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Viaggio in Italia


di Stefano Agnelli


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13. Stasi



È qui adesso, ora. Ho provato a fare un paio di telefonate per compensare lo scoramento che provo, sapendo già che nessuno avrebbe risposto. In molti non se ne accorgeranno nemmeno, storditi dalla televisione o occupati ad accudire i figli, ma stasera l’Umanità è sola, in stasi.

Chi medita o prega, sente che il reale stasera è attraversato da una perturbazione: onde di inedia e confusione divorano lentamente ogni certezza. Occorre essere forti, o ignari di sé, per non risentirne. Si tratta a tutti gli effetti di un luogo, per questo ne parlo qui. È come la singolarità in fisica, ovvero quel punto dello spazio dove le leggi consuete, newtoniane o relativistiche che siano, non valgono più. Somiglia ad un buco nero, un abisso emozionale fattosi realtà, un posto in cui, chi lo percepisce, può sedersi all'orizzonte degli eventi ed osservare, perché altro non è possibile, per ora almeno. Una perturbazione degli animi, uno scoramento profondo, avvertito dai più, ma pienamente percepito da chi è ipersensibile, senza pelle, come recitava il titolo di un meraviglioso film di D’Alatri. Un luogo vero, dove abitare meditando, con lentezza e pazienza, tracciandolo, incidendo la mappa nelle carni, guidati da quella parte del Divino che è in ogni uomo, e ci impedisce, ci impedirà di morire. Tra qualche ora sarà il letto, poi un nuovo giorno, con tutto il suo carico di contingenza da affrontare, allora la coscienza del sé verrà, ancora una volta, diluita, messa a tacere dalla fatica.

Forse durante la notte le onde perturbanti si placheranno, uno o più Giusti, fra quelli che – inconsapevolmente – lo sono, e reggono le sorti del mondo, pregherà più forte, forse il pianto di un bimbo, solo nella notte, toccherà ancora una volta il Creatore, o un atto intenso d’amore lo farà volgere nuovamente verso di Noi. Dio non sa resistere ad un’anima che lo ama incondizionatamente. Forse domani avremo una splendida mattinata fredda di sole, eppure poco fa eravamo sospesi, appesi ad un filo sottile, come in attesa della bestia dell’Apocalisse. Molte volte ha tentato di entrare in passato, poiché si nutre del disordine, dell’odio, ma ogni volta un profeta o uno sciamano, un guerriero sempre diverso glielo ha impedito. Ma tornerà, poiché può essere soltanto spostata nel tempo.

Non è più l’epoca degli sciamani, nemmeno dei profeti, è il momento di iniziare a combattere la bestia tutti assieme. I guerrieri, gli eroi non bastano più, occorre sostituire ad Achille ed Ettore, con i loro carri ed i loro aurighi, la fanteria ateniese degli Opliti, dove scudo accanto a scudo, il Cittadino sosteneva il Cittadino, le lance abbassate e diritte verso il domani. Occorre che l’Umanità divenga consapevole dellla propria scintilla divina, sempre di più, sino a quando ogni scintilla, ogni uomo, accenderà un fuoco purificatore, un fuoco che non brucia, ma illumina.

Non abbiamo molto tempo e siamo ancora troppo lontani fra di noi. La bestia oscura si nutre – come sempre - di paura, di incertezza, di odio. Cresce giorno dopo giorno, mentre noi preferiamo esultare per gli pseudo-eroi degli stadi o mettiamo l’ennesimo inutile like all’Influencer di turno.

Comporre il reale è come tessere una tela, ricamarla da ogni lato, senza mai stancarsi.

A volte però il telaio si blocca, trama e ordito non combinano più, ed è la Stasi, pericolosa palude dove tutto si arena e perde di significato, mentre la rabbia per essere impantanati cresce in modo sterile, seguendo le vie del momento, e nutre la bestia immonda.

Allora le parole si svuotano. Perdono significato, persino quelle che sentiamo più vere, se rifiutiamo di incarnarle, di farle nostre.

Ma se il Verbo non si incarna, se la parola virtuosa non si fa Opera, ogni cosa diventa inutile e Gesù rimane solo sulla croce.


Numero 644 - 16 gennaio 2022