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A Montevideo 50 e 55 anni fa, a Bose tra una settimana

di Stefano Sodaro




Nessuno sa quando e perché un genio assoluto dell’umanità, il rabbino noto come “monsieur Chouchani”, maestro di Emmanuel Lévinas, giunse in Uruguay, dove – almeno così si dice – morì il 26 gennaio 1968 e fu sepolto in una tomba il cui epitaffio, questo invece è certo, venne dettato da Elie Wiesel.

E nessuno sa neppure come ci sia arrivato in Uruguay.

Di Chouchani ha parlato anche l’Osservatore Romano.

Sarebbe interessante sapere quanto tempo trascorse lì, perché il 27 giugno 1973 – cinquant’anni fa esatti e cinque anni e mezzo altrettanto esatti dopo la sua morte – il Presidente legittimamente eletto, Juan María Bordaberry, sciolse il Parlamento e affidò ogni potere statale ad un gruppo di militari, una “giunta” tra le tante tristemente note in attuazione del famigerato Piano Condor, instaurando, tuttavia, la prima ed unica dittatura civico-militare della storia recente del Sud America. Si parlò anche di “autogolpe”.

Dal 27 giugno 1973 al 1° marzo 1985, per ben quasi dodici anni, “il Paese senza indios” – come venne chiamata quella terra di così intensa emigrazione (anche italiana), cercando di piallare tutta la storia delle civiltà di antica fondazione precolombiana tutt’ora presenti ma estremamente povere – fu un’enorme prigione.

È possibile assumere ogni informazione, anche in rete, su quel periodo terribile ed oscuro per le nostre conoscenze, spesso dirottate su tutt’altri approfondimenti storiografici e geopolitici. Non vogliamo inoltrarci in spazi che richiederebbero ben altre riflessioni e ben altri giudizi critici. Non vogliamo, quanto meno, farlo qui, ora. Sebbene, forse, chi non è più verdissimo negli anni, ricorda i Tupamaros, le cui gesta accesero gli utopismi dei nostri anni Settanta dello scorso secolo.

Questo numero speciale non vorrebbe caratterizzarsi per null’altro, però, se non per accendere il lume di una memoria, che forse pochi in Italia terranno viva quest’oggi.

Il nostro settimanale, assieme all’Associazione Culturale Casa Alta, i prossimi sabato e domenica sarà a Bose. Celebrerà, ristretto alla sola Comunità Monastica, lo “Shabbat di tutti” condotto da Miriam Camerini - che studia a Gerusalemme per ricevere l’ordinazione rabbinica, la prima nell’Ebraismo Ortodosso italiano - venerdì sera 30 giugno e poi rifletterà su don Milani e sull’ebrea triestina Alice Weiss, che del Priore di Barbiana fu la madre, assieme a Stefania Di Pasquale e Gianni Criveller. Vatican News e l’Ansa hanno diffuso la notizia di questo, per noi pressoché fondativo, avvenimento.

Tutto si tiene, come dice Francesco papa. Tutto si incrocia, si contamina, si rivive, si realizza.

Cinquantacinque anni fa, e cinquanta anni fa, a Montevideo.

Tra una settimana a Bose, sulla serra d’Ivrea.