Ricordi sbocciavan le viole

di Paola Franchina

RICORDI SBOCCIAVAN LE VIOLE[1]


Lasciamoci affascinare dal testo Il Maestro e Margherita, straordinario capolavoro di Bulgakov accolto da Montale come «un miracolo che ognuno deve salutare con commozione»[2].

Nella Mosca degli anni ’30, Satana, dopo aver organizzato un convegno, va errando per la città alla ricerca di una dama che possa accompagnarlo nelle danze. In questa quete dal sapore cavalleresco, il Separatore mette in atto le più tragicomiche angherie con le quali smaschera la corruzione della società. Nessuno è immune alla fascinazione del tentatore, tranne uno, il maestro: uno scrittore tormentato a motivo dello scarto del suo romanzo da parte dagli editori.

Ad inasprire ulteriormente la condizione dell’autore è il suo languire d’amore per una donna sposata, Margherita: la passione con cui la donna in passato corrispondeva allo scrittore va affievolendosi con la stessa velocità con cui appassiscono le rose.

Il Maestro, in preda ad un raptus di follia, decide di distruggere il romanzo in cui riponeva tutte le sue speranze, finendo, così, in manicomio, ove trascorre i suoi giorni nel tormento e nel ricordo della sua amata.

Seguimi lettore! Chi ha detto che non c’è al mondo un amore vero, fedele, eterno? Gli taglino la lingua malefica a quel bugiardo! Seguimi lettore e io ti mostrerò un simile amore! No, si ingannava il maestro quando all’ospedale, verso mezzanotte diceva con amarezza a Ivanuska che essa l’aveva dimenticato. Questo non poteva accadere. Lei naturalmente non l’aveva dimenticato[3].

Questo filone narrativo si intreccia con un secondo, nel quale viene messo in atto il romanzo del Maestro. Al centro vi è Pilato, un personaggio lacerato dai sensi di colpa: il prefetto della giudea, infatti, sia pur consapevole della grandezza di Cristo, lo ha condannato per viltà ad una morte ingiusta.

Il Maestro e Margherita rappresenta uno straordinario capolavoro, in cui a dominare la scena sono tre grandi registri linguistici: l’arte, rappresentata dal manoscritto del Maestro, l’amore e, infine, la religione. Questi tre linguaggi sono in grado di manifestare la mancanza in forma positiva, attraverso il registro immaginario del simbolico.

Come sottolinea Lacan, a differenza del bisogno, che per giungere a compimento necessita di un oggetto specifico, la logica della mancanza, si insinua nello scarto tra bisogno e domanda: l’arte, l’amore e la religione sono le uniche forme che consentono di trasformare tale logica in una connessione di catene simboliche.

Bulgakov mette in atto il dramma dell’espunzione del registro immaginativo: il romanzo viene bruciato, l’amore di Margherita sembra affievolirsi e il Cristo viene ucciso dai meccanismi della storia.

La desolazione della cultura secolare sottrae all’uomo immagini che consentono di arginare lo spazio della mancanza. Il livello preconcettuale dell’attività intuitiva è impoverito, all’uomo contemporaneo non resta che fuggire dal vuoto che gli è connaturale, cercando di soffocarlo, negarlo, rincorrendo oggetti reali che possano colmarlo.

Tuttavia, Bulgakov non si rassegna a questa desolazione, Margherita accetta di accompagnare il Diavolo al ballo pur di riavere il Maestro e il suo romanzo: i due amanti, alla fine, si allontaneranno in volo da Mosca.

A noi piace immaginarli in un’atmosfera onirica, come Gli amanti in blu dei quadri di Chagall: insieme, in un eterno rifugio, immersi in un blu vibrante che li avvolge.


[1] F. De André, La canzone dell’amore perduto, http://testicanzoni.mtv.it/testi-Fabrizio-De-Andr%C3%A9_8243/testo-La-Canzone-Dell%27amore-Perduto-1066144

[2] E. Montale, su https://www.librerialagorai.it/libri/il-maestro-e-margherita/

[3] M. Bulgakov, Il Maestro e Margherita, su https://libreriamo.it/libri/maestro-margherita-frasi-piu-famose-capolavoro-bulgakov/