Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

El Salvador - foto di Alison McKellar di Camden, Maine, USA tratta da commons.wikimedia.org

Ripartire dalla teologia della liberazione, ripartire da El Mozote


di Stefano Sodaro

Questo nostro settimanale – il nostro Giornale di Rodafà – si prende due mesi e mezzo giusti giusti, di calendario proprio, per riandare, non solo con la memoria, ad un evento tragico, in verità non molto conosciuto, che segnò la storia di El Salvador l’anno successivo a quello dell’assassino di mons. Romero. Ci riferiamo al massacro di El Mozote, avvenuto tra il 10 e l’11 dicembre 1981 (https://cejil.org/en/case/el-mozote-massacre/), quasi dunque quarant’anni fa.

La Corte Interamericana dei Diritti Umani ha compiuto una lunga istruttoria ed è giunta alle conclusioni che si possono leggere al link https://www.corteidh.or.cr/docs/casos/articulos/seriec_252_ing1.pdf.

Notizie in italiano su che cosa accadde in quel piccolo paese dello stato del Centroamerica sono rinvenibili, ad esempio, al link https://www.lastampa.it/vatican-insider/it/2017/10/27/news/archivi-che-si-aprono-1.34409836 ed al link https://vociglobali.it/2011/12/15/el-salvador-in-memoria-di-el-mozote/.

Il nostro sforzo di ripensamento, di rielaborazione analitica e critica, di una storia di popolo che non può essere sotterrata nella coscienza mondiale vorrebbe nel medesimo tempo portare alla creazione di un gruppo originale di tre donne, qualificabili come “teologhe”, che veda congiuntamente valorizzate le competenze: 1) nella conoscenza profonda dell’ebraismo; 2) nella storia, cultura ed attualità dei mondi eritreo ed etiopico, del Corno d’Africa dunque – il cui cristianesimo è strettamente congiunto alle matrici ebraiche, più che in qualunque altra Chiesa cristiana - e 3) nella teologia accademica così come viene studiata, vissuta ed attraversata in Italia. Vorremmo, insomma, che fosse una sorta di “collegium” (tres faciunt collegium) di esperte giovani, molto giovani, capaci di uscire dagli schemi mentali, dai luoghi comuni, spesso propri di chi – anche nolente – proviene da altre stagioni, altri tempi, altri momenti storici. Accanto a simile “collegium” sarebbe poi – nelle nostre intenzioni – attivabile un confronto con una Comunità Monastica solo femminile, di secolare tradizione, e con una Comunità Monastica mista, di recente fondazione.

Come mai tutto questo, come mai l’accostamento delle specifiche tre competenze, vedremo di chiarirlo nei due mesi e mezzo di rivisitazione di quella memoria che iniziano oggi.

A El Mozote, in El Salvador, furono trucidate, dal battaglione Atlacatl dell’esercito governativo, tra 800 e 1.200 persone: persone normali, donne, uomini, bambini, ragazze. E, com’è stato osservato, diversamente dagli altri villaggi salvadoregni, di appartenenza religiosa cattolica strutturata, El Mozote era abitato da una popolazione che aveva elaborato forme autonome di istituzionalizzazione ecclesiale, non essendo – per esempio – presente nel villaggio alcun prete (si veda al link https://latinamericandiaries.blogs.sas.ac.uk/2016/06/20/the-massacre-of-el-mozote-el-salvador-between-journalism-and-ethnography/).

Credo che ci sia richiesto un urgente approccio alla teologia della liberazione latinoamericana non più speculativo – com’è accaduto molto spesso nell’area culturale nord-occidentale -, ma che riparta dalla storia concreta dei singoli volti, dei singoli nomi, i quali, tuttavia, mai sono rimasti rinchiusi dentro il carcere dell’individualismo, del solipsismo, e meno che mai del narcisismo, del protagonismo egotico, ma sono stati sempre, davvero sempre, tessuto comunitario, maglie di una veste festiva e luttuosa reciprocamente intrecciata.

Alla base di questa idea vi è la convinzione che la teologia della liberazione latinoamericana non possa e non debba essere archiviata. E così farà da sfondo al nostro tentativo di riparlare di El Mozote il desiderio di far conoscere finalmente anche in Italia un’opera narrativa teologica latinoamericana che ha anch’essa più di quarant’anni: Un tal Jesús, opera dei due fratelli José Ignacio e María López Vigil. Ho voluto fare cenno ad una sua possibile traduzione in italiano la scorsa domenica, nel corso della relazione tenuta al Convegno di Assisi per i cento anni dalla nascita di Paulo Freire, promosso dalla Rete di Cooperazione Educativa ed a cui ha aderito l’associazione culturale “Casa Alta”, molto vicina al nostro giornale. Nella sede di quest’ultima associazione sono presenti ben 5 copie dei tre volumi che compongono Un tal Jesús, quasi a suggerire, se non a sollecitare, un lavoro di equipe, per il quale diventa indispensabile la conoscenza del contesto ebraico - entro cui si svolge la narrazione di un testo che nacque e fu diffuso originariamente come trasmissione radiofonica -, dell’espressione popolare originale della fede religiosa e dell’interpretazione teologica. Per l’eventuale traduzione vedremo.

El Mozote è evento – di violenza paurosa – che interroga, però, il nostro oggi e che non sopporterebbe di essere monumentalizzato in un passato muto.

L’attualità dell’Afghanistan, l’attualità delle nostre politiche può essere – anzi deve essere – interrogato dalle dinamiche telluriche, profonde, oscure, soggiacenti nei meandri della psiche e non solo del cinismo brutale, che scuotono le nostre vite quotidiane.

Adriana Zarri, in uno dei collegamenti dal suo eremo nel corso della celebre trasmissione Samarcanda, evocò una volta mons. Romero, ricordando come le sue frequentazioni, le frequentazioni dell’arcivescovo di San Salvador, non fossero circoscritte ai cattolici, ma abbracciassero senza paura anche chi non fosse né cattolico né credente.

Tra due mesi e mezzo, dunque, ricorreranno i quarant’anni del massacro di El Mozote.

Iniziamo a prepararci da oggi, domenica 19 settembre 2021, per imparare cosa significhi amare in piena luce, davanti al mondo, anche a costo delle più innominabili sofferenze, piuttosto che rintanarsi nel buio della trasgressione clandestina, dove si addestra(va)no - così fu - gli squadroni della morte.

La luce del sole è però molto più dolce quando si fa calante, quando accarezza le nostre giornate che tramontano, quando lascia trasparire la speranza ed il progetto di una luce nuova.

Iniziamo dunque.

E buona domenica.