduzione per i più sprovveduti: la Russia ha chiesto espressamente di votare per chi non vuole più mandare armi in Ucraina e per chi vuole togliere le sanzioni a Mosca.

In ogni caso la campagna elettorale che è seguita alla caduta del governo Draghi è apparsa sconcertante proprio per la distanza abissale fra gli eventi ed i problemi veri che si sarebbero dovuti affrontare: pandemia che ha messo in evidenza le difficoltà della sanità pubblica,[20] guerra in Ucraina, venti di guerra su Taiwan (primo fornitore al mondo di microchip indispensabili anche nella nostra industria), futuro dell’Europa, siccità collegata alla crisi climatica (e in Sardegna anche le cavallette), crisi energetica, inizio di una possibile crisi alimentare, inflazione mai così alta da quando c’è l’euro con la collegata crisi economico-finanziaria, situazione tesa nelle carceri (nel 2022 abbiamo avuto più di 50 suicidi fra i detenuti). La cosa più insidiosa è che la maggior parte di questi temi sono nemici reali ma senza volto, sì che ci sfuggono dalle mani: ad es. tutti vediamo la siccità seguita da piogge alluvionali, ma non le colleghiamo al fatto che siamo noi uomini ad accelerare i cambiamenti climatici senza dar tempo alla natura di riequilibrarsi,[21] per cui si parla tanto ma poi non si prendono provvedimenti concreti e mirati. Comunque avete sentito un partito proporre soluzioni specifiche e fattibili su ciascuno di questi punti? Avete sentito qualcuno dire che bisogna urgentemente impegnarsi sugli acquedotti che perdono nel trasporto oltre il 40% dell’ormai preziosissima acqua?

Invece di parlare seriamente di questi problemi i nostri politici cosa hanno fatto? Già non è chiaro quale sarebbe il programma economico delle due coalizioni[22] e, a parte la simpatica novità della disfida trilingue fra Meloni e Letta,[23] hanno fatto piovere sulle nostre teste le solite beghe e reciproche accuse fra di loro (ricordate ne I Promessi sposi i polli che si beccano fra di loro, legati a testa in giù al bastone Renzo, mentre stanno andando verso qualche pentola pronta a cucinarli?), nonché le solite promesse già sentite mille volte: dal minimo di 1000 euro di pensione per tutti (anche a chi non ha versato mai alcun contributo); al milione di alberi da piantare per contrastare i cambiamenti climatici (l’altra volta era un milione di posti di lavoro, ricordate?); alla sicurezza di riuscire a mantenere l’identità nazionale tramite la patriottica difesa dei confini dai pericolosissimi nemici che giungono in mutande dal Mar Mediterraneo e dai Balcani (e se invece i nemici arrivassero da Est con i carri armati di Putin?), proponendo come brillante soluzione un blocco navale nel Mediterraneo. Facile! perché non ci si è pensato prima?[24] Peccato che chi promette questo tipo di sicurezza alla gente impaurita e disorientata vende illusioni. Molti non crederanno a quello che sto per dire, perché quell’illusione resta appiccicata addosso come fosse facile da realizzare, comunque ci provo lo stesso.

Cominciamo col dire che anche chi sostiene il blocco si è reso conto che non si possono fermare i migranti sparando loro addosso: sarebbe sicuramente la soluzione più efficace ma l’Europa (e forse anche la nostra coscienza) lo impedisce.

Ma una nave che non spara come ferma un natante che sgattaiola via per superare il blocco? Uno scappa a destra, l’altro a sinistra. Vi siete dimenticati di quando, nel 1997, un natante albanese finì contro la corvetta italiana che cercava di tagliargli la strada per fermarlo? Morirono decine di migranti e il comandante della corvetta ha terminato lì la sua brillante carriera, anche se non aveva sparato un solo colpo. Un po’ come le anime belle pretendono ancora oggi che la polizia croata fermi i migranti nei Balcani, però – mi raccomando - senza mai usare alcun tipo di forza (il che tradotto, significa: “fate solo la faccia feroce ma lasciate passare chi non si spaventa per la vostra faccia feroce perché non potete usare le maniere forti”. Peccato che nessun migrante giunto fin lì si impressiona per le botte; immaginarsi per una faccia feroce!). Perché allora chi suggerisce il blocco non ci spiega anche come concretamente pensa di fermare i migranti decisi a continuare per la loro strada verso l’Europa, ovviamente senza usare la forza?

In ogni caso, la Convenzione di Ginevra del 1951 impedisce anche il blocco navale perché impone a tutti gli Stati, quando ricevono una richiesta di asilo, di prenderla in considerazione. Proprio per questo la Corte europea aveva già condannato l’Italia, all’epoca non ancora governata da Draghi, per i respingimenti generalizzati in mare, senza aver prima ascoltato ad una ad una le richieste dei singoli migranti: magari qualcuno di loro voleva chiedere asilo e gli è stato impedito[25]. Insomma, una volta partite, le barche non si possono più respingere.

La Corte di Strasburgo ha sostenuto che perfino la lotta contro il terrorismo, pur se implacabile, va condotta sempre nel rispetto delle regole: anche se questo non piace a tutti, i diritti umani di un terrorista prevalgono sulla nostra sicurezza pubblica[26]. Se in passato neanche tanto lontano valeva in Italia il principio di reciprocità, per cui lo straniero non riceveva alcuna tutela giuridica in Italia se un italiano nel suo Stato non godeva della medesima tutela, l’art.2 del d. lgs.25.7.98 n.286 – seguendo l’indirizzo ormai segnato dalla nostra Corte costituzionale e dalle Corti europee - ha affermato che allo straniero devono essere riconosciuti sempre e comunque i diritti fondamentali della persona umana, e la Repubblica garantisce accoglienza ai richiedenti asilo “dal momento della manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale” (art.1 D.lgs. 142/2015).

Come diceva Gino Strada, i diritti sono per tutti per definizione, anche se questo avviene solo in Occidente, dove appunto ci vantiamo di avere una cultura superiore[27]. Ma così molti migranti e perfino i terroristi finiscono per approfittare delle nostre leggi liberali sfruttandole a loro favore, spesso abusando degli spazi che noi concediamo a tutti! Certo, è proprio così, perché quando abbiamo fatto queste leggi la situazione nel mondo era assai diversa: non c’era il terrorismo, e se in un anno arrivavano dal mondo cinque o dieci richiedenti asilo, era facile risolvere il problema. Oggi, che ne arrivano a decine di migliaia, quelle stesse leggi subiscono un forte stress, ci si accorge che è facile abusare dei diritti che noi – ritenendoci faro del mondo civile - abbiamo voluto riconoscere in astratto a tutti, mentre oggi facciamo sempre più fatica a riconoscerli in concreto ai singoli.

Sono senz’altro d’accordo con chi sostiene che lo straniero, il quale attraverso un comportamento dimostra di non essere disposto a vivere "dentro" la nostra società, ma a vivere "fuori" o "contro" deve essere espulso;[28] ma al momento ci è di sicuro vietato espellere tutti in via preventiva, e le leggi attuali rendono assai difficile espellere anche il singolo. Infatti, forse si possono caricare gli immigrati sugli aerei e rispedirli a casa quando non hanno diritto di rimanere? No. Non è fattibile. Per il semplice fatto che gli Stati di partenza non li accettano negando che si tratti di loro cittadini (si sono appena tolti loro un bel problemino facendoli partire, perché lì non avevano lavoro ed essendo normalmente giovani pieni di energia creavano solo tensione sociale interna; se poi sono criminali ancora meglio: se li sono levati di torno!). Noi vorremmo rimandarli indietro, ma non siamo in grado di esibire i loro passaporti per dimostrare che arrivavano proprio da quel determinato Stato, perché questi migranti giungono da noi senza documenti. Certo si potrebbero fare accordi con i Paesi d’origine[29] mettendo sulla bilancia, da parte nostra, tantissimo denaro[30]. Per intanto però i nostri aerei non sono autorizzati ad atterrare (o le nostre navi ad attraccare). Si potrebbero fare accordi per creare campi di accoglienza sull’altra sponda del Mediterraneo per accertare già lì chi ha diritto di venire e chi no? Forse sì, ma anche questo è piuttosto difficile, perché occorrerebbe sempre il consenso di quei Paesi. E v’immaginate, ad es., quella parte di Libia sotto il controllo dei russi,[31] che hanno tutto l’interesse a destabilizzare l’Europa mandandoci sempre più immigrati, quanto meno per far vedere al mondo intero che i nostri grandi principi giuridici non siamo in grado di rispettarli neanche nel nostro territorio,[32] che improvvisamente acconsente alla creazione di hotspot in Cirenaica e poi rimanda indietro a proprie spese in Africa tutti coloro che vorrebbero venire in Occidente (non in Russia!) ma non ne hanno diritto? V’immaginate quanti Paesi assai più poveri di noi, con una popolazione giovane ma senza lavoro che crea pericolose tensioni interne, rinuncerebbe all’idea di far partire quanti più giovani possibile solo per fare un piacere a noi, che siamo così buoni, visto che l’interesse è solo nostro, non certamente loro? A noi non va bene che arrivino, ma a quei Paesi fa assai comodo che partano. Perché dovrebbero impedire le partenze?

Inoltre, anche in caso di accordi di rimpatrio, una volta giunti in Italia, il ritorno da qui ha costi stratosferici. Non potendoli ammanettare ai sedili (perché è contro la dignità delle persone ammanettare una persona che non è in stato di arresto, e questo fa sempre parte dei diritti inviolabili dell’individuo), servono due poliziotti per migrante, non per aereo: l’aereo è occupato più da poliziotti italiani che da migranti di ritorno. Ma soprattutto, chi paga? Lo sapete che per rimpatriare circa 500 stranieri lo Stato spende fra 1,5 e 2,5 milioni di euro? E noi dovremmo rimpatriare non meno di 50.000 stranieri all’anno. ‘Ma mi faccia il piacere!’ diceva Totò.

Chiudere le frontiere? Ma come? Un muro? Non serve, perché l’esperienza insegna che quando si costruisce un muro di 3 m qualcuno costruirà subito una scala di 4 m.

I giornalisti, anziché martellare e mettere in difficoltà i nostri politici con domande specifiche e mirate, si limitano a dare spazio agli intervistati, ad accettare per buone le loro roboanti promesse, e proprio perché non vengono mai immediatamente contraddetti essi possono tranquillamente sproloquiare promettendo mari e monti e offrire soluzioni semplici a problemi difficili. Sostanzialmente parlano del nulla e nel frattempo la nostra TV è riuscita al massimo ad allarmarci sul vaiolo delle scimmie e sulle zanzare del Nilo. Bah!

Da tempo, poi, tutti i parlamentari si lamentano non solo di essere stati ridotti di numero (per cui ci sono meno posti alle prossime elezioni), ma anche di essere stati esautorati dalle loro funzioni: il governo si è mostrato troppo decisionista e troppo presente nelle scelte politiche che sarebbero di loro competenza. Si vede che il decisionista Draghi era un tecnico, un estraneo alla nostra politica abituale, e quindi non poteva andar bene. Peccato che, quando i parlamentari dovevano decidere su cose serie hanno sempre fatto finta di niente: pensiamo solo di recente a come l’attivista Marco Cappato ha voluto coraggiosamente autodenunciarsi per aver aiutato al suicidio una malata affetta da tumore con metastasi, dopo che erano ampiamente scaduti i termini concessi dalla Corte costituzionale affinché il Parlamento provvedesse in materia con una legge apposita e dopo che la stessa Corte aveva comunque dovuto – nella perdurante omissione del Parlamento,- farsi autrice di una nuova norma parziale col caso del dj Fabo. Se la vicenda non fosse stata volontariamente pubblicizzata nessuno avrebbe saputo niente (ed essendo il fatto avvenuto in Svizzera, le procure avrebbero volentieri fatto finta di niente), ma con questa auto-denuncia una persona da sola ha costretto la macchina della giustizia a mettersi in moto, determinato a costringere le istituzioni inerti, che poi si lamentano se altri provvedono al loro posto, ad affrontare un problema che finora non hanno voluto affrontare, pur in presenza di un obbligo imposto dalla Corte costituzionale.



NOTE

[1] Anche con le elezioni del 1948 il popolo era stato chiamato a scegliere nettamente fra comunismo dell’est (capitanato dall’URSS) e mondo occidentale capitanato dagli USA. Allora tutti si era consapevoli della scelta. Quest’anno tutti i partiti cercano di evitare di parlare della politica estera che, invece, mi sembra sia punto cruciale per il nostro futuro.

[2] Il 7.8.2022, sulla Gazzetta di Parma, ha scritto correttamente Pietro Ichino: ‘Il tempo in cui gli italiani vanno alle urne è anche quello nel quale l’Unione Europea sta decidendo il proprio futuro. La scelta è tra il restare quello che è, ovvero una associazione di Stati legati tra loro soltanto dall’interesse al mercato comune del lavoro e delle merci, oppure trasformarsi in una federazione capace di esercitare la sovranità, oltre che in materia monetaria, anche in politica estera, difesa, ecologia, governo dei flussi migratori’.

Superfluo aggiungere che solo un’Europa più integrata sarà più difficilmente ricattabile (sia economicamente che politicamente) da Paesi esterni più forti degli Stati europei singolarmente presi. Assurdo perciò invocare una politica comune per l’immigrazione se si vuole che l’Europa si riduca a un mercato comune per le merci.

E per quel che riguarda la difesa, sarebbe interessante sentire i nostri politici su come vedono la difesa comune europea: vogliono ancora lasciarla agli USA come avvenuto fino ad ora? Ma forse l’ombrello americano sta per chiudersi in Europa ed aprirsi in Asia. Vogliono forse un’Europa disarmata lasciando che qualche altro Stato esprima la sua volontà di potenza e cominci ad ingoiare ad uno ad uno ogni Stato disarmato?

[3] Ad es. credo sia chiaro a tutti che all’Italia non può essere consentito, con una sua legge nazionale, di stampare gli euro che vuole, perché l’immissione di più o meno banconote incide su tutta l’Europa. Quindi l’Italia non può stampare denaro per aumentare la sua spesa pubblica invocando la propria sovranità.

[4] Fra l’altro le direttive sono il frutto di un lavoro congiunto fra gli Stati membri, per cui è in quella sede che bisogna lavorare alacremente per far accettare eventuali nostri interessi particolari, e non sabotarle una volta adottate.

[5] A chi ricorda che l’Europa è un pachiderma burocratico, con una massa di impiegati ben pagati che non fanno nulla, si può ricordare che Bruxelles ha circa 32.000 burocrati per circa 450 milioni di abitanti; ma Roma, per circa 3 milioni di abitanti ha più di ventimila burocrati. Prima di guardare la pagliuzza nell’occhio del vicino, guardiamo la trave nel nostro occhio.

[6] Non è che se noi non manderemo più armi in Ucraina, la Russia vincerà in breve la guerra, perché le armi continueranno ad essere fornite soprattutto dagli Stati Uniti e dagli altri Paesi europei. Ma se noi ci sfiliamo rompiamo la solidarietà europea e la Russia non si sentirà isolata in quella che per lei è una crociata anti-occidentale. Rompendo la solidarietà europea ci avvicineremo necessariamente all’idea di Mosca che – come ha detto il patriarca Kirill - si è posta a difesa della morale cristiana minacciata dagli omosessuali.

[7] Se poi, togliendo le sanzioni alla Russia e bloccando l’invio di armi all’Ucraina, si crede di poter ammansire, o – peggio - manovrare l’Orso sovietico, penso che più che essere illusi cerchiamo di fare i ‘furbetti’ (altro vizietto che viene spesso imputato all’Italia dal resto del modo): cediamo perché temiamo di avere la Russia contro, e opportunisticamente pensiamo alle possibilità commerciali di oggi che non vorremmo perdere, ma non al futuro. Dovremmo ricordarci di come cedendo a Monaco nel 1938, in nome della pace, gli Stati europei non hanno affatto ammansito Hitler.

[8] L’idea del presidenzialismo era già stata respinta dall’Assemblea costituente, dopo il ventennio fascista, proprio in base alla ‘paura del tiranno’ (Fiori S. intervista Zagrebelsky, “La Repubblica” 7.8.2022, 32: “Si tratta di scegliere una democrazia con un solo vincitore, o una democrazia senza vincitori ma dove ogni parte politica, nella misura del consenso che ha ottenuto, lo spende nel rispetto della partecipazione di tutti. Il vincitore non può essere garante e con l’elezione diretta il presidente avrà necessità di un partito che lo sostenga in campagna elettorale”).

Il problema è che FdI non ha chiarito quale tipo di presidenzialismo vorrebbe: quello alla francese col doppio turno? Quello sud-americano, che non mi sembra abbia dato lì risultati da imitare anche qui? Quello americano con l’elezione diretta in astratto, ma poi non vince chi ha il maggior numero di voti popolari, ma chi ha il maggior numero di delegati? Sicuramente sarebbe poco accettabile un presidenzialismo stile ‘chi vince prende tutto’. Un simile presidente, non più garante, non dovrebbe – ad esempio - più avere il potere di eleggere giudici alla Corte costituzionale: si è visto come negli USA le nomine di Trump abbiano spostato il baricentro della Corte costituzionale che è diventata un nuovo organo d’indirizzo politico: si sa in anticipo quale sarà la sua decisione. Invece, come diceva il mugnaio all’imperatore prussiano, occorre che ci sia un giudice (indipendente) a Berlino.

Del resto un sistema senza adeguati contrappesi di controllo è pericoloso anche senza presidenzialismo: l’ungherese Orban è capo del governo, non presidente, ma col sistema elettorale in vigore riesce ad avere la maggioranza assoluta e chi perde non ha più nessuna voce in capitolo (si parla appunto di democrazia illiberale).

[9] Ricordo a proposito la lettera che l’ex deputato Tanzarella Sergio aveva scritto al cardinal Ruini, pubblicata da Adista Notizie n. 39 del 16.11.2019: ‘La ragione dell’impegno primo e ultimo del cristiano è occuparsi dell’ingiustizia sistemica che da sempre domina il mondo e cercare i modi più utili e nonviolenti per disinnescare un sistema che stritola gli esseri umani, soprattutto quelli privi di garanzie e protezioni. Altri motivi per occuparsi di politica non ve ne sono’. Più specificamente vedi anche l’articolo della prossima settimana.

[10] Giovanni de Robertis, su “Avvenire”, 28.9.2019, direttore della Fondazione Migrantes.

[11] Polito A., Svegliamoci: troppi silenzi e amnesie, www.corriere.it 10.1.2015.

[12] La libertà non è un dono che piove dal cielo, e mantenerla costa fatica e vigilanza.

[13] Draghi aveva sinteticamente colto nel segno chiedendo se gli italiani volevano la pace (intesa come vittoria della Russia e resa dell’Ucraina, ma così non ci avrebbero tagliato le forniture di gas) o volevano i condizionatori accesi d’estate grazie al gas russo (Corriere della sera, 7.4.2022).

[14] Lui ce ne vende sempre di meno, ma con l’aumento vertiginoso dei prezzi guadagna come prima e più di prima.

[15] Come ha spiegato il prof. Jangfeldt Bengt dell’università di Stoccolma, nel suo libro L’idea russa, ed. Neri Pozza, 2022, ritorna sempre in quel Paese l’idea che definisce la superiorità del mondo russo in opposizione all’Occidente e mette al centro un popolo definito dalla cultura, dalla lingua e dalla religione: la lingua riflette l’anima del popolo, la religione la incarna. Ecco perché il più grande alleato di Putin è il patriarca Kirill, e Putin non potrebbe governare senza l’appoggio della Chiesa ortodossa, perché è l’ortodossia a dare al governo un valore messianico.

[16] Aver espulso Draghi è come cacciare il comandante della nave durante una tempesta, dovendo poi appena cominciare a discutere e decidere con calma chi sarà il nuovo comandante, mentre la nave resta in balia delle onde.

[17] Appare quasi ridicolo che ora tutti chiedano l’intervento urgente di Draghi per gestire la spinosissima questione dell’energia (gas, luce). Ma non l’hanno appena sfiduciato? E Draghi non si stava già impegnando per ridurre la dipendenza dal gas russo e per ottenere comunque un tetto al prezzo in Europa? Il problema non può essere risolto a livello nazionale, dove un tetto farebbe solo la gioia di Putin (un governo europeo contro l’altro, e un’Europa divisa è un regalo a Putin), e per di più il governo dimissionario può trattare solo affari correnti e quindi non può operare alcun scostamento di bilancio; né potrebbe porre la fiducia in Parlamento, sì che bastano pochi ribelli per bloccare ogni iniziativa nazionale. Insomma chi ha fatto cadere il governo – e ora ha perfino la spudoratezza di chiedere il suo intervento,- ha creato la basi per un uragano devastante.

[18] Per i bambini non fa differenza morire sotto le bombe russe in Ucraina, sotto le bombe israeliane in Palestina o sotto le bombe arabe in Yemen. La guerra non guarda in faccia nessuno e se arriverà qui, non guarderà in faccia neanche da noi.

[19] Cfr. i quotidiani del 19.8.2022. Se i capi dei partiti che hanno fatto cadere Draghi non protestano per queste ingerenze, non sarà che domani (magari dopo aver costituito un governo) saranno ancora più pronti ad accettare altri suggerimenti da Mosca?

[20] Privatizzando i settori sanitari che creano grande profitto e lasciando al pubblico quelli che costano senza produrre profitto (ad es. pronto soccorso e reparti di terapia intensiva), riducendo il numero di medici, infermieri e soprattutto servizi sul territorio, sono emerse tutte le pericolose crepe del sistema sanitario messe in evidenza dal covid.

[21] Anche una volta avvenivano i cambiamenti climatici, ma avvenivano molto più lentamente. L'aumento odierno della temperatura è di almeno dieci volte maggiore di quello registrato in passato, sì che, per stare al passo, gli organismi dovrebbero migrare (o adattarsi) a una velocità dieci volte maggiore (Kolbert E., La sesta estinzione, Neri Pozza, Vicenza, 2014, 198).

[22] La coalizione di sinistra sembra indirizzarsi verso un assistenzialismo abbastanza generico ma eccessivo (una patrimoniale per dare un po’ di soldi ai giovani? Scuola obbligatoria fino a 18 anni, così intanto non si deve cercare un lavoro?), e neanche quella di destra ha presentato un programma concreto (ad es. vorrà salvare ancora una volta dal fallimento ITA, come Berlusconi aveva promesso di salvare Alitalia, il che ci è costato solo milioni di euro fino al suo fallimento finale?)

[23] Indubbiamente positiva perché normalmente i nostri politici hanno dimostrato di non conoscere altre lingue fuori dell’italiano, e a volte neanche quello.

Ma questo dimostra anche che i due leader hanno interesse ad essere accettati a livello europeo, il che significa che sanno perfettamente che l’Italia non può muoversi nel mondo come se fosse totalmente autonoma, e che l’agenda governativa italiana è sostanzialmente dettata da necessità esterne alla volontà del governo in carica.

[24] Stesso discorso semplicistico viene fatto per il gas. Basta imporre un prezzo nazionale massimo. Bene! ma la domanda è: riusciamo da soli a imporlo poi ai nostri fornitori oppure ci vorrebbe per lo meno un’Europa che parla con una sola voce (quindi + Europa e non - Europa)? E chi e come pagherà le eventuali differenze previste nei contratti già stipulati? Come mai nessuno ha parlato di razionamento? Forse ha paura di una sollevazione del popolo sovrano che invoca una pace qualsiasi in Ucraina, purché non salgano le nostre bollette. Eppure anche il razionamento aiuterebbe a non far salire il prezzo.

[25] La Corte europea dei diritti dell’Uomo nella sentenza Hirsi [in http://unipd-centrodirittiumani.it/it/schede/Hirsi-Jamaa-e-altri-c-Italia-illegali-i-respingimenti-verso-la-Libia-del-2009/249] ha stabilito: «secondo il diritto internazionale in materia di tutela dei rifugiati, il criterio decisivo di cui tenere conto per stabilire la responsabilità di uno Stato non sarebbe se la persona interessata dal respingimento si trovi nel territorio dello Stato, o a bordo di una nave battente bandiera dello stesso, bensì se essa sia sottoposta al controllo effettivo e all’autorità di esso».

[26] Questo in base all’art. 33 della Convenzione di Ginevra: «Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche». Quindi lo Stato ha obbligo di prendere in esame ogni singola domanda, e ovviamente deve far sì che l’interessato possa presentare domanda.

[27] Pensate a come è civile l’art.1 della Convenzione dei diritti dell’uomo del 1948: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti. Quindi, anche il terrorista ha gli stessi diritti.

Non c’è però da stupirsi se la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU ratificata in Italia con l. 4.8.1955, n.848), e da noi tanto decantata come apice di civiltà, è ritenuta in gran parte del mondo un documento prettamente occidentale: un musulmano nigeriano o afghano vive inserito in una rete di relazioni e rapporti completamente diversa da quella di un occidentale. Riconoscere a queste popolazioni i diritti dell’uomo in quanto singolo individuo significa privarli di un’esistenza nella collettività o, addirittura, contrapporli a essa. In altre parole: il conferire diritti indipendenti al singolo individuo non rientra nella tradizione di quelle culture, che vedono nell’individualismo non la possibilità di diventare pienamente sé stessi ma, forse in conseguenza delle esperienze di vita in condizioni desertiche assai difficili, solo la certezza di perire (Kapuscinski R. Nel turbine della storia, ed. Feltrinelli, Milano, 2009,102 s.).

[28] Pensiamo a quanto avvenuto di recente sul lago di Garda dove bande di stranieri si sono date appuntamento per scaricare la loro rabbia e la loro violenza. Pensiamo a quell’eritreo giunto dalla Germania che ha accoltellato a Milano una giovane eritrea perché rifiutava si seguirlo dopo essere stata promessa in sposa dalla sua famiglia. Pensiamo ai genitori che maltrattano o perfino uccidono la figlia che vuol vivere all’occidentale. Pensiamo a quel giovane egiziano che prima ha tirato il freno di emergenza del treno, poi è entrato in autostrada e ha cominciato a gettare pietre contro le auto in transito.

[29] Per quel che so, attualmente abbiamo accordi, ma solo per rimpatri contingentati, con Tunisia, Egitto e Albania.

[30] È quello che l’Europa ha fatto con la Turchia riuscendo a ridurre, non ad eliminare, un flusso che altrimenti sarebbe stato immenso.

[31] L’altra è sotto controllo dei turchi, e come sappiamo la Turchia ospita più di un milione di immigrati e noi europei la stiamo pagando profumatamente perché non apra troppo i rubinetti, mandando in un colpo solo tutti gli stranieri da noi. Sta di fatto che flusso di gas e flusso di immigrati sono attualmente due rubinetti controllati da Russia e Turchia, grazie alla nostra insipienza negli anni passati.

[32] Altro modo per destabilizzare l’Europa è, dopo l’occupazione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, togliere la corrente all’Ucraina, che quindi sarà costretta a rivolgersi all’Europa per avere energia elettrica, quando già siamo in difficoltà.


Numero 678 - 11 settembre 2022