Il giornale di Rodafà. Rivista online di liturgia del quotidiano

Giorgio Napolitano e Nide Jotti - Camera dei Deputati - 20 dicembre 2982 - Auguri della stampa - foto tatta da commons.wikimedia.org


Tra la morte di Vattimo e quella di Napolitano, lo shofar di mons. Trevisi, mentre scorrono le nostre vite (e si approssima un Concistoro)


di Stefano Sodaro


C’è una densità esistenziale che emerge alla sola registrazione, foss’anche puramente di cronaca, di quanto accaduto in questi ultimi giorni: con la morte del filosofo Gianni Vattimo - al quale la cultura triestina si sente particolarmente legata constatando la paternità congiunta, sua e di Pier Aldo Rovatti, insigne filosofo già docente all’Università di Trieste, della curatela del volume Il pensiero debole – e con la morte di Giorgio Napolitano, il primo Presidente della Repubblica italiano che, con buona pace di NATO e quant’altro di fieramente antibolscevico esista sulla Terra, sia appartenuto, orgogliosamente, al Partito Comunista Italiano, il PCI sì, per quanto nella sua area migliorista. E giacciono ancora sotto traccia, quasi inesplorati - o meglio: quasi inenarrabili dalla cultura ufficiale, diciamolo – i rapporti tra il PCI ed il fenomeno noto come “dissenso cattolico”, su cui probabilmente non ci si è mai interrogati più di tanto, perché la cosa spaventa prima ancora di mettere in sospetto.

Ma la densità delle nostre giornate quotidiane sta anche nei prossimi appuntamenti, in quel di Milano e Bergamo, che vedranno protagonista Miriam Camerini, rinomata studiosa dell’Ebraismo e candidata all’ordinazione rabbinica nell’Ebraismo Ortodosso, e pure il solenne Concistoro Ordinario Pubblico di sabato prossimo in Piazza San Pietro, cui presenzierà, con relativo accredito stampa, il qui sottoscritto direttore responsabile de “Il giornale di Rodafà”.

E non basta.

Non sarà questa la sede per approfondire i contenuti della prima Lettera Pastorale del nuovo Vescovo di Trieste, di cui subito diremo, ma annotiamo la presenza, in quel testo, della parola “manageriale”, che dice molto quanto alla necessità di prima esplorare e poi valorizzare dimensioni francamente ed assolutamente tutte laiche del nostro lavoro quotidiano, dimensioni che abbiamo deciso di mettere in risalto con una testimonianza visiva, fotografica, di due presenze finora mai nominate dal nostro Rodafà, la manager – appunto – Cristiana Genta e l’avvocatessa messicana Marcela Villalobos Cid. Anche di loro, peraltro, potremo dire meglio e bene in un’altra occasione, magari tutta a loro dedicata.


(segue sotto le foto)

Miriam Camerini, Trieste, 2 ottobre 2022, foto del direttore

Le due foto - di pubblico accesso dalla rete internet - ritraggono Miriam Camerini, studiosa di ebraismo, regista e interprete teatrale; si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti

Marcela Villalobos Cid, Responsabile dell’Area delle Migrazioni del Servizio Nazionale Missione e Migrazione della Conferenza Episcopale Francese - foto tratta dallla rete internet, si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti

Claudia Milani, ebraista, protagonista della proposta delle Acli di Bergamo Molte Fedi sotto lo stesso cielo

Cremona, 25 marzo 2023 - Ordinazione episcopale di mons. Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste - per gentile concessione della Diocesi di Cremona (Ufficio Stampa)

Foto di pubblico accesso tratte dalla rete internet, si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti

Cristiana Genta, Marketing and Communication Director Acqua Sant’Anna Spa - immagine di pubblico accesso tratta dalla rete internet; si resta a disposizione per il riconoscimento di eventuali diritti

Pier Aldo Rovatti e Gianni Vattimo - foto tratta da commons.wikimedia.org

Conferenza Stampa di mons. Enrico Trevisi, Vescovo di Trieste, per la presentazione della sua prima lettera pastorale Guardate a Lui e sarete raggianti - Curia Vescovile di Trieste, 22 settembre 2023, foto del direttore




Dunque ci risiamo.

C’è forse una specie di sortilegio che ci avvinghia – proprio come settimanale web - alle sorti delle porpore e dei tallit? Alla pubblica, necessaria beninteso, ostentazione di cravatte e tailleur manageriali e, specularmente, di mitrie vescovili e berrette cardinalizie?

In effetti ci siamo già – ad abundantiam – lamentati dello svuotamento etico dell’estetica, come se policromia, diversità nelle fogge d’abito, gentilezza di tratto e postura fossero ingredienti secondari di una vita buona e bella. Ma quando mai!

Pare abbastanza diffusa una specie di disprezzo verso il presente, e tanto più verso il futuro, che avviluppa ogni consolazione possibile, umana e collettiva, solo narcotizzandosi con la nostalgia malinconica del passato.

Scrive il neo-Vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, nella sua prima Lettera Pastorale dal titolo Guardate a lui e sarete raggianti - presentata alla stampa venerdì scorso ed oggi alla Comunità diocesana - commentando il motto episcopale “Admirantes Jesum”, che ha scelto per il proprio ministero: «(…) ho preferito esprimere questo “fissare lo sguardo” nella forma di un’ammirazione, di una sorpresa che incanta perché Gesù continuamente mi stupisce e mi lascia a bocca aperta, come di fronte al mare, al Golfo di Trieste quando scendo da via Commerciale o lo contemplo da Monte Grisa o da San Luigi.»

No, l’etica non può uccidere l’estetica, altrimenti avrebbe davvero ragione Nietzsche a sconvolgersi ed esultare, nello stesso tempo, per la morte di Dio. Di un Dio che non sappia danzare, in effetti, che ce ne facciamo?

Tuttavia, in questo editoriale – presuntuosamente volto a cercar di trovare da qualche parte, dove che sia, “un poco di ossigeno” – dentro la strettoia emotiva e razionale creata dalla morte del filosofo Gianni Vattimo martedì scorso e del Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano appena l’altro ieri, vorremo, e crediamo anzi sia nostro precipuo dovere giornalistico, dar conto qui, oggi, delle domande che abbiamo posto a mons. Trevisi durante la conferenza stampa e delle risposte da lui ricevute. 

Si apre così, infatti, a parer nostro, uno “spazio sacro” nuovo, inedito, in cui, proprio a ridosso dell’inizio di Kippur, da questa domenica sera, la laicità non viene espunta, esclusa, dimessa come inappropriata quando non scandalosa, ma anzi diventa la trama delle nostre vite concrete di ogni giorno.

Entriamo dunque nel vivo di domande e risposte.

Abbiamo chiesto, prima di tutto, al nuovo Vescovo di Trieste come mai abbia scelto quale suo Vicario Generale un presbitero appartenente al Cammino Neocatecumenale, mons. Marino Trevisini, “neocatecumenale della prima ora”, come ha ben specificato lo stesso Vescovo, perfettamente consapevole – ma è osservazione ovvia, persino banale – di tale appartenenza del neo-Vicario. Il Vescovo ci ha risposto ricordando il carattere estremamente eterogeneo del presbiterio triestino e la necessità che ad un pericolo di “fare selva” subentri piuttosto l’entusiasmo di abitare un giardino. Ha poi affermato, sempre riferendosi al clero di Trieste: «Questa è la realtà. Che prevale sull’idea e di cui si deve prendere atto. Ho ritenuto che don Marino Trevisini avesse le qualità personali giuste per tale incarico, anche alla luce del fatto che fu già Vicario Generale in Finlandia.»

La seconda nostra domanda ha riguardato la possibilità di vedere accoliti ed accolite nella Diocesi di Trieste, dopo il motu proprio di Papa Francesco Spiritus Domini e considerato quanto la Lettera Pastorale riporta al n. 10 – “In ogni parrocchia si curi un gruppo di ministranti. Se tradizionalmente erano bambini e preadolescenti (e raccomando che ci siano il più possibile), non si tema di allargare ad ogni età.” – La risposta del Vescovo è stata del tutto positiva, anche con riguardo all’istituzione di accolite donne, sottolineando tuttavia come ritenga da privilegiarsi, almeno in questo momento, l’attenzione ai ministeri di fatto più che ai ministeri istituiti, rispetto ai quali auspicherebbe un cammino comunque congiunto, assieme, di tutto l’Episcopato Triveneto, sapendo peraltro che, ad esempio nel Patriarcato di Venezia, la realtà dei ministri istituiti è ormai consolidata e fiorente (benché, ci permettiamo di osservare noi qui, solo ancora tutta maschile…): si può averne una chiara idea anche solo consultando il sito del medesimo Patriarcato, dove si può constatare addirittura l’esistenza, in un caso singolo, di un doppio ministero istituito, di accolito e lettore, nella medesima persona.

Abbiamo poi chiesto al Vescovo come mai non vi siano considerazioni specifiche, all’interno della Lettera Pastorale, sull’Ecumenismo, che costituisce, anche storicamente, una realtà di primaria importanza a Trieste, e se, correlativamente, sia pensabile una valorizzazione – peraltro non certo ecumenica, ma tutta intra-ecclesiale – delle Chiese Orientali Cattoliche, che sono presenti a Trieste, ad esempio, tramite l’Esarcato per i Bizantini Ucraini in Italia.

Sui due punti mons. Trevisi ha effettivamente riconosciuto come l’Ecumenismo, pur non presente come capitolo a sé stante nella Lettera, abbia un rilievo davvero fondamentale a Trieste, come costituisca la stessa vita del nostro capoluogo giuliano. Ha ricordato, poi, che la sua prima visita, esattamente il giorno successivo al suo insediamento nella Cattedrale di San Giusto il 23 aprile scorso, sia stata nei confronti del Rabbino Capo della Comunità Ebraica di Trieste. E ci ha davvero molto colpito il riconoscimento assai onesto della effettiva necessità di una diversa considerazione delle Chiese Orientali Cattoliche, ricordando a tutti i giornalisti – e a tutte le giornaliste – presenti come il più vivace incontro da lui stesso vissuto a Roma di recente, in occasione di un corso per i nuovi Vescovi, sia stato quello con il Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali, mons. Claudio Gugerotti, originario del nostro Veneto, che sabato prossimo diverrà Cardinale.

L’ultima domanda da parte nostra ha riguardato il rapporto con la Trieste laica (ed anche candidamente “laicista”), quella letteraria, scientifica, non religiosa, giacché la città non è di certo composto solo da parrocchie ed oratori. Mons. Trevisi, con grande semplicità ed umiltà, ma anche con immediatezza e sincerità, ha detto di voler “riuscire a parlarci con la laicità di Trieste”, confidando proprio nel supporto dei giornalisti più motivati al riguardo.

Ecco, ci pare che davvero il nuovo Vescovo di Trieste abbia intonato il suo shofar, il cui suono – come noto – non si esaurisce peraltro in un’unica volta, ma si riascolta ogni anno, in occasione proprio di Rosh haShana e di Yom Kippur. Rimanendo dentro tale metafora “liturgica”, abbiamo iniziato a sentire i primi suoni del nuovo shofar episcopale a Trieste: suoni molto belli e suoni che vanno anche problematizzati e approfonditi criticamente. Scrive mons. Trevisi, proprio in apertura della sua Lettera: “Ho scrutato il cielo. Ho ammirato la luna e le stelle. E poi il bagliore del sole. Che meraviglia questo mondo!”

Buona domenica.