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Fate il governo, fate l’amore, non fate la guerra



di Stefano Sodaro




Il nostro vigente Codice Civile reca la data del 16 marzo 1942, dunque ancora in pieno fascismo, ed è noto, però, che alla sua stesura partecipò in modo decisivo quel Dino Grandi che fu poi artefice dell’omonimo ordine del giorno con cui, il 25 luglio dell’anno seguente – 1943 -, cadde il governo di Benito Mussolini.

Proviamo a guardare dentro quel Codice per enucleare una norma specifica dal contenuto assai particolare, che è la medesima da ottant’anni, avendo resistito anche alla riforma, democratica e repubblicana, del diritto di famiglia nel 1975.

Recita (come si dice) l’art. 79 del Codice Civile: “La promessa di matrimonio non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse convenuto per il caso di non adempimento.”

Forse può sembrare persino sorprendente, eppure così è: il “fascista” Codice Civile, decisamente attempato, smarca dal totalitarismo, sancendone un arretramento e ridimensionandone le pretese, l’assoluta libertà matrimoniale per ogni cittadina e cittadino.

C’è, però, anche un’altra lettura possibile: si riporta, dentro l’art. 79 appena riprodotto, che sia comunque ben immaginabile un accordo tra le parti - tra quei promessi sposi cioè - contenente precise previsioni per il caso in cui la promessa non si sia tramutata in realtà. Più semplicemente: fate pure tutte le leggi che volete, ma l’amore ha le proprie, che tuttavia sono incoercibili, irriducibili a semplici norme giuridiche, contenendo già in sé la massima sanzione temibile, vale a dire la perdita dello stesso amore, l’abbandono.

Obiezione: davvero abbiamo a che fare con l’amore? Ma non si parla, sempre in quel singolare articolo del Codice, di matrimonio? Quale amore mai, senza regole e discipline?

Ecco, ancor oggi, proprio il nostro ottantenne testo-base dell’intero diritto privato ci consente di capire che si possa “convenire” qualcosa («ciò che si fosse convenuto») all’insegna di un amore che non necessariamente si traduca subito nella sua forma istituzionale e tradizionale e che mantenga, nondimeno, le sue intatte ragioni.

Facciamola più semplice: a norma dell’art. 79 del nostro Codice Civile, un innamorato – anche eventualmente non corrisposto -, che non potesse sposare l’amata per i più diversi motivi (ovviamente varrebbe anche il caso reciproco, di innamorata e amato), ben potrebbe, per così dire, “indennizzare” la destinataria della sua promessa immediatamente irrealizzabile non perché costrettovi dal diritto civile, ma anzi, al contrario, per propria esclusiva, e convinta, e innamoratissima, appunto, determinazione, molto più imperativa di qualunque norma giuridica. “Omnia vincit amor”, etiam leges.

Nel momento in cui si è solennemente insediato – oggi e ieri -, a norma di Costituzione repubblicana del 1947, il primo Governo di destra della storia democratica italiana, guidato da una donna, pensare che, da almeno ottant’anni, nonostante la destra fascista al tempo egemone, l’amore conservi i propri diritti, davanti ai quali indietreggiare ed inchinarsi, dà una sensazione di conforto e persino di entusiasmo, anche in giornate uggiosamente autunnali.

E sta poco l’entusiasmo a trasformarsi – come la promessa rispetto al matrimonio – in impegno politico in atto.

Buona domenica


Numero 684 - 23 ottobre 2022