Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano










I racconti a puntate di Rodafà


di Stefano Agnelli


***


Martina e il diapason felino - III

Martina si rimise in piedi, anche perché Hector si era allontanato ed aveva raggiunto Musetta a pochi passi dal primo grande albero della radura. Aveva appena incominciato a guardarsi attorno stranita e meravigliata, che una voce maschile risuonò nella sua testa:

 

–        Benvenuta Martina -

–        Chi sei? -

–        Sono io Hector, o meglio Thorec, questo è il mio vero nome -

–        Ma è l’anagramma di Hector! – disse Martina cui la mamma aveva insegnato un po’ di enigmistica – stai usando una specie di telepatia? -

–        Si. Con l’aiuto del cristallo, ma ben presto non ne avremo più bisogno, si creerà un canale esclusivo fra di noi -

–        Il cristallo, vuoi dire il diapason?

–        Sì, proprio quello. Grazie a lui possiamo comunicare con te usando il pensiero, perché trasmette e regola qualsiasi tipo di onda legata alla materia di cui è composto l’Universo. -

–        E Musetta? Si chiama proprio così o anche lei ha un altro nome -

–        In realtà si chiama Tatsume, un altro anagramma come vedi, ed è di origine asiatica, infatti come sai, è una siamesoide -

–        Ma i vostri nomi li ho scelti io, personalmente, come posso aver quasi indovinato quelli veri? -

–        Sei molto potente, anche se non abbastanza per ciò che dovrai fare. Avrai bisogno di aiuto, per questo siamo venuti da te -

–        Voi da me? -

–        Certo. Non ti è sembrato strano che i tuoi genitori, terrorizzati come sono dalle malattie trasmissibili, ci abbiano accolti in casa? -

–        Beh, li ho praticamente implorati! -

–        In realtà li abbiamo influenzati mentalmente -

–        Come? -

–        Cancellando le loro paure. Hai mai notato che molti umani quando hanno un gatto in braccio, provano una sensazione di benessere? -

–        Si, specie se fate le fusa -

–        Noi gatti, così ha voluto il Creatore, siamo i custodi dell’Armonia del pianeta e come sai, l’Armonia è la chiave della bellezza – ricordi la “sezione aurea” delle tue recenti lezioni di greco? - e si esprime anche attraverso le vibrazioni d’onda - pensa al suono delle sezioni d’una corda musicale che Pitagora usò per capire l’Armonia - quelle stesse vibrazioni d’onda che costituiscono tutta la Materia -

–        Ma io cosa c’entro? -

–        Tu sei l’ultima erede di una stirpe antica, tutta al femminile, capace di parlare con gli animali. Non è solo il cristallo che ti permette di sentire i miei pensieri. Sei in empatia con tutta la fauna del creato. Una specie di Signora degli animali, come la dea greca Artemide, Diana per i romani -

–        Una dea? Mio padre fa cioccolatini, mia madre è un avvocato, com’è possibile che io sia di natura divina? -

–        Ho detto una specie di dea. Alcuni popoli antichi tenevano in grande considerazione chi aveva il tuo potere, che in realtà è di origine sciamanica, non divina -

–        Sciama-che? -

–        Sciamanica. Gli Sciamani erano sin dai tempi più antichi il tramite tra il mondo degli animali, la natura, gli spiriti ed il vostro. Ma erano tutti uomini, finché un giorno nacque una bambina speciale: non aveva bisogno di droghe psicotrope, neanche di cadere in estasi, facendo uscire lo spirito dal corpo, non combatteva in sogno come i maschi, ma aveva un enorme dono: era una potente guaritrice, ed era sempre connessa con la parte invisibile della realtà.

Tua madre è una sua discendente, ma ha rifiutato il dono. Quando aveva dodici anni, tua nonna le diede il cristallo e le disse chi era. Lei si spaventò molto, si mise a piangere, si disperò e raccontò tutto a tuo nonno che fece internare la moglie in una clinica psichiatrica. Credettero tutti che fosse impazzita -

–        Però ha conservato il diapason -

–        Si, e questo è un vero mistero, non avrebbe dovuto farlo. Rinnegando il potere, lo perse immediatamente, non ebbe più memoria dell'accaduto, salvo un forte desiderio di protezione nei tuoi confronti -

 

Martina d’improvviso sentì nella testa una seconda voce, diversa dalla prima. Questa aveva una dolcezza naturale, ed il solo timbro, lento e melodioso, bastava a tranquillizzarla totalmente.

 

–        Tu però non devi avere paura, né di ciò che sei, né di ciò che dovrai affrontare, io e Thorec saremo sempre al tuo fianco.

–        Musetta? -

–        Tatsume. Questo è il mio nome -

–        Si, scusami, l’avevo già dimenticato -

–        Figurati. Thorec è un forte guerriero, mentre io sono una mutaforma, una transmuta, e staremo sempre con te, ti proteggeremo durante il viaggio -

–        Quale viaggio? Non voglio fare nessun viaggio, e poi devo tornare a casa, fra un’ora ho lezione di musica, ed i miei genitori, non vedendomi, chissà cosa penseranno -

–        Non preoccuparti, qui il tempo passa molto più in fretta rispetto alla dimensione di voi umani, ha una diversa velocità. Se tutto va per il meglio, nessuno si accorgerà di nulla, mancherai da casa soltanto un quarto d’ora -

 

Martina ci pensò sopra qualche istante. Stringeva ancora il diapason fra le mani, il profumo dei fiori tutt’attorno era davvero inebriante, e sentiva che, in fondo, non le sarebbe accaduto niente di male.

Decise di accettare, di credere a tutto quanto aveva sentito sinora, e d’improvviso si sentì un’altra. Una nuova consapevolezza si fece strada dentro di lei. Era veramente una Signora degli animali, ora lo sapeva, e riconobbe all’istante tutte le specie vegetali presenti. Seppe che venivano dalla preistoria, piante scomparse da tempo di cui ora sapeva ogni virtù curativa, ogni loro utilizzo contro le malattie più disparate. Era dunque anche una guaritrice, era nata per esserlo e capì. Capì perché sua madre aveva rifiutato il dono. Doveva farlo, perché senza che lei lo sapesse, il suo rifiuto aveva trasmesso il potere al diapason felino, potere che ora si sommava a quello genetico, naturale di Martina, raddoppiandolo.

Questo le sembrò d’un tratto indispensabile per quanto si accingeva a fare, qualunque cosa fosse, qualunque cosa Thorec e Tatsume le avessero chiesto.

Ora sapeva che il suo compito era importante, molto importante, da come l’avrebbe svolto, ne era sicura, dipendeva il futuro di tutta quanta l’umanità.

 

 

(fine terza parte)